+ All Categories
Home > Documents > sezione III civile; sentenza 10 luglio 1996, n. 6274; Pres. Sciolla Lagrange Pusterla, Est. Varrone,...

sezione III civile; sentenza 10 luglio 1996, n. 6274; Pres. Sciolla Lagrange Pusterla, Est. Varrone,...

Date post: 27-Jan-2017
Category:
Upload: vodan
View: 256 times
Download: 4 times
Share this document with a friend
3
sezione III civile; sentenza 10 luglio 1996, n. 6274; Pres. Sciolla Lagrange Pusterla, Est. Varrone, P.M. Delli Priscoli (concl. diff.); Di Franco (Avv. Caramazza) c. Barcia (Avv. Montelione). Cassa App. Palermo 16 giugno 1993 Source: Il Foro Italiano, Vol. 119, No. 10 (OTTOBRE 1996), pp. 3023/3024-3025/3026 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23191113 . Accessed: 28/06/2014 18:06 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 141.101.201.167 on Sat, 28 Jun 2014 18:06:25 PM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
Transcript
Page 1: sezione III civile; sentenza 10 luglio 1996, n. 6274; Pres. Sciolla Lagrange Pusterla, Est. Varrone, P.M. Delli Priscoli (concl. diff.); Di Franco (Avv. Caramazza) c. Barcia (Avv.

sezione III civile; sentenza 10 luglio 1996, n. 6274; Pres. Sciolla Lagrange Pusterla, Est. Varrone,P.M. Delli Priscoli (concl. diff.); Di Franco (Avv. Caramazza) c. Barcia (Avv. Montelione). CassaApp. Palermo 16 giugno 1993Source: Il Foro Italiano, Vol. 119, No. 10 (OTTOBRE 1996), pp. 3023/3024-3025/3026Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23191113 .

Accessed: 28/06/2014 18:06

Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at .http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp

.JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range ofcontent in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new formsof scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected].

.

Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to IlForo Italiano.

http://www.jstor.org

This content downloaded from 141.101.201.167 on Sat, 28 Jun 2014 18:06:25 PMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions

Page 2: sezione III civile; sentenza 10 luglio 1996, n. 6274; Pres. Sciolla Lagrange Pusterla, Est. Varrone, P.M. Delli Priscoli (concl. diff.); Di Franco (Avv. Caramazza) c. Barcia (Avv.

3023 PARTE PRIMA 3024

espresso da questa sezione nella sentenza 4 dicembre 1989, n.

5336 (Foro it., 1990, I, 495), la quale si riferisce ad un fatto

commesso il 15 maggio 1984, e quindi anteriormente al citato

d.m.

In conclusione, la circolazione del veicolo condotto dal Ca

stello (avente una lunghezza di m. 19,10) deve ritenersi consen

tita in base al d.m. 27 febbraio 1985 (non essendo insorta alcu

na contestazione in ordine al tipo di strada su cui detta circola

zione è avvenuta). 4. - Per le ragioni esposte nel precedente paragrafo, il ricorso

della prefettura va rigettato, previa correzione della motivazio

ne della sentenza impugnata (art. 384, cpv., c.p.c.).

CORTE DI CASSAZIONE; sezione III civile; sentenza 10 lu

glio 1996, n. 6274; Pres. Sciolla Lagrange Pusterla, Est.

Varrone, P.M. Delli Priscoli (conci, diff.); Di Franco (Aw.

Caramazza) c. Barcia (Avv. Montelione). Cassa App. Pa

lermo 16 giugno 1993.

Locazione — Legge 392/78 — Immobili adibiti ad uso diverso

dall'abitazione — Canone — Clausola di pagamento antici

pato per periodi superiori a tre mesi — Nullità (D.l. 19 giu

gno 1974 n. 236, provvedimenti urgenti sulla proroga dei con

tratti di locazione e di sublocazione degli immobili urbani, art. 2 ter, 1. 12 agosto 1974 n. 351, conversione in legge, con modificazioni, del d.l. 19 giugno 1974 n. 236, art. unico; 1. 27 luglio 1978 n. 392, disciplina delle locazioni di immobili

urbani, art. 32, 79, 84).

La disposizione di cui all'art. 2 ter d.l. 236/74 (aggiunta dalla

legge di conversione 351/74), secondo cui sono nulle le clau

sole contrattuali che contemplano l'obbligo di corresponsione

anticipata del canone di locazione per periodi superiori a tre

mesi, deve ritenersi tuttora in vigore, non essendo incompati bile con la disciplina della I. 392/78, e deve, altresì, ritenersi

applicabile anche in tema di locazioni non abitative, fissando un criterio legale predeterminato di valutazione della idoneità

di siffatte clausole ad eludere i limiti quantitativi del recupero della svalutazione monetaria inderogabilmente stabiliti dagli art. 32 e 79 della stessa l. 392/78. (1)

(1) La pronunzia contraddice, in modo pienamente consapevole, la

precedente Cass. 25 maggio 1992, n. 6247, Foro it., 1993, I, 871, con nota di richiami (riportata anche in Giust. civ., 1993, I, 1013, con nota di M. De Tilla), secondo la quale, invece, poiché nella materia delle locazioni non abitative ex art. 27 ss. 1. 392/78 vige il principio della libertà di determinazione del canone, con riferimento a tali contratti l'art. 2 ter 1. 351/74 dovrebbe ritenersi non più in vigore e dovrebbe inoltre escludersi che la clausola di corresponsione anticipata del cano ne per periodi superiori al trimestre comporti violazione degli art. 79 e 11 1. 392/78. Tale assunto viene decisamente contestato dalla sentenza

qui riprodotta, la quale, nel rendere palese come «un pagamento antici

pato del canone, che superasse certi limiti, avrebbe l'effetto di neutra lizzare all'origine l'incidenza dell'eventuale diminuzione del potere di

acquisto della lira», considera in particolare: a) che la pattuizione delle modalità di pagamento si pone su un piano diverso (e da non confon

dere) rispetto a quello della determinazione della misura del canone; b e che, d'altra parte, a ben vedere, il principio della libera definibilità del corrispettivo nelle locazioni abitative non è senza limiti, atteso quanto disposto dall'art. 32 1. 392/78 a proposito dell'aggiornamento del cano ne, tant'è che la stessa corte di legittimità, esaminando il (delicato) pro blema della previsione contrattuale del canone in misura differenziata e crescente nel corso del rapporto, ne riconosce la legittimità — in rela zione al combinato disposto degli art. 32 e 79 1. cit. — solo ove la

pattuizione, lungi dall'essere finalizzata ad eludere i limiti posti impera tivamente dallo stesso art. 32 al recupero della svalutazione monetaria

(75% della variazione dell'indice Istat dei prezzi al consumo), sia colle

gata ad elementi predeterminati, idonei ad influire sull'equilibrio eco

II Foro Italiano — 1996.

Svolgimento del processo. — Con citazione notificata il 25

luglio 1989 Bartolo Di Franco conveniva davanti al Tribunale di Palermo Barcia Maria Rita, esponendo:

— che con contratto del 5 maggio 1985 aveva preso in loca

zione un immobile sito a Palazzo Adriano, contrada Beveratu

rella, per uso magazzino e deposito mobili, di proprietà della

convenuta e per la durata di quattro anni a decorrere dal 1°

giugno 1985 ed al canone complessivo di lire 10.000.000 di cui

lire 6.000.000 già versati, lire 1.500.000 da corrispondere entro

il 5 luglio 1985 ed il saldo di lire 2.500.000 entro il 31 dicembre

1985; — che a fronte delle inadempienze della locatrice, che gli aveva

consegnato l'immobile incompleto e parzialmente inagibile, aveva

sospeso il pagamento del canone; — che la Barcia gli aveva intimato in data 5 agosto 1986

10 sfratto per morosità davanti al Pretore di Prizzi che, in data

19 novembre 1986, aveva pronunciato ordinanza di rilascio ex

art. 665 c.p.c. rinviando la causa per ragioni di valore davanti

al Tribunale di Palermo che, con sentenza non definitiva 3 no

vembre 1987, aveva rigettato la domanda di risoluzione della

Barcia e revocato l'ordinanza pretorile di rilascio che, peraltro, era già stata eseguita il 10 marzo 1987;

— che tale processo era stato successivamente dichiarato estin

to in sede di appello proposto dalla Barcia.

Ciò premesso, il Di Franco chiedeva che fosse esclusa l'esi

stenza della sua morosità, stante la nullità della clausola relati

va alle modalità di pagamento del canone ai sensi dell'art. 2

ter 1. n. 351 del 1974 e dichiarata la durata del contratto per anni sei ex art. 27 1. n. 392 del 1978.

La convenuta si costituiva, contestando le avverse domande

e chiedendo in via riconvenzionale i danni per l'ingombro del

l'immobile.

Con sentenza 7 dicembre 1990 l'adito tribunale accoglieva le

domande del Di Franco e condannava la Barcia alla restituzio

ne dell'immobile locato ed al pagamento di lire 2.750.040 e del

le spese giudiziali, rigettando la riconvenzionale.

Proponevano appello la Barcia ed in via incidentale il Di Fran

co e la corte palermitana, con sentenza 16 giugno 1993, rigetta va le domande del Di Franco, accoglieva la riconvenzionale del

la Barcia, condannando il conduttore al risarcimento dei danni

nella misura di lire 75.000 mensili dal 31 maggio 1989 al rilascio

per il perdurante ingombro del piano terraneo e compensava in to to le spese del doppio grado.

Riteneva il giudice del gravame, per quanto ancora interessa, che l'art. 2 ter 1. n. 351 del 1974 era stato abrogato tacitamente

dalla 1. n. 392 del 1978 e che, pertanto, il Di Franco, al momen

to dell'intimazione di sfratto, era moroso dell'ultima trance di

lire 2.500.000; che non vi era prova delle pretese inadempienze della locatrice; che il conduttore doveva corrispondere un'in

dennità risarcitoria per l'ingombro del pianterreno dal 31 mag

gio 1989 al rilascio. Ha proposto ricorso per cassazione il Di Franco affidandolo

a quattro motivi; ha resistito la Barcia con controricorso. Le

parti hanno depositato memorie.

Motivi della decisione. — Con il primo mezzo il ricorrente, denunciando la violazione e la falsa applicazione degli art. 2

ter 1. n. 351 del 1974, 11, 27, 32 e 84 1. n. 392 del 1978 nonché 11 vizio della motivazione sul punto decisivo della controversia, in relazione all'art. 360, nn. 3 e 5, c.p.c., critica la statuizione del giudice di appello che, andando in avviso contrario a quello di primo grado, ha riconosciuto la validità della clausola di pa gamento anticipato del canone di locazione entro i primi otto

nomico del sinallagma contrattuale e del tutto indipendenti dalle varia zioni del potere di acquisto della moneta (a quest'ultimo riguardo, v., da ultimo, Cass. 3 maggio 1996, n. 4073, id., Mass., 388; 22 novembre 1994, n. 9878, id., Rep. 1995, voce Locazione, n. 234; 15 aprile 1993, n. 4474 e 16 marzo 1993, n. 3095, id., Rep. 1994, voce cit., nn. 265, 266; 8 marzo 1993, n. 2770, id., 1994, I, 1082, con nota di richiami; nonché, tra le pronunzie di merito, Pret. Busto Arsizio-Gallarate 27 aprile 1995, id., Rep. 1995, voce cit., n. 326).

Circa la vigenza della disposizione di cui all'art. 2 ter d.l. 236/74

dopo l'entrata in vigore della 1. 392/78, v. anche, in senso affermativo, Cass. 6 ottobre 1988, n. 5376, id., 1989, I, 780, con nota di richiami ed osservazioni di D. Piombo, in base al rilievo (non condiviso, peral tro, da Cass. 15 aprile 1988, n. 2979, ibid.) che la disposizione in que stione non rientra «tra quelle vincolistiche in senso stretto».

This content downloaded from 141.101.201.167 on Sat, 28 Jun 2014 18:06:25 PMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions

Page 3: sezione III civile; sentenza 10 luglio 1996, n. 6274; Pres. Sciolla Lagrange Pusterla, Est. Varrone, P.M. Delli Priscoli (concl. diff.); Di Franco (Avv. Caramazza) c. Barcia (Avv.

GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

mesi del rapporto quadriennale, ritenendo abrogato l'art. 2 ter 1. n. 351 del 1974 cit. (che stabilisce la nullità delle clausole contrattuali di corresponsione anticipata del canone per periodi superiori a tre mesi) per incompatibilità con la 1. n. 392 del

1978, cosiddetta sull'equo canone (art. 84). La censura è fondata. Va al riguardo ricordato che il perdu

rante vigore della norma di cui all'art. 2 ter cit. è già stato riconosciuto riguardo alle locazioni abitative sulla base della con

siderazione che essa non rientri tra quelle vincolistiche in senso

stretto, essendo stata ritenuta applicabile anche alle locazioni

non soggette alla proroga legale (Cass. 6 ottobre 1988, n. 5376, Foro it., 1989, I, 780). Ma, relativamente alle locazioni non

abitative questa corte ha affermato il principio opposto, di esclu

dere cioè l'attuale vitalità dell'art. 2 ter in quanto la 1. n. 392

del 1978 ha vincolato l'autonomia negoziale delle parti, in tali

locazioni, solo con riferimento alla durata dei contratti, alla

tutela dell'avviamento ed alla prelazione, lasciandola intatta per

quel che riguarda la determinazione del canone e, quindi, le

modalità di pagamento (Cass. 15 aprile 1988, n. 2979, ibid.,

781, e 25 maggio 1992, n. 6247, id., 1993, I, 871). Ha ragione,

pertanto, la resistente a negare, allo stato, l'esistenza di un con

trasto nella giurisprudenza della corte, atteso che gli opposti orientamenti riguardano tipologie locative diverse; quel contra

sto che, al contrario, sorgerà a seguito della presente decisione, dal momento che questo collegio, in tema di locazione non abi

tativa, non ritiene di uniformarsi all'orientamento già espresso. Infatti non si ravvisa, in primo luogo, alcuna fondata ragio

ne, logica o sistematica, per affermare che la disposizione del

l'art. 2 ter sia incompatibile con la disciplina totalizzante detta

ta dalla 1. n. 392 del 1978. Quanto precede è di agevole eviden

za con riguardo alle locazioni abitative, per le quali vige

l'imposizione di un canone legalmente determinato (c.d. equo

canone) a tutela del conduttore, quale parte più debole, con

la conseguenza che non può certo ritenersi incompatibile con

un sistema caratterizzato appunto dalla sottrazione della deter

minazione della misura del canone all'autonomia negoziale, una

norma che, completando tale regime imperativo, ne disciplina anche le modalità di pagamento, vietando anticipazioni che ec

cedono certe misure, in quanto ritenute più onerose per il con

duttore. Ma deve ritenersi valido anche per le locazioni non

abitative atteso che l'unico motivo posto a sostegno della tesi

opposta (cioè dell'abrogazione per incompatibilità) si basa sul

rilievo che per tali locazioni, essendo libera la determinazione

del canone, deve essere conseguentemente libera anche la pat tuizione circa le modalità di pagamento. Così opinando, da un

lato si confondono piani logicamente e giuridicamente diversi, dall'altro non ci si accorge che consentendo — al limite — la

possibilità del pagamento del canone in unica soluzione antici

pata (ovvero, come nel caso di specie, in ratei ravvicinati nella

fage iniziale del rapporto), si viene normalmente a penalizzare la posizione economica e giuridica del conduttore oltre i limiti

tuttora stabiliti dalla legge sull'equo canone. Quest'ultima, in

fatti, prevede la nullità di «ogni pattuizione diretta... ad attri

buire al locatore un canone maggiore rispetto a quello previsto

dagli articoli precedenti ovvero ad attribuirgli altro vantaggio in contrasto con le disposizioni della presente legge» (art. 79).

Orbene, ai sensi del precedente art. 32, sia nella formulazione

originaria che in quella novellata, l'aggiornamento del canone

per mantenerlo tendenzialmente aderente al valore reale della

prestazione del conduttore, trova un limite invalicabile che, at

tualmente, vieta agli aumenti annui di canone di superare il 75%

delle variazioni, accertate dall'Istat, dell'indice dei prezzi al con

sumo per le famiglie di operai ed impiegati. Ora, essendo que sto l'unico meccanismo di aggiornamento consentito, ne conse

gue che un pagamento anticipato del canone, che superasse cer

ti limiti, avrebbe l'effetto di neutralizzare all'origine l'incidenza

della eventuale diminuzione del potere di acquisto della lira, dal momento che il locatore potrebbe disporre fin dall'inizio

dell'intero ammontare del corrispettivo convenuto. Una pattui

zione, pertanto, che lo consentisse non potrebbe non incorrere

nella sanzione di nullità prevista dal cit. art. 79 per tutte quelle clausole che attribuiscono al locatore un'utilità in contrasto con

le altre disposizioni della legge sull'equo canone.

Ciò è tanto vero che questa corte, affrontando il delicato pro blema della previsione contrattuale di canoni differenziati e cre

scenti per frazioni successive di tempo nell'arco del rapporto,

Il Foro Italiano — 1996.

ne ha riconosciuto la legittimità, in ossequio al principio della libera determinazione convenzionale dei canoni nelle locazioni non abitative, solo collegandola ad elementi predeterminati ed idonei ad influire sull'equilibrio economico del sinallagma con

trattuale, del tutto indipendenti dalle variazioni annue del pote re di acquisto della lira (nella specie, trattandosi di locazione di una sala cinematografica, al costo ed al numero dei biglietti venduti annualmente) e sempre che non risulti che le parti ab

biano surrettiziamente perseguito, in realtà, lo scopo di neutra

lizzare gli effetti della svalutazione monetaria, eludendo i limiti

quantitativi posti dall'art. 32 1. n. 392 del 1978 ed incorrendo

così nella sanzione di nullità prevista dal successivo art. 79, 1°

comma, 1. cit. (Cass. 3 agosto 1987, n. 6695, id., 1988, I, 3382). Ed anche le pronunce che hanno riconosciuto la legittimità del

la preordinata maggiorazione annuale del canone alla stregua di considerazioni di carattere più generale, si sono sempre rife

rite a riduzioni iniziali e giustificate dal fine di agevolare il con

duttore nel primo periodo della sua attività economica (ex plu

rimis, Cass. 13 febbraio 1992, n. 1738, id., Rep. 1992, voce

Locazione, n. 312; 25 maggio 1992, n. 6246, ibid., n. 321; 15

aprile 1993, n. 4474, id., Rep. 1994, voce cit., n. 265). Ancorché le esposte considerazioni sembrino sufficienti a giu

stificare l'adozione della tesi contraria ai precedenti ricordati, sembra opportuno sottolineare che il riconoscimento di un'as

soluta libertà nella determinazione delle modalità di pagamento del canone importa ulteriori rilevanti difficoltà, ad esempio, con

riguardo alla quantificazione dell'indennità per la perdita del

l'avviamento commerciale, che l'art. 34 1. cit. riferisce all'ulti

mo canone corrisposto. Ci si chiede, nell'ipotesi concreta del

pagamento anticipato dell'intero corrispettivo, come possa indi

viduarsi tale ultimo canone; la soluzione più semplice, quella cioè di dividere tale corrispettivo per i mesi di durata del rap

porto, non appaga, perché uniformando fittiziamente l'ammon

tare del primo e dell'ultimo canone, il conduttore soffrirebbe

certamente un pregiudizio contrario alla ratio della legge, che

appare tutta parametrata sulla base di canoni determinati e cor

risposti mensilmente.

Infine, non è superfluo aggiungere che una tale situazione

determinerebbe anche un indiretto effetto di elusione dell'art.

11 1. n. 392 del 1978, in ragione del quale il deposito cauzionale

non può essere superiore a tre mensilità del canone.

Tirando i fili del discorso e concludendolo, deve affermarsi

che anche per le locazioni non abitative una clausola contrat

tuale che pattuisca la corresponsione del canone in via anticipa ta con modalità idonee ad eludere gli effetti della svalutazione

monetaria ai sensi dell'art. 32 incorra nella sanzione di nullità

ex art. 79; siccome, peraltro, non sempre la previsione del pa

gamento anticipato può produrre tali effetti illeciti, il criterio

valutativo deve essere ancorato ad un parametro obiettivo, indi

viduato appunto nella disposizione di cui all'art. 2 ter 1. n. 351

del 1974, da interpretare come criterio legale predeterminato (nel senso che solo patti di pagamento anticipato del canone in mi

sura non superiore alle tre mensilità si sottraggono all'eventuale

sanzione di nullità, secondo la valutazione preventiva ed insin

dacabile del legislatore). Conseguentemente, tale disposizione,

lungi dall'essere incompatibile con la disciplina generale dettata

dalla 1. n. 392 del 1978, assume un valore integrativo che ne

conferma la perdurante applicabilità, Il primo motivo va, pertanto, accolto.

Naturalmente, restano assorbiti i successivi mezzi di doglian

za, in particolare, il secondo ed il terzo, con i quali il ricorren

te, denunciando la violazione e la falsa applicazione dell'art.

27 1. n. 392 del 1978 e l'omessa pronuncia sul punto decisivo

della controversia attinente alla durata del rapporto (art. 360, nn. 3 e 5, c.p.c.), lamenta che il giudice dell'appello non abbia

statuito che tale durata, in ragione della destinazione d'uso, era

di sei e non di quattro anni. Tale pronuncia, infatti, è stata

omessa a seguito della declaratoria di risoluzione anticipata del

rapporto. Parimenti assorbito il quarto ed ultimo motivo con

il quale il Di Franco lamenta il vizio della motivazione sulla

quantificazione del risarcimento del danno riconosciuto alla lo

catrice.

Concludendo, l'impugnata sentenza va cassata in relazione

al motivo accolto, e la causa va rinviata per un nuovo esame

davanti ad una diversa sezione della stessa corte a qua.

This content downloaded from 141.101.201.167 on Sat, 28 Jun 2014 18:06:25 PMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions


Recommended