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sezione II civile; sentenza 4 febbraio 2004, n. 2100; Pres. ed est. Corona, P.M. Ceniccola (concl....

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sezione II civile; sentenza 4 febbraio 2004, n. 2100; Pres. ed est. Corona, P.M. Ceniccola (concl. diff.); Schiavetti e altro (Avv. Ciccotti, Lorenzani) c. Somalvico (Avv. Daffan). Cassa App. Milano 21 gennaio 2000 e decide nel merito Source: Il Foro Italiano, Vol. 127, No. 7/8 (LUGLIO-AGOSTO 2004), pp. 2153/2154-2159/2160 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23199562 . Accessed: 25/06/2014 04:40 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 185.2.32.24 on Wed, 25 Jun 2014 04:40:44 AM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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sezione II civile; sentenza 4 febbraio 2004, n. 2100; Pres. ed est. Corona, P.M. Ceniccola (concl.diff.); Schiavetti e altro (Avv. Ciccotti, Lorenzani) c. Somalvico (Avv. Daffan). Cassa App.Milano 21 gennaio 2000 e decide nel meritoSource: Il Foro Italiano, Vol. 127, No. 7/8 (LUGLIO-AGOSTO 2004), pp. 2153/2154-2159/2160Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23199562 .

Accessed: 25/06/2014 04:40

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2153 GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE 2154

l'atto introduttivo, ma, in tal caso, dev'essere seguita la forma

lità della notifica all'altra parte mediante elenco, come stabilito

dall'art. 372, 2° comma, c.p.c. Il difetto d'entrambe tali forme d'adempimento alle modalità

di produzione e comunicazione dei documenti attestanti la legi timatio ad processum comporta, dunque, l'inammissibilità del

ricorso.

Nella specie, il ricorrente ha introdotto la presente fase del

giudizio nell'assunta qualità di cessionario dell'azienda già ap

partenente alla s.n.c. Ezeta e, quindi, anche nel rapporto contro

verso, deducendo che «per effetto dell'atto di cessione di quota e scioglimento di società, datato 1° febbraio 2000 del notaio

Fietta di Bassano del Grappa rep. n. 83.975, si è provveduto alla

liquidazione dell'indicata società attuata mediante trasferimento

dell'azienda, con tutte le attività e passività, al sig. Ennio Zonta, ecc.» senza, tuttavia, richiamare, altresì, nel contesto del ricor

so, gli atti relativi alla procedura di liquidazione e cancellazione

della società e, inoltre, senza dichiararvi l'avvenuta produzione della relativa documentazione nonché, soprattutto, quella del

menzionato atto 1° febbraio 2000, atti dai quali potersi desume

re l'affermata estinzione del soggetto s.n.c. Ezeta e, in capo ad

esso ricorrente, la qualità di cessionario dell'azienda dalla so

cietà stessa.

Di tal che, formalmente, è rimasta semplicemente dichiarata e

non anche dimostrata la legitimatio ad causam del ricorrente,

onde, risultando questi non legittimato ad impugnare la sentenza

di secondo grado in quanto emessa contro un soggetto diverso,

l'impugnazione va dichiarata inammissibile.

Né, per quanto sopra evidenziato, gioverebbe al ricorrente

aver, comunque, ma senza dichiararlo in ricorso, allegato al

proprio fascicolo tutti i summenzionati documenti necessari a

comprovare l'estinzione della parte originaria e l'intervenuta

successione d'esso ricorrente a titolo particolare nel diritto con

troverso.

D'altra parte, può aggiungersi per sola completezza, la legit timazione dello Zonta quale successore a titolo particolare nel

rapporto controverso, quand'anche formalmente dedotta e pro vata, sarebbe stata solo concorrente e non sostitutiva di quella della s.n.c. Ezeta, nei cui confronti, in ogni caso, si sarebbe do

vuto integrare il contraddittorio, dacché la società non si estin

gue con la cancellazione dal registro delle imprese bensì (ancor ché tale formalità abbia avuto luogo) solo quando sia stata por tata a termine la procedura di liquidazione a seguito della defi

nizione di tutti i rapporti giuridici, sostanziali e processuali, a

questa connessi ed ancora pendenti con i terzi per ragioni di da

re ed avere, ciò che nella specie non erasi evidentemente verifi

cato quanto meno in ordine al giudizio in esame (e pluribus, Cass. 1° luglio 2000, n. 8842, id., Rep. 2000, voce Società, n.

927; 12 giugno 2000, n. 7972, ibid., n. 928; 3 novembre 1999, n. 12274, id., Rep. 1999, voce Cooperativa, n. 92; 15 giugno

1999, n. 5941, ibid., voce Società, n. 1065; 29 maggio 1999, n.

5233, ibid., n. 1062).

Il Foro Italiano — 2004.

CORTE DI CASSAZIONE; sezione II civile; sentenza 4 feb

braio 2004, n. 2100; Pres. ed est. Corona, P.M. Ceniccola

(conci, diff.); Schiavetti e altro (Avv. Ciccotti, Lorenzani) c.

Somalvico (Avv. Daffan). Cassa App. Milano 21 gennaio 2000 e decide nel merito.

Spettacoli e trattenimenti pubblici — Diritto di palco —

Proprietà superficiaria — Fattispecie (Cod. civ., art. 720, 952; 1. 26 luglio 1939 n. 1336, norme sul condominio dei tea

tri e sui rapporti tra proprietari dei teatri ed i titolari del diritto

di palco, art. 1, 2, 10).

Posto che il diritto di palco, sia per quanto concerne le facoltà ed i poteri sia per le obbligazioni, si riferisce al palco consi

derato come bene unico, nell'ipotesi di domanda tesa ad ot

tenere Io scioglimento della comunione il bene giuridico pal co deve essere compreso per intero nella quota dei condivi

denti titolari della quota maggiore, con addebito dell'ecce

denza. (1)

(1) I. - La complessa vicenda prende le mosse da una domanda di

scioglimento della comunione relativa ad un palco del teatro sociale di Como. I due attori, assumendo di essere comproprietari pro indiviso ed in parti uguali della quota pari agli undici dodicesimi del palco, con

vengono in giudizio il proprietario del rimanente dodicesimo e, stante l'indivisibilità del bene, chiedono lo scioglimento della comunione, con

assegnazione del bene in loro favore e determinazione del conguaglio. La domanda trova sostanziale accoglimento in primo grado, ma la corte

d'appello, in riforma di tale pronunzia, dispone la divisione mediante

assegnazione separata dei sei posti del palco, attribuendo ai predetti attori cinque posti ed assegnando alla parte soccombente in primo gra do il sesto posto a balaustra. La sentenza d'appello si fonda su una con siderazione di fondo: l'ipotesi di non comoda divisibilità del bene di cui all'art. 720 c.c. — che costituisce deroga (applicabile solo ove sia accertata la rigorosa sussistenza dei relativi presupposti) alla regola delle divisibilità in natura del bene — non sussiste nel caso in esame, attinente, come si è detto, al diritto di palco, che si esaurirebbe in una

semplice facoltà di prelazione sui biglietti dello spettacolo e quindi, in una «sommatoria delle unità frazionarie rappresentate dai posti a sede re».

II. - La Suprema corte, investita della questione, esclude che il diritto di palco possa essere considerato come divisibile mediante assegnazio ne dei singoli posti a sedere e sottolinea l'interezza fisica del bene. Ma la questione relativa alla configurazione ed all'oggetto del diritto di

palco appare ben più complessa e prende le mosse dall'analisi della 1.

26 luglio 1939 n. 1336 (norme sul condominio dei teatri e sui rapporti tra proprietari dei teatri ed i titolari del diritto di palco) che — scono sciuta forse agli assidui frequentatori della platea — determina il com

plesso fascio di diritti ed obbligazioni che legano il proprietario del

teatro ed i titolari del diritto di palco. Il legislatore, peraltro, si limita ad una definizione concreta del suo

contenuto (l'art. 2 così recita : «Il diritto di palco consiste nella facoltà di godere e di disporre del palco medesimo, in modo esclusivo, facen done uso conforme allo scopo al quale il teatro è destinato. L'estensio ne e le modalità dell'uso sono determinate dal titolo e, in mancanza del

titolo, dalle consuetudini teatrali. Il diritto di palco non comprende, sal

vo titolo contrario, alcuna quota di comproprietà sulla sala, sul palco scenico e sulle parti dell'edificio indicate negli art. 3 e 4 1. 10 gennaio 1935 n. 8»), Il riferimento alla comproprietà, di cui all'ultimo comma della norma, sembrerebbe, ad un primo e rapido sguardo, sostenere

l'interpretazione fatta propria dagli attori nel giudizio di primo grado; ma l'analisi complessiva del testo, anche in considerazione dell'origine dell'istituto, può condurre anche ad una soluzione differente. Le norme

vanno, infatti, inquadrate in un'epoca in cui non era raro che i privati contribuissero direttamente alla costruzione del teatro; la costituzione del diritto di palco rappresentava, quindi, il naturale corrispettivo di

tale partecipazione in denaro ed attribuiva al titolare una facoltà di go dimento, connotata dal requisito dell'esclusività, comodità e riservatez

za che costituivano certo privilegi non di poco conto, rispetto alla sem

plice riserva di comuni posti a sedere nel teatro, magari in platea. Ma al

titolare del diritto di palco restava preclusa ogni ingerenza nella manu

tenzione del teatro e nell'amministrazione dell'azienda teatrale (art. 3),

pur essendo a suo carico le spese necessarie per la conservazione dei

palchi, dal cui obbligo poteva liberarsi con l'abbandono del suo diritto

(art. 4). La sentenza in epigrafe conclude, dunque, nel senso che il palco og

getto del diritto deve essere considerato come bene unitario (ed indivi

sibile ai sensi dell'art. 720 c.c.), costituito da ciascuno dei vani aperti nella parete perimetrale del teatro e non come sommatoria dei singoli

posti che in esso sono contenuti (in motivazione si richiama Cass. 23

ottobre 2001. n. 12998, Foro it., Rep. 2001. voce Divisione, n. 12, se

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PARTE PRIMA

Svolgimento del processo. — Con citazione 18 ottobre 1988,

Giorgio Taroni e Attilio Schiavetti convennero, davanti al Tri

bunale di Como, Giacomo Somalvico.

Esposero di essere comproprietari, pro indiviso in parti egua

li, della quota pari agli undici dodicesimi del palco unico, nel

teatro sociale di Como, situato nella prima fila di sinistra ri

spetto all'ingresso; aggiunsero che il convenuto era compro

prietario della residua quota, pari a un dodicesimo.

Domandarono lo scioglimento della comunione, da attuarsi,

condo cui il concetto di comoda divisibilità di un immobile, cui fa rife

rimento l'art. 720 c.c., postula che il frazionamento del bene sia attua

bile in tante porzioni separate, ciascuna delle quali suscettibile di auto

nomo godimento da parte di ciascun condividente secondo l'ordinaria

normale funzione dell'intero; cfr. altresì Cass. 7 febbraio 2002, n.

1738, id., Rep. 2002, voce cit., n. 17; 24 novembre 1998, n. 11891, id.,

Rep. 1998, voce cit., n. 19; 3 maggio 1996, n. 411 ), id., Rep. 1996, vo

ce cit., n. 5). Va tuttavia segnalato in proposito come, in tema di divi

sione, il conguaglio che il condividente, a cui sia attribuito per intero

l'immobile, deve corrispondere ad altro coerede, costituisca debito di

valore, esprimendo l'equivalente economico della quota spettante di

tale bene e, pertanto, vada stabilito con riferimento al valore di questo al momento della decisione della causa di divisione; tale valore non è

però determinabile maggiorando automaticamente il prezzo del bene

accertato dal consulente tecnico di ufficio nel corso del giudizio diviso

rio dell'indice di svalutazione monetaria, intervenuta tra la data del

l'accertamento e quella della pronuncia della sentenza, in quanto spes so gli immobili si rivalutano con un ritmo più elevato (v. Cass. 25

maggio 2001, n. 7129, id., 2001, I, 3157, e 29 gennaio 2001, n. 1245,

id., Rep. 2001, voce cit., n. 18; competente ad operare tale rivalutazione

deve ritenersi anche il giudice di rinvio, dopo l'annullamento da parte della Suprema corte della sentenza d'appello: v. Cass. 17 aprile 2001, n. 5606, ibid., n. 15).

III. - Resta, tuttavia, incerta l'individuazione della natura del diritto.

La sentenza in epigrafe prende in esame sia il diritto di superficie, sia il

diritto di proprietà superficiaria separata di cui all'art. 952, 2° comma,

c.c., e chiarisce altresì come sia questione attinente al contenuto del ti

tolo individuare, di volta in volta, l'applicazione della prima o della se

conda disciplina; precisa, inoltre, che al diritto di palco può anche ac

compagnarsi una situazione di condominio su alcune ulteriori parti co

muni del teatro e che in ogni caso il diritto reale può essere sottoposto a

regime di comproprietà. Nondimeno, non può sfuggire come il testo

della legge non faccia mai riferimento esplicito al diritto di superficie o

di proprietà superficiaria; né, a ben vedere, poteva farlo, dato che l'e

manazione della legge è anteriore all'entrata in vigore del codice civile

vigente (l'art. 10 contiene solo un esplicito riferimento ai palchi di

«proprietà privata» per precisare che l'accesso ad essi importa sempre, per ciascuna persona che assiste allo spettacolo, il pagamento del bi

glietto d'ingresso nella stessa misura fissata per l'ingresso ai palchi de

stinati al pubblico). Nel codice civile del 1865, infatti, non era prevista alcuna disciplina specifica del diritto di superficie (v., per maggiori

dettagli storici, A. Guarneri, Superficie, voce del Digesto civ., Torino, 1999, XIX, 206, che ricorda come persino nei primi lavori preparatori del codice civile e, segnatamente, nel progetto della commissione reale del libro secondo intitolato «Cose e diritti reali» pubblicato nel 1937, non comparisse una disciplina autonoma e distinta del diritto di super ficie) ed era anzi oggetto di ampio dibattito dottrinario il suo possibile inquadramento in istituti diversi, dalla servitus oneris ferendi, all'usu frutto o all'enfiteusi, e si discuteva addirittura della sua riconducibilità ad un diritto di natura obbligatoria (sul punto, v. Salis, La proprietà superficiaria, Padova, 1935). Dunque, delle due l'una: o al momento dell'emanazione delle disposizioni in questione il legislatore aveva come riferimento solo il diritto di proprietà piena, all'interno del quale aveva inteso disegnare la disciplina ad hoc del diritto di palco; oppure bisogna riconoscere a questa legge il primato, nient'affatto trascurabile, di avere anticipato di qualche anno la scelta effettuata dal codice del

1942, delineando consapevolmente una prima e completa applicazione del diritto di superficie, prima ancora del suo esplicito riconoscimento nel codice civile.

Ma, a rendere ancora più intrigante il giallo, vi è forse un'ulteriore

opzione, che nasce dalla considerazione che la definizione proposta dalla legge e contenuta nell'art. 2 («Il diritto di palco consiste nella fa coltà di godere e di disporre del palco medesimo, in modo esclusivo, facendone uso conforme allo scopo al quale il teatro è destinato») rie

cheggia la definizione classica dell'usufrutto, inteso come ius alienis rebus utendi fruendi salva rerum substantia (Paolo, D, 7, I, 1).

Mera curiosità accademica? Ad escluderlo è sufficiente la semplice considerazione delle diverse ricadute pratiche dell'accostamento del di ritto di palco ad un diritto reale piuttosto che ad un altro; ad esempio, il diritto di proprietà superficiaria, separata della costruzione già esistente

(a differenza del diritto di superficie), consiste in un diritto reale limi

li. Foro Italiano — 2004.

stante l'indivisibilità del bene, mediante l'assegnazione ad essi

dell'intero palco, con determinazione del conguaglio. Giacomo Somalvico contestò che il diritto al palco potesse

assimilarsi alla proprietà o agli altri diritti reali e, perciò, che

potesse essere assoggettato alla disciplina dello scioglimento della comunione. Chiese il rigetto della domanda avversa.

Con sentenza non definitiva 21 maggio - 20 luglio 1991, il

tribunale assegnò il palco agli attori congiuntamente, con adde

bito della somma spettante al convenuto da determinare nella

prosecuzione del giudizio; con sentenza definitiva 10 dicembre -

17 maggio 1997, fissò in lire 15.000.000 la somma da corri

spondere agli eredi del convenuto, deceduto nelle more.

La Corte d'appello di Milano, con decisione 17 novembre

1999 - 21 gennaio 2000, in riforma delle sentenze del tribunale

dispose la divisione mediante assegnazione a Marco, Giuseppe,

Camilla, Renata e Vittorio Somalvico del posto a balaustra del

palco 12, ed a Giorgio Taroni e Attilio Schiavetti dei restanti

cinque posti; compensò integralmente le spese processuali. Nella sentenza si legge che l'ipotesi di non comoda divisibi

lità del bene, di cui all'art. 720 c.c., costituisce una deroga al

principio generale, secondo cui ciascun partecipante alla comu

nione ha diritto di conseguire in natura i beni dividendi, ragion

per cui la non comoda divisibilità può essere ritenuta solo ove

risulti rigorosamente la sussistenza dei presupposti. Orbene, il

contenuto del diritto al palco si esaurisce in una sorta di facoltà

di prelazione, che il titolare può esercitare acquistando un nu

mero di biglietti d'ingresso pari al numero dei posti. Avendo il

titolare, in occasione degli spettacoli, il diritto di riservarsi tutti

o soltanto qualcuno dei posti e considerata la configurazione del

diritto al palco come sommatoria delle unità frazionarie rappre sentate dai posti a sedere, l'ipotesi di non comoda divisibilità

non sussiste.

Contro la sentenza ricorrono per cassazione Giorgio Taroni e

Attilio Schiavetti; resistono con controricorso Marco, Giuseppe,

Camilla, Renata, Vittorio Somalvico e Renata, nonché Gabriella

Dubini. Motivi della decisione. — 1. - Con unico motivo i ricorrenti

deducono violazione e falsa applicazione degli art. 1114, 718,

720, 727 c.c. e delle norme della 1. 26 luglio 1939 n. 1336 (in

particolare degli art. 2, 9, 10). Erronea, insufficiente e contrad

dittoria motivazione su un punto decisivo della controversia.

La Corte d'appello di Milano, riconosciuto che il diritto sul

palco è un vero e proprio diritto di proprietà che ha per oggetto un bene immobile, cui sono applicabili le norme sulla comunio

ne e sullo scioglimento, afferma erroneamente che il diritto al

bene immobile possa essere diviso in natura mediante l'asse

gnazione di singoli posti a sedere. In realtà il bene palco deve

intendersi nella sua interezza e nella sua fisica consistenza e

come tale sicuramente è insuscettibile di divisione.

Pertanto, i comproprietari della quota maggiore avevano di

ritto all'assegnazione dell'intero, con l'obbligo di conguaglio, siccome disposto dal tribunale.

2. - La questione di diritto, che la Corte suprema deve risol

vere per decidere la controversia, consiste nell'identificazione

dell'oggetto del «diritto di palco in teatro» e della sua divisibi

lità o indivisibilità. Più analiticamente, il quesito è se il diritto

abbia come oggetto un unico bene immobile costituito dal pal co, inteso secondo la sua consueta accezione, ovvero se il diritto

consista nella facoltà di occupare, in occasione degli spettacoli,

tato al periodo di esistenza della costruzione stessa: con la conseguenza che, in caso di distruzione della costruzione, il proprietario superficia rio può ricostruirla, mentre il diritto di proprietà separata si estingue (v. Cass. 13 febbraio 1993, n. 1844, Foro it., Rep. 1993, voce Superficie, n. 3, e, in extenso, Riv. giur. edilizia, 1993,1, 1023, con nota di Salis, a cui dire la proprietà superficiaria è autonoma dalla proprietà separata della costruzjone: alla formazione della proprietà superficiaria si per viene mediante la costituzione del diritto di superficie, mentre la pro prietà separata si realizza con l'alienazione della costruzione indipen dentemente dalla costituzione di un diritto di superficie; la proprietà superficiaria sorge, quindi, in modo originario in capo al costruttore, titolare del diritto di superficie, per effetto dell'impedimento che la co stituzione di questo diritto pone all'operare dell'accessione, mentre la

proprietà separata è acquistata dal nuovo titolare in modo derivativo per effetto del trasferimento compiuto dal proprietario del suolo). Differen za non di poco alla luce dei noti e disastrosi incendi che, in un passato ancora recente, hanno devastato prestigiosi teatri italiani. [P. Laghezza]

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

i posti a sedere ed eventualmente in piedi che il palco medesimo

contiene; quindi, nel caso in cui l'oggetto del diritto al palco in

teatro sia configurato da un unico bene, se esso sia divisibile

mediante la distribuzione dei posti contenuti.

3. - Per identificare l'oggetto del diritto sul bene in senso giu ridico, solitamente definito come palco in teatro, occorre pren dere le mosse dalla 1. 26 luglio 1939 n. 1336, concernente il

condominio dei teatri e i rapporti tra i proprietari dei teatri ed i

titolari del «diritto di palco». 3.1. - All'identificazione dell'oggetto contribuisce, anzitutto,

l'origine dell'istituto. All'epoca in cui non era infrequente il

contributo dei privati alla costruzione dei teatri dotati di palchi, la costituzione del diritto di palco veniva favorita perché per metteva un apprezzabile apporto finanziario, a titolo di corri

spettivo per l'attribuzione.

Il diritto sul palco consente ai proprietari di godere del bene

in modo esclusivo e con continuità, permettendo loro, ai com

ponenti della famiglia e agli ospiti di assistere agli spettacoli in

condizioni di privilegio. Non soltanto garantisce la certezza di

essere presenti alle «prime» e alle manifestazioni più importan ti: soprattutto assicura il godimento degli spettacoli con l'age volezza, la comodità e la riservatezza connesse con l'uso esclu

sivo. L'agevolezza, la comodità e la riservatezza raffigurano delle qualità del godimento, che non sono comparabili con la

ipotetica riserva di posti a sedere collocati nella platea o nel

loggione. Il diritto nasce per garantire il godimento esclusivo dell'inte

ro spazio costituito dal palco. 3.2. - Lo scopo della legge, quale risulta dall'intestazione e

dal complesso delle disposizioni, è quello di regolare i rapporti tra i proprietari degli edifici adibiti a teatro ed i titolari del di ritto di palco nei teatri, considerato come bene unico, e non con

riferimento ai posti che il palco contiene.

3.3. - D'altra parte, l'oggetto del diritto sul bene immobile

configurato dal palco in teatro emerge in modo univoco dal te

sto letterale di diversi articoli.

Avuto riguardo al significato proprio delle parole, per palco si

intende ciascuno dei vani aperti nella parete perimetrale della

sala in cui si svolgono gli spettacoli. Più precisamente, con il

termine palco si designa ciascuno dei compartimenti in cui sono

divise le balconate sovrapposte nella parete perimetrale, che

fronteggia il palcoscenico, e dai quali compartimenti gli spetta tori possono assistere alla rappresentazione. Nella legge si fa

menzione solo ed esclusivamente del diritto di palco. In parti colare del diritto di palco parlano gli art. 1; 2, 1° e 3° comma; 3, 1° comma; 4, 1°, 2° e 4° comma; 5, 3° comma; 6, 1° e 7° com

ma; 8, 1° comma; 9, 1° comma; 10, 1° e 2° comma.

Nessuna disposizione fa riferimento ai posti contenuti nel

palco, siano essi a sedere o in piedi. 3.4. - Ancora, ai fini dell'identificazione dell'oggetto del di

ritto assume importanza rilevante il contenuto del diritto.

A norma dell'art. 2, 1° comma, 1. cit. il diritto di palco consi

ste nella facoltà di godere e di disporre dell'intero palco in

modo esclusivo, facendone un uso conforme allo scopo al quale il teatro è destinato. Fonti regolatrici delle modalità d'esercizio

di tale diritto sono il titolo, da cui esso nasce e, in mancanza, le

consuetudini teatrali (art. 2, 2° comma) (al titolo e alle consue

tudini teatrali deve farsi ricorso per definire le modalità di go dimento in concreto, quali il numero massimo di posti a sedere

o in piedi disponibili nel palco). Al palco considerato come be

ne unico fanno riferimento le norme concernenti la imputazione delle spese per la conservazione (art. 4), per le innovazioni (art.

5), per uniformare i palchi alle nuove condizioni estetiche del

teatro (art. 6); nonché le spese afferenti alla cessione dell'uso

(art. 9) ed alle espropriazioni per causa di pubblica utilità (art.

16). In sintesi, il contenuto del diritto, sia per quanto concerne le

facoltà ed i poteri, sia per quanto attiene alle obbligazioni, fa ri

ferimento al palco considerato come bene unico.

3.5. - Per concludere in merito all'identificazione dell'og

getto, spunti importanti si ricavano dal dibattito intorno alla

natura del diritto.

Si discute se il diritto sul palco in teatro si configuri come di

ritto di superficie o piuttosto come diritto di proprietà superfi ciaria separata, in conformità con l'ipotesi tipica contemplata dall'art. 952, 2° comma, c.c.

L'art. 952 cit., invero, attribuisce al proprietario due distinti

Il Foro Italiano — 2004.

poteri: quello di costituire sul suo terreno un diritto di superfi

cie, con l'effetto che il titolare del diritto di costruire sulla su

perficie acquista la proprietà dell'opera, e quello di alienare la

proprietà della costruzione già esistente separatamente dalla

proprietà del suolo. Trattasi di poteri distinti, cui fanno seguito

conseguenze differenti.

Posto che il codice contempla la possibilità dell'esistenza del

diritto di superficie senza che esista la proprietà superficiaria (l'art. 954, 4° comma, c.c., infatti, dispone l'estinzione del di

ritto di superficie per non uso protratto per venti anni), il diritto

di superficie, inteso come il potere di fare o di mantenere sopra il suolo una costruzione, attribuisce al titolare, nei limiti tempo rali ricordati sopra, non solo il diritto di costruire sopra il suolo,

ma anche quello di ricostruire la costruzione che eventualmente

sia rovinata o distrutta. Per contro la proprietà superficiaria se

parata — senza il corrispondente diritto di superficie, vale a dire

la costituzione pura e semplice della proprietà superficiaria se

parata della costruzione già esistente — consiste in un diritto

reale frazionario (di natura dominicale) limitato al periodo di

esistenza della costruzione. Salvo che, espressamente per titolo

sia stato concesso anche il diritto di superficie, la proprietà su

perficiaria separata non comporta il potere di ricostruire l'im

mobile distrutto.

Certamente le figure della proprietà superficiaria e della pro

prietà superficiaria separata e, in particolare, l'oggetto del di

ritto presuppongono che il palco sia inteso come bene unico,

come spazio definito configurato dai compartimenti, nei quali sono suddivisi le balconate prospicienti il palcoscenico, e non i

posti contenuti nel palco. E questione di titolo stabilire se il diritto reale frazionario

sull'immobile derivi da un diritto di superficie seguito dalla edi

ficazione o, invece, dall'alienazione della costruzione esistente:

quindi, se sussista una proprietà superficiaria, ovvero una pro

prietà superficiaria separata. Per completezza, conviene aggiungere che, sempre sulla base

del titolo, il proprietario del palco può partecipare anche alla

comproprietà della sala, del palcoscenico e delle altre parti co

muni dell'edificio teatrale (art. 2, 3° comma). In questo caso, alla proprietà superficiaria o superficiaria separata, che com

portano il diritto di godere e di disporre del palco in modo

esclusivo, si aggiunge una situazione soggettiva di condominio

sull'intero edificio teatrale e, in modo particolare, sulle parti di

uso comune del teatro (suolo, fondazioni, muri maestri, ecc.). Conviene precisare, altresì, che sulla base del titolo il diritto di

palco può consistere in un diritto di credito del palchista nei

confronti del proprietario del teatro. Circa il contenuto di questo diritto, dipendente dalla destinazione del teatro, non sembrano

possibili ulteriori precisazioni, in quanto dal credito può aver

origine il diritto di assistere ad una sola rappresentazione, ad

un'intera stagione o di godere del palco per un più lungo perio do di tempo. Anche nelle ipotesi di condominio sull'intero tea

tro o di diritto di credito al godimento del palco, questo è consi

derato come spazio a sé.

3.6. - L'affermazione dei giudici del merito circa la sussisten

za, nella specie, di un diritto reale, che raffigura il presupposto

dell'applicabilità delle norme sulla divisione, non è impugnata.

Riepilogando, dall'insieme degli elementi esposti —

l'origine della legge, il suo scopo, il significato proprio delle parole, il

contenuto del diritto, la natura ad esso assegnata dalla dottrina — si desume che il bene giuridico, costituente l'oggetto del di

ritto, è il palco considerato come bene unico, configurato dallo

spazio e dagli arredi: non i posti, a sedere o in piedi, che il palco contiene.

4. - Il palco in teatro, in quanto oggetto di un diritto reale

(proprietà superficiaria o proprietà superficiaria separata), può essere sottoposto al regime della comproprietà (art. 1101 ss.

c.c.): per conseguenza, ai beni contemplati dal diritto suddetto si

applicano le norme relative allo scioglimento della comunione

(art. 713 ss. c.c.). 5. - È risaputo che le disposizioni contenute nell'art. 720 c.c.,

concernente la divisione dei beni immobili non divisibili caduti

in comunione ereditaria, si applicano anche allo scioglimento di

ogni altro tipo di comunione, per effetto del richiamo contenuto

nell'art. 1116 c.c. (Cass. 18 ottobre 2001, n. 12758, Foro it.,

Rep. 2001, voce Divisione, n. 11; 10 aprile 1990, n. 2990, id.,

Rep. 1990, voce Comunione e condominio, n. 28; 30 marzo

1988, n. 2662, id.. Rep. 1988, voce Divisione, n. 11).

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Page 5: sezione II civile; sentenza 4 febbraio 2004, n. 2100; Pres. ed est. Corona, P.M. Ceniccola (concl. diff.); Schiavetti e altro (Avv. Ciccotti, Lorenzani) c. Somalvico (Avv. Daffan).

PARTE PRIMA

Ciò premesso, il concetto di comoda divisibilità di un immo

bile, cui fa riferimento l'art. 720 c.c.: a) sotto l'aspetto struttu

rale, postula che il frazionamento del bene sia attuabile me

diante determinazione di quote concrete suscettibili di autono

mo e libero godimento (Cass. 7 febbraio 2002, n. 1738, id., Rep. 2002, voce cit., n. 17); perciò, ricorre la non comoda divisibilità

quando non sia possibile la formazione di un numero di quote

omogenee eguale a quello dei condividenti (Cass. 3 maggio 1996, n. 4111, id., Rep. 1996, voce cit., n. 5); b) sotto il profilo economico e funzionale, esige che la divisione consenta il

mantenimento, sia pure in misura proporzionalmente ridotta, della funzionalità che aveva il tutto, tenuto conto della normale

destinazione ed utilizzazione del bene (Cass. 7 febbraio 2002, n.

1738, cit.); vale a dire, che il bene sia frazionabile in tante por zioni separate, ciascuna delle quali sia suscettibile di autonomo

godimento da parte di ciascun condividente secondo l'ordinaria

e normale funzione dell'intero (Cass. 23 ottobre 2001, n. 12998,

id., Rep. 2001, voce cit., n. 12; 24 novembre 1998, n. 11891, id.,

Rep. 1998, voce cit., n. 19). Per la sua peculiare conformazione fisica (la struttura) e per

le utilità specifiche che offre (la funzione), il palco non può considerarsi bene divisibile.

Sotto l'aspetto strutturale, il frazionamento non può attuarsi

mediante la determinazione di quote concrete suscettibili di au

tonomo e libero godimento, perché per ragioni evidenti non

sembra possibile formare un numero di quote omogenee eguale a quello dei condividenti composte da tanti eventuali «palchetti»

quanti sono i condividenti. Sotto il profilo funzionale, la divi

sione del palco — ammessa e non concessa la sua possibilità sul

piano della struttura — non consentirebbe il mantenimento, sia

pure in misura proporzionalmente ridotta, del tipo specifico di

utilizzazione che aveva il tutto. Avuto riguardo alla normale de

stinazione ed utilizzazione, il palco non sembra sia frazionabile

in tante porzioni separate, ciascuna delle quali suscettibile di

autonomo godimento, da parte di ciascun condividente, secondo

la sua originaria e consueta funzione contrassegnata dalla esclu

sività (agevolezza, comodità, riservatezza). Stabilito che il diritto sul palco in teatro ha come oggetto lo

spazio intero — aperto sulle balconate sovrapposte nelle pareti

perimetrali della sala, in cui si svolgono gli spettacoli — dal

quale i titolari possono assistere alle rappresentazioni; che tutto

il bene forma oggetto di proprietà superficiaria o di proprietà

superficiaria separata, secondo il titolo; che in ragione della

struttura il palco, di per sé, non è suscettibile di divisione, in

quanto non permette la formazione di un numero di quote eguali a quello dei condividenti: tutto ciò considerato, nel caso di

comproprietà del palco e di scioglimento della comunione il be

ne giuridico «palco» deve essere compreso per intero nella

quota dei condividenti titolari della quota maggiore, con adde

bito dell'eccedenza.

Il ricorso deve essere accolto e la sentenza della corte d'ap

pello cassata.

Poiché non sono necessari ulteriori accertamenti di fatto, in

quanto la decisione del Tribunale di Como contiene il riscontro

completo dei dati di fatto e la valutazione adeguata di essi (la non divisibilità del bene, la stima delle quote e la coerente sta

tuizione corretta in ordine alla disciplina dei rapporti reali), la

Suprema corte deve, decidendo ai sensi dell'art. 384, 1° comma,

c.p.c. e confermando la sentenza del tribunale, dichiarare il bene

palco indivisibile e assegnarlo agli attori congiuntamente, adde

bitando loro la somma di euro 7.746,85, pari a lire 15.000.000, da corrispondere agli eredi dell'originario convenuto.

Il Foro Italiano — 2004.

CORTE DI CASSAZIONE; sezione lavoro; sentenza 3 feb

braio 2004, n. 1983; Pres. Ciciretti, Est. Cuoco, P.M. Pivetti

(conci, conf.); Soc. Ferrovie dello Stato (Avv. Bucci) c. Ferro

(Avv. Antonucci, Salvago). Conferma Trib. Modica 14 di

cembre 2000.

Lavoro (rapporto di) — Mansioni superiori — Promozione automatica — Compimento del periodo di assegnazione

Riposo compensativo —

Computo (Cod. civ., art. 2103).

Ai fini del compimento del periodo di assegnazione a mansioni

superiori, necessario per l'acquisizione del diritto alla c.d.

promozione automatica, ai sensi dell'art. 2103 c.c., deve te

nersi conto, oltre che dei riposi settimanali, anche dei riposi

compensativi, i quali, in quanto conseguenza di un riposo non

goduto — di cui rappresentano il mero differimento nel tempo — costituiscono parte integrante del periodo di lavoro, es

sendo irrilevante a tal proposito che il riposo venga monetiz

zato, e in tal modo non materialmente goduto, dal lavorato

re. (1)

Svolgimento del processo. — Con ricorso al Pretore di Modi

ca, Francesco Ferro, esponendo di avere svolto fin dal 1° no

vembre 1993, quale dipendente della Ferrovie dello Stato s.p.a. con qualifica di assistente di stazione, mansioni di primo tecnico

di stazione fino al 22 giugno 1994, chiese che gli fosse ricono

sciuto il diritto alla promozione a questo livello, con le differen

ze retributive maturate e gli accessori.

Il pretore accolse la domanda, riconoscendo il diritto dal 13

marzo 1994. Parzialmente accogliendo l'appello, il Tribunale di

Modica ha riconosciuto il diritto dal 13 giugno 1994.

Afferma il giudicante che dal 13 marzo 1994, a seguito del

l'assegnazione del Cappello alla stazione di Lentini, il Ferro ha

svolto le mansioni superiori in modo utile ai fini del riconosci

mento del diritto in controversia.

Poiché le quotidiane esigenze della reggenza della stazione

imponevano l'esercizio delle relative mansioni fino alla mate

riale presenza del nuovo titolare, e poiché il dispaccio del 10

giugno 1994 prevedeva espressamente, con l'assegnazione, an

che la materiale contestuale immissione in possesso del dipen dente ivi destinato, il Ferro aveva efficacemente svolto (ai fini

della superiore qualifica) le mansioni superiori fino al 22 giugno 1994, quando il nuovo titolare assunse questo possesso.

Poiché il riposo non è sospensione della prestazione lavorati

va, bensì esclusione del lavoro per una causa interna alla stessa

distribuzione della prestazione (come compenso per prestazione effettuata in giorni di festività o di riposo settimanale), dal com

puto del periodo utile ai fini dell'art. 2103 c.c., pur dovendosi

escludere i giorni di ferie e di malattia, non sono da escludere

quelli di riposo. La decorrenza di questo diritto presuppone tuttavia il decorso

del tempo normativamente previsto. Nel caso in esame, il diritto era sorto solo dopo che dal 13 marzo 1994 questo periodo era

decorso.

Per la cassazione di questa sentenza ricorre la Ferrovie dello

Stato s.p.a., percorrendo le linee di due motivi, coltivati con

memoria; Francesco Ferro resiste con controricorso.

Motivi della decisione. — 1. - Con il primo motivo, denun

ciando per l'art. 360, nn. 3 e 5, c.p.c. violazione e falsa applica zione dell'art. 2697 c.c. nonché omessa, insufficiente e contrad

dittoria motivazione, la ricorrente sostiene che, anche se il nuo

vo titolare iniziò a svolgere materialmente le mansioni del suo

ufficio solo il 23 giugno 1994, non è tuttavia prova alcuna che

dopo l'atto aziendale del 10 giugno 1994 (che conteneva una

(1) Il principio di diritto è inedito in termini così specifici. Peraltro, nel senso della computabilità, ai fini del calcolo del periodo utile al

l'acquisizione del diritto alla promozione automatica, del riposo setti

manale, cfr. Cass. 13 dicembre 2001, n. 15766, Foro it.. Rep. 2002, vo ce Lavoro (rapporto), n. 804; ma v. anche, seppure con riferimento al calcolo del trattamento economico. Cons. Stato, sez. V, 13 marzo 2002, n. 1503, ibid., voce Sanitario, n. 237; 26 marzo 2001, n. 1722, id., Rep. 2001, voce cit., n. 274; 20 ottobre 2000, n. 5650, ibid., nn. 269, 273.

In generale, sul diritto all'assegnazione definitiva a mansioni supe riori dopo un periodo di lavoro di tre mesi continuativi o centodiciotto

giorni discontinui, cfr. Cass. 22 agosto 1997, n. 7874, id., 1998, I, 1237.

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