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Sezione II civile; sentenza 30 ottobre 1959, n. 3208; Pres. Pepe, Est. Rossi, P. M. Pedace (concl.conf.); Boni ed altri (Avv. Rubino) c. Di Lena (Avv. Lufino)Source: Il Foro Italiano, Vol. 83, No. 5 (1960), pp. 797/798-799/800Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23174917 .
Accessed: 24/06/2014 20:21
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE 798
portata a conoscenza dell'altra parte), nell'ipotesi di do manda di annullamento di contratto.
Nè vale obiettare che da codesta interpretazione, ade rente alla lettera e alla inequivoca dizione dell'ultimo
comma del citato articolq del codice civile, nasce una di
sparità di trattamento tra situazioni giuridiche analoghe. Ed
invero il legislatore ha statuito nei primi due comma dell'art.
2943 la norma generale, per cui solo la domanda giudiziale
può conseguire l'effetto interruttivo della prescrizione ; ha poi introdotto, con l'ultimo comma, ima deroga a tale
norma generale, limitandone però l'ambito agli atti relativi
ai diritti di natura obbligatoria, per i quali soltanto è pos sibile la costituzione in mora. Il precetto, quindi, abbraccia
solo le situazioni di fatto in cui ricorrono estremi della
fattispecie legale ipotizzata, con esclusione di ogni altra
situazione, poiché, essendo l'ultimo comma del citato arti
colo di natura eccezionale rispetto ai primi due comma, non
è suscettibile di estensione analogica (art. 14 disp. prel.). Nella Relazione del Guardasigilli si legge che la ragione
giustificatrice della norma, stabilita con l'ultimo comma
dell'art. 2943, Va individuata nella considerazione che, se
si fosse negata l'efficacia interruttiva all'atto di costitu
zione in mora (evidentemente in virtù, della norma generale di cui ai primi due comma), si sarebbe addossato, specie in
tema di prescrizioni brevi, un grave onere al creditore, costretto ad agire giudizialmente per mantenere in vita il
suo diritto.
D'altra parte, una ragione giustificatrice del predetto diverso trattamento la si può rinvenire nella considera
zione che è spiegabile che la domanda giudiziale, per la sua
stessa solennità, possa avere per oggetto un campo di azione
più Vasto, ai fini della produzione dell'effetto interruttivo
della prescrizione, mentre gli altri atti posti in essere fuori
della domanda giudiziale, non avendo gli stessi caratteri
di solenne e seria manifestazione della volontà di far va
lere un proprio diritto, non possono conseguire quell'ef
fetto, eccezion fatta per i diritti di credito. Comunque,
l'esplicito riferimento all'istituto della costituzione in mora
limita la categoria degli atti cui è riconosciuta l'efficacia
interruttiva della prescrizione a quelli, nei quali c'è un debi
tore tenuto ad adempiere. Nel caso in esame, pertanto, non
trattandosi di un atto che valesse a costituire in mora il
debitore, esattamente è stata negata dalla Corte di merito
l'applicabilità dell'ultima parte dell'art. 2943.
Per questi motivi, rigetta, ecc.
CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE.
Sezione II civile ; sentenza 30 ottobre 1959, n. 3208 ; Pres.
Pepe, Est. Rossi, P. M. Pedace (conci, conf.) ; Boni
ed altri (Avv. Rubino) c. Di Lena (Avv. Lufino).
(Conferma App. Roma 9 maggio 1958)
Surrogazione del creditore — Creditore di alimenti •— Interesse alla surrogazione — Ammissibilità
della surrogazione ai lini della revisione dello
assegno alimentare (Cod. civ., art. 2900).
L'avente diritto al mantenimento può esercitare in via surro
gatola l'azione (nella specie, per la reintegrazione della
quota spettante all'obbligato a titolo di legittima), non solo
per conservare la garanzia del credito attuale, ma anche
per realizzare un potenziamento del patrimonio del debitore
in modo da ottenere una più congrua soddisfazione dei
propri bisogni. (1)
(1) Non esistono, sull'argomento, precisi precedenti giuris
prudenziali. Sulla natura del diritto al mantenimento e sulla
relatività della misura della prestazione in relazione allo stato
di fatto, vedi App. Roma 20 marzo 1957, Foro it., Rep. 1957, voce Alimenti, n. 17 ; App. Trento 4 gennaio 1956, id., Rep.
1956, voce cit., n. 22 ; Cass. 28 gennaio 1955, n. 236, id., Rep.
1955, voce cit., n. 21 ; 5 aprile 1955, n. 977, ibid., n. 22 ; 15 gen
La Corte, ecc. — Le censure formulate nei due motivi del ricorso riflettono, sotto vari aspetti, un'unica questione, quella concernente la sussistenza o meno di un interesse
giuridicamente apprezzabile che consenta alla Di Lena ed alla figlia minore di esercitare in via surrogatoria l'azione
per l'integrazione della quota spettante, a titolo di legittima, al rispettivo marito e padre, Franco Micci, nella successione
del defunto Giuseppe Micci. In particolare, i ricorrenti, pur non contestando che
la detta azione abbia un contenuto patrimoniale e sia suscet tibile in linea di principio di essere esercitata in via surro
gatoria, ai sensi dell'art. 2900 cod. civ., si dolgono, con il
primo mezzo, che la Corte di Roma, per affermare che le
attrici avevano interesse a proporla, in quanto titolari
di un credito per il mantenimento verso il Micci, abbia
ritenuto che l'accordo intercorso, in sede di separazione consensuale, tra questi e la Di Lena, in ordine alla misura
del mantenimento, fosse privo di ogni rilevanza, perchè nullo a causa della esiguità dell'assegno, che lo stesso
Micci si era obbligato a corrispondere alla moglie, per i
bisogni di lei e della figlia minore, alla stessa affidata.
Invece, secondo i ricorrenti, la Corte avrebbe dovuto
considerare : che la nullità dell'accordo non poteva essere
rilevata di ufficio ; e che di essa, comunque, non sussistevano
gli estremi, sia perchè l'assegno a carico del Micci (lire 35.000 mensili) non era tale da implicare una rinuncia al
mantenimento, sia perchè era suscettibile di aumento, in forza dello stesso accordo di che trattasi, e per di più era integrato da altro assegno che la Di Lena percepiva, allo stesso titolo dalla suocera, Matilde Boni, sia inf ne
perchè, nel giudicare della congruità di quell'assegno si
sarebbe dovuto tener conto non soltanto dei bisogni della
Di Lena e della figlia, ma anche dell'altro termine di ri
ferimento, costituito dalle sostanze del Micci.
Con il secondo mezzo, poi, si lamenta che, a proposito della stessa questione, la sentenza impugnata abbia ritenuto
del pari irrilevante la fideiussione prestata dalla Boni
per l'obbligo come sopra assunto dal Micci, osservando
erroneamente : che tale garanzia era limitata nel tempo, in quanto subordinata alla permanenza in vita della garante, si riferiva soltanto alla originaria misura dell'assegno, sì da non coprire gli eventuali aumenti, ed era poi sottoposta
ad una condizione che, in sostanza, la rendeva giuridica mente inoperante.
Queste censure, oltre ad essere in buona parte inatten
dibili, si rivelano inconferenti e prive di ragion d'essere,
giacché, anche ammettendo che talune proposizioni formulate
nella sentenza impugnata in merito all'accordo, come sopra
concluso tra i coniugi Micci-Di Lena, ed alla fideiussione
prestata dalla Boni non siano giuridicamente corrette,
nella sentenza stessa si trovano enunciate altre ragioni, le quali da sole legittimano il decisum.
In primo luogo va notato che, per quanto concerne,
l'accordo tra la Di Lena ed il Micci, la sentenza ha posto
in rilievo, con insindacabile apprezzamento di fatto, che
l'assegno di lire 35.000, che il secondo si obbligò a corri
spondere, è insufficiente non solo in rapporto alle esigenze
complessive della Di Lena e della figlia minore, ma perfino
rispetto a quella di una soltanto di esse : tant'è che, appunto
naio 1954, n. 71, id., Rep. 1954, voce cit., n. 20 j 28 gennaio 1954, n. 217, ibid., n. 22 ; App. Catanzaro 20 maggio 1954, id., Rep. 1955, voce cit., n. 23 ; Oass. 17 giugno 1953, n. 1797, id., Rep. 1953, voce cit., n. 18 ; App. Milano 1951, id., Rep. 1951, voce
cit., n. 17. Sull'accettazione dell'eredità, in nome ed in luogo del de
bitore degli alimenti rinunciante, v. Cass. 10 luglio 1940, id.,
Rep. 1940, voce Successione, n. 212. In dottrina, sull'ammissibilità dell'azione surrogatoria per
i crediti alimentari, v. Tedeschi, Gli alimenti, Torino, 1958,
pag. 453. Sul diritto del creditore del legittimario a surrogarsi a
questo per la reintegrazione della quota di legittima, v. in dottrina
Nicolò, in Commentario del cod. civ., a cura di A. Scjai.oja e G.
Branca, libro VI, Bologna-Roma, 1959, pag. 142 ; D'Avanzo, La surrogatoria, Padova, 1939, pag. 292 ; Gioia, L'azione surro
gatoria nel diritto vigente, Napoli, 1955, pag. 121.
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PARTE PRIMA
in considerazione di ciò, la Boni (madre del Micci) oltre a
garantire l'obbligazione assunta dal figlio, si obbligò a sua
volta a corrispondere alla Di Lena un assegno integrativo di lire 15.000 mensili.
Ora, a prescindere dalle argomentazioni in base alle
quali la Corte di appello ha affermato l'invalidità del men
zionato accordo, la ritenuta esiguità dell'assegno a carico
del Micci assume, in sè e per sè, una rilevanza decisiva in
ordine alla sussistenza o meno dell'interesse della Di Lena
ad esercitare l'azione surrogatoria in nome proprio e quale curatrice speciale della figlia minore.
Invero, le convenzioni relative alla concreta determina
zione del contenuto economico dell'obbligo di mantenimento, e delle modalità di adempimento di esso, sono bensì valide
ed efficaci nel caso in cui la somma pattuita, pur se esigua, non lo sia al punto tale da implicare una sostanziale rinuncia
al diritto, ovvero nel caso in cui, sebbene assolutamente
inadeguata, sia stata così determinata in funzione della con
corde constatazione dell'incapacità economica dello obbli
gato. Tuttavia, nella subietta materia l'accordo tra gl'in teressati deve pur sempre intendersi sottoposto alla clau
sola rebus sic stantibus ; che si profila in realtà come una
condizione non volontaria ma legale dell'accordo, nel senso
che esso è, ope legis, suscettibile di revisione, non solo
in dipendenza del variare delle esigenze del soggetto che
ha diritto al mantenimento, ma anche in virtù dei muta
menti che possono verificarsi nella situazione economica
dell'obbligato. E nel concorso di tali presupposti, la revisione
deve ammettersi a maggior ragione, indipendentemente dal
l'eventuale nullità della convenzione, qualora la concordata
misura del mantenimento sia ab origine insufficiente o
addirittura irrisoria (come nella specie ha ritenuto la Corte
di merito). Il principio, che, secondo l'orientamento prevalso
in dottrina e in giurisprudenza, non è suscettibile di deroga,
risponde all'intima essenza dell'obbligo del mantenimento, il cui oggetto sostanziale o contenuto economico non è
costituito da una prestazione, pecuniaria o in natura,
rigidamente predeterminata o predeterminabile, ma è
caratterizzato dalla variabilità o elasticità della prestazione stessa ; la quale, avuto riguardo alla finalità dell'istituto, deve risultare adeguata, di tempo in tempo, ai bisogni dell'avente diritto ed alla condizione economica (oltre che sociale) dell'obbligato, da valutarsi tenendo conto
non soltanto del reddito netto di cui egli dispone, ma anche
di tutti gli altri elementi, che abbiano rilevanza dal punto di vista patrimoniale e che si riflettano, direttamente
o indirettamente, sulle sue effettive possibilità econo
miche.
Ciò posto, è evidente che nel caso in esame la revisio
nabilità dell'assegno in dipendenza dell'incremento del
patrimonio del Micci (che fu, del resto, ammessa anche
nella convenzione tra la Di Lena e la Boni) non può essere
esclusa per il solo fatto che l'aumento dell'assegno stesso fu dalle parti previsto con esclusivo riferimento all'eventuale
mutamento del potere di acquisto della moneta, perchè tale limitazione deve ritenersi anche essa soggetta alla
clausola rebus sic stantibus, ed ha valore finché restino
immutati i termini di riferimento presi in considerazione
dalle parti all'atto della conclusione dell'accordo. Senza
dire che la rinuncia alla facoltà di chiedere, se del caso, la revisione dell'assegno, posto che fosse stata voluta e
che fosse valida ed efficace nel rapporto tra i coniugi, sarebbe pur sempre priva di rilevanza giuridica per ciò
che attiene al mantenimento della minore, incidendo sopra un diritto rispetto al quale la Di Lena era certo priva del
potere di disposizione.
Ora, coordinando i rilievi testé formulati a proposito della natura e dell'oggetto dell'obbligazione di mantenimento
con il fatto, incensurabilmente accertato, che l'assegno a
suo tempo concordato era inadeguato fin dal principio ai bisogni della Di Lena e della minore, e lo è ancor più attualmente, dato che, come la Corte di merito ha altresì
osservato, le esigenze inerenti al mantenimento della figlia si sono accresciute e sempre più si accresceranno con lo
aumento dell'età della stessa, nessun dubbio può sussistere
circa l'interesse delle attrici a far valere, mercè azione
surrogatoria, il diritto alla integrazione della legittima, che, a loro dire, compete al Micci, posto che la concreta
realizzazione di tale diritto ed il conseguente potenziamento del patrimonio dello stesso Micci permetterebbe alla Di Lena ed alla minore di ottenere che il loro credito sia sod disfatto in più congrua misura, ossia in modo da soddisfare
più compiutamente ai loro bisogni. Nè può ritenersi che ciò sia in contrasto con l'essenza
e la funzione tipica dell'azione surrogatoria. Tale azione, che integra una ipotesi di sostituzione processuale, secondo il codice vigente ha funzione eminentemente conservativa, in quanto tende a far rientrare nel patrimonio del soggetto sostituito beni che, per inerzia o trascuratezza, del medesimo ne siano rimasti fuori ; inoltre, presuppone che l'attore
(surrogante), essendo creditore del sostituito, abbia un interesse personale a far valere il diritto che spetta a questo ultimo verso il terzo. Ed avuto riguardo alla funzione
dell'azione, l'interesse ad agire sussiste in concreto ogni qualvolta si delinea il pericolo che il patrimonio del debitore non offra sufficienti garanzie per la soddisfazione del credito dell'attore. '
Ora, nella specie, a prescindere dagli ulteriori rilievi che saranno svolti di qui a poco, l'interesse ad agire sussiste
appunto in funzione dell'accertata insufficienza dell'assegno che il Micci si obbligò a corrispondere alla moglie, e della rilevata elasticità del contenuto economico dell'obbligo di mantenimento. Ciò fu riconosciuto dalla sentenza di
primo grado, e fu ribadito anche dalla sentenza impugnata (nella parte finale della motivazione). E siffatto ordine di considerazioni, che, del resto non è stato neppure espressa mente censurato, è giuridicamente ineccepibile, giacche non è attendibile l'obiezione, secondo cui nel caso in esame l'azione miri non già a conservare o potenziare le garanzie del credito di cui la Di Lena e la figlia sono attualmente
titolari, bensì a creare i presupposti per poter poi chiedere ed ottenere un aumento dell'assegno.
Invero, la possibilità della revisione in melius della misura del mantenimento non forma oggetto di un diritto nuovo a sè stante, ma inerisce all'intrinseca essenza ed obiettività del credito : talché già sotto questo aspetto non è esatto che l'interesse ad agire risulti impostato sopra un diritto eventuale, e quindi non ancora esistente. D'altro canto, posto che il Micci abbia in realtà diritto alla
integrazione della quota spettantegli a titolo di legittima sulla eredità paterna, il miglioramento della sua condizione economica si sarebbe già verificato, sia pure potenzialmente, in virtù della detta situazione giuridica, ed a far tempo dall'apertura della successione ; e pertanto sarebbe già sussistente il presupposto atto a legittimare la revisione
dell'assegno di mantenimento dovuto alla moglie ed alla
figlia. Anche sotto questo profilo, l'azione conformemente alla sua tipica funzione, risulta intesa a garantire non già un diritto in fieri (che si profili come un posterius rispetto all'esito eventualmente favorevole dell'azione stessa), bensì un credito che, stando all'assunto della Di Lena è già attuale anche nella maggiore consistenza, nonché ad evitare che la effettiva realizzazione di esso sia frustrata dall'inerzia del debitore.
Nè può essere di ostacolo all'esercizio della surrogatoria il fatto che la misura dell'aumento dell'assegno non sia stata ancora determinata, perchè è pacifico che la legitti mazione e l'interesse ad agire possono sussistere anche in relazione a crediti non ancora liquidi ed esigibili, e perfino in funzione di crediti eventuali, come quelli sottoposti a condizione. (Omissis)
Per questi motivi, rigetta, ecc.
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