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sezione II; sentenza 14 settembre 2004, causa C-168/03; Pres. Timmermans, Avv. gen. Stix-Hackl (concl. conf.); Commissione delle Comunità europee c. Regno di SpagnaSource: Il Foro Italiano, Vol. 127, No. 10 (OTTOBRE 2004), pp. 453/454-457/458Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23199104 .
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GIURISPRUDENZA COMUNITARIA E STRANIERA
CORTE DI GIUSTIZIA DELLE COMUNITÀ EUROPEE; sezione II; sentenza 14 settembre 2004, causa C-168/03; Pres.
Timmermans, Avv. gen. Stix-Hackl (conci, conf.); Commis
sione delle Comunità europee c. Regno di Spagna.
CORTE DI GIUSTIZIA DELLE COMUNITÀ EUROPEE;
Unione europea — Spagna — Direttiva sui requisiti di sicu rezza e di salute per l'uso di attrezzature di lavoro — Difet
tosa trasposizione —
Inadempimento (Trattato Ce, art. 226; direttiva 30 novembre 1989 n. 89/655/Cee del consiglio, relativa
ai requisiti minimi di sicurezza e di salute per l'uso delle attrez
zature di lavoro da parte dei lavoratori durante il lavoro, art. 4).
Il Regno di Spagna, prevedendo al paragrafo 1 della disposi zione transitoria unica del regio decreto 18 luglio 1997
n. 1215/1997, concernente la fissazione delle prescrizioni mi
nime di sicurezza e di salute per l'uso delle attrezzature di
lavoro da parte dei lavoratori, un periodo di adattamento
supplementare per le attrezzature messe a disposizione dei
lavoratori nell'impresa e/o nello stabilimento prima del 27
agosto 1997, è venuto meno agli obblighi ad esso incombenti
in forza dell'art. 4, n. 1, lett. b), della direttiva del consiglio 30 novembre 1989 n. 89/655/Cee, relativa ai requisiti minimi
di sicurezza e di salute per l'uso delle attrezzature di lavoro
da parte dei lavoratori durante il lavoro (seconda direttiva
particolare ai sensi dell'art. 16, paragrafo 1, della direttiva
89/391/Cee), come modificata con direttiva del consiglio 5
dicembre 1995 n. 95/63/Ce. (1)
1. - Con il suo ricorso, la commissione chiede che la corte di
chiari che il Regno di Spagna, prevedendo al n. 1 della disposi zione transitoria unica del regio decreto 18 luglio 1997 n.
1215/1997, che fissa le prescrizioni minime di sicurezza e di salute per l'uso delle attrezzature di lavoro da parte dei lavora
tori, un periodo di adattamento supplementare per le attrezzatu
re messe a disposizione dei lavoratori nell'impresa e/o nello
stabilimento prima del 27 agosto 1997 (Gazzetta ufficiale spa
gnola n. 188, 7 agosto 1997, pag. 24063, in prosieguo: il «regio
decreto») è venuto meno agli obblighi che gli incombono in
virtù degli art. 10 Ce e 249 Ce e dell'art. 4, n. 1, lett. b), della
direttiva del consiglio 30 novembre 1989 n. 89/655/Cee, relativa
ai requisiti minimi di sicurezza e di salute per l'uso delle attrez
zature di lavoro da parte dei lavoratori durante il lavoro (secon da direttiva particolare ai sensi dell'art. 16, par. 1, della direttiva
89/391/Cee) (G.U. L 393, pag. 13).
Il quadro normativo
La normativa comunitaria
2. - L'art. 4, intitolato «norme concernenti le attrezzature di
lavoro» della direttiva 89/655 così dispone: «Fatto salvo l'art. 3, il datore di lavoro deve procurarsi e/o
usare:
a) attrezzature di lavoro che, messe per la prima volta a di
sposizione dei lavoratori nell'impresa e/o nello stabilimento do
po il 31 dicembre 1992, soddisfino: i) le disposizioni di qualsiasi direttiva comunitaria applicabile
nel settore in questione; ii) i requisiti minimi previsti nell'allegato, sempreché nessu
n'altra direttiva comunitaria sia applicabile ovvero lo sia solo
parzialmente; b) attrezzature di lavoro, già messe a disposizione dei lavo
ratori nell'impresa e/o nello stabilimento alla data del 31 di
cembre 1992, soddisfino, al più tardi quattro anni dopo tale da
ta, i requisiti minimi previsti nell'allegato.
(1) Con la sentenza in epigrafe, la Corte di giustizia conferma, anco
ra una volta, di volere interpretare in modo inflessibile il proprio ruolo
di custode delle regole contenute nelle direttive in materia di tutela
della salute e sicurezza dei lavoratori negli Stati membri. Nella specie, la Spagna è stata condannata dalla corte per la difettosa trasposizione delle direttive «figlie» sull'uso delle attrezzature di lavoro da parte dei
lavoratori durante il lavoro, avendo consentito, in particolare, alle im
prese di fruire di un programma di adeguamento per le attrezzature di
lavoro messe a disposizione dei lavoratori in carenza di «misure alter
native preventive che garantiscano condizioni di sicurezza e salute ido
nee per i posti di lavoro di cui trattasi». Per una recente condanna dell'Italia per mancata (o incompleta) at
tuazione della direttiva in esame, cfr. Corte giust. 10 aprile 2003, causa
C-65/01, Commissione c. Repubblica italiana, in Foro it., 2003, IV,
169, con nota di richiami.
Il Foro Italiano — 2004 — Pane IV-20.
(...)». 3. -
L'allegato della direttiva 89/655, intitolato «prescrizioni minime di cui all'allegato 4, par. 1, lett. a), punto ii), e lett. b)»
prevede: «1. Osservazione generale. Gli obblighi previsti nel presente allegato si applicano nel ri
spetto delle disposizioni della direttiva e allorché esiste, per l'attrezzatura di lavoro considerata, un rischio corrispondente.
2. Prescrizioni minime generali applicabili alle attrezzature di
lavoro.
(...) 3. Prescrizioni minime supplementari applicabili ad attrezza
ture di lavoro specifiche, di cui all'art. 9, par. 1, della direttiva».
4. - A norma dell'art. 9, par. 1, della direttiva 89/655:
«L'aggiunta nell'allegato di requisiti minimi supplementari
applicabili ad attrezzature di lavoro specifiche, menzionate nel
punto 3 dell'allegato, è adottata dal consiglio secondo la proce dura prevista all'art. 118 A del trattato».
5. - L'art. 10, n. 1, della direttiva 89/655 così dispone: «Gli Stati membri mettono in vigore le disposizioni legislati
ve, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi
alla presente direttiva al più tardi il 31 dicembre 1992. Essi ne
informano immediatamente la commissione».
6. - Secondo il quarto 'considerando' della direttiva 95/63, che ha modificato la direttiva 89/655, «occorre (...) che gli Stati membri prendano misure per facilitare l'attuazione delle
disposizioni della presente direttiva da parte delle imprese, ed in
particolare delle piccole e medie imprese; che tali misure pos sono comprendere azioni di formazione e d'informazione ade
guate alle caratteristiche dei vari settori economici».
7. - L'allegato I della direttiva 95/63 dispone: «L'allegato (che diventa l'allegato I) della direttiva 89/
655/Cee è modificato come segue: 1) L'osservazione preliminare è completata dal seguente ca
poverso: 'Le prescrizioni minime di cui in appresso, in quanto applica
bili alle attrezzature di lavoro in funzione, non richiedono ne
cessariamente le stesse misure dei requisiti essenziali applicabili alle attrezzature di lavoro nuove'.
(• • •)» 8. -
L'allegato I, punto 3, della direttiva 89/655, come modi
ficata, contiene un elenco di prescrizioni minime supplementari
applicabili ad attrezzature di lavoro specifiche. 9. - L'art. 1, punto 1, lett. a) e b), della direttiva 95/63 ha mo
dificato l'art. 4 della direttiva 89/655 nei seguenti termini:
«a) al par. 1, lett. a) ii) e lett. b), la cifra 'I' è inserita dopo i
termini 'all'allegato'; b) al par. 1 è inserito il punto seguente:
'c) fatta salva la lett. a) i) e in deroga alla lett. a) ii) e alla lett.
b), attrezzature di lavoro specifiche soggette alle prescrizioni del punto 3 dell'allegato I che, già messe a disposizione dei la
voratori nell'impresa e/o stabilimento alla data del 5 dicembre
1998, soddisfano al massimo quattro anni dopo tale data le pre scrizioni minime previste nell'allegato I'».
10. - A tenore dell'art. 2, n. 1, 1° cpv., della direttiva 95/63, «Gli Stati membri mettono in vigore le disposizioni legislati
ve, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi
alla presente direttiva anteriormente al 5 dicembre 1998. Essi ne
informano immediatamente la commissione».
11. - Conformemente all'art. 191, n. 2, seconda frase del
trattato Ce (divenuto art. 254, par. 2, seconda frase, Ce) la di
rettiva 95/63 è entrata in vigore il 19 gennaio 1996.
La normativa nazionale
12. - Il n. 1 della disposizione transitoria unica del regio de
creto, entrato in vigore il 27 agosto 1997, così dispone:
«Disposizione transitoria unica. Adattamento delle attrezzatu
re di lavoro.
1. Le attrezzature di lavoro a disposizione dei lavoratori nelle
imprese o posto di lavoro alla data di entrata in vigore del pre sente regio decreto debbono essere adattate ai requisiti del n. 1
dell'allegato I entro dodici mesi a partire dalla detta data di en
trata in vigore. Ciò non di meno, qualora taluni settori non siano in grado, in
ragione di specifiche situazioni obiettive, sufficientemente giu
stificate, relative alla loro attrezzatura di lavoro, di rispettare il
termine prescritto nel capoverso precedente, l'autorità compe tente in materia di lavoro può, su domanda motivata delle orga nizzazioni d'impresa più rappresentative del settore e previa consultazione delle organizzazioni sindacali più rappresentative
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PARTE QUARTA
di questo stesso settore, autorizzare, in via eccezionale, un pro
gramma di adattamento delle attrezzature di lavoro di una durata
non superiore ai cinque anni e in funzione della gravità, del
l'impatto e dell'importanza della situazione obiettiva invocata.
Il programma di cui trattasi deve essere presentato all'autorità
competente in materia di lavoro entro un termine massimo di
nove mesi a partire dall'entrata in vigore del presente regio de
creto e deve essere approvato entro un termine non superiore ai
tre mesi oltre il quale l'assenza di espressa decisione vale ri
getto della domanda.
L'applicazione del programma di adeguamento alle imprese interessate viene effettuata su presentazione di una domanda, da
parte di tali imprese all'autorità competente in materia di lavoro
ai fini della sua approvazione e deve essere accompagnata dal
parere dei rappresentanti dei lavoratori, deve menzionare la gra vità, l'impatto e l'importanza dei problemi tecnici che ostacola
no il rispetto del termine prescritto, nonché i termini dell'ade
guamento e le misure preventive alternative che garantiscono condizioni di sicurezza e di salute idonee per i posti di lavoro di
cui trattasi.
(...)». 13. -
L'allegato 1, n. 1, del regio decreto, corrisponde all'al
legato I della direttiva 89/655 come modificata.
La fase precontenziosa del procedimento
14. - Con sentenza 26 settembre 1996, causa C-79/95, Commis
sione/Spagna, (Racc. pag. 1-4679; Foro it., Rep. 1997, voce li
mone europea, n. 989), la corte ha dichiarato che il Regno di
Spagna, non avendo adottato entro il termine prescritto i provve dimenti legislativi, regolamentari e amministrativi necessari per conformarsi alla direttiva 89/655, è venuto meno agli obblighi che
gli incombevano in forza dell'art. 10, n. 1, della detta direttiva.
15. - Nell'agosto 1997, le autorità spagnole comunicavano
alla commissione il testo del regio decreto.
16. - La commissione, considerando che il paragrafo 1 della
disposizione transitoria unica del regio decreto fosse in contra
sto con l'art. 4, n. 1, lett. b), della direttiva 89/655, in quanto
prevede un periodo di adattamento supplementare per le attrez
zature di lavoro già messe a disposizione dei lavoratori nell'im
prese e/o nello stabilimento prima del 27 agosto 1997, ha pro mosso il procedimento d'inadempimento previsto dall'art. 226
Ce. Dopo aver intimato il Regno di Spagna di presentare le sue
osservazioni, la commissione, il 1" luglio 2002, emetteva un pa rere motivato con il quale invitava tale Stato membro ad adotta
re le misure necessarie per conformarvisi entro un termine di
due mesi dalla notifica.
17. - Ritenendo che dalle osservazioni presentate dal governo
spagnolo risultava che l'inadempimento indicato nel parere mo
tivato continuava ad esistere, la commissione ha deciso di pro porre il presente ricorso.
Sul ricorso
Gli argomenti delle parti
18. - La commissione sostiene che il Regno di Spagna non ha
rispettato tutti gli obblighi che gli incombono in forza della di rettiva 89/655 come modificata, e in particolare dal suo art. 4, n. 1, lett. b), per due motivi: in primo luogo il Regno di Spagna, al 1
° cpv. del par. 1 della disposizione transitoria unica del regio
decreto, ha concesso alle imprese un periodo di adattamento
supplementare di dodici mesi; in secondo luogo, ha loro conces so nel 2°, 3° e 4° comma di questo stesso paragrafo, un periodo
supplementare di cinque anni che si aggiunge al periodo prece dente. La commissione fa tuttavia presente che non insiste sulla
prima censura.
19. - A suo avviso, l'allegato 1, punto 1, 2° comma, della di rettiva 89/655 come modificata, non fa in alcun punto menzione della possibilità di applicare nuovi termini di adattamento per talune attrezzature già in servizio.
20. - Il governo spagnolo replica che non vede la necessità
per la commissione di mantenere le sue censure, poiché i pro grammi di cui trattasi sono superati dal 27 agosto 2003, e poiché il periodo addizionale massimo di cinque anni previsto per i
programmi di adeguamento era scaduto a tale data. 21. - Inoltre, tali programmi non dovrebbero essere conside
II Foro Italiano — 2004.
rati come concessione di un periodo addizionale alle imprese
spagnole per l'attuazione della direttiva 89/655 come modificata.
22. - Infatti, l'approvazione dei programmi di adeguamento
presupporrebbe l'adozione, da parte delle imprese che ne hanno
fatta domanda, di misure di prevenzione particolare durante il
periodo di adattamento dell'attrezzatura di lavoro, misure che
garantiscono ai lavoratori un livello di sicurezza equivalente a
quello richiesto dal regio decreto, cioè equivalente al livello di
sicurezza richiesto dalla direttiva.
23. - Secondo il governo spagnolo, il fondamento del proce dimento di autorizzazione dei programmi di adeguamento si ri
trova anche nell'osservazione preliminare dell'allegato I del re
gio decreto, che è una letterale trascrizione della corrispondente osservazione preliminare figurante all'allegato I della direttiva
89/655 modificata.
Giudizio della corte
24. - Secondo la costante giurisprudenza, l'esistenza di un
inadempimento dev'essere valutata in relazione alla situazione
dello Stato membro quale si presentava alla scadenza del termi
ne stabilito nel parere motivato e non possono essere prese in
considerazione dalla corte modifiche successivamente interve
nute (v., in particolare, sentenze 30 gennaio 2002, causa C
103/00, Commissione/Grecia, Racc. pag. 1-1147, punto 23; Fo
ro it., Rep. 2003, voce cit., n. 1790, e 29 gennaio 2004, causa
C-209/02, Commissione/Austria, inedita). Anche qualora l'ina
dempimento fosse stato sanato dopo il detto termine, vi è inte
resse alla prosecuzione del giudizio, interesse che può consiste
re, in particolare, nell'accertamento del fondamento di una re
sponsabilità eventualmente incombente allo Stato membro nei
confronti di coloro che facciano valere diritti in conseguenza di
detto inadempimento (v., segnatamente, sentenze 17 giugno 1987, causa 154/85, Commissione/Italia, Racc. pag. 1-2717,
punto 6, e 20 giugno 2002, causa C-299/01, Commissio
ne/Lussemburgo, Racc. pag. 1-5899, punto 11; Foro it., 2002,
IV, 471). 25. - Nella specie è pacifico che al 1° settembre 2002, termine
impartito nel parere motivato, il regime dei programmi di ade
guamento non era ancora scaduto.
26. - Si deve pertanto esaminare se, per tale data, il detto re
gime era conforme agli obblighi che incombevano sul Regno di
Spagna in forza dell'art. 4, n. 1, lett. b), della direttiva 98/655, come modificata.
27. - Ai sensi dell'art. 4, n. 1, lett. b), della direttiva 89/655, nella sua versione originale, le attrezzature di lavoro già a di
sposizione dei lavoratori alla data del 31 dicembre 1992, dove
vano soddisfare, al più tardi quattro anni dopo tale data, i requi siti minimi previsti nell'allegato.
28. - Di conseguenza, secondo l'iniziale formulazione della
direttiva 89/655, tali attrezzature non dovevano essere più uti
lizzate a partire dal 1° gennaio 1997, a meno che non fossero state conformi alle prescrizioni minime contemplate nell'alle
gato. 29. - Tuttavia, il 19 gennaio 1996, cioè prima di tale data, en
trava in vigore la direttiva 95/63. 30. - Il nuovo punto c) dell'art. 4, n. 1, della direttiva 89/655
come modificata, dispone che, in deroga al medesimo articolo, lett. a) ii) e alla lett. b), le attrezzature di lavoro specifiche sog
gette alle prescrizioni del punto 3 dell'allegato I, già messe a di
sposizione dei lavoratori nell'impresa e/o stabilimento alla data
del 5 dicembre 1998, soddisfano, al massimo quattro anni dopo tale data, le prescrizioni minime previste nell'allegato I.
31. - Orbene, il ricorso della commissione deve essere inteso
nel senso che contempla solo le ipotesi non rientranti nella de
roga di cui all'art. 4, n. 1, lett. b), della direttiva 89/655 come
modificata, prevista all'art. 4, n. 1, lett. c) della medesima di
rettiva.
32. - Per quanto riguarda attrezzature di lavoro rientranti nel
l'art. 4, n. 1, lett. b), della direttiva 89/655 come modificata, si
deve accertare la portata dell'allegato I, punto 1, 2° comma, di
questa stessa direttiva.
33. - Secondo tale disposizione, le prescrizioni minime enun ciate nell'allegato I della direttiva 89/655 come modificata, nella misura in cui si applicano alle attrezzature di lavoro in
servizio, non richiedono necessariamente le stesse misure dei
requisiti essenziali relative alle attrezzature di lavoro nuove. 34. - La detta disposizione deve essere intesa nel senso che
pure essa modifica, entro una certa misura, la portata dell'art. 4,
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GIURISPRUDENZA COMUNITARIA E STRANIERA
n. 1, lett. b), della direttiva 89/655. Come osservato dalla sig. aw. gen. al par. 18 delle sue conclusioni, essa autorizza gli Stati
membri ad emanare disposizioni che consentono l'utilizzo, an
che dopo il 31 dicembre 1996, di attrezzature di lavoro in servi
zio che, in sostanza, «non necessariamente» soddisfano gli stes
si requisiti delle attrezzature di lavoro nuovo.
35. - La messa in servizio delle attrezzature di lavoro deve es
sere valutata alla luce delle prescrizioni minime sancite dall'al
legato I della direttiva 89/655, come modificata, le quali conti
nuano a restare applicabili nei loro confronti secondo il punto 1, 2° comma, di tale direttiva. Quest'ultima disposizione nella mi
sura in cui prevede che, per quanto riguarda siffatte attrezzature, le prescrizioni minime non richiedono necessariamente le stesse
misure e requisiti essenziali relativi alle attrezzature di lavoro
nuove, deve essere interpretata nel senso che autorizza una più
ampia libera scelta nelle soluzioni tecniche circa l'idoneità delle
misure adottate ad assicurare la protezione prescritta dalle dette
disposizioni. 36. - Si deve a questo proposito ricordare che, secondo una
giurisprudenza consolidata, in caso di trasposizione di una di
rettiva nell'ordinamento giuridico di uno Stato membro, è indi
spensabile che l'ordinamento nazionale di cui trattasi garantisca effettivamente la piena applicazione della direttiva, che la situa
zione giuridica scaturente da tale ordinamento sia sufficiente
mente precisa e chiara e che i destinatari siano posti in grado di
conoscere la piena portata dei loro diritti ed eventualmente di
avvalersene dinanzi ai giudici nazionali (v„ tra le altre, sentenze
23 marzo 1995, causa C-365/93, Commissione/Grecia, Racc. pag. 1-499; Foro it., Rep. 1995, voce cit., n. 651, e 10
aprile 2003, causa C-65/01, Commissione/Italia, Racc. pag. I
3655, punto 20; Foro it., 2003, IV, 169). 37. - Nella presente fattispecie, l'applicazione dei programmi
di adeguamento è certo subordinata all'esistenza di misure pre ventive alternative che garantiscano condizioni di sicurezza e
salute idonee per i posti di lavoro di cui trattasi. Tuttavia, in
questo contesto, il regio decreto non fa alcun riferimento alle
regole contenute nell'allegato I della direttiva 89/655 come mo
dificata. Soltanto il par. 1,1° comma, della disposizione transi
toria unica, del detto decreto fa riferimento all'allegato I del
medesimo decreto, il quale corrisponde all'allegato I della di
rettiva 89/655 come modificata. Per contro, i commi successivi,
che, in deroga al 1°, istituiscono il regime dei programmi di
adeguamento, non vi fanno alcun riferimento. Pertanto, il regio decreto difetta di precisione per quanto riguarda la trasposizione nell'ambito del detto regime, delle prescrizioni minime di cui
all'allegato I della direttiva 89/655 come modificata per le at
trezzature di lavoro in servizio.
38. - Siccome per tale ragione il par. 1, 2° e 3° comma, della
disposizione transitoria unica del detto decreto non soddisfa i
requisiti derivanti dal combinato disposto di cui all'art. 4, n. 1, lett. b), della direttiva 89/655 come modificata e all'allegato I
della medesima direttiva, il Regno di Spagna ha di fatto conces
so un periodo di adattamento supplementare per le attrezzature
di lavoro già messe a disposizione dei lavoratori nell'impresa e/o stabilimento prima del 27 agosto 1997.
39. - Si deve di conseguenza constatare che il Regno di Spa
gna, prevedendo al par. 1 della disposizione transitoria unica del
regio decreto che fissa le prescrizioni minime di sicurezza e di
salute per l'uso delle attrezzature di lavoro da parte dei lavora
tori un periodo di adattamento supplementare anche per le at
trezzature messe a disposizione dei lavoratori nell'impresa e/o
nello stabilimento prima del 27 agosto 1997, è venuto meno agli
obblighi ad esso incombenti in forza dell'art. 4, n. 1, lett. b), della direttiva 89/655 come modificata.
Per questi motivi, la corte (seconda sezione) dichiara e statui
sce:
Il Regno di Spagna, prevedendo al par. 1 della disposizione transitoria unica del regio decreto 18 luglio 1997 n. 1215/1997, concernente la fissazione delle prescrizioni minime di sicurezza
e di salute per l'uso delle attrezzature di lavoro da parte dei la
voratori, un periodo di adattamento supplementare per le attrez
zature messe a disposizione dei lavoratori nell'impresa e/o nello
stabilimento prima del 27 agosto 1997, è venuto meno agli ob
blighi ad esso incombenti in forza dell'art. 4, n. 1, lett. b), della
direttiva del consiglio 30 novembre 1989 n. 89/655/Cee, relativa
ai requisiti minimi di sicurezza e di salute per l'uso delle attrez
zature di lavoro da parte dei lavoratori durante il lavoro (secon da direttiva particolare ai sensi dell'art. 16, par. 1, della direttiva
89/391/Cee), come modificata con direttiva del consiglio 5 di
cembre 1995 n. 95/63/Ce.
Il Foro Italiano — 2004.
CORTE DI GIUSTIZIA DELLE COMUNITÀ EUROPEE; sezione V; sentenza 9 settembre 2004, causa C-383/02; Pres.
Gulmann, Avv. gen. Geelhoed (senza conci.); Commissione
delle Comunità europee c. Repubblica italiana.
Unione europea — Italia — Scarichi di sostanze pericolose — Mancata trasposizione di direttive — Inadempimento —
Fattispecie (Trattato Ce, art. 226; direttiva 15 luglio 1975
n. 75/442/Cee del consiglio, relativa ai rifiuti; direttiva 12 di cembre 1991 n. 91/689/Cee del consiglio, relativa ai rifiuti
pericolosi).
Non avendo adottato le misure necessarie ad assicurare che i
rifiuti depositati nelle discariche di Rodano (Milano) fossero
recuperati o smaltiti senza pericolo per la salute dell'uomo e
senza usare procedimenti o metodi che potrebbero recare
pregiudizio all'ambiente e non avendo adottato le misure ne
cessarie affinché il detentore dei rifiuti depositati in tali di
scariche li consegnasse ad un raccoglitore privato o pubblico o ad un'impresa che effettua le operazioni previste nell'alle
gato IIA o IIB della direttiva del consiglio 15 luglio 1975 n.
75/442/Cee, sui rifiuti, come modificata dalla direttiva del
consiglio 18 marzo 1991 n. 91/156/Cee, oppure provvedesse
egli stesso al loro recupero o smaltimento, la Repubblica ita
liana è venuta meno agli obblighi che le incombono in forza
degli art. 4 e 8 di tale direttiva. (1)
(1) Nello stesso senso, v. altra pronuncia emessa in causa C-375/02 nella stessa data della sentenza che si riporta e riguardante la discarica di Castelliri.
Per un precedente in termini, v. Corte giust. 9 novembre 1999, causa
C-365/97, Foro it., 2000, IV, 136, con nota di richiami di Paone. In tema di discariche, v., da ultimo, Cass. 15 gennaio 2004, Zanoni,
in questo fascicolo, II, 550, con nòta di richiami di Paone (il reato di cui all'art. 51, 3° comma, d.leg. 22/97 ha natura permanente sino al decor rere di dieci anni dalla cessazione dei conferimenti ovvero all'otteni mento dell'autorizzazione o alla loro rimozione).
In un caso di sequestro di un appezzamento di terreno di 8.000 mq adibito a discarica abusiva di rifiuti pericolosi, per Cass. 28 gennaio 2004, Luise Società Scavi, RivistAmbiente, 2004, 628, l'ordinanza del
giudice del dibattimento che rigetta l'istanza di restituzione dell'area
sequestrata è impugnabile solo insieme alla sentenza, secondo i criteri
generali stabiliti dall'art. 586, 1° comma, c.p.p. e non è esperibile l'in
cidente di esecuzione, il cui utilizzo è confinato al caso in cui la sen tenza non sia più impugnabile, ex art. 263, 6° comma, c.p.p.
In materia, v. Cass. 8 giugno 2004, Rossi, inedita, che ha respinto il ricorso di due soggetti condannati per aver realizzato una discarica abu siva: i ricorrenti eccepivano di non aver alcuna responsabilità in merito al fatto contestato, ma la corte ha evidenziato che essi sapevano dell'e sistenza dello scarico dei rifiuti: «gli imputati abitano a brevissima di stanza dall'area adibita a discarica; gli imputati stessi non hanno mai attribuito ad altri i riversamenti che, per entità ed estensione, non pote vano essere da loro ignorati; mancanza di qualsiasi elemento per ritene re che autori della discarica fossero persone diverse dagli stessi pro prietari del fondo; entità della discarica, costituita non da un piccolo accumulo di materiale o da abbandoni occasionali che chiunque avreb be potuto determinare, ma da un ammasso esteso (560 mq) e stratificato di detriti, che fa comprendere esservi stata una continuità delle opera zioni di scarico nel tempo e una stabilità di destinazione di quella su
perficie a vera e propria discarica definitiva, come solo sarebbe stato
possibile col consenso dei proprietari». Nella vicenda esaminata da Cass. 1° aprile 2004, Failla, inedita, il
proprietario del suolo e il legale rappresentante di un'impresa, che ave vano adibito un'area a discarica non autorizzata di rifiuti speciali non
pericolosi, costituiti dai residui della lavorazione di manufatti in vibro
cemento, sono stati riconosciuti colpevoli del reato di cui all'art. 51,3° comma, d.leg. 22/97. In sede di ricorso, gli imputati hanno negato la
qualifica di rifiuto ai materiali rinvenuti sul suolo, costituiti da manu fatti difettosi asseritamente destinati, previa frantumazione, ad essere
reimpiegati nel ciclo produttivo. La Cassazione ha però disatteso tale deduzione ricordando, tra l'altro, che l'accertamento di fatto aveva in vece evidenziato «lo stato di totale abbandono del sito in cui erano stati
depositati i materiali di risulta della lavorazione dei mattoni in vibro
cemento ed in particolare che l'accumulo dello sfrido era avvenuto per
lungo arco di tempo e per notevoli quantitativi di materiale di talché è
stato accertato dai giudici di merito che la società Edilblok si era mate
rialmente disfatta dei materiali di risulta e la loro destinazione al reim
piego nel ciclo produttivo costituiva solo un dato potenziale, mentre ri
sultava in concreto realizzata una vera e propria discarica abusiva, esterna allo stabilimento di produzione dei mattoni».
In una fattispecie in cui il giudice di merito aveva ritenuto necessario
per il perfezionamento della contravvenzione di cui all'art. 51, 2°
comma, un requisito — e cioè la reiterazione della condotta — non
previsto dalla legge, Cass. 15 aprile 2004, Bono, inedita, accogliendo il ricorso del pubblico ministero, ha sancito che «il d.leg. 22/97 non for
nisce una nozione di abbandono di rifiuti che è stata, tuttavia, enucleata
dalla giurisprudenza in relazione alla diversa nozione di discarica: si è,
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