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sezione II civile; sentenza 11 febbraio 1987, n. 1487; Pres. Sagnelli, Est. Anglani, P. M. Minetti...

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sezione II civile; sentenza 11 febbraio 1987, n. 1487; Pres. Sagnelli, Est. Anglani, P. M. Minetti (concl. diff.); Torre (Avv. Mancuso) c. Triolo e altri (Avv. Siracusa). Cassa App. Messina 16 gennaio 1985 Source: Il Foro Italiano, Vol. 110, No. 5 (MAGGIO 1987), pp. 1445/1446-1451/1452 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23178699 . Accessed: 24/06/2014 20:24 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 195.78.108.163 on Tue, 24 Jun 2014 20:24:11 PM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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sezione II civile; sentenza 11 febbraio 1987, n. 1487; Pres. Sagnelli, Est. Anglani, P. M. Minetti(concl. diff.); Torre (Avv. Mancuso) c. Triolo e altri (Avv. Siracusa). Cassa App. Messina 16gennaio 1985Source: Il Foro Italiano, Vol. 110, No. 5 (MAGGIO 1987), pp. 1445/1446-1451/1452Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23178699 .

Accessed: 24/06/2014 20:24

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

CORTE DI CASSAZIONE; sezione II civile; sentenza 11 feb

braio 1987, n. 1487; Pres. Sagnelli, Est. Anglani, P. M. Mi

netti (conci, diff.); Torre (Aw. Mancuso) c. Triolo e altri

(Avv. Siracusa). Cassa App. Messina 16 gennaio 1985.

Edilizia e urbanistica — Costruzioni in zone sismiche — Discipli na relativa ai «vecchi centri abitati» — Costruzioni su aree pre cedentemente non edificate — Applicabilità (R.d.l. 22 novembre

1937 n. 2105, norme tecniche di edilizia con speciali prescrizio ni per le località colpite dai terremoti, art. 33).

Edilizia e urbanistica — Costruzioni in zone sismiche — «Vecchi

centri abitati» — Distanze legali — Mancanza di strumenti ur

banistici e di direttive delle competenti autorità — Disciplina

applicabile (Cod. civ., art. 873; r.d.l. 22 novembre 1937 n. 2105, art. 12, 33).

Nell'ambito delle misure di prevenzione previste dall'ordinamen

to per le costruzioni edilizie nelle zone sismiche, le norme spe ciali dettate per gli edifici che sorgono nei «vecchi centri abitati»

si applicano anche alle costruzioni eseguite su aree, comprese nel perimetro del vecchio centro, precedentemente non edifica te e non solo a quelle eseguite su aree già coperte da edifici distrutti dal terremoto. (1)

In assenza di piani regolatori e regolamenti edilizi, la mancata

richiesta o la mancata emanazione da parte delle competenti autorità amministrative delle direttive riguardanti gli allinea

menti, le larghezze stradali, gli intervalli di isolamento e le al

tezze per le ricostruzioni e nuove costruzioni di edifici situati

nei vecchi centri abitati delle zone sismiche non comporta l'as

soggettabilità delle costruzioni stesse alle prescrizioni legislative

riguardanti l'attività costruttiva nelle altre zone de! comune,

(1) Non risultano precedenti negli esatti termini. In relazione al concetto di «vecchio centro abitato» la Suprema corte

ha più volte precisato che esso si riferisce ai nuclei urbanisticamente so

pravvissuti alla devastazione del movimento tellurico: Cass. 29 giugno 1979, n. 3675, Foro it., Rep. 1979, voce Edilizia e urbanistica, n. 826; 17 febbraio 1979, n. 1044, ibid., n. 827; 13 febbraio 1979, n. 961, ibid., n. 828; 12 dicembre 1977, n. 5401, id., Rep. 1977, voce cit., n. 984; 3 dicembre 1976, n. 4522, ibid., n. 895, in cui si precisa che non bastano caratteri costruttivi moderni per escludere che un edificio sorga nel vec chio centro abitato; 9 giugno 1975, n. 2294, id., Rep. 1975, voce cit., n. 1412; 9 settembre 1970, n. 1377, id., 1970, I, 2411, con nota di richia

mi, che esclude, in base alla suddetta nozione, l'applicabilità della disci

plina relativa ai vecchi centri abitati nelle città (nella specie: Avezzano) interamente rase al suolo dal terremoto.

Altre decisioni precisano che la disciplina relativa ai centri abitati di

nuova costruzione si riferisce tanto agli edifici che sorgono in nuove loca

lità, quanto a quelli costruiti in zone di ampliamento del vecchio centro abitato: cfr. Cass. 8 novembre 1983, n. 6590, id., Rep. 1983, voce cit., n. 903; 16 marzo 1976, n. 964, id., Rep. 1976, voce cit., n. 1717; Trib.

Palermo 21 ottobre 1970, id., Rep. 1971, voce cit., n. 771; Cass. 3 agosto 1968, n. 2794, id., 1969, I, 450, con nota di richiami. È evidente, tutta

via, che non vi è identità tra l'ipotesi di edificio costruito in zona di

ampliamento del vecchio centro abitato e quella, esaminata per la prima volta dalla Suprema corte nella sentenza qui riportata, di nuova costru zione su area precedentemente non edificata ma compresa nel perimetro del vecchio centro, pur se potrebbero verificarsi, di fatto, casi di dubbia

qualificazione. La stessa sentenza del 1968 da ultimo citata, chiamata a determinare sul punto in questione la portata applicativa della 1. 25 novembre 1962 n. 1684, ricorda che l'art. 9 r.d.l. 22 novembre 1937 n 2105 previgente, «che corrisponde sostanzialmente all'attuale art. 6», di

sponeva in modo esplicito nell'ultimo comma che «non sono considerate

come ampliamenti di centri abitati le nuove costruzioni da elevare nei

vecchi centri, dovunque non esistevano precedentemente, sia pure lungo strade esistenti in adiacenza a fabbricati esistenti» (art. 9 cit.); a tali co

struzioni si applicavano le disposizioni del successivo art. 33, corrispon dente in sostanza all'art. 17 1. n. 1684/62. La norma testualmente citata

sembra rappresentare un utile riferimento normativo, che la Cassazione,

peraltro, non ha utilizzato nell'odierna pronuncia.

L'applicazione della disciplina speciale prevista per i vecchi centri abi

tati delle zone sismiche anche alle nuove costruzioni ivi realizzate, pur

già chiaramente rilevabile dalla lettera della legge (tanto del 1962, che

del 1937), è ribadita da Cass. 10 luglio 1975, n. 2723, id., Rep. 1975, voce cit., n. 1419. Cass. 6 agosto 1977, n. 3604, id., Rep. 1977, voce

cit., n. 904, precisa che la stessa disciplina si applica anche alle sopraele vazioni degli edifici nei vecchi centri abitati.

Per la rilevanza anche penale delle nozioni di nuovo e vecchio centro

abitato, cfr. Pret. Cetraro 25 gennaio 1975, id., 1975, II, 197.

In dottrina cfr. M. Mazzanti, La nozione di «centro abitato» agli

effetti della legge urbanistica, in Giur. it., 1963, II, 59.

Il Foro Italiano — 1987 — Parte 7-95.

bensì, per quanto concerne le distanze fra costruzioni, l'appli cabilità delle norme del codice civile. (2)

Svolgimento del processo. — Con atto di citazione notificato

il 29 gennaio 1964 Triolo Antonino «in proprio e quale cittadino

contribuente ed elettore del comune di Barcellona Pozzo di Got

to» premise di essere proprietario di due fabbricati siti in detto

comune, confinanti nella parte posteriore con un immobile di pro

prietà di Torre Rocco.

(2) È questo l'orientamento costante della Suprema corte: cfr. sent. 26 agosto 1985, n. 4535, Foro it., Rep. 1985, voce Edilizia e urbanistica, n. 415, e 26 agosto 1985, n. 4536, ibid., n. 426, entrambe citate nell'o dierna sentenza; inoltre: Cass. 8 novembre 1983, n. 6590, id., Rep. 1983, voce cit., n. 903; 28 gennaio 1983, n. 804, ibid., n. 895; 15 giugno 1982, Scrima, ibid., n. 902; 4 aprile 1981, n. 1920, id., Rep. 1981, voce cit., n. 841; 4 ottobre 1980, n. 5370, id., Rep. 1980, voce cit., n. 934; 20

maggio 1980, n. 3314, ibid., n. 933; 6 maggio 1980, n. 2969, ibid., n.

917; 17 febbraio 1979, n. 1044, ibid., n. 827; 13 febbraio 1979, n. 961, ibid., n. 828 (parzialmente riportata, id., 1979, I, 974, con nota di Bran ca in materia di prevenzione e distanze legali tra costruzioni in zone si

smiche); 12 gennaio 1978, n. 121, id., Rep. 1978, voce cit., n. 791; 28

aprile 1977, n. 1622, id., Rep. 1977, voce cit., n. 906; 14 aprile 1976, n. 1317, id., Rep. 1976, voce cit., n. 1729; 10 luglio 1975, n. 2723, id., Rep. 1975, voce cit., n. 1418; 6 ottobre 1972, n. 2875, id., 1973, I, 67, con nota di richiami. Nello stesso senso anche Trib. Messina 18 marzo

1973, id., Rep. 1976, voce cit., n. 1732, unico precedente edito di una corte di merito, che fonda il proprio orientamento sulla individuazione di un rapporto di specialità tra la legislazione per le costruzioni in zone sismiche e le norme del codice civile; pertanto, quando, come nell'ipotesi in esame, la fattispecie è al di fuori della previsione legislativa (per la

inapplicabilità del piano regolatore, del regolamento edilizio comunale e delle direttive delle competenti autorità amministrative, mancanti), «es sa non può che essere recepita nell'ambito della legge comune, ossia delle norme sulle distanze del codice civile». Né può farsi applicazione analogi ca, continua la sentenza, delle norme dettate direttamente dalla legge an tisismica per le costruzioni in nuovi centri, dato il carattere speciale della

legge in questione, nonostante essa, sia nel testo del 1937, che in quello del 1962 (1. 25 novembre 1962 n. 1684, provvedimenti per l'edilizia, con

particolari prescrizioni per le zone sismiche), prescriva che le direttive, emesse rispettivamente dal genio civile e dal provveditorato regionale alle

opere pubbliche (sezione urbanistica), debbano armonizzarsi con le nor me relative ai centri di nuova costruzione. Le decisioni della Cassazione sono per lo più motivate rilevando che le leggi antisismiche del '37 e del '62 alternativamente rilevanti, ma spesso prese in considerazione con

giuntamente, in quanto prive di differenze sul punto, pongono per le costruzioni nei vecchi centri abitati un sistema sostitutivo, rispetto alle norme dettate per i nuovi centri, articolato gerarchicamente e che, in

mancanza delle fonti specificamente previste, devono essere osservate le norme comuni del codice civile in materia di distanze. Da segnalare, in

argomento, anche Cass. 2 febbraio 1973, n. 314, id., 1973, I, 1423, in cui si qualifica il potere di impartire preventivamente direttive per le ope re da eseguire nei centri abitati come potere autonomo e non come potere di deroga alle norme direttamente poste dalla legge per i nuovi centri.

Le decisioni n. 4536 del 1985 e n. 804 del 1983 della Cassazione, già citate, precisano, con riferimento alla legge del 1962, che le costruzioni nei vecchi centri abitati devono comunque rispettare anche le direttive

emanate dal genio civile per assicurare la rispondenza del singolo edificio ai requisiti costruttivi necessari ad assicurare la sua resistenza alle scosse

telluriche. Cass. 6 maggio 1980, n. 2969, cit., precisa inoltre che, qualora l'unica disciplina applicabile sia quella del codice civile, resta fermo il diritto dei cittadini di agire nella competente sede amministrativa e con i mezzi che l'ordinamento vigente loro consente per ottenere che vengano emanate le direttive previste dalla legge, in presenza delle quali essi po tranno tutelare i loro interessi nelle sedi competenti.

Sempre in relazione alla legge del 1962, Trib. Catanzaro 15 settembre

1975, id., Rep. 1976, voce cit., n. 1733 (in motivazione in Giust. civ.,

1976, I, 1705, con nota critica, sul punto, di Alvino), sul presupposto che le direttive impartite dalla sezione urbanistica del provveditorato re

gionale alle opere pubbliche al comune sono operanti solo in quanto co

stituiscono oggetto di successiva valutazione da parte del genio civile, cui è demandato di stabilire, caso per caso, l'ammissibilità e quindi la

legittimità dei singoli progetti, afferma che l'apprezzamento della sezione

urbanistica può esser manifestato anche nella forma del «parere» espres so sul singolo progetto ai sensi dell'art. 25, 4° comma, 1. n. 1684/62

e non necessariamente tramite «direttive» richieste in via generale dal co

mune, secondo la prescrizione dell'art. 17 stessa legge. Secondo Cass.

4 aprile 1981, n. 1920, Foro it., 1982, I, 1385, al contrario, ove manchino

prescrizioni sulle distanze e altezze ad opera degli strumenti urbanistici

locali e non siano state richieste dal comune le direttive del provveditora to regionale alle opere pubbliche, non può l'ufficio del genio civile, in

sede di rilascio dell'autorizzazione prevista dall'art. 25 citato, dettare ca so per caso specifiche prescrizioni, con la conseguenza che l'unica disci

plina applicabile resta quella del codice civile.

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Page 3: sezione II civile; sentenza 11 febbraio 1987, n. 1487; Pres. Sagnelli, Est. Anglani, P. M. Minetti (concl. diff.); Torre (Avv. Mancuso) c. Triolo e altri (Avv. Siracusa). Cassa App.

1447 PARTE PRIMA 1448

Questi «in tempi diversi aveva eseguito alcune costruzioni e

sopraelevato di un piano altra costruzione, in violazione delle di

stanze previste dal codice civile, dalla legge antisismica e dal re

golamento edilizio comunale; aveva altresì' appoggiato dette opere su un muro di proprietà esclusiva di esso istante; infine aveva

aperto abusivamente vedute dirette e laterali verso il fondo dell'i

stante».

Tanto premesso il Triolo convenne il Torre in giudizio dinanzi

al Tribunale di Messina chiedendo «che fosse condannato alla

demolizione della parte di fabbricato costruito in violazione delle

distanze previste dalla legge e dai regolamenti ed al risarcimento

dei danni». Il convenuto resistette alla domanda deducendo, fra l'altro, di

aver eseguito le opere contestate in conformità del progetto ap

provato dalle autorità competenti e di una transazione conclusa

il 21 marzo 1955 con la quale era stato posto termine ad altro

procedimento pendente tra le parti. Propose inoltre domanda ri

convenzionale di eliminazione di una veduta abusivamente aperta dall'attore. Chiamato in causa il comune di Barcellona Pozzo

di Gotto in relazione all'azione popolare proposta dall'attore ed

espletata consulenza tecnica per accertare se le opere fossero state

eseguite in conformità oppure no del progetto approvato dal ge nio civile e quali fossero «le misure tecniche necessarie ed idonee

ad eliminare le riduzioni dedotte», l'adito tribunale con sentenza

del 30 maggio 1979, «dichiarata non procedibile l'azione popola re nei confronti del comune», condannò, fra l'altro, il convenuto

«alla demolizione di una parte del fabbricato di sua proprietà fino a formare uno spazio d'isolamento di metri 5,75 e l'attore

alla regolarizzazione di una luce».

Proposto appello da entrambe le parti, la Corte d'appello di

Messina con sentenza del 30 giugno 1982, ora denunziata, rigettò entrambi gli appelli, confermando integralmente quella di primo

grado. La corte d'appello per quanto ancor interessa in questa

sede, osservò:

1) Infondatamente il Torre si era doluto per avere il tribunale

ritenuto la nullità della transazione del 21 marzo 1955, nonostan

te la mancanza di apposita domanda o di impugnativa in tal sen

so. Invero il tribunale aveva giustamente ritenuto inoperante l'accordo transativo (anche in mancanza di domanda o impugna tiva del Triolo) «rilevando che lo stesso doveva considerarsi con

trario a norme imperative nella parte in cui era prevista la facoltà

per il Torre di edificare senza la rigorosa osservanza delle norme

che regolano le costruzioni in zone sismiche».

2) Era infondato il motivo con il quale l'appellante si era dolu

to — sulla premessa che il fabbricato facesse parte del vecchio

centro urbano di Barcellona — per essere state ritenute applicabi li le norme nelle distanze previste dalla legge antisismica, anziché

quelle del codice civile.

Invero, «a parte la considerazione che la circostanza dell'ubi

cazione del fabbricato non era stata mai dedotta nel giudizio di

Da segnalare poi Cass. 2 febbraio 1979, n. 722, id., Rep. 1979, voce

cit., n. 829, secondo cui la misura fissata dal codice civile per le costru zioni in zone non sismiche vale comunque come valore minimo che anche l'ufficio del genio civile, cui è demandata, in base all'art. 33 r.d.l. 22 novembre 1937 n. 2105, la determinazione dell'intervallo di isolamento tra gli edifici da ricostruirsi nei vecchi centri abitati delle zone sismiche, deve osservare. Con riferimento alla stessa legge Cass. 2 febbraio 1974, n. 300, id., Rep. 1975, voce cit., n. 1424, precisa che nell'emanazione delle direttive (le quali anche in base alla normativa del 1937, secondo le prescrizioni dell'odierna sentenza della Cassazione, devono intervenire in via preventiva e generale, su richiesta del comune) l'ufficio del genio civile non è vincolato alla previsione dell'art. 12 circa l'intervallo di isola

mento, ma aggiunge che le prescrizioni sulle distanze sono implicite nel

l'approvazione del progetto da parte dello stesso genio civile ai sensi dell'art. 33 (deve rilevarsi, tuttavia, che solo nel successivo art. 34, e con riferi mento all'utilizzazione delle vecchie fondazioni, è menzionata una appro vazione dell'ufficio del genio civile).

Sull'applicabilità della disciplina codicistica sulle distanze tra costruzio ni anche nell'ipotesi in cui gli strumenti urbanistici locali non abbiano

acquistato efficacia giuridica per mancato intervento dell'approvazione da parte dell'autorità tutoria e in pendenza di approvazione di nuovi stru menti urbanistici v. rispettivamente Cass. 20 luglio 1973, n. 2131, id., 1974, I, 1175 e Cass. 4 marzo 1983, n. 1625, id., 1983, I, 1926 (relativa mente a costruzioni in zona non sismica).

In dottrina v. G. Roehrssen, Zona sismica, voce del Novissimo dige sto, Torino, 1975, XX, 1141 e, sulla legge del 1974 che ha sostituito la n. 1684 del 1962, M. Cicala, Prime note sulla l. 2 febbraio 1974 n. 64, in Riv. giur. edilizia, 1975, II, 61. [C. Mondatore]

Il Foro Itallano — 1987.

primo grado e, solo in quello di appello, era stato prodotto un

certificato del comune attestante che il rione S. Giovanni Batti

sta, in cui sorge il fabbricato del Torre, fa parte del vecchio cen

tro urbano», la circostanza era irrilevante ai fini per i quali era

stata dedotta, posto che per vecchi centri abitati, ai sensi della

1. 22 novembre 1937 n. 2105 vigente all'epoca della esecuzione

dei lavori ed anche di quella del 25 novembre 1962 n. 1684, devo

no intendersi «i nuclei urbanistici scampati alla devastazione dei

movimenti tellurici che siano rimasti ancora in piedi» e che «nella

specie era dato stabilire che, al fabbricato del Torre, costruito

in base a progetto approvato dalla commissione edilizia nel 1953, non preesisteva altra costruzione che fosse stata devastata da al

cun movimento tellurico». Era peraltro decisiva la considerazione

che «mai il Torre aveva richiesto all'ufficio del genio civile com

petente le direttive riguardanti gli intervalli di isolamento del pro

prio fabbricato». Peraltro il Torre «non aveva mai fornito od

offerto la prova che la zona in cui era stato realizzato il fabbrica

to non fosse compresa in alcun piano regolatore»

3) Era stata esattamente disattesa la richiesta del Torre «di eli

minare come alternativa alla demolizione le conseguenze delle vio

lazioni oggetto del procedimento, mediante la costruzione nello

spazio libero tra i due fabbricati di una intelaiatura in cemento

armato costituito da quattro pilastri e relative travi di collega mento». Invero siffatta soluzione suggerita dal consulente tecnico

(non vincolante per il tribunale) «era di difficile se non impossi bile realizzazione, essendo necessaria la preventiva autorizzazione

dell'ufficio del genio civile e la successiva licenza edilizia da parte del comune e dovendo essere eseguita su terreno di pertinenza del Triolo».

Avverso questa sentenza il Torre propose istanza per revoca

zione con atto notificato il 23 e 24 settembre 1982 a Vasta Anto

nia, coniuge superstite di Triolo Antonino, deceduto nella more

del giudizio di appello, ed ai figli Triolo Francesca, Marta, Rita,

Maria, Maddalena, Salvatore e Salvatrice.

Il Torre propose anche ricorso per cassazione sulla base di tre

motivi avverso la medesima sentenza. Gli intimati Vasta. Triolo

Maddalena, Marta, Rita, Maria e Francesca resistettero con con

troricorso.

Nel giudizio di revocazione si costituivano la Vasta, nonché

Triolo Francesca, Marta, Rita, Maria e Maddalena, chiedendo

dichiararsi inammissibile e, in ogni caso, rigettare la domanda

di revocazione.

Rimessa la causa in decisione la Corte d'appello di Messina

con ordinanza del 9 luglio 1983, rilevata la nullità della citazione

nei confronti di Triolo Salvatore e Triolo Salvatrice (residenti in

luoghi appartenenti alla circoscrizione di altra corte d'appello)

per essere stato loro assegnato un termine a comparire inferiore

a sessanta giorni, dispose l'integrazione del contraddittorio nei

confronti dei predetti fissando per la notificazione il termine di

venti giorni decorrente dalla comunicazione dell'ordinanza.

Il procuratore del Torre dichiarò di «aver provveduto alla di

sposta integrazione». Rimessa nuovamente la causa in decisione, la corte con senten

za del 16 gennaio 1985 ora denunziata, dichiarata la contumacia

di Triolo Salvatore e Salvatrice, rigettò la domanda.

In relazione alla dedotta inammissibilità della impugnazione sol

levata dalle convenute «sotto il profilo della nullità della citazio

ne eseguita nei confronti di Triolo Salvatore e Salvatrice con

termine a comparire inferiore a quello minimo, nullità che, essen

dosi tradotta in difetto di costituzione del rapporto processuale, avrebbe potuto essere sanata solo con effetto ex nunc dalla costi

tuzione dei medesimi convenuti e non anche mediante il ricorso

all'art. 291 c.p.c. applicabile soltanto nel caso di nullità della

notificazione», la corte d'appello osservò che «la inammissibilità

della impugnazione in ipotesi di litisconsorzio necessario (nella

specie di natura processuale essendo succeduti gli eredi nel pro cesso al soggetto originario) deve escludersi allorché l'impugna zione stessa sia proposta ritualmente, almeno nei confronti di una

sola delle parti, in tal caso infatti è sufficiente disporre l'integra zione del contraddittorio nei confronti di tutti gli altri litisconsor

ti necessari». Nella specie la nullità della citazione nei confronti

di Triolo Salvatore e Salvatrice non poteva pertanto comportare la inammissibilità della revocazione, ma solo la integrazione me

diante la rinnovazione della citazione.

Doveva altresì escludersi che la inammissibilità della impugna zione fosse derivata dalla inosservanza del termine fissato dal

l'ordinanza per la notificazione. Pervero la notificazione nei

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

confronti di Triolo Salvatore era stata eseguita il 14 ottobre 1983, anziché il 20 settembre termine massimo stabilito dall'ordinanza

che aveva disposto la rimozione.

L'inosservanza del termine non era dipesa però da negligenza del Torre — il quale aveva richiesto all'ufficiale giudiziario la

notificazione dell'atto d'integrazione il 19 luglio 1983 e cioè quat tro giorni dopo la comunicazione dell'ordinanza — ma dal fatto

«che il Triolo si era trasferito dal suo domicilio in Varese, che

i due successivi accessi dell'agente postale nell'abitazione del Triolo

in Busto Arsizio non ebbero esito data l'assenza del destinatario;

che, successivamente, l'ufficiale giudiziario di tale città non ave

va potuto eseguire la notifica perché il destinatario era sconosciu

to anche all'anagrafe. L'atto era stato poi notificato a nome della

moglie del Triolo solo il 14 ottobre 1983».

Rilevato quanto sopra e premesso «che il principio della auto

responsabilità, sul quale si fonda la legge processuale civile non

può operare quando non è dato riscontrare alcuna colpa della

parte», la corte concluse che «a fronte della diligente attività spie

gata dal Torre, poteva affermare che lo stesso, per circostanze

non dipendenti dalla sua volontà, venne a trovarsi, data anche

la brevità del termine fissato dall'ordinanza, nella impossibilità di adempiere tempestivamente all'incombente. Tale impossibilità rendeva pertanto inapplicabile la sanzione dell'inammissibilità della

impugnazione». Doveva conseguentemente dichiararsi la contu

macia del Triolo Salvatore e di Triolo Salvatrice, nei confronti

della quale, la notificazione era ritualmente avvenuta il 25 luglio

1985, e nei termini fissati dall'ordinanza.

Esaminato il merito la corte ritenne infondata l'istanza di revo

cazione.

Avverso questa sentenza il Torre ha proposto ricorso per cas

sazione sulla base di un unico motivo. Tutti gli intimati hanno

resistito con controricorso; gli intimati Triolo Salvatore e Salva

trice hanno proposto ricorso incidentale sulla base di due motivi.

Il predetto ricorso e quello, in precedenza citato, contro la sen

tenza del 30 giugno 1982, sono stati fissati per la discussione alla

stessa udienza. Il ricorrente Torre ha depositato memoria e note

di udienza sulle conclusioni del procuratore generale. Motivi della decisione. — (Omissis). Procedendo ora all'esame

del ricorso per cassazione avverso la sentenza già investita dal

ricorso per revocazione, si reputa di esaminare per primo (per evidenti ragioni di priorità logico-giuridica) il secondo motivo con

il quale il Torre denunzia la «violazione degli art. 33 e 12 r.d.l.

22 novembre 1937 n. 2105, art. 6, 7 e 8 1. 25 novembre 1962

n. 1684, anche in ordine alla ritenuta nozione di vecchio centro

abitato in relazione all'art. 360, nn. 3 e 5, c.p.c.». Il ricorrente — premesso di aver sostenuto che l'immobile sor

ge nel vecchio centro abitato della città; che la costruzione era

avvenuta, vigente la legge antisismica del 1937; che in mancanza

di regolamento edilizio (divenuto operante nel 1965) e di piano

regolatore (divenuto operante nel 1978) era applicabile l'art. 33

di detta legge; che pertanto, ai fini delle distanze e spazi d'isola

mento tra costruzioni, non era applicabile l'art. 12 della citata

legge, bensì quelle del codice civile — lamenta che la corte d'ap

pello abbia disatteso le suesposte tesi difensive e deduce, in parti colare: a) la corte d'appello, pur essendo stato provato da un

certificato rilasciato dal competente ufficio del comune che l'edi

ficio era ubicato all'interno del perimetro delimitante il vecchio

centro abitato, ha considerato, in conseguenza di errata compren sione di tale nozione, l'edificio stesso come nuova costruzione, in difetto di prova della preesistenza di un edificio devastato da

movimenti tellurici; b) la corte ha affermato apoditticamente che

non era provata la mancanza, all'epoca della costruzione, di un

regolamento edilizio o di un piano regolatore; in realtà, l'accerta

mento dell'esistenza e della data di operatività — i cui estremi

erano stati peraltro forniti dal Torre — sarebbe spettato al giudi

ce, trattandosi di atti normativi; c) ha affermato che il Torre

non aveva richiesto preventivamente al genio civile le direttive

per la costruzione, non considerando però che «il comune aveva

approvato il progetto nell'aprile 1953 e che la costruzione era

stata eseguita in conformità a tale progetto»; d) il rilievo della

corte di merito secondo cui «lo spazio d'isolamento attualmente

esistente tra il fabbricato del Torre e quello del Triolo sarebbe

insufficiente, data la sua conformazione, anche se potessero rite

nersi applicabili le distanze previste dal codice civile» è illogico. Il Torre infatti «ha, in ogni caso, interesse all'applicazione delle

norme comuni che prevedono un distacco di tre metri, anziché

quello di metri 5,75 prevista dalla legge antisismica».

Il Foro Italiano — 1987.

Il motivo è in complesso fondato. I giudici d'appello hanno

ritenuto applicabile, ai fini delle distanze e degli spazi di isola mento fra costruzioni, l'art. 12 1. 2105 del 1937 (la cui vigenza,

all'epoca in cui fu eseguita la costruzione de qua è pacifica) anzi

ché l'art. 33 disciplinante le costruzioni site nei vecchi centri abi

tati, in base al rilievo che tale ultima norma postula, per la sua

applicabilità, la preesistenza (non provata nella specie) di una co

struzione devastata da un movimento tellurico.

Siffatto argomento è però in contrasto con l'interpretazione data dalla costante giurisprudenza, fondata non solo sull'elemen

to letterale ma anche e soprattutto sulla ratio della norma in esa

me (e di quella di cui all'art. 17 1. 25 novembre 1962 n. 1684

attualmente vigente). È ben vero che l'elemento caratterizzante il «vecchio centro

abitato» considerato sia dall'abrogato art. 33 che dall'art. 17 ora

vigente, è costituito dalla presenza di «nuclei urbanistici scampati alla devastazione dei movimenti tellurici» (non sarebbe invero qua lificabile vecchio centro abitato quello totalmente distrutto), ma

ciò non comporta che la disciplina speciale prevista dalla norma

sia applicabile soltanto agli edifici costruiti su aree già edificate, le costruzioni sorgenti sulle quali furono distrutte dal ter

remoto.

E decisiva al riguardo la considerazione che nella norma, sono

adoperati i termini, «ricostruzioni» e «nuove costruzioni».

L'uso della seconda espressione non avrebbe infatti senso, se

la disciplina riguardasse soltanto le costruzioni eseguite su aree

già coperte da edifici distrutti, sicché deve ritenersi che esso si

riferisca anche alle costruzioni eseguite su aree (ovviamente com

prese nel perimetro del vecchio centro) precedentemente non edi

ficate.

Ma a siffatto convincimento si previene anche con riguardo alla ratio della norma (sia l'art. 33 che il 17) vale a dire (come ribadito di recente dalla sentenza 26 agosto 1985, n. 4736 (Foro

it., Rep. 1985, voce Edilizia e urbanistica, n. 426) l'esigenza (non sussistente per le zone omogenee destinate ad espansione residen

ziale, economica popolare industriale caratterizzate da vastità di

aree e nelle quali è possibile disporre in modo uniforme distanze

tra fabbricati, spazi di isolamento limitazioni alla altezza di edifi

ci, ecc.) di fissare per le costruzioni o ricostruzioni nell'interno

di centri abitati non totalmente distrutti da precedenti terremoti, una disciplina più flessibile atta a consentire l'utilizzazione delle

scarse aree disponibili ivi comprese quelle precedentemente non

edificate. Per quanto riguarda il rilievo concernente la mancata prova

della inesistenza di regolamento edilizio o di piano regolatore e

all'epoca della esecuzione della costruzione è d'uopo osservare — tanto più che l'odierno ricorrente aveva indicato la data di

entrata in vigore degli stessi — che i giudici di merito avrebbero

dovuto accertare ex officio (essendo il principio iura novit curia

applicabile anche agli atti normativi secondari) l'esistenza o me

no di detti strumenti urbanistici.

Deve infine ritenersi giuridicamente erroneo l'apprezzamento secondo cui l'art. 33 non sarebbe applicabile nella specie, non

essendo mai richieste dal Torre al genio civile le direttive ri

guardanti «gli allineamenti, le larghezze, le larghezze stradali,

gli intervalli di isolamento e le altezze», cosi come richiesto

dall'art. 33. Invero «le direttive che il genio civile competente doveva inpartire» secondo la norma citata postulavano la ri

chiesta da parte del comune e riguardavano direttamente l'inte

ro vecchio centro abitato e non già le singole costruzioni (il cui progetto di costruzione avrebbe dovuto, beninteso, unifor

marsi ai criteri nelle direttive stesse indicati). Tuttavia la manca

ta richiesta delle direttive stesse o la mancata emanazione di

esse da parte del genio civile, non comportano l'assoggettabilità delle costruzioni stesse alle prescrizioni contenute nell'art. 12

della stessa legge e riguardante le costruzioni realizzate nelle

altre zone del comune, ma comportavano, al contrario, per

quanto concerneva le distanze fra costruzioni, l'applicabilità delle norme del codice civile. Tale principio (condiviso da que sto collegio) è stato enunciato di recente dalla sentenza 26

agosto 1985, n. 4535, ibid., n. 415) la quale ha affermato

che nel caso d'inerzia degli organi amministrativi (genio civile

secondo l'art. 33) nell'impartire le direttive, indicate nella nor

ma, e, in mancanza di norme di piani regolatori o di regola menti edilizi, debbono applicarsi, in tema di distanza fra gli

edifici, le disposizioni generali del codice civile. Accolto il motivo, la sentenza va cassata sul punto, restando

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Page 5: sezione II civile; sentenza 11 febbraio 1987, n. 1487; Pres. Sagnelli, Est. Anglani, P. M. Minetti (concl. diff.); Torre (Avv. Mancuso) c. Triolo e altri (Avv. Siracusa). Cassa App.

1451 PARTE PRIMA 1452

assorbiti il primo motivo, con il quale i ricorrenti avevano denun

ziato la ritenuta nullità, per contrasto con la norma imperativa, di cui all'art. 12 1. 2105 del 1937 degli accordi transattivi conclusi

tra le parti relativamente alle distanze della costruzione del Torre

da quella del Triolo, ed il terzo motivo proposto in subordine

al rigetto dei primi due, e con il quale il Torre ha denunziato

l'erroneità del rigetto dell'istanza di costruzione di un manufatto

tra i due edifici, ai sensi dell'art. 12, 8° comma, 1. 2105 del 1937,

per l'eliminazione dell'intercapedine tra gli edifici stessi.

Il giudice di rinvio, che si reputa di designare nella Corte d'ap

pello di Palermo, procederà a nuovo esame, accertando nel ri

spetto dei principi di diritto sopra enunciati, se vi sia stata

violazione delle distanze legali nella realizzazione della costruzio

ne del Torre.

CORTE DI CASSAZIONE; sezione II civile; sentenza 26 gen naio 1987, n. 706; Pres. Carotenuto, Est. Rotunno, P. M.

Paolucci (conci, conf.); De Simone (Avv. Ruggiero) c. De

Simone (Avv. Ricciardelli). Conferma App. Napoli 5 maggio 1982.

Edilizia e urbanistica — Regolamento comunale — Decreto inter

ministeriale approvativo — Modifiche — Fattispecie (Cod. civ., art. 871).

Procedimento civile — Controversia — Domanda riconvenziona

le — Eccezione — Qualificazione — Fattispecie di distanze le

gali (Cod. civ., art. 871, 872, 873, 874, 875, 877; cod. proc.

civ., art. 36, 167, 277, 345). Sentenza civile — Pronuncia di condanna — Sentenza condizio

nale — Compatibilità (Cod. proc. civ., art. 36, 278, 282).

Costituiscono normativa vigente, pur non essendo ancora inserite

nel testo unico, le modifiche prescritte, per una disposizione del regolamento edilizio comunale, dal decreto interministeriale

approvativo di tale regolamento, qualora esista la delibera del

la giunta comunale che stabilisce il coordinamento in un testo

unico delle norme regolamentari originarie con le modifiche ed aggiunte prescritte dal decreto interministeriale. (1)

Nel giudizio proposto contro chi ha edificato a distanza non lega le o non regolamentare, mentre deve essere qualificata ricon

venzionale la domanda presentata dal convenuto per il

riconoscimento del proprio diritto a far avanzare il proprio fab bricato fino ad ottenere la comunione del muro del vicino (po sto sul confine o a distanza minore di quella prescritta); nonché

la domanda diretta all'acquisizione del suolo da occupare con

la nuova fabbrica, dietro pagamento del relativo valore, ai fini della costruzione in aderenza o in appoggio; si ha, invece, ecce

zione (come tale proponibile al di là dei limiti temporali posti dall'art. 167 c.p.c.) qualora il convenuto faccia valere il sem

plice diritto di estendere la sua costruzione, sino a farla aderire

con quella del vicino sorgente sul confine. (2)

(1) Sulla questione non constano precedenti. (2) La giurisprudenza della Corte suprema è stata oscillante nel senso

di qualificare talora come eccezione (sent. 7 aprile 1972, n. 1058, Foro it., Rep. 1972, voce Procedimento civile, n. 163; 7 gennaio 1978, n. 163, id., Rep. 1978, voce Appello civile, n. 43; 5 aprile 1982, n. 2088, id., Rep. 1982, voce Distanze legali, n. 19) e talaltra come domanda (sent. 5 maggio 1965, n. 806, id., Rep. 1965, voce Confini, n. 8; 15 ottobre 1983, n. 6060, id., Rep. 1983, voce Procedimento civile, n. 144; 8 agosto 1985, n. 4395, id., Rep. 1985, voce Appello civile, n. 33) la deduzione del convenuto intesa al riconoscimento del suo diritto di far avanzare il proprio fabbricato sino a farlo aderire con quello del vicino, che ne abbia chiesto l'arretramento o la demoli zione a causa dell'edificazione a distanza non legale o non regolamenta re. La pronuncia in epigrafe, in considerazione del fatto che la prospettata deduzione del convenuto era esclusivamente diretta a fargli riconoscere la facoltà di apportare una modifica nell'ambito della propria sfera

giuridica, con l'effetto di impedire, se esercitata, l'attuazione della

pretesa contraria, ha qualificato tale deduzione come eccezione (ricon venzionale). Cosi operando, è stato applicato quanto statuito da Cass. 6 giugno 1983, n. 3843, id., Rep. 1983, voce Procedimento

Il Foro Italiano — 1987.

Le pronunzie di condanna non sono concettualmente incompati bili con la struttura delle sentenze condizionali: in omaggio al

criterio dell'economia dei giudizi, al verificarsi di una situazio

ne preventivamente ipotizzata, l'efficacia della pronuncia di con

danna, dopo essere stata differita, è destinata a venir meno. (3)

Svolgimento del processo. — Con citazione 10 dicembre 1971,

Alfonso, Filomena, Anna, Catello e Vincenzo De Simone conve

nivano davanti al Tribunale di Napoli la sorella Anna, esponen do che la stessa, proprietaria di un suolo in Castellammare di

Stabia al confine con loro beni, vi aveva edificato una palazzina senza rispettare la prescritta distanza dalle preesistenti loro co

struzioni; chiedevano pertanto che le opere eseguite abusivamente

fossero riportate nei «limiti e termini di legge». La convenuta negava di aver violato le norme regolatrici delle

distanze fra costruzioni e proponeva domanda riconvenzionale,

per la rimozione di un manufatto edificato dagli attori sul viale

comune di accesso alle rispettive proprietà; nel corso istruttorio

chiedeva poi, in subordine, che le «venisse imposto di portare sul confine la sua costruzione» e che, solo in caso di inosservanza

di tale precetto, venisse disposto l'abbattimento.

L'adito tribunale, con sentenza 7 febbraio 1979, accoglieva la

domanda degli attori, condannando la convenuta «ad arretrare

il suo fabbricato fino a dodici metri da quello degli attori», in

applicazione della norma del regolamento edilizio comunale all'e

poca vigente, che all'art. 13, per la zona A/F in cui ricadono

i beni in oggetto, prevede la distanza di dodici metri tra le costru

zioni non unite o aderenti; accoglieva altresì la domanda ricon

venzionale proposta dalla convenuta con la comparsa di

costituzione, condannando gli attori a rimuovere il manufatto co

struito sul viale comune; rigettava invece la «domanda riconven

zionale» proposta dalla stessa convenuta in subordine nel corso

dell'istruzione.

In seguito alle impugnazioni proposte avverso tale pronunzia, la Corte d'appello di Napoli, con sentenza 5 maggio 1982, riget tava l'appello principale dei fratelli De Simone, concernente la

condanna a rimuovere il manufatto costruito sul suolo comune,

e, in parziale accoglimento dell'appello incidentale di Anna De

Simone, condannava la stessa, in base all'istanza da lei proposta nel giudizio di primo grado all'udienza del 29 novembre 1973

e qualificata diversamente dai primi giudici come eccezione, ad

arretrare il suo fabbricato di dodici metri rispetto alle due costru

zioni dei fratelli, concedendole tuttavia la possibilità di evitare

l'arretramento rispetto alla costruzione rustica facendo aderire la

sua fabbrica al muro cieco della medesima.

Riteneva in particolare che il regolamento edilizio di Castel

lammare di Stabia, adottato con deliberazione consiliare 7 aprile 1959 n. 85 ed approvato con decreto interministeriale 18 marzo

1960 n. 7212 condizionatamente all'introduzione di modifiche, era poi divenuto efficace ed operante con l'accoglimento delle

modifiche stesse nella delibera della giunta municipale 22 giugno 1960 n. 1444, relativa al coordinamento delle norme edilizie co

civile, n. 135, in cui si traccia la distinzione tra domanda riconvenzionale ed eccezione: ricorre l'ipotesi della domanda riconvenzionale quando il

convenuto, traendo occasione dalla domanda contro di lui proposta, op ponga una controdomanda e cioè chieda un provvedimento positivo sfa vorevole all'attore che va oltre il rigetto della domanda principale; resta, invece, nell'ambito dell'eccezione l'istanza del convenuto diretta a far va lere un suo diritto al solo scopo di escludere l'efficacia dei fatti o titoli dedotti dall'attore, ossia al fine di ottenere il rigetto della domanda; sul

punto v. anche Cass. 10 gennaio 1981, n. 246, id., 1981, I, 1640, con note di richiami e osservazioni di L. Lotti.

(3) Il principio enunciato appartiene ad un affermato indirizzo giuris prudenziale della Corte suprema: sent. 2 luglio 1955, n. 2041, Foro it., Rep. 1955, voce Sentenza civile, n. 25; 18 febbraio 1972, n. 434, id., Rep. 1972, voce cit., n. 211; 9 agosto 1973, n. 2316, id., 1974, I, 1480; 27 novembre 1979, n. 6239, id., Rep. 1980, voce Esecuzione forzata in

genere, n. 10. Tale indirizzo riconosce che il nostro ordinamento ammet te la sentenza condizionata quando l'evento futuro e incerto, cui viene subordinata l'efficacia della sentenza, costituisce elemento accidentale della decisione, cosi formulata per economia di giudizio e per evitare ulteriori accertamenti di merito, con conseguenti maggiori spese per le parti in causa.

In dottrina sulle sentenze condizionali, v. F. Vassalli, La sentenza con dizionale, Roma, 1918; Carnelutti, La sentenza condizionale, in Studi di diritto processuale (I), Padova, 1925, 293 ss.; Calvosa, La sentenza condizionale, Roma, 1948; Carnelutti, Istituzioni del processo civile ita liano, 5a ed., Roma, 1956, I, n. 359.

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