sezione II civile; sentenza 4 febbraio 2004, n. 2100; Pres. ed est. Corona, P.M. Ceniccola (concl.diff.); Schiavetti e altro (Avv. Ciccotti, Lorenzani) c. Somalvico (Avv. Daffan). Cassa App.Milano 21 gennaio 2000 e decide nel meritoSource: Il Foro Italiano, Vol. 127, No. 7/8 (LUGLIO-AGOSTO 2004), pp. 2153/2154-2159/2160Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23199562 .
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2153 GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE 2154
l'atto introduttivo, ma, in tal caso, dev'essere seguita la forma
lità della notifica all'altra parte mediante elenco, come stabilito
dall'art. 372, 2° comma, c.p.c. Il difetto d'entrambe tali forme d'adempimento alle modalità
di produzione e comunicazione dei documenti attestanti la legi timatio ad processum comporta, dunque, l'inammissibilità del
ricorso.
Nella specie, il ricorrente ha introdotto la presente fase del
giudizio nell'assunta qualità di cessionario dell'azienda già ap
partenente alla s.n.c. Ezeta e, quindi, anche nel rapporto contro
verso, deducendo che «per effetto dell'atto di cessione di quota e scioglimento di società, datato 1° febbraio 2000 del notaio
Fietta di Bassano del Grappa rep. n. 83.975, si è provveduto alla
liquidazione dell'indicata società attuata mediante trasferimento
dell'azienda, con tutte le attività e passività, al sig. Ennio Zonta, ecc.» senza, tuttavia, richiamare, altresì, nel contesto del ricor
so, gli atti relativi alla procedura di liquidazione e cancellazione
della società e, inoltre, senza dichiararvi l'avvenuta produzione della relativa documentazione nonché, soprattutto, quella del
menzionato atto 1° febbraio 2000, atti dai quali potersi desume
re l'affermata estinzione del soggetto s.n.c. Ezeta e, in capo ad
esso ricorrente, la qualità di cessionario dell'azienda dalla so
cietà stessa.
Di tal che, formalmente, è rimasta semplicemente dichiarata e
non anche dimostrata la legitimatio ad causam del ricorrente,
onde, risultando questi non legittimato ad impugnare la sentenza
di secondo grado in quanto emessa contro un soggetto diverso,
l'impugnazione va dichiarata inammissibile.
Né, per quanto sopra evidenziato, gioverebbe al ricorrente
aver, comunque, ma senza dichiararlo in ricorso, allegato al
proprio fascicolo tutti i summenzionati documenti necessari a
comprovare l'estinzione della parte originaria e l'intervenuta
successione d'esso ricorrente a titolo particolare nel diritto con
troverso.
D'altra parte, può aggiungersi per sola completezza, la legit timazione dello Zonta quale successore a titolo particolare nel
rapporto controverso, quand'anche formalmente dedotta e pro vata, sarebbe stata solo concorrente e non sostitutiva di quella della s.n.c. Ezeta, nei cui confronti, in ogni caso, si sarebbe do
vuto integrare il contraddittorio, dacché la società non si estin
gue con la cancellazione dal registro delle imprese bensì (ancor ché tale formalità abbia avuto luogo) solo quando sia stata por tata a termine la procedura di liquidazione a seguito della defi
nizione di tutti i rapporti giuridici, sostanziali e processuali, a
questa connessi ed ancora pendenti con i terzi per ragioni di da
re ed avere, ciò che nella specie non erasi evidentemente verifi
cato quanto meno in ordine al giudizio in esame (e pluribus, Cass. 1° luglio 2000, n. 8842, id., Rep. 2000, voce Società, n.
927; 12 giugno 2000, n. 7972, ibid., n. 928; 3 novembre 1999, n. 12274, id., Rep. 1999, voce Cooperativa, n. 92; 15 giugno
1999, n. 5941, ibid., voce Società, n. 1065; 29 maggio 1999, n.
5233, ibid., n. 1062).
Il Foro Italiano — 2004.
CORTE DI CASSAZIONE; sezione II civile; sentenza 4 feb
braio 2004, n. 2100; Pres. ed est. Corona, P.M. Ceniccola
(conci, diff.); Schiavetti e altro (Avv. Ciccotti, Lorenzani) c.
Somalvico (Avv. Daffan). Cassa App. Milano 21 gennaio 2000 e decide nel merito.
Spettacoli e trattenimenti pubblici — Diritto di palco —
Proprietà superficiaria — Fattispecie (Cod. civ., art. 720, 952; 1. 26 luglio 1939 n. 1336, norme sul condominio dei tea
tri e sui rapporti tra proprietari dei teatri ed i titolari del diritto
di palco, art. 1, 2, 10).
Posto che il diritto di palco, sia per quanto concerne le facoltà ed i poteri sia per le obbligazioni, si riferisce al palco consi
derato come bene unico, nell'ipotesi di domanda tesa ad ot
tenere Io scioglimento della comunione il bene giuridico pal co deve essere compreso per intero nella quota dei condivi
denti titolari della quota maggiore, con addebito dell'ecce
denza. (1)
(1) I. - La complessa vicenda prende le mosse da una domanda di
scioglimento della comunione relativa ad un palco del teatro sociale di Como. I due attori, assumendo di essere comproprietari pro indiviso ed in parti uguali della quota pari agli undici dodicesimi del palco, con
vengono in giudizio il proprietario del rimanente dodicesimo e, stante l'indivisibilità del bene, chiedono lo scioglimento della comunione, con
assegnazione del bene in loro favore e determinazione del conguaglio. La domanda trova sostanziale accoglimento in primo grado, ma la corte
d'appello, in riforma di tale pronunzia, dispone la divisione mediante
assegnazione separata dei sei posti del palco, attribuendo ai predetti attori cinque posti ed assegnando alla parte soccombente in primo gra do il sesto posto a balaustra. La sentenza d'appello si fonda su una con siderazione di fondo: l'ipotesi di non comoda divisibilità del bene di cui all'art. 720 c.c. — che costituisce deroga (applicabile solo ove sia accertata la rigorosa sussistenza dei relativi presupposti) alla regola delle divisibilità in natura del bene — non sussiste nel caso in esame, attinente, come si è detto, al diritto di palco, che si esaurirebbe in una
semplice facoltà di prelazione sui biglietti dello spettacolo e quindi, in una «sommatoria delle unità frazionarie rappresentate dai posti a sede re».
II. - La Suprema corte, investita della questione, esclude che il diritto di palco possa essere considerato come divisibile mediante assegnazio ne dei singoli posti a sedere e sottolinea l'interezza fisica del bene. Ma la questione relativa alla configurazione ed all'oggetto del diritto di
palco appare ben più complessa e prende le mosse dall'analisi della 1.
26 luglio 1939 n. 1336 (norme sul condominio dei teatri e sui rapporti tra proprietari dei teatri ed i titolari del diritto di palco) che — scono sciuta forse agli assidui frequentatori della platea — determina il com
plesso fascio di diritti ed obbligazioni che legano il proprietario del
teatro ed i titolari del diritto di palco. Il legislatore, peraltro, si limita ad una definizione concreta del suo
contenuto (l'art. 2 così recita : «Il diritto di palco consiste nella facoltà di godere e di disporre del palco medesimo, in modo esclusivo, facen done uso conforme allo scopo al quale il teatro è destinato. L'estensio ne e le modalità dell'uso sono determinate dal titolo e, in mancanza del
titolo, dalle consuetudini teatrali. Il diritto di palco non comprende, sal
vo titolo contrario, alcuna quota di comproprietà sulla sala, sul palco scenico e sulle parti dell'edificio indicate negli art. 3 e 4 1. 10 gennaio 1935 n. 8»), Il riferimento alla comproprietà, di cui all'ultimo comma della norma, sembrerebbe, ad un primo e rapido sguardo, sostenere
l'interpretazione fatta propria dagli attori nel giudizio di primo grado; ma l'analisi complessiva del testo, anche in considerazione dell'origine dell'istituto, può condurre anche ad una soluzione differente. Le norme
vanno, infatti, inquadrate in un'epoca in cui non era raro che i privati contribuissero direttamente alla costruzione del teatro; la costituzione del diritto di palco rappresentava, quindi, il naturale corrispettivo di
tale partecipazione in denaro ed attribuiva al titolare una facoltà di go dimento, connotata dal requisito dell'esclusività, comodità e riservatez
za che costituivano certo privilegi non di poco conto, rispetto alla sem
plice riserva di comuni posti a sedere nel teatro, magari in platea. Ma al
titolare del diritto di palco restava preclusa ogni ingerenza nella manu
tenzione del teatro e nell'amministrazione dell'azienda teatrale (art. 3),
pur essendo a suo carico le spese necessarie per la conservazione dei
palchi, dal cui obbligo poteva liberarsi con l'abbandono del suo diritto
(art. 4). La sentenza in epigrafe conclude, dunque, nel senso che il palco og
getto del diritto deve essere considerato come bene unitario (ed indivi
sibile ai sensi dell'art. 720 c.c.), costituito da ciascuno dei vani aperti nella parete perimetrale del teatro e non come sommatoria dei singoli
posti che in esso sono contenuti (in motivazione si richiama Cass. 23
ottobre 2001. n. 12998, Foro it., Rep. 2001. voce Divisione, n. 12, se
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PARTE PRIMA
Svolgimento del processo. — Con citazione 18 ottobre 1988,
Giorgio Taroni e Attilio Schiavetti convennero, davanti al Tri
bunale di Como, Giacomo Somalvico.
Esposero di essere comproprietari, pro indiviso in parti egua
li, della quota pari agli undici dodicesimi del palco unico, nel
teatro sociale di Como, situato nella prima fila di sinistra ri
spetto all'ingresso; aggiunsero che il convenuto era compro
prietario della residua quota, pari a un dodicesimo.
Domandarono lo scioglimento della comunione, da attuarsi,
condo cui il concetto di comoda divisibilità di un immobile, cui fa rife
rimento l'art. 720 c.c., postula che il frazionamento del bene sia attua
bile in tante porzioni separate, ciascuna delle quali suscettibile di auto
nomo godimento da parte di ciascun condividente secondo l'ordinaria
normale funzione dell'intero; cfr. altresì Cass. 7 febbraio 2002, n.
1738, id., Rep. 2002, voce cit., n. 17; 24 novembre 1998, n. 11891, id.,
Rep. 1998, voce cit., n. 19; 3 maggio 1996, n. 411 ), id., Rep. 1996, vo
ce cit., n. 5). Va tuttavia segnalato in proposito come, in tema di divi
sione, il conguaglio che il condividente, a cui sia attribuito per intero
l'immobile, deve corrispondere ad altro coerede, costituisca debito di
valore, esprimendo l'equivalente economico della quota spettante di
tale bene e, pertanto, vada stabilito con riferimento al valore di questo al momento della decisione della causa di divisione; tale valore non è
però determinabile maggiorando automaticamente il prezzo del bene
accertato dal consulente tecnico di ufficio nel corso del giudizio diviso
rio dell'indice di svalutazione monetaria, intervenuta tra la data del
l'accertamento e quella della pronuncia della sentenza, in quanto spes so gli immobili si rivalutano con un ritmo più elevato (v. Cass. 25
maggio 2001, n. 7129, id., 2001, I, 3157, e 29 gennaio 2001, n. 1245,
id., Rep. 2001, voce cit., n. 18; competente ad operare tale rivalutazione
deve ritenersi anche il giudice di rinvio, dopo l'annullamento da parte della Suprema corte della sentenza d'appello: v. Cass. 17 aprile 2001, n. 5606, ibid., n. 15).
III. - Resta, tuttavia, incerta l'individuazione della natura del diritto.
La sentenza in epigrafe prende in esame sia il diritto di superficie, sia il
diritto di proprietà superficiaria separata di cui all'art. 952, 2° comma,
c.c., e chiarisce altresì come sia questione attinente al contenuto del ti
tolo individuare, di volta in volta, l'applicazione della prima o della se
conda disciplina; precisa, inoltre, che al diritto di palco può anche ac
compagnarsi una situazione di condominio su alcune ulteriori parti co
muni del teatro e che in ogni caso il diritto reale può essere sottoposto a
regime di comproprietà. Nondimeno, non può sfuggire come il testo
della legge non faccia mai riferimento esplicito al diritto di superficie o
di proprietà superficiaria; né, a ben vedere, poteva farlo, dato che l'e
manazione della legge è anteriore all'entrata in vigore del codice civile
vigente (l'art. 10 contiene solo un esplicito riferimento ai palchi di
«proprietà privata» per precisare che l'accesso ad essi importa sempre, per ciascuna persona che assiste allo spettacolo, il pagamento del bi
glietto d'ingresso nella stessa misura fissata per l'ingresso ai palchi de
stinati al pubblico). Nel codice civile del 1865, infatti, non era prevista alcuna disciplina specifica del diritto di superficie (v., per maggiori
dettagli storici, A. Guarneri, Superficie, voce del Digesto civ., Torino, 1999, XIX, 206, che ricorda come persino nei primi lavori preparatori del codice civile e, segnatamente, nel progetto della commissione reale del libro secondo intitolato «Cose e diritti reali» pubblicato nel 1937, non comparisse una disciplina autonoma e distinta del diritto di super ficie) ed era anzi oggetto di ampio dibattito dottrinario il suo possibile inquadramento in istituti diversi, dalla servitus oneris ferendi, all'usu frutto o all'enfiteusi, e si discuteva addirittura della sua riconducibilità ad un diritto di natura obbligatoria (sul punto, v. Salis, La proprietà superficiaria, Padova, 1935). Dunque, delle due l'una: o al momento dell'emanazione delle disposizioni in questione il legislatore aveva come riferimento solo il diritto di proprietà piena, all'interno del quale aveva inteso disegnare la disciplina ad hoc del diritto di palco; oppure bisogna riconoscere a questa legge il primato, nient'affatto trascurabile, di avere anticipato di qualche anno la scelta effettuata dal codice del
1942, delineando consapevolmente una prima e completa applicazione del diritto di superficie, prima ancora del suo esplicito riconoscimento nel codice civile.
Ma, a rendere ancora più intrigante il giallo, vi è forse un'ulteriore
opzione, che nasce dalla considerazione che la definizione proposta dalla legge e contenuta nell'art. 2 («Il diritto di palco consiste nella fa coltà di godere e di disporre del palco medesimo, in modo esclusivo, facendone uso conforme allo scopo al quale il teatro è destinato») rie
cheggia la definizione classica dell'usufrutto, inteso come ius alienis rebus utendi fruendi salva rerum substantia (Paolo, D, 7, I, 1).
Mera curiosità accademica? Ad escluderlo è sufficiente la semplice considerazione delle diverse ricadute pratiche dell'accostamento del di ritto di palco ad un diritto reale piuttosto che ad un altro; ad esempio, il diritto di proprietà superficiaria, separata della costruzione già esistente
(a differenza del diritto di superficie), consiste in un diritto reale limi
li. Foro Italiano — 2004.
stante l'indivisibilità del bene, mediante l'assegnazione ad essi
dell'intero palco, con determinazione del conguaglio. Giacomo Somalvico contestò che il diritto al palco potesse
assimilarsi alla proprietà o agli altri diritti reali e, perciò, che
potesse essere assoggettato alla disciplina dello scioglimento della comunione. Chiese il rigetto della domanda avversa.
Con sentenza non definitiva 21 maggio - 20 luglio 1991, il
tribunale assegnò il palco agli attori congiuntamente, con adde
bito della somma spettante al convenuto da determinare nella
prosecuzione del giudizio; con sentenza definitiva 10 dicembre -
17 maggio 1997, fissò in lire 15.000.000 la somma da corri
spondere agli eredi del convenuto, deceduto nelle more.
La Corte d'appello di Milano, con decisione 17 novembre
1999 - 21 gennaio 2000, in riforma delle sentenze del tribunale
dispose la divisione mediante assegnazione a Marco, Giuseppe,
Camilla, Renata e Vittorio Somalvico del posto a balaustra del
palco 12, ed a Giorgio Taroni e Attilio Schiavetti dei restanti
cinque posti; compensò integralmente le spese processuali. Nella sentenza si legge che l'ipotesi di non comoda divisibi
lità del bene, di cui all'art. 720 c.c., costituisce una deroga al
principio generale, secondo cui ciascun partecipante alla comu
nione ha diritto di conseguire in natura i beni dividendi, ragion
per cui la non comoda divisibilità può essere ritenuta solo ove
risulti rigorosamente la sussistenza dei presupposti. Orbene, il
contenuto del diritto al palco si esaurisce in una sorta di facoltà
di prelazione, che il titolare può esercitare acquistando un nu
mero di biglietti d'ingresso pari al numero dei posti. Avendo il
titolare, in occasione degli spettacoli, il diritto di riservarsi tutti
o soltanto qualcuno dei posti e considerata la configurazione del
diritto al palco come sommatoria delle unità frazionarie rappre sentate dai posti a sedere, l'ipotesi di non comoda divisibilità
non sussiste.
Contro la sentenza ricorrono per cassazione Giorgio Taroni e
Attilio Schiavetti; resistono con controricorso Marco, Giuseppe,
Camilla, Renata, Vittorio Somalvico e Renata, nonché Gabriella
Dubini. Motivi della decisione. — 1. - Con unico motivo i ricorrenti
deducono violazione e falsa applicazione degli art. 1114, 718,
720, 727 c.c. e delle norme della 1. 26 luglio 1939 n. 1336 (in
particolare degli art. 2, 9, 10). Erronea, insufficiente e contrad
dittoria motivazione su un punto decisivo della controversia.
La Corte d'appello di Milano, riconosciuto che il diritto sul
palco è un vero e proprio diritto di proprietà che ha per oggetto un bene immobile, cui sono applicabili le norme sulla comunio
ne e sullo scioglimento, afferma erroneamente che il diritto al
bene immobile possa essere diviso in natura mediante l'asse
gnazione di singoli posti a sedere. In realtà il bene palco deve
intendersi nella sua interezza e nella sua fisica consistenza e
come tale sicuramente è insuscettibile di divisione.
Pertanto, i comproprietari della quota maggiore avevano di
ritto all'assegnazione dell'intero, con l'obbligo di conguaglio, siccome disposto dal tribunale.
2. - La questione di diritto, che la Corte suprema deve risol
vere per decidere la controversia, consiste nell'identificazione
dell'oggetto del «diritto di palco in teatro» e della sua divisibi
lità o indivisibilità. Più analiticamente, il quesito è se il diritto
abbia come oggetto un unico bene immobile costituito dal pal co, inteso secondo la sua consueta accezione, ovvero se il diritto
consista nella facoltà di occupare, in occasione degli spettacoli,
tato al periodo di esistenza della costruzione stessa: con la conseguenza che, in caso di distruzione della costruzione, il proprietario superficia rio può ricostruirla, mentre il diritto di proprietà separata si estingue (v. Cass. 13 febbraio 1993, n. 1844, Foro it., Rep. 1993, voce Superficie, n. 3, e, in extenso, Riv. giur. edilizia, 1993,1, 1023, con nota di Salis, a cui dire la proprietà superficiaria è autonoma dalla proprietà separata della costruzjone: alla formazione della proprietà superficiaria si per viene mediante la costituzione del diritto di superficie, mentre la pro prietà separata si realizza con l'alienazione della costruzione indipen dentemente dalla costituzione di un diritto di superficie; la proprietà superficiaria sorge, quindi, in modo originario in capo al costruttore, titolare del diritto di superficie, per effetto dell'impedimento che la co stituzione di questo diritto pone all'operare dell'accessione, mentre la
proprietà separata è acquistata dal nuovo titolare in modo derivativo per effetto del trasferimento compiuto dal proprietario del suolo). Differen za non di poco alla luce dei noti e disastrosi incendi che, in un passato ancora recente, hanno devastato prestigiosi teatri italiani. [P. Laghezza]
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
i posti a sedere ed eventualmente in piedi che il palco medesimo
contiene; quindi, nel caso in cui l'oggetto del diritto al palco in
teatro sia configurato da un unico bene, se esso sia divisibile
mediante la distribuzione dei posti contenuti.
3. - Per identificare l'oggetto del diritto sul bene in senso giu ridico, solitamente definito come palco in teatro, occorre pren dere le mosse dalla 1. 26 luglio 1939 n. 1336, concernente il
condominio dei teatri e i rapporti tra i proprietari dei teatri ed i
titolari del «diritto di palco». 3.1. - All'identificazione dell'oggetto contribuisce, anzitutto,
l'origine dell'istituto. All'epoca in cui non era infrequente il
contributo dei privati alla costruzione dei teatri dotati di palchi, la costituzione del diritto di palco veniva favorita perché per metteva un apprezzabile apporto finanziario, a titolo di corri
spettivo per l'attribuzione.
Il diritto sul palco consente ai proprietari di godere del bene
in modo esclusivo e con continuità, permettendo loro, ai com
ponenti della famiglia e agli ospiti di assistere agli spettacoli in
condizioni di privilegio. Non soltanto garantisce la certezza di
essere presenti alle «prime» e alle manifestazioni più importan ti: soprattutto assicura il godimento degli spettacoli con l'age volezza, la comodità e la riservatezza connesse con l'uso esclu
sivo. L'agevolezza, la comodità e la riservatezza raffigurano delle qualità del godimento, che non sono comparabili con la
ipotetica riserva di posti a sedere collocati nella platea o nel
loggione. Il diritto nasce per garantire il godimento esclusivo dell'inte
ro spazio costituito dal palco. 3.2. - Lo scopo della legge, quale risulta dall'intestazione e
dal complesso delle disposizioni, è quello di regolare i rapporti tra i proprietari degli edifici adibiti a teatro ed i titolari del di ritto di palco nei teatri, considerato come bene unico, e non con
riferimento ai posti che il palco contiene.
3.3. - D'altra parte, l'oggetto del diritto sul bene immobile
configurato dal palco in teatro emerge in modo univoco dal te
sto letterale di diversi articoli.
Avuto riguardo al significato proprio delle parole, per palco si
intende ciascuno dei vani aperti nella parete perimetrale della
sala in cui si svolgono gli spettacoli. Più precisamente, con il
termine palco si designa ciascuno dei compartimenti in cui sono
divise le balconate sovrapposte nella parete perimetrale, che
fronteggia il palcoscenico, e dai quali compartimenti gli spetta tori possono assistere alla rappresentazione. Nella legge si fa
menzione solo ed esclusivamente del diritto di palco. In parti colare del diritto di palco parlano gli art. 1; 2, 1° e 3° comma; 3, 1° comma; 4, 1°, 2° e 4° comma; 5, 3° comma; 6, 1° e 7° com
ma; 8, 1° comma; 9, 1° comma; 10, 1° e 2° comma.
Nessuna disposizione fa riferimento ai posti contenuti nel
palco, siano essi a sedere o in piedi. 3.4. - Ancora, ai fini dell'identificazione dell'oggetto del di
ritto assume importanza rilevante il contenuto del diritto.
A norma dell'art. 2, 1° comma, 1. cit. il diritto di palco consi
ste nella facoltà di godere e di disporre dell'intero palco in
modo esclusivo, facendone un uso conforme allo scopo al quale il teatro è destinato. Fonti regolatrici delle modalità d'esercizio
di tale diritto sono il titolo, da cui esso nasce e, in mancanza, le
consuetudini teatrali (art. 2, 2° comma) (al titolo e alle consue
tudini teatrali deve farsi ricorso per definire le modalità di go dimento in concreto, quali il numero massimo di posti a sedere
o in piedi disponibili nel palco). Al palco considerato come be
ne unico fanno riferimento le norme concernenti la imputazione delle spese per la conservazione (art. 4), per le innovazioni (art.
5), per uniformare i palchi alle nuove condizioni estetiche del
teatro (art. 6); nonché le spese afferenti alla cessione dell'uso
(art. 9) ed alle espropriazioni per causa di pubblica utilità (art.
16). In sintesi, il contenuto del diritto, sia per quanto concerne le
facoltà ed i poteri, sia per quanto attiene alle obbligazioni, fa ri
ferimento al palco considerato come bene unico.
3.5. - Per concludere in merito all'identificazione dell'og
getto, spunti importanti si ricavano dal dibattito intorno alla
natura del diritto.
Si discute se il diritto sul palco in teatro si configuri come di
ritto di superficie o piuttosto come diritto di proprietà superfi ciaria separata, in conformità con l'ipotesi tipica contemplata dall'art. 952, 2° comma, c.c.
L'art. 952 cit., invero, attribuisce al proprietario due distinti
Il Foro Italiano — 2004.
poteri: quello di costituire sul suo terreno un diritto di superfi
cie, con l'effetto che il titolare del diritto di costruire sulla su
perficie acquista la proprietà dell'opera, e quello di alienare la
proprietà della costruzione già esistente separatamente dalla
proprietà del suolo. Trattasi di poteri distinti, cui fanno seguito
conseguenze differenti.
Posto che il codice contempla la possibilità dell'esistenza del
diritto di superficie senza che esista la proprietà superficiaria (l'art. 954, 4° comma, c.c., infatti, dispone l'estinzione del di
ritto di superficie per non uso protratto per venti anni), il diritto
di superficie, inteso come il potere di fare o di mantenere sopra il suolo una costruzione, attribuisce al titolare, nei limiti tempo rali ricordati sopra, non solo il diritto di costruire sopra il suolo,
ma anche quello di ricostruire la costruzione che eventualmente
sia rovinata o distrutta. Per contro la proprietà superficiaria se
parata — senza il corrispondente diritto di superficie, vale a dire
la costituzione pura e semplice della proprietà superficiaria se
parata della costruzione già esistente — consiste in un diritto
reale frazionario (di natura dominicale) limitato al periodo di
esistenza della costruzione. Salvo che, espressamente per titolo
sia stato concesso anche il diritto di superficie, la proprietà su
perficiaria separata non comporta il potere di ricostruire l'im
mobile distrutto.
Certamente le figure della proprietà superficiaria e della pro
prietà superficiaria separata e, in particolare, l'oggetto del di
ritto presuppongono che il palco sia inteso come bene unico,
come spazio definito configurato dai compartimenti, nei quali sono suddivisi le balconate prospicienti il palcoscenico, e non i
posti contenuti nel palco. E questione di titolo stabilire se il diritto reale frazionario
sull'immobile derivi da un diritto di superficie seguito dalla edi
ficazione o, invece, dall'alienazione della costruzione esistente:
quindi, se sussista una proprietà superficiaria, ovvero una pro
prietà superficiaria separata. Per completezza, conviene aggiungere che, sempre sulla base
del titolo, il proprietario del palco può partecipare anche alla
comproprietà della sala, del palcoscenico e delle altre parti co
muni dell'edificio teatrale (art. 2, 3° comma). In questo caso, alla proprietà superficiaria o superficiaria separata, che com
portano il diritto di godere e di disporre del palco in modo
esclusivo, si aggiunge una situazione soggettiva di condominio
sull'intero edificio teatrale e, in modo particolare, sulle parti di
uso comune del teatro (suolo, fondazioni, muri maestri, ecc.). Conviene precisare, altresì, che sulla base del titolo il diritto di
palco può consistere in un diritto di credito del palchista nei
confronti del proprietario del teatro. Circa il contenuto di questo diritto, dipendente dalla destinazione del teatro, non sembrano
possibili ulteriori precisazioni, in quanto dal credito può aver
origine il diritto di assistere ad una sola rappresentazione, ad
un'intera stagione o di godere del palco per un più lungo perio do di tempo. Anche nelle ipotesi di condominio sull'intero tea
tro o di diritto di credito al godimento del palco, questo è consi
derato come spazio a sé.
3.6. - L'affermazione dei giudici del merito circa la sussisten
za, nella specie, di un diritto reale, che raffigura il presupposto
dell'applicabilità delle norme sulla divisione, non è impugnata.
Riepilogando, dall'insieme degli elementi esposti —
l'origine della legge, il suo scopo, il significato proprio delle parole, il
contenuto del diritto, la natura ad esso assegnata dalla dottrina — si desume che il bene giuridico, costituente l'oggetto del di
ritto, è il palco considerato come bene unico, configurato dallo
spazio e dagli arredi: non i posti, a sedere o in piedi, che il palco contiene.
4. - Il palco in teatro, in quanto oggetto di un diritto reale
(proprietà superficiaria o proprietà superficiaria separata), può essere sottoposto al regime della comproprietà (art. 1101 ss.
c.c.): per conseguenza, ai beni contemplati dal diritto suddetto si
applicano le norme relative allo scioglimento della comunione
(art. 713 ss. c.c.). 5. - È risaputo che le disposizioni contenute nell'art. 720 c.c.,
concernente la divisione dei beni immobili non divisibili caduti
in comunione ereditaria, si applicano anche allo scioglimento di
ogni altro tipo di comunione, per effetto del richiamo contenuto
nell'art. 1116 c.c. (Cass. 18 ottobre 2001, n. 12758, Foro it.,
Rep. 2001, voce Divisione, n. 11; 10 aprile 1990, n. 2990, id.,
Rep. 1990, voce Comunione e condominio, n. 28; 30 marzo
1988, n. 2662, id.. Rep. 1988, voce Divisione, n. 11).
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PARTE PRIMA
Ciò premesso, il concetto di comoda divisibilità di un immo
bile, cui fa riferimento l'art. 720 c.c.: a) sotto l'aspetto struttu
rale, postula che il frazionamento del bene sia attuabile me
diante determinazione di quote concrete suscettibili di autono
mo e libero godimento (Cass. 7 febbraio 2002, n. 1738, id., Rep. 2002, voce cit., n. 17); perciò, ricorre la non comoda divisibilità
quando non sia possibile la formazione di un numero di quote
omogenee eguale a quello dei condividenti (Cass. 3 maggio 1996, n. 4111, id., Rep. 1996, voce cit., n. 5); b) sotto il profilo economico e funzionale, esige che la divisione consenta il
mantenimento, sia pure in misura proporzionalmente ridotta, della funzionalità che aveva il tutto, tenuto conto della normale
destinazione ed utilizzazione del bene (Cass. 7 febbraio 2002, n.
1738, cit.); vale a dire, che il bene sia frazionabile in tante por zioni separate, ciascuna delle quali sia suscettibile di autonomo
godimento da parte di ciascun condividente secondo l'ordinaria
e normale funzione dell'intero (Cass. 23 ottobre 2001, n. 12998,
id., Rep. 2001, voce cit., n. 12; 24 novembre 1998, n. 11891, id.,
Rep. 1998, voce cit., n. 19). Per la sua peculiare conformazione fisica (la struttura) e per
le utilità specifiche che offre (la funzione), il palco non può considerarsi bene divisibile.
Sotto l'aspetto strutturale, il frazionamento non può attuarsi
mediante la determinazione di quote concrete suscettibili di au
tonomo e libero godimento, perché per ragioni evidenti non
sembra possibile formare un numero di quote omogenee eguale a quello dei condividenti composte da tanti eventuali «palchetti»
quanti sono i condividenti. Sotto il profilo funzionale, la divi
sione del palco — ammessa e non concessa la sua possibilità sul
piano della struttura — non consentirebbe il mantenimento, sia
pure in misura proporzionalmente ridotta, del tipo specifico di
utilizzazione che aveva il tutto. Avuto riguardo alla normale de
stinazione ed utilizzazione, il palco non sembra sia frazionabile
in tante porzioni separate, ciascuna delle quali suscettibile di
autonomo godimento, da parte di ciascun condividente, secondo
la sua originaria e consueta funzione contrassegnata dalla esclu
sività (agevolezza, comodità, riservatezza). Stabilito che il diritto sul palco in teatro ha come oggetto lo
spazio intero — aperto sulle balconate sovrapposte nelle pareti
perimetrali della sala, in cui si svolgono gli spettacoli — dal
quale i titolari possono assistere alle rappresentazioni; che tutto
il bene forma oggetto di proprietà superficiaria o di proprietà
superficiaria separata, secondo il titolo; che in ragione della
struttura il palco, di per sé, non è suscettibile di divisione, in
quanto non permette la formazione di un numero di quote eguali a quello dei condividenti: tutto ciò considerato, nel caso di
comproprietà del palco e di scioglimento della comunione il be
ne giuridico «palco» deve essere compreso per intero nella
quota dei condividenti titolari della quota maggiore, con adde
bito dell'eccedenza.
Il ricorso deve essere accolto e la sentenza della corte d'ap
pello cassata.
Poiché non sono necessari ulteriori accertamenti di fatto, in
quanto la decisione del Tribunale di Como contiene il riscontro
completo dei dati di fatto e la valutazione adeguata di essi (la non divisibilità del bene, la stima delle quote e la coerente sta
tuizione corretta in ordine alla disciplina dei rapporti reali), la
Suprema corte deve, decidendo ai sensi dell'art. 384, 1° comma,
c.p.c. e confermando la sentenza del tribunale, dichiarare il bene
palco indivisibile e assegnarlo agli attori congiuntamente, adde
bitando loro la somma di euro 7.746,85, pari a lire 15.000.000, da corrispondere agli eredi dell'originario convenuto.
Il Foro Italiano — 2004.
CORTE DI CASSAZIONE; sezione lavoro; sentenza 3 feb
braio 2004, n. 1983; Pres. Ciciretti, Est. Cuoco, P.M. Pivetti
(conci, conf.); Soc. Ferrovie dello Stato (Avv. Bucci) c. Ferro
(Avv. Antonucci, Salvago). Conferma Trib. Modica 14 di
cembre 2000.
Lavoro (rapporto di) — Mansioni superiori — Promozione automatica — Compimento del periodo di assegnazione
—
Riposo compensativo —
Computo (Cod. civ., art. 2103).
Ai fini del compimento del periodo di assegnazione a mansioni
superiori, necessario per l'acquisizione del diritto alla c.d.
promozione automatica, ai sensi dell'art. 2103 c.c., deve te
nersi conto, oltre che dei riposi settimanali, anche dei riposi
compensativi, i quali, in quanto conseguenza di un riposo non
goduto — di cui rappresentano il mero differimento nel tempo — costituiscono parte integrante del periodo di lavoro, es
sendo irrilevante a tal proposito che il riposo venga monetiz
zato, e in tal modo non materialmente goduto, dal lavorato
re. (1)
Svolgimento del processo. — Con ricorso al Pretore di Modi
ca, Francesco Ferro, esponendo di avere svolto fin dal 1° no
vembre 1993, quale dipendente della Ferrovie dello Stato s.p.a. con qualifica di assistente di stazione, mansioni di primo tecnico
di stazione fino al 22 giugno 1994, chiese che gli fosse ricono
sciuto il diritto alla promozione a questo livello, con le differen
ze retributive maturate e gli accessori.
Il pretore accolse la domanda, riconoscendo il diritto dal 13
marzo 1994. Parzialmente accogliendo l'appello, il Tribunale di
Modica ha riconosciuto il diritto dal 13 giugno 1994.
Afferma il giudicante che dal 13 marzo 1994, a seguito del
l'assegnazione del Cappello alla stazione di Lentini, il Ferro ha
svolto le mansioni superiori in modo utile ai fini del riconosci
mento del diritto in controversia.
Poiché le quotidiane esigenze della reggenza della stazione
imponevano l'esercizio delle relative mansioni fino alla mate
riale presenza del nuovo titolare, e poiché il dispaccio del 10
giugno 1994 prevedeva espressamente, con l'assegnazione, an
che la materiale contestuale immissione in possesso del dipen dente ivi destinato, il Ferro aveva efficacemente svolto (ai fini
della superiore qualifica) le mansioni superiori fino al 22 giugno 1994, quando il nuovo titolare assunse questo possesso.
Poiché il riposo non è sospensione della prestazione lavorati
va, bensì esclusione del lavoro per una causa interna alla stessa
distribuzione della prestazione (come compenso per prestazione effettuata in giorni di festività o di riposo settimanale), dal com
puto del periodo utile ai fini dell'art. 2103 c.c., pur dovendosi
escludere i giorni di ferie e di malattia, non sono da escludere
quelli di riposo. La decorrenza di questo diritto presuppone tuttavia il decorso
del tempo normativamente previsto. Nel caso in esame, il diritto era sorto solo dopo che dal 13 marzo 1994 questo periodo era
decorso.
Per la cassazione di questa sentenza ricorre la Ferrovie dello
Stato s.p.a., percorrendo le linee di due motivi, coltivati con
memoria; Francesco Ferro resiste con controricorso.
Motivi della decisione. — 1. - Con il primo motivo, denun
ciando per l'art. 360, nn. 3 e 5, c.p.c. violazione e falsa applica zione dell'art. 2697 c.c. nonché omessa, insufficiente e contrad
dittoria motivazione, la ricorrente sostiene che, anche se il nuo
vo titolare iniziò a svolgere materialmente le mansioni del suo
ufficio solo il 23 giugno 1994, non è tuttavia prova alcuna che
dopo l'atto aziendale del 10 giugno 1994 (che conteneva una
(1) Il principio di diritto è inedito in termini così specifici. Peraltro, nel senso della computabilità, ai fini del calcolo del periodo utile al
l'acquisizione del diritto alla promozione automatica, del riposo setti
manale, cfr. Cass. 13 dicembre 2001, n. 15766, Foro it.. Rep. 2002, vo ce Lavoro (rapporto), n. 804; ma v. anche, seppure con riferimento al calcolo del trattamento economico. Cons. Stato, sez. V, 13 marzo 2002, n. 1503, ibid., voce Sanitario, n. 237; 26 marzo 2001, n. 1722, id., Rep. 2001, voce cit., n. 274; 20 ottobre 2000, n. 5650, ibid., nn. 269, 273.
In generale, sul diritto all'assegnazione definitiva a mansioni supe riori dopo un periodo di lavoro di tre mesi continuativi o centodiciotto
giorni discontinui, cfr. Cass. 22 agosto 1997, n. 7874, id., 1998, I, 1237.
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