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sezione I; parere 17 settembre 1997, n. 1429; Pres. cons. ministriSource: Il Foro Italiano, Vol. 121, No. 3 (MARZO 1998), pp. 171/172-173/174Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23192356 .
Accessed: 25/06/2014 03:19
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PARTE TERZA
vando che, nelle more del procedimento, il settennio sia stato
compiuto o l'interessato sia stato dichiarato idoneo ad ulteriore
valutazione ai fini della nomina a magistrato di Cassazione.
4.5. - Con il quinto motivo, l'appellante incidentale deduce
l'illegittimità costituzionale dell'art. 4, 2° e 3° comma, 1. 19
febbraio 1981 n. 27 in riferimento agli art. 3, 25, 97, 101, 104, 105 e 107 Cost.
La predetta questione di legittimità costituzionale è manife
stamente infondata per le ragioni esposte sub 3.1.
Anche l'appello incidentale del dott. Pisani, quindi, è in
fondato.
5. - Per le suesposte considerazioni, gli appelli principali van
no accolti, mentre gli appelli incidentali vanno respinti.
CONSIGLIO DI STATO; sezione I; parere 17 settembre 1997, n. 1429; Pres. cons, ministri.
Invalidi civili e di guerra — Indennità di accompagnamento —
Autodichiarazione circa i requisiti — Reiterazione annuale (L. 23 dicembre 1996 n. 662, misure di razionalizzazione della
finanza pubblica, art. 1, comma 248). Lavoro (collocamento e mobilità della mano d'opera) — As
sunzioni obbligatorie e agevolate — Autodichiarazione dei re
quisiti — Effettuazione «una tantum» (L. 23 dicembre 1996
n. 662, art. 1, comma 257). Lavoro (collocamento e mobilità della mano d'opera) — As
sunzioni obbligatorie e agevolate — Difetto dei requisiti —
Risoluzione di diritto — Limiti (L. 23 dicembre 1996 n. 662, art. 1, comma 257).
Lavoro (collocamento e mobilità della mano d'opera) — As
sunzioni obbligatorie e agevolate — Verifica positiva dei re
quisiti successivamente all'assunzione — Indici presuntivi di
esistenza al momento precedente (L. 23 dicembre 1996 n. 662, art. 1, comma 257).
Lavoro (collocamento e mobilità della mano d'opera) — As
sunzioni obbligatorie e agevolate — Autodichiarazione dei re
quisiti — Estremi (L. 23 dicembre 1996 n. 662, art. 1, comma
257). Lavoro (collocamento e mobilità della mano d'opera) — As
sunzioni obbligatorie e agevolate — Autodichiarazione dei re
quisiti fallace o mendace — Conseguenze (L. 23 dicembre 1996 n. 662, art. 1, comma 257).
Ai sensi dell'art. 1, comma 248, l. 23 dicembre 1996 n. 662, va ripetuta ogni anno, entro il 31 marzo, la dichiarazione di responsabilità da parte degli invalidi civili titolari di inden nità di accompagnamento circa la sussistenza o meno di uno stato di ricovero in istituto e, in caso affermativo, circa la
gratuità o meno del titolo, dovendo essere fatta ogni anno la relativa verifica della permanenza dei presupposti necessari
per continuare a godere del beneficio. (1) Ai sensi dell'art. 1, comma 257, l. 23 dicembre 1996 n. 662,
la verifica dei requisiti legittimanti l'assunzione degli invalidi civili, ciechi e sordomuti ex lege 2 aprile 1968 n. 482 — ed in genere di tutti coloro che abbiano usufruito per l'assunzio ne di disposizioni di favore — con il relativo onere di autodi chiarazione circa l'esistenza dei requisiti stessi, va fatta una sola volta, e non va quindi ripetuta negli anni a venire. (2)
La risoluzione automatica del rapporto di lavoro degli invalidi
civili, ciechi e sordomuti assunti ex lege 2 aprile 1968 n. 482 — ed in genere di tutti coloro assunti attraverso disposizioni di favore — prevista dall'art. 1, comma 257, I. 31 dicembre 1996 n. 662, opera per il sol caso in cui i requisiti non sussi stessero al momento dell'assunzione, non invece se essi siano venuti meno successivamente. (3)
(1-6) Non si rinvengono precedenti in termini.
Il Foro Italiano — 1998.
Il riscontro, da parte dell'amministrazione, della menomazione
invalidante che abbia importato l'assunzione degli invalidi ci
vili, ciechi e sordomuti ex lege 2 aprile 1968 n. 482 — ed
in genere di tutti coloro che abbiano usufruito di disposizioni di favore — costituisce presumibile indice della esistenza del
la menomazione anche al momento dell'assunzione, sì da ren
dere normalmente superflui ulteriori riscontri. (4) La dichiarazione di cui all'art. 1, comma 257, l. 31 dicembre
1996 n. 662, circa l'esistenza dei requisiti legittimanti l'assun
zione degli invalidi civili, ciechi e sordomuti ex lege 2 aprile 1968 n. 482 — ed in genere di tutti coloro che abbiano usu
fruito per l'assunzione di disposizioni di favore — va intesa, dato che la norma pone a carico del dichiarante l'onere di
provare la sussistenza della menomazione all'epoca dell'as
sunzione, non come una generica quanto astratta indicazione
proveniente dall'interessato dei requisiti richiesti, bensì come
una puntuale precisazione da parte sua degli elementi concre
ti in grado di dare ad essa effettiva consistenza in conformità alle finalità perseguite dalla legge. (5)
La dichiarazione di cui all'art. 1, comma 257, l. 31 dicembre
1996 n. 662, circa l'esistenza dei requisiti legittimanti l'assun
zione degli invalidi civili, ciechi e sordomuti ex lege 2 aprile 1968 n. 482 — ed in genere di tutti coloro che abbiano usu
fruito per l'assunzione di disposizioni di favore — falsa o
mendace, equivale a mancanza assoluta di dichiarazione, sì
da giustificare gli accertamenti necessari per la corretta rico
struzione della realtà con tutte le conseguenze di legge. (6)
Per quanto riguarda il quesito di cui al punto 1) della relazio
ne dell'amministrazione, la sezione osserva che essendo diverse
le finalità perseguite dal legislatore con la disciplina dettata nei
commi 248 e 257 dell'art. 1 1. 662/96, evidentemente in modo
diverso deve essere interpretato il riferimento alla scadenza tem
porale del 31 marzo ivi prevista. Nel primo caso trattasi infatti di verificare periodicamente
la permanenza dei presupposti necessari per godere del benefi
cio accordato alla categoria di destinatari ivi indicati, nel secon
do caso trattasi invece di accertare una tantum la sussistenza
dei requisiti che hanno legittimato l'assunzione. Pertanto, in que sto secondo caso la verifica, con il conseguente onere della di
chiarazione entro l'indicato termine da parte dell'interessato, va fatta una sola volta e non deve essere ripetuta negli anni
a venire.
II. - Relativamente al secondo quesito di cui alla relazione, va precisato che il contenuto della dichiarazione chiesta al bene
ficiario della assunzione ha una portata meramente ricognitivà, nel senso che deve prescindere da valutazioni soggettive del di
chiarante, il quale deve limitarsi ad indicare in modo circostan ziato e sotto la sua personale responsabilità quali fossero le con
dizioni di fatto e di diritto che hanno reso possibile l'assunzione
stessa.
La disposizione legislativa fa riferimento alla «sussistenza» dei requisiti e non, come è detto nella circolare, alla loro per manenza». Il che significa che possono risultare ininfluenti a
questo fine fatti sopravvenuti che hanno modificato in meglio la situazione soggettiva del dipendente.
La norma prevede l'automatica risoluzione del rapporto solo allorché risulta che il beneficiario al momento della assunzione non aveva i requisiti all'uopo richiesti. Ciò significa che ad esem
pio se una persona all'epoca dell'assunzione era non vedente e ha riacquistato successivamente la vista per effetto di un tra
pianto, di cui si dia prova certa e documentata, è evidente che dovrà escludersi che per tale persona possa farsi luogo all'auto matica risoluzione del rapporto. Le modificazioni dello stato
invalidante possono influire solo allorché la legge espressamen te condiziona la permanenza del rapporto al persistere di tali situazioni. In tutti gli altri casi ove sia certo che all'epoca la menomazione sussistesse non può farsi luogo alla risoluzione.
Motivi di correttezza inducono tuttavia a ritenere che, ove l'amministrazione riscontri che la menomazione allo stato per mane, nel senso che allo stato è certo che sussiste, ciò costitui sce presumibile indice della sua esistenza anche al momento del la assunzione, così da rendere normalmente superflui ulteriori riscontri.
Ciò che «va evidenziato è che la norma pone a carico del dichiarante l'onere di provare la sussistenza all'epoca della me nomazione.
L'espressione «dichiarazione» contenuta nella legge va intesa
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GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA
perciò non come una generica quanto astratta indicazione pro veniente dall'interessato, dei requisiti richiesti, bensì come una
puntuale precisazione da parte sua degli elementi concreti in
grado di dare ad essa effettiva consistenza in conformità alle
finalità perseguite dalla legge.
Quanto al requisito da provare esso è soltanto quello relativo allo stato invalidante, come è detto nella circolare.
III. - Con riferimento al terzo quesito, motivi di conformità
ai principi costituzionali inducono a ritenere che il riferimento alla 1. 482/68 abbia una portata meramente esemplificativa, in
quanto la ratio della disposizione è di pretendere la dichiarazio
ne di cui al comma 257 da parte di tutti coloro che siano stati assunti con disposizioni di favore evitando in tal modo dispari tà di trattamento tra i veri beneficiari.
IV. - Con riferimento al quarto quesito va detto che le for
malità da osservare sono correttamente riassunte al punto 4) della relazione dell'amministrazione riferente.
V. - Con riferimento a quesiti posti al punto 5) della relazio
ne, la sezione rileva che al primo di essi si è già data risposta con le considerazioni in precedenza svolte.
Per quanto riguarda, invece, l'altro quesito deve tenersi con
to del fatto, in precedenza evidenziato, che l'autodichiarazione
è esaustiva solo allorché è in grado di assolvere alle finalità
perseguite dalla norma, sia cioè in grado di per sé di provare la sussistenza della menomazione all'epoca della assunzione.
La dichiarazione falsa o mendace equivale a mancanza asso
luta di dichiarazione, così da giustificare gli accertamenti neces
sari per la corretta ricostruzione della realtà con tutte le conse
guenze di legge. Per questi motivi, nelle esposte dichiarazioni è il parere della
sezione.
TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER LA LOMBARDIA; ordinanza 19 gennaio 1998; Pres. Leo; Soc.
Holst Italia (Avv. Colapinto) c. Ente autonomo acquedotto
pugliese.
TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER LA LOMBARDIA; ordinanza 19 gennaio 1998; Pres. Leo; Soc.
Giustizia amministrativa — Provvedimenti di urgenza — Inam
missibilità (Cod. proc. civ., art. 700; 1. 6 dicembre 1971 n. 1034, istituzione dei tribunali amministrativi regionali, art. 21).
L'art. 700 c.p.c. è estraneo al processo amministrativo e non
è adattabile ad esso neppure in via interpretativa. (1)
II
TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER LA
LOMBARDIA, sezione III; decreto 14 novembre 1997, n. 758; Pres. Maiuuzzo; Soc. La Rinascente (Aw. Sica) c. Comune
di Viterbo.
Giustizia amministrativa — Provvedimenti di urgenza — Am
missibilità — Limiti (Cod. proc. civ., art. 700; 1. 6 dicembre 1971 n. 1034, art. 21).
Anche il giudice amministrativo può emettere provvedimenti cau
telari ex art. 700 c.p.c., con provvedimenti presidenziali emessi
inaudita altera parte, con efficacia limitata al tempo necessa
rio per la notifica del ricorso contro il provvedimento impu
gnato e per la conseguente camera di consiglio nella quale sarà esaminata la domanda di misura cautelare da formularsi
col ricorso medesimo. (2)
(1-2) I due provvedimenti del medesimo Tar riflettono soluzioni dia
metralmente opposte circa l'applicabilità dell'art. 700 c.p.c. e della re lativa procedura al processo amministrativo. Come è ben noto, Corte
cost. 28 giugno 1985, n. 190, Foro it., 1985,1, 1881, con nota di Proto
Pisani, e 2491, con nota di A. Romano, ha introdotto nel processo amministrativo il rimedio previsto dall'art. 700 c.p.c. solo rispetto alle
Il Foro Italiano — 1998.
I
Visto il ricorso ex art. 700 c.p.c. presentato in data odierna
davanti a questo Tar ed ivi protocollato al n. 187/98, con il
quale ricorso l'istante Holst Italia s.p.a. con sede in Roma ha
chiesto i provvedimenti cautelari d'urgenza necessari ad impedi re che venga portato a compimento l'atto di diffida, emesso
dall'Ente autonomo per l'acquedotto pugliese e notificato in data
controversie patrimoniali in materia di pubblico impiego; il riferimento al pubblico impiego (come emerge anche da Corte cost. 23 aprile 1987, n. 146, id., 1987,1, 1349, con nota di richiami) ha carattere pregnante, perchè l'intervento della Corte costituzionale si basava proprio sulla
disparità di tutela che si configurava nel processo amministrativo per il rapporto di pubblico impiego rispetto al processo civile per il rappor to di lavoro. Sull'applicazione dell'art. 700 c.p.c. nel processo ammini
strativo, in linea con quanto sancito dalla Corte costituzionale, cfr. Tar Valle d'Aosta, ord. 21 novembre 1985, n. 27, id., 1986, III, 192, con nota di Andre is; Tar Lazio, sez. II, ord. 24 settembre 1985, n. 670, id., 1985, III, 469; la medesima posizione è riflessa nella seconda delle due ordinanze sopra riportate. In argomento, più in generale, cfr. an che Cons. Stato, sez. VI, ord. 1° giugno 1990, n. 718, id., 1992, III, 163; sez. IV, ord. 11 febbraio 1986, n. 63, id., 1986, III, 191.
La sentenza della Corte costituzionale è stata interpretata nel senso che nel processo amministrativo, anche per l'istanza cautelare ex art. 700 c.p.c., restasse ferma la procedura prevista per la domanda di so
spensione del provvedimento impugnato dall'art. 21, ultimo comma, 1. 1034/71; nel processo amministrativo (con riferimento alle vertenze di ordine propriamente patrimoniale in materia di pubblico impiego) è introdotto un nuovo tipo di misure cautelari (corrispondente all'art. 700 c.p.c.), ma lo svolgimento del processo cautelare rimane disciplina to dalle regole già vigenti. Cfr., nel senso che nel processo amministra tivo non siano ammesse istanze di misure cautelari avanzate in via auto noma o prima della notifica del ricorso introduttivo del giudizio di me
rito, Tar Lazio, sez. II, 3 marzo 1995, n. 319, id., Rep. 1995, voce
Giustizia amministrativa, n. 632 (che ribadisce, fra l'altro, che nel giu dizio amministrativo, «a differenza del giudizio civile, la tutela cautela re è ammessa solo dopo il radicamento del processo principale, nelle forme all'uopo previste dall'art. 211. 6 dicembre 1971 n. 1034, in modo che il giudizio cautelare si presenti sempre come incidentale rispetto al primo, nel quale devono essere illustrate le ragioni ed i motivi invo
cati dal ricorrente a fondamento della pretesa azionata in giudizio»); con riferimento specifico a misure cautelari ex art. 700 c.p.c., cfr. Tar
Puglia, sez. Lecce, 26 luglio 1985, id., Rep. 1985, voce cit., n. 463. Alle esigenze di particolare celerità che sono state invocate per ammet tere anche nel processo amministrativo una tutela cautelare anticipata rispetto all'instaurazione del giudizio di merito, Tar Sicilia, sez. Cata
nia, ord. 29 settembre 1993, n. 929, id., Rep. 1993, voce cit., n. 701, ha replicato rilevando l'idoneità, per assicurare una sollecita pronuncia sull'istanza cautelare, del potere riconosciuto al presidente del Tar di
abbreviare il termine di dieci giorni dalla notifica del ricorso, prescritto dall'art. 36 r.d. 17 agosto 1907 n. 642 (regolamento per la procedura dinanzi al Consiglio di Stato in sede giurisdizionale) per consentire la
presentazione delle difese da parte delle amministrazioni e dei controin teressati intimati, nonché di fissare una camera di consiglio straordina ria per la trattazione dell'istanza cautelare.
Il decreto presidenziale della sez. Ili del Tar Lombardia (preceduta e seguita da altre analoghe della medesima sezione) presenta vari profili di singolarità. Oltre all'applicazione dell'art. 700 c.p.c. in ipotesi non
certo riconducibili a Corte cost. 28 giugno 1985, n. 190, cit., e all'ado zione della misura cautelare sulla base di una istanza depositata prima della notifica del ricorso giurisdizionale, è da segnalare l'adozione del
provvedimento con decreto presidenziale inaudita altera parte: il pro cesso amministrativo, però, non riconosce al presidente del collegio al
cuna competenza ad adottare provvedimenti cautelari, neppure in caso
di somma urgenza, e più in generale non gli riconosce alcun potere 'decisorio' (né per quanto riguarda il merito, né per quanto riguarda la fase cautelare). Il decreto richiama in motivazione la circostanza che
la vertenza, riguardante un provvedimento comunale in tema di orari
dei negozi, inerirebbe a diritti soggettivi: questa tesi appare puntual mente smentita da Cass., sez. un., 8 marzo 1996, n. 1833, id., 1996,
I, 1636, con nota di Cipriani, ma la qualificazione dell'interesse fatto
valere in giudizio come diritto soggettivo o interesse legittimo non sem
bra in realtà determinante per l'indirizzo della sez. Ili del Tar Lombar
dia, che ha concesso misure cautelari ex art. 700 c.p.c., secondo il me
desimo schema accolto nel provvedimento sopra riportato, anche a tu
tela di interessi legittimi. Con provvedimento presidenziale della sez.
Ili del Tar Lombardia risultano emesse, infatti, fra l'altro, sempre con
riferimento a ricorsi proposti ex art. 700 c.p.c. e alla procedura prevista dal codice di rito per i provvedimenti cautelari, misure cautelari in rela
zione a provvedimenti di sospensione di licenza commerciale (ordinanza 27 ottobre 1997, n. 727), ad aggiudicazioni di gare d'appalto (decreto
presidenziale 30 dicembre 1997, n. 814), ad esclusioni da gare d'appalto
(decreto 28 gennaio 1998), a chiamata al servizio militare di leva (decre to 3 febbraio 1998). [A. Travi]
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