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Sezione II civile; sentenza 18 maggio 1963, n. 1290; Pres. Marletta P., Est. Albano, P. M. Maccarone...

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Sezione II civile; sentenza 18 maggio 1963, n. 1290; Pres. Marletta P., Est. Albano, P. M. Maccarone (concl. conf.); Buscemi e Galasso (Avv. Magrone) c. Quinci (Avv. Zingales) e Drogo (Avv. Compagno, Santoro Passarelli); Drogo c. Quinci Source: Il Foro Italiano, Vol. 86, No. 5 (1963), pp. 863/864-873/874 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23152567 . Accessed: 28/06/2014 19:06 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 92.63.103.61 on Sat, 28 Jun 2014 19:06:48 PM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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Sezione II civile; sentenza 18 maggio 1963, n. 1290; Pres. Marletta P., Est. Albano, P. M.Maccarone (concl. conf.); Buscemi e Galasso (Avv. Magrone) c. Quinci (Avv. Zingales) e Drogo(Avv. Compagno, Santoro Passarelli); Drogo c. QuinciSource: Il Foro Italiano, Vol. 86, No. 5 (1963), pp. 863/864-873/874Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23152567 .

Accessed: 28/06/2014 19:06

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863 PARTE PRIMA 864

una discrezionalitä eosi lata da render© possibile l'arbitrio. Alla dioliiarazione della illegittimitä costituzionale dellii

norma contenuta nell'art. 253 del codice postale, segue come conseguenza, a termini dell'art. 27 della legge 11 marzo 1953 u. 87, la illegittimitä costituzionale anche degli art. 2, 3, 4, 5, 6, 7, 8 e 11 del decreto legisl. luog. 2

aprile 1946 n. 399, i qua 1 i dettano norme di esecuzione

sulla attivitä di fabbricazione, di riparazione e di commercio

degli apparecchi radio elettrici e sul rila-scio della relative licenza.

Non puõ essare dicliiarata l'illegittiniita costituzionale dell'art. 269, 2° comma, del codice postale, perche le san zioni ivi previste non si riferiscono solo all'ipotesi del l'art. 253.

Per questi motivi, dichiara l'illegittiniita costituzionale dell'art. 253 del r. decreto 27 febbraio 1936 n. 645, che

approva il codice postale e delle telecomunicazioni, in riferimento all'art. 41 della Costituzione, e dichiara, in

conseguenza, la illegittimitä costituzionale degli art. 2.

3, 4, 5, 6, 7. 8 e 11 del decreto legisl. lnog. 2 aprile 1946 n. 399.

CORTE SUPREMA Dl CASSAZIONE.

Sezione II civile ; sentenza 18 maggio 1963, n. 1290 ; Pres.

Marletta P., Est. Albano, P. M. Maccarone (concl.

conf.) ; Jiuscemi e Galasso (Aw. Magrone) o. Quiuci

(Aw. Zingales) e Drogo (Aw. Compagno, Santoro

Passarelli) ; Drogo c. Quinci.

(Gassa App. Oatania 4 settembre 1961)

Successionc — Capacitä di succedere l.imitazioue nei conlronti dei iiqli naturali non riconoscibili

Inapplicability al iijflio l«K<|itt i mo altrui dicliia

rato dal testatore come prnprio ii(|Iio natural

(Cod. civ., art. 593, 253). Succession)* - Coning? superstitc Riserva —

Determinazione Accertamento della simu lation*' relativa di una vendita dcl « de cuius »

mascherante una donazione Itilrvan/.a - Fat

tispecie. Testamento -

Disposizione a favorc di !i(|lio lejjil limo alti'iii dichiarato dal testatore come proprio iijjlio naturale \ullila per motivo illecito - In sussistenza (Cod. civ., art. 626).

Testamento Disposizione a lavore di ii{|lio U'jjit limo altrui dichiaralo dal testatore eome proprio iijflio naturale Annullaiiiento per motivo erroneo

Inammissibilita Fattispeeie (Cod. civ., art. 624).

La limitazione della capacitä a succedere stabilita nelVart. 393 cod. civ. nei confronti dei figli naturali non ricono scibili non e applicabile nei confronti di ehi, avendo lo stato di figlio legittimo altrui, sia stato riconosciuto da un tereo nei suo testamento come proprio figlio natu rale. (1)

Al fine di determinate la quota di riserva spettantegli, il co

(1) Si la prima volta che la Suprema corte si pronuncia ex professo sulla questione sotto l'impero del codice vigento. Sotto il codice 1865, la Cassazione si era pronunciata negli stessi sensi della sentenza annotata con le sent:nz 7 giugno 1935, n. 2165, Foro it., 1935, I. 979, e 28 giugno 1937, id., Rep. 1937, voce Filiazione, n. 26. In senso contrario si era peraltro pronun ciata Oass. 14 luglio 1926, n. 2372, id., Rep. 1926, voce cit., il. 98, ma trattavasi di un caso di specie, come fu riconosciuto dalla stessa Cassazione con la successiva sentenza n. 2165 del 1935.

L'autorevole corrente dottrina e, di cui si fa cenno nella sentenza, e che si e espressa in senso contrario all'indirizzo della Cassazione, e quella che fa capo al Cicu : cfr., al riguardo, l'opera fondamentale di questo scrittore, La filiazione, nei Trattato di diritto civile, diretto da Vassalli, 1958, specialmente pag. 263.

In senso contrario al Cicu, cfr. G. Stolfi, in Foro it., 1948, I, 768 ; Stella Richter, ibid., 830, nuncfu- Messineo, Manual<■

niuge ha inter esse a chiedere V aceertamento della simu lazione relativa di una vendita di immobile compiuta in vita dal marito ad nn terzo nonche quello della nullita

per difetto di forma della donazione mascherata nella vendita stessa, anche quando Vacquisto della proprietä delVimmobile a favore del simulato acquirente resti fermo per effetto della sopravvenuta vocazione testamentaria di

quest'ultimo. (2) Non h nulla per motivo illecito la disposizione testamentaria

fatta in favore di ehi venga dichiarato nei testamento oome

proprio figlio adulterino. (3) Non ricorrono gli estremi del motivo erroneo allorche il testa -

tore istituisca erede il figlio legittimo altrui qualifican dolo come proprio figlio naturale e non risulti dagli atti del giudizio la certezza ehe il supposto rapporto di filia zione naturale sia stato in realtä inesistente. (4)

di diritto civile e commerciale, II, 1952, pag. 138 ; D'Amelio Degni, Filiazionc, 1940, pag. 549.

In senso sostanzialmente conforme alla sentenza annotata, anche se con riferimento ad altre questioni, cfr. Cass. 21 maggio 1948, n. 776, Foro it., 1948, I, 829, con nota favorevole di Stella Richter, e App. Milano 14 gennaio 1947, id., Rep. 1947, voce Adozione, nn. 6-9, e in Giur. it., 1947, I, 2, 353, con nota con traria di Cicu, le quali hanno ritenuto l'inammissibilita dell'im pugnativa dell'adozione di un figlio legittimo, per la pretesa qualitä. di padre naturale deU'adottante ; App. Milano 7 maggio 1948, Foro it., 1948, I, 768, con nota di Gr. $tolfi, la quale ha ritenuto che la diehiarazione del testatore, di essere padre del 1'altrui figlio legittimo, non fa diventare adulterino quest'ul timo e che, pertanto, la madre di lui non e incapace di suc cedere al testatore in base alia presunzione di interposizione di persona a favore di incapaci. Sul punto, confermato anche nella sentenza annotata, che si ha controversia di stato non solo quando si chieda la diehiarazione di uno stato diverso da quello attribuito alia persona, ma anche quando si contestino alcuni effetti dello stato medesimo e che una questione di stato non puõ essere decisa in via incidentale con efficacia limitata ad una controversia di altra natura nella quale venga proposta, cfr. Cass. 21 maggio 1948, n. 776, eit., nonchä, nella motivazione, 7 febbraio 1958, n. 377, id., Rep. 1958, voce Filiazione, n. 23 ; 4 luglio 1958, n. 2389, ibid., voce Successione, n. 172 ; 8 lu glio 1958, n. 2455, ibid., n. 171 ; nonche, in dottrina, lo stesso Cicu, op. cit., pag. 54 segg., e, con riferimento agli accertamenti incidentali in genere, Satta, in Foro it., 1948, I, 457 segg.

Sul concetto di status, cfr. Cicu, II concetto di « status », in Studi in onore di Simoncelli, 1917 ; Principi generali del diritto di famiglia, in Riv. trim. dir. e proc. civ., 1955, 1 segg. ; nonche Azione di stato, voce della Enciclopedia del diritto, IV, pag. 937 segg.

Suirinammissibilita dell'accertamento, con effetti limitati al processo, dello stato di figlio naturale, su cui pure si sofferma la sentenza riportata, v., per qualche riferimento, App. Catania 5 maggio 1956, Foro it., 1957, I, 1956, con nota di richiami, la quale ha affermato che le indagini sulla paternity, nei casi in cui il riconoscimento e vietato, non sono ammesse nemmeno qualora l'accertamento sia richiesto incidenter tanturn nel giudizio instau rato dallo stesso padre verso la prole non riconosciuta alio scopo di far valere la nullita delle donazioni in base all'art. 780 cod. civ., salvo che il rapporto di filiazione non risulti in uno dei modi previsti dall'art. 279.

(2) Non risultano, per quanto consta, precedenti editi. Sui limiti nei quali la disposizione a titolo di legato con

valida la nullita della donazione dello stesso immobile tra co niugi Cass. 3 novembre 1961, n. 2554, Foro it., 1962, I, 1973, con nota di richiami.

(3) Anche qui, e la prima volta che la Cassazione si pro nuncia sulla delicata questione sotto l'impero del codice vigente. Sotto il codice 1865 la Cassazione si era pronunciata in senso contrario con la sentenza 7 giugno 1935, n. 2165, Foro it., 1935, I, 979, ricordata anche nella motivazione della sentenza ripor tata. In dottrina, per riferimenti, cfr. Azzariti-Martinez, Suc ce88ioni per cause di morte e donazioni, 1959, n. 223 ; Messineo, Manuale, cit., VI, 1962, pag. 114 segg. ; Giannattasio, Com mentario alcodice civile - Delle successioni, II, 1961, sub art. 626.

La sentenza della Cassazione 30 giugno 1950, n. 1678, ri cordata nella sentenza annotata e relativa alla nullita della li berality a favore della concubina, & riportata in Foro it., 1951, I, 1067.

La sentenza della Corte costituzionale 16 febbraio 1963, n. 7, pure ricordata nella sentenza annotata, e riportata retro, 471, con nota di richiami.

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GIURISPRÜDENZA COSTITÜZIONALE E CIVILE 866

La Corte, ecc. — Preliminarmente va disposta, la riu

nione dei due ricorsi, essendo proposti contro la mede

sima sentenza.

Secondo l'ordine logico va esaminato con precedenza il primo mezzo del ricorso della Drogo Vincenzina, con il

quale si denuncia la violazione degli art. 279 e 593, 2° com

ma, cod. civ. e la falsa applicazione degli art. 253 e 238

cod. civ., nonchö il difetto di motivazione della sentenza

impugnata, sostenendosi in sostanza che non bisogna con tendere gli effetti propri di uno status con gli effetti che la legge ricollega al mero fatto naturale della procreazione, i quali potrebbero prodursi an che quando manchi, mi titolo contrastante col fatto della procreazione medesima, e che, pertanto, il riconoscimento della Quinci quale figlia adulterina del de cuius non inciderebbe sullo stato di figlia legittima della medesima, ma rileverebbe solo ai limitati effetti successori di cui all'art. 593 cod. civile.

La censura propone in sostanza al Supremo collegio la questione se la limitazione della capacitä di succedere stabilita nell'art. 593 nei confronti dei figli naturali non

riconoscibili possa ricevere applicazione anche nei con fronti di chj, avendo lo stato di figlio legittimo altrui, sia stato riconosciuto come proprio figlio naturale da un terzo nei suo testamento.

Ma non sembra che a tale quesito si possa dare risposta affermativa, nonostante l'acutezza delle osservazioni svolte in contrario dalla difesa della ricorrente, in adesione del

resto ad una autorevole corrente dottrinaria.

Occorre partire dalla premessa che il nostro ordina mento positivo, nei distinguere la filiazione in filiazione

legittima e filiazione naturale, collega tale distinzione all'esame o meno il concepimento avvenuto in costanza di

inatrimonio. II nato da una donna maritata e figlio legit timo del marito (art. 231 cod. civ.) e tale rimane sempre, tanto e vero che in nessun caso e ammesso un riconosci mento in contrasto con lo stato di legittimitä in cui una

persona si trova (art. 253 cod. civ.). II figlio cessa di essere

legittimo solo quando il marito della madre eserciti con successo l'azione di disconoscimento a norma dell'art. 235, perche allora fa accertare che non e stato egli a generarlo.

£ quindi principio fondamentale quello secondo cui il figlio legittimo, e tale e quegli che vanti un possesso di stato conforme all'atto di nascita, non perde mai il suo stato a meno che non sia esercitata vittoriosamente contro di lui, e solo dal padre (o eccezionalmente dai suoi ascen denti o discendenti nei limiti di cui all'art. 246), l'azione di disconoscimento della paternitä.

Quando la filiazione, invece, non si colleghi col matri monio allora essa si qualifica «naturale ».

II concetto giuridico di «filiazione naturale » postula il fenomeno fisiologico della generazione di una persona senza la base del matrimonio.

Secondo una corretta terminologia giuridica, pertanto, i figli «legittimi» non possono essere annoverati tra i figli «naturali», perche il fatto naturale della procreazione e, in costanza di matrimonio, assorbito e compenetrato nei

rapporto di legittimita, che indica ad un tempo la procrea zione e la sua origine dal matrimonio consumato, per cui non e giuridicamente possibile scindere il fatto naturale da quello legittimo, al fine di stabilire una semplice titola ritä della procreazione: l'una per il padre naturale, e l'altra per quello giuridico.

Ne e ammissibile distinguere, come afferma la difesa della ricorrente, tra effetti connessi alio stato di filiazione ed effetti connessi al fatto naturale della procreazione e sostenere che, allorche la veritä legale (presunzione di

paternitä del marito della madre) non coincida con la

(4) In ordine alia nozione di motivo erroneo, cfr., in senso conforme alia sentenza annotata, Cass. 3 agosto 1948, n. 1357, Foro it., Rep. 1948, voce Testamento, n. 31 ; nonchd 17 giugno 1947, n. 947, id., Rep. 1947, voce eit., nn. 53, 54 ; nulla in ter mini sulla fattispecie.

In dottrina, consulta Azzariti-Martinez, op. cit., n. 222 ; Messineo, Manuale, cit., VI, pag. 249 segg. ; Giannattasio, op. cit., sub art. 624.

veritä natural©, collegata ai fatto naturale del]a procrea zione, di quest'ultima si possa tener conto, sempre ove

lion si eontesti o modificki lo stato di filiazione legittima risultante dal titolo, al limitato effetto di far dicliiarare

I'incapacity a succedere di quella persona nei confronti

del qualificatosi padre naturale o a ricevere da lui dona

zioni (o ad altro limitato effetto quale ad es. quello di far

dicliiarare la nullita dell'adozione nell'ipotesi appunto che l'adottante si sia dichiarato padre naturale dell'adot

tato). II nostro ordinamento positiyo, invero, non ammette

che una persona a certi effetti abbia un genitore e ad altri

effetti ne abbia un altro. Quando vi e un titolo di stato, nella specie, di figlio legittimo, finche esso non venga annullato, deve ritenersi inammissibile qualsiasi pronuncia cbe abbia per presupposto un rapporto di procreazione difforme da quello cbe risulta dal titolo. £ vero che, talune

volte, la veritä naturale puõ non coincidere con la veritä

legale, ma l'esigenza della certezza del diritto postula che la prima sia sacrificata alia seconda. Di fronte alia legge non esiste, cioe, altra veritä che quella legale.

II titolo non solo attribuisce lo stato, ma accerta e

consacra il relativo rapporto di filiazione di guisa che esso

solo di fronte alla legge e vero, mentre ogni altro e falso

e non ha comunque rilevanza giuridica. Le risultanze di un fatto naturale di procreazione in

tanto perciõ possono avere effetto in quanto non contra

stino con quelle di un titolo di stato ; ove contrastino con

quest'ultimo non possono essere prese in considerazione

daH'ordinamento giuridico per nessun fine e quindi per nessun effetto, neppure patrimoniale o successorio.

Ne e esatto il rilievo della ricorrente secondo cui, allor

che, come nella specie, da uu canto non sorga alcuna con

testazione sullo stato giuridico di figlio legittimo (altrui) della persona istituita come erede, e dall'altro non sorga neppure alcuna contestazione sul fatto della procreazione naturale dello stesso istituito ad opera del testatore e da

quest'ultimo solennemente affermato nel testamento, si

dovrebbe ritenere che, non essendo sorta alcuna contesta zione di carattere pregiudiziale no sullo «stato» della

persona ne sul «fatto della procreazione naturale», il

giudice non potrebbe non prendere atto della dichiarazione

di paternitä naturale fatta nel testamento dal testatore al limitato effetto di pronunciare 1'incapacitä parziale di

ricevere per testamento del riconosciuto figlio naturale, ai sensi dell'art. 593.

In eonfutazione di tale rilievo e da osservare che quando ad un figlio legittimo altrui si contesta la piena capacitä di ricevere per testamento da un terzo, sia pure in rela zione all'esistenza di una pretesa dichiarazione di paternitä naturale formulata dal testatore, non v'e dubbio che sorge una controversia di stato, in quanto si contesta in defini

tiva al figlio legittimo uno degli effetti dello status che

gli e proprio, e cioe la piena capacitä di ricevere per testa mento da chiunque senza le limitazioni poste dalla legge per uno status diverso, vale a dire per quello di figlio na

turale.

Lo stato, quale che sia la definizione che di esso si

voglia dare, e certo che presenta i caratteri della indivi

dualitä e della assolutezza, onde ha piena efficacia erga omnes, in quanto tutti sono tenuti a riconoscere le conse

guenze che da esso derivano. Ora, attribuire al figlio legit timo le incapacitä, assoggettarlo alle limitazioni che sono

proprie ed esclusive del figlio naturale, porlo talvolta, per un rapporto (ad esempio, di successione), tal'altra, per altro rapporto (ad esempio di donazione o di adozione), sullo stesso piano del figlio naturale, sino al punto di potere cosi svuotare quello stato di ogni suo peculiar© attributo e togliere in definitiva al figlio legittimo quella posizione preminente che la legge e la morale gli riconoscono, significa ne piu ne meno che contrastare proprio lo stato di figlio

legittimo.

Ugualmente e da escludersi che la questione di stato

possa proporsi e decidersi in via incidentale senza effetto di

giudicato. Quei principi di indivisibilitä e di assolutezza

che caratterizzano, come si e detto, lo stato di una persona

il Foro Italiano — Volume LXXXV1 — Parte l-56.

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8Ö71 PARTE PRIMA 868

e lo stesso sistema del la legge dimostrano come le questioni di stato non possano venire deoise incidentalinente con effetti limitati alia controversia di altra natura nella quale siano proposte. Sembra evidente, infatti che, instaurandosi una controversia non in base al titolo di stato, ma per una

pretesa che sia in contrasto con tale titolo, si avrä pur sempre una controversia e quindi una decisione sullo stato.

Cosi, per restare nel caso che ne occupa, poiche si chiede

che sia dichiarata 1'incapacitä, sia pure parziale, a succe

dere della Quinci proprio e soltanto per la pretesa qualitä di essa istituita di essere figlia adulterina del testatore, non

sarebbe possibile addivenire a tale dichiarazione di limi

tata capacitä, a succedere se non attraverso la dichiara zione che essa Quinci sarebbe appunto figlia adulterina del

Yacirca, il che non puõ essere, invece, consentito, a causa del suo stato di figlia legittima.

D'altra parte, la pregiudizialitä della questione di stato

e la impossibility che venga proposta in via incidentale

sono nel sistema della legge, come si ammette del resto

anche da quella autorevole corrente dottrinaria, di cui

si e fatto cenno, che sostiene 1'ammissibilitä, di limitati

effetti giuridici collegantisi al rapporto puramente di fatto

determinato dalla procreazione : corrente alia quale, come

si e detto', si appoggia l'acuta difesa della ricorrente per sostenere l'applicabilita dell'art. 593 cod. civ. nei confronti

della Quinci, nonostante che la stessa, ripetesi, risulti figlia

legittima. La pregiudizialitä, della questione di stato, come que

stione che non puõ essere risolta incidentalmente con effetti

limitati ad altra controversia, e dichiarata nell'art. 819

cod. proc. civ., in relazione all'art. 806, che vieta agli arbitri

di conoscere di una questione di stato, anche incidentalmente, rinviando le parti a proporla davanti al giudice competente, nonchõ nell'art. 28 t. u. 26 giugno 1924 n. 1054, sul Consiglio di Stato, che vieta alle Sezioni giurisdizionali di detto Con

siglio di risolvere incidentalmente questioni pregiudiziali di stato, e, infine, nell'art. 19 cod. proc. penale.

In ultimo, non sembra neppure fondato l'altro rilievo

della ricorrente secondo cui, poiche l'art. 540 cod. pen. ammette agli effetti penali la prova della filiazione illegit tima, nei modi previsti dalla legge civile, dovrebbe da ciõ

inferirsi che, come all'effetto di stabilire la sussistenza di

taluni reati (ad es. parricidio, incesto), la veritä, naturale

dovrebbe avere il sopravvento sulla veritä legale, cosi

in presenza di altre norme limitative, sulla stessa linea delle

norme penali, quali ad es. le norme relative agli impedi ment! matrimoniali e quelle, come l'art. 593 cod. civ., limitative della capacitä di ricevere per testamento, ugual mente la veritä legale dovrebbe cedere il posto alla veritä

naturale.

Senonche, in risposta a tale rilievo, e agevole conside

rare che l'art. 540 cod. pen. non afferma affatto il principio che, agli effetti penali, il rapporto di parentela puõ essere

accertato anche in contrasto con uti titolo di stato, ma al

contrario ricoaosce espressamente che il rapporto di filia

zione illegittima va stabilito con piena osservanza dei

limiti di prova indicati dalla legge civile, anche se per ef

fetti diversi dall'accertamento dello stato delle persone,

e, in coerenza con tale disposizione, l'art. 308 cod. proc.

pen., pur riconoscendo come regola, in omaggio al principio del libero convincimento del giudice, che le limitazioni

delle leggi civili relativamente alia prova non si osservano

nel procedimento penale, formula tuttavia una specifica eccezione a tale regola proprio per le limitazioni di prova

riguardanti lo stato delle persone. Siffatta interpretazione dell'art. 540 cod. pen. e stata

in effetti accolta anche dalle Sezioni penali di questo Su

premo collegio, le quali hanno appunto affermato il prin

cipio che b precluso al giudice penale, in virtu della norma

contenuta nell'art. 253 cod. civ., richiamata dall'art. 540

c,od. pen., l'accertamento del rapporto di filiazione naturale

nei confronti di ehi e titolare di uno stato legittimo, rite

nendo conseguentemente che deve rispondere di lesioni

semplici (e non aggravate dal rapporto di parentela) l'im

putato che riconosce davanti al giudice di essere padre naturale della vittima, che risulta invece figlia legittima

altrui (Cass. pen. 10 gennaio 1957, imp. Melcluorre, Foro

it., Hep. 1958, voce, Lesione personale, nn. 27, 28). Analogue oonsiderazioni devono farsi in relazione anche

alle disposizioni concernenti gli impedimenti matrimoniali, la cui sussistenza va desunta peroiõ solo in relazione alle risultanze dei titoli di stato e non giä con riferimento ad altri elementi, specie se in contrasto con uno di detti titoli,

In sostanza, come si e accennato piu sopra, e vero che in taluni casi possono verificarsi gravissimi inconvenienti allorche la veritä naturale non coincida con la veritä

legale, tuttavia de iure condito secondo il vigente ordina mento positivo, la veritä legale e quella che conta mentre

ogni altro elemento in contrasto con questa non ha alcuna rilevanza giuridica, tamquam,'non esset, neppure a limita

tissimi effetti, quali quelli ora accennati.

Concludendo, perciõ, in ordine al primo motivo, õ da

ritenersi che la limitazione della capacitä di succedere sta bilita nell'art. 593 cod. civ. nei confronti dei figli naturali

non riconoscibili non puõ ricevere applicazione anche nei confronti di ehi, avendo lo stato di figlio legittimo altrui, sia stato riconosciuto come proprio figlio naturale da un terzo nei suo testamento. Figli naturali non riconoscibili, nei confronti dei quali solamente puõ ricevere applicazione l'art. 593, sono infatti soltanto i figli nati al di fuori del

matrimonio e che per di piu non possono essere neppure riconosciuti o giudizialmente dichiarati figli naturali: quei

figli cioe che non ban no nessuno stato familiare.

II secondo mezzo del ricorso della Drogo riguarda la

vendita consentita del de cuius alia stessa, Quinci Concet tina con rogito 10 luglio 1958 per notar Costa. L'attuale

ricorrente aveva dedotto che tale vendita stipulata poste riormente alia compilazione del testamento era simulata

e mascherava in realtä una donazione : donazione che a

sua volta doveva ritenersi nulla sotto uu duplice profilo :

а) per incapacity di ricevere della donataria, ai sensi

dell'art. 780 cod. civ., per essere quest'ultima figlia na

turale non riconoscibile del donante ;

б) per difetto di forma, stante la mancanza dei te

stimoni richiesti dagli art. 48 e 58, n. 4, della legge notarile 16 febbraio 1913 n. 89.

La Corte di appello, con la sentenza impugnata, ha ri

tenuto l'infondatezza del primo profilo, per le stesse oon

siderazioni svolte a proposito della riconosciuta piena ca

pacitä della Quinci di ricevere per testamento e, quanto alla dedotta nullitä per difetto di forma, ha ritenuto esser

sufficiente osservare che il trasferimento, qualora la simu

lazione fosse provata, rimarrebbe sempre fermo per effetto

della sopravvenuta vocazione testamentaria a favore della

pretesa simulata compratrice. Ora la ricorrente Drogo, denunciando la violazione

degli art. 279 e 780 cod. civ. e la falsa applicazione degli art. 253 e 238 cod. civ., nonclie la violazione degli art. 782

cod. civ., 48 e 58, n. 4, legge notarile eitata, e 556 e 1414, 2° comma, cod. civ., ed infine il difetto della motivazione, deduce riguardo al primo profilo, disatteso dalla Corte, che l'incapacita a ricevere del figlio naturale non ricono

scibile non puõ venir meno allorquando, come nella specie, la filiazione naturale risulti dalla prova legale prevista dall'art. 279 cod. civ., sol perche il figlio si trovi ad avere

lo stato di figlio legittimo del marito della madre, e che, a differenza delPincapacitä di ricevere per testamento, che

e condizionata alia presenza di certi successibili ed e par ziale, l'incapacita di ricevere per donazione del figlio non

riconoscibile e assoluta e totale.

Riguardo al secondo profilo, la ricorrente deduce poi che non si riesce a comprendere come, di fronte alia vedova

del testatore che ha comunque diritto di conseguire la sua

legittima in natura, põssa essere indifferente che il bene

oggetto di quell'alienazione rimanga fuori del patrimonio ereditario per esserne uscito in vita del de cuius, o invece

ne faccia parte, stante la nullitä della alienazione. Aggiunge che la prova della simulazione non avrebbe potuto essere

rifiutata, in relazione alia dedotta nullitä della donazione

dissimulata sotto la vendita, ed anche a prescindere dalla

nullitä della donazione, giacche l'accertamento di una do

nazione dissimulata sotto la vendita avrebbe servito a sta

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869 GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE 870

bilire ehe il bene donato doveva essere compreso nella

massa attiva, per la determinazione della legittima spet tante al coniuge.

II primo profilo della censura, relativo alia pretesa in

capacity della Quinci di ricevere per donazione ai sen si del

l'art. 780 cod. civ. deve essere disatteso per le stesse consi

derazioni gižt esposte precedentemente in ordine alia pre tesa incapacity della stessa Quinci di ricevere per testa

mento, e cioõ, perche, risultando essa Quinci figlia legittima, non puõ, neppure incidenter tantum, al limitato effetto della

nullita della donazione, ai sensi dell'art. 780, invocarsi il

riconoscimento di un rapporto di filiazione naturale in

contrasto con lo stato di figlia legittima altrui, quale risul

tante dall'atto di nascita. L'art. 780, come s'e precisato, riceve applicazione solo nei confronti dei figli naturali non

riconoscibili, che non hanno cioe nessuno stato familiare, e non giä nei confronti di clii, come la Quinci, ha, al con

trario, un regolare stato di figlia legittima. £ fondato invece il secondo profilo della censura.

Invero, pur riconoscendo, come afferma la sentenza, che l'eventuale accertamento della simulazione relativa

della vendita e della nullita per difetto di forma della do

nazione mascherata nella vendita stessa lascerebbe sempre fermo l'acquisto della proprieta dell'immobile alienato in

favore della Quinci Concettina, per effetto della sopravve nuta vocazione testamentaria in suo favore, non vi ha dubbio,

perõ, che tale accertamento, pur se irrilevante, ripetesi,

agli effetti dell'acquisto della proprieta, poiche perõ modi

ficherebbe il titolo dell'acquisto, avrebbe tuttavia rilevanza

ad altri effetti e specialmente all'effetto della determinazione

della quota legittima spettante al coniuge superstite, at

tuale ricorrente.

Infatti, premesso che, nella specie, mancando figli legit timi o naturali e ascendenti del de cuius, la quota di ri

serva del coniuge superstite e costituita, ai sensi dell'art. 450

cod. civ., dall'usufrutto di due terzi del patrimonio dello

stesso d'> cuius, ove si accertassero, come dedotto dalla

Drogo, la simulazione della vendita, in quanto mascherante una donazione, e la nullita della stessa donazione per di

fetto di forma (mancansa dei testimoni), l'immobile alie

nato, venuta meno l'alienazione con atto tra vivi, rientre

rebbe nei patrimonio ereditario, cioe nei relictum, aumentan

done la consistenza e potrebbe anche costituire oggetto diretto dell'usufrutto legale del coniuge, ove entrasse a

far parte della quota di immobili i cui frutti dovrebbero

assegnarsi al coniuge medesimo, ai sensi dell'art. 547. Ma anche quando si accertasse la sola simulazione rela

tiva della vendita (e si escludesse la dedotta nullitä. della

donazione mascherata per difetto di forma), anche tale

solo accertamento sarebbe rilevante agli effetti della deter

minazione, nella specie, della quota di riserva del coniuge, e ciõ in quanto, ai sensi dell'art. 556 cod. civ., tale quota va calcolata non soltanto con riferimento al relictum, ma anche con riferimento al donatum, cioe al patrimonio di cui il de cuius abbia disposto in vita con donazioni, e

che a tal fine va compiuta la riunione fittizia dei beni ap partenenti al defunto al tempo della morte, detratti i

debiti, con i beni disposti appunto a titolo di donazione, non senza aggiungere che, come giä affermato da quests Corte suprema (decisione 15 ottobre 1958, n. 3277, Foro

it., Rep. 1958, voce Divisione, n. 31), la riunione fittizia, in quanto diretta soltanto a ricostruire l'intero patrimonio del de cuius, non e legata necessariamente alia proposizione dell'azione di riduzione, ma si pone come un prius indispen sabile anche rispetto alle sole operazioni divisionali, quando siavi concorso di eredi riservatari.

Su tale punto, la sentenza impugnata, che ha ritenuto al contrario in ogni caso irrilevante l'accertamento della

simulazione ed anche eventualmente della nullitä della

donazione, deve essere perciõ cassata. II terzo motivo del ricorso della Drogo e perfettamente

identico al primo mezzo del ricorso del Buscemi e del Ga lasso.

Con tale doglianza i ricorrenti, denunciando 1a, viola zione degli art. 626, 788, 624, 2° comma, e 787 cod. civ., lionchfe il difetto della motivazione, censurano la sentenza

impugnata per aver ritenuto die, una volta esclusa l'inca

pacita di ricevere per testamento e per donazione della

figlia non riconoscibile provvista dello stato di figlia le

gittima di altra persona, debba anche escludersi l'illieeita

del motivo della disposizione testamentaria e della dona

zione a 8uo favore. Sostengono ehe, ai contrario, non puõ non essere riconoseiuta, nella specie, la nullita della dispo sizione testamentaria a favore di obi dallo stesso testatore

e qualificata come figlia naturale (non riconoscibile), es

sendo tale disposizione in se e per sfe dominata dal motivo

illecito di attentare ai diritti della famiglia legittima a

favore della figlia non riconoscibile.

I ricorrenti si dolgono altresi cbe la Corte del merito

sia incorsa in contraddizione nel punto in cui, per escludere

cbe la disposizione de qua fosse affetta da errore di fatto

sul motivo, ba affermato cbe a tale effetto doveva aversi

riguardo alla veritä naturale anziche a quella legale, e,

quindi, al fatto materiale del concepimento, venendo con

ciõ ad attribuire alia Quinci quella duplicitä di posizione di figlia legittima di Quinci Francesco e di figlia naturale

del de cuius, cbe aveva invece ritenuto inammissibile a

proposito della illiceitä, del motivo.

II primo profilo della censura prospetta al Supremo col

legio la questione se debba ritenersi nulla per motivo ille

cito ai sensi dell'art. 626 cod. civ. la disposizione testamen

taria nella quale il testatore abbia nominato erede persona avente lo stato di figlio legittimo altrui, qualificandola come

proprio figlio naturale (adulterino).

All'uopo si fa ricbiamo dai ricorrenti ad una antica

decisione di questo Supremo collegio (in data 7 giugno 1935, n. 2165, Foro it., 1935, I, 979), con la quale, sotto l'impero del codice del 1865, venne appunto affermata la nullita

per illiceitä, della causa della disposizione testamentaria

fatta in favore di un figlio legittimo altrui qualifioato come proprio figlio adulterino.

Senonche, a parte le altre considerazioni cbe si fa

ranno in seguito, non sembra in linea di principio cbe, alio

stato dell'attuale ordinamento positivo, il proposito come

tale di beneficare un figlio naturale non riconoscibile si

possa configurare come motivo illecito, e ciõ in quanto l'ordinamento vigente ba largamente e profondamente innovato rispetto al sistema precedente.

Com'õ noto, sotto l'impero del codice 1865, al quale si riferisce la eitata sentenza del 1935, ai figli adulterini

ed incestuosi veniva riservato un trattamento di assoluto

disfavore ; ad essi era del tutto negata, in base all'art. 767, la capacitä di ricevere per testamento nei confronti del

loro genitore e, come unica concessione, veniva ad essi ri

conosciuto il solo diritto di poter conseguire gli alimenti.

In conseguenza di tale trattamento, la ricordata sen

tenza del 1935 ritenne la nullita della disposizione in favore

del figlio legittimo altrui, qualificato come proprio figlio

adulterino, avendo tale disposizione una causa illecita, in quanto diretta ad un fine specificamente vietato dalla

legge, quale appunto quello di beneficare i figli non rico

noscibili.

II codice del 1942 ba radicalmente trasformato il si

stema precedente, eliminando, come si riconosce nella

Relazione del Guardasigilli (n. 115), «ogni sentimento di

malvolere o di avversione » verso le categorie dei figli na

turali riconoscibili e non riconoscibili, e compiendo un

passo assai notevole soprattutto in favore dei figli non ri

conoscibili, in quanto eon il piu volte ricordato art. 593 :

a) ba attribuito ad essi piena capacitä di ricevere per testamento quando al testatore non sopravvivano nc figli

legittimi o loro discendenti, ne coniuge ;

b) per il caso di sopravvivenza di figli legittimi o loro

discendenti li ba dicbiarati capaci di ricevere per testa

mento ancbe se nella misura della metä di quanto abbia

conseguito nella successione (sia quale legittimario, sia

quale erede testamentario) il meno favorito dei figli legit timi, purcbe complessivamente non sia superato il terzo

dell'ereditä ;

c) per il caso di sopravvivenza del coniuge, ha am

messo i figli non riconoscibili a ricevere per testamento

un terzo dell'eredita.

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871 PARTE PRIMA 872

In conseguenza di cosi vasta e radicale innovazione le

gislativa, nella Relazione del G-uardasigilli (n. 136) al

l'art. 172 del libro separate delle successioni e donazioni,

corrispondente all'attuale art. 626 del oodice relativo al

motivo illecito («il motivo illeeito rende nulla la disposi zione testamentaria, quando risulta dal testamento ed e

il solo che ha determinate il testatore a disporre »), e stata

speoifieamente sottolineata «la necessity ehe la norma sia

applicata con molta cautela, onde evitare possibili eccessi »,

aggiungendosi testualmente :

«Non solo il giudice dovra rigorosamente aeeertare

che il motivo sia espresso e sia l'unico determinante, ma

dovrä. anche esperire aeoorte indagini sulla obiettiva il

liceitä di esso. £ noto, infatti, come storieamente la dottrina

della nullita si sia soprattutto sviluppata in riguardo alle

disposizioni a favore di figli naturali o di concubine ; ora, mentre per i figli naturali 6 completamente mutato l'indi

rizzo legislativo, a ri che per le concubine sarebbe esorbitante

ed iniqua una posizione di eccessivo rigore che non tenesse

conto dei vincoli di affetto e della comunanza di vita tra

l'autore del testamento e la persona beneficata. Ma si puõ essere sicuri che la sana coscienza dei giudici eviterä ogni eccessiva applicazione della norma ».

Se questa e la ratio della norma, chiaramente enunciata

anche nei lavori preparatory non v'b dubbio che come non

puõ ritenersi nulla la liberality a favore della concubina, a meno che dal contenuto della scheda non risulti che a

determinare la volontä del testatore sia stato il solo ed unico

motivo di compensare le prestazioni sessuali della donna

(in questi sensi si e giä pronunciato questo Supremo col

legio con la decisione 30 giugno 1950, n. 1678, Foro it.,

1951, I, 1067), cosl non puõ ritenersi nulla la disposizione testamentaria fatta in favore del figlio naturale, anche se

non riconoscibile, con l'intento di beneficarlo.

Ad avvalorare ulteriormente tale interpretazione sta

l'evoluzione legislativa successiva all'emanazione del co

dice civile, tutta diretta all'eliminazione di ogni disfavore

e disparity di trattamento, soprattutto sul piano sociale ed

umano, nei confronti dei figli illegittimi. Cosi l'art. 3 della Costituzione della Repubblica, enun

ciando solennemente il principio che «tutti i cittadini

hanno pari dignitä sociale e sono eguali davanti alia legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali ». ha eliminate ogni diversity di posizione tra i cittadini in con

seguenza delle loro «condizioni personali» (e tra queste rientra indubbiamente lo stato personale e familiare) in

relazione alia loro « pari dignitä sociale » e alia loro « ugua

glianza dinanzi alia legge». L'art. 30 della stessa Costituzione a sua volta riconosce

speoifieamente che «la legge assicura ai figli nati fuori del

matrimonio ogni tutela giuridica e sociale, compatibile con

i diritti dei membri della famiglia legittima »,

In omaggio a tali principi il legislatore ordinario, « per sanare la situazione penosa in cui viene a trovarsi la lar

ghissima schiera degli illegittimi sottoposti alia umiliazione

di dover rivelare la loro origine ad ogni passo della vita ci

vile » (Relaz. alia Camera dell'on. Dal Canton), ha quindi

disposto la soppressione in tutti i documenti di riconosci

mento, negli estratti e certificati di stato civile, ed in tutti

gli atti e documenti le indicazioni relative alla paternitä e maternitä della persona (legge 31 ottobre 1955 n. 1064).

Da ultimo, la Corte costituzionale, dichiarando con la

recentissima sentenza 16 febbraio 1963, n. 7 (Foro it.,

1963, I, 471) la illegittimitä, costituzionale dell'art. 123, 1° e 2° comma, delle disposizioni transitorie del codice

civile, in relazione agli art. 3 e 30 della Costituzione, ha

eliminate ogni difformitä di trattamento tra i figli ille

gittimi nati prima del 1° luglio 1939 e quelli nati successi

vamente, riconoscendo perciõ anche ai primi il diritto di

esercitare l'azione per la dichiarazione giudiziale di pa ternity naturale ai sensi degli art. 269 e 278 cod. civ.

Ne ad infirmare la validity delle considerazioni che pre cedono puõ valere il rilievo dei ricorrenti secondo cui l'il

liceita del motivo nei caso di disposizione testamentaria

a favore di figlio illegittimo, dichiarato tale nella scheda,

si trarrebbe da ciõ ehe tale disposizione costituirebbe

in effetti un attentate alia famiglia legittima. A dimostrare l'infondatezza di tale rilievo basteranno

due osservazioni, e cioe :

a) ehe il legislatore ha espressamente riconosciuto

nel ricordato art. 593 del codice civile la possibility del

concorso dei figli natiirali non rieonoscibili eon i figli le

gittimi ed il coniuge, disponendo in tal caso soltanto

limitazioni alia normale capacity dei primi di ricevere per

testamento, eon l'effetto quindi ehe, come si e precedente mento accennato, le disposizioni a favore dei figli non rico

nosoibili, ove eccedano i limiti stabiliti nella legge, non sono

nulle ma soltanto riducibili a tali limiti nell'interesse dei

figli e loro discendenti e del coniuge ;

b) che la tutela della famiglia legittima in materia

successoria e attuata largamente, oltre che con la limita

zione di capacity dei figli naturali ora considerata soprat tutto con l'istituto della riserva (art. 537 e segg. cod. civ.),

per effetto del quale, le disposizioni lesive dei diritti dei

legittimari sono anch'esse non nulle, ma riducibili per la

parte eccedente la quota di riserva.

Concludendo perciõ su questo punto deve eseludersi

in linea di principio che possa ritenersi nulla per motivo

illecito ai sensi dell'art. 626 cod. eiv. la disposizione testa

mentaria fatta in favore di un figlio naturale non ricono

seibile, tale dichiarato nel testamento.

Ma nel caso di specie vi e una ulteriore ragione di ca

rattere assorbente, per escludere 1'applicability alia dispo sizione testamentaria de qua dell'art. 626.

E la ragione e quella gia prospettata in relazione alle

precedenti questioni, che cioe la Quinei, istituita erede

nel testamento del Yacirca, ha lo stato di figlia legittima altrui. Tale stato di legittimita, e ciõ e stato esattamente

posto in luce anche nella sentenza impugnata, come pre clude l'accertamento incidentale del rapporto di filiazione

naturale nei confronti del testatore e del donante ai fini

delPincapacitä di ricevere per testamento e per donazione, cosi lo preclude anche ai fini della ricerca del motivo illecito.

Analoghe considerazioni potrebbero farsi anche per escludere 1'applicabilitä nei confronti della Quinci del

l'art. 788, relativo al motivo illecito nelle donazioni, ove

si accertasse la simulazione relativa dell'atto di compra vendita da lei stipulate col Yacirca.

Rimane da esaminare ora l'altro profilo della censura

relativo al motivo erroneo.

Ma anche tale profilo non merita accoglimento, non

essendo la Corte del merito incorsa sul punto in alcuna con

traddizione.

Oecorre premettere che l'art. 624, 2° comma, cod. civ.

dispone specificamente che l'errore sul motivo, sia esso

di fatto o di diritto, õ causa di annullamento della dispo sizione testamentaria, quando il motivo risulta dal testa

mento ed 6 il solo che ha determinate il testatore a disporre.

Ora, posto che il «motivo » del testamento sta nella

ragione determinante di esso, come quella che ha dominato

la volontä del testatore nel momento in cui redigeva o

dettava la disposizione di ultima volontä, per potersi

parlare di motivo erroneo, tale da rendere inefficace la

disposizione, e necessaria la certezza ehe la volontä del

testatore sia stata dominata dalla rappresentazione di un

fatto non vero o diverso dal vero, in modo che se ne debba

dedurre che, se il fatto fosse stato percepito e conosciuto

nella sua veritä, quella disposizione testamentaria non sa

rebbe stata fatta.

L'errore puõ cadere o sulla persona dell'erede o del le

gatario o sull'oggetto della disposizione o infine anche sulla

ignoranza o falsa conoscenza di una norma di diritto (errore

di diritto), per cui il testatore si credette obbligato a di

sporre in quel determinato modo.

Alla stregua di siffatta premessa, non puõ dubitarsi

dell'esattezza dell'affermazione fatta dalla Corte secondo

cui, ai fini dell'indagine nella specie circa la sussistenza del

l'errore sul motivo, il divieto di contestazione sullo stato

di figlia legittima della Quinci non poteva piu funzionare

come limite invalicabile per l'accertamento di un diverso

rapporto di filiazione naturale, dovendo l'esame essere con

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873 GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE 874

dotto su quelle ehe erano state le ragioni effettive e reali

ehe avevano indotto il testatore a beneficare la stessa

Quinci, e quindi proprio sul piano della verita legale.

Ugualmente esatta õ pure l'altra affermazione della

Corte del merito ehe in tanto nella specie la disposizione testamentaria de qua avrebbe potuto ritenersi inficiata

da errore sul motivo, in quanto si fosse in concreto negato il fatto materiale del concepimento ad opera del testatore,

non giä per il fatto dell'esistenza della presunzione legale di cui all'art. 231 eod. civ., secondo cui cioe il nato in co

stanza di matrimonio si presume figlio del marito della

rnadre. Sarebbe occorsa in altri termini la certezza, come

la Corte ha chiaramente sottolineato, che il supposto rap.

porto di filiazione naturale fosse stato in realta inesisteiite,

perche solo cosi sarebbe stato lecito dedurre che la falsa

conoscenza di tale fatto aveva indotto a volere cosa diversa

da quella che si sarebbe realmente voluta.

Avendo quindi la Corte, con apprezzamento di fatto

incensurabile in questa sede, ritenuto che il processo non

solo non offriva la certezza che il supposto rapporto di

filiazione naturale fosse in realta inesistente, ma piuttosto la

escludeva, l'errore sul motivo non poteva che essere escluso

anch'esso.

Ora l'antinomia e la contraddittorietä, che i ricorrenti

lamentano, tra questa statuizione e quella precedente re

lativa all'esclusione dell'incapacita a succedere della stessa

Quinci nei confronti del Vacirca, e soltanto apparente e

non reale, essendo diversi i presupposti delle due statui

zioni e delle correlative situazioni a cui esse si riferi

scono. Mentre agli effetti dell'incapacita a succedere, lo

stato di figlio legittimo dell'istituito preclude, per il det

tato della legge, l'accertamento di un diverso rapporto di filiazione naturale e la verita legale, come si e precisato,

prevale sulla verita naturale, viceversa, agli effetti di sta

bilire la sussistenza o meno del motivo erroneo, poiche occorre accertare la spinta psichica effettiva che ha in

dotto il testatore a disporre in quel determinato modo e la

conformity o meno della rappresentazione interna con la

situazione estema nella sua entity reale (di guisa che il

motivo b erroneo solo in caso di disformita tra la rappre sentazione interna e la situazione esterna) non puõ non farsi

riferimento che alla veritä reale, e conseguentemente ven

gono meno quelle preclusioni che si e visto avere il loro

rilievo solo in relazione aH'accertamento di un'eventuale

incapacita a succedere.

Passando quindi all'esame del secondo ed ultimo motivo

del ricorso del Buscemi e del Galasso, con il quale si ripro

pongono le questioni relative alia simulazione della com

pravendita di cui al rogito Costa del 10 luglio 1958 e alia

nullitä della dissimulata donazione, e da osservare che tali

doglianze devono ritenersi inammissibili per difetto di

interesse dei ricorrenti, dal momento che, esclusa la nul

lita di una loro partecipazione, in concorso con il coniuge, alia successione legittima (ab intestato) del de cuius, essi

ricorrenti non hanno e non possono avere altra pretesa che

quella di conseguire i legati di cose determinate, cosl

come ad essi assegnati nel testamento, per l'esistenza e il

conseguimento dei quali sono del tutto irrilevanti, come 0

evidente, le vicende relative alia compravendita per rogito

Costa, intercorsa tra il Vacirca e la Quinci e quindi ad essi

estranea.

Rimane ora da esaminare il quarto ed ultimo motivo

del ricorso della Drogo. Con esso la ricorrente, denunciando

la falsa applicazione dell'art. 112 cod. proc. civ. e la viola

zione dell'art. 554 cod. civ., in relazione all'art. 360, nn. 3

e 4, cod. proc. civ., si duole che la Corte del merito abbia

ritenuto viziata da ultrapetizione la pronuncia dei Giudici

di primo grado, relativa al riconoscimento, in suo favore,

dell'usufrutto di due terzi dell'eredita.

Deduce che la detta pronuncia doveva ritenersi invece

compresa entro i limiti della sua domanda di riduzione

delle liberalitä. fatte dal de cuius in favore della Quinci

per conseguire i due terzi dell'eredita.

La censura b sostanzialmente fondata.

Infatti, anche se inizialmente l'azione proposta dalla

Drogo fu diretta a far ridurre la disposizione testamentaria

in favore della Quinci ai sensi dell'art. 593 cod. civ., succes

sivamente perõ, nel corso del giudizio, la stessa Drogo la

mentõ pur in ogni caso la lesione dei suoi diritti di riserva

taria tanto vero che propose all'uopo anche istanza di se

questro giudiziario. Che poi in sede di precisazione delle

conclusioni, la Drogo abbia insistito specificamente nella

istanza principale di riduzione, delle disposizioni testamen

tarie ex art. 593 cod. civ., ciõ non puõ valere ad escludere

la proposizione, sia pure in linea subordinata, dell'azione

di riduzione per lesione della quota di legittima, dato che

tale azione doveva ritenersi implicitamente contenuta nella

domanda, tanto piu che sia nell'atto di citazione sia nelle

conclusioni era stata pure chiesta 1a, divisione dei beni tra

le parti, al fine di definire conclusivamente ogni contegta

zione in ordine alia successione del defunto Yacirca.

£ indirizzo ormai costante di questo Supremo collegio che perche una domanda possa ritenersi validamente pro

posta in giudizio non e necessario che vi sia una istanza

formale o una espressa manifestazione di volontä specifi camente concretata nelle conclusioni, perche essa puõ anche risultare implicitamente o iiidirettamente dal con

tenuto sostanziale delle deduzioni e delle richieste delle

parti. Non incorre, pertanto, nel vizio di ultra o di extra

petizione il giudice che accoglie una domanda, la quale, sebbene non espressamente formulata nell'atto introduttivo

del giudizio, si possa ritenere tacitamente proposta e vir

tualmente contenuta nella domanda di citazione, quando essa si trovi, con particolare riguardo al petitum e alia

causa petendi in rapporto di necessaria connessione o addi

rittura di continenza con l'oggetto della lite.

Anche sul punto in oggetto la sentenza della Corte di

appello va perciõ cassata.

In relazione ai punti annullati, in accoglimento parziale del ricorso della Drogo, la causa va rinviata ad altro giu dice che provvedera anche in ordine alle spese nei confronti

della Drogo medesima.

II ricorso del Buscemi e del G-alasso va invece rigettato, con la condanna dei ricorrenti alle spese nei confronti della

resistente Quinci. Va ordinata la restituzione del deposito della Drogo

e la perdita del deposito degli altri due ricorrenti.

Per questi motivi, cassa, ecc.

CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE.

Sezione II civile ; sentenza 10 maggio 1963, n. 1149 ; Pres.

Vela P., Est. Fabi, P. M. Pedace (concl. conf.) ; Lazza

rato (aw. Lombardi) c. Soc. immob. Romana (Aw.

Formica).

(Oonferma App. Boma 3 dicembre 1960)

Trascrizione — 1'iano «li lottizzazione — Servitii — Omcssa trascrizione — Kiietti per il subacqui

rente.

Le servitii non trascritte imposte con un progetto di lottizza

zione predisposto dalVoriginario proprietario del suolo,

richiamato nel primo atto di vendita d'una porzione di

esso, non sono opponibili ad un subacquirente ehe nel

proprio atto di acquisto non abbia riconosciwto Vesistenza

del vincolo. (1)

(1) Sostanzialmente conforme Cass. 27 maggio 1961, n. 1259, Foro it., 1961, I, 1485 : se la nota di trascrizione menziona il

trasferimento di propriety e non anche la costituzione di servitü,

pur stipulata nello stesso atto a favore dell'immobile venduto

ed a carico di altro immobile del venditore, il titolo costitutivo

della servitii õ inopponibile agli acquirenti dell'immobile gra vato ebe, nell'atto di acquisto, non ne abbiano espressamente menzionato e riconosciuto l'esistenza. All'ampia nota di richiami

apposta a quella sentenza, adde Oass. 16 maggio 1961, n. 1154,

id., Rep. 1961, voce Trascrizione, n. 20 ; 27 gennaio 1962,

n. 157, id., Rep. 1962, voce eit., n. 28 ; Pocar, in Riv. dir. comm.,

1961, I, 429,

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