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Sezione I; sentenza 4 maggio 1983, n. 412; Pres. Tozzi, Est. Borea; Soc. Bideri edizioni (Avv.Gava, Scoca) c. Ufficio proprietà letteraria e artistica (Avv. dello Stato Caramazza); interv.Edizioni musicali Video e altro (Avv. Lorenzoni, Leonelli)Source: Il Foro Italiano, Vol. 107, No. 3 (MARZO 1984), pp. 121/122-123/124Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23175907 .
Accessed: 25/06/2014 06:30
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GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA
Diritto. — (Omissis). Il primo motivo del ricorso è infondato.
Infatti, come correttamente evidenziato dalla U.s.l., far richiamo
alle norme del t.u. delle leggi sanitarie del 1934 dopo l'intervento
della 1. n. 833 del 1978, significa non voler riconoscere che il
sistema giuridico sanitario, cosi come era organizzato prima della
riforma sanitaria, non ha più ragione di ritenersi in vigore, in
quanto sono venuti meno i presupposti per quel tipo di organiz zazione. Questa, infatti, prima della riforma sanitaria, e soprattut to al tempo della normativa di cui trattasi, era essenzialmente
lasciata alla libera organizzazione di medici liberi professionisti o
di enti appositi cui confluivano determinati contributi assistenzia
li, mentre l'intervento pubblico diretto era limitato solo all'assi
stenza medica di base ai cittadini indigenti, per i quali era
appunto istituito il medico condotto, sanitario dipendente dal
comune ed esercitante in ambiti territorialmente limitati.
Senonché, con l'introduzione nel nostro sistema normativo della
l. n. 833 del 1978, è mutato proprio il quadro dell'intervento
pubblico in materia di assistenza sanitaria; esso oggi è diretto e
volto alla generalità dei cittadini « senza distinzione di condi
zioni individuali o sociali e secondo modalità che assicurino
l'eguaglianza dei cittadini nei confronti del servizio », come
esplicitamente afferma l'art. 1, 3° comma, 1. n. 833/78.
È chiaro, dunque, che in questo quadro mantenere in vita la
figura del medico condotto non ha più alcuna ragione e alcun
riscontro nel sistema normativo vigente, il quale individua le
strutture sanitarie di base nelle unità sanitarie locali, qualificate dalla legge come « il complesso dei presidi, degli uffici e dei
servizi dei comuni singoli o associati, e delle comunità montane i
quali in un ambito territoriale determinato assolvono ai compiti del servizio sanitario nazionale di cui alla presente legge » (art.
10, 2° comma, 1. n. 833 del 1978).
In tale quadro normativo, l'unica figura giuridicamente rilevan
te è la u.s.l., a cui compete l'organizzazione dei servizi e delle
strutture necessarie per lo svolgimento dei compiti relativi all'as
sistenza sanitaria nell'ambito territoriale di sua competenza, con
la conseguenza che tutto il personale (ivi compresi i sanitari ex
condotti) assegnato a prestare servizio presso la u.s.l. medesima
può essere da questa utilizzato nel modo ritenuto il più rispon
dente alle esigenze particolari.
Non si tratta, quindi, di sopprimere alcunché, ma di prendere
atto di una soppressione di una funzione che non trova più
riscontro nel nuovo sistema normativo.
Del resto, i ricorrenti circa la soppressione delle condotte
espressamente parlano di provvedimento che « snatura completa
mente l'organizzazione e le finalità di quel tipo di servizio » e
che « porta con sé una radicale (anche se non chiara nelle sue
implicazioni) modifica dei compiti e della figura professionale del
medico condotto ».
daliera, ecc.) della provenienza di esso, e sottoponendolo alla gestio ne delle unità sanitarie locali.
Che la disciplina pre-vigente delle condotte mediche e del rapporto di impiego dei loro titolari (sulla quale v., per tutti, La Torre,
Condotta medica, ostetrica, veterinaria, voce del Novissimo digesto,
III, 1165), fosse destinata ad essere profondamente modificata dalla
nuova legislazione, era già prevedibile anche prima che questa venisse emanata: v. la nota di Chiti, / medici condotti verso la
riforma sanitaria, in Foro it., 1977, I, 2417, a Corte cost. 20 giugno
1977, n. 118 (ibid., 2094, con nota di richiami), che aveva respinto la
censura di costituzionalità, sotto il profilo della (pretesa) violazione della garanzia costituzionale della autonomia comunale, contro l'art.
3 1. 13 febbraio 1963 n. 151, che ha stabilito che gli stipendi minimi
dei medici e veterinari condotti non possono essere inferiori allo
stipendio degli impiegati dello Stato aventi diritto al coefficiente 271
(v. ora la sentenza 21 dicembre 1983, n. 341, con la quale la Corte
costituzionale conferma tale suo precedente, in questo fascicolo,
I, 644, con nota di richiami, anche relativamente alla giurisprudenza amministrativa su tale normativa).
Il superamento delle condotte mediche da parte delle unità sanita
rie locali, e quindi l'unificazione del rapporto di impiego dei medici
condotti con quello degli altri sanitari dipendenti da tali unità, è
descritto specificamente da Primicerio, Condotta medica, ostestrica e
veterinaria, voce del Novissimo digesto, appendice, 1981, II, 329. Più
generalmente, sul processo di omogeneizzazione della disciplina del
rapporto di impiego dei sanitari ora dipendenti dalle unità sanitarie
locali, superando la ricordata eterogeneità della loro provenienza, e
quindi della normativa che li riguardava, Mor - Paleologo - Speran
za, Il personale delle unità sanitarie locali nel d.p.r. 761/79, 1983,
45; Pasini, Il personale delle unità sanitarie locali, in Trib. amm.
reg., 1980, II, 187; Bellini - Caligiuri, Lo stato giuridico del
personale delle unità sanitarie locali, 1981, 14, 55.
Il che è perfettamente vero, ma non è da imputare al provve dimento impugnato ma al nuovo sistema normativo di cui alla 1.
n. 833 del 1978 che non ha più ritenuto di mantenere in vita la
figura del medico condotto, che deve ritenersi, pertanto, non più
tipica del nostro ordinamento giuridico, e da assorbire, tra i
medici assegnati alle singole unità sanitarie locali, alle quali
compete l'intera organizzazione sanitaria, anche di tipo certificato rio e profilattico, relativamente al territorio di competenza.
Senza rilevanza sono, alla luce di quanto suesposto, i richiami
effettuati dai ricorrenti all'art. 33 1. reg. Lombardia 5 aprile 1980
n. 35, e alla norma transitoria n. 1, 2" comma, d.p.r. 13 agosto
1981, che rappresentano, entrambi, episodi attuativi della riforma
e come tali correttamente richiamati nella delibera impugnata.
Infondato è, altresì, il secondo motivo del ricorso. Con esso si
censura, invero, il provvedimento impugnato in quanto si sarebbe
proceduto a modificare le attribuzioni dei sanitari condotti senza
aver prima provveduto ad individuare a quale qualifica o profilo — dei tre preveduti dall'art. 63 d.p.r. n. 761 del 1979 — i
sanitari condotti fossero stati inquadrati con contemporanea in
dividuazione di compiti e di posizione, e ciò in violazione dell'art. 77 del medesimo d.p.r. n. 761 del 1979.
Senonché, l'art. 77 suddetto, di cui si deduce la violazione, è
una norma transitoria di salvaguardia temporale che si preoccupa di dettare una normativa provvisoria in attesa delle qualificazioni di cui all'art. 63, le quali qualificazioni, però, non concernono i
medici, i cui profili (iniziale, intermedio e apicale) sono fissati
direttamente dallo stesso art. 63. D'altra parte, se qualche dubbio
potesse sussistere circa la diretta individuazione delle qualifiche dei sanitari da parte della legge, si tratterebbe, comunque, di una
norma di programma per gli inquadramenti del personale, la
quale non potrebbe, quindi, ritenersi paralizzatrice dell'attività
organizzativa delle unità sanitarie locali, pena la vanificazione
completa del sistema normativo.
Infondato è, infine, anche il terzo motivo di gravame.
Invero, la contraddittorietà e la perplessità della parte disposi tiva del provvedimento impugnato vengono dedotte per il con
trasto tra i punti 1) e 2), da un lato, e 3), dall'altro, che si
riferiscono a due realtà diverse (l'esistenza o meno delle condotte
mediche).
Ma tale contrasto è solo apparente. Infatti, nota il collegio, che il provvedimento, considerato nella sua unitarietà, ha lo
scopo unico di consentire l'utilizzazione del personale medico su
tutto il territorio di competenza dell'U.s.l. e, perciò, di là dal
raffronto formale delle parti dispositive del provvedimento, appa rentemente in contrasto, il provvedimento medesimo deve ritener
si sostanzialmente corretto anche sotto questo profilo.
Del resto, e decisamente, la contraddizione è ancora apparente sol che si consideri quanto questo collegio ha detto circa la
soppressione delle condotte mediche, operata direttamente dalla
legge, per cui la disposizione di cui al punto 3) del provvedimen
to impugnato deve intendersi come inutiliter data, operando su
una realtà inesistente.
Il ricorso si palesa, quindi, infondato e va rigettato. (Omissis)
TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER IL LA
ZIO; Sezione I; sentenza 4 maggio 1983, n. 412; Pres. Tozzi, Est. Borea; Soc. Sideri edizioni (Avv. Gava, Scoca) c. Ufficio
proprietà letteraria e artistica (Avv. dello Stato Caramazza);
interv. Edizioni musicali Video e altro (Avv. Lorenzoni, Leo
Nelli) .
TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER IL LA
ZIO; Sezione I; sentenza 4 maggio 1983, n. 412; Pres. Tozzi,
Diritti di autore — Ufficio per la proprietà letteraria, artistica e
scientifica — Provvedimento — Ricorso — Giurisdizione ordi
naria (L. 22 aprile 1941 n. 633, protezione del diritto di autore
e di altri diritti connessi al suo esercizio, art. 25, 34, 103, 112,
156, 175).
Sfugge alla giurisdizione del giudice amministrativo, e rientra in
quella del giudice ordinario, il ricorso contro l'atto col quale
l'ufficio per la proprietà letteraria, artistica e scientifica dichiara
priva di effetti, in seguito alla scadenza del termine di durata
previsto dalla legge per l'utilizzazione economica dei diritti di
Il Foro Italiano — 1984 — Parte III-9.
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PARTE TERZA
autore, la denuncia di rivelazione del nome di un co-autore di
opere musicali. (1)
Diritto — Pregiudizialmente il collegio deve d'ufficio porsi il
problema se nella vicenda sulla quale è chiamato a pronunciarsi sussista o meno la propria giurisdizione.
Oggetto formale del ricorso è un atto dell'ufficio proprietà
letteraria, artistica e scientifica (U.p.l.a.s.) con il quale si dichiara
priva di effetti, a seguito della scadenza del termine di durata
previsto dalla legge per l'utilizzazione economica dei diritti d'au
tore, una denunzia di rivelazione di nome di autore {Alfredo
Mazzucchi, morto nel 1972) presentata nel 1973 con riguardo a
talune opere musicali sino ad allora ritenute precisamente del
solo Eduardo di Capua (morto nel 1917) e pubblicate nel periodo 1897-1907 (art. 25 e 34 1. 22 aprile 1941 n. 633).
Ciò premesso, non vi è dubbio che quello alla utilizzazione
economica delle opere dell'ingegno, cosi' come del resto lo defini
sce la 1. n. 633 del 1941 cit., è un diritto soggettivo pieno, di
contenuto patrimoniale, rispetto al quale quindi l'unico problema che si può configurare in sede giudiziale è quello della sua
spettanza o meno al soggetto (nella specie si tratta di una
società editoriale che si dichiara avente causa degli eredi dell'au
tore rivelato) che a tale scopo si è azionato (l'eccezione che
conferma la regola è data dal caso di espropriazione del diritto
per ragioni di interesse dello Stato previsto dall'art. 112 1. n. 633
del 1941 cit., con possibilità di ricorso espressamente rimessa —
il che è sintomatico — al Consiglio di Stato).
Ed invero la situazione soggettiva di diritto soggettivo pieno
rivestita da tale pretesa non può in alcun modo ritenersi conver
tibile in una situazione di interesse legittimo al corretto uso di un
qualsivoglia potere amministrativo di carattere autoritativo volto a
disciplinare, in vista della tutela da assicurare non più e non
soltanto al diritto d'autore nei suoi aspetti patrimoniali bensì'
soprattutto ad un superiore interesse pubblico, le condizioni e le
modalità per ottenere (o mantenere) un effettivo godimento del
diritto stesso.
Manca infatti nella 1. n. 633 del 1941 cit. l'attribuzione alla
amministrazione di un qualunque potere di questo genere (salva
la vista eccezione), dato che la disciplina contenuta nella mede
sima si risolve in una serie di norme di carattere sostanziale sul
contenuto, la durata e la protezione concessa al diritto di
utilizzazione economica delle opere, e, sul piano amministrati
vo-burocratico, si limita ad affidare all'amministrazione, e per essa
all'U.p.l.a.s., un compito che essenzialmente appare di mera
pubblicità, qual è la tenuta del registro pubblico generale delle
opere protette, la cui principale funzione è quella di far fede,
fino a prova contraria, dell'esistenza delle opere, della loro
pubblicazione, dei nomi dei loro autori {art. 103).
Pare evidente dunque che l'atto in questa sede impugnato,
a prescindere dalla sussistenza o meno in capo all'U.p.l.a.s. della
(1) La questione è singolare, e su di essa non si rinvengono, a
quanto risulta, precedenti editi in giurisprudenza; d'altro lato, il
problema affrontato dal giudice amministrativo riguarda esclusiva
mente il profilo della giurisdizione, che viene ritenuta sussistente in
capo al giudice ordinario, in quanto l'utilizzazione economica delle
opere dell'ingegno — cosi come definita dalla 1. 22 aprile 1941 n. 633 — darebbe vita ad un diritto soggettivo pieno, a carattere patrimo
niale, non degradabile ad opera del potere amministrativo autoritati
vo (eccezion fatta per la fattispecie di cui all'art. 112 1. n. 633/41). A presidio di tale diritto è posto dall'ordinamento l'ufficio per la
proprietà letteraria, artistica e scientifica, incardinato presso la presi denza del consiglio dei ministri (cfr., in argomento, M. A. Sandulli, Gli enti dipendenti della presidenza del consiglio, in Costituzione e struttura del governo, il problema della presidenza del consiglio, a cura di E. Spagna Musso, Padova, 1979, 299 ss., cui si rinvia, anche
per ulteriori richiami, cui adde, per riferimenti specifici, A. Chaves, Diritto di autore - Natura, importanza, evoluzione, in Dir. autore,
1981, 320 ss., e M. Fabiani, Diritti d'autore, voce del Novissimo
digesto, appendice, Torino, 1981, II, 1113 ss.), al quale la giurispru denza sembra accreditare un ruolo essenzialmente notarile (cfr. Trib. Firenze 17 ottobre 1979, Foro it., Rep. 1980, voce Diritti d'autore, n.
36). Un ruolo più dinamico è ricoperto dalla S.i.a.e., che si configure rebbe come un ente pubblico economico (cfr., orientativamente, Cons. Stato, sez. VI, 21 marzo 1978, n. 438, id., Rep. 1978, voce cit., n 68, e Corte conti, sez. contr. enti, 15 febbraio 1977, n. 1335, id., Rep. 1977, voce cit., nn. 56, 57), la quale si trova impegnata in
prima linea nella difesa degli artisti e delle opere dell'ingegno: cfr., recentemente, Cass. 15 dicembre 1982, Morselli, e Pret. Foggia 14 aprile 1983, id., 1983, II, 504, con nota di richiami.
competenza ad adottarlo (questa infatti è l'unica censura dedotta), in quanto si risolve in una mera declaratoria di sopravvenuta scadenza del termine di utilizzazione economica del diritto vanta
to, lungi dal costituire esercizio di un potere, che non esiste, di
incidere autoritativamente, modificandoli, su rapporti che sono già
compiutamente definiti dalla legge, si limita — in armonia del
resto con la funzione di pubblicità affidata all'U.p.l.a.s.: non a
caso l'atto è pubblicato su apposito bollettino — a dar notizia di
un fatto e delle conseguenze che da tale fatto discendono.
Conseguenze che sono già nella legge (passaggio delle opere a
pubblico dominio) e che qualunque interessato, privato (alla riedizione o elaborazione delle opere) e pubblico (l'amministra
zione finanziaria, alla quale spetta lo speciale diritto previsto dall'art. 175 1. n. 633 del 1941 cit.) può eventualmente far valere
nella sede opportuna amministrativa o giurisdizionale, a prescin
dere dalla adozione o meno di acconce misure da parte del
1'U.p.l.a.s.
In conclusione quindi va dichiarato il difetto di giurisdizione
del giudice amministrativo, e per converso va dichiarata la
giurisdizione del giudice ordinario, risultando il caso in esame tra
quelli previsti dall'art. 156 1. n. 633 del 1941 oit., che rimette
appunto al giudice ordinario la tutela di chi « ha ragione di
temere la violazione di un diritto di utilizzazione economica a lui
spettante in virtù di questa legge ». (Omissis)
TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER IL LA
ZIO; Sezione III; sentenza 18 marzo 1983, n. 254; Pres. Fe
lici, Est. Lamberti; Ferrazza (Avv. Lepore) c. Min. pubblica istruzione e altro (Avv. dello Stato Cosentino).
Istruzione pubblica — Studente della scuola media dell'obbligo — Giudizi analitici quadrimestrali — Non ammissione alla
classe successiva — Illegittimità (L. 31 dicembre 1962 n. 1859,
istituzione e ordinamento della scuola media statale, art. 2;
d.p.r. 31 maggio 1974 n. 416, istituzione e riordinamento di
organi collegiali della scuola materna, elementare, secondaria ed
artistica, art. 9; 1. 4 agosto 1977 n. 517, norme sulla valutazio
ne degli alunni e sull'abolizione degli esami di riparazione
nonché altre norme di modifica dell'ordinamento scolastico, art.
9).
È illegittimo il giudizio di non ammissione alla classe successiva
di uno studente della scuola media dell'obbligo, se nel corso
dell'anno i giudizi analitici, in applicazione della illegittima
circolare ministeriale 11 ottobre 1981, n. 290, siano stati solo
due con cadenza quadrimestrale e non tre con cadenza trime
strale, e il consiglio di classe dovrà rinnovarlo, tenendo conto
del difetto di uno degli indispensabili momenti di verifica
dell'apprendimento da parte dello studente stesso.( 1)
(1) Non constano precedenti editi in termini.
Per altra ipotesi di illegittimità di ordinanza ministeriale in materia di istruzione pubblica, Cons. Stato, sez. II, 18 marzo 1981, n.
360/79, Cons. Stato, 1983, II, 459, che ha ritenuto illegittima l'ordi
nanza ministeriale emanata per disciplinare lo svolgimento delle
operazioni elettorali per l'elezione dei componenti gli organi collegiali della scuola, in quanto praeter legem (ovverossia, al di là della
competenza attribuitagli dalla legge di dettare regole procedurali),
disciplinando anche le condizioni di eleggibilità e le cause di
incompatibilità, stabiliva l'obbligo di opzione nel caso di contempo ranea elezione in due diversi collegi. In motivazione si precisa che l'art. 11 della citata ordinanza deve comunque ritenersi, per quanto detto, in contrasto con l'art. 24 d.p.r. 416/74, anche a prescindere dalle sue giustificazioni sul piano dell'opportunità, le quali devono semmai dar luogo ad un intervento del legislatore per colmare la lacuna esistenziale nella normativa ex d.p.r. 416/74 in tema di
opzione e di ineleggibilità e/o incompatibilità. Anche la sentenza che si riporta ha adottato gli stessi corretti
termini di ragionamento (in motivazione la pronuncia è però « rim
polpata » con più lati riferimenti al valore ed alla funzione che le valutazioni con cadenza trimestrale degli alunni acquistano, con riferimento al giudizio finale del consiglio di classe, come « indispen sabili momenti di verifica dell'apprendimento », « da parte dello studente stesso », previsti e voluti dalla legge nell'ottica di un « rapporto concreto tra la scuola ed il nucleo ' familiare dell'allie vo '
», che valorizza il ruolo dei genitori di integrazione, in seno alla
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