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sezione I civile; sentenza 9 novembre 2001, n. 13878; Pres. Rocchi, Est. Morelli, P.M. Ceniccola(concl. conf.); Dionisi (Avv. Chiola, Bellomi) c. Pirandola (Avv. Ricci) e altri. Conferma App.Roma 5 marzo 2001Source: Il Foro Italiano, Vol. 126, No. 2 (FEBBRAIO 2003), pp. 607/608-611/612Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23198851 .
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607 PARTE PRIMA
getti a indisponibilità) il legislatore vuole impedire che le parti attraver
so loro contegni processuali o dichiarazioni (v. l'art. 2733, 2° comma,
c.c., che esclude l'efficacia di prova legale della confessione resa su
fatti relativi a diritti indisponibili; v. anche l'art. 2739, 10 comma, c.c.)
possano vincolare il giudice, ed in tal modo ottenere tramite sentenza
ciò che non potrebbero ottenere tramite l'autonomia privata. Ne segue che nei processi relativi a diritti indisponibili il fatto non contestato o
anche ammesso non è posto fuori del thema probandum. Questo non
significa però che nei processi relativi a diritti indisponibili la non
contestazione o l'ammissione non abbiano rilievo sul piano probatorio; ed infatti aa) la non contestazione opera come contegno processuale, cioè come fatto secondario di origine processuale di cui il giudice ha
immediata percezione e da cui (se del caso in concorso con altri fatti
secondari) può desumere l'esistenza del fatto ignoto non contestato; al
riguardo è da notare come nei processi relativi a diritti indisponibili ca
ratterizzati in astratto e/o in concreto da un basso tenore di conflittualità
(es. giudizio di nullità del matrimonio) l'inferenza probatoria del fatto
non contestato è minima, laddove invece nei processi sempre relativi a diritti indisponibili, ma caratterizzati da alta conflittualità delle parti
appartenenti a classi o ceti contrapposti (si pensi alle controversie pre videnziali), l'inferenza probatoria del fatto non contestato è altissima; bb) l'ammissione è una dichiarazione di scienza (cioè una fonte mate
riale di prova) della parte di fatti sfavorevoli al proprio interesse e favo
revoli all'interesse dell'avversario, sottoposta, a differenza della con
fessione, al prudente apprezzamento del giudice (v., se vuoi, Proto Pi
sani, Lezioni, cit., 421);
b) in ordine ai contratti per cui è richiesta la forma scritta ad sub stantia»i e ciò probabilmente stante sia il potere attribuito al giudice di
rilevare d'ufficio la nullità del contratto (art. 1421), sia il divieto asso luto di provare con testimoni tali contratti ove il contraente non abbia
perduto senza sua colpa il documento (art. 2725, 2° comma, 2724, n.
3); c) in ordine ai processi contumaciali: e ciò perché la contumacia del
convenuto nel nostro ordinamento è un comportamento neutro, che non ha valore di ficta confessio (ma v., in senso contrario, l'analisi svolta da
Carratta, il principio della non contestazione nel processo civile, Milano, 1995);
d) nei processi in cui sia intervenuto il pubblico ministero, sia stato
sperimentato o provocato intervento (volontario ex art. 105 o coatto ex art. 106 o 107) del terzo titolare del diritto dipendente o contitolare dello stesso diritto od obbligo oggetto del processo: e ciò perché questi strumenti sono tutti funzionali quanto meno a rendere effettivo il con
traddittorio; è pacifico che in tali ipotesi la non contestazione anche del
pubblico ministero o del terzo può avere inferenza probatoria anche elevata alla stessa stregua di quanto già detto supra, sub a).
8. - Sul tema della non contestazione è intervenuta, con la forza logi ca di uno dei suoi migliori giudici, Cass., sez. un., 761/02 in epigrafe.
Invero le sezioni unite erano state investite unicamente per risolvere il contrasto in ordine al se la non contestazione dell'an di un determi nato credito comportasse o no contestazione implicita anche del quan tum. Per rispondere a tale quesito le sezioni unite hanno innanzi tutto rilevato che la non contestazione come comportamento processual mente rilevante e vincolante per il giudice concerne solo i fatti e non
l'applicazione di norme giuridiche (e il rilievo è di notevole importanza ai fini dell'interpretazione di numerose disposizioni di legge: si pensi agli art. 186 bis, 423, 1° comma, 663 c.p.c.); poi hanno risolto il con trasto affermando che la non contestazione dell'on implica non conte stazione anche del quantum solo ove questo sia incompatibile con Van, altrimenti vi è onere di contestazione specifica anche del quantum (ed
esemplificatamente è stato richiamato il caso in cui il convenuto si di fende dalla pretesa di pagamento di compensi per lavoro straordinario limitandosi a contestare la natura subordinata del rapporto di lavoro: il che non esclude la sussistenza di prestazioni lavorative della durata
giornaliera indicata dall'attore ai fini del conteggio analitico delle sue
spettanze). Risolto in tal modo il contrasto di giurisprudenza, e la questione spe
cifica su cui era chiamata a pronunciarsi, la sentenza prosegue (in un
palese obiter dictum) soffermandosi ed affrontando di petto il tema ge nerale del principio di non contestazione.
Rinviando alla nota di Cea per un esame puntuale di tale comunque importante decisione, in questa sede vorrei accennare ai presupposti su cui le sezioni unite fondano l'affermazione secondo cui la non conte stazione vincola il giudice a ritenere esistenti i fatti principali non con testati (e la contestazione tardiva sarà possibile solo nei limiti consentiti dall'art. 184 bis).
Se non vado errato i presupposti di tale conclusione (conclusione pienamente condivisibile riguardo ai processi relativi a diritti disponi bili) sono i seguenti: a) l'allegazione dei fatti principali rientra nella di
sponibilità, nell'autonomia della parte; b) di conseguenza anche la non
contestazione, in quanto espressione della stessa autonomia, vincola il
giudice. Ancora l'allegazione dei fatti secondari non rientra nella di
sponibilità della parte e di conseguenza non vincola il giudice ma è un
Il Foro Italiano — 2003.
contegno processuale soggetto alla valutazione del giudice ex art. 116, 2° comma, c.p.c. e 2729 c.c.
I rilievi svolti supra 3-5 individuano, mi sembra con sufficiente chia
rezza, i motivi del mio dissenso dalle argomentazioni su cui le sezioni
unite hanno ritenuto di fondare la conclusione sulla rilevanza della non
contestazione dei fatti principali e dalle conclusioni cui le stesse sezioni
unite pervengono in tema di distinzione tra fatti principali e fatti secon
dari.
L'allegazione dei fatti principali (non indispensabili per l'individua
zione del diritto fatto valere in giudizio, o non posti a fondamento di
eccezioni in senso stretto «che possono essere proposte soltanto dalle
parti») non è espressione dell'autonomia sostanziale, ma è solo un pro blema di tecnica processuale, di modello di processo concretamente
adottato (queste le conclusioni cui perviene anche il recente studio mo
nografico di Buoncristiani, L'allegazione dei fatti nel processo civile,
cit., spec, parte I): ne segue che i fatti, fermo il superiore principio del
divieto di utilizzazione del sapere privato da parte del giudice, possono
emergere anche dagli atti del processo nel senso precisato supra 4. Ne
segue che il valore della non contestazione non può essere dedotto dal
principio dell'autonomia privata (questa è anche la conclusione di Car
ratta, Il principio della non contestazione nel processo civile, cit.,
passim, e 259 ss.). Ne segue, ancora, che la distinzione tra valore della non contestazio
ne dei fatti principali e valore della non contestazione dei fatti seconda
ri non regge: la non contestazione opera allo stesso modo sia riguardo ai fatti principali che riguardo ai fatti secondari (è la conclusione cui, forse inavvertitamente, è pervenuta Cass. 17 aprile 2002, n. 5526, Foro
it., 2002,1, 2017). La non contestazione è sempre la stessa cosa: conte
gno processuale valutato diversamente a seconda che il processo sia
relativo a diritti disponibili o a diritti indisponibili. Si può quindi concludere rilevando la necessità di trovare il fonda
mento del valore della non contestazione nei processi relativi a diritti
disponibili in fattori diversi dall'autonomia privata: in superiori esigen ze di semplificazione del processo e di economia processuale, o anche, se si vuole, nella responsabilità o autoresponsabilità delle parti nell'al
legazione dei fatti di causa (così, da ultimo, Carratta, op. cit., 262 ss.) di cui sarebbero espressione gli art. 167, 1° comma, e 416, 3° comma, laddove prevedono che il convenuto nel suo primo atto difensivo debba
prendere posizione sui fatti posti dall'attore a fondamento della sua
domanda (ma invero il principio di non contestazione esisteva ed ope rava ben prima dell'introduzione nel nostro ordinamento di queste due
disposizioni: v., per tutti, Andrioli, Prova (dir. proc. civ.), voce del
Novissimo digesto, Torino, 1967, XIV, 274 ss., nonché le sempre at
tuali pagine di Carnelutti, La prova civile, Roma, 1915, 16 ss.).
Andrea Proto Pisani
CORTE DI CASSAZIONE; sezione I civile; sentenza 9 no vembre 2001, n. 13878; Pres. Rocchi, Est. Morelli, P.M.
Ceniccola (conci, conf.); Dionisi (Avv. Chiola, Bellomi) c.
Pirandola (Avv. Ricci) e altri. Conferma App. Roma 5 marzo 2001.
Elezioni — Elezioni comunali — Struttura sanitaria privata — Sistema dell'accreditamento — Rappresentante o diri
gente — Ineleggibilità (L. 23 aprile 1981 n. 154, norme in materia di ineleggibilità ed incompatibilità alle cariche di consigliere regionale, provinciale, comunale e circoscrizio
nale e in materia di incompatibilità degli addetti al servizio sanitario nazionale, art. 2; d.leg. 30 dicembre 1992 n. 502, ri ordino della disciplina in materia sanitaria, a norma dell'art. 1 1. 23 ottobre 1992 n. 421; 1. 23 dicembre 1994 n. 724, misure di razionalizzazione della finanza pubblica, art. 6).
Elezioni — Elezioni comunali — Medico convenzionato — Causa di ineleggibilità derivante da rappresentanza o di rigenza di strutture sanitarie convenzionate — Applicabi lità (L. 23 dicembre 1978 n. 833, istituzione del servizio sa nitario nazionale, art. 43, 44, 48; 1. 23 aprile 1981 n. 154, art. 2).
Elezioni — Elezioni comunali — Titolari di strutture sanita rie convenzionate — Ineleggibilità — Questione manife stamente infondata di costituzionalità (Cost., art. 3, 51; 1. 23 aprile 1981 n. 154, art. 2).
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
Il d.leg. 502/92, nell'introdurre il sistema dell'«accreditamen
to», non ha modificato in modo sostanziale il rapporto c.d. di
«convenzionamento» già esistente tra le strutture sanitarie
private e le Asl; permane quindi, anche nel nuovo sistema, la
causa di ineleggibilità a consigliere comunale derivante dalla
titolarità delle funzioni di rappresentante o di dirigente di
una struttura sanitaria privata. (1) La causa di ineleggibilità derivante da posizioni di rappresen
tanza o di dirigenza di strutture sanitarie convenzionate ex
art. 43 e 44 l. 833/78 si applica anche ai medici convenzio nati sulla base del contratto collettivo nazionale ex art. 48
stessa legge, non potendo riscontrarsi tra i due casi un diver
so oggetto dell'attività convenzionata né una diversa tipolo
gia di convenzioni. (2) È manifestamente infondata la questione di legittimità costitu
zionale dell'art. 2, 1° comma, n. 9, e 4° comtna, l. 23 aprile 1981 n. 154, nella parte in cui prevede l'ineleggibilità a con sigliere comunale per i titolari di strutture sanitarie conven
zionate (ora «accreditate»), in relazione alla mancata previ sione per i farmacisti e per i medici di base, in riferimento agli art. 3 e 51 Cost. (3)
( 1 -3) I. - Per quel che attiene alle limitazioni incidenti sul diritto di elettorato passivo in relazione all'esercizio della professione medica, v. Cass. 28 dicembre 2000, n. 16205, Foro it., 2001,1, 1601, con nota di richiami e osservazioni di Passaglia, che ha negato la sussistenza di una causa di ineleggibilità alla carica di sindaco in conseguenza del l'esercizio della funzione di primario ospedaliero; contestualmente, pe raltro, si è stabilito che la carica di sindaco è incompatibile con quella di primario di divisione sanitaria, in quanto il sindaco, pur dopo la ri strutturazione delle Usi operata dal d.leg. 502/92, riveste, da solo o nel
più ampio contesto della conferenza dei sindaci, un ruolo nella forma zione del programma, nell'indirizzo sanitario e nel controllo contabile delle nuove Asl, tale da evidenziare una immanente possibilità di con flitto di interessi con le funzioni di professionista operante nell'interno dell'unità sanitaria.
Nel senso che, secondo la disciplina dell'elezione degli organi delle amministrazioni comunali e provinciali anteriore all'entrata in vigore del d.leg. 267/00, l'ineleggibilità stabilita dall'art. 2, 1° comma, 1. 154/81 per i dipendenti facenti parte dell'ufficio di direzione delle unità
(oggi aziende) sanitarie locali è destinata ad operare — attesa la ratio della previsione dell'ineleggibilità, che consiste nella rimozione delle situazioni potenzialmente inquinanti la libertà di voto — con esclusivo riferimento alle figure dirigenziali che, per la loro collocazione nella
struttura, esercitano funzioni apicali (direttore generale, direttore am ministrativo e direttore sanitario), v. Cass. 29 novembre 2000, n.
15285, id., Rep. 2001, voce Elezioni, n. 46; 29 novembre 2000, n.
15284, id., Rep. 2000, voce cit-, n. 37. Nel medesimo senso, v. Cass. 20 ottobre 2001, n. 12862, id.. Rep. 2001, voce cit., n. 57.
Sul tema, v. altresì Cass. 15 giugno 2000, n. 8178, id., 2001,1, 1604, con nota di richiami e osservazioni di Passaglia, secondo cui permane, anche a seguito delle modifiche intervenute con il d.leg. 502/92 (che hanno introdotto nuove ipotesi di ineleggibilità-incompatibilità, senza con ciò dar luogo ad un'abrogazione tacita di quelle precedentemente in vigore) la causa di incompatibilità tra la carica di sindaco e l'eserci zio delle funzioni di medico convenzionato con l'azienda Usi.
Per l'affermazione secondo la quale il riordino della normativa vi
gente in materia di servizio sanitario nazionale da parte del d.leg. 502/92, modificato dal d.leg. 517/93 (in forza del quale le Usi sono state trasformate in aziende dotate di personalità giuridica pubblica sotto la vigilanza delle regioni), non ha inciso sulle situazioni di in
compatibilità e di ineleggibilità nelle cariche politiche dei comuni rife rite ai dipendenti (amministratori e sanitari) degli enti e ai professioni sti convenzionati, v. Cons. Stato, sez. I, 5 aprile 2000, n. 309/99, id.,
Rep. 2000, voce cit., n. 43, in cui si è evidenziato come si tratti, nella
specie, di una materia che, in quanto collegata ai diritti politici fonda
mentali del cittadino, richiede che le modifiche normative siano espli cite e non ricavabili per via interpretazione estensiva.
II. - In generale, sulle modifiche della disciplina del servizio sanita
rio nazionale, v. Cass., sez. un., 20 febbraio 1999, n. 88/SU, id., Rep. 1999, voce Sanità pubblica, n. 419, secondo cui la sostituzione del si
stema a convenzione con quello ad accreditamento non esclude la ri
conducibilità al modello concessorio dei rapporti tra servizio pubblico e
strutture sanitarie accreditate.
Con riguardo al regime giuridico delle neo-istituite Asl, v. Cass., sez.
un., 30 novembre 2000, n. 1237/SU, id., 2001, I, 888, con nota di ri
chiami e osservazioni di Dalfino, che ha sottolineato come, a seguito della soppressione delle Usi e della conseguente istituzione delle azien
de, si sia realizzata la successione ex lege a titolo particolare delle re
gioni nei rapporti obbligatori già facenti capo agli enti estinti.
Il Foro Italiano — 2003.
Svolgimento del processo. — Con ricorso notificato il 3 ago
sto 2000, Giulio Pirandola, primo dei non eletti nella lista di Forza Italia, impugnava la delibera del consiglio comunale di Guidonia Montecelio in data 22 maggio 2000, n. 23, con la quale era stata convalidata l'elezione a consigliere comunale di
Dionisi Mario, che assumeva essere invece ineleggibile per in compatibilità, ai sensi dell'art. 2, 1° comma, n. 9,1. 154/81, es sendo legale rappresentante di quattro laboratori di analisi con
venzionati con la locale Asl.
Si costituiva e proponeva controricorso il Dionisi, che chie deva rigettarsi il ricorso.
Rimasto contumace il comune di Guidonia Montecelio, il p.m. presso il tribunale concludeva per l'accoglimento del ricor so.
Con sentenza depositata il 18 dicembre 2000, il tribunale a dìto accoglieva il ricorso, dichiarava il Dionisi ineleggibile e lo condannava alle spese in favore del Pirandola.
Il successivo gravame del Dionisi veniva respinto dalla corte
di Roma. Ed avverso quest'ultima sentenza, depositata il 5 marzo 2001,
10 stesso Dionisi ricorreva per cassazione.
Resiste il Pirandola con controricorso. Motivi della decisione. — 1. - Con i quattro motivi, di cui si
compone il ricorso, il Dionisi — denunciando plurime violazio ni di legge (art. 2, 1° comma, n. 9, e 4° comma, 1. n. 154 del 1981; 6, n. 6,1. n. 724 del 1994; 43, 44,48 1. n. 833 del 1978; 3 e 51 Cost.) — critica la corte territoriale, rispettivamente per avere:
a) erroneamente esteso la causa di ineleggibilità sub art. 2, 1°
comma, n. 9,1. n. 154 cit., originariamente prevista per i «legali rappresentanti delle strutture convenzionate», anche ai legali
rappresentanti delle strutture «accreditate», in base al nuovo si
stema di rapporti con il servizio sanitario nazionale introdotto dall'art. 6, n. 6,1. 724/94 (primo motivo);
b) mancato di attribuire il dovuto rilievo al fatto che il rap
porto tra esso ricorrente e l'Asl era «certificato appartenere» a
quelli di cui all'art. 48 della legge sanitaria nazionale n. 833 del
1978 (terzo motivo), per cui non avrebbe potuto dar luogo alla
condizione di ineleggibilità ricollegata dalla citata 1. 154/81 (sub art. 2, 1° comma, n. 9) esclusivamente a posizioni di rappresen tanza o dirigenza di strutture convenzionate ai sensi dei prece denti art. 43 e 44 stessa 1. 833/78 (secondo motivo);
c) omesso, in subordine, di prendere in esame, al fine di inve
stirne la Corte costituzionale, la prospettata questione di legitti mità dell'art. 2, 1° comma, n. 9, e 4° comma, 1. 154/81, ove in
terpretato nel senso della estensione della ineleggibilità ai titola
ri di laboratori di analisi accreditati, per contrasto con gli art. 3 e
51 Cost., per il profilo della ingiustificata disparità di tratta mento, di tali soggetti, rispetto ai farmacisti ed ai medici con venzionati (quarto motivo).
2. - La prima censura (sub a) è infondata.
Nel rispondere (sia pure ad altri fini) al quesito se il nuovo si stema dell'«accreditamento», introdotto con il d.leg. 502/92 e
successive norme di attuazione ed integrazione, abbia, o non, sostanzialmente modificato il rapporto esistente tra le case di
cura private e le Asl, questa corte ha già avuto, infatti occasione
di escludere (cfr. sez. un. 88/SU/99, Foro it., Rep. 1999, voce
Sanità pubblica, nn. 419, 420) che alla nuova disciplina possano attribuirsi effetti sostanzialmente modificativi del rapporto, tra
strutture private ed ente pubblico preposto all'attività sanitaria, «che era e resta di natura concessoria».
Ciò in quanto lo Stato, tra i suoi compiti fondamentali aveva, e continua ad avere, la realizzazione dell'interesse pubblico alla
salute, e continua a realizzare tale interesse, sia con strutture
pubbliche, sia con altre di titolarità privata. «La particolarità e la diversità, rispetto al regime giuridico preesistente e, in genere,
rispetto alla natura ed alla disciplina delle concessioni, consi stono nel fatto che, nel caso delle strutture sanitarie, si è andati
ad una concessione ex lege, nella quale la disciplina dei singoli rapporti e l'individuazione dei diritti e degli obblighi, non è nelle singole convenzioni, ma in via generale nella stessa disci
plina legislativa, pur con rinvìi integrativi a normative di secon do grado o regionali» (Cass. 88/SU/99, cit.).
Non hanno, quindi, errato i giudici del merito nell'equiparare 11 rapporto di «accreditamento» a quello di convenzionamento,
ai fini dell'applicazione della causa di ineleggibilità, dei rispet
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PARTE PRIMA 612
tivi titolari, ex art. 2, 1° comma, n. 9, 1. 154/81. Atteso anche
che — come pure già chiarito — perché ricorra quella condizio
ne di ineleggibilità è sufficiente la sussistenza di un rapporto so stanzialmente qualificabile come «convenzione» (cfr. Cass.
957/96, id., Rep. 1997, voce Elezioni, n. 54). È, d'altra parte, poi evidente come la ratio che informava la
norma dell'art. 2, 1° comma, n. 9,1. 154/81 sia rimasta valida (e con essa siano rimaste ferme le condizioni di razionale cogenza della norma stessa) anche nel nuovo sistema introdotto dal
d.leg. 502/92 (ratione temporis non viene, viceversa, in rilievo, in questo giudizio, lo ius superveniens di cui al d.leg. 267/00), in quanto la captatio voti da parte del titolare di strutture priva te, che la condizione di ineleggibilità in esame tende ad evitare, come era possibile in regime di convenzionamento così è rima
sta possibile in regime di accreditamento. Per tal profilo, è stato del resto già sottolineato come l'ine
leggibilità dei rappresentanti o dirigenti delle strutture private convenzionate «per il consiglio del comune il cui territorio co
incide con il territorio dell'Usi con cui sono convenzionate ...», trovi precipua ragione nel fatto in sé della operatività territoriale
della concessione, in correlazione all'operatività «locale» della
struttura sanitaria (che è rimasta, a sua volta, immutata anche
nel quadro della nuova organizzazione delle Usi, che le ha con
vertite in aziende che agiscono come entità strumentali della re
gione: cfr. Cass. 957/96, cit.). 3. - Non maggior consistenza ha la seconda doglianza che fa
leva sul formale richiamo dell'art. 48, in luogo degli art. 43, 44 1. 833/78 nell'atto certificativo del rapporto tra la struttura sa
nitaria del ricorrente e l'Asl. Posto, infatti, che il citato art. 48 regolamenta i rapporti con i
medici convenzionati sulla base del contratto collettivo nazio
nale e prevede limitazioni ed incompatibilità circa la loro parte cipazione a case di cura, ecc., non si vede come il rinvio a detta
norma possa incidere sull'oggetto dell'attività convenzionata e
configurare, come si pretende, una tipologia di convenzioni di verse da quelle (sub art. 43, 44) cui è riferita l'ineleggibilità dei rispettivi titolari.
4. - Manifestamente infondata è, infine, l'adombrata questio ne di legittimità costituzionale della norma di previsione della
ineleggibilità a consigliere comunale dei titolari di strutture sa nitarie convenzionate (ora «accreditate»), non ravvisandosi, né
essendo nel caso concreto neppure dedotta, la necessaria iden
tità di posizione tra i predetti soggetti ed i farmacisti e medici di base, rispetto ai quali i primi sarebbero discriminati.
E ciò a prescindere dalla considerazione che — non venendo
in discussione, per quanto già detto, la ragionevolezza della
specifica causa di ineleggibilità qui in esame — l'eventuale esi stenza di categorie di soggetti, che si trovassero, in tesi, nella
stessa condizione (suscettibile di dar luogo a pericolo di capta tio voti) dei soggetti cui la norma si riferisce, evidenzierebbe semmai un vizio di incostituzionalità per omissione, della nor
ma stessa, emendabile con pronunzia additiva: non potendo, pe raltro, una siffatta questione, comunque, prospettarsi nel pre sente giudizio, per difetto di rilevanza.
5. - Il ricorso va, pertanto, integralmente respinto.
Il Foro Italiano — 2003.
CORTE DI CASSAZIONE; sezione I civile; sentenza 7 set tembre 2001, n. 11495; Pres. Baldassarre, Est. Plenteda, P.M. Schirò (conci, conf.); Besozzi (Avv. Di Stefano, Val cavi) c. Banca popolare di Bergamo
- Credito varesino (Avv.
Tornabuoni, Dalmartello). Conferma App. Milano 5 giu
gno 1998.
Intermediazione finanziaria — «Domestic currency swap» — Negozi attuativi del contratto-quadro — Forma scritta — Esclusione (L. 2 gennaio 1991 n. 1, disciplina dell'attività di intermediazione mobiliare e disposizioni sull'organizza zione dei mercati mobiliari, art. 6).
Nel vigore della l. 2 gennaio 1991 n. 1, per i negozi conclusi in
esecuzione di un contratto-quadro che disciplina il servizio
d'intermediazione mobiliare intercorrente tra la Sim e/o la
banca ed il cliente non era previsto un requisito di forma scritta né ad substantiam né ad probationem. (1)
(1) Nel corso del 2001, la Cassazione si è cimentata in più di un'oc casione con i derivati finanziari over the counter (Otc), in particolare sub specie di domestic currency swap. Con quattro pronunce rese tra marzo ed aprile, sono stati affrontati casi connessi al fallimento di una società di consulenza finanziaria che era rimasta tale (non assumendo
quindi la qualifica di società d'intermediazione mobiliare) pur dopo l'avvento della 1, 1/91, così da spingere il giudice di legittimità a sanci re l'invalidità (virtuale e, come esplicitamente affermato in una delle
quattro sentenze, «sopravvenuta») dei contratti di swap conclusi da detta società in violazione dei dettami della legge Sim. Il riferimento è alle sentenze n. 3272 del 7 marzo, Foro it., Rep. 2001, voce Contratto in genere, n. 449, n. 3753 del 15 marzo, id., 2002, I, 858, con nota di
richiami, n. 5114 del 6 aprile e n. 5052 del 5 aprile, id., 2001,1, 2185, con osservazioni di G. Catalano e nota di E. Filograna, «Swaps» abu sivi: profili di invalidità e responsabilità precontrattuale.
Una vasta e completa panoramica sulle regole che soprassiedono l'intermediazione finanziaria è offerta da M. de Mari e L. Spada, ibid., 3322 (prima parte), id., 2002, I, 568, 859, 1243 e 2132 (per il riferi mento specifico alla problematica della forma scritta dei contratti d'in
vestimento, v. ibid., 874). La sentenza in rassegna (commentata anche da E. Girino, Contratti
di «swap»: forma, autonomia, nullità e responsabilità, in Contratti, 2002, 33) è in sintonia con l'orientamento espresso nel giudizio di me rito (App. Milano 5 maggio 1998, Foro it., Rep. 2001, voce Interme
diazione finanziaria, n. 82) riguardo alla non necessaria formalizzazio ne scritta dei contratti di swap conclusi sotto il «cappello» di un con
tratto-quadro. L'inapplicabilità dell'eccezione di gioco e scommessa agli swaps
(questione dibattuta nel vigore della vecchia disciplina ma ora superata in virtù del chiaro disposto dell'art. 23, 5° comma, testo unico della fi
nanza) è stata ribadita da Trib. Torino 27 gennaio 2000, ibid., nn. 85, 86.
* * *
Ancora sugli strumenti finanziari derivati, tra forma dei con tratti ed ingiustificato arricchimento.
Alcune brevi notazioni, in punta di penna, su questa nuova «incur sione» della Suprema corte nel mondo dei derivati finanziari.
1. - Il caso in rassegna, come era già avvenuto nelle precedenti occa sioni targate 2001 (Cass. 6 aprile 2001, n. 5114, e 5 aprile 2001, n.
5052, Foro it., 2001, I, 2185) — seppur il riferimento normativo sia alla 1. 1/91 (1. Sim), oramai cancellata dallo scenario con l'implementa zione della direttiva sui servizi d'investimento (93/22/Cee), avvenuta
prima con il d.leg. 23 luglio 1996 n. 415 (decreto Eurosim) e poi con il
d.leg. 24 febbraio 1998 n. 58 (testo unico della finanza) — offre spunti interessanti anche per la visione del corrente panorama legislativo. Con una curiosa presunzione, infatti, l'estensore della sent. 11495/01, lo stesso delle sentenze sui casi riguardanti il fallimento Gestival, arriva ad affermare che proprio la lettura dell'art. 18 decreto Eurosim, che ha contenuti poi sostanzialmente trasfusi nell'art. 23 t.u.f. e sancisce la nullità dei contratti relativi alla prestazione dei servizi d'investimento in difetto del requisito della forma scritta, permette di escludere «impli citamente qualunque rilevanza a tale difetto per [quei contratti] formati anteriormente». Un ben strano modo di argomentare, generalizzando il
quale si coglierebbero risultati addirittura sorprendenti (forse che tutte le nullità rese esplicite nel codice civile del 1942 permettevano di escludere simili sanzioni nel vigore della precedente disciplina?) e, a ben guardare, in contraddizione con le affermazioni rese dalla stessa Cassazione nelle precedenti sentenze in tema di svolgimento di attività d'intermediazione mobiliare. Nel poker di pronunce dei primi mesi del 2001 (alla n. 5114 ed alla n. 5052 andrebbero infatti aggiunte la n. 3272 del 7 marzo 2001, id., Rep. 2001, voce Contratto in genere, n. 449, e la n. 3753 del 15 marzo, id., 2002,1, 858), si era infatti inferita la nullità
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