Sezione I; sentenza 8 febbraio 1984, n. 129; Pres. Brignola, Est. Orciuolo; Soc. Parco S. Caterina(Avv. Laudadio) c. Regione Campania (Avv. Peluso)Source: Il Foro Italiano, Vol. 107, No. 9 (SETTEMBRE 1984), pp. 349/350-353/354Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23177356 .
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GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA
Attraverso l'interpretazione sistematica delle norme della 1. n.
831/73, dopo la interpolazione resa necessaria dall'intervento
della corte, sembra corretto disegnare cosi la sequela delle tappe
progressive che il magistrato deve superare per raggiungere gli uffici direttivi superiori: 1) valutazione favorevole per la nomina
di magistrato di cassazione, dopo sette anni dalla nomina a
magistrato d'appello (art. 4-6); 2) nomina a magistrato di cassa
zione con il conferimento delle funzioni relative (art. 7 e 10); 3)
conseguimento della dichiarazione di idoneità alle funzioni diret
tive superiori, dopo otto anni dalla dichiarazione di idoneità alla
nomina a magistrato di cassazione (art. 16); 4) conferimento
effettivo delle funzioni direttive superiori con l'assegnazione di un
ufficio corrispondente (art. 17, >lp comma).
Sulla scorta della pregressa esposizione, condizione sine qua
non perché il magistrato sia scrutinabile per l'assegnazione di un
ufficio direttivo superiore è, dunque, il possesso della idoneità alle
funzioni relative, a mente dell'art. 16 (nel testo emendato dalla
sentenza n. 86/82 della Corte costituzionale), ancorché egli non
sia titolare di un ufficio corrispondente a quello di consigliere di
cassazione.
Tuttavia, se l'idoneità alle suddette funzioni costituisce il titolo
indispensabile per aspirare all'ufficio direttivo superiore, per il
conferimento dell'ufficio stesso occorre che, inoltre, l'aspirante
possa dimostrare di avere reali attitudini all'esercizio delle fun
zioni che gli dovrebbero essere affidate.
La esigenza che il candidato, dichiarato astrattamente idoneo alle funzioni direttive superiori a mente dell'art. 16 1. n. 831, debba pure provare la propria attitudine concretamente in rela zione all'ufficio direttivo superiore da ricoprire, si desume dal 3° e, soprattutto, dal 4° comma del capo III delle « disposizioni »
del C.S.M. del 1982 (in realtà, anticipatrici delle statuizioni della Corte costituzionale — come questa ha rilevato nella ricordata sentenza n. 86 — e, quindi, per ciò stesso conformi, al dettato
costituzionale), laddove è detto che sono « fonti di prova del
possesso dei requisiti attitudinali: 1) il positivo esercizio di
funzioni direttive nello stesso grado di giurisdizione o nel grado inferiore; 2) il positivo esercizio delle funzioni direttive presso il
ministero di grazia e giustizia o presso altro ufficio, qualora l'incarico sia previsto per i magistrati dalla normativa in vigore ».
E ciò, indipendentemente dal fatto che, poi, il possesso in misura
maggiore o minore delle attitudini giochi, assieme agli elementi
dell'anzianità e del merito, in sede di valutazione comparativa
degli aspiranti al conferimento di una determinata carica supe riore.
Orbene, poiché costituisce fonte di prova dell'attidudine solo il
positivo esercizio delle funzioni indicate nel capo III — con la
precisazione che deve trattarsi di funzioni direttive — è chiaro che nel caso di conferimento di un incarico di procuratore generale, la dimostrazione dell'attitudine poggia esclusivamente sul positivo esercizio delle funzioni di magistrato equiparato a
presidente di sezione di cassazione ovvero di magistrato di cassazione.
Nella fattispecie in questione si riscontra che, mentre i ricor renti hanno le attitudini richieste, dappoiché esercitano funzioni
di cassazione, queste mancano al dott. Visconti, che svolge funzioni d'appello.
Gli atti procedimentali impugnati, peraltro, non si sottraggono nemmeno alle censure di eccesso di potere, denunciate ulterior
mente dagli istanti con particolare riguardo alla mancata specifica valutazione comparativa degli aspiranti ed in special modo tra il
controinteressato ed i ricorrenti, nonché alla carenza di motiva
zione in ordine alla scelta del titolare della procura generale. Ed invero, sia la commissione che il consiglio non hanno
tenuto in nessun conto le statuizioni del 1° comma del capo III
delle « disposizioni » del C.S.M. del 1982, che, ai fini del confe
rimento degli incarichi direttivi, impone di « fare riferimento ai
criteri delle attitudini, dell'anzianità e del merito, opportunamente
integrati tra loro ».
Ora, una volta che fosse stato accertato che — nell'ottica della
ricordata sentenza della Corte sovrana n. 86/82 — tutti gli
aspiranti alla nomina fossero legittimati a conseguirla — e si è
rilevato come, in realtà, il dott. Visconti non lo fosse — la
commissione, già in sede di « valutazione » degli aspiranti ex art.
15 r.i. 1976, avrebbe dovuto procedere alla individuazione del
prescelto ed alla sua indicazione al consiglio. E ciò, dopo avere
effettuata una attenta ponderazione dei candidati alla nomina in
conformità ai criteri generali prefissati dal consiglio. Ma in quella sede non risulta che sia stata fatta alcuna scelta
né che sia stata operata la valutazione comparativa dei candidati
secondo i parametri predeterminati dal C.S.M.
Tant'è che il presidente della commissione, nel riferire il 13
ottobre 1983 al consiglio le risultanze dei lavori della commissio
ne del 13 luglio precedente, rappresentava che, in sede di
commissione, era stata sottolineata l'esigenza che la (futura) scelta del candidato fosse operata in modo da assicurare la
massima efficienza dell'ufficio. Per vero, neppure nel verbale della citata riunione conciliare
del 13 ottobre si rinviene che l'avviso del consiglio siasi formato e sia stato espresso a seguito di una comparazione collegiale sulla
preminenza di un aspirante sugli altri in relazione agli elementi a
disposizione del consiglio circa le attitudini, l'anzianità ed il
merito dei candidati.
Parimenti carente appare, infine, il verbale del consiglio in data
23 dicembre 1983 in cui venne deliberata la nomina del dott.
Visconti.
Solo nel verbale della seduta pomeridiana, tenuta dalla com
missione lo stesso 13 ottobre, si legge che, per il concerto col
ministro sul conferimento dell'ufficio di procuratore generale di
Bari, viene proposto il dott. Visconti ritenendo che questi, anche
se meno anziano degli altri aspiranti, « molti dei quali eccellenti
e con buoni fascicoli personali prevale » su tutti i candidati.
Al riguardo deve osservarsi, però, che l'esposizione degli ele menti a sostegno della designazione, seppure evidenzi le doti, indubbiamente elevate, di preparazione professionale, laboriosità e
capacità organizzativa del designato, non dà conto, tuttavia, del
ragionamento logico e dei fattori comparativi che hanno contri buito a creare nella commissione il convincimento che il dott. Visconti fosse il magistrato più idoneo a ricoprire l'ufficio in
questione. Nessun esplicito raffronto, nessuna graduazione dei meriti, delle
attitudini e dell'anzianità dei diversi candidati si riscontrano nel verbale della commissione; sicché, non disponendosi di una
rassegna, sia pure sommaria, dei dati salienti della personalità degli aspiranti e del paragone delle qualità da ciascuno possedute — senza entrare nel merito della valutazione — riesce impossibile verificare la legittimità e la razionalità dell'argomentazione su cui avrebbe dovuto sorreggersi la designazione.
Né la rilevata carenza può essere supplita dalle dichiarazioni che, nel corso della varie riunioni del consiglio e della commis sione, sono state rese da alcuni componenti dei due consessi, perché, com'è noto, le opinioni espresse dai membri di un
collegio non valgono come motivazione del deliberato eventual mente espresso dall'organo collegiale.
Va soggiunto che la formulazione della motivazione della scelta da parte della commissione referente, dopo l'espressione dell'avvi so da parte del consiglio ed a integrazione della designazione —
in realtà effettuata da questo (riunione del 13 ottobre 1983) e non dalla commissione, come la stessa avrebbe dovuto nella seduta del 13 luglio 1983 — concreta una inammissibile commi stione tra atti emessi da organi distinti, onde la scelta risulta motivata postumamente da un organo diverso da quello che l'ha effettuata.
Non può, inoltre, non ribadirsi che la designazione del candi
dato, per potersi ritenere regolarmente effettuata, deve aver luogo, normalmente, nella prima riunione e ad opera della commissione referente e non da parte del consiglio in sede di « avviso ». In tal caso — com'è, del resto, accaduto nella fattispecie in esame —
non soltanto si verifica una illegittima trasgressione dell'ordine
procedimentale previsto dall'art. 15 del p.i. del 1976, ma si ha anche uno scambio — non consentito dalla stessa disposizione ragolamentare — delle competenze tra consiglio e commissione, stante che il potere d'impulso e di proposta è riservato — come accennato precedentemente — alla commissione referente.
Per le suesposte considerazioni: 1) i ricorsi principali, di cui deve disporsi la riunione, assorbite le ulteriore censure dedotte con gli atti introduttivi e con i motivi aggiunti, devono essere
accolti, con l'annullamento di tutti gli atti del procedimento per la copertura dell'ufficio di procuratore generale presso la Corte
d'appello di Bari, a cominciare dalla deliberazione in data 13
luglio 1983 della commissione referente, prevista dall'art. l'I, u.s., 1. n. 195/58, fino al d.p.r. 10 gennaio 1984, compreso; 2) i ricorsi incidentali proposti dal dott. Visconti devono essere dichiarati
inammissibili. (Omissis)
TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER LA CAM
PANIA; Sezione I; sentenza 8 febbraio 1984, n. 129; Pres.
TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER LA CAM
PANIA; Sezione I; sentenza 8 febbraio 1984, n. 129; Pres.
Brignola, Est. Orciuolo; Soc. Parco S. Caterina (Avv. Lau
dadio) c. Regione Campania (Avv. Peluso).
Albergo, pensione, locanda — Immobile adibito ad albergo —
Autorizzazione al mutamento di destinazione — Diniego —
Comunicazione tardiva — Illegittimità — Questione manifesta
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PARTE TERZA 352
mente infondata di costituzionalità (Cost., art. 3, 97; r. d.
1. 2 gennaio 1936 n. 274, norme sulla vendita e sulla locazione
di immobili adibiti ad uso alberghiero, art. 2; 1. 24 luglio 1936
n. 1692, conversione in legge, con modifioazionii, del r.d,l. 2
gennaio 1936 n. 274, art. 1; d.p.r. 14 gennaio 1972 n. 6,
trasferimento alle regioni a statuto ordinario delle funzioni
amministrative statali in materia di turismo e di industria
alberghiera e del relativo personale, art. 1; d.l. 28 ottobre 1977
n. 778, provvedimenti urgenti sulla proroga dei contratti di
locazione e sublooaziione degli immobili urbani, art. 3; 1. 23
dicembre 1977 n. 928, conversione in legge, con modificazioni,
del d.l. 28 ottobre 1977 n. 778, art. unico).
È illegittimo il provvedimento di rigetto dell'istanza di autorizza
zione al mutamento di destinazione di un immobile adibito ad
albergo, che sia pervenuto all'istante dopo oltre trenta giorni dall'invio da parte sua dell'istanza anche se l'amministra
zione regionale lo abbia spedito prima della scadenza di tale
termine. (1)
(1) Circa il contrasto insorto in seno alla III sezione civile della
Corte di cassazione sull'applicabilità alle locazioni alberghiere dei
provvedimenti legislativi di proroga dei contratti di locazione di
immotali urbani disposta dal d.l. n. 778/77 convertito nella 1. n.
928/77, richiamato specificamente in motivazione, cfr. Cass. 17 gennaio
1984, in. 401, Foro it., 1984, I, 1297, con nota di richiami, orientata in
senso negativo, cui adde Pret. Fidenza 17 marzo 1983, id., Rep. 1983, voce Locazione, n. 292, e Cass. 28 novembre 1983, n. 7138, id.,
1984, I, 1298, con nota di richiami, che dispone invece nel senso della
soggezione a proroga legale di tutti indistintamente i contratti di
locazione di immobili urbani. Per alcuni profili di incostituzionalità della normativa sulla proroga
del vincolo alberghiero, v. Corte cost. 28 gennaio 1981, n. 4, id., 1981, I, 305, con nota di richiami di Pizzorusso, annotata da Rossello, in Giur. it., 1982, I, 1, 12. Sugli effetti della pronuncia di incostituziona
lità, v. Cons. Stato, sez. IV, 6 ottobre 1983, n. 695, Cons. Stato, 1983, I, 995.
Diversa questione di legittimità costituzionale attinente alla disciplina vincolistica alberghiera è stata sollevata da App. Bologna, ord. 11
giugno 1982, Foro it., 1983, I, 3143 e Trib. Imperia 9 marzo 1984, Arch, locazioni, 1984, 223, circa il trattamento legislativo di proroga dei contratti di locazione alberghiera e dei contratti di affitto di azienda
alberghiera. Circa la formazione ex lege del silenzio assenso, allorquando
sull'istanza presentata dall'interessato inerente alla richiesta di autoriz zazione allo svincolo di un immobile dalla destinazione alberghiera l'amministrazione regionale non abbia comunicato la propria decisione entro un mese dal giorno in cui quella istanza sia spedita o presentata, T.A.R. Campania n. 129/84 riproduce nella sua scarna motivazione il decisum di altre pronunce, che, pur individuando nella fattispecie un'ipotesi particolare di silenzio assenso, ricollegando la illegittimità dell'atto di diniego emesso tardivamente all'effetto estintivo che il decorso temporale produrrebbe sul potere di provvedere, cosi come conferito dalla legge aM'amministrazione, viziando di illegittimità qualsiasi decisione tardiva: cfr. T.A.R. Liguria 5 marzo 1981, n. 152, Foro it., Rep. 1981, voce Albergo, n. 9; Cons. Stato, sez. IV, 27
gennaio 1981, n. 63, ibid., n. 10; Comm. contr. reg. Lombardia 30 settembre 1980, n. 8578/10720, ibid., n. 11; T.A.R. Liguria 28 settembre 1978, n. 393, id., Rep. 1980, voce cit., n. 15; Cons. Stato, sez. I. 27 gennaio 1978. n. 2721/76. id., Rep. 1979, voce cit., n. 6; sez. IV 25 ottobre 1977, m. 893, id.. Rep. 1977, voce cit., n. 6; T.A.R. Piemonte 18 dicembre 1974, n. 129, id., Rep. 1975, voce cit., n. 2.
La normativa sulla formazione del silenzio assenso in materia di mutamento di destinazione di un immobile adibito ad albergo, incidendo sul comportamento inerte della p.a. fin dal momento della data di spedizione da parte dell'interessato dall'apposita istanza, acqui sta un connotato di specialità rispetto alla regola generale affermata da T.A.R. Lazio, sez. I, 2 febbraio 1983, n. 79, Trib. amm. reg., 1983, I, 763, secondo cui in tema di comunicazione di atti amministrativi e di istanze volte ad ottenerne l'emanazione è rilevante la data di ricevi mento dell'atto o dell'istanza.
D'altro canto la giurisprudenza amministrativa è prevalentemente orientata, come si è visto, a dichiarare la illegittimità di provvedimenti tardivi in tema di silenzio assenso, quando cioè la legge riconduce al silenzio serbato dall'amministrazione sull'istanza dell'interessato il valo re legale tipico di atto implicito di accoglimento; in tema di silenzio
rigetto solo una decisione tardiva di rigetto del ricorso gerarchico, in
quanto confermativa della decisione implicita ugualmente di rigetto formatasi dopo novanta giorni dalla proposizione del ricorso stesso, preclude la possibilità per l'interessato di proporre ricorso giurisdizio nale: cfr. T.A.R. Lombardia 28 luglio 1983, n. 1055, ibid., 2901; T.A.R. Toscana 18 marzo 1983, n. 60, ibid., 1563 e le altre pronunce conformi richiamate in nota a T.A.R. Puglia 2 dicembre 1982, n. 562, Foro it., 1984, III, 157; mentre una decisione di accoglimento di un ricorso gerarchico non è illegittima per il solo fatto che sia stata comunicata tardivamente: v. T.A.R. Campania 1° febbraio 1983, n. 30, ibid., 156, con nota di richiami; contra T.A.R. Calabria 16 novembre 1982, n. 189, Trib. amm. reg., 1983, I, 321; T.A.R. Piemonte 16 novembre 1982, n. 824, ibid., 116, e, ancor più recente mente, Cons. Stato, sez. VI, 24 novembre 1983, n. 838, Cons. Stato, 1983, I, 1251, secondo cui in materia di ricorso gerarchico il potere
È manifestamente infondata la questione di legittimità costituzio
nale, in riferimento agli art. 3 e 97 Cost., dell'art. 2 r.d.l. 2
gennaio 1936 n. 274, convertito con modificazioni nella l. 24
luglio 1936 n. 1692, che impone all'amministrazione non solo di
spedire ma anche di far pervenire all'istante il diniego di
autorizzazione al mutamento di destinazione di un immobile
adibito ad albergo, entro trenta giorni dalla presentazione dell'istanza, anche se questa si ha per presentata alla data della
sua spedizione, e non a quella della sua ricezione da parte dell'amministrazione stessa. (2)
Fatto. — Con istanza spedita il 18 agosto 1978 Giovanni
Scaramella, nella qualità di amministratore e legale rappresentante della s.p.a. Parco Santa Caterina di Forio, proprietaria di un
albergo sito in quella località « Monticchio », chiese alla regione
Campania la autorizzazione al mutamento di destinazione dell'im
mobile; ciò nella considerazione che la gestione alberghiera era
divenuta antieconomica, e l'albergo, non essendo in grado di
soddisfare le esigenze della clientela per deterioramento sia del
manufatto che delle attrezzature, era ormai chiuso sin dal 1976.
La regione, con deliberazione della giunta n. 12728 del 14
settembre 1978 e con nota dell'assessore al turismo n. 5574-5649
del 15 settembre successivo, negò la chiesta autorizzazione, rite
nendo la necessità del mantenimento dell'albergo per soddisfare le
esigenze del movimento turistico. (Omissis) Diritto. — 11 primo motivo è fondato.
Dal combinato disposto del r.d.l. 2 gennaio 1936 n. 274
convertito nella 1. 24 luglio 1936 n. 1692 e del d.l.lgt. 19 marzo
1945 n. 117, emerge che gli edifici destinati ad uso alberghiero non possono essere fatti oggetti di contratti che comportino mutamento di destinazione senza l'autorizzazione del sottosegreta riato per la stampa, lo spettacolo e il turismo (ora della regione, ex art. 1, 2° comma, lett. h, d^pr. 14 gennaio 1972 n. 6).
Tale vincolo, a suo tempo posto con carattere di temporaneità (fino al 31 dicembre 1940, art. 7 r.d.l. n. 274, cit.), e limitatamente
agli immobili destinati ad uso alberghiero alla data di pubblica zione del regio decreto citato, è stato esteso con il suddetto d. leg. n. 117, e prorogato con successive norme; lo stesso era in vigore
all'epoca della emanazione dei provvedimenti impugnati, giusta
decisorio dell'amministrazione è irrimediabilmente limitato nel tempo, con conseguente proiezione di vizi di illegittimità su ogni tipo di intervento tardivo.
Circa la decorrenza dei termini per la configurazione del silenzio
rigetto in tema di ricorso gerarchico, v. T.A.R. Lazio, sez. Ili, 22 ottobre 1979, n. 680, Foro it., 1981, III, 52, con nota di richiami. Cfr. anche T.A.R. Campania 1° febbraio 1983, n. 30 e T.A.R. Puglia 2 dicembre 1982, n. 562, cit., con mota di richiami giurisprudenziali sulla disciplina del silenzio rigetto.
La natura del provvedimento esplicito di diniego della autorizzazione a mutare la destinazione alberghiera dell'immobile, emesso tardivamen
te, cioè oltre il termine di un mese decorrente dalla domanda di
svincolo, equivarrebbe ad annullamento o revoca illegittimi del prece dente comportamento inerte legalmente tipizzato, sicché potrebbe ope rare la tutela offerta dal ricorso giurisdizionale: T.A.R. Campania 26 marzo 1980. n. 251. id.. Rep. 1980. voce oit., n. 16; contra T.A.R. Piemonte 10 febbraio 1976, n. 52, id., Rep. 1976, voce cit., nn. 6, 7. Sulla possibilità di emettere nel termine di un mese decorrente dalla
presentazione della domanda di svincolo una decisione di carattere
interlocutorio, cfr. Cons. Stato, sez. IV, 15 aprile 1980, n. 368, id.
Rep. 1980, voce cit., n. 17. Comunque il provvedimento esplicito di
diniego di autorizzazione al mutamento di destinazione di un immobile adibito ad albergo deve essere congniamente e adeguatamente motiva to: T.A.R. Lombardia 21 maggio 1980, n. 566, id., Rep. 1982, voce cit., n. 11; Cons. Stato, sez. IV, 26 maggio 1981, n. 421, id., Rep. 1981, voce oit., n. 13; occorre infatti che nel provvedimento siano indicate le ragioni che hanno influito sulla decisione adottata: T.A.R. Liguria 28 settembre 1978, n. 393, id., Rep. 1980, voce oit., n. 12; 19 gennaio 1978, n. 36, ibid., n. 13; hanno avuto rilievo nel
giustificare la legittimità dei provvedimenti di diniego la dannosità della soppressione della disponibilità ricettiva alberghiera e l'antiecono rnicità dell'iniziativa imprenditoriale: Cons. Stato, sez. IV, 21 ottobre 1980, n. 368, ibid., n. 14. Attivamente legittimato a
proporre ricorso giurisdizionale è chi risulta proprietario dell'im mobile al momento della proposizione del gravame, in quanto ha natura reale: Cons. Stato, sez. IV, 26 maggio 1981, n. 421, id., Rep. 1981, voce cit., n. 15. In tema di silenzio assenso ex art. 8 di. 9/82 v. T.A.R. Lombardia 7 giugno 1983, id., 1984, III, 256.
Sui profili considerati, in dottrina, v. recentemente Brignolo, Il silenzio assenso, in Cons. Stato, 1983, II, 631; Cavallari, Silenzio assenso e tutela giurisdizionale, id., 1982, II, 1089; D. Resta, Il silenzio della p.a. tra dottrina e giurisprudenza, in Cons. Stato, 1983, II, 133; R. Righi, In margine ad un recente orientamento giurispru denziale in materia di silenzio rifiuto della p.a., ibid., 147.
(2) Negli stessi termini v. T.A.R. Liguria 5 marzo 1981, n. 152, Foro it., Rep. 1981, voce Albergo, n. 7; Cons. Stato sez. IV, 27
gennaio 1981, n. 63, ibid., n. 8.
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GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA
l'art. 3 d.l. 28 ottobre 1977 n. 778 convertito nella 1. 23 dicembre 1977 n. 928 (che ne prevedeva la scadenza al 31 dicembre 1978).
L'art. 2 del suddetto r.dl. n. 274 prescrive che, per ottenere
l'autorizzazione sopra citata, gli interessati devono avanzare una
istanza contenente taluni dati; tale istanza, ai sensi degli art. 1 e
18 del regolamento di attuazione (r.d. 16 giugno 1938 n. 1298), deve essere spedita con plico raccomandato.
Ai sensi del 2° comma dell'art. 2 dello stesso r.d.l. n. 274, l'amministrazione destinataria deve « comunicare la sua decisione
entro un mese del giorno nel quale sarà spedita l'istanza. Il
termine decorrerà dalla consegna all'ufficio postale. Trascorso tale termine in mancanza di comunicazioni l'istanza si
intenderà accolta ».
Deriva che, in assenza di comunicazione entro il suddetto
termine, si ha il tacito accoglimento della istanza, onde un
eventuale provvedimento di diniego comunicato successivamente si
presenterebbe illegittimo; con esso infatti verrebbe rigettata una
istanza già accolta ex lege. In questo senso si è già pronunciata la giurisprudenza ammi
nistrativa (cfr. Cons. Stato, sez. V, n. 611 del 19 maggio 1950, Foro it., Rep. 1950, voce Albergo, n. 1; T.A.R. Piemonte e. 129
del 18 dicembre 1974, id., Rep. 1975, voce cit., n. 2 e n. 160
dell'I 1 maggio 1976; T.A.R. Campania n. 764 del 13 luglio 1977). Nel caso in esame l'istanza del ricorrente venne spedita median
te raccomandata con avviso di ricevimento dall'ufficio postale di
Forio il 18 agosto 1978, e pervenne alla regione il 31 agosto 1978, come risulta dal timbro postale sul retro dell'avviso di rice
vimento.
La risposta (negativa) della regione venne recapitata all'interes
sato il 19 settembre 1978, e cioè 32 giorni dopo l'inoltro della
istanza.
Pertanto, al momento de! recapito della risposta, essendo trascor so inutilmente un mese dalla spedizione della istanza, l'accogli mento ex lege si era già verificato. Donde la illegittimità del
diniego. Nessun dubbio sussiste sulla tardività della risposta, atteso che
il termine di un mese a partire dal 18 agosto 1978 scadeva il 18
settembre 1978, che non era giorno festivo (cadeva di lunedi'), per cui neanche potrebbe ipotizzarsi una proroga del termine ex art.
2963, 3° comma, c.c.
Nessun dubbio sussiste inoltre sulla finalità dell'istanza, da
ritenere conforme a quella prevista dalla norma come necessitante di autorizzazione, e cioè come tendente a fare, dell'immobile in
questione, oggetto di un contratto comportante mutamento della
destinazione alberghiera. La detta finalità invero non risulta
espressamente dal tenore della domanda, ma tuttavia, tenuto conto
della essenza di quest'ultima (richiesta di autorizzazione al
mutamento di destinazione), e della doglianza (violazione del r.d.
274/36 e del r.d. 1298/38 citati) di cui al motivo in esame, è
senz'altro identificabile in quella indicata sopra; del resto la
regione ha esaminato la istanza proprio in relazione alla normati
va suddetta.
Per contrastare la conclusione di illegittimità del diniego la
regione sostiene che, nel termine del mese, va fatto ricadere, oltre al momento di spedizione della istanza, altresì il momento (della
spedizione) della risposta, da ritenere perciò tempestiva ove inviata entro il mese. Nella specie quindi il termine sarebbe stato
osservato, in quanto la risposta venne consegnata all'ufficio postale di Napoli "il 16 settembre 1978. Diversamente opinando — conclude la regione — si creerebbe disparità di trattamento e (manifesta
illogicità, con ciò violandosi principi costituzionali.
Va in contrario osservato inanzitutto che -la normativa di cui
all'art. 2 r.d.l. n. 274/36, riportato sopra, non offre spazio per
interpretazione diversa da quella fatta palese dal significato pro
prio delle parole. Ed invero è prescritto che la regione deve
comunicare la sua decisione entro un mese dalla consegna della
istanza all'ufficio postale. Essendo la comunicazione un atto tipicamente ricettizio, conse
gue che l'effetto giuridico del provvedimento adottato sulla istanza
non può decorrere da un momento anteriore a quello in cui il
provvedimento stesso è portato nella sfera di normale conoscibilità
del destinatario.
In ordine poi alla disparità di trattamento e alla manifesta
illogicità che conseguirebbero dalla interpretazione come sopra
riportata dell'art. 2 cit., si osserva che non si ravvisano ipotetici dubbi di costituzionalità, adombrati dalla resistente regione ina
non meglio precisati, e che comunque potrebbero riferirsi a
violazione degli art. 3 e 97 Cost.
Invero non potrebbe affermarsi un contrasto della disposizione con l'art. 3 Cost., che afferma il principio di uguaglianza.
I soggetti coinvolti nel procedimento, e cioè il privato richieden
te e la p.a. si trovano in posizioni profondamente diverse fra
loro.
Il primo ha necessità di conoscere al più presto l'esito della
propria istanza, al fine di programmare convenientemente i propri impegni finanziari attinenti alla conduzione o alla dismissione
dell'albergo. La seconda deve svolgere una attività istruttoria da concludere
con un provvedimento positivo o negativo entro un tempo deter
minato. | Le due posizioni, non essendo dello stesso genere, non sono fra
loro comparabili, e risultano collegato soltanto dal!'essere comprese in un medesimo procedimento.
Consegue che non sussiste violazione dell'art. 3 Cost., della
quale non può predicarsi la esistenza allorquando le situazioni non
siano uguali. Neanche potrebbe ipotizzarsi violazione dell'art. 97 Cost, nella
considerazione che il termine assegnato all'amministrazione per
provvedere sarebbe troppo breve al fine di assicurare il buon
andamento della amministrazione.
Va infatti osservato che il giudizio sulla congruità del termine non compete, in linea di massima, al giudice della legittimità, in
quanto involge un apprezzamento di merito di competenza del
legislatore che ha posto la norma. Mancano del resto elementi per affermare, dello stesso termine, la palese mancanza di ragionevo lezza (concetto che la Corte costituzionale ha spesso assunto a
parametro nei giudizio di legittimità delle norme), onde neanche sotto questo profilo è ravvisabile un dubbio di costituzionalità.
In definitiva il ricorso va accolto, ritenendosi fondato il primo motivo, conformemente a quanto già precisato dalla giurisprudenza amministrativa con le decisioni sopra riportate, dalle cui conclu sioni questo tribunale non ritiene di scostarsi per quanto esposto.
Stante la satisfattorietà per il ricorrente della riconosciuta fondatezza di tale motivo, si rivela superfluo l'esame degli altri, dei quali viene pertanto dichiarato l'assorbimento.
Il conseguente annullamento va limitato alla deliberazione di
diniego e alla connessa nota assessorile stante l'assorbimento delle
censure di legittimità in ordine agli atti pregressi. (Omissis)
TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER IL LA
ZIO; Sezione III; sentenza 3 novembre 1983, n. 816; Pres.
TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER IL LA
ZIO; Sezione III; sentenza 3 novembre 1983, n. 816; Pres.
Felici, Est. Ravalli; D'Amato (Avv. Rienzi) c. Min. pubblica istruzione (Avv. dello Stato Palatiello).
Impiegato dello Stato e pubblico — Insegnante — Sciopero
parziale — Trattenuta dell'intera retribuzione giornaliera —
Legittimità — Fattispecie (D.p.r. 31 maggio 1974 n. 417, norme
sullo stato giuridico del personale docente, direttivo ed ispetti vo della scuola materna, elementare, secondaria e artistica dello
Stato, art. 88, 126; 1. 11 luglio 1980 n. 312, nuovo assetto
retributivo-funzionale del personale civile e militare dello Stato, art. 171).
È legittima la trattenuta della retribuzione per l'intera giornata lavorativa all'insegnante presso un conservatorio di musica che abbia dichiarato di astenersi per sciopero dal partecipare al
consiglio di classe per lo svolgimento degli scrutini annuali, se tale partecipazione era l'unica attività programmata per la
giornata medesima. (1)
(1) Cons. Stato, sez. V, 17 giugno 1977, n. 618, Foro it., 1978, III, 187, con nota di richiami, ha affermato la legittimità, in caso di scioperi c. d. brevi, di una trattenuta corrispondentemente ridotta, inferiore alla retribuzione giornaliera. La soluzione è stata poi accolta legislativamente con l'art. 171 1. 11 luglio 1980 n. 312, con l'eccezione dei casi di lavori basati sulla interdipendenza funzionale di settori, reparti, servizi e uffici, oppure riferiti a turni e attività integrate, lo sciopero limitato ad una o più ore lavorative produce effetti superiori o più prolungati rispetto a quelli derivanti dalla limitata interruzione del lavoro.
Contra, ma anteriormente all'entrata in vigore di tale norma, Corte
conti, sez. contr. reg. Trentino-Alto Adige, 13 settembre 1978, n. 19, id., Rep. 1979, voce Impiegato dello Stato, n. 1101, che ha negato che, anche nel caso di scioperi c. d. brevi, la trattenuta possa essere inferiore alla retribuzione giornaliera.
Per altri riferimenti, nella giurisprudenza successiva a quella richia mata nella suddetta nota, Corte conti, sez. contr., 11 dicembre 1980, n.
1113, id., Rep. 1981, voce cit., n. 926, ha affermato che le assenze dal lavoro del pubblico dipendente, anche nell'esercizio del diritto di
sciopero, provocano un affievolimento del rapporto di impiego con
conseguenze economiche (estese anche alla quota di aggiunta di
famiglia: Cons. Stato, sez. Ili, 25 febbraio 1976, n. 156/74, id., Rep. 1978, voce cit., n. 1200). Ma T.A.R. Lazio, sez. II, 9 luglio 1979, n.
549, id., Rep. 1980, voce cit., n. 1069, ha dichiarato la illegittimità
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