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sezione II civile; sentenza 26 gennaio 1987, n. 706; Pres. Carotenuto, Est. Rotunno, P. M. Paolucci...

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sezione II civile; sentenza 26 gennaio 1987, n. 706; Pres. Carotenuto, Est. Rotunno, P. M. Paolucci (concl. conf.); De Simone (Avv. Ruggiero) c. De Simone (Avv. Ricciardelli). Conferma App. Napoli 5 maggio 1982 Source: Il Foro Italiano, Vol. 110, No. 5 (MAGGIO 1987), pp. 1451/1452-1455/1456 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23178700 . Accessed: 25/06/2014 11:05 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 195.34.79.208 on Wed, 25 Jun 2014 11:05:06 AM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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sezione II civile; sentenza 26 gennaio 1987, n. 706; Pres. Carotenuto, Est. Rotunno, P. M.Paolucci (concl. conf.); De Simone (Avv. Ruggiero) c. De Simone (Avv. Ricciardelli). ConfermaApp. Napoli 5 maggio 1982Source: Il Foro Italiano, Vol. 110, No. 5 (MAGGIO 1987), pp. 1451/1452-1455/1456Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23178700 .

Accessed: 25/06/2014 11:05

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1451 PARTE PRIMA 1452

assorbiti il primo motivo, con il quale i ricorrenti avevano denun

ziato la ritenuta nullità, per contrasto con la norma imperativa, di cui all'art. 12 1. 2105 del 1937 degli accordi transattivi conclusi

tra le parti relativamente alle distanze della costruzione del Torre

da quella del Triolo, ed il terzo motivo proposto in subordine

al rigetto dei primi due, e con il quale il Torre ha denunziato

l'erroneità del rigetto dell'istanza di costruzione di un manufatto

tra i due edifici, ai sensi dell'art. 12, 8° comma, 1. 2105 del 1937,

per l'eliminazione dell'intercapedine tra gli edifici stessi.

Il giudice di rinvio, che si reputa di designare nella Corte d'ap

pello di Palermo, procederà a nuovo esame, accertando nel ri

spetto dei principi di diritto sopra enunciati, se vi sia stata

violazione delle distanze legali nella realizzazione della costruzio

ne del Torre.

CORTE DI CASSAZIONE; sezione II civile; sentenza 26 gen naio 1987, n. 706; Pres. Carotenuto, Est. Rotunno, P. M.

Paolucci (conci, conf.); De Simone (Avv. Ruggiero) c. De

Simone (Avv. Ricciardelli). Conferma App. Napoli 5 maggio 1982.

Edilizia e urbanistica — Regolamento comunale — Decreto inter

ministeriale approvativo — Modifiche — Fattispecie (Cod. civ., art. 871).

Procedimento civile — Controversia — Domanda riconvenziona

le — Eccezione — Qualificazione — Fattispecie di distanze le

gali (Cod. civ., art. 871, 872, 873, 874, 875, 877; cod. proc.

civ., art. 36, 167, 277, 345). Sentenza civile — Pronuncia di condanna — Sentenza condizio

nale — Compatibilità (Cod. proc. civ., art. 36, 278, 282).

Costituiscono normativa vigente, pur non essendo ancora inserite

nel testo unico, le modifiche prescritte, per una disposizione del regolamento edilizio comunale, dal decreto interministeriale

approvativo di tale regolamento, qualora esista la delibera del

la giunta comunale che stabilisce il coordinamento in un testo

unico delle norme regolamentari originarie con le modifiche ed aggiunte prescritte dal decreto interministeriale. (1)

Nel giudizio proposto contro chi ha edificato a distanza non lega le o non regolamentare, mentre deve essere qualificata ricon

venzionale la domanda presentata dal convenuto per il

riconoscimento del proprio diritto a far avanzare il proprio fab bricato fino ad ottenere la comunione del muro del vicino (po sto sul confine o a distanza minore di quella prescritta); nonché

la domanda diretta all'acquisizione del suolo da occupare con

la nuova fabbrica, dietro pagamento del relativo valore, ai fini della costruzione in aderenza o in appoggio; si ha, invece, ecce

zione (come tale proponibile al di là dei limiti temporali posti dall'art. 167 c.p.c.) qualora il convenuto faccia valere il sem

plice diritto di estendere la sua costruzione, sino a farla aderire

con quella del vicino sorgente sul confine. (2)

(1) Sulla questione non constano precedenti. (2) La giurisprudenza della Corte suprema è stata oscillante nel senso

di qualificare talora come eccezione (sent. 7 aprile 1972, n. 1058, Foro it., Rep. 1972, voce Procedimento civile, n. 163; 7 gennaio 1978, n. 163, id., Rep. 1978, voce Appello civile, n. 43; 5 aprile 1982, n. 2088, id., Rep. 1982, voce Distanze legali, n. 19) e talaltra come domanda (sent. 5 maggio 1965, n. 806, id., Rep. 1965, voce Confini, n. 8; 15 ottobre 1983, n. 6060, id., Rep. 1983, voce Procedimento civile, n. 144; 8 agosto 1985, n. 4395, id., Rep. 1985, voce Appello civile, n. 33) la deduzione del convenuto intesa al riconoscimento del suo diritto di far avanzare il proprio fabbricato sino a farlo aderire con quello del vicino, che ne abbia chiesto l'arretramento o la demoli zione a causa dell'edificazione a distanza non legale o non regolamenta re. La pronuncia in epigrafe, in considerazione del fatto che la prospettata deduzione del convenuto era esclusivamente diretta a fargli riconoscere la facoltà di apportare una modifica nell'ambito della propria sfera

giuridica, con l'effetto di impedire, se esercitata, l'attuazione della

pretesa contraria, ha qualificato tale deduzione come eccezione (ricon venzionale). Cosi operando, è stato applicato quanto statuito da Cass. 6 giugno 1983, n. 3843, id., Rep. 1983, voce Procedimento

Il Foro Italiano — 1987.

Le pronunzie di condanna non sono concettualmente incompati bili con la struttura delle sentenze condizionali: in omaggio al

criterio dell'economia dei giudizi, al verificarsi di una situazio

ne preventivamente ipotizzata, l'efficacia della pronuncia di con

danna, dopo essere stata differita, è destinata a venir meno. (3)

Svolgimento del processo. — Con citazione 10 dicembre 1971,

Alfonso, Filomena, Anna, Catello e Vincenzo De Simone conve

nivano davanti al Tribunale di Napoli la sorella Anna, esponen do che la stessa, proprietaria di un suolo in Castellammare di

Stabia al confine con loro beni, vi aveva edificato una palazzina senza rispettare la prescritta distanza dalle preesistenti loro co

struzioni; chiedevano pertanto che le opere eseguite abusivamente

fossero riportate nei «limiti e termini di legge». La convenuta negava di aver violato le norme regolatrici delle

distanze fra costruzioni e proponeva domanda riconvenzionale,

per la rimozione di un manufatto edificato dagli attori sul viale

comune di accesso alle rispettive proprietà; nel corso istruttorio

chiedeva poi, in subordine, che le «venisse imposto di portare sul confine la sua costruzione» e che, solo in caso di inosservanza

di tale precetto, venisse disposto l'abbattimento.

L'adito tribunale, con sentenza 7 febbraio 1979, accoglieva la

domanda degli attori, condannando la convenuta «ad arretrare

il suo fabbricato fino a dodici metri da quello degli attori», in

applicazione della norma del regolamento edilizio comunale all'e

poca vigente, che all'art. 13, per la zona A/F in cui ricadono

i beni in oggetto, prevede la distanza di dodici metri tra le costru

zioni non unite o aderenti; accoglieva altresì la domanda ricon

venzionale proposta dalla convenuta con la comparsa di

costituzione, condannando gli attori a rimuovere il manufatto co

struito sul viale comune; rigettava invece la «domanda riconven

zionale» proposta dalla stessa convenuta in subordine nel corso

dell'istruzione.

In seguito alle impugnazioni proposte avverso tale pronunzia, la Corte d'appello di Napoli, con sentenza 5 maggio 1982, riget tava l'appello principale dei fratelli De Simone, concernente la

condanna a rimuovere il manufatto costruito sul suolo comune,

e, in parziale accoglimento dell'appello incidentale di Anna De

Simone, condannava la stessa, in base all'istanza da lei proposta nel giudizio di primo grado all'udienza del 29 novembre 1973

e qualificata diversamente dai primi giudici come eccezione, ad

arretrare il suo fabbricato di dodici metri rispetto alle due costru

zioni dei fratelli, concedendole tuttavia la possibilità di evitare

l'arretramento rispetto alla costruzione rustica facendo aderire la

sua fabbrica al muro cieco della medesima.

Riteneva in particolare che il regolamento edilizio di Castel

lammare di Stabia, adottato con deliberazione consiliare 7 aprile 1959 n. 85 ed approvato con decreto interministeriale 18 marzo

1960 n. 7212 condizionatamente all'introduzione di modifiche, era poi divenuto efficace ed operante con l'accoglimento delle

modifiche stesse nella delibera della giunta municipale 22 giugno 1960 n. 1444, relativa al coordinamento delle norme edilizie co

civile, n. 135, in cui si traccia la distinzione tra domanda riconvenzionale ed eccezione: ricorre l'ipotesi della domanda riconvenzionale quando il

convenuto, traendo occasione dalla domanda contro di lui proposta, op ponga una controdomanda e cioè chieda un provvedimento positivo sfa vorevole all'attore che va oltre il rigetto della domanda principale; resta, invece, nell'ambito dell'eccezione l'istanza del convenuto diretta a far va lere un suo diritto al solo scopo di escludere l'efficacia dei fatti o titoli dedotti dall'attore, ossia al fine di ottenere il rigetto della domanda; sul

punto v. anche Cass. 10 gennaio 1981, n. 246, id., 1981, I, 1640, con note di richiami e osservazioni di L. Lotti.

(3) Il principio enunciato appartiene ad un affermato indirizzo giuris prudenziale della Corte suprema: sent. 2 luglio 1955, n. 2041, Foro it., Rep. 1955, voce Sentenza civile, n. 25; 18 febbraio 1972, n. 434, id., Rep. 1972, voce cit., n. 211; 9 agosto 1973, n. 2316, id., 1974, I, 1480; 27 novembre 1979, n. 6239, id., Rep. 1980, voce Esecuzione forzata in

genere, n. 10. Tale indirizzo riconosce che il nostro ordinamento ammet te la sentenza condizionata quando l'evento futuro e incerto, cui viene subordinata l'efficacia della sentenza, costituisce elemento accidentale della decisione, cosi formulata per economia di giudizio e per evitare ulteriori accertamenti di merito, con conseguenti maggiori spese per le parti in causa.

In dottrina sulle sentenze condizionali, v. F. Vassalli, La sentenza con dizionale, Roma, 1918; Carnelutti, La sentenza condizionale, in Studi di diritto processuale (I), Padova, 1925, 293 ss.; Calvosa, La sentenza condizionale, Roma, 1948; Carnelutti, Istituzioni del processo civile ita liano, 5a ed., Roma, 1956, I, n. 359.

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

munali in testo unico, e trovare perciò applicazione anche per

disciplinare la distanza dell'edificio della De Simone, sorto in ba

se a licenza edilizia del 20 giugno 1968, rispetto ai preesistenti fabbricati dei fratelli.

Osservava che, essendo risultata la distanza tra i rispettivi edi

fici nella misura di metri 10,40, anziché in quella prescritta di

metri 12, la violazione era evidente.

Anna De Simone ha proposto ricorso per cassazione, a cui ha

fatto seguito il controricorso, congiuntamente col ricorso inci

dentale, di Alfonso, Filomena, Anna, Castello e Vincenzo De

Simone. La ricorrente e i controricorrenti hanno depositato memoria.

Motivi della decisione. — 1. - Il ricorso principale e il ricorso

incidentale devono essere previamente riuniti, trattandosi di im

pugnazioni rivolte contro la stessa sentenza (art. 335 c.p.c.). 2. - Con l'unico motivo del ricorso principale, che va esamina

to per primo, si denuncia la violazione dei principi riguardanti

l'approvazione, la validità e l'efficacia dei regolamenti edilizi nel

vigore della 1. 17 agosto 1942 n. 1150, nonché contraddittoria, omessa e insufficiente motivazione. Sul presupposto che il rego lamento edilizio di Castellammare di Stabia, adottato con delibe

razione consiliare del 7 aprile 1959 n. 85, era stato approvato dal decreto interministeriale 18 marzo 1960 n. 7212 con la pre scrizione di modifiche per l'art. 13 e di due aggiunte al program ma di fabbricazione, la ricorrente sostiene che il recepimento delle

modifiche ed aggiunte introdotte dall'organo di controllo non deb

ba considerarsi avvenuto (in difformità dall'opinione della corte

del merito) con la delibera di giunta 22 giugno 1960 n. 1444, ratificata dal consiglio nella seduta del 29 luglio 1970, bensì con

la delibera 14 gennaio 1977 n. 41, la quale, dopo aver dato atto

che nel testo coordinato del regolamento adottato con la delibe

razione n. 1444, non erano state incluse le prescrizioni di piano

suggerite dal decreto interministeriale, aveva integrato lo strumento

urbanistico con l'inserimento delle predette prescrizioni, per retti

ficare gli atti deliberativi precedenti e per evitare possibili contro

versie giudiziarie. Sostiene conclusivamente che, poiché la

costruzione, della quale era stato chiesto l'abbattimento, era sor

ta anteriormente alla deliberazione commissariale n. 41 del 1977, sarebbe applicabile la norma del codice civile che regola le distan

ze fra costruzioni.

Il motivo non ha fondamento. La questione prospettata dalla

ricorrente impone di verificare se, al tempo in cui la stessa realiz

zò l'edificio, la distanza fra costruzioni fosse disciplinata in Ca

stellammare di Stabia da strumenti urbanistici locali.

Infatti, le norme dei regolamenti edilizi comunali sulle distanze

tra edifici sono considerate dalla legge (art. 872 e 873 c.c.) norme

integrative e modificative delle disposizioni del codice civile sui

rapporti di vicinato e la loro violazione comporta non solo il

risarcimento del danno a favore di colui che ha subito pregiudi

zio, ma anche l'eliminazione dello stato di cose abusivamente

creato.

Orbene, con delibera n. 85 del 7 aprile 1959 il consiglio comu

nale di Castellammare di Stabia adottò, con l'allegato program ma di fabbricazione, un regolamento edilizio, che venne approvato dal decreto interministeriale (ministri della sanità e dei lavori pub

blici) n. 7212 del 18 marzo 1960 condizionatamente, ossia con

la prescrizione di modifiche all'art. 13 dello stesso regolamento e di due aggiunte al programma di fabbricazione.

Successivamente, con delibera della giunta n. 1444 del 22 giu

gno 1960, ratificata dal consiglio comunale con atto n. 184 del

29 luglio 1960, fu stabilito di coordinare in un testo unico le

norme regolatrici originarie con le modifiche ed aggiunte prescritte dal decreto interministeriale. In tal modo, l'apposito organo co

munale, richiamandosi per relationem alle modifiche prescritte

per l'art. 13 del regolamento edilizio (sulle distanze nelle varie

zone, residenziali, termali e rurali) e alle integrazioni dell'annesso

programma di fabbricazione, che erano state riportate grafica

mente sulla planimetria allegata al regolamento edilizio, espresse

indubbiamente la volontà di far proprie le predette modifiche e

integrazioni, pur senza inserirle nel testo allegato. Essendosi cosi

compiutamente formata e inoltre manifestata nelle debite forme

la volontà dell'ente, non conta che, per mero errore materiale,

non sia avvenuto il predetto inserimento e che poi, con delibera

zione del commissario prefettizio ri. 41 del 14 gennaio 1977, si

sia provveduto ad ovviare alle omissioni, adeguandosi il testo del

regolamento edilìzio a quanto era precedentemente deliberato e

perciò inserendosi le prescrizioni del decreto interministeriale che

Il Foro Italiano — 1987.

vi erano state omesse. Tale deliberazione del commissario prefet tizio non è quindi se non un atto confermativo, essendo stato

ribadito con essa il contenuto del precedente provvedimento, sen

za il compimento di una nuova valutazione di situazioni o fatti,

idonea a dar luogo a un provvedimento diverso.

Ora, essendo stata la più volte menzionata delibera approvata col decreto interministeriale condizionatamente al recepimento di

determinate modifiche e aggiunte, l'approvazione, secondo il mec

canismo della condicio iuris, dispiegò gli stessi effetti del con

trollo puro e semplice, allorché l'apposito organo comunale

fece proprie, come si è detto, le modifiche e aggiunte sug

gerite. Al tempo dell'edificazione da parte di Anna De Simone in base

a licenza edilizia del 20 giugno 1968 era pertanto in vigore in

Castellammare di Stabia il regolamento edilizio come sopra pre

disposto, formato, e integrato. Ciò determinava appunto la regolamentazione della distanza

fra costruzioni alla stregua delle norme in esso contenute e quindi secondo la previsione dell'intervallo minimo di dodici metri tra

fabbricati, esattamente ritenuta applicabile dalla corte napoleta

na, con la conseguente necessità dell'arretramento del fabbricato

della De Simone fino a dodici metri da quello degli attori «per le parti fronteggianti.

Deve perciò essere respinto il ricorso proposto dalla De Simone.

3. - Va ora esaminato l'unico motivo del ricorso incidentale, col quale, in riferimento all'art. 360, n. 3 c.p.c., si denuncia vio

lazione dei principi generali sulla tutela giurisdizionale dei diritti, in particolare di quelli concernenti la individuazione delle domande

e delle eccezioni e la condanna condizionata, nonché degli art.

871, 872, 873, 2697 c.c. e 36, 167 c.p.c., della normativa del

vigente piano regolatore di Castellammare di Stabia.

I ricorrenti incidentali, pur riconoscendo in via di principio l'am

missibilità della condanna condizionata ove l'evento tenuto pre sente sia esterno alla lite, non meramente potestativo, né compreso tra le condizioni dell'azione, assumono: a) che la richiesta pro

spettata da Anna De Simone nella fase istruttoria del giudizio di primo grado non si configuri come un'eccezione diretta a pa ralizzare la pretesa degli attori, bensì come vera e propria do

manda riconvenzionale di accertamento del suo diritto di costruire

in appoggio ovvero in aderenza al fabbricato rustico dei suoi ger mani e perciò inammissibile in quanto tardivamente proposta; b)

che, poiché una delle condizioni dell'azione proposta dai germani De Simone è costituita dalla illegittimità del fabbricato costruito

a distanza illegale dalla loro sorella e quindi dalla conseguente lesione del diritto soggettivo dei proprietari confinanti, ne derivi

l'obbligo di demolizione della costruzione ai fini del ripristino del diritto violato; c) che, per effetto dell'intervenuta approvazio ne del piano regolatore del comune di Castellammare di Stabia,

non essendo più consentita la costruzione in aderenza, alla De

Simone non rimanga altra alternativa alla demolizione dell'opera

illegittima. II motivo non ha pregio. La De Simone, nel corso istruttorio

del giudizio di primo grado, per evitare l'abbattimento invocato

dagli attori, chiese in subordine che le fosse «imposto» di fare

avanzare il proprio fabbricato sino all'aderenza con le due co

struzioni dei suoi fratelli. I primi giudici ritennero essere stata

proposta una domanda riconvenzionale che, in quanto tardiva

in relazione al termine stabilito dall'art. 167 c.p.c., fu considera

ta inammissibile. Al contrario, i giudici di appello ritennero trat

tarsi di eccezione, «meramente finalizzata a paralizzare in parte la domanda degli attori», e, quindi, in accoglimento della stessa,

pur condannando la De Simone ad arretrare il suo fabbricato

rispetto a uno di quelli degli attori, cioè rispetto alla costruzione

rustica adibita a deposito-porcile, ne fecero salva la facoltà di

avanzare la propria fabbrica sino a farla aderire al muro cieco

di detta costruzione rustica.

Ciò avvenne in applicazione delle conseguenze derivanti dal prin

cipio della prevenzione, tenuto conto della concreta preesistenza

della costruzione dei germani De Simone sul confine. In virtù

di tale principio, che si ricava dalle disposizioni degli art. 873,

875 e 877 c.c, chi edifica per primo sul fondo contiguo a un

altro ha tre possibilità: a) costruire sul confine; b) costruire con

distacco dal confine, osservando la distanza imposta dal codice

civile o quella maggiore prevista dai regolamenti locali; c) co

struire con un distacco dal confine inferiore alla metà di quello

totale prescritto per le costruzioni su fondi finitimi. Le scelte del

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1455 PARTE PRIMA 1456

preveniente condizionano le future iniziative edilizie del vicino, il quale, edificando a sua volta, nel caso che la costruzione pree sistente sorga sul confine o con un distacco dal confine inferiore

a quello imposto dalla normativa in vigore, deve mantenere la

propria costruzione alla prescritta distanza da essa, salva la fa

coltà di estenderla sino ad appoggiarla o a farla aderire con quel la preesistente.

La parte, convenuta in giudizio per l'arretramento o la demoli

zione dell'opera costruita a distanza inferiore a quella legale o

regolamentare dalla preesistente costruzione del vicino, può, in

via riconvenzionale, chiedere l'acquisto del diritto di medianza

ai sensi dell'art. 875 c.c., se intenda appoggiare la sua costruzio

ne a quella del vicino, oppure far valere, ai sensi dell'art. 877

c.c., la facoltà di estendere la propria costruzione sino all'aderen

za con l'altra.

Ora la giurisprudenza di questa Corte suprema è stata oscillan

te sul senso di qualificare talora come eccezione (sentenze 7 aprile

1972, n. 1058, Foro it., Rep. 1972, voce Procedimento civile, n. 163; 7 gennaio 1978, n. 43, id., Rep. 1978, voce Appello civi

le, n. 43; 5 aprile 1982, n. 2088, id., Rep. 1982, voce Distanze

legali, n. 19) e talaltra come domanda (sentenze 5 maggio 1965, n. 806, id., Rep. 1965, voce Confini, n. 8; 15 ottobre 1983, n.

6060, id., Rep. 1983, voce Procedimento civile, n. 144; 8 agosto

1985, n. 4395, id., Rep. 1985, voce Appello civile, n. 33) la dedu

zione del convenuto intesa al riconoscimento del suo diritto di

far avanzare il proprio fabbricato sino a farlo aderire con quello del vicino, che ne abbia chiesto l'arretramento o la demolizione

a causa dell'edificazione a distanza non legale o non regolamentare. Un maggior approfondimento del problema impone di distin

guere tra le varie ipotesi: a) quella, in cui il convenuto chieda

la comunione del muro del vicino (posto sul confine o a distanza

minore di quella prescritta); b) quella, in cui il convenuto, ai fini

della costruzione in aderenza o in appoggio, chieda altresì' l'ac

quisizione del suolo da occupare con la nuova fabbrica, dietro

pagamento del relativo valore; c) quella, in cui il convenuto fac

cia valere il semplice diritto di estendere la sua costruzione, sino

a farla aderire con quella del vicino sorgente sul confine.

Appare evidente che nelle prime due ipotesi si ha domanda

riconvenzionale, poiché il convenuto, traendo occasione dalla do

manda contro di lui proposta, oppone una controdomanda, chie

dendo al giudice un provvedimento positivo, autonomamente

attributivo di una determinata utilità, cioè un provvedimento che

vada al di là del semplice rigetto della domanda principale. Per la terza ipotesi si resta invece nel campo dell'eccezione,

poiché il convenuto, col contrapporre un proprio diritto al diritto

fatto valere dall'attore, mira soltanto a paralizzare, in tutto o

in parte, nell'ambito di una semplice difesa, gli effetti della do

manda proposta nei suoi confronti.

Pertanto, nel caso in esame, esattamente venne ritenuta dai

giudici di appello la proposizione di un'eccezione (riconvenziona

le), tenuto conto che la contrapposizione, da parte della De Si

mone, del diritto di far avanzare il proprio fabbricato sino

all'aderenza con la preesistente costruzione dei fratelli sul confi

ne, non implicava alcuna acquisizione a favore della medesima

ed era esclusivamente diretta a farle riconoscere la facoltà di ap

portare una modifica nell'ambito della propria sfera giuridica, con l'effetto di impedire, se esercitata, l'attuazione della pretesa

contraria, rivolta a far ridurre la nuova costruzione entro i limiti

della prescritta distanza. Alla suddetta qualificazione non poteva che conseguire, come fu fatto, il riconoscimento della proponibi lità dell'eccezione al di là dei limiti temporali posti dall'art. 167

c.p.c. per la proposizione della domanda riconvenzionale.

Ma i ricorrenti incidentali contestano altresì, sotto diversi pro

fili, la ricorrenza dei presupposti per l'emanazione di una senten

za condizionale, pur non negando, su un piano astratto, l'ammissibilità di una siffatta pronunzia.

Indubbiamente, nel nostro ordinamento, come ha già ricono

sciuto più volte questa Suprema corte, si ammettono, in omaggio al criterio dell'economia dei giudizi, sentenze, nelle quali l'effica

cia della condanna è subordinata al sopraggiungere di un deter

minato evento futuro e incerto, o di un termine prestabilito, o di una controprestazione specifica, sempre che il verificarsi della

circostanza tenuta presente non debba essere controllato da altri

accertamenti di merito in un ulteriore giudizio di cognizione. Ov

viamente, non sono concettualmente incompatibili con la struttu

ra delle sentenze condizionali le pronunzie di condanna, la cui

efficacia esecutiva non sia differita, ma solo destinata a venir

Il Foro Italiano — 1987.

meno, e quindi a risolversi, al verificarsi di una situazione pre ventivamente ipotizzata: l'effettivo sopravvenire dell'evento con

dizionante, in tale caso, ben può essere fatto valere in sede di

opposizione all'esecuzione (art. 615 c.p.c.), deducendosi l'inci

denza del fatto sopraggiunto sul diritto riconosciuto con la pro nunzia di condanna e pertanto la non esercitabilità dell'azione

esecutiva.

Alla stregua di tali considerazioni, rispondendo allo schema e

riflettendo i presupposti della pronunzia condizionale, si sottrae

a censura la sentenza impugnata, la quale, nel condannare Anna

De Simone ed arretrare il suo fabbricato sino a dodici metri dalla

costruzione rustica degli attori, le riconobbe nel contempo, prima del formarsi del giudicato che nell'ambito delle tre possibilità of

ferte dalla legge (costituzione in appoggio o in aderenza o a di

stanza del preesistente fabbricato nel fondo contiguo) ne avrebbe

reso definitiva la scelta della costruzione a distanza con le re

lative conseguenze, la facoltà di far avanzare il suo fabbri

cato per farlo aderire col muro cieco della predetta costruzione

rustica.

La eventuale non realizzabilità in concreto della situazione pre vista come evento paralizzante l'efficacia esecutiva della pronun cia di condanna, in considerazione dell'attuale normativa locale

o della non rispondenza dello stato delle cose alle condizioni ri

chieste per il rilascio della concessione edilizia, e la mancata pre fissione di un termine per la realizzazione dell'opera, non possono costituire motivo di seria preoccupazione per i ricorrenti inciden

tali e non ne suffragano quindi un effettivo interesse alla prospet tazione in questa sede, tenuto conto che rimane intatta la loro

possibilità di procedere ad esecuzione forzata, sino a quando questa non potrà essere vanificata, nella sede idonea, dalla dimostrazio

ne del concreto verificarsi dell'evento ipotizzato. Siffatte considerazioni, per il loro carattere decisivo e assor

bente, rendono superfluo l'esame di ogni altra argomentazione svolta nel ricorso incidentale. (Omissis)

CORTE DI CASSAZIONE; sezione III civile; sentenza 17 gen naio 1987, n. 368; Pres. Lo Surdo, Est. Quaglione, P. M.

Iannelli (conci, conf.); Azienda speciale silvo-pastorale di Trai

na (Avv. D'Arrigo) c. Lupica Infirri (Avv. Marchetti, Can

geni). Conferma App. Catania 17 aprile 1985.

Contratti agrari — Vendita di erbe — Canone equo — Applica bilità ai terreni appartenenti al patrimonio disponibile dei co muni (L. 11 febbraio 1971 n. 11, nuova disciplina dell'affitto dei fondi rustici, art. 24).

Contratti agrari — Vendita di erbe — Esclusione della rotazione

agraria — Disciplina applicabile (L. 11 febbraio 1971 n. 11, art. 24).

Contratti agrari — Determinazione del canone in base all'effetti va coltura del fondo — Legittimità (L. 3 maggio 1982 n. 203, norme sui contratti agrari, art. 9).

Ai contratti di vendita di erbe relativi a terreni appartenenti al

patrimonio disponibile dei comuni, si applica la disciplina de! canone equo d'affitto. (1)

Ai contratti di vendita di erbe, relativi a terreni per la maggior parte destinati a bosco ceduo, in cui l'unica coltura è la produ zione di erba naturale sia nel sottobosco e sia nei terreni nudi, con esclusione di qualsiasi rotazione agraria, si applica la disci

plina dell'affitto di fondo rustico. (2) È legittimo il calcolo del canone di terreni agricoli compiuto dal

giudice del merito sulla base del reddito dominicale corrispon dente alla coltura effettiva praticata sull'intera estensione (nella specie, il giudice a quo, per la determinazione del canone equo di terreni per la maggior parte destinati a bosco ceduo su cui veniva praticata l'unica coltura di erba naturale, aveva preso a base il reddito dominicale per ettaro corrispondente alle par ticelle catastali pascolative). (3)

(1-3) La sentenza, con il principio di cui alla prima massima, ha ribadi to l'orientamento secondo cui ai contratti di vendita di erbe, relativi a terr

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