sezione II penale; sentenza 22 marzo 1991; Pres. Caputi, Est. Carnevali, P.M. Scardaccione (concl.conf.); ric. Cucinella ed altro. Annulla senza rinvio App. Palermo 3 ottobre 1990Source: Il Foro Italiano, Vol. 116, No. 3 (MARZO 1993), pp. 157/158-161/162Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23186182 .
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GIURISPRUDENZA PENALE
in tal modo non diversificando l'ipotesi di reato prevista dal
l'art. 648 c.p. da quella di incauto acquisto prevista dall'art.
712 c.p. La corte rileva che il ricorso del Castelli è inammissibile per
ché i motivi dedotti sono del tutto generici, in quanto si limita
no a denunciare la violazione di tre articoli del codice di proce dura penale senza minimamente indicare quali sarebbero state
le irregolarità commesse.
L'imputato con richiesta fatta pervenire all'udienza di discus
sione ha invocato l'applicazione del condono. Ma sull'eventuale
applicazione del beneficio, che non forma oggetto di motivo
di ricorso, si dovrà provvedere in sede di esecuzione essendo
necessario accertare la completa posizione giuridica del con
dannato.
La dichiarazione di inammissibilità del ricorso comporta la condanna dell'imputato al pagamento delle spese processuali e
alla sanzione pecuniaria prevista dall'art. 549 previgente c.p.p. Il ricorso del Nicolucci è fondato. I giudici del merito hanno
ritenuto l'imputato responsabile di ricettazione affermando te
stualmente in sentenza «. . . il fatto di avere avuto il sospetto che si trattasse di cose di provenienza delittuosa e di avere, no
nostante questo, effettuato ugualmente l'acquisto, significa avere
accettato il rischio che le cose medesime fossero di provenienza illecita. La qual cosa integra perfettamente gli estremi del dolo
eventuale».
La corte, in conformità a proprie precedenti decisioni (sez. II 2 luglio 1982, Blanc, Foro it., Rep. 1984, voce Ricettazione,
n. 15; 15 aprile 1986, Curatitoli, id., Rep. 1987, voce cit., n. 7; 25 maggio 1990, Gusmeri, id., Rep. 1991, voce cit., n. 31) ritiene che il dolo eventuale non è compatibile con il delitto
di ricettazione poiché la rappresentazione dell'eventualità che
la cosa che si acquista, o comunque si riceve, provenga da delit
to equivale al dubbio, mentre l'elemento psicologico della ricet
tazione esige la piena consapevolezza della provenienza delit
tuosa dell'oggetto. Per contro, il dubbio motivato dalla rappresentazione della
possibilità della origine delittuosa dell'oggetto per circostanze
idonee a suscitare perplessità sulla lecita provenienza dello stes
so, integra la specifica ipotesi di reato prevista dall'art. 712 c.p.,
che punisce l'acquisto di cose di sospetta provenienza.
altrettanto pacificamente si è ritenuto in sede applicativa che, ai fini
della sussistenza del dolo nel delitto di ricettazione, non sarebbe neces
sario che la consapevolezza della provenienza delle cose si estenda alla
precisa cognizione delle circostanze di tempo e di luogo del reato princi
pale, essendo sufficiente la convinzione di acquistare, ricevere od occul
tare cose di provenienza ddittuosa: cfr. Cass. 8 maggio 1978, Di Liber
to, id., Rep. 1979, voce cit., n. 11; 19 febbraio 1980, Pilo, id., Rep.
1981, voce cit., n. 9; 21 febbraio 1980, Mammoliti, id., Rep. 1980, voce cit., n. 13; 24 febbraio 1982, Assetta, id., Rep. 1983, voce cit., n. 8; 18 marzo 1983, Buondonno, id., Rep. 1984, voce cit., n. 22; 18
marzo 1983, Bellini, ibid., n. 21; 21 marzo 1983, Franceschi, ibid., n.
14; 26 gennaio 1985, Sannunziata, id., Rep. 1986, voce cit., n. 14; 23
maggio 1988, Sonnino, id., Rep. 1989, voce cit., n. 12; 22 maggio 1990,
Favero, Riv. pen., 1991, 817 e Foro it., Rep. 1991, voce cit., n. 33.
Nel reato di ricettazione, inoltre, la prova della «scienza» nell'agente della provenienza delittuosa delle cose potrebbe, secondo un costante e consolidato orientamento della giurisprudenza, desumersi non solo
da qualsiasi elemento, sia pure indiretto (cfr., fra le altre, Cass. 19
aprile 1983, Tosti, id., Rep. 1984, voce cit., n. 16; 27 marzo 1984,
Manenti, id., Rep. 1985, voce cit., n. 17; 15 giugno 1984, Colapietro,
ibid., n. 14; 18 novembre 1987, Sapia, Riv. pen., 1989, 483 e Foro
it., Rep. 1989, voce cit., n. 7; 20 aprile 1988, Balzarotti, ibid., n. 9
e Riv. pen., 1989, 933; 22 maggio 1990, Favero, cit.), ma anche dagli elementi indicati dall'art. 712 c.p., quando i sospetti sulla legittimità della provenienza siano cosi gravi ed univoci da generare in qualsiasi
persona di media levatura e secondo la comune esperienza la certezza
che non possa trattarsi di cose legittimamente possedute da chi le detie
ne o le offre (fra le altre, cfr. Cass. 2 dicembre 1981, Coticchia, Foro
it., Rep. 1983, voce cit., n. 13; 4 dicembre 1981, Mannini, ibid., n.
12; 11 dicembre 1981, Mandolesi, ibid., n. 11; 23 aprile 1982, Di Lo
renzo, ibid., n. 5; 12 novembre 1982, Minelli, id., Rep. 1984, voce
cit., n. 25; 2 febbraio 1983, Salerno, ibid., n. 24; 1° marzo 1983, Sira
gusa, ibid., n. 18; 18 maggio 1983, Bole, ibid., n. 17; 27 ottobre 1983,
De Grignis, id., Rep. 1985, voce cit., n. 19; 22 febbraio 1984, Scotta,
ibid., n. 18; 9 novembre 1984, Alaimo, id., Rep. 1986, voce cit., n.
11; 6 dicembre 1984, Anghelone, ibid., n. 12; 22 gennaio 1985, De
Gasperi, ibid., n. 13; 22 gennaio 1988, Florindi, id., Rep. 1990, voce
cit., n. 5; 20 novembre 1989, Sitzia, id., Rep. 1991, voce cit., n. 37;
24 gennaio 1990, Corsi, ibid., n. 35).
Il Foro Italiano — 1993.
Nella fattispecie in esame, poiché i giudici non hanno ritenu to provato che il Nicolucci abbia compiuto l'acquisto con la
consapevolezza della provenienza delittuosa degli oggetti (dolo
diretto), ma semplicemente che abbia sospettato di tale delittuo
sa provenienza e ne abbia accettato il rischio (dolo eventuale), il fatto al medesimo ascritto configura il reato di incauto acqui sto, di cui all'art. 712 c.p.
Cosi qualificato il fatto, l'impugnata sentenza deve essere an
nullata senza rinvio nei confronti del Nicolucci, perché il reato
di cui all'art. 712 c.p. è estinto per amnistia, ai sensi del d.p.r. 16 dicembre 1986 n. 865.
CORTE DI CASSAZIONE; sezione II penale; sentenza 22 mar
zo 1991; Pres. Caputi, Est. Carnevali, P.M. Scardaccione
(conci, conf.); ric. Cucinella ed altro. Annulla senza rinvio
App. Palermo 3 ottobre 1990.
Furto — Reato — Configurabilità — Fattispecie di acque pub
bliche (Cod. pen., art. 61, 624; r.d. 11 dicembre 1933 n. 1775,
t.u. delle leggi sulle acque e sugli impianti elettrici, art. 95).
Risponde del reato di furto aggravato ex art. 61, n. 7, e 624
c.p. chi, dietro corrispettivo, cede a terzi consistenti quantita tivi di acque pubbliche mediante impianti acquedottistici, ap positamente realizzati e collegati a pozzi scavati senza l'auto
rizzazione di cui all'art. 95 r.d. 11 dicembre 1933 n. 1775. (1)
(1) Non constano precedenti in termini.
I. - Le acque sotterranee, disciplinate dal t.u. delle leggi sulle acque e sugli impianti elettrici (r.d. 11 dicembre 1933 n. 1775) sono tutte quel le che si raccolgono e scorrono nel sottosuolo a qualunque profondità e che non affiorano naturalmente alla superficie; esse acquistano un'in
dividualità giuridica solo a seguito del fatto dell'uomo che le rinviene
e le estrae, rendendone possibile l'utilizzazione (Cass., sez. un., 24 gen naio 1952, n. 217, Foro it., 1952, I, 724). Solo dal momento del loro
affioramento, tali risorse idriche possono acquisire natura demaniale — ex art. 1,1° comma, t.u. cit. — se idonee a soddisfare un pubblico e generale interesse (giurisprudenza costante: Cass. 12 marzo 1960, n.
497, id., 1960, I, 360; 3 ottobre 1970, n. 1782, id., 1971, 1, 2652; 28
aprile 1976, n. 1507, id., Rep. 1977, voce Acque pubbliche, n. 33; Trib.
sup. acque 18 maggio 1972, n. 20, id., Rep. 1972, voce cit., n. 20;
in dottrina, Virga, Diritto amministrativo -1 principi, Milano, 1989,
I, 345 ed ivi anche sub nota 6), a prescindere dall'iscrizione — mera mente dichiarativa — negli elenchi tenuti dal ministero dei lavori pub
blici, a norma dell'art. 1, 2° comma, t.u. cit. (tra le altre, Cass. 25
gennaio 1975, n. 286, id.. Rep. 1975, voce cit., n. 13; 26 gennaio 1985, Glorioso e 26 gennaio 1985, Buffa, id.. Rep. 1986, voce cit., nn. 19,
20; Trib. sup. acque 25 maggio 1987, n. 22, id.. Rep. 1987, voce cit., n. 31). Per lo sfruttamento di tali acque, ogni proprietario di terreno
deve necessariamente munirsi della concessione amministrativa, salvo
che per le esigenze domestiche, ex art. 93 t.u. (Trib. sup. acque 3 feb
braio 1990, n. 8, id., Rep. 1990, voce cit., n. 40 e Cass. 6 luglio 1991, n. 7470, id., Rep. 1991, voce cit., n. 70, come già Cass. 26 gennaio
1985, Glorioso, cit.). Peraltro, fra tali usi familiari rientra l'innaffiamento di orti e giardi
ni (Trib. sup. acque 27 novembre 1989, n. 102, id., Rep. 1990, voce
cit., n. 69), ma non l'attività di irrigazione (Trib. sup. acque 15 feb
braio 1984, n. 2, id., Rep. 1984, voce cit., n. 51; 28 agosto 1987, n.
41, id., Rep. 1987, voce cit., n. 38), né l'impiego connesso ai bisogni del fondo, contemplato distintamente dall'art. 103, 4° oomma, t.u. cit.
(Cass. 6 luglio 1991, n. 7470, cit.). In ultima analisi, le acque pubbliche sotterranee: A) possono essere
deviate ed utilizzate solo dai titolari di concessioni o, comunque, di
licenze temporanee all'attingimento ex art. 56 t.u. cit. (in proposito, da ultimo, Cass., sez. un., 9 luglio 1992, n. 8393, id., Mass., 738);
B) possono essere ricercate liberamente, salvo che nei peculiari com
prensori regionali, predeterminati con appositi decreti dal capo dello
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PARTE SECONDA
Fatto e diritto. — Cucinella Anna e Ruffino Salvatore veni
vano rinviati a giudizio innanzi al Tribunale di Palermo per
rispondere, fra l'altro, di concorso nel reato di furto aggravato continuato (art. 81, cpv., 110, 624, 625, n. 7, 61, n. 7) per essersi impossessati, al fine di profitto, la prima quale ammini
stratore unico e il secondo quale procuratore generale della s.p.a.
Sori, distribuendole a terzi dietro corrispettivo, di ingenti quan titativi di acque pubbliche, sottraendole al demanio della regio ne siciliana, con grave danno patrimoniale dell'ente offeso. In
Carini dal 1970 al 1983 e fino al maggio 1984. Secondo quanto risulta dagli atti del procedimento penale,
la Cucinella e il Ruffino procedettero senza la preventiva auto
rizzazione prescritta dall'art. 95 r.d. 11 dicembre 1933 n. 1775
all'escavazione di numerosi pozzi su terreni di loro proprietà e distribuirono dietro corrispettivo le acque derivate dai suddet
ti pozzi in assenza di provvedimenti di concessione, tramite i
loro impianti acquedottistici, ad oltre quattromila utenze dome
stiche, alberghiere ed industriali del territorio del comune di
Carini. Il suindicato tribunale, con sentenza pronunciata il 9 marzo
1990, assolveva i due imputati dal delitto di cui erano stati chia
mati a rispondere perché il fatto non costituisce reato.
La corte di appello della stessa sede con la sentnza in epigrafe
indicata, giudicando sull'appello proposto dal proacuratore del
la repubblica, decideva come segue nei confronti dei due impu
tati, in riforma della decisione di primo grado: assolveva la Cu
cinella e il Ruffino dagli episodi di sottrazione di acque pubbli che consumati negli anni 1976 e 1977 perché i fatti non
sussistono;.escludeva in ordine al delitto di furto la circostanza
aggravante di cui al n. 7 dell'art. 625 c.p. e dichiarava non
doversi procedere nei confronti dei due imputati in ordine agli
episodi di sottrazione commessi fino al 3 aprile 1983 perché estinti per prescrizione. Dichiarava i predetti colpevoli dei delit
to di furto aggravato ai sensi dell'art. 61, n. 7, c.p., esclusa
l'aggravante di cui all'art. 625, n. 7, c.p., commesso fino al
9 aprile 1983, e uno concesse alla sola Cucinella le circostanze
attenuanti generiche equivalenti alla contestata aggravante, con
dannava la Cucinella alla pena di anni uno di reclusione e lire
200.000 di multa e il Ruffino a quella di anni uno e mesi quat
Stato ex art. 94 t.u. cit., essendo, invece, necessaria un'apposita auto rizzazione ex art. 95, 1° comma, t.u. cit. anche per lo scavo dei pozzi. Peraltro, in Sicilia (ove si è svolta la vicenda riportata in epigrafe), il demanio idrico regionale comprende tutti gli usi delle acque, eccetto
quelli militari o attinenti a servizi di carattere nazionale, ai sensi del l'art. 32 dello statuto regionale (in proposito, cfr. Lettera, Sottosuolo e acque sotterranee, in Nuovo dir. agr., 1986, 371 ss., spec. 380).
II. - L'attingimento di acque pubbliche senza titolo è sanzionato (am ministrativamente) dall'art. 219 t.u. cit. (cfr., in proposito, Cass. 14 gennaio 1982, n. 233, Foro it., Rep. 1982, voce cit., n. 36). Ma, non da oggi, è stata sottolineata la possibile concorrenza di delitti nel caso di illegittime derivazioni d'acqua, effettuate con lo scopo di procurare a sé o ad altri un ingiusto profitto (Cass. 15 gennaio 1941, Giust. pen., 1941, 789). Però, la configurabilità del delitto di furto aggravato è stata esclusa con riferimento all'estrazione ed utilizzazione di acque sotterra nee (solo) per uso domestico (Cass. 26 gennaio 1985, Glorioso, cit.).
Nel caso di specie, ai fini dell'applicabilità dell'art. 624 c.p. (oltre che della citata infrazione amministrativa) la Suprema corte ha valoriz zato il duraturo e cospicuo illecito profitto economico, tratto dagli im
putati a seguito della vendita a prezzi molto elevati delle acque estratte
(sine titulo) dal sottosuolo.
Peraltro, già a proposito della sottrazione non autorizzata di sabbia dal letto di un corso di acqua pubblica, venne affermato che l'azione furtiva si perfeziona solo dopo l'abusiva escavazione e cioè a seguito della raccolta, sottrazione ed impossessamento ablatorio della sabbia
(cosi Cass. 25 maggio 1965, Barbaro, Foro it., Rep. 1966, voce Furto, n. 47; nello stesso senso, cfr. Cass. 3 febbraio 1965, Picci, 11 giugno 1965, Calivà, 2 dicembre 1965, Della Chiara, 28 gennaio 1966, Forte, 7 marzo 1966, Garramone, 21 marzo 1966, Casamassa, 26 marzo 1966, Mariano e 11 maggio 1966, Assi, ibid., nn. 46, 48, 50-55. Per analoghe affermazioni in relazione alla sottrazione di ghiaia dal letto di un fiu
me, cfr. Cass. 17 marzo 1964, Passannanti, id., 1965, II, 91, che ha ritenuto anche sussistente l'aggravante ex art. 625, n. 7, c.p.). In so
stanza, le pur succinte argomentazioni della sentenza in epigrafe ap paiono in sintonia con i principi giuridici affermatisi dagli anni sessanta in poi a proposito dell'impossessamento di sabbia o ghiaia in zone de maniali (cfr. anche Cass. 11 giugno 1963, Battimelli, 8 aprile 1964, Loi,
Il Foro Italiano — 1993.
tro di reclusione e lire 300.000 di multa. Ordinava la confisca
degli impianti di eduzione delle acque, in giudiziale sequestro, e la restituzione degli impianti idrici di distribuzione alla società
Sori in persona del suo legale rappresentante. Confermava nel
resto.
Avverso la sentenza di appello hanno proposto ricorso per cassazione i condannati che deducono due motivi.
Il primo motivo — col quale si denunciano inosservanza ed
erronea applicazione della legge penale e delle disposizioni che
disciplinano l'uso delle acque pubbliche — si articola in tre ar
gomentazioni fondamentali: la s.p.a. Sori in assenza di inter
venti del comune svolse un pubblico servizio di acquedotto; furto
non v'ha in quanto non vi fu sottrazione del bene alla sua natu
rale destinazione, e cioè al soddisfacimento del pubblico gene rale interesse, ma soltanto la contravvenzione prevista dall'art.
219 t.u. acque e contravvenzione depenalizzata in forza dell'art.
32, 1° comma, 1. 689/81; non sussiste, quanto meno, il dolo
del delitto di furto nel riflesso che gli imputati non agirono
all'insegna della «clandestinità», in quanto evitarono di occul
tare alle competenti autorità le modalità o l'entità dello sfrutta
mento delle acque. Col secondo motivo si denuncia ancora erronea applicazione
della legge penale per la ritenuta sussistenza dell'aggravante di
cui all'art. 61, n. 7, c.p. Per gli anzidetti motivi i ricorrenti hanno chiesto l'annulla
mento della sentenza di appello, l'assoluzione dalla imputazio ne di cui si è fatto loro carico, con le conseguenti statuizioni
in ordine alla restituzione degli impianti di eduzione delle acque. Ciò premesso, ecco al riguardo i rilievi e i giudizi da parte
di questa corte.
I ricorsi non sono meritevoli di accoglimento.
Invero, secondo il corretto orientamento seguito dai giudici di appello, la «clandestinità» della condotta di sottrazione di
un bene sfugge alla nozione del dolo del reato di furto e, d'al
tra parte, l'avere per anni gli imputati utilizzato — senza alcun
titolo legittimo — acque pubbliche denuncia il fine di consegui re un profitto costituito da elevati corrispettivi convenuti in re
gime privatistico di mercato notevolmente superiori al versa
mento dei canoni di concessione; in ogni caso è da escludersi
un'errata opinione negli imputati della liceità della loro condot
22 giugno 1964, Guttilla, 2 dicembre 1964, Della Chiara e 9 dicembre
1964, Macciocie, id., Rep. 1965, voce cit., nn. 49, 52-57). III. - Nella giurisprudenza di merito, è giunto alle stesse conclusioni
della sentenza in epigrafe Trib. Palermo 6 luglio 1990, pres. ed est.
Monteleone, imp. Cacciofera + 71, inedita, che, però, — come opinato dal g.i. Conte nel (ponderoso) provvedimento di rinvio a giudizio —
non ha escluso l'operatività dell'aggravante di cui all'art. 625, n. 7 (in relazione alla destinazione a pubblica utilità delle acque estratte), come invece ha fatto la pronuncia di appello, sottosposta al vaglio della Su prema corte.
IV. - Per la configurabilità dei reati di omissione di atto di ufficio e di danneggiamento aggravato a carico di pubblici funzionari (regiona li e comunali), rei di non aver impedito nel territorio di Palermo il
prolungato abusivo sfruttamento di acque pubbliche sotterranee, cfr. Pret. Palermo 18 luglio 1980, id., 1983, II, 200, con nota di Corbo. A proposito del provvedimento di chiusura di pozzi non autorizzati, adottabile — ex art. 105 t.u. cit. — dall'ingegnere capo dell'ufficio
regionale del genio civile, cfr. Cass., sez. un., 17 giugno 1988, n. 4135, id., 1990, I, 1992, con nota critica di Jannarelli.
V. - A tutela delle risorse idriche sotterranee è intervenuto anche l'art.
7, 4° comma, 1. 10 maggio 1976 n. 319: secondo tale norma, chi fruisce di un autonomo approvvigionamento idrico (al di fuori di pubblici ser
vizi) deve dotarsi di strumenti di misurazione della portata delle acque prelevate, curando anche la denuncia alla competente provincia dei pre lievi (variabili), effettuati ogni anno (Cass.7 maggio 1986, Nicoletti, id., Rep. 1987, voce Acque pubbliche, n. 174).
A tale denuncia è tenuto anche chi effettua estrazioni di acqua per usi domestici, ex art. 93 t.u. acque (su cui cfr. sopra sub I) senza dove
re, però, provvedere all'installazione dei citati mezzi di controllo dei
prelievi delle acque. La violazione di tali obblighi (di natura permanen te: Cass. 3 maggio 1985, Granieri, id., Rep. 1986, voce cit., n. 140), è punita (con un'ammenda) dall'art. 23 bis 1. cit., non applicabile, pe rò, ai soggetti ex art. 93 t.u. cit., salvo che essi siano titolari di insedia menti agricoli, qualificabili di tipo produttivo e non civile (sulle que stioni interpretative poste dagli art. 7 e 23 bis 1. cit., cfr. F. e P. Giam
pietro, Rassegna critica di giurisprudenza sull'inquinamento delle acque e del suolo, Milano, 1985, II, 1837-1852; Amendola, La tutela penale dell'inquinamento idrico, Milano, 1989, 168-170). [G. Giorgio]
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GIURISPRUDENZA PENALE
ta avuto riguardo all'inequivocabile comportamento della pub blica amministrazione che attraverso i suoi organi contestò l'il
legittima attività della Sori, contravvenzionandola e diffidando
la dal continuare ad utilizzare le acque senza un titolo legittimo.
Comunque, il reato per il quale gli imputati sono stati con
dannati e ritenuto in sentenza (art. 110, 81, 624, 61, n. 7, c.p.) commesso successivamente al 3 aprile 1983 e fino al 9 aprile
1983, va dichiarato estinto per intervenuta amnistia concessa
col d.p.r. 12 aprile 1990 n. 75, non risultando che gli imputati stessi abbiano rinunciato al beneficio, non sussistendo cause di
esclusioni oggettive, né ricorrendo gli estremi per l'applicazione del 2° comma dell'art. 152 c.p.p. (Omissis)
CORTE DI CASSAZIONE; sezione III penale; sentenza 7 no
vembre 1990; Pres. Accinni, Est. Morgigni, P.M. Toscani
(conci, conf.); ric. Monticelli. Conferma App. Milano 19 no
vembre 1987.
Contrabbando e reati doganali — Veicoli in importazione tem
poranea — Concorso in contrabbando — Reato — Fattispe cie (D.p.r. 26 ottobre 1972 n. 633, istituzione e disciplina del
l'imposta sul valore aggiunto, art. 1, 7, 67, 69, 70; d.p.r. 27 gennaio 1973 n. 43, testo unico delle disposizioni legislati ve in materia doganale, art. 216, 292, 301).
Rispondono del reato di contrabbando doganale il terzo ed il
proprietario di un veicolo in importazione temporanea, qua lora quest'ultimo abbia autorizzato il primo ad utilizzare il
mezzo, pur sapendo che lo stesso non ha la residenza norma
le fuori dal paese di importazione; tale requisito non è limita
to ai cittadini che abbiano eseguito le prescritte variazioni ana
grafiche, ma si estende anche a coloro che di fatto abbiano
stabilmente trasferito all'estero la dimora abituale; e sempre in tema di contrabbando di veicoli sotto copertura di titoli
di importazione temporanea, devono essere considerati terzi,
non abilitati ad utilizzare il mezzo suddetto, anche i compo
nenti della c.d. «famiglia nucleare o cellulare», qualora non
siano residenti all'estero stabilmente, tra i quali rientrano an
che i figli (nella specie, la corte ha ritenuto correo il padre
che, stabilmente residente all'estero, aveva consentito al fi
glio, non residente con lui all'estero, di condurre un motovei
colo, importato temporaneamente). (1)
(1) In tema di contrabbando doganale, la sentenza in epigrafe contri buisce a consolidare ulteriormente una tendenza giurisprudenziale orien tata a sanzionare, ex art. 216 d.p.r. n. 43 del 1973, l'uso non consentito
di veicoli importati temporaneamente in regime di esenzione doganale. La Corte di cassazione, confermando quanto precedentemente stabi
lito, ritiene che legittimati all'utilizzazione di tali veicoli sarebbero sol
tanto i soggetti che, oltre a soddisfare le altre condizioni agevolative
espressamente indicate dalla convenzione di New York del 4 giugno 1954 (approvata e resa esecutiva in Italia con 1. 27 ottobre 1957 n.
1163), abbiano anche la normale residenza all'estero. Un requisito que
st'ultimo, precisa la corte, non limitato soltanto ai cittadini che abbia
no eseguito le prescritte variazioni anagrafiche, ma esteso anche ai sog
getti che di fatto abbiano trasferito stabilmente all'estero la loro dimo
ra abituale: in tal senso, cfr. Cass. 5 ottobre 1982, Cicchi, Riv. pen.,
1983, 570 e Foro it., Rep. 1983, voce Contrabbando, n. 9; App. Mila
no 19 novembre 1987, id., Rep. 1988, voce cit., n. 20 e Rass. trib.,
1988, II, 321. Nella fattispecie in oggetto, la Cassazione ha ritenuto, pertanto, che
integri l'ipotesi di reato di contrabbando doganale, per mancato paga mento dei diritti di confine e dell'Iva, l'uso di un veicolo introdotto
temporaneamente in esenzione doganale da parte di soggetti non aventi
la residenza normale all'estero, siano essi proprietari del mezzo, siano
terzi debitamente autorizzati, e tra questi ultimi rientrerebbero, secondo
i giudici di legittimità, anche i componenti della famiglia «nucleare»
del titolare del veicolo importato, non riscontrandosi nella relativa di
sciplina doganale vigente alcun elemento normativo, né sotto il profilo
li Foro Italiano — 1993.
Svolgimento del processo. — Il 19 novembre 1987 la Corte
d'appello di Milano ha confermato la sentenza con la quale il tribunale della stessa città aveva condannato alla pena della
multa di lire cinquemilioni ciascuno Maurizio e Marco Monti
celli, ritenuti colpevoli del reato di cui agli art. 216, 292 e 301
d.p.r. 23 gennaio 1973 n. 43 e art. 1, 7, 67, 69 e 70 d.p.r. 26 ottobre 1972 n. 633 succ. modif. perché, in concorso tra
loro, sottraevano al pagamento dei diritti di confine e dell'Iva, dovuti per il fatto obiettivo dell'importazione del motociclo estero
Harley Davidson tg Sierra Leone WR20289, acc. in Milano il
23 luglio 1983. Ricorrevano gli imputati, deducendo: 1) violazione degli art.
216, 292 d.p.r. n. 43 del 1973 ed art. 11 convenzione di New
letterale, né tanto meno logico, che possa suggerire una diversa inter
pretazione. Secondo l'orientamento prevalente in materia, nel quale si colloca
anche la sentenza su riprodotta, l'esenzione doganale prevista per i vei
coli esteri importati temporaneamente risulterebbe subordinata al «ri
goroso» rispetto delle condizioni agevolative poste dalla citata conven
zione, che limitano tale franchigia, da un lato, ai veicoli appartenenti a persone residenti all'estero e, dall'altro, la subordinano ad un'utiliz
zazione unicamente privata ed in occasione di visite temporanee; conse
guentemente, l'introduzione o l'utilizzazione di tali veicoli in mancanza
o in difetto delle previste condizioni agevolative integrerebbe l'ipotesi di reato di contrabbando doganale: cfr. Cass. 16 gennaio 1984, Castel
lani, Foro it., Rep. 1985, voce cit., n. 15; 6 marzo 1984, Parisi, ibid., n. 18; 13 novembre 1985, Saonella, id., Rep. 1986, voce cit., 19; Pret.
Tortona 9 giugno 1988, id., Rep. 1988, voce cit., n. 24 e, per esteso, Nuovo dir., 1988, 1209, con nota di Lotito; Cass. 22 marzo 1988, Chiavaroli, Riv. pen., 1989, 800 e Foro it., Rep. 1989, voce cit., n.
13; 22 marzo 1988, Di Marco, ibid., n. 15 e, per esteso, Rass. trib.,
1989, II, 963; 1° febbraio 1991, Dell'Oro, Arch, circolaz., 1991, 561
e Foro it., Rep. 1991, voce cit., n. 10. Né potrebbe trovare applicazione la buona fede, poiché l'eventuale mancata conoscenza della relativa nor
mativa doganale si tradurrebbe in ignoranza della legge penale, che non
può assurgere a scriminante in base all'art. 5 c.p.: cfr. Cass. 10 feb braio 1987, Fissneider, id., Rep. 1989, voce cit., n. 16.
In giurisprudenza, si è anche affermato che il cittadino residente in
Italia, non autorizzato dalla dogana, non può usare il veicolo, introdot
to temporaneamente da persone residenti all'estero, neppure limitata
mente ad un percorso di prova, senza incorrere nel reato di contrabban
do doganale: cfr. Cass. 18 maggio 1987, Valenti, id., Rep. 1988, voce
cit., n. 17; e lo stesso rigore giurisprudenziale si è manifestato anche nel caso di affidamento a cittadino italiano di un veicolo importato
temporaneamente da persona emigrata all'estero: Trib. Palermo 29 gen naio 1982, id., Rep. 1983, voce cit., n. 11 e, per esteso, Riv. giur. circolaz. e trasp., 1982, 1113; mentre la sussistenza del reato de quo è stata esclusa in relazione ad un caso di necessaria e temporanea custo
dia, individuata nella fattispecie di imputata che, residente all'estero, era stata colta da malore gravidico durante il soggiorno in Italia ed aveva affidato il veicolo a persona ivi residente: Cass. 30 maggio 1984,
Giudice, Foro it., Rep. 1985, voce cit., n. 32.
Nel panorama giurisprudenziale, tuttavia, si registra anche una diver
sa e minoritaria tendenza, emersa nella prassi applicativa di merito più
recente, volta ad escludere, sulla base di un'interpretazione meno seve
ra della relativa disciplina doganale, la sussistenza del reato di contrab bando: cfr. Pret. Castellammare del Golfo 5 ottobre 1988, id., Rep. 1989, voce cit., n. 17 e, per esteso, Giust. pen., 1989, II, 237, che, in riferimento al caso di utilizzazione da parte di cittadino residente
in Italia di un veicolo immatricolato all'estero senza la contestuale pre senza nell'auto del titolare dei documenti di importazione temporanea, ha ritenuto che per potersi affermare la relativa responsabilità penale
«bisogna che vengano acquisiti elementi idonei a far ritenere che il con
ducente non proprietario del veicolo sia il destinatario di un'indebita manovra per beneficiare del mezzo importato in franchigia». In una
successiva pronuncia si è ritenuto anche che il cittadino non residente
all'estero, che utilizzi in Italia il mezzo saltuariamente e temporanea
mente, non pone in essere il reato de quo, se il veicolo non esce dalla
stretta disponibilità del proprietario residente all'estero: cfr. Pret. Pa
lermo 12 gennaio 1990, Temi siciliana, 1990, 112, con nota di La Man
tia e Foro it., Rep. 1990, voce cit., nn. 17, 18, nella quale, tra l'altro, contrariamente a quanto stabilito in precedenza dai giudici di legittimi
tà, viene considerata scusabile l'ignoranza della normativa che discipli na l'importazione temporanea di veicoli, in quanto contenente «disposi zioni particolari e di contenuto spiccatamente tecnico».
Per quanto riguarda i veicoli immatricolati in paesi membri della Cee,
si è ritenuto che l'importazione irregolare di tali veicoli, considerati,
ai fini doganali, merce comunitaria, non potrebbe, secondo quanto stabilito da Corte giust. 25 febbraio 1988, causa 299/86 (id., 1988,
IV, 377), integrare gli estremi del reato di cui all'art. 216 l.d., non
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