sezione III civile; sentenza 10 luglio 1996, n. 6274; Pres. Sciolla Lagrange Pusterla, Est. Varrone,P.M. Delli Priscoli (concl. diff.); Di Franco (Avv. Caramazza) c. Barcia (Avv. Montelione). CassaApp. Palermo 16 giugno 1993Source: Il Foro Italiano, Vol. 119, No. 10 (OTTOBRE 1996), pp. 3023/3024-3025/3026Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23191113 .
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3023 PARTE PRIMA 3024
espresso da questa sezione nella sentenza 4 dicembre 1989, n.
5336 (Foro it., 1990, I, 495), la quale si riferisce ad un fatto
commesso il 15 maggio 1984, e quindi anteriormente al citato
d.m.
In conclusione, la circolazione del veicolo condotto dal Ca
stello (avente una lunghezza di m. 19,10) deve ritenersi consen
tita in base al d.m. 27 febbraio 1985 (non essendo insorta alcu
na contestazione in ordine al tipo di strada su cui detta circola
zione è avvenuta). 4. - Per le ragioni esposte nel precedente paragrafo, il ricorso
della prefettura va rigettato, previa correzione della motivazio
ne della sentenza impugnata (art. 384, cpv., c.p.c.).
CORTE DI CASSAZIONE; sezione III civile; sentenza 10 lu
glio 1996, n. 6274; Pres. Sciolla Lagrange Pusterla, Est.
Varrone, P.M. Delli Priscoli (conci, diff.); Di Franco (Aw.
Caramazza) c. Barcia (Avv. Montelione). Cassa App. Pa
lermo 16 giugno 1993.
Locazione — Legge 392/78 — Immobili adibiti ad uso diverso
dall'abitazione — Canone — Clausola di pagamento antici
pato per periodi superiori a tre mesi — Nullità (D.l. 19 giu
gno 1974 n. 236, provvedimenti urgenti sulla proroga dei con
tratti di locazione e di sublocazione degli immobili urbani, art. 2 ter, 1. 12 agosto 1974 n. 351, conversione in legge, con modificazioni, del d.l. 19 giugno 1974 n. 236, art. unico; 1. 27 luglio 1978 n. 392, disciplina delle locazioni di immobili
urbani, art. 32, 79, 84).
La disposizione di cui all'art. 2 ter d.l. 236/74 (aggiunta dalla
legge di conversione 351/74), secondo cui sono nulle le clau
sole contrattuali che contemplano l'obbligo di corresponsione
anticipata del canone di locazione per periodi superiori a tre
mesi, deve ritenersi tuttora in vigore, non essendo incompati bile con la disciplina della I. 392/78, e deve, altresì, ritenersi
applicabile anche in tema di locazioni non abitative, fissando un criterio legale predeterminato di valutazione della idoneità
di siffatte clausole ad eludere i limiti quantitativi del recupero della svalutazione monetaria inderogabilmente stabiliti dagli art. 32 e 79 della stessa l. 392/78. (1)
(1) La pronunzia contraddice, in modo pienamente consapevole, la
precedente Cass. 25 maggio 1992, n. 6247, Foro it., 1993, I, 871, con nota di richiami (riportata anche in Giust. civ., 1993, I, 1013, con nota di M. De Tilla), secondo la quale, invece, poiché nella materia delle locazioni non abitative ex art. 27 ss. 1. 392/78 vige il principio della libertà di determinazione del canone, con riferimento a tali contratti l'art. 2 ter 1. 351/74 dovrebbe ritenersi non più in vigore e dovrebbe inoltre escludersi che la clausola di corresponsione anticipata del cano ne per periodi superiori al trimestre comporti violazione degli art. 79 e 11 1. 392/78. Tale assunto viene decisamente contestato dalla sentenza
qui riprodotta, la quale, nel rendere palese come «un pagamento antici
pato del canone, che superasse certi limiti, avrebbe l'effetto di neutra lizzare all'origine l'incidenza dell'eventuale diminuzione del potere di
acquisto della lira», considera in particolare: a) che la pattuizione delle modalità di pagamento si pone su un piano diverso (e da non confon
dere) rispetto a quello della determinazione della misura del canone; b e che, d'altra parte, a ben vedere, il principio della libera definibilità del corrispettivo nelle locazioni abitative non è senza limiti, atteso quanto disposto dall'art. 32 1. 392/78 a proposito dell'aggiornamento del cano ne, tant'è che la stessa corte di legittimità, esaminando il (delicato) pro blema della previsione contrattuale del canone in misura differenziata e crescente nel corso del rapporto, ne riconosce la legittimità — in rela zione al combinato disposto degli art. 32 e 79 1. cit. — solo ove la
pattuizione, lungi dall'essere finalizzata ad eludere i limiti posti impera tivamente dallo stesso art. 32 al recupero della svalutazione monetaria
(75% della variazione dell'indice Istat dei prezzi al consumo), sia colle
gata ad elementi predeterminati, idonei ad influire sull'equilibrio eco
II Foro Italiano — 1996.
Svolgimento del processo. — Con citazione notificata il 25
luglio 1989 Bartolo Di Franco conveniva davanti al Tribunale di Palermo Barcia Maria Rita, esponendo:
— che con contratto del 5 maggio 1985 aveva preso in loca
zione un immobile sito a Palazzo Adriano, contrada Beveratu
rella, per uso magazzino e deposito mobili, di proprietà della
convenuta e per la durata di quattro anni a decorrere dal 1°
giugno 1985 ed al canone complessivo di lire 10.000.000 di cui
lire 6.000.000 già versati, lire 1.500.000 da corrispondere entro
il 5 luglio 1985 ed il saldo di lire 2.500.000 entro il 31 dicembre
1985; — che a fronte delle inadempienze della locatrice, che gli aveva
consegnato l'immobile incompleto e parzialmente inagibile, aveva
sospeso il pagamento del canone; — che la Barcia gli aveva intimato in data 5 agosto 1986
10 sfratto per morosità davanti al Pretore di Prizzi che, in data
19 novembre 1986, aveva pronunciato ordinanza di rilascio ex
art. 665 c.p.c. rinviando la causa per ragioni di valore davanti
al Tribunale di Palermo che, con sentenza non definitiva 3 no
vembre 1987, aveva rigettato la domanda di risoluzione della
Barcia e revocato l'ordinanza pretorile di rilascio che, peraltro, era già stata eseguita il 10 marzo 1987;
— che tale processo era stato successivamente dichiarato estin
to in sede di appello proposto dalla Barcia.
Ciò premesso, il Di Franco chiedeva che fosse esclusa l'esi
stenza della sua morosità, stante la nullità della clausola relati
va alle modalità di pagamento del canone ai sensi dell'art. 2
ter 1. n. 351 del 1974 e dichiarata la durata del contratto per anni sei ex art. 27 1. n. 392 del 1978.
La convenuta si costituiva, contestando le avverse domande
e chiedendo in via riconvenzionale i danni per l'ingombro del
l'immobile.
Con sentenza 7 dicembre 1990 l'adito tribunale accoglieva le
domande del Di Franco e condannava la Barcia alla restituzio
ne dell'immobile locato ed al pagamento di lire 2.750.040 e del
le spese giudiziali, rigettando la riconvenzionale.
Proponevano appello la Barcia ed in via incidentale il Di Fran
co e la corte palermitana, con sentenza 16 giugno 1993, rigetta va le domande del Di Franco, accoglieva la riconvenzionale del
la Barcia, condannando il conduttore al risarcimento dei danni
nella misura di lire 75.000 mensili dal 31 maggio 1989 al rilascio
per il perdurante ingombro del piano terraneo e compensava in to to le spese del doppio grado.
Riteneva il giudice del gravame, per quanto ancora interessa, che l'art. 2 ter 1. n. 351 del 1974 era stato abrogato tacitamente
dalla 1. n. 392 del 1978 e che, pertanto, il Di Franco, al momen
to dell'intimazione di sfratto, era moroso dell'ultima trance di
lire 2.500.000; che non vi era prova delle pretese inadempienze della locatrice; che il conduttore doveva corrispondere un'in
dennità risarcitoria per l'ingombro del pianterreno dal 31 mag
gio 1989 al rilascio. Ha proposto ricorso per cassazione il Di Franco affidandolo
a quattro motivi; ha resistito la Barcia con controricorso. Le
parti hanno depositato memorie.
Motivi della decisione. — Con il primo mezzo il ricorrente, denunciando la violazione e la falsa applicazione degli art. 2
ter 1. n. 351 del 1974, 11, 27, 32 e 84 1. n. 392 del 1978 nonché 11 vizio della motivazione sul punto decisivo della controversia, in relazione all'art. 360, nn. 3 e 5, c.p.c., critica la statuizione del giudice di appello che, andando in avviso contrario a quello di primo grado, ha riconosciuto la validità della clausola di pa gamento anticipato del canone di locazione entro i primi otto
nomico del sinallagma contrattuale e del tutto indipendenti dalle varia zioni del potere di acquisto della moneta (a quest'ultimo riguardo, v., da ultimo, Cass. 3 maggio 1996, n. 4073, id., Mass., 388; 22 novembre 1994, n. 9878, id., Rep. 1995, voce Locazione, n. 234; 15 aprile 1993, n. 4474 e 16 marzo 1993, n. 3095, id., Rep. 1994, voce cit., nn. 265, 266; 8 marzo 1993, n. 2770, id., 1994, I, 1082, con nota di richiami; nonché, tra le pronunzie di merito, Pret. Busto Arsizio-Gallarate 27 aprile 1995, id., Rep. 1995, voce cit., n. 326).
Circa la vigenza della disposizione di cui all'art. 2 ter d.l. 236/74
dopo l'entrata in vigore della 1. 392/78, v. anche, in senso affermativo, Cass. 6 ottobre 1988, n. 5376, id., 1989, I, 780, con nota di richiami ed osservazioni di D. Piombo, in base al rilievo (non condiviso, peral tro, da Cass. 15 aprile 1988, n. 2979, ibid.) che la disposizione in que stione non rientra «tra quelle vincolistiche in senso stretto».
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
mesi del rapporto quadriennale, ritenendo abrogato l'art. 2 ter 1. n. 351 del 1974 cit. (che stabilisce la nullità delle clausole contrattuali di corresponsione anticipata del canone per periodi superiori a tre mesi) per incompatibilità con la 1. n. 392 del
1978, cosiddetta sull'equo canone (art. 84). La censura è fondata. Va al riguardo ricordato che il perdu
rante vigore della norma di cui all'art. 2 ter cit. è già stato riconosciuto riguardo alle locazioni abitative sulla base della con
siderazione che essa non rientri tra quelle vincolistiche in senso
stretto, essendo stata ritenuta applicabile anche alle locazioni
non soggette alla proroga legale (Cass. 6 ottobre 1988, n. 5376, Foro it., 1989, I, 780). Ma, relativamente alle locazioni non
abitative questa corte ha affermato il principio opposto, di esclu
dere cioè l'attuale vitalità dell'art. 2 ter in quanto la 1. n. 392
del 1978 ha vincolato l'autonomia negoziale delle parti, in tali
locazioni, solo con riferimento alla durata dei contratti, alla
tutela dell'avviamento ed alla prelazione, lasciandola intatta per
quel che riguarda la determinazione del canone e, quindi, le
modalità di pagamento (Cass. 15 aprile 1988, n. 2979, ibid.,
781, e 25 maggio 1992, n. 6247, id., 1993, I, 871). Ha ragione,
pertanto, la resistente a negare, allo stato, l'esistenza di un con
trasto nella giurisprudenza della corte, atteso che gli opposti orientamenti riguardano tipologie locative diverse; quel contra
sto che, al contrario, sorgerà a seguito della presente decisione, dal momento che questo collegio, in tema di locazione non abi
tativa, non ritiene di uniformarsi all'orientamento già espresso. Infatti non si ravvisa, in primo luogo, alcuna fondata ragio
ne, logica o sistematica, per affermare che la disposizione del
l'art. 2 ter sia incompatibile con la disciplina totalizzante detta
ta dalla 1. n. 392 del 1978. Quanto precede è di agevole eviden
za con riguardo alle locazioni abitative, per le quali vige
l'imposizione di un canone legalmente determinato (c.d. equo
canone) a tutela del conduttore, quale parte più debole, con
la conseguenza che non può certo ritenersi incompatibile con
un sistema caratterizzato appunto dalla sottrazione della deter
minazione della misura del canone all'autonomia negoziale, una
norma che, completando tale regime imperativo, ne disciplina anche le modalità di pagamento, vietando anticipazioni che ec
cedono certe misure, in quanto ritenute più onerose per il con
duttore. Ma deve ritenersi valido anche per le locazioni non
abitative atteso che l'unico motivo posto a sostegno della tesi
opposta (cioè dell'abrogazione per incompatibilità) si basa sul
rilievo che per tali locazioni, essendo libera la determinazione
del canone, deve essere conseguentemente libera anche la pat tuizione circa le modalità di pagamento. Così opinando, da un
lato si confondono piani logicamente e giuridicamente diversi, dall'altro non ci si accorge che consentendo — al limite — la
possibilità del pagamento del canone in unica soluzione antici
pata (ovvero, come nel caso di specie, in ratei ravvicinati nella
fage iniziale del rapporto), si viene normalmente a penalizzare la posizione economica e giuridica del conduttore oltre i limiti
tuttora stabiliti dalla legge sull'equo canone. Quest'ultima, in
fatti, prevede la nullità di «ogni pattuizione diretta... ad attri
buire al locatore un canone maggiore rispetto a quello previsto
dagli articoli precedenti ovvero ad attribuirgli altro vantaggio in contrasto con le disposizioni della presente legge» (art. 79).
Orbene, ai sensi del precedente art. 32, sia nella formulazione
originaria che in quella novellata, l'aggiornamento del canone
per mantenerlo tendenzialmente aderente al valore reale della
prestazione del conduttore, trova un limite invalicabile che, at
tualmente, vieta agli aumenti annui di canone di superare il 75%
delle variazioni, accertate dall'Istat, dell'indice dei prezzi al con
sumo per le famiglie di operai ed impiegati. Ora, essendo que sto l'unico meccanismo di aggiornamento consentito, ne conse
gue che un pagamento anticipato del canone, che superasse cer
ti limiti, avrebbe l'effetto di neutralizzare all'origine l'incidenza
della eventuale diminuzione del potere di acquisto della lira, dal momento che il locatore potrebbe disporre fin dall'inizio
dell'intero ammontare del corrispettivo convenuto. Una pattui
zione, pertanto, che lo consentisse non potrebbe non incorrere
nella sanzione di nullità prevista dal cit. art. 79 per tutte quelle clausole che attribuiscono al locatore un'utilità in contrasto con
le altre disposizioni della legge sull'equo canone.
Ciò è tanto vero che questa corte, affrontando il delicato pro blema della previsione contrattuale di canoni differenziati e cre
scenti per frazioni successive di tempo nell'arco del rapporto,
Il Foro Italiano — 1996.
ne ha riconosciuto la legittimità, in ossequio al principio della libera determinazione convenzionale dei canoni nelle locazioni non abitative, solo collegandola ad elementi predeterminati ed idonei ad influire sull'equilibrio economico del sinallagma con
trattuale, del tutto indipendenti dalle variazioni annue del pote re di acquisto della lira (nella specie, trattandosi di locazione di una sala cinematografica, al costo ed al numero dei biglietti venduti annualmente) e sempre che non risulti che le parti ab
biano surrettiziamente perseguito, in realtà, lo scopo di neutra
lizzare gli effetti della svalutazione monetaria, eludendo i limiti
quantitativi posti dall'art. 32 1. n. 392 del 1978 ed incorrendo
così nella sanzione di nullità prevista dal successivo art. 79, 1°
comma, 1. cit. (Cass. 3 agosto 1987, n. 6695, id., 1988, I, 3382). Ed anche le pronunce che hanno riconosciuto la legittimità del
la preordinata maggiorazione annuale del canone alla stregua di considerazioni di carattere più generale, si sono sempre rife
rite a riduzioni iniziali e giustificate dal fine di agevolare il con
duttore nel primo periodo della sua attività economica (ex plu
rimis, Cass. 13 febbraio 1992, n. 1738, id., Rep. 1992, voce
Locazione, n. 312; 25 maggio 1992, n. 6246, ibid., n. 321; 15
aprile 1993, n. 4474, id., Rep. 1994, voce cit., n. 265). Ancorché le esposte considerazioni sembrino sufficienti a giu
stificare l'adozione della tesi contraria ai precedenti ricordati, sembra opportuno sottolineare che il riconoscimento di un'as
soluta libertà nella determinazione delle modalità di pagamento del canone importa ulteriori rilevanti difficoltà, ad esempio, con
riguardo alla quantificazione dell'indennità per la perdita del
l'avviamento commerciale, che l'art. 34 1. cit. riferisce all'ulti
mo canone corrisposto. Ci si chiede, nell'ipotesi concreta del
pagamento anticipato dell'intero corrispettivo, come possa indi
viduarsi tale ultimo canone; la soluzione più semplice, quella cioè di dividere tale corrispettivo per i mesi di durata del rap
porto, non appaga, perché uniformando fittiziamente l'ammon
tare del primo e dell'ultimo canone, il conduttore soffrirebbe
certamente un pregiudizio contrario alla ratio della legge, che
appare tutta parametrata sulla base di canoni determinati e cor
risposti mensilmente.
Infine, non è superfluo aggiungere che una tale situazione
determinerebbe anche un indiretto effetto di elusione dell'art.
11 1. n. 392 del 1978, in ragione del quale il deposito cauzionale
non può essere superiore a tre mensilità del canone.
Tirando i fili del discorso e concludendolo, deve affermarsi
che anche per le locazioni non abitative una clausola contrat
tuale che pattuisca la corresponsione del canone in via anticipa ta con modalità idonee ad eludere gli effetti della svalutazione
monetaria ai sensi dell'art. 32 incorra nella sanzione di nullità
ex art. 79; siccome, peraltro, non sempre la previsione del pa
gamento anticipato può produrre tali effetti illeciti, il criterio
valutativo deve essere ancorato ad un parametro obiettivo, indi
viduato appunto nella disposizione di cui all'art. 2 ter 1. n. 351
del 1974, da interpretare come criterio legale predeterminato (nel senso che solo patti di pagamento anticipato del canone in mi
sura non superiore alle tre mensilità si sottraggono all'eventuale
sanzione di nullità, secondo la valutazione preventiva ed insin
dacabile del legislatore). Conseguentemente, tale disposizione,
lungi dall'essere incompatibile con la disciplina generale dettata
dalla 1. n. 392 del 1978, assume un valore integrativo che ne
conferma la perdurante applicabilità, Il primo motivo va, pertanto, accolto.
Naturalmente, restano assorbiti i successivi mezzi di doglian
za, in particolare, il secondo ed il terzo, con i quali il ricorren
te, denunciando la violazione e la falsa applicazione dell'art.
27 1. n. 392 del 1978 e l'omessa pronuncia sul punto decisivo
della controversia attinente alla durata del rapporto (art. 360, nn. 3 e 5, c.p.c.), lamenta che il giudice dell'appello non abbia
statuito che tale durata, in ragione della destinazione d'uso, era
di sei e non di quattro anni. Tale pronuncia, infatti, è stata
omessa a seguito della declaratoria di risoluzione anticipata del
rapporto. Parimenti assorbito il quarto ed ultimo motivo con
il quale il Di Franco lamenta il vizio della motivazione sulla
quantificazione del risarcimento del danno riconosciuto alla lo
catrice.
Concludendo, l'impugnata sentenza va cassata in relazione
al motivo accolto, e la causa va rinviata per un nuovo esame
davanti ad una diversa sezione della stessa corte a qua.
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