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Sezione II civile; sentenza 11 marzo 1960, n. 472; Pres. Serra, Est. Danzi, P. M. Maccarone (concl....

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Sezione II civile; sentenza 11 marzo 1960, n. 472; Pres. Serra, Est. Danzi, P. M. Maccarone (concl. conf.); Avanzo (Avv. Feliciani, Padovani) c. Ente colonizzazione Delta padano Source: Il Foro Italiano, Vol. 83, No. 7 (1960), pp. 1153/1154-1155/1156 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23151838 . Accessed: 28/06/2014 15:46 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 193.142.30.81 on Sat, 28 Jun 2014 15:46:46 PM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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Sezione II civile; sentenza 11 marzo 1960, n. 472; Pres. Serra, Est. Danzi, P. M. Maccarone(concl. conf.); Avanzo (Avv. Feliciani, Padovani) c. Ente colonizzazione Delta padanoSource: Il Foro Italiano, Vol. 83, No. 7 (1960), pp. 1153/1154-1155/1156Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23151838 .

Accessed: 28/06/2014 15:46

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1153 GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE 1154

determina la improponibilità dell'azione e quindi il difetto

di giurisdizione dell'autorità giudiziaria, la quale, avendo

carattere pregiudiziale rispetto ad ogni altra questione di

rito o di merito, deve essere esaminata con precedenza sulle

restanti doglianze dedotte nel ricorso.

Ciò premesso, deve riconoscersi che la censura contenuta

nel secondo motivo è fondata.

Perchè, infatti, possa derogarsi al precetto del solve

nione che la regola tributaria in questione, costituendo un osta colo all'esame della domanda da parte del giudice ordinario, competente a decidere per ragioni di materia, si sostanzi in una vera e propria eccezione processuale, da proporsi dalla parte titolare del relativo interesse, ossia dalla pubblica Amministra zione.

3. — Questa tesi, del resto, può trovare argomenti di con forto nelle stesse affermazioni della giurisprudenza, in ordine alla questione dei limiti soggettivi di applicazione del solve et

repete, il che forma oggetto dell'altro punto della decisione qui preso in considerazione. La sentenza annotata, a questi fini, ha

appunto affermato che « perchè si possa derogare al principio del solve et repete, occorre che l'infondatezza della pretesa fiscale

risulti, prima facie, manifesta, o per la mancanza di un titolo formalmente valido, o per la mancanza della qualità di debi tore in chi assume di non essere tenuto al tributo ».

In verità, se si riguardasse il problema sotto un profilo strettamente formale, si potrebbe essere indotti a concludere che la regola in esame risulti sempre impeditiva di ogni e qualsiasi accertamento, sulla effettiva sussistenza della pretesa d'imposta, che, pertanto, dovrebbe essere ritenuta operativa sulla base della

semplice affermazione dell'autorità finanziaria. Ma l'applica zione rigorosa del principio ha trovato una ragionevole misura di

attenuazione, nel costante insegnamento della Suprema corte, per quei casi in cui risulti di immediata evidenza l'insussistenza della ragione di credito. Il temperamento adottato in materia dalla giurisprudenza appare indubbiamente aderente alla ratio

dell'istituto, in quanto scopo sostanziale della norma è di as

soggettare il contribuente ad un ulteriore mezzo di coercizione

e, al tempo stesso, di garantire la tempestiva soddisfazione del

l'obbligazione tributaria, e non certo di costituire un formale motivo di riscossione di imposte palesamente non dovute.

Questo indirizzo giurisprudenziale, però, viene a rappresen tare un notevole punto di appoggio per la tesi già sopra avanzata, in ordine alla rilevanza processuale della regola in discussione, e ciò per le ragioni che seguono. La possibilità di ritenere ino

perante il principio del solve et repete può logicamente discendere soltanto dal presupposto che lo stesso principio influisca sul pro cesso unicamente come eccezione, di modo che la relativa que stione possa essere oggetto di semplice delibazione negativa, sulla base degli atti iniziali di causa. In siffatti termini, il giu dice, ritenendo inoperante il solve et repete, accoglie la domanda del privato e, di conseguenza, emette una sentenza di accerta mento negativo in ordine alla pretesa tributaria, risolvendo così direttamente nel merito la controversia.

Volendosi invece far derivare dalla regola in esame il cosid detto difetto temporaneo di giurisdizione dell'autorità giudiziaria — così come la consolidata giurisprudenza della Suprema corte — non sembrerebbe ritualmente possibile entrare comunque nel merito della controversia, sia pure nei soli termini anzidetti.

Questo argomento, quindi, sembra offrire una valida conferma alla tesi così tenacemente avversata dalla giurisprudenza della Su

prema corte. Circa il problema dei limiti soggettivi di applicazione della

regola del solve et repete, la decisione che si annota risulta, per altro, precisa ed ineccepibile. Invero, sia che trattisi di risolvere la questione in punto di diritto — ad es. quando la. persona as

soggettata al tributo non rientri nella categoria del debitori

d'imposta — sia in punto di fatto — ad es. il classico caso di uno scambio di persona, per semplice omonimia — occorre sempre che la soluzione della controversia si' presenti prima facie di tutta

evidenza, senza che si renda necessario, per raggiungerla, l'esame di complesse e controverse questioni, sia pure di solo diritto. Il punto della decisione, insomma, deve in concreto limitarsi ad una semplice ed immediata constatazione dell'infondatezza della pretesa tributaria, come soluzione affiorante in superficie dagli atti iniziali di causa. Se, a questi fini, si ammettesse anche un esame in profondità della controversia, il principio del solve et repete verrebbe ad essere praticamente sovvertito.

Sotto quest'ultimo profilo, quindi, la decisione annotata non può che trovare incondizionata adesione.

Dott. Vincenzo Abchidiacono

et repete, occorre che l'infondatezza della pretesa fiscale risulti 'primo, facie manifesta, o per la mancanza di un titolo formalmente valido, o per la mancanza della qualità di

debitore in clii oppone di non essere tenuto al tributo. Non

ricorre, pertanto, tale condizione, non solo quando alla riso

luzione della controversia si debba giungere mediante assunzione d'istruttoria, non ancora acquisita alla causa, ma anche se a detta risoluzione si debba giungere attra

verso una indagine interpretativa della norma di legge, che dimostri l'esistenza di questioni tuttora controverse in dottrina e in giurisprudenza.

Nella specie, l'impugnativa spiegata dall'opponente, contro l'atto d'ingiunzione emesso il 17 settembre 1955

dall'Ufficio tassa d'occupazione di stiolo pubblico del Comune di Peschiera Borromeo, implicava, anzitutto, come risulta

dal primo motivo di ricorso, la questione della legittimazione

passiva del convenuto Arneri, dovendosi decidere se l'op

posizione doveva essere proposta., come sostiene il ricorrente, nei confronti del Capo ufficio, o contabile, della tassa, ovvero dell'Amen soltanto, che gestisce in appalto la riscos

sione della imposta, e che nel testo della ingiunzione si era

qualificato gestore in appalto, mentre nella notifica veniva

indicato quale titolare dell'ufficio medesimo.

Successivamente doveva essere esaminata la 'ceri nata

questione, se, in materia di tassa di occupazionej'di suolo

pubblico, si possa procedere per ingiunzione, per la riso

luzione della quale, come dimostra l'elaborazione del pro blema da parte della giurisprudenza della Corte suprema (sent. 2 ottobre 1954, n. 3198, Foro it., 1955, I, 1349 ; 24 aprile 1957, n. 1396, id., 1958, I, 244 ; 13 ottobre 1958, n. 3256, id., Eep. 1953, voce Tasse com., nn. 63, 118) era

necessaria una indagine critica degli art. 276 e 277 t. u.

d,ella finanza locale, in relazione agli art. 48, 50 e 258 dello stesso t. u., che non poteva esaurirsi nella semplice lettura

e interpretazione letterale di dette norme.

Nè qui poteva arrestarsi l'indagine del Giudice di merlo, sostenendosi dall'opponente che non poteva emettersi l'in

giunzione, dato che, nella fase di accertamento, era stata

seguita la procedura dei ruoli : il che implicava anche una

indagine di fatto trascurata dalla Corte di appello. È adunque un complesso di numerose questioni sulle

quali il Giudice di merito era chiamato a pronunciarsi, e

che non erano certo di pronta e facile soluzione, il che trova, del resto, ulteriore, per quanto superflua, conferma nella

stessa mole e contenuto del ricorso, col quale l'Arneri è

pervenuto a quella che doveva essere secondo il suo avviso, la risoluzione della controversia.

Il secondo motivo del ricorso, concernente l'osservanza

del solve et repete deve essere, pertanto, accolto, dichiaran

dosi il difetto di giurisdizione del giudice ordinario a cono

scere della opposizione spiegata dalla Zerbi avverso il

decreto ingiuntivo 17 settembre 1955 dell'Ufficio tassa del

Comune di Peschiera Borromeo.

Per questi motivi, cassa senza rinvio, ecc.

CORTE SOPRPMA DI CASSAZIONE.

Sezione II civile; sentenza 11 marzo 1960, n. 472; Pre

Serra, Est. Danzi, P. M. Maccarone (conci, conf.

Avanzo (Avv. Feliciani, Padovani) c. Ente col

nizzazione Delta padano.

(Regolamento di competenza avverso Trib. acque Venezia 29 di

cembre 1958)

Competenza e ifiiirisdizionc in materia eivilc —

Ke<|ulamento <li competenza — Sentenza clic

abbia deciso sulla competenza e sul merito

Istanza <1 i regolamento per la competenza e appello

per il merito — Ammissibilità — Sospensione del «/indizio d'appello — Applicabilità del prin

cipio alle sentenze d'appello (Coti. proo. civ., art.

43, 48).

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1155 PARTE PRIMA 1156

Ove la sentenza abbia pronunciato sulla competenza insieme col merito, la parte può proporre contemporaneamente ap pello limitatamente al merito e ricorso per regolamento di

competenza in relazione alla competenza, e in tal caso il

giudizio di appello resta sospeso fino alla comunica

zione della sentenza resa in sede di regolamento. (1) Tale principio è applicabile anche nell'ipotesi di concorso

delle due impugnative contro una sentenza pronunciata in grado di appello. (2)

La Corte, ecc. —- L'eccezione di inammissibilità della istanza di regolamento di competenza, sollevata da tutte

le parti resistenti sotto il profilo clie l'Avanzo ha proposto contemporaneamente contro la medesima sentenza ricorso

ordinario sul merito della decisione del Tribunale regionale di Venezia, non appare giuridicamente fondata e deve

quindi essere disattesa. A sostegno di tale eccezionej vengono dedotti tre argo

menti. Si fa, anzitutto, richiamo all'art.. 43 del codice di rito, secondo il quale la sentenza che abbia pronunciato sulla

competenza insieme col merito può essere impugnata con l'istanza di regolamento di competenza, oppure nei

modi ordinari, quando, insieme con la pronuncia sulla

competenza, si impugna quella sul merito. Si osserva

poi che, se il regolamento di competenza è ammissibile

quando sia proposto separatamente, e prima dell'impugna tiva ordinaria che rimarrà nel frattempo sospesa, ciò avviene soltanto allorché il regolamento e la successiva impugnativa ordinaria siano stati proposti contro una sentenza di primo grado. Si rileva infine che, nell'ipotesi di proposizione contemporanea dell'istanza di regolamento e del ricorso

ordinario, il regolamento diviene manifestamente incom

patibile con il gravame di merito, stante l'alternativa

prevista dal già ricordato art. 43, il quale si ispira al duplice

principio dell'economia dei giudizi e della consumazione

dell'impugnativa. Nessuno di tali argomenti corrisponde ad un'esatta

interpretazione della legge processuale. È infatti agevole rispondere che il rapporto di alterna

tività esslusiva, stabilito dall'art. 43 tra istanza di regola mento e ricorso ordinario riposa sull'ovvio presupposto che vi sia coincidenza tra il primo ed il secondo, per ciò che attiene all'impugnativa della pronuncia sulla com

petenza. Non potrebbe infatti consentirsi alla stessa parte di sollevare davanti al medesimo giudice l'identica questione servendosi di due diversi mezzi di impugnativa. Nell'ipotesi in cui si verifichi tale concorso, la soluzione adottata dallo art. 43, di precludere cioè l'istanza di regolamento a chi abbia proposto l'impugnativa ordinaria tanto per la com

petenza che per il merito, risponde perfettamente alla

esigenza pratica di dare la prevalenza al mezzo che permette il riesame completo della controversia seguendo il criterio della economia processuale. Deve tuttavia avvertirsi che, anche in questa ipotesi, non si determina un'incompatibilità assoluta tra regolamento ed impugnativa ordinaria giacché, a norma del 2° comma dello stesso articolo, la propo sizione dell'impugnazione ordinaria non toglie alle altre

parti la facoltà di proporre l'istanza di regolamento, con

(1) Vedi in senso conforme Cass. 6 maggio 1955, n. 1296, Foro it., Rep. 1955, voce Competenza civ., n. 461 ; 24 luglio 1953, n. 2511, id., Rep. 1953, voce cit., nn. 504, 505 ; 12 gennaio 1951, n. 72, id., Rep. 1951, voce cit. n. 461. La massima poggia sul principio che l'art. 43 cod. proc. civ. limita il rapporto di preclusione alternativa tra il regolamento e l'impugnativa ordinaria al solo caso che la stessa parte sollevi con impugna tiva ordinaria la questione di competenza accanto alle questioni di merito.

(2) Non si rinvengono precedenti giurisprudenziali in ter mini.

In ordine al principio che anche la sentenza in grado d'appello, che abbia statuito soltanto sulla competenza, è impugnabile esclusivamente con istanza di regolamento di competenza, vedi Cass. 30 dicembre 1958, n. 3962, Foro it., Rep. 1958, voce Com petenza civ., n. 478 ; 21 ottobre 1957, n. 4009, id., Rep. 1957, voce cit., n. 346.

conseguente sospensione del processo di impugnazione ordinaria (art. 48). Detto questo, appare subito evidente che l'art. 43 limita il rapporto di preclusione alternativa

al solo caso che la stessa parte sollevi con impugnativa ordinaria la questione di competenza accanto alle questioni di merito, che la ratio invocata per giustificare tale disposi zione non sarebbe più valida nell'ipotesi di concorso tra

regolamento e impugnativa ordinaria, che abbia per oggetto le sole questioni di merito, quando cioè la diversità del mezzo

trova piena rispondenza in quella, veramente essenziale

dei suo contenuto e, quindi, dei suoi effetti. L'estendere

la preclusione anche a questa distinta figura di concorso

non sarebbe consono ad un corretto criterio interpretativo dall'art. 43. non ravvisandosi alcun inconveniente, nè

teorico nè pratico, nel consentire alla parte interessata di servirsi contemporaneamente dell'istanza di regolamento, onde ottenere una più sollecita e definitiva decisione della

questione di competenza, e dell'impugnativa ordinaria

per il riesame del merito. In questo caso, come già è stato

ritenuto dalla Suprema corte, pur con riferimento alla

impugnativa di sentenze di primo grado, il concorso dei due mezzi non determina affatto la inammissibilità del

regolamento ma, a norma del combinato disposto degli art. 43 e 48 del codice di rito, ha come sola conseguenza la sospensione del giudizio di appello fino alla comunica

zione della sentenza pronunziata in sede di regolamento, dato che questa potrebbe rendere superfluo il riesame

del mezzo.

I resistenti obiettano a questo riguardo (secondo argo mento) che siffatto indirizzo giurisprudenziale non sarebbe

invocabile nel caso attua'e, che si riferisce al concorso

delle due impugnative contro una sentenza pronunciata in grado di appello.

Ma, da tale diversità di situazione processuale non

può derivare, come vorrebbero i resistenti, alcuna pre clusione dell'istanza di regolamento. Non sembra infatti lecito dubitare della proponibilità dell'istanza di regolamento anche contro le sentenze d'appello, dal momento che, tanto l'art. 42 a proposito del regolamento necessario,

quanto l'art. 43 in tema di regolamento facoltativo, non

autorizzano di fare distinzione tra sentenze di primo e di

secondo grado. Basta considerare a questo riguardo che il solo rimedio

ammissibile contro una sentenza di appello, che abbia escluso

la competenza ritenuta dal giudice di primo grado, è ap

punto quello del regolamento, e che l'art. 43 contrappone l'istanza di regolamento all'impugnativa ordinaria e non

al solo appello. Se, pertanto, tale regolamento può essere

richiesto anche per le sentenze di appello, l'ipotesi di eventuale

concorso dei due mezzi davanti alla Corte suprema può dar luogo alla incompatibilità prospettata dai resistenti

(terzo argomento) solo nel medesimo caso che giustificherebbe la preclusione del regolamento contro una sentenza di

primogrado,la quale sia stata investita contemporaneamente di appello, tanto per la questione di competenza, quanto per

quella di merito. Occorrerebbe cioè che il ricorso ordinario sollevasse anche la questione di competenza mentre, ove

questo non si verifichi, come avviene appunto nella fatti

specie in contenstazione, il concorso dei due mezzi non può portare ad altra conseguenza che non sia quella, suggerita da evidenti considerazioni di ordine pratico, di determinare la sospensione del ricorso ordinario fino alla decisione della istanza di regolamento, ovvero la concentrazione di entrambi

i gravami nella camera di consiglio della medesima udienza

onde consentire, se venga accolta l'istanza di regolamento, l'eventuale declaratoria di inammissibilità del ricorso ordi

nario. (Omissis) Per questi motivi, ecc.

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