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sezione II civile; sentenza 16 febbraio 1996, n. 1202; Pres. Maestripieri, Est. V. Carnevale, P.M....

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sezione II civile; sentenza 16 febbraio 1996, n. 1202; Pres. Maestripieri, Est. V. Carnevale, P.M. Maccarone (concl. diff.); Lombardi (Avv. Perrotta) c. Sellitto (Avv. Titomanlio). Conferma App. Napoli 27 aprile 1993 Source: Il Foro Italiano, Vol. 119, No. 9 (SETTEMBRE 1996), pp. 2827/2828-2829/2830 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23191595 . Accessed: 28/06/2014 15:28 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 193.142.30.37 on Sat, 28 Jun 2014 15:28:03 PM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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sezione II civile; sentenza 16 febbraio 1996, n. 1202; Pres. Maestripieri, Est. V. Carnevale, P.M.Maccarone (concl. diff.); Lombardi (Avv. Perrotta) c. Sellitto (Avv. Titomanlio). Conferma App.Napoli 27 aprile 1993Source: Il Foro Italiano, Vol. 119, No. 9 (SETTEMBRE 1996), pp. 2827/2828-2829/2830Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23191595 .

Accessed: 28/06/2014 15:28

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2827 PARTE PRIMA 2828

comma, 1. n. 168 del 1982, era sufficiente che l'acquirente aves

se dichiarato di voler adibire l'immobile acquistato a propria abitazione. Ed ha, invece, escluso la necessità che l'immobile

fosse ubicato nel comune di residenza o in quello in cui l'acqui rente svolgeva la propria attività lavorativa, ritenendo che la

fattispecie normativa era volta a favorire anche coloro che in

tendevano trasferirsi in località diverse, e che non c'era, perciò,

ragione di limitare le agevolazioni alle persone che, già residenti

in un comune, ivi desiderassero acquistare una casa di abitazione.

A tale risultato la sentenza cit. è pervenuta sulla base di due

considerazioni: il tenore della disposizione applicata (secondo cui il compratore era tenuto a dichiarare di voler adibire l'im

mobile acquistato a propria abitazione), dal quale in nessun modo

emergeva l'intento che l'acquisto dovesse essere limitato al co

mune di residenza o a quello di attività prevalente; la diversa

formulazione usata, invece, in tema di norme fiscali per l'edili

zia abitativa, dal d.l. 7 febbraio 1985 n. 12, convertito con mo

dificazioni nella 1. 5 aprile 1985 n. 118, che, per regolare lo

stesso problema, ha posto, invece, come condizione, che l'im

mobile acquistato sia ubicato nel comune ove l'acquirente ha

la propria residenza (...). Il collegio condivide l'indirizzo giurisprudenziale richiamato,

osservando, a conforto della linea argomentativa seguita dalla

corte, che il legislatore nella normazione successiva della mate

ria, non ha mostrato un atteggiamento univoco (cfr., ad es., art. 3, 2° comma, 1. 31 dicembre 1991 n. 415, che fissava come

condizione per conseguire le agevolazioni fiscali di non possede re nel territorio dello Stato altri fabbricati), così giustificando diversità di soluzioni interpretative, correlate alla difformità delle

fattispecie normative.

In conclusione, alla stregua delle considerazioni che precedo no, il ricorso non può essere accolto.

CORTE DI CASSAZIONE; sezione II civile; sentenza 16 feb

braio 1996, n. 1202; Pres. Maestripieri, Est. V. Carnevale, P.M. Maccarone (conci, diff.); Lombardi (Avv. Perrotta) c. Sellitto (Aw. Titomanlio). Conferma App. Napoli 27 aprile 1993.

Notificazione e comunicazione di atti civili — Notificazione a

militare presso il domicilio a mezzo del servizio postale —

Consegna del plico a mani proprie — Validità (Cod. proc. civ., art. 146, 149; d.p.r. 29 maggio 1982 n. 655, approvazio ne del regolamento di esecuzione dei libri I e II del codice

postale e delle telecomunicazioni).

La notificazione al militare in attività di servizio può essere ese

guita anche a mezzo del servizio postale, presso il domicilio del militare stesso, e, qualora il plico sia consegnato nelle mani proprie del destinatario, non è necessaria la consegna di una copia dell'atto al pubblico ministero, affinché ne curi l'invio al comandante del corpo cui il militare appartiene. (1)

(1) Non constano precedenti specifici. Secondo Cass. 14 maggio 1983, n. 3316, Foro it., Rep. 1983, voce

Notificazione civile, n. 38, e 19 aprile 1974, n. 1090, id., Rep. 1974, voce cit., n. 25, allorché la notificazione non sia eseguita nelle mani

proprie del militare, la mancata consegna di una copia al p.m., ai sensi

degli art. 146 c.p.c. e 49 disp. att., determina la nullità della notifica zione. La prima di tali decisioni precisa, inoltre, che non rileva la di stinzione fra militari di carriera e militari in servizio di leva o richiamati alle armi, e che la nullità sussiste indipendentemente dalla conoscenza che di tale stato abbia potuto avere colui che ha richiesto la notifica. Conf., su quest'ultimo punto, App. Roma 31 marzo 1958, id., Rep. 1958, voce cit., n. 30, e Cass. 18 dicembre 1946, n. 1381, id., Rep. 1946, voce cit., nn. 15-17. Nel senso, peraltro, che la notifica eseguita nel domicilio risultante dagli atti processuali sia valida qualora da essi non risulti la qualità di militare in servizio del destinatario, cfr. App. Trieste 12 aprile 1963, id., Rep. 1965, voce cit., n. 7.

Il Foro Italiano — 1996.

Motivi della decisione. — Con il primo motivo — in relazio

ne all'art. 360, nn. 3 e 4 c.p.c. — il ricorrente deduce la viola

zione di norme di diritto: dell'art. 146 c.p.c., del d.p.r. 29 mag

gio 1982 n. 655, delle leggi che regolano la notifica degli atti

a militari in attività di servizio, degli art. 137 ss. c.p.c. Sostiene che, per la notifica al militare in attività di servizio

(quale è il ricorrente), ex art. 146 c.p.c., non è prevista la noti

ficazione a mezzo del servizio postale; che dal d.p.r. 29 maggio 1982 n. 655 è prevista la possibilità della notifica a mezzo posta del plico postale inviato in caserma con consegna a mani pro

prie del destinatario; che pertanto deve ritenersi nulla e addirit

tura inesistente la notificazione, della citazione introduttiva del

giudizio di primo grado, avvenuta a mezzo posta con invio del

plico al domicilio del destinatario e non alla caserma ove il mili

tare prestava servizio.

Il ricorrente ripropone in questa sede la questione proposta con il primo motivo di appello.

Il motivo non è fondato. Va subito qui rilevato che, per la

questione che qui interessa, nessuna rilevanza ha il d.p.r. 1982

n. 655, che non può evidentemente modificare le norme del co

dice di rito. A norma dell'art. 146 c.p.c. se il destinatario è militare in

attività di servizio e la notificazione non è eseguita in mani pro

prie, osservate le disposizioni di cui agli art. 139 ss., si consegna una copia al pubblico ministero, che ne cura l'invio al coman

dante del corpo al quale il militare appartiene. Va rilevato che la notificazione a mani proprie è fra le varie

forme quella che meglio garantisce che l'atto sia giunto a cogni zione del destinatario: risulta inequivocabile dall'art. 138 c.p.c.; lo conferma l'art. 146.

Pertanto, se la notificazione avviene in mani proprie del mili

tare in attività di servizio non sono necessarie ulteriori formali

tà (cfr. Cass. 13 maggio 1959, n. 1421, Foro it., Rep. 1959, voce Notificazione civile, n. 25; 19 aprile 1974, n. 1090, id.,

Rep. 1974, voce cit., n. 25); se invece la copia viene consegnata nella residenza, domicilio o dimora, va trasmessa altra copia al p.m. che ne cura l'invio al comandante del corpo cui il mili

tare appartiene. Tanto risulta dal testo dell'art. 146 che si scinde in due parti:

se la notificazione non è eseguita a mani proprie, osservate le

disposizioni di cui agli art. 139 ss., si consegna una copia... Dal testo della norma in esame — che fa riferimento alla

osservanza delle disposizioni di cui agli art. 139 («notificazione nella residenza, nella dimora e nel domicilio») e seguenti —

risulta altresì che la notificazione va fatta nei luoghi detti e non

presso il corpo al quale il militare appartiene. La ratio della norma — che dispone la formalità della copia

da inviare al comandante del corpo al quale il militare appartie ne — conferma che tale adempimento, la cui omissione importa la nullità della notificazione, è necessario solo quando ia notifi cazione non sia stata eseguita in mani proprie.

Tale adempimento invero è posto a tutela del destinatario della notificazione, in considerazione degli imprevedibili, im

provvisi e più frequenti spostamenti a cui possono essere sog getti gli appartenenti ai corpi militari, indipendentemente dalla circostanza che essi siano o meno militari di carattere, le cui destinazioni debbono talvolta essere mantenute segrete per mo tivi di sicurezza connessi alla più efficiente realizzazione dei com

piti loro affidati (cfr. Cass. 14 maggio 1983, n. 3316, id., Rep. 1983, voce cit., n. 38). È evidente che non si impone detta tute la del destinatario della notificazione, al quale la notificazione è stata già eseguita in mani proprie.

Rimane la questione della notificazione eseguita dall'ufficiale

giudiziario a mezzo del servizio postale, ex art. 149 c.p.c. Non ritiene il collegio che dal coordinato disposto degli art.

146 e 149 c.p.c. debba evincersi il divieto di notifica a mezzo

posta al militare in attività di servizio. A norma dell'art. 149 c.p.c. «se non è fatto espresso divieto

dalla legge» la notificazione può essere eseguita dall'ufficiale

giudiziario anche a mezzo del servizio postale, mediante invio di plico raccomandato con avviso di ricevimento, anche al di fuori dell'ambito territoriale di sua competenza.

L'art. 146 c.p.c., che riguarda la notificazione a militari in attività di servizio, non sancisce Inespresso» divieto fatto salvo dall'art. 149.

La norma dell'art. 149 d'altra parte non prevede una ipotesi particolare di notificazione: la notificazione può essere eseguita «anche» a mezzo del servizio postale.

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

La collocazione «sistematica» della previsione della notifica

zione a mezzo del servizio postale nell'art. 149 — a chiusura

delle varie ipotesi di notificazione di cui agli art. 139 ss. e prima della notificazione per pubblici proclami (prevista dall'art. 150,

quando la notificazione nei modi ordinari è sommamente diffi

cile... e nei modi ordinari è evidentemente compresa anche quella a mezzo del servizio postale) — costituisce la conferma che det

ta notificazione è ammessa anche per il militare in attività del

servizio.

E d'altra parte dovendo eseguirsi la notificazione al militare

in attività di servizio «nei modi ordinari» — a norma degli art.

139 ss., espressamente richiamati dall'art. 146, nella residenza,

nella dimora o nel domicilio, ecc. del militare — è di tutta evi

denza che la esclusione della notificazione a mezzo del servizio

postale non troverebbe alcuna plausibile ragione. L'avviso di ricevimento, nel procedimento di notificazione nella

specie, prova l'avvenuta notificazione «in mani proprie».

(Omissis)

CORTE DI CASSAZIONE; sezione lavoro; sentenza 14 feb

braio 1996, n. 1122; Pres. Panzarani, Est. Vidiri, P.M. Are

na (conci, conf.); Gelmini (Avv. Fusillo, Speri) c. Consor

zio ortofrutticolo Valle di Gresta (Aw. Canovi, Robol). Cassa

Trib. Rovereto 16 marzo 1994.

Lavoro e previdenza (controversie in materia di) — Sentenza

d'appello — Omessa sottoscrizione dell'estensore — Nullità

rilevabile d'ufficio — Conseguenze (Cod. proc. civ., art. 132,

161, 429).

Anche nel rito del lavoro è motivo di nullità insanabile la circo

stanza che la sentenza collegiale sia sottoscritta dal solo presi dente e non anche dall'estensore; tale vizio, allorché riguardi

una sentenza di secondo grado, è rilevabile d'ufficio in Cas

sazione e determina l'annullamento con rinvio al medesimo

giudice che aveva pronunciato la sentenza cassata, il quale

non deve limitarsi ad una formale rinnovazione della decisio

ne sulla base dell'anteriore dispositivo, essendo invece investi

to del potere-dovere di riesaminare il merito della causa. (1)

(1) Conf., in ispecie riguardo alla prima parte della massima, Cass.

14 giugno 1994, n. 5777, Foro it., Rep. 1994, voce Sentenza civile, n. 44; sez. un. 15 luglio 1991, n. 7828, id., Rep. 1991, voce Lavoro

e previdenza (controversie), n. 179; 16 febbraio 1988, n. 1643, id., Rep. 1988, voce cit., n. 186; 13 maggio 1987, n. 4415, id., Rep. 1987, voce

Sentenza civile, n. 41; 28 gennaio 1987, n. 822, ibid., n. 42; 1° agosto

1986, n. 4948, id., Rep. 1986, voce cit., n. 53; 10 febbraio 1986, n.

849, ibid., n. 51, e 4 febbraio 1985, n. 739, id., Rep. 1985, voce cit., n. 26. Nello stesso senso, con riferimento all'ipotesi in cui la sentenza

d'appello sia stata sottoscritta, in qualità di presidente, da un magistra to estraneo al collegio risultante dal verbale dell'udienza di discussione,

Cass. 26 gennaio 1995, n. 914, id., Rep. 1995, voce cit., n. 76, e 10

marzo 1987, n. 2522, id., Rep. 1987, voce cit., n. 43.

Per quel che concerne, poi, la (pacifica) rilevabilità d'ufficio e le con

seguenze del difetto di sottoscrizione, relativamente ai poteri del giudice cui viene rimessa la causa, v., tra le altre, Cass. 26 gennaio 1995, n.

910, id., 1995, I, 1849; 14 dicembre 1994, n. 10681, id., Rep. 1994,

voce cit., n. 45; 1° agosto 1986, n. 4948, cit.

Per l'opinione, del tutto minoritaria, favorevole all'emendabilità del

vizio attraverso il procedimento per la correzione degli errori od omis

sioni materiali (art. 287 ss. c.p.c.), v., tra le altre, Trib. Siracusa 12

dicembre 1988, id., 1990, I, 1386, con ampia nota di richiami. E cfr.

anche Cass. 15 ottobre 1985, n. 5059, id., 1986, I, 98, secondo la quale

non si avrebbe alcuna nullità nel caso in cui la sentenza pretorile fosse

depositata in cancelleria lo stesso giorno della lettura del dispositivo in udienza, e il dispositivo, regolarmente sottoscritto, fosse unito agli atti del processo.

Tornando all'orientamento prevalente, ancor più copiosa, natural

mente, è la giurisprudenza che afferma l'insanabilità del vizio relativa

Ii Foro Italiano — 1996.

Motivi della decisione. — Osserva la corte che, sebbene non

sia stata dalla resistente sollevata in questa sede la relativa que

stione, va dichiarata ai sensi dell'art. 161, 2° comma, c.p.c., la nullità della sentenza del Tribunale di Rovereto 17 marzo

1994, come ha chiesto in pubblica udienza il procuratore gene rale. Detta sentenza, infatti, che porta nell'intestazione il nome

del «dott. Simona Caterbi» in qualità di «presidente», e del

«dott. Susanna Menegazzi» in qualità di «giudice relatore», ri

sulta sottoscritta unicamente dal presidente, la cui firma si rile

va accanto a quella del collaboratore di cancelleria. E che non

vi fosse coincidenza nel caso di specie tra presidente ed estenso

re si evince dal verbale dell'udienza di discussione, che attesta

la nomina come giudice relatore della dott. Menegazzi, e dalla

circostanza che dal testo della sentenza depositata il presidente

mente al processo ordinario, escludendo dunque, indipendentemente dalle

ragioni dell'omessa sottoscrizione, l'esperibilità della procedura di cor

rezione: v., tra le decisioni più recenti, Cass. 22 aprile 1995, n. 4564, id., 1995, I, 2110 (con riguardo all'ipotesi in cui la firma del giudice sia stata apposta a margine di ciascun foglio della sentenza, ma non

in calce alla stessa); 27 febbraio 1995, n. 2292, id., Rep. 1995, voce

cit., n. 78; 11 gennaio 1995, n. 246, ibid., voce cit., n. 77; 26 agosto 1993, n. 9033, id., 1994, I, 2846; 3 novembre 1992, n. 11892, id., Rep. 1992, voce cit., n. 32; 18 gennaio 1991, n. 448, id., Rep. 1991, voce

cit., n. 28; 19 dicembre 1990, n. 12021, id., Rep. 1990, voce cit., n.

28. Analogo rigore, anzi, viene adoperato nei confronti dei provvedi menti (collegiali) che, essendo stati erroneamente pronunciati con ordi

nanza, anziché con sentenza, siano stati sottoscritti, a norma dell'art.

134 c.p.c., dal solo presidente: v., limitatamente alle decisioni più re

centi, Cass. 26 gennaio 1995, n. 910, cit.; 26 agosto 1993, n. 9033,

cit.; 22 ottobre 1992, n. 11531, id., Rep. 1994, voce Procedimento civi

le, n. 209, e Giur. it., 1994, I, 1, 310, con nota di Latella; quanto alla dottrina, v. soprattutto, in senso critico, Cerino Canova, Ordi

nanza con contenuto di sentenza e sottoscrizione del provvedimento, id., 1981, I, 1, 277).

Secondo Cass. 22 settembre 1993, n. 9661, Foro it., Rep. 1993, voce

Sentenza civile, n. 56, sarebbe invece consentito provvedere, non alla

mera correzione, bensì all'integrale rinnovazione della sentenza (non

sottoscritta) da parte dello stesso collegio o dello stesso giudice mono

cratico che aveva riservato la decisione, i quali, preso atto dell'inesi

stenza della decisione già pubblicata, ed essendo ancora investiti della

potestà di decidere, non consumata da un atto inesistente, potrebbero

procedere ad una nuova deliberazione e redazione della sentenza. Si

tratta, però, di una decisione isolata (in senso contrario, v., espressa

mente, Cass. 11 marzo 1986, n. 1643, id., Rep. 1986, voce cit., n. 52), che trova origine, a ben riflettere, proprio nell'inopportuna ed inesatta

qualificazione del vizio in esame quale motivo di «inesistenza» giuridica della sentenza (in argomento, v., amplius, Balena, In tema di inesi

stenza, nullità assoluta ed inefficacia delle sentenze, id., 1993, I, 179

ss., spec. § 2). Per quel che concerne, poi, l'individuazione dei magistrati concreta

mente tenuti a sottoscrivere ai sensi dell'art. 132 c.p.c., cioè, in caso

di decisione collegiale, del presidente e dell'estensore, va sottolineato

che la giurisprudenza, fino ad oggi, ha sempre fatto prevalere le indica

zioni desumibili dal verbale dell'udienza di discussione su quelle conte

nute nell'intestazione della sentenza. Così, ad es., si è ritenuto: — che fosse motivo di nullità insanabile, ex art. 161, 2° comma,

la sottoscrizione, in qualità di presidente, da parte di un magistrato diverso da quello indicato come tale nel verbale della predetta udienza

(v., per tutte, Cass. 14 dicembre 1994, n. 10681, cit., e 16 novembre

1988, n. 6204, id., Rep. 1988, voce cit., n. 37); — che invece fosse sufficiente la firma del solo presidente (non indi

cato nell'intestazione della sentenza quale estensore della medesima) che

fosse stato relatore della causa all'udienza di discussione, in considera

zione del fatto che la qualità di relatore fa presumere la stesura della

motivazione ad opera dello stesso magistrato (da ultimo, Cass. 3 set

tembre 1994, n. 7634, id., Rep. 1994, voce cit., n. 41; 12 marzo 1994, n. 2406, ibid., n. 40, e 9 settembre 1993, n. 9446, id., 1994, I, 2190,

con nota di richiami; — che infine fosse emendabile, attraverso la procedura per la corre

zione degli errori materiali, la discordanza fra l'intestazione della sen

tenza e il verbale dell'udienza collegiale, relativamente all'indicazione

del giudice non tenuto a sottoscrivere (diverso, cioè, dal presidente e

dall'estensore), dovendosi presumere, in difetto di elementi contrari,

che la sentenza fosse stata concretamente deliberata dai medesimi giudi ci componenti il collegio all'udienza di discussione (tra le più recenti,

v. Cass. 22 marzo 1995, n. 3268, id., Rep. 1995, voce cit., n. 41; 10

marzo 1995, n. 2815, ibid., n. 42; 15 ottobre 1994, n. 8418, id., Rep.

1994, voce cit., n. 52, e 6 novembre 1991, n. 11853, id., 1992, I, 2461). In altra occasione ho illustrato le ragioni per cui quest'ultimo orien

tamento non sembra condivisibile (v. soprattutto La rimessione della

causa al primo giudice, Napoli, 1984, spec. 234 ss.; nonché Vizi nella

intestazione delle sentenze ed illegittime estensioni della nozione di «ine

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