sezione II civile; sentenza 2 febbraio 1998, n. 981; Pres. Patierno, Est. Annunziata, P.M.Raimondi (concl. conf.); Ruggeri (Avv. Lo Faro) c. Barbagallo; Barbagallo (Avv. Garofalo,Signorelli) c. Ruggeri. Cassa App. Catania 4 luglio 1995 e decide nel meritoSource: Il Foro Italiano, Vol. 121, No. 7/8 (LUGLIO-AGOSTO 1998), pp. 2203/2204-2211/2212Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23193132 .
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2203 PARTE PRIMA 2204
risulta tardiva, essendo il 4 ottobre il quinto giorno del termine
da rispettare. (Omissis)
II
Motivi della decisione. — Occorre premettere che la Reina
ha depositato una memoria il 23 aprile 1997. Tale deposito deve ritenersi tempestivo (e quindi la memoria va presa in considera
zione) in quanto i cinque giorni previsti dall'art. 378 c.p.c. non
debbono intendersi «liberi». La tesi contraria era stata esposta da questa Corte suprema (Cass. 2540/82, Foro it., Rep. 1982, voce Cassazione civile, n. 296) «... in armonia con le altre
disposizioni concernenti il deposito delle comparse e memorie nel giudizio di merito, e, in particolare con l'art. 190 c.p.c. ...» nel quale erano indicati, per la comunicazione delle com
parse conclusionali e delle memorie di replica, i termini, rispet
tivamente, di dieci giorni liberi e di cinque giorni liberi prima dell'udienza di discussione.
Dopo la sostituzione dell'art. 190 cit. (operata dall'art. 24
1. 26 novembre 1990 n. 353) è però venuta a mancare a tale
tesi la base normativa ora esposta, in quanto l'attuale contenu
to di tale articolo non contempla più giorni «liberi».
Non rimane pertanto che interpretare l'art. 378 cit. secondo
il principio, più volte esposto da questa Corte suprema in tema
di computo dei termini processuali, che qualora la legge non
preveda espressamente trattarsi di termine Ubero (e cioè con esclu
sione dal computo stesso sia del giorno iniziale sia di quello
finale), opera il criterio generale di cui all'art. 155 c.p.c. secon
do il quale non vanno conteggiati il giorno e l'ora iniziali com
putandosi invece quelli finali (v. fra le altre Cass. 2807/97, id., Rep. 1997, voce Fallimento, n. 49; 26/95, id., Rep. 1995, voce
Lavoro e previdenza (controversie), n. 131; 1655/85, id., 1985,
I, 2672). (Omissis)
I
CORTE DI CASSAZIONE; sezione II civile; sentenza 2 feb
braio 1998, n. 981; Pres. Patderno, Est. Annunziata, P.M.
Raimondi (conci, conf.); Ruggeri (Avv. Lo Faro) c. Barba gallo; Barbagallo (Aw. Garofalo, Signorelli) c. Ruggeri. Cassa App. Catania 4 luglio 1995 e decide nel merito.
Comunione e condominio — Condominio negli edifici — Tra
sferimento della proprietà esclusiva — Spese comuni — Sog
getto obbligato (Cod. civ., art. 1104, 1123; disp. att. cod.
civ., art. 63).
Il condomino che venda l'immobile di sua proprietà esclusiva
è tenuto a contribuire alle spese condominiali deliberate quando era ancora proprietario, ma non anche a quelle deliberate suc
cessivamente alla vendita. (1)
(1-2) Le pronunzie sembrano riproporre un contrasto di giurispru denza, finora passato inavvertito (tant'è che nella sentenza più recente Cass. 4393/97 viene richiamata come conforme), circa l'individuazione del momento di insorgenza dell'obbligo di contribuzione alle spese con dominiali e, quindi, del soggetto tenutovi, nell'ipotesi di trasferimento di proprietà di immobile sito nell'edificio condominiale: mentre, infatti, Cass. 981/98, in conformità a Cass. 26 ottobre 1996, n. 9366, Foro
it., Rep. 1996, voce Comunione e condominio, n. 102 (che pure, come
emerge dalla motivazione, riportata in Arch, locazioni, 1997, 238, si riferisce ad un caso in cui era in discussione la contribuzione a spese per «lavori di manutenzione» di parti comuni dell'edificio), identifica tale momento con la delibera della spesa da parte dell'assemblea condo
miniale, Cass. 4393/97, viceversa, sulla scorta di Cass. 7 luglio 1988, n. 4467, id., Rep. 1989, voce cit., n. 97 (per esteso in Arch, locazioni,
Il Foro Italiano — 1998.
II
CORTE DI CASSAZIONE; sezione II civile; sentenza 17 mag
gio 1997, n. 4393; Pres. Patierno, Est. Paolini, P.M. Pal
mieri (conci, parz. diff.); Condominio via S. Nicola da To lentino 1/5, Roma (Aw. F. e P. Massafra) c. Soc. Gestim
(Avv. Mazzei), Soc. Sodif; Soc. Sodif (Aw. Selli) c. Soc. Gestim, Condominio via S. Nicola da Tolentino 1/5, Roma. Conferma App. Roma 7 luglio 1994.
Comunione e condominio — Condominio negli edifici — Tra
sferimento della proprietà esclusiva — Spese comuni — Sog
getto obbligato (Cod. civ., art. 1104, 1123; disp. att. cod.
civ., art. 63).
Il condomino che trasferisca la porzione di immobile di sua
proprietà esclusiva non è tenuto a contribuire alle spese di
manutenzione delle parti comuni dell'edificio erogate succes
sivamente alla vendita, derivando l'obbligo di pagamento dei
suddetti contributi dalla concreta attuazione dell'attività di
manutenzione, e non già dalla preventiva approvazione deHa
spesa e dalla relativa ripartizione. (1)
1989, 72), ritiene decisivo il momento della concreta attuazione dell'at tività di manutenzione, piuttosto che quello della preventiva approva zione e ripartizione tra i condomini della spesa, avente funzione mera
mente autorizzativa del compimento di una determinata attività gestio nale da parte dell'amministratore.
In senso favorevole a quest'ultima soluzione, tra le pronunzie di me
rito, v. Pret. Firenze 26 febbraio 1991, Foro it., Rep. 1991, voce cit., n. 129 (e Giur. merito, 1991, 733, con riferimento a spese per lavori di straordinaria manutenzione); Pret. Verona 2 marzo 1990, Foro it.,
Rep. 1990, voce cit., n. 115.
Circa il carattere non costitutivo, bensì meramente dichiarativo (del credito del condominio nei conformi dei singoli condomini), della deli
bera di approvazione delle spese comuni da parte dell'assemblea condo
miniale, oltre alla risalente Cass. 21 maggio 1964, n. 1251, id., 1964, I, 2008, con nota di G. Branca, v. Cass. 14 marzo 1987, n. 2658, id., Rep. 1987, voce cit., n. 93; 5 novembre 1992, n. 11981, id., Rep. 1993, voce cit., n. 151, la quale rileva tuttavia come soltanto in seguito a tale delibera sorge l'obbligo di contribuzione di ciascun condomino ed inizia, quindi, a decorrere il termine di prescrizione del credito del
condominio. Per quanto riguarda le spese di manutenzione ordinaria e quelle rela
tive ai servizi comuni essenziali, d'altra parte, si rammenta che l'eroga zione di esse non richiede la preventiva approvazione dell'assemblea condominiale (ma soltanto l'approvazione in sede di consuntivo), trat
tandosi di esborsi dovuti a scadenze fisse e rientranti nei poteri attribui ti all'amministratore in quanto tale (ex art. 1130, n. 3, c.c.), e non
come esecutore delle delibere assembleari: v., da ultimo, Cass. 18 mag gio 1994, n. 4831, id., Rep. 1994, voce cit., n. 193; 17 marzo 1993, n. 3159, id., 1993, I, 2520, in motivazione; 17 giugno 1988, n. 4126, id.. Rep. 1989, voce cit., n. 143; 18 agosto 1986, n. 5068, id., Rep. 1987, voce cit., n. 125 (e Arch, locazioni, 1986, 620).
L'individuazione del momento di maturazione dell'obbligo di contri buzione alla spesa condominiale rileva sia nei rapporti interni tra l'alie nante e l'acquirente della singola unità immobiliare (con riferimento ai quali, v. Pret. Bologna 12 marzo 1994, Foro it., Rep. 1995, voce
cit., n. 132, nel senso dell'applicabilità della disciplina ex art. 1298 c.c.; nonché Trib. Napoli 28 dicembre 1991, id., Rep. 1993, voce cit., n.
174, circa il diritto dell'acquirente, che abbia pagato oneri condominiali di portierato maturati anteriormente al trasferimento di proprietà, di
surrogarsi nei confronti del suo dante causa), sia nei rapporti esterni con il condominio: ed infatti, se è vero che a norma dell'art. 63, 2°
comma, disp. att. c.c. «chi subentra nei diritti di un condomino è ob
bligato, solidalmente con questo, al pagamento dei contributi relativi all'anno in corso e a quello precedente» (sul punto, cfr. Cass. 22 aprile 1982, n. 2489, id., Rep. 1982, voce cit., n. 78, che può leggersi in Giust.
civ., 1982, I, 2068, con nota di E. Alvino), è anche vero che tale soli darietà sussiste soltanto con riferimento al periodo indicato dalla nor ma (e non anche per contributi condominiali afferenti a periodi diversi, sebbene approvati nello stato di ripartizione relativo all'anno in corso o a quello precedente, come sottolineato da Cass. 9 luglio 1964, n.
1814, Foro it., Rep. 1964, voce cit., n. 150; nel senso che l'art. 63, 2° comma, disp. att. c.c. non è suscettibile di applicazione estensiva, v. anche Trib. Reggio Emilia 7 dicembre 1990, id., Rep. 1992, voce
cit., n. 153), e che, d'altra parte, analoga solidarietà non sussiste a carico del condomino alienante, con riferimento agli obblighi contribu tivi maturati successivamente al trasferimento di proprietà (su tale pun tualizzazione, cfr. Pret. Gragnano 13 dicembre 1980, id., Rep. 1981, voce cit., n. 59). Circa i limiti di operatività del suddetto obbligo soli
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
I
Svolgimento del processo. — Per pagamenti di oneri condo
miniali concernenti un locale, sito in Catania, via Etnea n. 243, venduto da Ruggeri Giuseppina a Barbagallo Sebastiano con
rogito del 12 marzo 1992 e colpito dal sisma del 1990, la vendi
trice, in giudizi di opposizione a decreti ingiuntivi relativi ad
oneri per incarichi conferiti a tecnici, proponeva domanda ri
convenzionale, volta ad accertare il soggetto tenuto all'intero
pagamento degli stessi oneri, per cui il processo veniva riassun
to davanti al Tribunale di Catania.
L'adito tribunale, con sentenza del 9 maggio 1994, con riferi
mento alle quote relative al locale venduto ed oggetto di delibe
re assembleari del 3 gennaio 1991 e successive alla vendita (23
aprile 1992 e 9 luglio 1992), riteneva tenuto al pagamento delle
quote di spesa il compratore Barbagallo, limitatamente alle spe se di cui alle delibere assembleari, successive alla vendita del
locale indicato.
Su gravame del Barbagallo, la Corte di appello di Catania
con sentenza del 4 luglio 1995 dichiarava le parti tenute in soli
do al pagamento di tutte le spese di condominio e compensava le spese dei due gradi di giudizio, per intero.
dale dell'acquirente (sussistente anche in ipotesi di acquisto in sede di vendita forzata: cfr. Cass. 1814/64, cit.), v. inoltre, nel senso che con la locuzione «contributi relativi all'anno in corso e a quello precedente» il legislatore ha inteso riferirsi all'anno di gestione condominiale, e non a quello solare, Trib. Milano 8 luglio 1971, id., Rep. 1972, voce cit., n. 110 (annotata da G. Terzago, in Nuovo dir., 1972, 706).
L'obbligazione di pagamento degli oneri condominiali a carico dei condomini si configura, secondo l'opinione consolidata della giurispru denza, come obligatio propter rem (cfr., ex plurimis, Cass. 2658/87, cit.; 16 dicembre 1988, n. 6844, Foro it., Rep. 1989, voce cit., n. 95; 27 giugno 1994, n. 6187, id., 1995, I, 866, con nota di D. Piombo, in senso difforme rispetto all'orientamento prevalente circa l'applicabi lità del principio dell'apparenza del diritto nell'ambito condominiale, riguardo allo status di condomino; e, da ultimo, Cass. 20 novembre
1996, n. 10214, id., 1996, I, 3665, e 12 novembre 1997, n. 11152, id., 1998, I, 1105; nonché, tra le pronunzie di merito, Pret. Udine 5 aprile 1990, id., Rep. 1992, voce cit., n. 156, annotata da P. Scalettare, in Giur. merito, 1992, 386, che ha escluso che l'obbligo di contribuzio ne possa gravare sul provvisorio acquirente di un appartamento sito nell'edificio condominiale).
Secondo App. Roma 6 dicembre 1993, Foro it., Rep. 1995, voce cit., n. 133, la disposizione dell'art. 63, 2° comma, disp. att. c.c. «rende insostenibile la tesi della realità pura ed assoluta dell'obbligo di contri buzione alle spese condominiali, quanto meno nei rapporti fra condo mino e condominio» (nel senso che la norma in discorso solo in appa renza costituisca eccezione al principio dell'obbligazione propter rem, v. tuttavia L. Salis, Condominio negli edifici, voce del Novissimo dige sto, Torino, 1959, 1136). In dottrina, anche sul concetto di successore nella qualità di condomino, ai fini dell'art. 63, cpv., disp. att. c.c., v., tra gli altri, G. Branca, Comunione. Condominio negli edifici, in Commentario Scialoja-Branca, 6a ed., Bologna-Roma, 1982, 577 ss.
(il quale osserva che la disposizione in discorso riproduce, con il limite
temporale dell'anno in corso e di quello precedente all'acquisto, la nor ma generale dell'art. 1104, 3° comma, c.c., secondo cui «il concessio nario del partecipante [alla comunione] è tenuto in solido con il cedente a pagare i contributi da questo dovuti e non versati». In relazione al l'art. 1104 c.c., l'autore rileva poi [162 ss.] che in base ai criteri di cui all'art. 1298 c.c., nei rapporti interni fra alienante e acquirente, nel silenzio del contratto, le spese occorrenti per il godimento della cosa di cui ha beneficiato soltanto l'alienante saranno tutte a carico di que sto, a differenza di quelle dirette alla conservazione del bene comune, di cui beneficia anche il successore); F. Girino, Il condominio negli edifici, in Trattato diretto da Rescigno, Torino, 1982, 8, 382 ss.; G.
Terzago, Il condominio, 2a ed., Milano, 1993, 750 ss. Circa i rapporti tra ex-condomino e condominio, v. Cass. 10 gennaio
1990, n. 9, Foro it., Rep. 1990, voce cit., n. Ili (riportata in Giust.
civ., 1990, I, 2098, con nota di M. De Till a), nel senso che, dal mo
mento in cui il trasferimento della proprietà del piano o della porzione di piano viene reso noto al condominio, il venditore, non più legittima to a partecipare direttamente alle assemblee condominiali (né ad impu
gnare le relative delibere, avendo perduto lo status di condomino), può far valere le proprie ragioni connesse al pagamento dei contributi a
suo carico (relativi all'anno in corso e a quello precedente, ex art. 63
disp. att. c.c.) attraverso l'acquirente che gli è subentrato quale condo
mino, che assume al riguardo, anche in relazione al vincolo di solidarie
tà che lo lega all'alienante, la veste di gestore di affari (senza rappre sentanza), con il conseguente obbligo di partecipare alle assemblee con
dominiali e far valere in merito anche le ragioni del suo dante càusa.
[D. Piombo]
Il Foro Italiano — 1998.
Osservava la corte catanese che, in mancanza di patto dero
gatorio ad hoc nel contratto di vendita, per il principio stabilito
dagli art. 1104 c.c. e 63, 2° comma, disp. att. stesso codice,
entrambi i soggetti sono tenuti in solido al pagamento per gli oneri (come obbligazioni propter rem), per gli anni 1991 e 1992.
Avverso la stessa sentenza ha proposto ricorso per cassazione
la Ruggeri, affidando il mezzo a due motivi, seguito da memo
ria difensiva. Resiste con controricorso il Barbagallo, che ha
presentato anche ricorso incidentale, seguito da memoria di
fensiva.
Motivi della decisione. — Con il primo motivo, denunciando falsa applicazione dell'art. 63 disp. att. c.c. e violazione del
l'art. 360, n. 3, c.p.c., la Ruggeri deduce che la corte catanese
ha erroneamente esteso alle delibere successive alla vendita l'ob
bligo solidale di essa ricorrente.
Con il secondo motivo, denunciando vizio di insufficiente e
contraddittoria motivazione su un punto decisivo della contro
versia, deduce che la stessa corte ha trascurato che le spese suc
cessive alla vendita non erano maturate al momento della ven
dita stessa.
Con il ricorso incidentale, il Barbagallo, con il primo motivo
(e dopo di aver eccepito l'inammissibilità del ricorso, per caren
za dei requisiti di cui all'art. 366, nn. 3 e 4, c.p.c.), denuncian
do violazione di legge (art. 1123 s. c.c. e 63 cit.), deduce che
la corte avrebbe dovuto estendere la solidarietà a tutte le spese
conseguenziali al consolidamento del locale, in seguito al sisma.
Con il secondo motivo, denunciando violazione degli art. 91
s. c.p.c., deduce che la corte catanese avrebbe dovuto mettere
le spese dei giudizi di merito, a carico della ricorrente principale. I due ricorsi, in quanto proposti contro la stessa sentenza,
vanno riuniti (art. 335 c.p.c.). Incominciando, in ordine logico, dall'inammissibilità del ri
corso principale, eccepita dal ricorrente incidentale, osserva la
corte che il gravame presenta i requisiti stabiliti dalla legge (art.
366, nn. 3 e 4, c.p.c.), sotto il profilo dell'enunciazione del
fatto di causa e delle censure in diritto alla motivazione della
sentenza impugnata.
Passando, ora, all'esame dei motivi dello stesso ricorso prin
cipale (che, per connessione tra loro, vanno valutati congiunta
mente), ritiene la corte che sono fondati.
Premesso che non sono in discussione le spese condominiali, di cui alla delibera assembleare del 3 gennaio 1991 (anteriore alla vendita del locale), bisogna ricordare che è principio rice
vuto in giurisprudenza, secondo cui, nel regime di solidarietà
dell'onere delle spese in condominio, nell'ipotesi in cui il con
domino venda la sua proprietà esclusiva (come nel caso che ne
occupa) (art. 63 disp. att. c.c.), il proprietario venditore è tenu
to al pagamento delle spese deliberate quando era ancora pro
prietario (tra le altre, Cass. 26 ottobre 1996, n. 9366, Foro it.,
Rep. 1996, voce Comunione e condominio, n. 102; 17 maggio
1997, n. 4393, id., 1998, I, 2204). Di tale principio (da cui la sezione non ha motivo per disco
starsi) la sentenza impugnata non ha fatto applicazione, perché ha stabilito che la ricorrente principale deve sopportare l'onere
anche delle spese deliberate dopo la vendita del locale (delibere del 23 aprile 1992 e 9 luglio 1992).
Né può essere valida argomentazione quella della corte cata
nese, che ha ravvisato un certo collegamento tra la prima deli
bera e le due successive, perché le norme indicate (art. 1104
c.c. e 63 disp. att. stesso codice) non danno spazio a deroga di sorta al principio applicabile nel caso in esame.
Ne deriva che, in accoglimento del ricorso principale, la cor
te, ricorrendo nel caso che ne occupa i presupposti di cui al
l'art. 384 c.p.c., annulla la sentenza impugnata, limitatamente
alle delibere assembleari del 23 aprile 1992 e 9 luglio 1992, nel senso che, in relazione alla stessa delibera, deve essere esclusa
la condanna in solido della ricorrente principale. II ricorso incidentale è privo di fondamento, perché: a) il pri
mo motivo è generico, in quanto non indica le altre spese, per
cui ci sarebbe la solidarietà; b) il secondo motivo è inammissibi le, perché concerne il potere discrezionale del giudice del merito
in tema di governo delle spese, non sindacabile in sede di legit timità.
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2207 PARTE PRIMA 2208
II
Svolgimento del processo. — Il presidente del Tribunale di
Roma, in accoglimento di domanda in tal senso prodotta dal
condominio nell'edificio al n. 1/5 della via S. Nicola da Tolen tino dell'agglomerato urbano capitolino, pronunciò, ai sensi del
l'art. 641 c.p.c., ingiunzione con la quale intimò alla Gestim s.p.a., componente della collettività condominiale, di pagare al
l'ente istante lire 152.533.125 dallo stesso assunte, dovutegli a
titolo di quota di sua spettanza di spese per lavori di manuten
zione dello stabile anzidetto deliberate dall'assemblea dei con
domini in un'adunanza del 4 maggio 1981 e ripartite fra i con
domini medesimi con ulteriore delibera assembleare del 22 gen naio 1982.
La Gestim s.p.a., con atto del 1° marzo 1982, propose tem
pestiva opposizione, a mente dell'art. 645 del codice di rito, avverso l'ingiunzione cennata e, all'uopo citando l'intimante di
nanzi al tribunale anzidetto, contestò la pretesa dello stesso co
me sopra monitoriamente azionata, sostenendo di aver impu
gnato, con citazione del 1° settembre 1981, la menzionata deli
bera dell'assemblea condominiale del 4 maggio 1981, recante
approvazione del piano dei lavori in argomento, che il giudizio da essa opponente a tal fine istituito era tuttora pendente, e
che, comunque, alla data dell'11 gennaio 1982, in cui era stato
approvato lo stato di ripartizione delle spese inerenti ai lavori
cennati, non aveva avuto la qualità di partecipe del condominio
opposto, per aver venduto fin dal 6 maggio 1981 la sua porzio ne dello stabile in controversia alla Gaumont s.p.a.
Il tribunale, con sentenza del 2 agosto 1991, resa nel contrad
dittorio e nella resistenza, oltre che del condominio nell'edificio
al n. 1/5 della via S. Nicola da Tolentino di Roma, della nomi
nata Gaumont s.p.a., la quale, per un verso, aveva spiegato intervento ad adiuvandum in favore dell'ente opposto, e, per un altro, aveva chiesto la condanna dell'opponente a rimbor
sarle la somma di lire 50.000.000, oltre accessori, asserita da
essa interventrice versata alla collettività condominiale in paga mento parziale del credito da questo come sopra azionato, da
un lato, rigettò l'opposizione ad ingiunzione, e, dall'altro, di
sattese anche la domanda recuperatoria introdotta dalla Gau
mont s.p.a. Sui gravami, rispettivamente, principale della Gestim s.p.a.
e incidentale della Sodif s.p.a., così essendosi nel frattempo de
nominata la Gaumont s.p.a., la Corte d'appello di Roma, con
sentenza del 7 luglio 1994, data nel contraddittorio del condo
minio nell'edificio al n. 1/5 della via S. Nicola da Tolentino, in accoglimento della prima impugnazione, assolse l'appellante
principale dalla domanda azionata nei suoi confronti dell'ente
appellato. La corte distrettuale, dopo aver evidenziato, disattendendo
ecceptiones iudicati sollevate dall'appellante incidentale e dal
l'appellato, non potersi ravvisare con riferimento alla fattispe cie nessuna valenza preclusiva, correlabile al dettato dell'art.
2909 c.c., ad una sua precedente sentenza in data 1° febbraio
1990, resa in processo diverso da quello in esame fra le stesse
parti di questo, recante riconoscimento della validità della deli
bera dell'assemblea del condominio in data 4 maggio 1981, al
trove ricordata, e ciò in quanto la sentenza considerata non
aveva riguardato direttamente alla problematica afferente alla
debenza dei contributi in discussione nella presente sede, e do
po aver rilevato aver l'appellante incidentale rinunciato al moti
vo di gravame inteso a censurare il capo della decisione di pri mo grado portante reiezione della pretesa recuperatoria fatta
valere contro la Gestim s.p.a., motivò la pronuncia osservando,
per quanto può rilevare nel presente stadio di legittimità, dover
gli «oneri condominiali» in discorso, qualificati «obbligazioni propter rem», far carico alla Sodif s.p.a., per esser state soste
nute, oltre che definitivamente deliberate, le spese alle quali es
se ottenevano in epoca successiva al momento in cui detta so
cietà era subentrata all'appellante principale nella proprietà del
la porzione del fabbricato in condominio a questa appartenuta e dopo la scadenza del termine annuale dalla data in cui la
Gestim s.p.a. aveva cessato di essere partecipe della collettività
condominiale appellata. Il condominio nell'edificio al n. 1/5 della via S. Nicola da
Tolentino di Roma e la Sodif s.p.a. ricorrono separatamente, ciascuno con due motivi, per la cassazione della suindicata sen
tenza d'appello, notificata il 31 ottobre 1994. La Gestim s.r.l.,
Il Foro Italiano — 1998.
risultante dalla trasformazione della Gestim s.p.a., resiste ai ri
corsi, notificatile, rispettivamente, il 15 ed il 21 dicembre 1994, con controricorsi del 24 e del 28 gennaio 1995. La ricorrente
Sodif s.p.a. e la controricorrente hanno depositato memorie.
Motivi della decisione. — 1. -1 ricorsi, separatamente propo sti contro la stessa sentenza, a mente dell'art. 335 c.p.c., devo
no essere riuniti.
2. - Il condominio nell'edificio al n. 1/5 della via S. Nicola da Tolentino di Roma ha azionato nel presente giudizio, istitui
to con il rito di cui agli art. 633 ss. c.p.c., una domanda intesa, ai sensi dell'art. 1130, 1° comma, n. 3, c.c., ad ottenere da
uno dei suoi componenti il pagamento della quota di sua perti nenza dell'importo di spese di manutenzione, ordinaria e straor
dinaria, dell'edificio condominiale la cui esecuzione risulta esse
re stata approvata dall'assemblea dei condomini con delibera
adottata nell'adunanza tenutasi il 4 maggio 1981: ha introdotto
la pretesa considerata nei confronti della Gestim s.r.l., stata
partecipe della collettività condominiale, in quanto proprietaria di una delle porzioni dell'edificio in condominio, da lei poi ce duta, in vendita, alla Sodif s.p.a. il 6 maggio 1981, alla data
dell'adozione della cennata delibera assembleare del 4 maggio 1981.
La Corte d'appello di Roma, con la sentenza qui impugnata, ha sanzionato la reiezione dell'istanza di cui trattasi, a sostegno della quale ha spiegato intervento nel processo la dianzi men
zionata Sodif s.p.a., in particolare, dopo aver disatteso una de
duzione con la quale il condomino attuale ricorrente, appellato nel precedente stadio di merito, e l'interventrice sunnominata,
prospettando una quaestio iudicati, avevano sostenuto risultare
l'irrettrattabile accertamento della bontà delle ragioni di credito
oggetto della delibata domanda da una sua precedente sentenza
n. 242 del 1° febbraio 1990, pronunciata fra le stesse parti in
un giudizio diverso da quello in esame, a suo tempo non impu
gnata e, quindi, passata in cosa giudicata: ha rilevato, sul tema, che «di preclusione nascente dal giudicato si può parlare soltan
to se sussista identità di elementi (soggetti, peti turn, causa pe
tendi), identità non ravvisabile nel caso di specie», in quanto mentre l'oggetto del giudizio concluso dalla citata sentenza n.
242 del 1990 era dato dalla verifica della validità della ripetuta delibera dell'assemblea del condominio ricorrente in data 4 mag
gio 1981, sicché «il giudicato formale (a detta sentenza correla
bile) riguarda la sola validità della delibera stessa», nel presente
giudizio «si controverte della sussistenza dell'obbligo del paga mento dei contributi condominiali (avente il titolo nella delibera
cennata) a carico dell'alienante (Gestim s.r.l.) o dell'acquirente
(Sodif s.p.a.)». Il condominio nell'edificio al n. 1/5 della via S. Nicola da
Tolentino di Roma e la Sodif s.p.a., con il primo motivo dei loro ricorsi, criticano la pronuncia resa sul punto dalla corte
distrettuale, denunciandola inficiata, rispettivamente, da «vio
lazione e falsa applicazione dell'art. 324 c.p.c., nonché vizio
di motivazione in ordine al rigetto dell'eccezione di giudicato», e da «violazione dell'art. 2909 e dei principi giuridici in tema
di res iudicata. Mancanza di motivazione, art. 360, nn. 3 e 5,
c.p.c.»: più specificamente, prospettando doglianze, nella so
stanza, analoghe, sulla premessa che la corte anzidetta, nello
statuire che «di preclusione nascente dal giudicato si può parla re soltanto se sussista identità di elementi (tra la pronuncia già divenuta definitiva e quella da rendere)», si sarebbe discostata
dalle enunciazioni di principio recepite nella giurisprudenza di
legittimità, secondo le quali, da un lato, «quando due giudizi fra le stesse parti hanno per oggetto un medesimo negozio o
rapporto giuridico, ed uno di essi è stato definito con sentenza
passata in giudicato, l'accertamento compiuto circa una situa
zione giuridica o la risoluzione di una questione di diritto che abbia inciso su un punto fondamentale comune ad entrambe
le cause e costituito il presupposto logico della sentenza passata in giudicato, precludono il riesame sul punto accertato e risolto
anche nel caso che il successivo giudizio abbia finalità diverse
da quelle che costituiscono lo scopo e il petitum del secondo»,
e, dall'altro, «la portata precettiva di una pronuncia va indivi
duata tenendo conto non solo del dispositivo ma anche della
motivazione», sostengono, in definitiva, che la sentenza impu
gnata avrebbe ingiustificatamente ed erroneamente escluso la
dedotta efficacia preclusiva della dianzi ricordata decisione n.
242 del 1990, per non aver considerato, in patente contraddizio
ne con le risultanze di causa, aver questa statuito, inequivoca
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
bilmente affermandolo nella motivazione, anche «in ordine al
l'obbligo della Gestim di contribuire pro quota al pagamento
degli oneri condominiali» in contestazione, aventi il titolo nella
ripetuta delibera assembleare del 4 maggio 1981.
Le censure, da delibarsi congiuntamente in ragione della loro
attinenza ad una medesima problematica, sono immeritevoli in
ingresso. In proposito, è da dire che è ben vero che il giudicato sostan
ziale (art. 2909 c.c.), riflesso di quello formale (art. 324 c.p.c.), si forma e fa stato tra le parti e i loro successori, oltre che
sul dictum diretto ed esplicito della pronuncia divenuta definiti
va, su tutto ciò che abbia integrato oggetto della decisione, com
presi quegli accertamenti che costituiscono il presupposto logico
giuridico di questa (cfr., in tal senso, ex plurimis, Cass., sez.
un., n. 6689 del 14 giugno 1995, Foro it., Rep. 1995, voce Cosa
giudicata civile, n. 26; n. 5222 del 5 giugno 1996, id., Rep. 1996, voce cit., n. 18, espressioni di orientamento giurispruden ziale pacifico), e, però, perché di intervenuta formazione di giu dicato possa discutersi è, comunque, necessario che sia riscon
trabile una qualche declaratoria recante accertamento di una
situazione di fatto o di diritto: e la verifica della sussistenza, o non, di una declaratoria siffatta, quando, come nel caso in
esame, si verta in tema di verifica della riscontrabilità di un
giudicato c.d. esterno, formatosi cioè in un processo diverso
da quello di cui trattasi, risolvendosi in un apprezzamento di
contorni fattuali della vertenza, per una giurisprudenza costan
te dalla quale non vi è ragione di discostarsi, deve intendersi
demandato in esclusiva al giudice del merito, al quale unica
mente spetta, quindi, il compito di individuare i limiti e la por tata effettivi della dedotta res iudicata con statuizioni destinate
a sottrarsi al giudicato di legittimità se sorrette da motivazione
sufficiente e non contraddittoria e se rese nel rispetto delle pre scrizioni dell'art. 2909 c.c. (cfr., sul tema, Cass. n. 7891 del
20 luglio 1995, ibid., n. 11). Orbene, nella fattispecie, la corte territoriale ha dichiarato
non essere contenuta nella ripetuta propria precedente sentenza
n. 242 del 1° febbraio 1990, divenuta irretrattabile, nessuna de
claratoria concernente l'individuazione del soggetto passivo del
rapporto obbligatorio avente ad oggetto il contributo condomi
niale in discussione in questa sede, dalla così resa declaratoria
traendo il corollario dell'inesistenza del dedotto giudicato ester
no sull'oggetto della presente controversia.
I ricorrenti, con i qui delibati mezzi dei loro gravami, muo
vono alla statuizione considerata appunti che, pur formalmente
intesi a denunciare, asseriti, errori di diritto (violazioni degli art. 2909 c.c. e 324 c.p.c.) e, pretesi, vizi di motivazione, si
risolvono, nella realtà, non nella denuncia di non ortodossa ap
plicazione di norme giuridiche, o di incongruenze e inadegua tezze deWiter logico tra il tramite del quale la corte distrettuale
è pervenuta alla decisione contestata ma, nella prospettazione del fatto, accampato, che detta corte avrebbe erroneamente in
terpretato le risultanze processuali e negato, contro la verità,
addotta, documentata dagli atti la riscontrabilità nella ripetuta
propria sentenza n. 242 del 1990 di un accertamento, anche, sul tema dibattuto anche nella presente vertenza, e, quindi, nel
la deduzione di quaestio facti, da avere per non utilmente solle
vata in sede di legittimità perché tendente ad ottenere la messa
in discussione in tale sede della concreta valenza di emergenze
l'apprezzamento delle quali deve restare, in linea di principio, riservata in esclusiva al giudice del merito.
3. - Il condominio dell'edificio al n. 1/5 della via S. Nicola
da Tolentino di Roma, come detto, ha proposto, e coltiva, una
domanda intesa ad ottenere, ai termini dell'art. 1130, 1° com
ma, n. 3, c.c., il pagamento dei contributi nella spesa condomi
niale in contestazione dalla Gestim s.r.l., deducendo dover esse
re ritenuta questa obbligata a soddisfare il credito da esso istan
te azionato per essere stata partecipe della collettività
condominiale allorché la spesa considerata venne deliberata dal
l'assemblea dei condomini (4 maggio 1981). La Corte d'appello di Roma, nella riscontrata fondatezza di
assunti prospettati dalla summenzionata Gestim s.r.l. per con
trastare la pretesa, questa ha disatteso, osservando, in buona
sostanza, che, avendo l'attuale controricorrente trasferito alla
Sodif s.p.a. la porzione dell'immobile condominiale di sua pro
prietà esclusiva il 6 maggio 1981, due giorni dopo l'adozione
della cennata delibera di approvazione della spesa in argomen
to, ed essendo stato approvato lo stato di ripartizione di tale
li Foro Italiano — 1998.
spesa in epoca ancora successiva, e cioè I'll gennaio 1982, «gli oneri condominiali in questione, qualificati . . . obbligazioni propter rem, devono considerarsi trasferiti a carico della acqui rente delle porzioni immobiliari, non avendo decisiva rilevanza
l'anteriorità della delibera assembleare rispetto alla data di ac
quisto», importando il trasferimento di porzione di edificio con
dominiale la traslazione di ogni onere ob rem e, quindi, del
carico delle spese comuni scaturenti da delibera assembleare an
tecedente all'acquisto al successore a titolo particolare, e doven
do «l'obbligo del pagamento delle spese in questione grava(re) su ciascun condomino per il solo fatto di avere in atto una
quota di proprietà»; soggiungendo, sul tema, che la spesa di
cui trattasi, pur essendo stata deliberata il 4 maggio 1981 «in
un ammontare indicato in via sommaria ed orientativa», «fu
a più riprese portata all'attenzione dell'assemblea dei condomi
ni (10 giugno 1981, 18 novembre 1981)», e che il relativo stato
di ripartizione fu approvato, con delibera ravvisata non di «ca
rattere meramente ricognitivo», I'll gennaio 1982, «nell'anno
successivo a quello in cui la Gestim cessò di essere condomi
na ... e quindi oltre il limite temporale di cui all'art. 63, 2°
comma, disp. att. c.c.».
Il condominio nell'edificio al n. 1/5 della via San Nicola da Tolentino di Roma, con il secondo motivo del suo ricorso, de
duce che, così statuendo, la corte distrettuale sarebbe incorsa
in «violazione e falsa applicazione degli art. 1104, 1137 c.c.
e 63 disp. att. c.c.», nonché in «vizio di motivazione in ordine
alla dichiarata insussistenza dell'obbligo della Gestim s.p.a.»,
sostanzialmente, prospettando avere la corte anzidetta erronea
mente escluso la riconducibilità all'attuale controricorrente del
l'obbligazione contributiva in controversia, mentre tale ricon
ducibilità avrebbe dovuto essere ritenuta in ragione del fatto
che l'esecuzione delle spese condominiali cui l'obbligazione ine
risce risulta essere stata deliberata, con stanziamento del relati
vo importo, in un momento in cui detta controparte era incon
testatamente partecipe della collettività condominiale.
La Sodif s.p.a., succeduta nella veste di componente del con
dominio suindicato alla Gestim s.r.l., per aver da questa com
prato il 6 maggio 1981, due giorni dopo l'adozione della delibe
ra assembleare recante approvazione della spesa contestata, la
porzione dello stabile condominiale a tale seconda società ap
partenente in proprietà esclusiva, con il primo ordine di dedu
zioni enucleabili dal secondo motivo del suo ricorso, formal
mente teso a denunciare la riscontrabilità nella sentenza impu
gnata di «violazione art. 633, 642, 645 c.p.c.; 63 disp. att. c.c.
Difetto di motivazione, art. 360, nn. 3 e 5 c.p.c.», prospetta
doglianze analoghe a quelle articolate dall'altro ricorrente, a van
taggio del quale ha spiegato nel processo intervento ad adiuvan
dum, accampando, in definitiva, aver la corte territoriale esclu
so del tutto erroneamente che il fatto di essere stata la Gestim
s.p.a. partecipe del condominio nel momento dell'adozione del
la delibera assembleare con cui si decise di dar corso alla spesa in questione e si stanziò il relativo importo debba essere ravvi
sato, di per sé solo, sufficiente a far ritenere insorto, e tuttora
persistente, l'obbligo della controricorrente di contribuire nella
spesa medesima.
I motivi, da esaminarsi insieme stante l'identità della proble matica con essi sollevata, ad avviso del collegio, non sono
fondati.
In proposito, giova osservare che Cass. n. 4467 del 7 luglio 1988 (id., Rep. 1989, voce Comunione e condominio, n. 97) ha enunciato il principio che l'obbligo del condomino di pagare i contributi per le spese di manutenzione delle parti comuni del
l'edificio deriva dalla concreta attuazione dell'attività di manu
tenzione, e non già dalla preventiva approvazione della spesa e dalla ripartizione della stessa, e sorge, quindi, per effetto del
l'attività gestionale concretamente compiuta, e non per effetto
dell'autorizzazione accordata all'amministratore per il compi mento di una determinata attività di gestione.
Ritiene il collegio che siffatto principio, mai smentito in arre
sti successivi, e ricollegantesi alle enunciazioni di cui alla risa
lente Cass. n. 1251 del 21 maggio 1964 (id., 1964, I, 2008), secondo la quale «l'obbligo del condomino di pagare al condo
minio i contributi per le spese di manutezione delle parti comu
ni o per l'esercizio dei servizi comuni deriva dalla gestione stes
sa dell'amministratore e la delibera assembleare che abbia ap
provato e ripartito tali spese ha valore non costitutivo, ma
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2211 PARTE PRIMA 2212
meramente dichiarativo», debba senz'altro presiedere alla defi
nizione della presente vertenza.
Ciò posto, nella fattispecie, in cui i ricorrenti neppure hanno
dedotto che nei due giorni successivi all'adozione della ripetuta delibera assembleare del 4 maggio 1981 per i quali l'attuale con
troricorrente conservò la veste di condomina siano stati posti in essere dall'amministratore atti, pur solo preparatori, di ge stione concreta inerenti ai lavori di manutenzione in controver
sia, alla stregua degli enunciati postulati, deve ravvisarsi corret
ta la pronuncia che ha escluso che sia mai sorto in capo alla
Gestim s.r.l. l'obbligo, verso il condominio, di pagare i contri
buti relativi alla spesa considerata, da aversi per interamente
erogata in epoca in cui, non la società anzidetta ma, la Sodif
s.p.a. è stata partecipe della collettività condominiale.
Stando così le cose, la sentenza impugnata, recante reiezione
della pretesa recuperatoria azionata dal condominio nei con
fronti della Gestim s.r.l., previa correzione, per quanto di ra
gione, della relativa motivazione, per molti versi incongrua e
contenente affermazioni inappropriate sotto il profilo tecnico
giuridico, si rivela conforme al diritto e suscettibile di resistere, nel dictum, alle censure mossele: va, consequenzialmente, tenu
ta ferma.
4. - La Sodif s.p.a., con un ulteriore ordine di deduzioni svi
luppato nel secondo motivo del suo ricorso, lamenta che la cor
te distrettuale non abbia pronunciato sui «rapporti interni» fra
essa ricorrente e la Gestim s.r.l. relativi agli obblighi correlabili
alla più volte menzionata delibera dell'assemblea del condomi
nio nell'edificio al n. 1/5 della via S. Nicola da Tolentino di Roma.
La doglianza è inammissibile. La Corte d'appello di Roma, nella sentenza impugnata, con un accertamento di fatto neppu re censurato in questa sede con critiche suscettibili di rilevare
a mente dell'art. 360 c.p.c., e, pertanto, da avere per irretratta
bile, ha dichiarato che l'attuale ricorrente, in secondo grado, «si è limitata a riproporre le istanze . . . volte a sostenere le
ragioni del condominio», senza azionare proprie autonome
pretese. In un tal contesto, e cioè nella positivamente acclarata man
cata revoca in discussione del tema sul quale si assume che la
corte distrettuale avrebbe omesso di statuire, va senz'altro esclusa
la riscontrabilità nella sentenza impugnata del denunciato vizio
di omessa pronuncia. 5. - In definitiva, i ricorsi, siccome sorretti da motivi tutti
accertati inaccoglibili, vanno entrambi rigettati.
CORTE DI CASSAZIONE; sezione lavoro; sentenza 27 gen naio 1998, n. 803; Pres. Volpe, Est. Ianniruberto, P.M.
De Gregorio (conci, conf.); Regione Lazio (Avv. Chiappet
ti) c. Maragò (Aw. Bruno) e Ausi Roma B. Conferma Trib.
Roma 21 settembre 1994.
Sanità pubblica — Unità sanitarie locali soppresse — Nuove
aziende unità sanitarie locali — Debiti delle gestioni pregresse —
Soggetto obbligato al pagamento — Regione (Cod. civ., art. 1705, 2030, 2698; cod. proc. civ., art. 110, 111; 1. reg. Lazio 8 settembre 1983 n. 58, disposizioni in materia di fi nanziamento, programmazione, gestione e controllo delle at
tività delle unità sanitarie locali, art. 34; d.leg. 30 dicembre
1992 n. 502, riordino della disciplina in materia sanitaria, a
norma dell'art. 1 1. 23 ottobre 1992 n. 421, art. 3; 1. 23 di
cembre 1994 n. 724, misure di razionalizzazione della finanza
pubblica, art. 6; 1. 28 dicembre 1995 n. 549, misure di razio
nalizzazione della finanza pubblica, art. 2).
La legittimazione passiva in ordine ai debiti delle gestioni pre
gresse delle soppresse unità sanitarie locali spetta alle regioni
Il Foro Italiano — 1998.
e non alte neoistituite aziende unità sanitarie locali, in quanto soltanto in relazione alle prime può configurarsi una succes
sione ex lege nei rapporti obbligatori pendenti (nella specie, la questione riguardava l'individuazione del soggetto obbliga to al pagamento dei compensi spettanti ai medici generici con
venzionati con la Usi, in relazione al numero di assistiti effet tivamente in carico). (1)
Svolgimento del processo. — Il Tribunale di Roma, con sen
tenza 21 settembre 1994, ha rigettato l'appello proposto dalla
regione Lazio avverso la decisione del 7 giugno 1989 con la
quale il pretore della stessa città aveva accolto la domanda del
dott. Corradino Maragò, medico generico convenzionato con
una Usi della stessa regione, diretta ad ottenere la condanna
di questa e della Usi al pagamento delle somme dovute quale differenza sulle competenze calcolate in via provvisoria.
Per quanto rileva ai fini del presente giudizio, il tribunale
riteneva che ricorresse la legittimazione passiva della regione, in una a quella della Usi con la quale era intercorsa la conven
zione, avendo la prima avocato il pagamento dei compensi ed
essendo la seconda parte del rapporto dedotto in giudizio; che
(1) I. - La pronuncia si colloca nell'ambito del prevalente orienta mento giurisprudenziale, secondo il quale soggetto obbligato al paga mento dei debiti imputabili alle pregresse gestioni delle soppresse unità sanitarie locali è la regione, succeduta ex lege a titolo particolare a que ste ultime.
In tal senso, v. Cass. 6 giugno 1998, n. 5602, Foro it., Mass.; sez. un. 6 marzo 1997, n. 1989, id., 1997, I, 1403, con nota di Dalpino, Debiti pregressi delle Usi e soggetto obbligato al pagamento, e Corriere
giur., 1997, 1176, con nota critica di Glendi, Soppressione delle Usi, debiti pregressi e legittimazione processuale.
V., da ultimo, Cass. 12 dicembre 1997, n. 12605, Gazzetta giuridica, 1998, fase. 5, 26; 7 novembre 1997, n. 10939, Foro it., 1998, I, 485, con nota di richiami. Cfr., inoltre, Tar Puglia, sez., I, 17 aprile 1998, n. 232, in questo fascicolo, III, 394.
Contra, Trib. Frosinone, ord. 3 marzo 1997, Foro it., 1998, I, 486, secondo cui la legittimazione passiva in ordine ai debiti delle gestioni pregresse delle «vecchie» Usi spetta alle nuove aziende unità sanitarie
locali, che sono succedute alle prime a titolo universale; in capo alle
regioni, invece, può configurarsi soltanto un accollo interno, ai sensi dell'art. 1273, 3° comma, c.c.
Nel senso che i direttori generali nella veste di commissari liquidatori svolgono le rispettive funzioni «nell'interesse e per conto della regione, agendo essi in qualità di organi di tale ente, atteso che nessuna disposi zione autorizza a ritenere che sia stato attuato anche un trasferimento alle neocostituite aziende degli obblighi già attribuiti alla stessa regione per il pagamento dei debiti delle pregresse gestioni delle unità sanitarie
locali», v. Cass. 9 novembre 1996, n. 9804, id., Rep. 1996, voce Sanità
pubblica, n. 238 (sulla specifica questione della legittimazione passiva in ordine al pagamento dei compensi pretesi dai medici generici conven zionati con la Usi a saldo di quanto dovuto in relazione al numero di assistiti effettivamente in carico). Tar Marche 21 marzo 1996, nn. 138 e 137, id., 1996, III, 300, con nota di richiami, hanno ritenuto inammissibile il ricorso per l'ottemperanza, proposto rispettivamente nei confronti delle nuove Ausi e dell'ufficio gestione stralcio, in virtù di decreto ingiuntivo non opposto di condanna al pagamento di somme
per debiti imputabili alle «vecchie» Usi. I commissari-liquidatori non sono altro che organi addetti alla defini
zione delle pendenze delle soppresse unità sanitarie locali e del loro
operato devono dar conto alla regione (cfr. la motivazione della senten za in epigrafe).
Cfr. Cass. 26 settembre 1997, n. 9438, id., 1998, I, 1343, secondo cui a seguito della soppressione delle Usi e della conseguente istituzione delle Ausi, la legittimazione a ricorrere in Cassazione avverso la senten za di condanna di unità sanitaria locale al pagamento del debito pre gresso spetta all'organo rappresentativo della competente gestione a stral cio e, quindi, alla regione e non alla azienda Usi.
Nel senso, invece, che non soltanto la legittimazione processuale, ma anche quella sostanziale in ordine alle pregresse poste debitorie e credi torie delle Usi fa capo agli organismi liquidatori delle stesse, v. Cass. 12 dicembre 1996, n. 11111, id., Rep. 1996, voce cit., n. 249 (nella specie, era stato eccepito il difetto di legittimazione del commissario
liquidatore della Usi 5, Benevento ad impugnare una sentenza emessa nei confronti della medesima Usi); 12 agosto 1996, n. 7479, id., 1997, I, 1404, con nota di Dalfino, cit.
Sul punto si segnalano, da ultimo, l'art. 1 1. reg. Toscana 21 ottobre 1997 n. 75, disposizioni per le gestioni liquidatorie delle soppresse unità sanitarie locali, secondo cui:
«1. A decorrere dal 1° gennaio 1995, ai direttori generali delle azien
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