sezione I; parere 1° febbraio 1985, n. 130/85; Smargiassi c. Comune di Rieti e Soc. CreaSource: Il Foro Italiano, Vol. 110, No. 9 (SETTEMBRE 1987), pp. 435/436-449/450Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23179053 .
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PARTE TERZA
conformità delle risultanze acquisite in sede di istruttoria supple mentare è stata calcolata invece in m. 4, 80 (relazione di rettifica
del genio civile di Napoli n. 9001, del 23 aprile 1983). In conclusione l'appello deve essere accolto e respinto quello
incidentale e per l'effetto devono essere annullati gli atti impu
gnati, restando assorbiti gli altri motivi di gravame.
ché dannoso per l'economia) possano arrestarsi solo per l'inerzia, appun to programraatoria, delle autorità a ciò preposte (57).
Si è consapevoli che la via indicata dal Consiglio di Stato non è di
agevole praticabilità. Intanto si pone il problema se l'istanza, e il conse
guente ricorso contro il silenzio-rifiuto, vadano proposti nei confronti della regione o del ministero: il dubbio sorge in quanto il termine del 31 dicembre 1986 non riveste carattere perentorio, come si evince dal
complesso di cautele che la Corte costituzionale ha raccomandato allo Stato per l'esercizio del potere surrogatorio nella redazione dei piani pae sistici (58). È preferibile, in proposito, ritenere che sia lo Stato che le
regioni siano legittimati, poiché tale soluzione appare più consona al prin cipio cooperativo (59), cui debbono ispirarsi in materia i rapporti tra le
predette istituzioni. Ma è, comunque, una strada che vai la pena di percorrere, all'insegna
di quei valori culturali sanciti dalla nostra Carta costituzionale e che van no rispettati e perseguiti quale imprenscindibile garanzia per un ordinato
sviluppo socio-economico del nostro paese.
Maria Rosaria Cozzuto Quadri
(57) A ragione l'indicazione dell'adunanza plenaria del Consiglio di Stato sugli interessi pretensivi è stata accolta da Abbamonte, op. cit., 580, come significativa manifestazione della sensibilità del giudice a per cepire l'evoluzione dei rapporti economico-sociali e a cogliere «i condi
zionamenti, spesso paralizzanti, che derivano dalla funzione pubblica di
pianificazione, specie se non esercitati, sulle iniziative individuali, iniziati ve delle quali non vive solo l'impresa, ma la collettività intera».
(58) Cfr. Corte cost. 153/86, cit.
(59) Il principio cooperativo come criterio guida dei rapporti tra Stato e regioni anche nella materia ambientale e conseguente canone interpreta tivo della relativa normativa, già enunziato da Corte cost. n. 94/85, cit., è ribadito da Corte cost. 359/85, cit., e definitivamente consacrato da Corte cost. nn. 151 e 153/86, cit. Su questo corpo di sentenze v., di
recente, Anzon, Principio cooperativo e strumenti di raccordo tra le com
petenze statali e regionali, in Giur. costit., 1986, 1039 ss.
I
CONSIGLIO DI STATO; sezione I; parere 1° febbraio 1985, n.
130/85; Smargiassi c. Comune di Rieti e Soc. Crea.
Giustizia amministrativa — Servizio di acquedotto comunale —
Modalità di gestione — Ricorso — Ammissibilità — Fattispe cie (R.d. 15 ottobre 1925 n. 2578, t.u. della legge sull'assunzio
ne diretta dei pubblici servizi da parte dei comuni e delle
province, art. 1, 2, 15, 26; r.d. 14 settembre 1931 n. 1175, t.u. per la finanza locale, art. 265, 266, 267; r.d. 3 marzo 1934 n. 383, t.u. della legge comunale e provinciale, art. 292).
Comune e provincia — Costituzione di società di capitali — Le
gittimità — Limiti (R.d. 3 marzo 1934 n. 383, art. 87, 98, 99,
100, 101, 140, 149). Servizi municipalizzati — Concessione a società di capitali con
partecipazione comunale — Difetto di motivazione — Illegitti mità (R.d. 15 ottobre 1925 n. 2578, art. 2, 15, 26; 1. 23 aprile 1981 n. 153, conversione in legge, con modificazioni, del d.l.
28 febbraio 1981 n. 38, recante provvedimenti finanziari per
gli enti locali per l'anno 1981, art. 3, 4). Servizi municipalizzati — Concessione a società di capitali con
partecipazione comunale — Difetto di procedura concorsuale — Illegittimità (R.d. 14 settembre 1931 n. 1175, art. 267).
Comune e provincia — Servizi municipalizzati — Distribuzione
delle acque — Concessione comunale — Mancanza del parere dei consigli circoscrizionali — Illegittimità (L. 8 aprile 1976 n. 278, norme sul decentramento e sulla partecipazione dei citta dini nell'amministrazione del comune, art. 12).
Qualsiasi cittadino utente del locale servizio di distribuzione del
l'acqua potabile è legittimato a proporre ricorso per sindacare le modalità organizzative del servizio che si assumono incidenti sulla misura delle tariffe e del costo del servizio. (1)
(1) In tema di interesse a ricorrere e di provvedimento impugnabile v. Cons. Stato, sez. V, 1° settembre 1986, n. 406, Foro it., 1987, III,
Il Foro Italiano — 1987.
Il comune può legittimamente promuovere la costituzione di so
cietà per azioni e/o assumervi partecipazioni azionarie, al fine di affidare in concessione a tali società un determinato servizio
pubblico, purché con la partecipazione effettiva di almeno un
altro socio, con limitazione della attività al territorio dell'ente
locale e nel rispetto della normativa e dei procedimenti previsti
per la scelta del terzo contraente e per la stipulazione dei con
tratti ad evidenza pubblica degli enti locali. (2) Sono da ritenere illegittime le deliberazioni e gli atti con i quali
il comune dispone la costituzione di società per azioni (con par
tecipazione minoritaria di capitale) e la gestione del servizio
pubblico attraverso questa forma anziché nelle forme tradizio
nali, in mancanza di una adeguata motivazione circa l'oppor tunità di tale scelta. (3)
È da ritenere illegittima la deliberazione del comune che affidi ad una società per azioni con partecipazione comunale la con
cessione per la gestione di un servizio pubblico (nella specie:
servizio di acquedotto) senza l'esperimento della procedura con
corsuale prevista dall'art. 267 t.u. 14 settembre 1931 n. 1175. (4) È da ritenere illegittima la deliberazione del comune che affidi
in concessione la gestione del servizio di distribuzione delle ac
que senza la previa acquisizione de! parere dei consigli circo
scrizionali, ai sensi dell'art. 12, lett. z.), I. 8 aprile 1976 n. 278. (5)
80, con nota di richiami, cui adde, sulla tutelabilità nei confronti della
p.a. degli interessi individuali che si differenzino da quelli della collettivi
tà, Cons. Stato, sez. IV, 28 agosto 1984, n. 646, id., 1985, III, 1 e T.A.R.
Lazio, sez. Ili, 8 marzo 1982, n. 311, id., 1983, III, 117, con note di
richiami.
(2-8) Le decisioni in epigrafe confermano, con riferimento ai casi di
specie esaminati (rispettivamente, servizio di acquedotto e organizzazione dei servizi portuali), il principio pacifico della potestà degli enti pubblici di costituire (o partecipare a) associazioni di diritto privato, anche nelle forme di società di capitali, al fine di realizzare i propri compiti, nello
spirito dell'art. 97 Cost.
Sulla problematica de qua, v. Cass. 19 marzo 1987, n. 3308, Foro it.,
1987, I, 2065 (in riferimento alla costituzione di teatri stabili di prosa da parte degli enti locali); 16 maggio 1986, n. 3225, id., 1986, I, 2491
(in riferimento alla attività di costruzione di acquedotti e distribuzione
dell'acqua potabile, in regime di concorrenza con i privati); T.A.R. To
scana 23 ottobre 1985, n. 895, ibid., Ill, 430 (in riferimento ai limiti
emergenti dalla disciplina ex art. 1-5 r.d. 15 ottobre 1925 n. 2578), e
Cons. Stato, sez. I, 28 maggio 1982, n. 526, id., 1983, III, 346 (in riferi
mento alla esplicazione della attività sanitaria), con osservazioni di G.
Marziale; agli esaurienti riferimenti contenuti nelle note alle citate deci
sioni (anche per la dottrina sui servizi pubblici e municipalizzati e la loro
organizzazione), adde, da ultimo, su limiti e condizioni della gestione dei servizi pubblici, Cons. Stato, sez. IV, 28 aprile 1986, n. 306, Cons.
Stato, 1986 I, 504, e Cass. 28 ottobre 1983, n. 6379, Foro it., Rep. 1985, voce Concessioni amministrative, n. 4 (sulla gestione del servizio di ono ranze funebri); Cons. Stato, sez. VI, 12 aprile 1986, n. 325, Cons. Stato, 1986, I, 325 (sui trasporti in concessione assunti da società per azioni costituita da una regione); Trib. sup. acque 27 gennaio 1986, n. 4, ibid., II, 118 (sulla gestione del servizio di approvigionamento idrico); T.A.R. Toscana 14 febbraio 1984, n. 92, Foro it., Rep. 1984, voce Servizi muni
cipalizzati, n. 10 (sul servizio di fognatura); Cass. 13 luglio 1983, n. 4766, id., Rep. 1983, voce Comune, n. 145 (sul servizio di macellazione e tra
sporto carni); Cass. 14 gennaio 1983, n. 272, ibid., voce Servizi munici
palizzati, n. 7, e Cons, giust. amm. sic. 21 aprile 1983, n. 46, ibid., n. 13 (sul servizio di smaltimento dei rifiuti solidi urbani); T.A.R. Abruz zo 7 dicembre 1982, n. 623, ibid., voce Farmacia, n. 27, e T.A.R. Lom bardia 27 aprile 1978, n. 270, id., Rep. 1980, voce cit., n. 52 (sulla assunzione della gestione diretta di una sede di farmacia); T.A.R. Emilia
Romagna 20 dicembre 1979, n. 551, ibid., voce Servizi municipalizzati, n. 6 (sulla cessazione dell'azienda municipalizzata del latte e passaggio del relativo servizio ad una struttura aziendale privata).
In dottrina, v. anche Trebeschi, Caratteri di impresa nell'assetto e nel
funzionamento degli enti locali, in Confronti, 1986, fase. 1, 17; Reperto rio monografico - La dimensione imprenditoriale degli enti locali con par ticolare riferimento ai servizi pubblici, a cura di Montefusco e De
Martino, ibid., 73; Merusi, I servizi pubblici, in Regioni, 1985, 714; Galgano, Interessi pubblici e forme private nella gestione dei servizi so
ciali, in Comuni d'Italia, 1984, 1676; Gandolfo, Considerazioni sulla
forma di gestione dei servizi pubblici locali in forma di società per azioni, in Finanza locale, 1984, 739.
Nulla in termini sulla normativa applicabile nella scelta del terzo, su cui le pronunzie in epigrafe appaiono in contrasto, pur nella diversità delle fattispecie esaminate (l'una riferita ad amministrazione comunale e l'altra ad ente porto); tuttavia se, da un lato, si evidenzia come la
operatività delle disposizioni sulla contabilità dello Stato è data sempre
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GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA
II
CORTE DEI CONTI; sezione controllo enti; determinazione 22
luglio 1986, n. 1883; Pres. Di Stefano, Rei. Zambrano; Con
sorzio autonomo del porto di Genova.
Porti, spiagge e fari — Enti portuali — Costituzione di società
di capitali — Legittimità — Limiti (D.l. 6 aprile 1983 n. 103, misure urgenti per fronteggiare la situazione dei porti, art. 3; 1. 23 maggio 1983 n. 230, conversione in legge, con modifica
zioni, del d.l. 6 aprile 1983 n. 103, art. unico).
Porti, spiagge e fari — Consorzio autonomo del porto di Genova — Costituzione di società strumentali per la gestione di attività
operative — Concessione di servizi — Legittimità — Limiti (R.d. 16 gennaio 1936 n. 801, t.u. delle disposizioni legislative ri
guardanti la costituzione di un consorzio autonomo per l'ese
cuzione di opere e per l'esercizio del porto di Genova, art. 22; d.l. 6 aprile 1983 n. 103, art. 3; I. 23 maggio 1983 n. 230,
art. unico).
Porti, spiagge e fari — Consorzio autonomo del porto di Genova — Società strumentali per la gestione di attività operative —
Concessione di servizio — Procedure concorsuali contabili per l'assentimento — Necessità — Esclusione (R.d. 16 gennaio 1936
n. 801, art. 29). Lavoro portuale — Consorzio autonomo del porto di Genova
— Società strumentali per la gestione di attività operative —
Distacco di dipendenti consortili — Legittimità — Limiti (R.d. 16 gennaio 1936 n. 801; d.l. 6 aprile 1983 n. 103, art. 3; 1.
23 maggio 1983 n. 230, art. unico).
Porti, spiagge e fari — Consorzio autonomo del porto di Genova — Nuovo assetto organizzativo — Legittimità
— Configura zione giuridica dell'ente — Compatibilità (R.d. 16 gennaio 1936
n. 801; d.l. 6 aprile 1983 n. 103, art. 3; 1. 23 maggio 1983
n. 230, art. unico).
Gli enti portuali, come tutti gli altri enti pubblici, sono legittimati a costituire società di capitali e/o assumervi partecipazioni azio
narie, purché nell'ambito dello scopo istituzionale perseguito, non al fine di eludere divieti normativi e senza la dismissione
di compiti istituzionali implicanti l'esercizio di pubbliche funzioni. (6)
Legittimamente il Consorzio autonomo del porto di Genova co
stituisce società strumentali — con partecipazione azionaria di
maggioranza o di minoranza qualificata — per la gestione, lo
sviluppo e la razionalizzazione dei traffici portuali, in un unico
contesto programmatico, ed affida loro in concessione tutti i
servizi inerenti all'ambito portuale e non riservati per legge ad
altri organismi. (7) Neil'assentire in concessione i servizi portuali alle società stru
mentali all'uopo costituite, il Consorzio autonomo del porto di Genova può effettuare discrezionalmente la scelta dell'affi datario senza l'obbligo di osservanza delle disposizioni sulla
contabilità generale dello Stato. (8) È legittimo il «distacco» di una parte del personale del Consorzio
autonomo del porto di Genova alle società strumentali di ge
stione dei servizi portuali, nel rispetto dei comuni requisiti di
ammissibilità dell'istituto e, in particolare, di quello della tem
poraneità. (9) Il nuovo assetto organizzativo, globalmente considerato, che il
Consorzio autonomo del porto di Genova si è dato con la co
stituzione di società strumentali per la gestione dei servizi por
tuali, deve ritenersi compatibile con la configurazione giuridica
dell'ente, quale delineata dal t.u. n. 801/36 con riferimento a modelli del tutto superati e inadatti alle moderne esigenze
imprenditoriali di un ente portuale. (10)
per scontata dalla giurisprudenza amministrativa dianzi richiamata, dal
l'altro, si rammenta che quelle disposizioni sono state espressamente di
chiarate applicabili a vari enti pubblici con il d.p.c.m. 3 novembre 1983
(Le leggi, 1983, 1664), ma non al Consorzio del porto di Genova.
(9-10) Sul «comando» e «distacco» dei dipendenti pubblici e sulla loro
caratteristica natura di modifica temporanea del rapporto di servizio ori
ginario, in forza di specifiche previsioni normative e con persistente colle
gamento con l'ente di appartenenza, v. Cons. Stato, sez. IV, 14 gennaio
1987, n. 9, Cons. Stato, 1987, I, 10; T.A.R. Emilia-Romagna 10 ottobre
1986, n. 523, Foro it., 1987, III, 206, con nota di richiami, cui adde
Corte conti, sez. contr., 16 marzo 1984, n. 1426, id., Rep. 1984, voce
Impiegato dello Stato, n. 576 (che ne esclude l'applicabilità al personale
Il Foro Italiano — 1987.
I
Considerato: 1. - È infondata l'eccezione sollevata dal riferente
ministero secondo il quale il ricorrente, in qualità di semplice cittadino del comune di Rieti, non avrebbe legittimazione attiva
ad impungare i provvedimenti con cui è disposta una nuova disci
plina organizzativa del servizio pubblico di esercizio e gestione
dell'acquedotto comunale.
Al riguardo è opportuno premettere che la distribuzione del
l'acqua potabile è un servizio pubblico locale, secondo gli art.
1, n. 1, t.u. 15 ottobre 1925 n. 2578 (sulla municipalizzazione
dei pubblici servizi) e 292 t.u. 3 marzo 1934 n. 383, del quale è consentita la gestione diretta in economia da parte del comune
(art. 15 t.u. 2578 del 1925) o tramite una azienda autonoma pub blica costituita allo scopo (art. 2 t.u. ult. cit.), oppure mediante
concessione ai privati (art. 26 t.u. ult. cit. e 265, 266, 267 t.u.
14 settembre 1931 n. 1175 sulla finanza locale). In questa terza ipotesi l'art. 267 t.u. 1175 del 1931 prescrive
che la concessione del servizio al privato sia disposta in seguito ad asta pubblica o, in casi eccezionali, la cui valutazione è rimes
sa al controllo di merito del comitato regionale di controllo, in
seguito a licitazione o trattativa privata. Con le deliberazioni impugnate il comune di Rieti ha deciso
di costituire insieme con la società controinteressata, già conces
sionaria del servizio, una società per azioni a capitale misto (60% della soc. Crea, 40% del comune) per la gestione degli acquedotti
comunali, approvando lo statuto di questa, il regolamento per l'esercizio dell'acquedotto e le incluse tariffe di erogazione del
l'acqua, gli schemi del contratto d'appalto da stipulare con l'isti
tuenda società e del relativo capitolato, gli schemi delle convenzioni
preliminari per la costituzione della nuova società per azioni e
per il passaggio a quest'ultima degli impianti, dei contratti e del
personale per l'esercizio dell'acquedotto, e richiedendo a tale sco
po l'autorizzazione alla trattativa privata. Le censure prospettate dal ricorrente e richiamate nelle premes
se si articolano in due gruppi, dei quali: il primo riguarda la
violazione di norme del procedimento per la disciplina organizza tiva del servizio pubblico in questione (costituzione di una s.p.a. ad hoc a capitale misto) e l'affidamento del relativo contratto
d'appalto (scelta della trattativa privata, mancata audizione delle
organizzazioni sindacali e dei consigli di quartiere, violazione del
piano regionale delle acque); il secondo riguarda la differenza
tra la spesa preventivata dall'amministrazione per il servizio e
quella risultante da un computo analitico e razionale effettuato
dal ricorrente nonché l'ingiustificato aumento dei profitti della
società Crea, che si ritiene perseguito in sostanza mediante la nuova
organizzazione del servizio di distribuzione dell'acqua potabile. I due gruppi di censure sono prospettati in reciproca connes
sione, nel senso che dalla nuova organizzazione del servizio pub blico è ritenuta dipendere strettamente la sua eccessiva onerosità,
quale risultante in concreto dalle nuove tariffe approvate con le
deliberazioni impugnate, la cui misura — va ricordato — deve
tenere conto ai sensi dell'art. 27 sexies, 1° comma, d.l. 22 dicem
bre 1981 n. 786 convertito con 1. 26 febbraio 1982 n. 51, dei
costi previsti nei bilanci regolarmente approvati dai consigli e dal
l'organo regionale di controllo.
In conseguenza, deve ritenersi che il ricorrente non censuri sol
tanto ed autonomamente le modalità organizzative di un pubbli
co servizio, ma anche ed in primo luogo il costo di tale servizio,
la cui misura si ripercuote in definitiva su quella delle tariffe ap
provate, contestualmente alla nuova disciplina organizzativa del
servizio medesimo, con le delibere impugnate. II ricorrente dunque, in veste di cittadino del comune di Rieti
e di utente del locale servizio di distribuzione dell'acqua potabile,
ben può sindacare la misura delle tariffe del costo di tale servizio
e, attraverso questi, le presupposte modalità organizzative del
non di ruolo); Cass. 18 aprile 1983, n. 2655, id., Rep. 1983, voce cit., n. 598 (in fattispecie simile a quella esaminata dalla determinazione della
Corte dei conti in epigrafe, con la conferma della legittimità del distacco
di dipendente dell'ente sviluppo di Puglia e Lucania presso società coope
rativa, rispondente alla finalità pubblica perseguita da tale ente). Sull'ente porto di Genova (struttura, natura, funzioni e recenti note
vicende gestionali), v. C. Brusco, Cronache del porto di Genova, in nota
a T.A.R. Liguria 12 marzo 1987, nn. 256 e 255, id., 1987, III, 341.
Sul rapporto di lavoro portuale v. Trib. Genova 13 dicembre 1986 ed
altre, ibid., I, 2211, con nota di richiami.
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PARTE TERZA
servizio medesimo contestualmente determinate, che si assumono
direttamente incidenti sulla misura di tali tariffe e costi (per un
caso analogo cfr. Cons. Stato, sez. VI, 4 marzo 1977, n. 178,
Foro it., Rep. 1977, voce Giustizia amministrativa, nn. 586, 707).
2. - Nel merito il ricorso è fondato.
Il quesito da risolvere nell'esame della prima censura, è se ed
entro quali limiti sia consentito legittimamente ad un comune co
stituire insieme con un privato una società per azioni, per affi
darle in concessione l'appalto di un servizio pubblico locale, quale la gestione degli acquedotti comunali e la distribuzione dell'ac
qua potabile. 2.1 - A tale proposito può notarsi, innanzitutto, che da tempo
nel nostro ordinamento è riconosciuta una capacità di diritto pri
vato dei comuni.
Già nel codice di commercio del 1882, all'art. 7, era previsto
che i comuni, oltreché lo Stato e le province, potessero compiere
«atti di commercio».
Nell'art. 2 c.c. del 1865, inoltre, era riconosciuta espressamen te ai medesimi enti «la capacità di diritto privato».
In seguito, il t.u. comunale e provinciale 3 marzo 1934 n. 383,
rielaborando alcune analoghe norme del t.u. del 1915 n. 148, ha
espressamente previsto agli art. 8, n. 4, 99, n. 3, 100, n. 3, 101,
n. 2, e 149, n. 3, tuttora vigente, la possibilità per i comuni e
le province di acquistare e vendere — e dunque anche di sotto
scrivere — «azioni industriali».
Anche questo Consiglio di Stato ha riconosciuto, in alcune pro
nunce, la sussistenza di una capacità di diritto privato dei comu
ni, in specie manifestatosi nella possibilità di detenere quote
azionarie di società destinate a svolgere servizi pubblici municipa
lizzabili. Con i pareri di questa I sezione del 6 marzo 1956, n. 373 (id.,
Rep. 1956, voce Municipalizzazione, n. 8) e della II sezione del
24 ottobre 1984, n. 1436, si è ammessa la possibilità per il comu
ne di partecipare al capitale o di promuovere la costituzione di
società per azioni, cui partecipi almeno un altro soggetto, al fine
di affidare a tale società in concessione un determinato servizio
pubblico locale.
I limiti entro i quali tale strumento è ammissibile, individuati
nei pareri cit., sono: a) la partecipazione effettiva alla società
di un altro soggetto, che non sia un semplice prestanome del co
mune (parere del 1956 cit., punto 3); b) la limitazione dell'attività
della società al territorio dell'ente locale che ne detiene quota del pacchetto azionario (parere del 1984 cit.).
Con decisione della V sezione 7 novembre 1969, n. 1181 (id.,
1969, III, 449) questo consiglio ha inoltre ritenuto — pur senza
prendere in esame la conformità a legge di tale vicenda — appli cabile al comune, che sia unico azionista di una società, l'art.
2362 c.c., secondo cui questo, in caso di insolvenza della società,
risponde illimitatamente per le obbligazioni sociali sorte nel pe riodo in cui le azioni sociali risultano essere appartenute a lui
esclusivamente.
2.2. - I limiti suindicati, tuttavia, ad avviso della sezione, non
esauriscono quelli che la vigente legislazione impone al fenomeno
dell'azionariato comunale.
Non sembra, innanzitutto, che attraverso lo strumento privati stico in esame possano eludersi i vincoli al rispetto dei procedi menti amministrativi previsti dalle norme per le varie attività di
competenza del comune, a garanzia soprattutto dell'imparzialità amministrativa e del buon andamento, anche finanziario, dell'am
ministrazione locale.
La sottoscrizione o l'acquisto di quote azionarie di una società
è infatti un contratto che il comune può porre in essere soltanto
nel rispetto delle norme procedimentali dettate per i contratti de
gli enti locali, tra l'altro, dagli art. 87 ss. e 140 ss. t.u. com.
e prov. del 1934.
In particolare, la scelta dei soggetti insieme con i quali il comu
ne può concludere un contratto di società e sottoscrivere le relati
ve azioni (la sottoscrizione in tale ipotesi deve assimilarsi agli
acquisti onerosi) deve essere preceduta da pubblici incanti o, ne
gli altri casi previsti dall'art. 87 cit., da licitazione o trattativa
privata, alla pari che per l'acquisto da terzi dei medesimi titoli
azionari già sottoscritti.
Nel caso in esame ha fatto difetto l'instaurazione di un proce dimento di scelta delle parti, idonee a partecipare alla società che
il comune aveva deciso di costituire. Lo stesso comune scelse co
me socia la società Crea (v. delib. consiliare 9 luglio 1982, n.
217), che dal 1960 al 1980 aveva gestito l'acquedotto comunale
Il Foro Italiano — 1987.
e che nel periodo successivo aveva curato la gestione dello stesso
acquedotto mediante proroghe accordate dal comune (cfr. delib.
citata e delib. 3 maggio 1983, n. 105 e relazione del sindaco).
D'altra parte non si può omettere di osservare che il contratto
16 settembre 1960, stipulato tra il comune e la società, era stato
preceduto da una procedura selettiva alla quale erano state invi
tate varie imprese specializzate in materia acquedottistica (cfr. pre
messe contratto citato). Né potrebbe fondatamente affermarsi che l'esclusione, nel caso
in esame, della procedura selettiva sia legittima per il richiamo
delle ragioni prospettate al consiglio comunale nella seduta 26
giugno 1986 nel corso della quale si sottolineò sia l'esperienza
della società sia l'opportunità di evitare i danni connessi ad un
passaggio di gestione dell'acquedotto. Invero l'esperienza della società Crea non può costituire un
motivo di esclusiva, posto che altre imprese operano nel settore
acquedottistico. Inoltre i danni per il passaggio di gestione sono indicati ma
non dimostrati; al riguardo non si può trascurare di osservare
che la temporaneità della gestione, a suo tempo affidata alla so
cietà, implicava la possibilità del mutamento nel prosieguo della
gestione. Questa per altro verso, proprio in base alle scelte orga
nizzative comunali (costituzione di società mista), assumeva una
diversa impostazione che necessariamente avrebbe importato una
modifica delle caratteristiche della precedente gestione.
2.3. - Va inoltre rilevato che la vigente normativa sulla munici
palizzazione dei pubblici servizi (art. 292 t.u. 383 del 1934, t.u.
2578 del 1925, r.d. 10 marzo 1904 n. 108, regolamento di esecu
zione della 1. 29 marzo 1903 n. 103 sulla municipalizzazione dei
servizi pubblici locali, prossimo alla sostituzione con il regola
mento, in corso di emanazione, previsto dall'art. 4 1. 23 aprile 1981 n. 153, sul quale l'adunanza generale di questo consiglio
ha espresso il parere favorevole in data 23 maggio 1985, n. 21/85)
non contempla espressamente che l'ente locale possa costituire
una società od acquistarne in tutto o in parte il pacchetto aziona
rio (se si eccettua l'art. 1, ultimo comma, 1. 29 dicembre 1969
n. 1042, sulla costituzione e l'esercizio di ferrovie metropolitane,
che, in alternativa allo strumento dell'azienda pubblica locale,
0 dell'ente pubblico o del consorzio di enti pubblici concessionari
del servizio di trasporto, ammette anche lo svolgimento di questo a mezzo di una società concessionaria «a prevalente capitale pub blico» la cui maggioranza del pacchetto azionario cioè sia dete
nuta da un ente pubblico, senza peraltro che quest'ultimo debba
identificarsi, secondo la norma, in un ente di gestione delle parte
cipazioni statali, piuttosto che nell'ente locale interessato). Nella consapevolezza dei risvolti negativi di tale modello orga
nizzativo il rapporto sullo stato delle autonomie, del ministero
per gli affari regionali, pubblicato nel 1982, ritiene che esso non
sia «una soluzione accettabile, non fosse altro perché sottrae alla
garanzia di un manifesto controllo pubblico risorse e mezzi che
invece sono pubblici e tali restano».
Peraltro, poiché nella prassi l'azionariato comunale nei servizi
pubblici locali è molto diffuso, non sono mancate le iniziative
legislative per disciplinarlo. Tra queste va segnalata la più recente, contenuta nell'art. 47
del d.d.l. sull'ordinamento delle autonomie locali (Atti senato, nn. 133 e 311-A della IX legislatura), nel testo approvato il 30
gennaio 1985 dalla la commissione affari costituzionali del sena
to, secondo il quale «I comuni e le province . . . possono gestire 1 servizi pubblici anche nelle seguenti forme . . . d) società per azioni a prevalente capitale pubblico locale qualora si renda op
portuna in relazione al servizio da erogare, la partecipazione di
altri soggetti pubblici o privati». In sede di predisposizione dell'indirizzo di politica legislativa
dunque sembra che sia stata avvertita la necessità che la decisione
dell'ente locale di erogare un servizio pubblico attraverso una so
cietà, cui esso stesso partecipa insieme con un privato, non possa
sfuggire all'obbligo di una adeguata motivazione circa l'opportu nità di tale scelta, rispetto a quella di una gestione del servizio
nelle forme tradizionali.
Tuttavia l'obbligo di motivazione sembra oggi ancora più ne
cessario, proprio perché manca come si è detto un espresso rico
noscimento normativo di questa particolare forma di gestione dei
servizi pubblici municipalizzabili. Ad avviso della sezione la notivazione della determinazione co
munale di costituire una s.p.a., insieme con un privato, per la
gestione di un pubblico servizio locale, deve innanzitutto eviden
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GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA
ziare la convenienza economica, per le finanze dell'ente locale, di una tale formula, rispetto a quelle previste dagli art. 2, 15 e 26 t.u. 2578 del 1925.
A tale scopo si renderà opportuno redigere una relazione che confronti i risultati economici di un ipotetico piano-programma pluriennale, quale previsto dall'art. 3 1. 23 aprile 1981 n. 153, sia di una azienda pubblica locale per lo svolgimento del servizio
considerato, sia di una società concessionaria del medesimo servi
zio, cui partecipano soggetti diversi dall'ente locale interessato, con le analoghe previsioni per il medesimo periodo dei risultati
della società mista alla quale si intende affidare quel servizio.
Dovrà inoltre tenersi conto della qualità del servizio erogato e del diverso grado di efficienza nello svolgimento attraverso l'u
no o l'altro strumento, mediante un calcolo dettagliato dei costi
benefici di ciascuno di essi nonché nell'eventuale opportunità del
la partecipazione di un privato al capitale della società concessio
naria in relazione ad una specifica necessità di un apporto di
particolari conoscenze tecniche e di tecnologie e di finanziamento.
Né può essere trascurata la circostanza secondo la quale la par
tecipazione societaria di un'impresa privata postula la correspon sione di un utile sul capitale investito, che nella specie è
maggioritario (60%, cfr. delib. 3 maggio 1983, n. 105, p. 2). La remunerazione del capitale postula un onere finanziario per
il bilancio della società, onere da distribuire, attraverso il sistema
delle tariffe, fra tutti gli utenti.
Anche sotto questo punto di vista doveva essere compiutamen te valutata la scelta societaria, e i relativi costi, rispetto ad altre
scelte organizzative. Nella determinazione delle tariffe del servizio di distribuzione
dell'acqua potabile, anche di quello gestito a mezzo di società
a capitale misto dell'ente locale e di privati, dovrà poi applicarsi, in via analogica, l'art. 27 sexies 1. 51 del 1982 di conversione
del d.l. 786 del 1981 cit., secondo cui «nella determinazione delle
tariffe degli acquedotti degli enti locali, gestiti in economia o me
diante azienda speciale, si deve tenere conto dei costi previsti nei
bilanci regolarmente approvati . . .».
Non è inutile poi ricordare che i rigorosi criteri selettivi dettati
dagli art. 12 bis e 12 ter d.l. 28 febbraio 1983 n. 55 convertito
con 1. 26 aprile 1983 n. 131, per la nomina degli amministratori
e dei revisori dei conti delle aziende pubbliche locali, valgono
anche, per analogia ed a maggior ragione, visto il differente regi me penale delle rispettive attività, per le nomine di spettanza del
l'ente locale degli amministratori e revisori dei conti della società
a capitale misto concessionaria del pubblico servizio.
Sembra infine opportuno che l'ente locale spieghi adeguata mente le ragioni di alcune scelte negoziali nella costituzione della
società a capitale misto, quali la preferenza per la sottoscrizione
di una quota di minoranza piuttosto che di maggioranza del capi tale sociale, la previsione di una maggioranza del 15% del prezzo di riscatto per il comune del capitale azionario della società mista
detenuto dal socio privato e tutte le altre clausole che non ap
paiono convenienti per l'amministrazione (cfr. gli art. 1 e 6 della
convenzione allegato A alla delibera 107 cit. impugnata). 2.4. - È ovvio poi che la società a capitale misto, costituita
nelle forme e con i procedimenti richiamati nei numeri preceden
ti, non può essere beneficiaria di alcuna riserva di concessione
del servizio deliberato dall'ente locale, ma può soltanto ambire
alla concessione del servizio stesso, in concorrenza con qualsiasi altro possibile imprenditore, nei modi previsti dall'art. 267 t.u.
1175 del 1931, cit. (cosi anche il parere di questa sezione n. 373
del 1956, cit.). 3. - In conclusione, per quanto si è affermato, risultano fonda
te le censure — riassunte nelle premesse sotto le lett. a), è), f), — dirette contro la determinazione comunale di costituire una
s.p.a., insieme con la s.p.a. Crea, per la gestione degli acquedotti del comune di Rieti.
Dalle delibere 105 e 107 impugnate infatti risulta che il comune
di Rieti non ha individuato la s.p.a. Crea, quale socio nella costi
tuenda società, in seguito all'esperimento di uno dei sistemi pre
visti per i contratti comunali dagli art. 87 ss. t.u. 383 del 1984.
Né il comune ha giustificato in alcun modo la convenienza di
tale forma particolare di gestione del servizio pubblico ed ha mo
tivato su gli altri punti sopra indicati sub 2.3.
Infondata è la censura relativa al difetto di audizione delle or
ganizzazioni sindacali.
Infatti nessuna norma impone tale audizione; per altro verso
le organizzazioni furono interpellate il 21 giugno 1982, giusta quan
II Foro Italiano — 1987.
to risulta dal verbale della seduta consiliare 26 giugno 1982, n. 208.
Fondata è la censura relativa al difetto di acquisizione del pa rere dei consigli circoscrizionali, che giusta l'art. 12, lett. a, 1.
8 aprile 1976 n. 278 intervengono a titolo consultivo in tema di
gestione dei servizi, tra i quali devono essere annoverati quelli di distribuzione delle acque.
Sono invece inammissibili per difetto d'interesse le censure rias
sunte nelle premesse sotto le lett. b), c), d), per la parte diretta
contro l'affidamento del contratto d'appalto del servizio in que stione alla s.p.a. Crea, dal momento che, alla data di emanazione
delle delibere 105 e 107 impugnate, non risultava ancora formal
mente intervenuta alcuna aggiudicazione dell'appalto alla s.p.a. Crea (cfr. in particolare l'oggetto ed il dispositivo della delibera
zione consiliare 107 del 1983). Per questi motivi, esprime il parere che il ricorso debba essere
accolto.
II
Fatto. — Con una serie di deliberazioni cronologicamente di
stanziate, ma tutte finalizzate all'attuazione di un disegno orga nizzatorio di ampio respiro, denominato «linee programmatiche
per lo sviluppo del porto di Genova» ed inteso ad una ristruttu
razione dell'intero sistema portuale, l'assemblea generale del
C.A.P. di Genova ha stabilito di partecipare — insieme con altri
soggetti pubblici e privati — alla costituzione di numerose società
per azioni per la gestione di gran parte delle proprie attività ope
rative, al consorzio devolute dalla legge istitutiva o da successive
norme di legge. Dette deliberazioni concernono, in particolare: 1) del. in data
6 dicembre 1984: partecipazione alla costituenda società di ge stione «Porto di Genova s.p.a.»; 2) del. in data 6 dicembre 1984:
partecipazione alla costituenda società «Sistemi e Telematica Porto
di Genova s.p.a.»; 3) del. in data 22 maggio 1985: partecipazione alla costituenda società «Aeroporto di Genova s.p.a.»; 4) del.
in data 5 luglio 1985: partecipazione alla costituenda società «Porto
Petroli di Genova s.p.a.»; 5) del. in data 5 dicembre 1985: parte
cipazione alla costituenda società «Riparazioni Navali Porto di
Genova s.p.a.»; 6) del. in data 16 gennaio 1986: partecipazione alla costituenda società «Terminal Contenitori Porto di Genova
s.p.a.». In ordine a tali deliberazioni il magistrato delegato al controllo
del consorzio ai sensi dell'art. 12 1. n. 259 del 1958, con diverse
note istruttorie, ha sollevato dubbi e perplessità circa la loro con
formità a legge, sia per ciò che riguarda i limiti posti dalla 1.
23 maggio 1983 n. 230 alla capacità degli enti portuali di costitui
re e/o partecipare alla costituzione di società di capitali, sia in
relazione allo strumento tecnico-giuridico utilizzato dall'ente per l'affidamento delle predette attività alle costituende società.
A seguito della richiamata segnalazione, il presidente di sezio
ne preposto al coordinamento dell'attività di controllo ha deferi
to le questioni sollevate, prima, all'apposito gruppo di lavoro
istruttorio e, successivamente, all'esame di questa sezione del con
trollo, fissandone la trattazione per l'odierna adunanza.
A quest'ultima, sono stati invitati a partecipare per esporre le
proprie ragioni e, nel frattempo, a far pervenire eventuali memo
rie, oltre al consorzio autonomo del porto, il ministero della ma
rina mercantile e il ministero del tesoro, nella loro qualità di organi ministeriali di vigilanza sull'ente.
Dell'adunanza è stata informata anche la presidenza del consi
glio dei ministri. Con riferimento alle deliberazioni sopra richiamate sono state,
in particolare, sollevate le seguenti questioni di legittimità: a) se
possa considerarsi legittima la costituzione, da parte del C.A.P.
di Genova, di società per la gestione di attività operative — o
di quant'altro ad esse affidabile — devolute alla competenza isti
tuzionale dell'ente, anche alla luce della normativa di cui alla
1. 23 maggio 1983 n. 230 (art. 3.16.3); b) se sia applicabile, per l'affidamento alle predette società di attività rientranti tra i com
piti istituzionali del C.A.P., l'istituto della concessione; c) nell'i
potesi affermativa di cui alla lett. sub b), se le concessioni possano
riguardare l'intera gestione imprenditoriale o debbano essere li
mitate a singole attività, in modo da non esaurire l'intera area
di competenza dell'ente; d) sempre nell'ipotesi affermativa di cui
alla lett. sub b), se la concessione sia assentibile a società di cui
il concedente sia azionista di maggioranza (o anche di minoran
za, ma qualificata); e) in connessione al quesito di cui alla prece
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PARTE TERZA
dente lett. d), se e quali procedure si debbano seguire per l'assen timento della concessione, con particolare riferimento all'obbli
go, fatto al C.A.P. di Genova dall'art. 29 t.u. n. 801/36, di osservare nella gestione finanziaria e in materia contrattuale le
disposizioni della legge e del regolamento sull'amministrazione e contabilità generale dello Stato, in quanto applicabili; f) se e a quali condizioni e limiti sia applicabile, nell'ambito del C.A.P. di Genova, in quanto ente pubblico economico, l'istituto del «di
stacco» di personale da ente pubblico a società per azioni (colle
gata); g) se, infine, anche nell'ipotesi di risposta affermativa ai due quesiti di cui alle lett. a) e b), possa ritenersi compatibile con l'assetto organizzativo e istituzionale del C.A.P., cosi come
delineato dal legislatore, nel t.u. n. 801 del 1936 e nelle leggi successive, il disegno di riassetto strutturale dell'ente, delineato nelle ricordate «Linee programmatiche per lo sviluppo del porto di Genova».
All'odierna adunanza — assenti i ministeri del tesoro e della marina mercantile, che non hanno, peraltro, trasmesso alcuna me moria — è comparso il presidente del consorzio, dr. D'Alessan
dro, il quale, nel richiamare il contenuto del più volte menzionato documento programmatico, elaborato con l'ausilio di uno studio
esperto in consulenza aziendale, si è soffermato, in particolare, sulla precaria situazione economico-finanziaria in cui da alcuni anni versa il C.A.P. di Genova, caratterizzata da grave squilibrio tra costi e ricavi, a sua volta determinato, in parte, dal generaliz zato calo dei traffici, ma anche da carenze funzionali e organiz zative interne all'ente stesso. Lo squilibrio economico è giunto a un punto tale da determinare il rifiuto di finanziamenti banca
ri; donde l'urgente necessità di approntare drastiche misure di risanamento.
Tale azione di risanamento l'ente ha inteso e intende perseguire anche attraverso un programma di ristrutturazione aziendale, par ticolarmente in grado di incidere sulle strutture operative, ritenu te dagli esperti non adeguate ad una efficiente attività produttiva, qual è richiesta dal moderno sviluppo dei traffici marittimi.
Il programma di ristrutturazione è stato incentrato su una net ta distinzione tra funzioni strategiche e direttive — riservate alla
competenza istituzionale dell'ente porto — e funzioni imprendi toriali, decentrate a dieci unità produttive, di cui cinque a carat tere operativo in senso proprio e cinque di servizi.
Col piano di ristrutturazione sopra indicato e con l'approva zione delle misure di ripianamento delle passività finanziarie de
gli enti portuali, in corso di predisposizione in sede parlamentare, il consorzio conta di raggiungere il pareggio del conto economico entro il 1987.
Nel disegno di risanamento assume particolare rilievo, oltre al la accennata necessità di tenere separate le attività imprenditoriali da quelle che costituiscono vere e proprie funzioni pubbliche, un drastico riequilibrio del costo del lavoro, assurto negli ultimi anni a fattore di grave perturbamento dell'equilibrio aziendale, aven do superato, da solo, lo stesso fatturato complessivo del porto (120 contro 100).
Per quanto si riferisce agli aspetti giuridico-legali delle questio ni di legittimità sollevate, il presidente del C.A.P. sottolinea che il piano di ristrutturazione è stato predisposto e articolato sulla base dei pareri di qualificati esperti, pareri già rimessi a questa corte per il tramite del magistrato delegato al controllo dell'ente ex art. 12 1. 259/58: ai motivi in essi contenuti intende richiamar si a sostegno della legittimità del proprio operato.
Sottolinea infine che per talune deliberazioni, come quella ri
guardante la prima società costituita — la Porto di Genova s.p.a. — l'ente si è adeguato alle osservazioni e ai rilievi di legittimità formulati dal prefetto di Genova, ai sensi dell'art. 33 t.u. 801/36.
Diritto. — Avanti di portare il proprio esame sulle singole que stioni di legittimità delineate in premessa, ritiene la sezione di doversi ancora soffermare sui critieri di impostazione del piano di ristrutturazione del C.A.P. di Genova, denominato «Linee pro grammatiche per lo sviluppo del porto di Genova», approvato dall'assemblea straordinaria consortile in data 5 luglio 1984 e por tato progressivamente ad attuazione a partire dal dicembre 1984, con la costituzione di una prima società, la «Porto di Genova
s.p.a.», che costituirà il cuore del nuovo sistema portuale. Il piano appare sostanzialmente ispirato al criterio della c.d.
deregulation, conservando al consorzio le sue funzioni istituzio nali classiche di «autorità portuale» — che comportano l'eserci zio di pubblici poteri — e affidando a società per azioni, aperte alla capitalizzazione, alla gestione e al controllo di altri soggetti,
Il Foro Italiano — 1987.
sia pubblici che privati, le funzioni operative, di natura tipica mente imprenditoriale, in modo da ricondurle alla logica delle
leggi di mercato.
Il fulcro del sistema, articolato su tre livelli operativi, è costi
tuito dalla menzionata società «Porto di Genova» alla quale sono
affidati — nel rispetto e nel ruolo delle competenze del consorzio
autonomo del porto (art. 4 statuto) — compiti di supporto e di
coordinamento delle risorse finanziarie, di direzione tecnica e ge stione dei servizi comuni, di marketing promozionale e di diversi
ficazione delle attività.
Con lo svolgimento di tali attività, tutte di natura tipicamente
imprenditoriale ed espressamente definite strumentali ed accesso
rie rispetto ai compiti istituzionali del consorzio, la s.p.a. Porto
di Genova dovrà fornire in particolare alle società operative l'ap
porto qualificante di cinque funzioni propulsive d'impresa: finanza,
sistemi, marketing, tecnologia e organizzazione, partecipando, ove
ritenuto opportuno, alla guida e al controllo delle unità operative e favorendo, nel contempo, il ritorno del C.A.P. alla sua funzio ne primaria di indirizzo, pianificazione infrastrutturale e controllo.
Gli altri due livelli operativi sono costituiti, rispettivamente, dal consorzio medesimo (1° livello) col compito, già indicato, di regia, pianificazione e controllo; e da una serie di unità opera tive o di servizio specializzate (3° livello), aventi il compito di
gestire i traffici e i relativi costi e ricavi ovvero di fornire suppor ti operativi qualificati (ad es., la telematica, i servizi generali e i magazzini) all'intero apparato aziendale.
Il piano di riordinamento aziendale ha finito per coinvolgere anche il regime operativo e la struttura organizzativa in atto nella
gestione dell'aeroporto di Genova—Sestri, in ordine al quale, ai sensi della 1. 16 aprile 1954, n. 156 il consorzio autonomo del
porto ha competenza istituzionale primaria, sia per ciò che con cerne la costruzione sia per ciò che concerne la manutenzione e la gestione. Esaurita ovviamente l'attività di costruzione alla
gestione il consorzio avrebbe dovuto provvedere in conformità della propria legge istitutiva, integrata da disposizioni di adegua mento dello statuto ai nuovi compiti, di cui lo stesso legislatore aveva previsto la successiva emanazione, e dalle norme di un ap posito regolamento di esecuzione, inteso a disciplinare i rapporti tra C.A.P. e ministero dei trasporti.
A distanza di molti anni, tuttavia, né la legge istitutiva del C.A.P. è stata mai integrata, né il predetto regolamento è stato mai emanato, talché l'aeroporto è stato gestito applicando la le
gislazione consortile: ciò non soltanto in base a considerazioni di diritto comune, fondate sul dato testuale della legge del 1954, ma altresì in base a criteri interpretativi analogici, essendo sia la materia portuale che quella aeroportuale entrambe disciplinate dal codice della navigazione.
Essendo l'assetto della gestione aeroportuale vincolato ed im
pacciato da schemi burocratici — si legge nei documenti del C.A.P.
acquisiti agli atti — e pertanto non orientato allo sviluppo e alla
promozione, si è deliberato di affidare la gestione medesima, in
regime di concessione, ad una società per azioni con capitale mi sto e partecipazione maggioritaria (pari al 60% delle azioni) del C.A.P.
Regime di concessione per lo svolgimento di determinate attivi tà rientranti nell'oggetto sociale e partecipazione maggioritaria al capitale sociale sono dati comuni a tutte le altre società costi tuite dal consorzio, ad eccezione della Porto di Genova s.p.a., in relazione alla quale la partecipazione del consorzio, inizial mente prevista come maggioritaria (55%) è stata poi definitiva mente stabilita nel 40%, mentre, per quanto si riferisce al regime di operatività, alcun riferimento ad eventuali assentimenti di con cessioni è dato rilevare dalle norme statutarie: di talché, essendo l'attività della società essenzialmente rivolta ad assicurare servizi c.d. di staff nei confronti dell'intero sistema — ossia di studio; di promozione; di progettazione e pianificazione delle modalità tecniche per la più economica gestione ed esecuzione delle opera zioni portuali ed aeroportuali; di ricerca e di organizzazione delle risorse commerciali, tecniche e finanziarie necessarie per l'esecu zione dei piani di sviluppo — è verosimile pensare allo svolgi mento di attività autonomamente programmate o alle società affidatarie di volta in volta sulla base di atti di diritto comune.
Al fine di completare, se pur nelle sue linee essenziali, il nuovo e complesso quadro organizzativo emergente dall'impostato pro gramma di ristrutturazione globale del porto, conviene far parola di un altro istituto di rilevante portata, introdotto nel nuovo si stema di rapporti intercorrente tra C.A.P. e società da esso costi
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GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA
tuite: l'affidamento in concessione di varie ed importanti mansio
ni operative da parte del C.A.P. non poteva non comportare una
notevole esuberanza di personale in seno al C.A.P., donde la
necessità di una cessione di parte di questo alle società affidatane
dei servizi stessi. Lo strumento adottato all'uopo, come risulta
dall'accordo stipulato in data 24 luglio 1985 tra il C.A.P. e le
organizzazioni sindacali, è quello del «distacco», figura non nuo
va nel nostro ordinamento giuridico, ma che, per l'entità del nu
mero del personale distaccato e la natura dei soggetti tra i quali il rapporto di distacco — da ente pubblico a privato — intercor
re, assume una particolare rilevanza, attesa la quale su di esso
occorrerà effettuare separata, approfondita valutazione.
. Quanto sopra premesso in ordine al quadro organizzativo emer
gente dal disegno di totale rinnovamento del vecchio modello di
gestione su cui si basava il sistema portuale, si pongono una serie
di problemi in relazione ai profili giuridici della nuova struttura
e ai profili istituzionali coinvolti dal nuovo assetto dei rapporti
tra l'ente pubblico-C.A.P. e le varie società operative dallo stesso
costituite.
Tali problemi, in ordine logico più che cronologico collegati,
riguardono in particolare: a) la stessa legittimazione da parte del
C.A.P. di Genova a costituire società per la gestione delle pro
prie attività operative; ti) l'applicabilità, ai rapporti che si an
dranno ad instaurare tra i predetti soggetti, dell'istituto della
concessione; c) la possibilità che, all'uopo, questa riguardi l'inte
ra gestione imprenditoriale, sia pure limitatamente a un determi
nato settore operativo (ad esempio, la gestione dell'aeroporto);
d) la possibilità di assentire l'eventuale concessione nei confronti
di società, cui il concedente partecipi in veste di azionista di mag
gioranza, ovvero di minoranza qualificata: e) l'eventuale necessi
tà di osservare una determinata procedura — con particolare
riferimento a quella prevista per i contratti ad evidenza pubblica — nell'assentimento della concessione stessa; f) l'applicabilità, e
i relativi limiti e condizioni, dell'istituto del «distacco» di perso
nale da ente pubblico a società per azioni (collegata); g) infine,
la compatibilità del nuovo assetto organizzatorio del C.A.P. con
l'assetto organizzativo-istituzionale delineato dal legislatore nel t.u.
n. 801 del 1936 e successive modificazioni.
Dei singoli quesiti e dei connessi problemi di rilevanza giuridico amministrativa si farà separata trattazione con indicazione della
soluzione cui la sezione è pervenuta dopo approfondito esame.
A) La problematica relativa alla costituzione di società di capi
tali da parte degli enti pubblici in generale, e degli enti portuali
in particolare, ha costituito più volte oggetto di esame da parte
di questa sezione, sia in sede di referto al parlamento sulla gestio
ne di vari enti pubblici, sia in sede di specifiche determinazioni.
In dette pronunce sempre questa sezione ha riconosciuto sussi
stente — sulla base della generale capacità di diritto privato loro
attribuita dal legislatore — la legittimazione degli enti pubblici,
e di quelli portuali in specie, a costituire società di capitali e/o
assumere partecipazioni azionarie.
Ma nei confronti di tale astratta capacità di diritto, questa se
zione ha ritenuto sussistenti una serie di limiti che ne hanno sem
pre condizionato, in concreto, la capacità di agire.
Tali limiti si possono succintamente e con formula riassuntiva
cosi indicare: a) l'ambito di legittimazione degli enti pubblici ad
adottare negozi di diritto privato — tra cui, ovviamente, la parte
cipazione a contratti di società — è delimitato dallo scopo istitu
zionale perseguito dall'ente stesso; b) l'attività di diritto privato
posta in essere non può mirare ad eludere qualche divieto norma
tivo concernente le attribuzioni dell'ente ovvero norme precettive
di carattere procedurale, poste a garanzia di un corretto uso delle
risorse pubbliche ad esso affidate; c) in ogni caso, non è consen
tito all'ente pubblico spogliarsi, in tutto o in parte, di compiti
istituzionali implicanti l'esercizio di pubbliche funzioni.
Applicando tali principi agli enti portuali, non pare dubbio che,
già prima dell'introduzione della norma di cui all'art. 3.16.3. 1.
23 maggio 1983 n. 230 — sulla quale più diffusamente si tornerà
in seguito — gli enti medesimi fossero dotati di legittimazione
generale a costituire dette società, sia pure nei limiti di scopo
(ossia nell'ambito delle proprie attribuzioni) e con le limitazioni
sopra indicate.
A parziale innovazione di quanto ora si è detto è intervenuta,
nel corso del 1983, la citata disposizione della 1. n. 230, che te
stualmente recita: «Gli enti portuali, allo scopo di affermare la
loro funzione di soggetti della programmazione portuale e di sta
bilire uno stretto rapporto con altri segmenti del trasporto terre
II Foro Italiano — 1987 — Parte III-31.
stre coerente con lo sviluppo della portualità, possono partecipa re a promuovere la costituzione di società e/o consorzi, le cui
finalità siano strumentali od accessorie rispetto ai compiti degli
enti».
Con tale espressa statuizione il legislatore sembra abbia inteso
sopprimere i dubbi insorti nel passato sulla legittimazione di talu
ni enti portuali ad assumere partecipazioni azionarie in società
operanti anch'esse in ambito portuale, ma caratterizzate da una
parziale o a volte totale coincidenza ovvero anche dall'accessorie
tà dell'oggetto sociale con i fini perseguiti dall'ente, peraltro pre
cisandone meglio i limiti e le condizioni di operatività. In altre parole, se da un lato il legislatore ha inteso ricompren
dere nella generale capacità — rectius, legittimazione — degli en
ti portuali di porre in essere negozi di diritto privato anche la
partecipazione a società, il cui oggetto sociale soltanto in via stru
mentale o accessoria può dirsi collegato allo scopo istituzionale
perseguito; dall'altro, però, l'esercizio di tale più ampia facoltà
ha condizionato al perseguimento di uno scopo preciso: l'affer
marsi della funzione degli enti come soggetti della programma zione portuale e come elemento essenziale di raccordo con gli
altri segmenti del trasporto terrestre, concepiti non più isolata
mente, ma come parti inscindibili e funzionalmente collegate in
un unico processo di sviluppo coordinato del territorio.
Sotto questo profilo, la sezione, dopo aver attentamente esa
minato gli statuti delle società indicate in premessa e le relative
deliberazioni di partecipazione assunte dal C.A.P. di Genova, è
addivenuta alla convinzione della piena rispondenza delle stesse
ai requisiti richiesti dal legislatore, sia perché tutte in qualche
modo strumentali o accessorie al perseguimento dello scopo, suo
proprio (del C.A.P.), dello sviluppo dei traffici portuali, sia per
ché tutte rientranti in un unico contesto programmatorio, posto
in essere dal C.A.P. per arrestare la grave crisi dell'intero sistema
portuale e creare le premesse per un coordinato e coerente svilup
po della portualità.
Qualche ulteriore considerazione occorre tuttavia formulare su
ciò che riguarda la natura strumentale delle società e sullo stru
mento tecnico-giuridico adottato dal C.A.P. per realizzare il rias
setto globale delle proprie attività imprenditoriali, attraverso un
radicale processo di decentramento dei servizi. Con riferimento
a questo secondo aspetto, inscindibilmente collegato al primo,
saranno altresì' espresse considerazioni intese alla soluzione del
secondo e terzo quesito: l'ammissibilità o meno dell'istituto della
concessione e, in caso affermativo, il suo ambito di operatività.
In sostanza, il C.A.P. ha utilizzato lo schema dell'ente stru
mentale e l'istituto della concessione che, insieme, hanno fatto
si che l'intero complesso organizzativo scaturente dal riassetto si
presentasse come un tutto unitario ed omogeneo, oltre che sul
piano economico, anche sul piano giuridico; esso ha cioè creato
delle società per azioni a mo' di strutture strumentali, le quali,
secondo lo schema dell'ente strumentale, ben conosciuto nell'am
bito del diritto pubblico, esplicano attività di spettanza di altri
soggetti e, nella specie, di spettanza del C.A.P. stesso.
Le strutture cosi costituite si atteggiano ad enti serventi, al ser
vizio cioè di altro soggetto — che ha contribuito alla loro crea
zione — a cui favore ridondano i risultati dell'azione da loro
posta in essere.
In un contesto siffatto si genera uno stretto legame tra ente
strumentale ed ente di cui il primo è una proiezione, legame ca
ratterizzato, da un lato, dall'identità o coincidenza dei fini dei
due enti, e, dall'altro, dalla permanenza nell'ente creatore dei
suoi fini, nonostante un apparente trasferimento di essi all'ente
strumentale.
In realtà, all'ente strumentale-società viene trasferito, attraver
so l'istituto della concessione, soltanto l'esercizio di compiti e
funzioni imprenditoriali, essendo la titolarità degli stessi riservata
all'ente pubblico creatore, a cui favore, come già detto, ridonda
no i risultati dell'azione svolta dalla società.
Quanto all'istituto della concessione, adottato dall'ente pubbli
co per operare il trasferimento delle attività imprenditoriali, pur
prescindendo da considerazioni di diritto pubblico generale con
nesse al regime giuridico del bene demaniale (acque portuali e
relative pertinenze) — il cui uso in regime di monopolio costitui
rebbe, di per sé, presupposto e fonte di legittimazione, per l'ente
pubblico titolare dei relativi poteri, a far uso del predetto istituto
— è da osservare che, ai sensi dell'art. 22, penultimo comma,
t.u. n. 801/36, il consorzio è «autorizzato ad istituire ed esercita
re direttamente od a mezzo di concessione senza obblighi o vin
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PARTE TERZA
colo alcuno di prelazione, magazzini generali, stazioni di deposi to ed ogni altro servizio relativo al porto».
Analogamente, l'art. 5, lett. c, del regolamento prevede che
il consorzio possa istituire ed esercitare «direttamente od a mezzo
concessione» magazzini generali, stazioni e magazzini di deposito delle merci ed ogni altro servizio relativo al porto.
Se ne può dedurre che l'amministrazione consortile può istitui
re ed organizzare, nella forma di gestione ritenuta più opportuna — diretta o con l'affidamento in concessione — tutti i servizi
inerenti all'ambito portuale e non riservati da speciali disposizio ni di legge ad altri organismi (come il pilotaggio, il rimorchio, ecc.).
Come esattamente osservato in un ampio parere trasmesso al
l'ente da un qualificato esperto in materia, il C.A.P. può ricorre
re cosi a più concessionari come ad un unico concessionario cui
affidare tutti i servizi: in tal caso, esso si riserverà compiti di
programmazione aziendale, oltre che il ruolo di controllo e di
supervisione, proprio di ogni autorità concedente.
Qualche dubbio potrebbe invero nutrirsi circa la possibilità che la concessione possa investire la gestione imprenditoriale di un
intero settore, in modo da esaurire tutta l'area di competenza dell'ente pubblico: è quanto, in sostanza, si verifica con la crea
zione della società «Aeroporto di Genova s.p.a.», alla quale vie
ne data in concessione la gestione del complesso di servizi inerenti
all'aerostazione.
È da ritenersi tuttavia che, trattandosi di un complesso unita
rio e coordinato di servizi finalizzati al buon funzionamento del lo scalo aereo, costituenti una vera e propria impresa, la gestione indiretta totale concernente tutti i servizi aeroportuali — con ec
cezione, ovviamente, delle funzioni pubbliche riservate all'ente
concedente, come l'approvazione delle tariffe, o ad altri organi smi pur'essi pubblici, come le attribuzioni del direttore di aero
porto o di altre amministrazioni statali — possa ritenersi consentita sulla base degli stessi principi richiamati a proposito dei servizi
portuali; in forza cioè del generale riferimento, già in precedenza effettuato, alla legge istitutiva del C.A.P. contenuto nell'art. 9 1. 14 aprile 1954 n. 156, attributiva all'ente della competenza pri maria in materia aeroportuale.
B) Rimangono da verificare, in connessione con le su richia
mate questioni, i problemi indicati alle lett. d) ed é) di cui in premessa, concernenti, rispettivamente, la legittimità dell'assenti mento della concessione a società di cui il concedente sia azioni sta di maggioranza (ovvero di minoranza qualificata) e l'eventuale necessità per l'ente pubblico di seguire, per l'assentimento della
concessione, le particolari procedure imposte dalla contabilità
pubblica. In ordine al duplice quesito — cui può darsi risposta congiunta
per l'intima connessione delle problematiche coinvolte — prescin dendo dai casi, verificatisi di recente in misura sempre più fre
quente, di leggi speciali che hanno subordinato l'assentimento della concessione alla presenza di una partecipazione pubblica al capi tale della società concessionaria (come avvenuto, ad esempio, in materia di costruzione e gestione di autostrade: 1. 24 luglio 1961 n. 729; e nella stessa materia aeroportuale: 1. 10 novembre 1973 n. 755, relativa alla gestione dello scalo aeroportuale di Roma), in assenza di norme specifiche non possono che valere i principi di ordine generale elaborati dalla giurisprudenza.
Tali principi, enunciati per la prima volta in forma organica dal Consiglio di Stato in un noto parere della I sezione del 6 marzo 1956, n. 373 (Foro it., Rep. 1956, voce Municipalizzazio ne, n. 8) — parere ampiamente richiamato dall'ente nella docu mentazione allegata agli atti del procedimento e al quale la sezione ritiene di doversi conformare — possono cosi sinteticamente rias sumersi: 1) è da escludere l'ipotesi della costituzione di una socie tà da parte del solo ente pubblico, ovvero con partecipazione totalitaria dello stesso, ostandovi l'impossibilità di questo di as sumere una responsabilità patrimoniale illimitata e la considera zione che, in tal caso, l'eventuale concessione verrebbe sostanzialmente assentita all'ente stesso; 2) la partecipazione mag gioritaria al pacchetto azionario della società concessionaria con sente invece all'ente pubblico, nonché di superare le anzidette
difficoltà, una penetrazione e un controllo, dall'interno, dell'a zione della società, al fine precipuo del perseguimento delle fina lità comuni del complesso ente pubblico-società; 3) perplessità suscita invece l'eventuale necessità di subordinare l'assentimento della concessione all'esito delle procedure richieste dai contratti ad evidenza pubblica (asta pubblica, licitazione e, dove ammessa, trattativa privata), attesa l'inesistenza di una riserva o prelazione
Il Foro Italiano — 1987.
a favore della società costituita con il concorso dell'ente: ciò che
renderebbe assai incerto il conseguimento dello scopo sociale.
Nel caso delle società costituite con il concorso del C.A.P. di
Genova, accertata la sussistenza delle due prime condizioni, resta
da verificare la fondatezza di quanto affermato al punto sub 3, in relazione all'obbligo, fatto al C.A.P. dall'art. 29 t.u. 801/36, di osservare nella gestione finanziaria e in materia contrattuale
le disposizioni della legge e del regolamento sull'amministrazione
e contabilità generale dello Stato, in quanto applicabili. Vale in proposito formulare le seguenti considerazioni.
La fattispecie esaminata dal Consiglio di Stato nel citato pare re concerneva specificamente un ente locale, cui la particolare
procedura dell'evidenza pubblica era imposta dal t.u. del 1934
sulla finanza locale.
Pur osservando che la rigidità delle procedure è stata larga mente rimaneggiata dalle successive leggi, che hanno ampliato no
tevolmente le possibilità di ricorso alla trattativa privata anche
da parte degli enti locali, resta il fatto della sostanziale non assi
milabilità delle fattispecie, attesa la profonda diversità della na
tura giuridica dei due enti, e in particolare quella di ente pubblico economico attribuita al C.A.P. di Genova dall'art. 1,1° comma, 1. 19 maggio 1975 n. 168, modificativo dell'art. 1, 1° comma
r.d. 801/36. Quest'ultima preminente considerazione, insieme con il richia
mo all'espressione testuale contenuta nel richiamato art. 29 del
citato t.u. 801 del 1936 «in quanto applicabili», riferita all'obbli
go di osservanza delle disposizioni sulla contabilità generale dello
Stato, consente alla sezione di superare le perplessità insorte al
riguardo, atteso che non solo la flessibilità del disposto legislati vo, ma pressanti esigenze di funzionalità connesse alla natura im
prenditoriale dei servizi che s'intendono gestire in regime di
concessione legittimano ampiamente l'uso del potere discreziona
le di scelta dell'affidatario: ciò, in disparte ogni considerazione
sulla stessa natura pubblicistica dell'atto di concessione, che, pro prio in virtù dei poteri discrezionali riconosciuti al concedente
nel disciplinare annesso al provvedimento, consente a quest'ulti mo di perseguire i fini suoi propri, ove occorra, con l'eventuale
ricorso alla pronuncia di «decadenza» in caso di inadempimento
degli obblighi imposti al concessionario o all'adozione della «re
voca» unilaterale da parte dello stesso ente pubblico, nei casi con
sentiti dalla legge.
C) Conclusioni di ammissibilità il collegio ha raggiunto anche in tema di «distacco» di parte del personale consortile alle società
collegate Al riguardo, basta richiamare l'abbondante citazione di giuris
prudenza — sia della Cassazione che di merito — operata dal C.A.P. nei richiamati pareri allegati agli atti del procedimento,
per giungere alla conclusione che l'operato «distacco» viene ge neralmente ammesso in presenza dei seguenti requisiti: a) la per sistenza della titolarità del rapporto di lavoro in capo all'ente
«distaccante»; b) la conseguente permanenza effettiva di un rap porto di dipendenza non meramente apparente con l'ente di ori
ginaria appartenenza; c) la temporaneità — anche se non la
predeterminazione temporale della durata — del distacco. Tali condizioni appaiono, in concreto, verificarsi nell'ipotesi
esaminata, tanto più essendo ravvisabile tra i soggetti interessati un collegamento più intenso di quello di solito intercorrente tra ente pubblico e società partecipate, collegamento caratterizzato dal cennato rapporto di strumentalità, oltre che di concessione e di partecipazione azionaria di maggioranza.
Risolutiva appare peraltro in proposito un'ultima osservazio ne: i limiti e le norme, da cui i richiamati principi regolanti il «distacco» di personale derivano, sono poste essenzialmente a tu tela del lavoratore (c.d. statuto dei lavoratori, approvato con 1. 20 maggio 1970 n. 300); conseguentemente, la sussistenza delle condizioni ritenute essenziali all'ammissibilità dell'istituto deve con siderarsi verificata nel momento in cui le organizzazioni sindacali hanno espresso il loro pieno consenso all'operazione (v. accordo in data 24 luglio 1985, innanzi citato).
Il che non toglie che, al fine di una concreta verifica del richie sto requisito della temporaneità del «distacco», la corte ravvisi
l'esigenza di una soluzione meno provvisoria e più stabile del pro blema relativo all'esuberanza di personale, da un lato favorendo — nei limiti consentiti dalle risorse finanziarie disponibili — l'e sodo di quello eccedente; dall'altro, con il definitivo trasferimen to delle unità di personale effettivamente occorrenti alle necessità funzionali delle società operative.
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GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA
D) Rimane da esaminare l'ultimo dei quesiti formulati in pre
messa, relativo alla compatibilità del nuovo assetto organizzati
vo, globalmente considerato, che il C.A.P. si è dato con la
configurazione giuridica dell'ente, quale delineata nel t.u. del 1936
e successive modificazioni.
Al riguardo, si prescinde da ogni possibile considerazione sul
l'idoneità tecnica ed economica dei deliberati programmi di atti
vità a conseguire gli obiettivi prefissati, con particolare riferimento
a quello primario di trasformare l'attuale sistema portuale da mero
strumento assistenziale, produttivo di perdite economiche a cari
co dell'erario (per il solo anno 1983 lo Stato è stato costretto
a ripianare passività finanziarie per 60,3 miliardi di lire!) in im
presa produttrice di ricchezza e di piena occupazione: appare ov
vio che una tale idoneità può essere verificata solo ex post, ossia
a risultati (eventualmente) conseguiti e comunque in un arco tem
porale non certo breve, se si considerano la complessità e la por
tata delle innovazioni introdotte nel sistema produttivo. Dubbi e perplessità sono affiorati invero circa la piena legitti
mità dell'assetto organizzatorio conseguente all'attuazione del di
segno di ristrutturazione: tale disegno è sembrato, infatti, in un
primo momento configurare nel C.A.P., se non un vero e pro
prio ente di propulsione economica e di programmazione, ope
rante in prevalenza attraverso la predisposizione di piani,
l'elaborazione di direttive e l'attuazione di controlli, con una pro
fonda trasformazione della sua stessa struttura originaria, confi
gurata dal legislatore del 1936 sotto un duplice profilo: di ente
autoritativo, da un lato (con l'attribuzione di funzioni tipiche del
l'autorità di governo decentrata e di poteri propri della p.a.),
e di ente imprenditore dall'altro (con l'attribuzione di compiti
esecutivi gestionali, attinenti ai vari servizi portuali e aeroportua
li, di tipo più propriamente commerciale e imprenditoriale).
In coerenza con tale duplice configurazione il precedente asset
to organizzativo dell'ente prevedeva l'accorpamento delle suddet
te funzioni in due grosse branche operative, con distinta autonomia
gestionale, a ciascuna delle quali era preposta una posizione di
vertice: la prima, facente capo al direttore generale dei servizi
esecutivi gestionali, con l'attribuzione di compiti prevalentemente
operativi; la seconda, facente capo al segretario generale, con at
tribuzioni di tipo prevalentemente amministrativo (gestione del
personale, coordinamento degli uffici, attività amministrativo
contabile, attività legale, ecc.).
Secondo quanto si legge invece nel documento programmatico
elaborato dal C.A.P., la logica del riassetto postula che tutte le
attività operative di servizio ed ausiliarie, sia portuali che aero
portuali, siano enucleate in unità autonome, con forma organiz
zativa finale di società per azioni e con partecipazione aperta ai
privati, ovvero in divisioni del C.A.P.
Il disegno strategico della prevista ristrutturazione — come già
in precedenza è stato accennato — mira sostanzialmente a conse
guire questi due scopi essenziali: a) attuare il decentramento, sot
to forma di «divisionalizzazione» in seno al C.A.P. o di società
per azioni all'esterno di esso, di tutte le attività suscettibili di
gestione differenziata — nei volumi, nei prezzi, nei costi dei fat
tori produttivi, nella redditività degli investimenti - dando vita
ad unità autonome e responsabilizzate ad obiettivi; b) accentra
mento, per converso, di tutte le funzioni strategiche, di integra
zione, di coordinamento e di controllo, necessarie al bilanciamento
degli obiettivi e delle risorse comuni all'intero organismo.
Funzionale ai due scopi suddetti appare la caratteristica più
peculiare della (nuova) struttura organizzativa, vale a dire la sua
dinamicità intrinseca, essenzialmente fondata sui margini di liber
tà e di managerialità, consentiti alle singole unità operative.
Non compete alla corte esprimere giudizi sulla idoneità tecnica
del disegno strategico impostato dallo staff dirigenziale del C.A.P.
con l'ausilio di esperti in consulenza aziendale; spetta però alla
corte stessa esprimere un giudizio sulla coerenza e la compatibili
tà di tale disegno con l'assetto organizzativo dell'ente legislativa
mente sancito nel t.u. del 1936.
Anche a tale riguardo la sezione, pur tra notevoli perplessità,
determinate essenzialmente dall'assenza di un piano riformatore
globale, interessante l'intero sistema portuale italiano, più volte
annunciato in sede politica ma mai realizzato, è pervenuta a con
clusioni di sostanziale legittimità dell'operato del C.A.P. A tali
conclusioni la sezione ritiene di poter pervenire sulla base di due
considerazioni fondamentali: 1) il nuovo assetto organizzatorio
è pur sempre risultante da una serie di deliberazioni singolarmen
te ritenute legittime alla stregua della disposizione contenuta nel
II Foro Italiano — 1987.
l'art. 3.16.3 1. 23 maggio 1983 n. 230. Apparirebbe quanto meno
contraddittorio e certo non ragionevole ritenere legittime le sin
gole componenti del riassetto (costituzione delle varie società) e
non il risultato finale ad esse conseguente: risultato che tutte le
riassume e giustifica, in ragione della unitarietà del disegno stra
tegico; 2) l'originario assetto organizzativo dell'ente delineato nel
t.u. del 1936 è certamente obsoleto, risultando improntato a mo
delli organizzativi del tutto superati e inadatti alle moderne esi
genze imprenditoriali di un ente portuale, come esperti in diritto
della navigazione e tecnici unanimemente hanno riconosciuto.
Ciò vale, sia pure con gli opportuni adattamenti, anche per
gli altri enti portuali, la lettura dei cui statuti — e delle varie
norme succedutesi nel tempo — evidenzia chiaramente la con
traddizione di fondo tra gli obiettivi che gli enti stessi — definiti
pubblici economici dal legislatore più recente — devono persegui
re e gli strumenti obsoleti di cui dispongono: contraddizione (for
se) spiegabile con l'esigenza di conciliare l'uso collettivo di un
bene (demanio marittimo), la cui proprietà è riservata allo Stato,
con l'utilizzazione sempre più marcatamente imprenditoriale del
le risorse pubbliche elargite, ma la cui soluzione appare ormai
non più procrastinabile, come lo stesso legislatore ha avvertito.
Vale al proposito ricordare che la recente 1. 17 febbraio 1985
n. 29 — recante misure di «ripianamento delle passività finanzia
rie degli enti e aziende portuali» — ha previsto la costituzione
di una apposita commissione di studio sui problemi della portua
lità al fine della predisposizione di un organico disegno di legge
di riforma del settore.
Di tali esigenze questa corte ritiene di doversi fare interprete,
segnalando al parlamento la ormai indilazionabile necessità di un
riordinamento globale di un settore economico largamente gra
vante sulle pubbliche risorse e, in particolare, di un sistema por
tuale — come quello genovese — che, per il rilevante e perdurante
accumulo di perdite economiche e finanziarie (negli ultimi tre eser
cizi il C.A.P. di Genova ha subito perdite di gestione per com
plessive lire miliardi 161, con un disavanzo di amministrazione
di miliardi 125 circa nel solo anno 1985), rischia di travolgere
altre attività imprenditoriali, ben al di là dei limiti della stessa
circoscrizione territoriale di intervento.
Per questi motivi, dichiara non essere luogo a formulare rilievi
di legittimità in ordine alle deliberazioni assunte dal C.A.P. di
Genova, indicate in premessa, in attuazione del disegno di rias
setto organizzativo del porto, noto sotto il nome di «Linee pro
grammatiche per lo sviluppo del porto di Genova»; segnala al
parlamento l'urgenza ormai indilazionabile di procedere all'im
postazione di un piano globale di riforma dell'intero settore por
tuale, la cui precaria situazione economico-finanziaria, in parte
dovuta anche alla mancata adozione di linee di riordinamento
degli enti portuali, grava in misura oltremodo rilevante sulla fi
nanza pubblica. (Omissis)
CORTE DEI CONTI; sezione controllo enti; determinazione 13
gennaio 1987, n. 1901; Pres. Di Stefano, Rei. Murgiano; Enti
lirici e istituzioni concertistiche assimilate.
CORTE DEI CONTI;
Spettacoli e trattenimenti pubblici — Enti lirici — Trattamento
economico del personale — Contratto collettivo nazionale —
Contrattazione aziendale — Maggiori oneri — Illegittimità (L.
14 agosto 1967 n. 800, nuovo ordinamento degli enti lirici e
attività musicali, art. 25; 1. 13 luglio 1984 n. 312, interventi
straordinari ed integrativi in favore degli enti autonomi lirici
e delle istituzioni concertistiche assimilate, art. 6; 1. 22 dicem
bre 1984 n. 887, disposizioni per la formazione del bilancio
annuale e pluriannuale dello Stato (legge finanziaria del 1985),
art. 7).
Non è conforme a legge il contratto collettivo nazionale di lavoro
del personale degli enti autonomi lirici e delle istituzioni con
certistiche assimilate, stipulato il 4 gennaio 1985 tra l'Associa
zione nazionale enti lirici e sinfonici e le rappresentanze sindacali
del personale, in quanto reca una maggiore spesa superiore al
limite del 7% previsto dall'art. 7, 1° comma, della legge finan
ziaria 22 dicembre 1984 n. 887. (1)
(1-2) In materia, v. Cons. Stato, sez. VI, ord. 6 aprile 1984, Foro it.,
1986, III, 91, con nota di richiami e osservazioni di Albenzio, che
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