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sezione I civile; sentenza 6 aprile 1992, n. 4217; Pres. Bologna, Est. Baldassarre, P.M. Romagnoli...

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sezione I civile; sentenza 6 aprile 1992, n. 4217; Pres. Bologna, Est. Baldassarre, P.M. Romagnoli (concl. conf.); Soc. Bassetti Elevatori (Avv. Marino) c. Fall. soc. Nuova Edilizia (Avv. Battagliese). Cassa App. Milano 22 dicembre 1987 Source: Il Foro Italiano, Vol. 116, No. 12 (DICEMBRE 1993), pp. 3355/3356-3359/3360 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23188587 . Accessed: 24/06/2014 21:09 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 195.78.108.185 on Tue, 24 Jun 2014 21:09:15 PM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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sezione I civile; sentenza 6 aprile 1992, n. 4217; Pres. Bologna, Est. Baldassarre, P.M. Romagnoli(concl. conf.); Soc. Bassetti Elevatori (Avv. Marino) c. Fall. soc. Nuova Edilizia (Avv. Battagliese).Cassa App. Milano 22 dicembre 1987Source: Il Foro Italiano, Vol. 116, No. 12 (DICEMBRE 1993), pp. 3355/3356-3359/3360Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23188587 .

Accessed: 24/06/2014 21:09

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3355 PARTE PRIMA 3356

I

CORTE DI CASSAZIONE; sezione I civile; sentenza 6 aprile

1992, n. 4217; Pres. Bologna, Est. Baldassarre, P.M. Ro

magnoli (conci, conf.); Soc. Bassetti Elevatori (Aw. Mari

no) c. Fall. soc. Nuova Edilizia (Aw, Battagleese). Cassa

App. Milano 22 dicembre 1987.

Fallimento — Revocatoria fallimentare — Vendita a rate con

riserva della proprietà — Mancato subentro del curatore —

Somme trattenute a titolo di equo compenso dal venditore — Irrevocabilità (Cod. civ., art. 1526; r.d. 16 marzo 1942

n. 267, disciplina del fallimento, art. 67, 72, 73).

In caso di vendita con patto di riservato dominio, il fallimento

del compratore non abilita il curatore, che non sia subentrato

nel contratto, ad agire in revocatoria per le somme corrispo

ste al venditore per il pagamento rateale del prezzo e da que st'ultimo trattenute a titolo di equo compenso. (1)

II

TRIBUNALE DI MILANO; sentenza 21 maggio 1992; Pres.

Meli, Est. Fabiani; Fall. soc. Edil Impresa (Avv. D'Urso)

c. Soc. Roma Leasing (Avv. Jan ari, Magno).

Fallimento — Revocatoria fallimentare — Leasing — Pagamento di canoni da parte dell'utilizzatore — Revocabilità (Cod. civ.,

art. 1526; r.d. 16 marzo 1942 n. 267, art. 67, 72, 73).

In caso di contratto di leasing assimilabile alla vendita con pat to di riservato dominio, il fallimento dell'utilizzatore abilita

il curatore all'esercizio dell'azione revocatoria per la declara

toria di inefficacia dei pagamenti eseguiti in favore del conce

dente nell'anno anteriore la dichiarazione di fallimento, salvo

il diritto di quest'ultimo all'equo compenso previsto dall'art.

1526 c.c. (1)

I

Svolgimento del processo. — Il Tribunale di Milano con sen

tenza 18 aprile-19 settembre 1985, in accoglimento della domanda

di revocatoria di pagamenti ex art. 67, 2° comma, 1. fall, pro

posta, nei confronti della s.p.a. Bassetti Elevatori, dal curatore

del fallimento della società r.l. Nuova Edilizia con citazione del

16 gennaio 1984, condannava la convenuta a restituire la som

ma di lire 31.793.000, oltre interessi al tasso del 14% dal gen naio 1984 al saldo.

La corte d'appello, in parziale accoglimento dell'impugnazio ne della soccombente società, con la pronunzia ora gravata per

(1-2) La sentenza del Tribunale di Milano prende le mosse da Cass. 13 dicembre 1989, n. 5572 (e la coeva n. 5573), Foro it., 1990, I, 461, con note di Denova, La Cassazione e il leasing: atto secondo, e Pardo

lesi, Leasing finanziario: si ricomincia da due, nella quale venne divisa ta la distinzione tra il 'leasing di godimento' ed il 'leasing traslativo', con relativa applicazione, in caso di risoluzione, del principio di irre troattività sancito dall'art. 1458 c.c. per il primo tipo di locazione fi

nanziaria, ovvero del diverso precetto dell'art. 1526, previsto per la vendita con riserva della proprietà, nel ricorrere del secondo tipo (per un qua dro sul dibattito della giurisprudenza di merito precedente a Cass.

5572/89, circa i rapporti tra il contratto di leasing e l'art. 1526, e sem

pre nel caso di fallimento del conduttore, cfr. Trib. Milano 21 settem bre 1987, id., Rep. 1988, voce Fallimento, n. 463; Trib. Catania 14

novembre 1987, ibid., n. 427, e Trib. Venezia 28 aprile 1987, ibid., n. 431).

Nella fattispecie in esame, trattandosi di locazione finanziaria certa mente assimilabile al secondo modello (stante la previsione di un «prez zo di riscatto del bene assolutamente insignificante se rapportato al pre sumibile valore residuo del bene»), il collegio ammette la revocabilità, ex art. 67, 2° comma, 1. fall., dei canoni versati dal compratore nell'an no precedente la dichiarazione di fallimento. È fatto comunque salvo

l'equo compenso cui la società di leasing avrà diritto ai sensi dell'art.

1526, 1° comma, per l'uso ed il godimento della cosa da parte del con duttore: credito da ammettersi al passivo fallimentare secondo il princi pio generale di cui all'art. 71 1. fall.

Nello stesso senso si sono di recente pronunciate Trib. Torino 23 novembre 1990, id., Rep. 1991, voce cit., n. 404, con nota di Ferra

rio, Leasing e revocatoria fallimentare, Fallimento, 1991, 842, e Trib. Brescia 22 febbraio 1988, Foro it., Rep. 1990, voce cit., n. 396. Alla

Il Foro Italiano — 1993.

cassazione, revocava i pagamenti per sole lire 21.793.000, con

esclusione di quello eseguito in data 10 aprile 1980.

Considerava al riguardo che, in tema di revocatoria fallimen

tare, gli atti di pagamento posti in essere dal compratore in

adempimento di contratto di vendita con riserva di proprietà

vanno considerati negozi autonomi, che comportano violazione

della regola della par condicio; che i pagamenti eseguiti non

potevano considerarsi, a seguito dello scioglimento del contrat

to, privi di causa e, quindi, ripetibili, atteso che l'acquisizione

da parte della venditrice delle rate già riscosse trovava fonda

mento nella clausola sesta dell'atto di compravendita a titolo

di equo compenso; che la pretesa all'indennizzo, ai sensi del

l'art. 1626 c.c., attiene a credito concorsuale, che non può esse

re opposto in compensazione del debito restitutorio nascente

dalla revocatoria, che è debito verso la massa; che la scientia

decoctionis, a partire dai pagamenti eseguiti dopo il 15 ottobre

1980, nella specie, emergeva con sicurezza dagli atti e, in parti

colare, dal contegno verso il debitore della società appellante;

che, in ordine al risarcimento del maggior danno derivante dal

ritardo nella restituzione delle somme oggetto dei pagamenti re

vocati, la natura costitutiva della sentenza non era incompatibi

le con la retrodatazione dei suoi effetti alla data della domanda.

La società Bassetti Elevatori affida il ricorso a tre mezzi d'an

nullamento, resistiti da controricorso.

Motivi della decisione. — (Omissis). Con il primo motivo la ricorrente società, denunziando violazione degli art. 67, 2° com

ma, 72, 73 e 56 1. fall, e 1526 c.c., in relazione all'art. 360,

n. 3, c.p.c., sostiene, con il richiamo anche di giurisprudenza

di questa corte, che nella vendita con patto di riservato domi

nio, nel caso di fallimento del compratore, il curatore, che non

sia subentrato nel contratto, non può agire in revocatoria per

la restituzione delle somme già pagate; che, in ogni caso, il ven

ditore può eccepire in compensazione al curatore il credito per

indennizzo a norma dell'art. 1526.

Il motivo, sotto il primo e principale profilo, è fondato.

Ritiene, infatti, il collegio di dover aderire al consolidato in

dirizzo giurisprudenziale (conf. sent. nn. 4998/79, Foro it., Rep.

1980, voce Fallimento, n. 328; 2142/74, id., 1975, I, 403;

3279/59, id., 1960, I, 1539) secondo cui, quando il contratto

di vendita a rate con riserva di proprietà, risultante da atto op

ponibile ai creditori dell'acquirente, venga sciolto a seguito del

fallimento del compratore che non abbia completato il paga mento del prezzo (scioglimento disciplinato dalle comuni regole

dettate, in tema di vendita, dall'art. 72, 2° e 3° comma, cit.),

gli effetti dello scioglimento sono regolati dall'art. 1526 cit.,

là dove dispone che il venditore, al quale va restituita la cosa

rimasta di sua proprietà, deve restituire le rate riscosse, ma ha

diritto ad un equo compenso per l'uso della cosa medesima da

parte dell'acquirente. Per le somme a tale titolo dell'azione re

vocatoria fallimentare, non sussistendone il presupposto, ossia

stessa soluzione pare pervenire Trib. Napoli 10 maggio 1986, id., Rep.

1987, voce Liquidazione coatta amministrativa, n. 86, secondo cui il

commissario straordinario, che opti per il subingresso nel contratto di

leasing, è obbligato al pagamento sia dei canoni scaduti sia di quelli ancora a scadere, mentre è esclusa ogni revocabilità dei primi ex art.

67. Sulla revocabilità del pagamento di canoni di leasing e sulla confi

gurabilità di una lesione della par condicio, anche nel caso di riscatto

del bene e di una sua successiva vendita a cura del fallimento ad un

prezzo inferiore all'importo dei pagamenti oggetto dell'azione revocato

ria, v. Cass. 16 settembre 1992, n. 10570, id., Rep. 1992, voce Falli

mento, n. 405. Di diverso avviso, anche se con riferimento a casi di vendita con

patto di riscatto, la pronuncia della corte di legittimità in epigrafe, cui

si affiancano le più risalenti Cass. 28 settembre 1979, n. 4998, id., Rep. 1980, voce cit., nn. 328, 329, e 17 luglio 1974, n. 2142, id., 1975, I,

392, secondo cui il curatore che non sia subentrato nel contratto non

può agire in revocatoria per le somme già corrisposte al venditore a

titolo di pagamento rateale, non ricorrendo alcuna lesione della par condicio creditorum. Secondo tale filone, infatti, è la stessa scelta ope rata dagli organi del fallimento di non subentrare nel contratto, ai sensi

degli art. 72 o 73 1. fall., ad escludere il sussistere di qualsiasi pregiudi zio per la massa.

In dottrina, oltre agli autori già citati, si segnalano i contributi di

Apice, Leasing e revocatoria fallimentare, in Fallimento, 1991, 1217,

e, più in generale, Cantele, Ancora sulla vendita con patto di riservato

dominio nel fallimento, id., 1986, 428 e Bronzini, Riservato dominio

e fallimento, id., 1983, 91.

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

il pregiudizio per la massa, atteso che la ritenzione delle som

me, nei limiti indicati, è conseguenza della scelta operata dagli

organi preposti all'amministrazione del fallimento.

Peraltro, una tale scelta che prevede e determina il ripristino della situazione in cui erano le parti prima della stipula del con

tratto, trova la sua disciplina in norme della legge fallimentare

(art. 72 e 73) poste a tutela proprio della par condicio.

Il secondo e il terzo motivo, in quanto pongono le gradate

questioni relative alla prova dello stesso d'insolvenza e al mag

gior danno da svalutazione monetaria, rimangono assorbiti dal

l'accoglimento del primo.

Consegue che, in accoglimento di questo mezzo, la sentenza

deve essere cassata con rinvio della causa per nuovo esame, al

quale il giudice designato dovrà procedere applicando il seguen te principio di diritto:

«Nell'ipotesi di vendita a rate con patto di riservato dominio

e di successivo fallimento del compratore, il curatore, che non

sia subentrato nel contratto, non può agire in revocatoria per le somme, corrisposte dal fallito in pagamento rateale del prez

zo, che siano state trattenute dal venditore a titolo di equo com

penso spettantegli per l'uso ed il deterioramento della cosa

venduta».

II

Svolgimento del processo. — Con atto di citazione notificato

in data 17 marzo 1987, il curatore del fallimento Edil impresa

s.p.a., previa autorizzazione del giudice delegato a stare in giu

dizio, esponendo che, nell'anno anteriore al fallimento, l'im

presa fallita aveva eseguito pagamenti a favore della Roma Lea

sing s.p.a. di lire 40.292.700, che la società era a conoscenza

dello stato di insolvenza posto che la Edil impresa era stata

oggetto di numerose procedure di ingiunzione ed esecutive, che

la stessa era stata protestata e che, infine, del dissesto avevano

parlato i giornali anche nazionali, conveniva in giudizio la Ro

ma Leasing s.p.a., chiedendo che, previa declaratoria di ineffi

cacia, parte convenuta fosse condannata alla restituzione della

somma di lire 40.292.700 oltre interessi e danno da svalutazione

monetaria. (Omissis) Motivi della decisione. — (Omissis). Da ultimo occorre pren

dere in esame, ancorché non compiutamente articolata, l'ecce

zione con la quale la Roma Leasing contesta la ammissibilità

della azione revocatoria per pagamenti eseguiti nel contesto di

un contratto di locazione finanziaria, contratto avente ad og

getto il godimento di un bene.

Dalla lettura dell'art. 67 1. fall, non sembrano ricavarsi ele

menti per ritenere che tale pagamento debba essere escluso dal

la sfera di applicazione dell'istituto della revocatoria, anche per

ché, i casi di esclusione sono tassativi e sono ricompresi nell'ul

timo comma della citata norma.

Nondimeno è noto come, in particolare nell'ultimo biennio,

una parte della giurisprudenza tenda a circoscrivere i limiti di

applicazione della norma (si pensi alle decisioni della corte re

golatrice in materia di pagamenti a favore degli enti che svolgo no pubblici servizi in regime di monopolio, oltre alla recentissi

ma Cass. 3 giugno 1991, n. 6237, Foro it., Rep. 1991, voce

Fallimento, n. 389, che ha escluso la revocabilità dei pagamenti di canoni di locazione ove il curatore sia subentrato nel contrat

to ex art. 80 1. fall.), in guisa che, in astratto, non potrebbe escludersi l'inammissibilità della revocatoria.

Nel caso che ci occupa, il dubbio scaturisce dalla lettura degli

art. 72 e 73 1. fall, che sembrerebbero disciplinare compiuta

mente la fattispecie degli effetti del fallimento sui rapporti

pendenti. Sul punto occorre rilevare come, tale normativa potrebbe, ef

fettivamente, trovare applicazione, posto che è pacifico che il

contratto di leasing al momento di dichiarazione del fallimento

della Edil impresa, non era ancora esaurito (tant'è che restava

no da pagare altre rate).

Ci si chiede, allora, se la regolamentazione del rapporto col

legato al contratto di leasing debbe essere dettata dal solo art.

73 1. fall., ovvero se tale norma subisca una qualche interferen

za con quella dell'art. 67 1. fall.

Innanzi tutto, sembra opportuno chiarire che, al contratto

di locazione finanziaria in esame, può essere applicata la nor

mativa di cui all'art. 1526 c.c. dettata in tema di vendita a rate

Il Foro Italiano — 1993.

con patto di riservato dominio, dal momento che nel testo dei

contratti venne previsto un prezzo di riscatto assolutamente in

significante se rapportato al presumibile valore residuo del be

ne, al termine del rapporto (ancorché si trattasse di beni del

settore dell'edilizia). Come è noto, infatti, con il retirement del

1989, la Corte suprema ha riconosciuto al «leasing improprio» natura di contratto di scambio, cosi da equipararlo alla vendita

a rate con riserva di proprietà (Cass. 13 dicembre 1989, nn.

5569-5574, id., 1990, I, 461), sicché, nella locazione finanziaria può essere invocato il disposto di cui all'art. 1526 c.c.

Secondo tale norma, nel caso in cui non si pervenga all'ac

quisto della proprietà da parte del compratore, le rate pagate debbono essere restituite dal venditore, salvo il diritto di costui

a trattare un «equo compenso». Nella odierna fattispecie, ancorché non sufficientemente arti

colato, il diritto a trattenere quanto riscosso a titolo di equo

compenso potrebbe ammettersi, alla luce del fatto che i beni

in questione hanno un grado di rapida obsolescenza, nonché

avuto riguardo al fatto che molte erano le rate che dovevano

ancora essere corrisposte.

Pertanto, se la domanda della curatela fosse stata quella di

restituzione dei canoni pagati ex art. 1526 c.c., si potrebbe re

putare fondata una difesa con cui la convenuta eccepisse una

sorta di «diritto di ritenzione» sui canoni versati, ma, dal mo

mento che il fallimento ha promosso l'azione revocatoria, ad

avviso del collegio non sussistono le condizioni per l'operatività dell'art. 1526 c.c.

Infatti, tale disposizione, con tutta evidenza, assolve allo sco

po di tutelare il compratore da eventuali abusi del venditore

(tant'è, che è prevista la riduzione della penale convenzionale

di cui al 2° comma dell'art. 1526 c.c.) ed ha una sfera di inter

vento più generale, nel senso che, per tutti i contratti, potrà

essere invocato il diritto alla restituzione; si tratta cioè di uno

strumento di diritto comune, di cui potrà avvalersi anche il cu

ratore, laddove ritenga ne sussistano i presupposti (ovverosia,

eccessività dei canoni pagati rispetto al tempo di utilizzazione

del bene).

Purtuttavia, va dato atto che, in passato, la giurisprudenza

che si è occupata dell'argomento, ha ritenuto (con riferimento

all'istituto della vendita a rate — e non del leasing —) che,

ove il curatore non subentri nel contratto, le rate pagate non

possono essere oggetto di azione revocatoria: in particolare si

è sostenuto che non ricorrono gli estremi della lesione della par

condicio creditorum, trovando piena applicazione le regole co

muni dettate dall'art. 1526 c.c., ove si riconosce al venditore

il diritto all'equo compenso: (Cass. 28 settembre 1979, n. 4998,

id., Rep. 1980, voce cit., n. 328; 17 maggio 1979, n. 2826, id.,

Rep. 1979, voce cit., n. 246; 17 luglio 1974, n. 2142, id., 1975,

I, 392; 5 novembre 1959, n. 3279, id., 1960, I, 1539).

Ad avviso del collegio, non può essere condiviso l'orienta

mento della corte regolatrice, secondo il quale difetterebbe il

requisito del «danno» nell'ipotesi in esame, cosi come non può

essere prestata adesione a quella interpretazione dottrinale che

esclude l'utilità dell'azione in presenza del rimedio di diritto comune.

Quanto al primo aspetto, va osservato che non è ben chiaro

per quale ragione il pagamento di una rata a favore del vendito

re che si sia riservato la proprietà sul bene, non sarebbe lesiva

della par condicio.

Certamente, deve escludersi che l'assenza di danno possa es

sere ricavata dal fatto che il pagamento serve all'imprenditore

per garantirsi la disponibilità del bene, atteso che è assoluta

mente pacifico, in giurisprudenza, che sono revocabili i paga

menti «contestuali» all'incremento del patrimonio del debitore.

Ma è altrettanto certo che la lesione non viene meno per il

semplice fatto che, in concreto, le somme ricavate dall'accogli

mento della revocatoria dovrebbero poi essere restituite al ven

ditore che vanta il diritto a trattenere l'equo compenso.

Infatti, mentre da un lato il credito del compratore per la

restituzione dei canoni ex art. 1526 c.c. è rivolto nei confronti

del venditore e si trova in una relazione di reciprocità con il

credito del venditore consistente nel diritto di trattenere una

parte delle rate sino a concorrenza dell'equo compenso, il credi

to della curatela ex art. 67 1. fall., in quanto credito della mas

sa, non può essere compensata (difettando, appunto, la reci

procità).

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3359 PARTE PRIMA 3360

Né, si può sostenere, come pure ha fatto la giurisprudenza, che cosi facendo, il curatore pone in essere una «manovra per

aggirare» l'effetto compensativo, dal momento che, se certa

mente non è revocabile la compensazione come fenomeno estin

tivo della obbligazione, è, invece, revocabile l'atto che costitui

sce il presupposto della compensazione. Infatti, ciò che il falli mento intende revocare è il pagamento di alcune rate, la cui

ricezione da parte della Roma Leasing realizza l'effetto com

pensativo con il debito ex art. 1526 c.c.

Occorre, allora, ricordare che in giurisprudenza, la prevalen za dell'art. 56 1. fall, rispetto all'art. 67 1. fall, significa soltanto

riconoscere che l'effetto estintivo provocato dalla compensazio ne sulla obbligazione a carico del fallito, resiste all'azione revo

catoria della curatela; diversamente, se la curatela impugna il

pagamento (o il negozio che costituisce il presupposto della com

pensazione, nessun limite incontra l'applicazione dell'art. 67 1.

fall., si vedano, Trib. Torino 29 novembre 1984; Trib. Roma

18 febbraio 1975, id., Rep. 1976, voce cit., n. 182). Escluso, cosi, che la revocatoria travolge il principio di cui

all'art. 56 1. fall., deve ritenersi ammissibile l'azione ex art. 67

1. fall, per ottenere la declaratoria di inefficacia dei pagamenti

eseguiti dal compratore in un contratto di compravendita con

patto di riservato dominio, con la conseguenza che il credito

del venditore per l'equo compenso dovrà essere insinuato al pas sivo ex art. 71 1. fall., secondo le medesime modalità che gover nano una normale azione revocatoria di pagamenti fatti dal fal

lito per acquistare un bene.

Posto che, nel caso che ci occupa, la disciplina del contratto

di leasing può essere equiparata a quella della vendita ex art.

1523 c.c., ne consegue che vanno dichiarati inefficaci i paga menti dei canoni relativi ai contratti di locazione finanziaria

stipulati dalla Edil impresa con la Roma Leasing (in ordine alla

revocabilità del pagamento di canoni di contratti di leasing, si

vedano, Trib. Venezia 12 maggio 1988; Trib. Grosseto 5 giugno 1985; App. Milano 13 dicembre 1983, ined.).

In tale contesto, il tribunale ritiene che parte attrice abbia

pienamente assolto al proprio onere probatorio; pertanto, va

dichiarata l'inefficacia dei pagamenti e la convenuta va condan

nata al pagamento della somma di lire 40.292.700. (Omissis)

CORTE DI CASSAZIONE; sezione III civile; sentenza 4 feb

braio 1992, n. 1147; Pres. Quaglioni, Est. Francabandera, P.M. Amirante (conci, conf.); Soc. Frigodaunia (Avv. Pe

scatore, Gasperoni) c. Rai-Tv (Aw. Giorgianni, Esposito, Irti, Ruffolo); Rai Tv c. Soc. Frigodaunia. Cassa App. Ro ma 11 giugno 1986.

Responsabilità civile — Giornalista — Colpa professionale —

Buona fede — Esclusione — Fattispecie (Cod. civ., art. 2043). Responsabilità civile — Datore di lavoro — Giornalista Rai —

Responsabilità della concessionaria pubblica — Fattispecie (Cod. civ., art. 2049).

Responsabilità civile — Unità o pluralità di eventi dannosi —

Evento dannoso imputabile a più soggetti — Efficienza cau sale delle singole condotte — Accertamento del giudice del merito — Fattispecie (Cod. civ., art. 2055).

Responsabilità civile — Denuncia di reato perseguibile d'ufficio — Denuncia infondata — Esercizio dell'azione penale — Ef ficienza causale — Esclusione — Fattispecie (Cod. civ., art.

1223, 2056). Danni in materia civile — Erronea interpretazione di test chimi

co — Trasmissione televisiva — Natura del danno — Deter minazione — Criteri (Cod. civ., art. 1223 , 2056).

Posto che l'attività del giornalista televisivo presuppone un ele vato grado di prudenza, in relazione alla divulgazione di ri sultati di un'analisi chimica effettuata su alcuni prodotti ali mentari (nella specie, sì trattava di pesce surgelato), il giorna lista, che abbia diffuso una notizia obiettivamente falsa in

li Foro Italiano — 1993.

grado di compromettere la commerciabilità dei prodotti ana

lizzati, può sostenere di avere agito in buona fede soltanto

se abbia provveduto ad effettuare accertamenti tesi a verifica re l'attendibilità del risultato pubblicizzato. (1)

La Rai risponde dell'operato del giornalista, suo dipendente, che, nel diffondere i risultati di un'analisi chimica, effettuata su alcuni prodotti alimentari, ne abbia travisato il risultato

(nella specie, il giornalista, senza aver prima controllato l'esi

to del test, aveva omesso di specificare che la presenza di

tetraciclina residuava dall'iniziale trattamento del pesce e, per

tanto, era priva del suo potere attivo, lasciando credere che

la sostanza antibiotica fosse stata aggiunta come additivo vie

tato dalla legge). (2) In relazione a più condotte pregiudizievoli per gli interessi di

un terzo, compete al giudice del merito stabilire se si sia in

presenza di un evento dannoso imputabile a più soggetti, sta

bilendosi, altresì, l'efficienza causale di ciascuna condotta, ov

vero se si sia in presenza di una pluralità di eventi dannosi. (3)

L'effetto pregiudizievole di una denuncia di reato perseguibile

d'ufficio resta assorbito all'attività pubblicistica dell'organo titolare dell'azione penale, che toglie alla denuncia ogni effi cienza causale, salvo che il denunziante abbia agito con

dolo. (4) In seguito alla diffusione, nel corso di una trasmissione televisi

va, dei risultati di un'analisi chimica condotta su un prodotto

alimentare, il danno connesso al calo delle vendite non è qua

lificabile come futuro e per la quantificazione dello stesso de

ve tenersi conto, oltre che della differenza negativa del volu

me di vendita del prodotto, anche dell'aumento di spese di

pubblicità e dei premi d'incentivazione, verificatisi nell'arco di tempo trascorso tra il fatto illecito e la proposizione della

domanda introduttiva del giudizio; quanto agli eventuali dan

ni futuri, la loro risarcibilità presuppone la certezza degli stessi

in ordine tanto alla loro esistenza, quanto alla loro derivazio ne dal fatto illecito in esame. (5)

(1-5) La sentenza si può leggere in Foro it., 1992, I, 2127, con nota di richiami di R. Simone; se ne riproducono le massime per pubblicare l'articolo di V. Roppo.

* * *

Diffamazione per «mass media» e responsabilità civile dell'editore. (*)

1. -1 tre problemi della responsabilità civile. Parlare di responsabilità dell'editore per gli illeciti e i danni che si producono nell'esercizio di attività informativa significa essenzialmente — come accade del resto tutte le volte che si parla di responsabilità civile — rispondere a tre domande: una sul «se», un'altra sul «quanto», ed un'altra sul «chi».

Il primo problema è se vi sia responsabilità: e cioè, nell'ambito qui considerato, quali siano gli elementi costitutivi dell'illecito civile di dif famazione, o più in generale di lesione degli altri diritti personali o patrimoniali, realizzata tramite «mass media». Ma a questo problema — altrove ampiamente indagato — non si dedica qui attenzione.

Cosi come si trascura, qui, il secondo problema: il problema di defi nire quanto si debba pagare al danneggiato, una volta accertata la re sponsabilità del danneggiarne; il problema dei parametri ai quali com misurare il risarcimento dovuto dall'autore alla vittima dell'illecito.

Queste pagine si concentrano invece sulla questione di individuare chi può essere chiamato a rispondere, in caso di illecito di diffamazione.

Al riguardo, i soggetti che vengono in gioco sono essenzialmente tre (anche, se come si vedrà fra breve, a determinate condizioni può essere evocato un quarto soggetto): il giornalista, autore del messaggio lesivo; poi il direttore della testata, o comunque il responsabile della pubblica zione o del programma che ha diffuso il messaggio; infine l'editore, al quale saranno in prevalenza dedicate le considerazioni che seguono.

2. - «Civile» e «penale» nella responsabilità per diffamazione via «mass media». In questa sede ci si occupa, come è ovvio, dei profili civilistici della responsabilità per diffamazione da «mass media». Ma, nella spe cifica materia, è pressoché inevitabile, e comunque molto utile, intro durre qualche elemento di comparazione fra regime civile e regime pe nale della responsabilità derivante dall'esercizio di attività informative.

Osservo subito che se il regime civile e quello penale della responsabi lità in questione si presentano in apparenza molto divaricati quanto

(*) Destinato anche a «Scintillae Iuris». Studi in memoria di Gino Gorla.

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