sezione III civile; sentenza 26 febbraio 2002, n. 2832; Pres. Fiduccia, Est. Segreto, P.M. Giacalone(concl. conf.); Landolfi (Avv. Bucciarelli) c. Comune di Battipaglia; Comune di Battipaglia (Avv.Amatucci) c. Landolfi. Conferma App. Salerno 14 luglio 1998Source: Il Foro Italiano, Vol. 125, No. 7/8 (LUGLIO-AGOSTO 2002), pp. 2063/2064-2073/2074Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23196545 .
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2063 PARTE PRIMA 2064
I
CORTE DI CASSAZIONE; sezione III civile; sentenza 26
febbraio 2002, n. 2832; Pres. Fiduccia, Est. Segreto, P.M.
Giacalone (conci, conf.); Landolfi (Avv. Bucciarelli) c.
Comune di Battipaglia; Comune di Battipaglia (Avv. Ama
tucci) c. Landolfi. Conferma App. Salerno 14 luglio 1998.
Contratti e obbligazioni della pubblica amministrazione —
Locazione — Forma scritta — Mancanza — Nullità (Cod.
civ., art. 1350, 1418; r.d. 18 novembre 1923 n. 2440, nuove
disposizioni sull'amministrazione del patrimonio e sulla con
tabilità generale dello Stato, art. 16, 17). Contratti e obbligazioni della pubblica amministrazione —
Locazione — Stipulazione
— Delibera consiliare — Irrile
vanza (Cod. civ., art. 1326). Arricchimento senza causa — Pubblica amministrazione —
Contratto nullo — Azione sussidiaria contro l'ente —
Esclusione — Azione diretta contro il funzionario — Am
missibilità — Fattispecie (Cod. civ., art. 2041, 2042; d.l. 2 marzo 1989 n. 66, disposizioni urgenti in materia di autono
mia impositiva degli enti locali e di finanza locale, art. 23; 1.
24 aprile 1989 n. 144, conversione in legge, con modificazio
ni, del d.l. 2 marzo 1989 n. 66; d.leg. 25 febbraio 1995 n. 77, ordinamento finanziario e contabile degli enti locali, art. 35).
Il contratto di locazione, quando ne sia parte la pubblica am
ministrazione, richiede la forma scritta ad substantiam (come
ogni altro contratto stipulato con la stessa, anche qualora
agisca iure privatomi^ e a pena di nullità. ( 1 )
(1-5) I. - Sulla nullità per difetto di forma dei contratti stipulati con la pubblica amministrazione, v. Cass. 5 novembre 2001, n. 13628, Foro
it., 2002, I, 762 (in materia di conferimento di incarichi professionali), con nota di richiami, nonché Cass. 18 gennaio 2002, n. 529, Guida al
dir., 2002, fase. 10, 57 (che esclude l'affidamento incolpevole della
parte adempiente, derivando la nullità del negozio da disposizioni gene rali da presumersi note agli interessati, facendo comunque salva Vactio de in rem verso in caso di provata utilitas per la pubblica amministra
zione); 22 novembre 2000, n. 15096, Foro it., Rep. 2000, voce Arric chimento senza causa, n. 18; 16 ottobre 1999, n. 11687, ibid., voce Contratti della p.a., n. 93 (che ritiene inconfigurabile la conclusione di un contratto di assicurazione sulla sola base di una delibera autorizzati va dell'ente); 30 giugno 1998, n. 6406, id., Rep. 1999, voce cit., n. 471
(che esclude il rinnovo tacito del contratto di locazione stipulato senza
rispettare le forme richieste dalla legge); negli stessi termini, 16 luglio 1998, n. 6966, id., Rep. 1998, voce cit., n. 107.
La regola in questione, come ricorda la prima delle pronunce in ras
segna, trova la sua ratio nell'esigenza di identificare con esattezza il contenuto del regolamento negoziale nonché nella necessità di consen tire i controlli delle autorità tutorie (giurisprudenza costante: Cass. 21
giugno 2000, n. 8471, id., Rep. 2000, voce cit., n. 86; 22 dicembre
1999, n. 14447, id.. Rep. 1999, voce cit., n. 438; 24 novembre 1999, n.
13039, ibìd., n. 128; 16 ottobre 1999, n. 11687, cit.; 11 settembre 1999, n. 9682, ibid., n. 126; 15 giugno 1999, n. 5922, ibid., n. 125; 30 luglio 1996, n. 6908, id., 1997, I, 891, con nota di richiami, cui adde Cass. 29
agosto 1994, n. 7575, id., 1995, I, 555, con nota di G. Lener, Formali smo giurisprudenziale e forma dei contratti dell Enel.
II. - In ordine alla problematica concernente la rilevabilità d'ufficio della nullità, nonché sul necessario coordinamento del disposto dell'art. 1421 c.c. con le norme processuali di cui agli art. 99 e 112 c.p.c., v. Cass. 5 novembre 2001, n. 13628, cit., e, in particolare, 3 gennaio 2001, n. 59, id., 2001, I, 2899, con nota di richiami. Le indicate pro nunce si collocano nel solco della giurisprudenza dominante secondo cui il rilievo d'ufficio di siffatta nullità è consentito soltanto nei casi in cui esso rimane nell'ambito del petitum, il che si verifica quando l'atto re chiede l'adempimento del contratto, mentre nei casi in cui voglia eliminare gli effetti del negozio per ragioni diverse dalla nullità (risolu zione, rescissione, annullamento) che, pur potendo, la parte non ha in
vocato, tale rilievo è impedito dal divieto per il giudice di pronunciarsi ultra petita. Per una panoramica delle critiche sollevate sul punto dalla
dottrina, v. P. Laghezza, nota a Cass. 9 febbraio 1994, n. 1340, id., 1995,1, 611.
III. - Pur se sul punto le sentenze su riportate tacciono, si noti che i vizi del procedimento formativo della volontà negoziale della pubblica amministrazione (id est, i vizi dei c.d. atti a rilevanza interna) si river berano sul contratto nel senso di comportarne l'annullabilità relativa
(sul punto, cfr. Cass. 3 gennaio 2001, n. 59, cit.). Tale annullabilità, tuttavia, può essere fatta valere esclusivamente dal contraente pubblico — in via d'azione ai sensi dell'art. 1441, 1° comma, c.c., ovvero in via
d'eccezione, ex art. 1442, 4° comma, c.c. — in base alla circostanza che si tratta comunque di violazioni di regole previste nell'esclusivo
Il Foro Italiano — 2002.
È irrilevante l'esistenza di una deliberazione con cui l'organo
collegiale di un ente pubblico (nella specie, il consiglio co
munale) abbia deciso di assumere in locazione i locali, indi
viduando il canone e la durata del contratto, ove a tale deli
berazione non segua la formale stipulazione del negozio, atte
so che detta deliberazione non integra una proposta contrat
tuale, ma costituisce un mero atto interno e preparatorio del
contratto, che non è surrogabile con comportamenti attuativi
(quali, come nella specie, l'allocazione degli arredi e l'utiliz
zazione dell'immobile) né ammette, essendo nullo, convalide
o ratifiche successive. (2) In caso di nullità del contralto per difetto di forma, l'azione
sussidiaria di ingiustificato arricchimento contro la pubblica amministrazione è improponibile, data la possibilità di espe rire, ai sensi dell'art. 23 d.l. 2 marzo 1989 n. 66 (riprodotto, sema sostanziali modifiche, dall'art. 35 d.leg. 25 febbraio 1995 n. 77), l'azione diretta nei confronti del funzionario o
dell'amministratore dell'ente locale (che, come nella specie, ha concluso verbalmente il contratto di locazione o ha co
munque preso in consegna il bene). (3)
interesse del contraente pubblico, a cui solo spetta pertanto il diritto
potestativo di farla dichiarare. In argomento, v. Cass. 3 gennaio 2001, n. 59, cit., nonché R. Falco, Osservazioni in tema di incidenza del pro cedimento amministrativo sul regime degli atti di disposizione gratuita tra enti pubblici (nota a Cass., sez. un., 26 gennaio 2000, n. 6/SU), id., 2000, I, 2568. Per una critica alla suddetta impostazione
— seguita dalla costante giurisprudenza
— che comprime le aspettative di tutela dei terzi i quali abbiano ottenuto dal giudice amministrativo l'annulla mento degli atti del procedimento ad evidenza pubblica, v. G. Greco, 1 contratti dell'amministrazione tra diritto pubblico e privato, Milano, 1986, 90 ss.; per ulteriori riferimenti in dottrina, v. la nota di richiami a Cass. 3 gennaio 2001, n. 59, cit.
IV. - Il principio espresso nella terza e quarta massima è conforme alle posizioni assunte dalla prevalente giurisprudenza: v., da ultimo, in
termini, Cass. 14 gennaio 2002, n. 354, Guida al dir., 2002, dossier 3, 15; 22 aprile 2000, n. 5284, Foro it.. Rep. 2000, voce Comune, n. 540; 25 novembre 1998, n. 11969, id., Rep. 1999, voce cit., n. 407, citata in entrambe le sentenze in epigrafe; 24 settembre 1997, n. 9373, id., Rep. 1997, voce Arricchimento senza causa, n. 32, richiamata in entrambe le
motivazioni; 17 settembre 1997, n. 9248, id., Rep. 1998, voce cit., n.
17, indicata nella prima sentenza in rassegna; 29 luglio 1997, n. 7085, ibid., voce Comune, n. 432, citata in ambedue le pronunce (che precisa che il disposto dell'art. 23 d.l. 66/89 — convertito in 1. 144/89, abro
gato dall'art. 123 d.leg. 77/95 ma riprodotto sostanzialmente dall'art. 35 del medesimo d.leg. e oggi dall'art. 191 d.leg. 267/00 — ha fatto venir meno il rapporto d'immedesimazione organica tra l'amministra tore o il funzionario e l'ente locale, imputando il rapporto contrattuale direttamente in capo ai medesimi, contro i quali il privato ha azione di
retta); 30 maggio 1997, n. 4820, id., Rep. 1997, voce Arricchimento senza causa, n. 39, indicata in entrambe le motivazioni. V. peraltro Cass. 3 agosto 2000, n. 10199, id.. Rep. 2000, voce cit., n. 28 (che ri tiene esperibile l'azione di indebito arricchimento contro l'ente locale
per tutte le prestazioni rese anteriormente all'entrata in vigore del d.l.
66/89, atteso che il requisito della sussidiarietà di tale azione non viene meno per la possibilità che ha il privato di agire direttamente contro il funzionario ai sensi dell'art. 28 Cost.); 18 agosto 1993, n. 8751, id.,
Rep. 1993, voce cit., n. 2 (secondo cui, con riferimento a un contratto di appalto tra privati, l'appaltatore depauperato può esperire l'azione di arricchimento contro il terzo locupletato in caso d'insolvenza del com
mittente). Per un quadro dei principi espressi dalla giurisprudenza in
fattispecie ove rileva la normativa speciale in questione, v. le osserva zioni di M. Giracca, nota a Trib. Patti-Sant'Agata di Militello 9 ago sto 2001, id., 2002, I, 912.
V. - Si noti che i principi contenuti nell'art. 23 d.l. 66/89 sono stati
sottoposti, con successo, al vaglio di costituzionalità: v. Corte cost. 30
luglio 1997, n. 295, id., Rep. 1997, voce Comune, n. 419, citata in mo
tivazione; 24 ottobre 1995, n. 446, id., 1996, I, 21, con nota di F. Ca
ringella, Criterio di sussidiarietà e legittimazione surrogatoria nel l'esercizio dell'«actio de in rem verso» nei confronti della pubblica amministrazione. F. Caringella mette in rilievo come la costruzione ar
gomentativa elaborata dalla Consulta per salvare detta norma — che ri tiene sussistere la possibilità per il privato depauperato di agire (anche contestualmente alla proposizione della domanda contrattuale contro
l'agente e utendo iuribus di quest'ultimo, a sua volta depauperato dal l'esercizio di detta azione diretta), contro l'amministrazione surrogan dosi al funzionario inerte ex art. 2900 c.c. —, benché di indubbia ele
ganza, non vada esente da critiche. Secondo il menzionato autore, in
fatti, la configurabilità di un'azione surrogatoria contestuale all'eserci zio dell'azione contrattuale diretta contro il funzionario debitore «è re sa problematica dalla difficile ravvisabilità del requisito, dalla stessa norma cristallizzato, dell'inerzia del creditore sostituito», non potendo
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
II
CORTE DI CASSAZIONE; sezione III civile; sentenza 14 gennaio 2002, n. 355; Pres. Favara, Est. Manzo, P.M. Rai
mondi (conci, conf.); Soc. La sicurezza (Avv. Bonifazi) c.
Comune di Ischia (Avv. Trani). Conferma App. Napoli 3 feb braio 1998.
Arricchimento senza causa — Pubblica amministrazione —
Azione sussidiaria contro l'ente — Esclusione — Azione
diretta contro il funzionario — Ammissibilità — Fattispe cie (Cod. civ., art. 2041, 2042; d.l. 2 marzo 1989 n. 66, art. 23; 1. 24 aprile 1989 n. 144; d.leg. 25 febbraio 1995 n. 77, art. 35; d.leg. 18 agosto 2000 n. 267, t.u. delle leggi sull'ordina
mento degli enti locali, art. 191). Arricchimento senza causa — Pubblica amministrazione —
Azione sussidiaria contro l'ente — Presupposti
— Fatti
specie (Cod. civ., art. 2041, 2042; d.leg. 25 febbraio 1995 n. 77, art. 37; d.leg. 15 settembre 1997 n. 342, disposizioni in
materia di contabilità, di equilibrio e di dissesto finanziario degli enti locali, art. 5; d.leg. 18 agosto 2000 n. 267, art. 191,
194).
E improponibile l'azione sussidiaria di ingiustificato arricchi
mento contro un ente locale, attesa la possibilità di esperire, ai sensi dell'art. 23 d.l. 2 marzo 1989 n. 66 (riprodotto, senza
sostanziali modifiche, dall'art. 35 d.leg. 25 febbraio 1995 ». 77, poi confluito nell'art. 191, 4° comma, lett. e, d.leg. 18
agosto 2000 n. 267), l'azione diretta nei confronti del funzio nario o dell'amministratore che ha irritualmente richiesto la
prestazione. (4)
si invero comprendere «come si possa rimproverare l'agente stesso di inerzia già al momento dell'azione contrattuale, dal positivo esito della
quale tali conclusioni dovrebbero conclusivamente emergere». Un'altra critica mossa a tale costruzione — richiamata anche dalla prima sen tenza in epigrafe
— rileva che essa fa propria un'accezione astratta di sussidiarietà invece di considerare l'azione ex art. 2041 c.c. (di cui non
può sfuggire la ratio equitativo-solidaristica) nella sua concretezza; ciò, infatti, consentirebbe di agire nei confronti della pubblica amministra zione in tutti i casi di insolvenza del funzionario convenuto. In questo senso si è espressa un'evoluta giurisprudenza, rimasta però isolata: cfr. Cass. 18 agosto 1993, n. 8751, cit.; parimenti isolata si trova, in dottri
na, la tesi che configura in termini di responsabilità aquiliana la lesione
cagionata dai funzionari pubblici ai diritti di credito vantati dai terzi nei confronti dell'amministrazione (E. Casetta, Responsabilità della pub blica amministrazione, voce del Digesto pubbl., Torino, 1997, XIII,
222, nota 76). Sul tema, v. anche F. Fracchia, Osservazioni in tema di
responsabilità del dipendente pubblico e attività contrattuale (nota a Cass. 6 febbraio 1999, n. 1045), in Foro it., 1999, I, 1194. Si rileva, inoltre, che — come evidenziato da Corte cost. 30 luglio 1997, n. 295, cit., richiamata dalla seconda pronuncia in rassegna
— il paradigma dell'art. 28 Cost, non è invocabile dal privato per agire contro l'ente
pubblico, atteso che tale norma presuppone che l'attività negoziale sia riferibile all'ente stesso, mentre nelle fattispecie in esame si determina una frattura del nesso organico tra funzionario ed ente sì da rendere
quest'ultimo estraneo agli impegni di spesa irregolarmente assunti. VI. - Un'ulteriore difficoltà che incontra il privato quando si trova ad
agire ex art. 2041 c.c. contro la pubblica amministrazione (che condi ziona la stessa esperibilità dell'azione) è integrata dal necessario rico noscimento dell'utilità della prestazione da parte dell'ente (riconosci mento che. introdotto in via pretoria, è espressamente previsto dall'art. 5 d.leg. 15 settembre 1997 n. 342, che ha sostituito la lett. e del 1° comma dell'art. 37 d.leg. 25 febbraio 1995 n. 77, disposizione poi con fluita nell'art. 194, 1° comma, lett. e, d.leg. 18 agosto 2000 n. 267). Tale giudizio, costituendo espressione di discrezionalità amministrati
va, è insindacabile in sede giurisdizionale ai sensi dell'art. 4 1.
2248/1865. Sul punto, v. la quinta massima nonché i richiami di M. Gi
racca, nota a Trib. Patti-Sant'Agata di Militello 9 agosto 2001, cit., cui adde, Cass. 19 giugno 2000, n. 8285, id., Rep. 2000, voce Arric chimento senza causa, n. 15; 26 maggio 2000, n. 6975, ibid., n. 19; 17
aprile 2000, n. 4918, ibid., n. 1. Nel senso che l'indennizzo conse
guente all'azione di arricchimento configura un debito di valore, v.
Trib. Patti-Sant'Agata di Militello 9 agosto 2001, cit.; Cass. 6 feb
braio 1998, n. 1287, id., 1998, I, 1116, con nota di M. Caputi. Sul tema
in esame, v. anche R. Tomei, L 'ingiustificato arricchimento nei con
fronti della pubblica amministrazione. Tra conferma della tradizione e
critica del privilegio, Torino, 2000. VII. - La seconda sentenza in rassegna si segnala, tra l'altro, perché
fa il punto sul regime del riconoscimento dei debiti fuori bilancio (e dell'utilità delle prestazioni) da parte degli enti locali, in applicazione della disciplina prevista dall'art. 37, 1° comma, lett. e), d.leg. 77/95
(poi trasfusa nell'art. 194, 1° comma, lett. e, d.leg. 267/00). Si noti, al
Il Foro Italiano — 2002.
Il riconoscimento da parte di un ente locale della legittimità dei
debiti assunti fuori bilancio — che espone l'ente all'azione
sussidiaria di indebito arricchimento — è subordinato dal
l'art. 5 d.leg. 15 settembre 1997 n. 342 (che ha sostituito la
lett. e del 1° comma dell'art. 37 d.leg. 25 febbraio 1995 n. 77, disposizione poi trasfusa nell'art. 194, 1° comma, lett. e,
d.leg. 18 agosto 2000 n. 267) all'adozione di una formale de
libera di riconoscimento del debito, nei limiti degli accertati e
dimostrati utilità ed arricchimento per la stessa amministra
zione; in considerazione del tenore letterale e della ratio delle
indicate norme, la relativa valutazione compete esclusiva
mente all'ente, essendo precluso al giudice di sostituirsi allo
stesso (nella specie, è stata confermata la sentenza che aveva
respinto la domanda di ingiustificato arricchimento nei con
fronti di un comune, fondata anche sullo ius superveniens
rappresentato dall'art. 5 d.leg. 15 settembre 1997 n. 342). (5)
riguardo, che tale normativa è stata invocata quale ius superveniens dalla società ricorrente per censurare l'impugnata sentenza (nel senso di considerare esperibile l'azione di ingiustificato arricchimento contro l'ente locale in base all'indicato art. 37). La Suprema corte, tuttavia —
non ritenendo censurabile sotto tale profilo la pronuncia gravata, attesa la conformità a diritto del dispositivo e per l'impossibilità del giudice di sostituirsi all'amministrazione nel riconoscimento del debito fuori
bilancio, nonché nella valutazione sull'utilità della prestazione — si è limitata ad integrarne la motivazione, nell'esercizio del potere corretti vo previsto dall'art. 384, 2° comma, c.p.c. (su cui, v. Cass. 5 novembre
2001, n. 13628, cit., sub I). In particolare, la pronuncia in questione e videnzia come la nuova disciplina, nel consentire all'ente di riconosce re a posteriori le obbligazioni assunte dai funzionari in violazione degli
obblighi posti dal 1°, 2° e 3° comma dell'art. 191 d.leg. 267/00, per mette di imputare i relativi debiti all'ente stesso (che altrimenti, in base alla disciplina posta dal d.l. 66/89, rimarrebbero esclusivamente in capo ai soli funzionari o dipendenti). Resta comunque inteso che in caso di mancato riconoscimento del debito (che, si ripete, non può essere pro nunciato dal giudice) il rapporto negoziale è configurabile soltanto tra il terzo contraente e il funzionario che ha autorizzato la prestazione, nei cui soli confronti è azionabile la pretesa risarcitoria.
Vili. - In un'ottica processuale, si rileva che, in generale, la giuris prudenza esclude l'ammissibilità della proposizione per la prima volta in appello dell'azione extracontrattuale siccome domanda nuova ri
spetto all'azione contrattuale coltivata in primo grado: v. Cass. 19 feb braio 2002, n. 2395, Guida al dir., 2002, fase. 15, 84 (secondo cui la
domanda di risarcimento aquiliano differisce, sia sotto il profilo ogget tivo che sotto quello soggettivo, da quella per responsabilità contrat
tuale); con particolare riguardo aWactio de in rem verso, cfr. Cass. 27
novembre 2001, n. 15031, Corriere giur., 2002, 15 (che afferma che la
domanda d'indennizzo per arricchimento senza causa costituisce do manda nuova rispetto a quella di adempimento contrattuale originaria mente formulata); 21 luglio 2000, n. 9594, Foro it., Rep. 2000, voce
cit., n. 7 (per cui, in generale, la specificità del titolo dell'azione ex art.
2041 c.c. esclude che essa possa ritenersi implicitamente proposta in
una domanda fondata su altro titolo); 12 giugno 2000, n. 7979, ibid., voce Appello civile, n. 58 (che esclude l'intercambiabilità tra la do manda di adempimento formulata in prime cure con quella di arricchi mento formulata in appello, ritenendole fondate su fatti costitutivi di versi e finalizzate al perseguimento di differenti beni giuridici, con
conseguente inammissibile mutamento del petitum e della causa peten dìy, negli stessi termini, Cass. 24 maggio 2000, n. 6810, ibid., n. 56; 16
maggio 2000, n. 6299, ibid., voce Arricchimento senza causa, n. 26; 6 ottobre 1999, n. 11123, id., Rep. 1999, voce Appello civile, n. 46; 30
giugno 1998, n. 6409, id., Rep. 1998, voce cit., n. 42 (la quale, pur ammettendo la proponibilità per la prima volta nel giudizio di appello dell'azione di arricchimento ingiustificato — purché fondata sulle me
desime circostanze dedotte in primo grado [il che sembra configurabile con esclusivo riferimento all'ipotesi di azione ex art. 2043 c.c.] — ri
tiene tuttavia inammissibile ai sensi dell'art. 345 c.p.c. la proposizione di detta azione in appello, quando in primo grado sia stata esperita l'a
zione contrattuale). Contra, App. Palermo 4 aprile 1996, id., Rep. 1997, voce Arricchimento senza causa, n. 16 (secondo cui l'azione ex art.
2041 c.c. è esperibile per la prima volta in appello siccome fondata su
gli stessi presupposti di fatto alla base dell'azione contrattuale eserci
tata in primo grado). Per un'accurata disamina delle posizioni dottrinali
(e dei relativi riflessi nella giurisprudenza) in ordine alla determinazio
ne del concetto di fatto giuridico costitutivo, rilevante ai fini dell'indi
viduazione dei rapporti tra azione contrattuale e actio de in rem verso, v. le osservazioni di C. Cariglia in nota a Cass., sez. un., 22 maggio 1996, n. 4712, id., 1998, I, 2975; tale sentenza può anche leggersi in
Giur. it., 1996, I, 1, 1440, con nota di E. Vullo, Le sezioni unite si
pronunciano in tema di inammissibilità della domanda nuova, rileva
bilità d'ufficio del vizio e accettazione del contraddittorio (si tenga
comunque presente che il caso all'esame delle sezioni unite era rego
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2067 PARTE PRIMA 2068
I
Svolgimento del processo. — Con atto di citazione del 16
febbraio 1991 Sisinio Rinaldi, proprietario di un immobile sito in Battipaglia, esponeva che il comune di Battipaglia, dopo aver
assunto in locazione sin dal novembre del 1990 detto fabbricato, non aveva provveduto al pagamento dei canoni dovuti e, per
tanto, conveniva il comune davanti al Tribunale di Salerno per sentirlo condannare al risarcimento dei danni, conseguenti all'i
nadempimento contrattuale ovvero all'indennizzo per ingiustifi cato arricchimento nonché al rilascio dell'immobile.
Il tribunale, con sentenza del 12 dicembre 1995, accertava
l'inesistenza di ogni contratto, ordinava l'immediato rilascio
dell'immobile e rigettava le altre domande.
Proponevano appello gli eredi del Rinaldi.
Resisteva il comune.
La Corte d'appello di Salerno, con sentenza depositata il 14
luglio 1998, rigettava l'appello. Riteneva la corte di merito che doveva ritenersi nullo il con
tratto di locazione per difetto di forma, non risultando lo stesso
stipulato per iscritto, come era necessario, essendo una parte
pubblica amministrazione, con la conseguenza che la domanda
di responsabilità contrattuale non poteva accogliersi.
Quanto alla domanda di arricchimento senza causa, riteneva
la corte territoriale che, pur sussistendo tutti gli elementi della
stessa, a norma dell'art. 2041 c.c., nella specie essa era impro
ponibile, per difetto del carattere della sussidiarietà, di cui al
l'art. 2042 c.c., in quanto, a norma dell'art. 23 d.l. 66/89, nel
caso in cui i comuni acquisiscono beni o servizi in mancanza di
determinati presupposti, il rapporto obbligatorio intercorre tra il
fornitore ed il funzionario o l'amministratore, che ha consentito
la fornitura, con la conseguenza che nella fattispecie l'attore
aveva diretta azione nei confronti di questi ultimi, per cui non
poteva agire nei confronti del comune per ingiustificato arric
chimento.
Avverso questa sentenza hanno proposto ricorso per cassa
zione Landolfi Rinaldi Rosa, Rinaldi Roberta, Rinaldi Valenti na.
Resiste con controricorso il comune di Battipaglia, che ha an
che presentato ricorso incidentale.
Motivi della decisione. — 1. - Preliminarmente vanno riuniti i
ricorsi. Con il primo motivo di ricorso il ricorrente lamenta la viola
zione e falsa applicazione dell'art. 1418 c.c., in relazione all'art.
360, nn. 3 e 5, c.p.c. Assume il ricorrente che, pur mancando nella fattispecie un
contratto scritto di locazione, non può ritenersi la nullità dello
stesso per difetto di forma, in quanto esisteva (ed era stata pro dotta) una delibera del consiglio comunale di Battipaglia per as
sumere in locazione i locali, per adibirli ad ufficio di colloca mento, con individuazione degli stessi, del canone di locazione
e della durata del contratto, impegnando la spesa occorrente, con la conseguenza che se l'atto negoziale fosse intervenuto, es
so sarebbe stato meramente ripetitivo. Inoltre il comune aveva tenuto un comportamento conclu
dente, allocandovi gli arredi dell'ufficio.
2. - Ritiene questa corte che il motivo sia infondato e che lo
stesso vada rigettato. La regola per cui tutti i contratti della pubblica amministra
zione e in genere degli enti pubblici, anche quando agiscono iu
re privatorum, devono essere stipulati per iscritto rinviene la
sua ratio nell'esigenza di identificare esattamente il contenuto
negoziale e rendere possibili i controlli delle autorità.
Ciò comporta pertanto che la delibera, che forma la volontà
lato dalla legge processuale anteriore alla novellazione intervenuta con 1. 353/90); per ulteriori approfondimenti, v. ancora E. Vullo, Sull'am missibilità di domande nuove nel corso del processo ordinario di co
gnizione di primo grado, in Studium iuris, 2002, 317. Si rileva, infine, che l'azione di indebito arricchimento può essere proposta, con l'atto introduttivo del giudizio, anche congiuntamente — e in via subordinata — ad altra azione e può trovare accoglimento, stante la sua natura sus
sidiaria, solo ove l'altra azione sia rigettata per carenza del titolo fon dante: cfr. Cass. 25 settembre 1998, n. 9584, Foro it., Rep. 1998, voce cit., n. 26; 20 marzo 1995, n. 3228, id.. Rep. 1995, voce cit., n. 21; 10
aprile 1985, n. 2374, id., Rep. 1985, voce Procedimento civile, n. 108.
[S. Cresta]
Il Foro Italiano — 2002.
della pubblica amministrazione debba indicare con precisione il contenuto negoziale; che la volontà della pubblica amministra
zione sia manifestata all'esterno dall'organo rappresentativo; che la manifestazione di volontà non possa essere implicita né
desunta da comportamenti meramente attuativi; e che il con
tratto, salvo diversa previsione di legge, sia consacrato in unico
documento contenente tutte le clausole disciplinanti il rapporto
(Cass. 2772/98, Foro it., 1998, I, 715; 6406/98, id., Rep. 1999, voce Contratti della p.a., n. 471; 6966/98, id., Rep. 1998, voce
cit., n. 107; 11687/99, id., Rep. 2000, voce cit., n. 93). Quindi, essendo richiesta la forma scritta ad substantiam, in
siffatti contratti, è irrilevante la sola esistenza di una delibera
zione dell'organo collegiale di un ente pubblico che abbia deli berato la stipula del contratto, richiamando ed approvando an
che lo schema del disciplinare, ove a tale deliberazione non ri
sulti che sia seguito un atto contrattuale, sottoscritto dal rappre sentante esterno dell'ente stesso e dal privato.
3. - Detta deliberazione (nella specie del consiglio comunale),
provenendo dall'organo della volontà dell'ente, costituisce solo
il momento formativo della volontà di una delle parti; sennon
ché detta volontà deve poi essere manifestata alla controparte
dall'organo deputato a farlo.
La deliberazione non costituisce neppure una proposta con
trattuale nei confronti del privato, ma un atto con efficacia in
terna all'ente pubblico, avente per destinatario il diverso organo dell'ente legittimato ad esprimere la volontà all'esterno e ca
rattere meramente autorizzatorio.
Poiché, inoltre, la ratifica presuppone la stipulazione del con
tratto da parte di un soggetto o di un organo sfornito del potere di concluderlo, se il contratto non è stato stipulato, per quanto da parte di un soggetto o di un organo privo di potere, ma man
ca completamente la sua sottoscrizione da parte del rappresen tante dell'ente pubblico, l'atto non è suscettibile di ratifica.
Inoltre, trattandosi di atto nullo, non è suscettibile di alcuna
forma di sanatoria, e, comunque, sotto nessun profilo —
poiché
gli atti negoziali della pubblica amministrazione sono manife
stazioni formali di volontà, non surrogabili con comportamenti concludenti —
quale la semplice esecuzione delle prestazioni
previste nel contratto (cfr. Cass. 9682/99, id., Rep. 1999, voce
cit., n. 126). 4. - Con il secondo motivo di ricorso il ricorrente lamenta la
violazione e falsa applicazione dell'art. 2041 c.c. e delle norme
di cui al d.leg. 77/95, in relazione all'art. 360, nn. 3 e 5, c.p.c. Assumono i ricorrenti che erroneamente la corte d'appello ha
escluso la proponibilità dell'azione di ingiustificato arricchi mento sul rilievo della mancanza di sussidiarietà, a norma del
l'art. 23, 4° comma, d.l. 66/89, in quanto il rapporto obbligato rio intercorre tra l'amministratore ed il privato non in ogni caso
di nullità del contratto, ma solo allorché la fornitura di beni o
servizi è stata effettuata in assenza di un regolare impegno di
spesa, ai sensi del 3° comma dell'art. 23 cit.
Nella fattispecie, invece, secondo il ricorrente esisteva l'im
pegno di spesa, per effetto della delibera conciliare, con la con
seguenza che il successivo contratto, nullo solo per difetto di
forma, non comportava un'azione diretta nei confronti del
l'amministratore o funzionario responsabile della fornitura e
non impediva la possibilità di agire per arricchimento senza
causa nei confronti del comune.
5.1. - Ritiene questa corte che il ricorso sia infondato e che lo
stesso vada rigettato. Osserva preliminarmente questa corte che, per pacifica giuris
prudenza, l'azione di responsabilità che, a norma dell'art. 23
d.l. n. 66 del 1989 (riprodotto senza sostanziali modifiche dal
l'art. 35 d.leg. 77/95), è esperibile dai privati contro ammini stratori e funzionari di province, comuni e comunità montane
per prestazioni e servizi resi senza il rispetto delle prescritte formalità, comporta che, limitatamente ai suddetti enti ed alle
indicate situazioni, il privato, disponendo di un'azione diretta, non può esperire nei confronti della pubblica amministrazione
l'azione sussidiaria di arricchimento senza causa, stante il di
sposto dell'art. 2042 c.c. (Cass. 6 febbraio 1999, n. 1045, id., 1999, I, 1194; 2 settembre 1996, n. 8025, id., Rep. 1997, voce
Previdenza sociale, n. 319; 22 novembre 2000, n. 15096, id.,
Rep. 2000, voce Arricchimento senza causa, n. 18). 5.2. - A norma del 3° comma dell'art. 23 d.l. 66/89 — che re
gola la fattispecie ratione temporis — a tutte le amministrazioni
ivi indicate l'effettuazione di qualunque spesa è consentita
esclusivamente se sussistano la deliberazione autorizzativa nelle
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
forme previste dalla legge, divenuta (o dichiarata) esecutiva, nonché l'impegno contabile registrato dal ragioniere sul com
petente capitolo del bilancio.
Tale normativa ha profondamente inciso sulla disciplina del
rapporto tra gli enti locali suindicati ed i loro funzionari ed am
ministratori, nonché tra questi ultimi ed i privati contraenti, de
lineando una frattura ope legis del rapporto organico tra detti
soggetti e l'amministrazione, e quindi escludendo la riferibilità
a quest'ultima delle iniziative adottate al di fuori dello schema
procedimentale previsto, allo scopo evidente di garantire un più
rigoroso rispetto dei principi di legalità, correttezza e trasparen za nella gestione, di assicurare che la volontà contrattuale sia
espressa dagli organi istituzionalmente competenti, ed al tempo stesso di contenere la spesa pubblica e prevenire il formarsi del
disavanzo finanziario degli enti stessi, attraverso la previsione che ad ogni obbligazione assunta faccia riscontro l'impegno contabile registrato sul competente capitolo di bilancio.
Ciò vale a dire che al precedente regime in cui, nelle ipotesi di nullità del negozio per effetto della violazione delle norme
regolatrici della sua formazione, era esperibile contro la pubbli ca amministrazione l'azione di arricchimento senza causa, oltre
eventualmente quella di responsabilità precontrattuale, si è so
stituita, relativamente agli enti locali in discorso, una disciplina del rapporto tra detti enti ed i soggetti agenti e tra questi ultimi
ed i privati contraenti improntata a scherni privatistici, che fa
salva la validità del contratto, ma configura il rapporto nego ziale come intercorrente tra il privato e l'amministratore o fun
zionario che abbia consentito la fornitura, «ai fini della contro
prestazione e per ogni altro effetto di legge» (v., sul punto, Cass. n. 11969 del 1998, id., Rep. 1999, voce Comune, n. 407;
n. 9373 del 1997, ibid., n. 408; n. 9248 del 1997, id., Rep. 1998, voce Arricchimento senza causa, n. 17; n. 7085 del 1997, ibid.,
voce Comune, n. 432; n. 4820 del 1997, id., Rep. 1997, voce
Arricchimento senza causa, n. 39). 5.3. - L'intenzione del legislatore è stata quella di porre un
principio generale di responsabilità diretta del funzionario o
dell'amministratore in tutti i casi previsti nel richiamato 3°
comma, così da determinare in ognuna di dette situazioni una
scissione del rapporto di immedesimazione organica tra agente e
pubblica amministrazione, e quindi da rendere meramente appa rente la riconducibilità a quest'ultima dell'atto di acquisizione dei beni o servizi pur in presenza di un comportamento legitti mo o finanche doveroso de) primo.
5.4. - Il giudice della legittimità delle leggi (sia pure in tema di lavori di somma urgenza) ha rilevato che la disciplina in esame configura un rapporto contrattuale unicamente tra il terzo
contraente ed il funzionario (o l'amministratore) che ha autoriz
zato l'esecuzione dei lavori, tale da rendere meramente appa rente l'acquisizione di beni e servizi all'ente locale, e che la
conseguente scissione del rapporto di immedesimazione organi ca tra agente e pubblica amministrazione vale a rendere l'ente
locale estraneo agli impegni di spesa assunti, così da non con
sentire neppure di invocare il parametro dell'art. 28 Cost., il
quale, nel configurare la responsabilità della pubblica ammini
strazione accanto a quella dei funzionari, presuppone in via di
principio che l'attività posta in essere sia alla stessa riferibile
(cfr. Corte cost. n. 446 del 1995, id., 1996, I, 21, e n. 295 del
1997, id., Rep. 1997, voce Comune, n. 419). La medesima corte ha, inoltre, osservato che il dettato nor
mativo non determina una sbilanciata valutazione degli interessi
in gioco, tale da denotarne l'irragionevolezza, in quanto non
comporta la scissione del vantaggio acquisito dall'ente dalla
possibilità che questo sia chiamato a corrispondere l'indennizzo
di cui all'art. 2041 c.c., atteso che il funzionario o l'ammini
stratore, esposto con il proprio patrimonio all'azione contrat
tuale del terzo, può sempre esercitare l'azione di indebito arric
chimento nei confronti dell'amministrazione nei limiti dell'ar
ricchimento dalla medesima conseguito, e d'altro canto il con
traente privato è legittimato ad agire, utendo iuribus del funzio
nario o dell'amministratore, contro lo stesso ente, anche conte
stualmente alla domanda contrattuale di adempimento nei con
fronti di quello, in via surrogatoria ai sensi dell'art. 2900 c.c.,
quando il patrimonio del funzionario o dell'amministratore non
offra sufficienti garanzie. 5.5. - Il sistema così delineato appare coerente con la neces
sità di contemperare le confliggenti esigenze di tutela del terzo
contraente e di rispetto delle regole giuridiche e di contabilità
li. Foro Italiano — 2002.
dirette al risanamento degli enti locali, configurandosi le misure
suindicate come idonee sia a garantire il soddisfacimento dei di
ritti del terzo sia a rendere indenni i funzionari o gli ammini
stratori, attraverso l'azione di cui all'art. 2041 c.c. nei confronti
dell'amministrazione, quanto meno nei limiti dell'arricchimento
da questa perseguito. 5.6. - La corte d'appello ha esattamente applicato i suddetti
principi di diritto, per cui non sussiste la lamentata violazione o
falsa applicazione dell'art. 2041 c.c. Infatti, essendo esperibile l'azione diretta, ai sensi del citato art. 23 d.l. 66/89 nei confronti
dell'amministratore o del funzionario che ha concluso il con
tratto verbale di affitto con l'attore in rappresentanza del comu
ne, o, in mancanza, che si è consegnato l'immobile a titolo di
locazione, per il principio di sussidiarietà di cui all'art. 2042 c.c., non era proponibile l'azione di ingiustificato arricchimen
to.
6.1. - Né può essere condivisa la tesi, pur originale, dei ricor
renti, che, muovendo da un'interpretazione letterale dell'art. 23
cit., ritiene che, poiché detta azione diretta nei confronti del
funzionario o dell'amministratore sussiste solo allorché manchi
la deliberazione autorizzativa di spesa e quindi di imputazione della stessa sull'apposito capitolo di bilancio, allorché sussista
detta deliberazione autorizzativa della spesa, la nullità del con
tratto per altra causa (come nella specie per vizio di forma) non
determina la possibilità di un'azione diretta nei confronti del
l'amministratore o del funzionario e, quindi, rende proponibile l'azione di arricchimento senza causa, non ostandovi il disposto dell'art. 2042 c.c.
6.2. - In effetti detta tesi urta contro i principi giuscontabili stici e contro quelli desumibili dalla 1. n. 142 del 1990.
Infatti l'autorizzazione di spesa (contenuta nella deliberazio
ne) è vincolata soprattutto al titolo (nella specie locazione) e
solo in minor misura allo scopo perseguito.
Conseguentemente se l'autorizzazione di spesa ha come titolo
il contratto di locazione e come oggetto il canone di locazione,
in assenza del contratto la provvista finanziaria non può essere
destinata a spese, che non afferiscano al titolo locativo e non
abbiano ad oggetto il canone, ma al diverso titolo dell'ingiusti ficato arricchimento ed abbiano ad oggetto il relativo indenniz
zo.
In altri termini, se l'amministratore dell'ente pone in essere
un contratto nullo di locazione (o di altra natura) per difetto di
forma, per quanto esista la deliberazione autorizzativa alla spesa da affrontare quale corrispettivo del contratto valido, non si può sostenere che detta delibera autorizzi la spesa anche per l'in
dennizzo di arricchimento ingiustificato dell'ente, che si è veri
ficato in conseguenza della prestazione effettuata dal privato, nonostante la nullità del contratto (ove siano presenti tutti gli altri elementi di cui all'art. 2041 c.c.).
Infatti in questo caso si verifica un'illegittima distrazione di
somme, la cui spesa, autorizzata per un titolo, viene effettuata
per un altro.
6.3. - Ne consegue che, anche in caso di nullità del contratto
per difetto di forma, manca una deliberazione autorizzativa di
spesa per l'attività di arricchimento senza causa che ne sia con
seguita, in quanto, come sopra detto, detta autorizzazione copre
quello specifico contratto (nella specie, la locazione) e quello
specifico oggetto (il canone) e non l'arricchimento senza causa
ed il relativo indennizzo.
Ciò comporta la piena operatività dell'art. 23 d.l. 66/89 (ed attualmente art. 35 d.leg. 77/95), con la conseguenza che, aven
do il privato impoverito azione diretta nei confronti dell'ammi
nistratore o del funzionario, che ha consentito la fornitura, non è
esperibile l'azione di ingiustificato arricchimento nei confronti
dell'ente arricchito per il suo carattere sussidiario (art. 2042
c.c.). Il ricorso va, pertanto, rigettato. 7. - Infondato è anche il ricorso incidentale del comune, con
cui lo stesso lamenta la violazione degli art. 91 e 92 c.c., per avere il tribunale compensato le spese nella misura del cin
quanta per cento e la corte territoriale per intero.
In tema di regolamento delle spese processuali, il sindacato
della Corte di cassazione è limitato ad accertare che non risulti
violato il principio secondo il quale le spese non possono essere
poste a carico della parte vittoriosa.
Pertanto esula da tale sindacato e rientra nel potere discrezio
nale del giudice di merito la valutazione dell'opportunità di
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PARTE PRIMA 2072
compensare in tutto o in parte le spese di lite, e ciò sia nell'ipo tesi di soccombenza reciproca, sia nell'ipotesi di concorso con
altri giusti motivi (Cass. 22 gennaio 1990, n. 320, id., Rep. 1990, voce Spese giudiziali civili, n. 31).
II
Svolgimento del processo. — Con atto di citazione notificato
il 16 febbraio 1993, la s.r.l. La sicurezza - Istituto di vigilanza
privata conveniva il comune di Ischia dinanzi al Tribunale di
Napoli, esponendo che aveva ricevuto l'incarico di presidio di
taluni varchi dell'isola pedonale del centro abitato, in luogo di
un altro istituto di vigilanza impossibilitato ad effettuare il ser
vizio. Tale incarico era stato prorogato, così come era stato pro
rogato un precedente incarico affidatole sempre di vigilanza ai
varchi dell'isola pedonale. Il servizio ammontava a lire
34.654.800 e la somma non era stata versata dal comune. Chie
deva pertanto la condanna del comune al pagamento della som
ma indicata a titolo di indebito arricchimento ex art. 2041. Il
comune rimaneva contumace. Il tribunale dichiarava impropo nibile la domanda, non potendosi ravvisare la sussidiarietà ri
chiesta dall'art. 2042, in conseguenza della disciplina contenuta
nell'art. 23 d.l. n. 66 del 1989, convertito nella 1. n. 144 del
1989. La s.r.l. La sicurezza proponeva appello, deducendo che il
servizio era stato prestato nell'interesse del comune, in una si
tuazione nella quale i turni dei vigili urbani non erano suffi
cienti a coprire la vigilanza delle isole pedonali. Deduceva al
tresì che si trattava di fattispecie nella quale non si ravvisava la
colpa o il dolo del funzionario comunale che, dunque, non pote va essere chiamato a rispondere direttamente. Il comune si co
stituiva chiedendo il rigetto dell'appello. La corte d'appello con
sentenza del 3 febbraio 1998 rigettava l'appello con condanna
alle spese. Avverso questa sentenza, la s.r.l. La sicurezza propone ricor
so per cassazione affidato a due motivi. Il comune di Ischia re
siste con controricorso. Entrambe le parti hanno depositato me
moria.
Motivi della decisione. — 1. - Con il primo motivo la ricor
rente deduce l'omessa ed insufficiente motivazione nella valu
tazione della prova. Secondo quanto dedotto, la corte territoriale
aveva ignorato la necessità da parte del comune di estendere e
prorogare l'incarico di vigilanza. Il comune peraltro non aveva
mai negato l'avvenuta prestazione, trincerandosi dietro eccezio
ni formali e deludendo le aspettative della società ricorrente.
Il motivo è privo di fondamento.
La corte territoriale ha ritenuto che, sulla scorta dell'art. 23
d.l. 2 marzo 1989 n. 66, convertito in 1. 2 aprile 1989 n. 144
(abrogato dall'art. 123 d.leg. 25 febbraio 1995 n. 77, ma sostan
zialmente riprodotto nell'art. 35 dello stesso decreto), l'azione
d'indebito arricchimento nei confronti del comune non poteva essere esperita. A fronte di questa argomentazione, il punto
sviluppato nel motivo relativo alla valutazione della prova e al
l'avvenuta prestazione non ha il carattere di decisività richiesto dal n. 5 dell'art. 360 c.p.c.
2. - Con il secondo motivo (indicato nel ricorso con il n. 3), la
ricorrente lamenta la mancata applicazione dell'art. 5 d.leg. 15
settembre 1997 n. 342, entrato in vigore nelle more del giudizio, deducendo che sulla base di questa disposizione e considerato che il servizio era stato di utilità del comune doveva trovare ac
coglimento l'azione di arricchimento.
Anche questo motivo è privo di fondamento.
L'art. 23 d.l. 2 marzo 1989 n. 66, convertito in 1. 2 aprile 1989 n. 144, prevedeva, al 3° comma, che, per province, comuni
e comunità montane, «qualsiasi spesa è consentita esclusiva mente se sussistono la deliberazione autorizzativa nelle forme
previste dalla legge e dichiarata o divenuta esecutiva, nonché
l'impegno contabile registrato dal ragioniere o dal segretario, ove non esista il ragioniere, sul competente capitolo del bilancio
di previsione, da comunicare ai terzi interessati», precisando, altresì, che «per i lavori di somma urgenza l'ordinazione fatta a terzi deve essere regolarizzata entro trenta giorni e comunque entro la fine dell'esercizio, a pena di decadenza». A sua volta, il 4° comma disponeva che, in caso «di violazione dell'obbligo indicato nel 3° comma, il rapporto obbligatorio intercorre, ai fi
ni della controprestazione e per ogni altro effetto di legge, tra il
Il Foro Italiano — 2002.
fornitore e l'amministratore o il funzionario che abbiano con
sentito la fornitura».
Le norme in questione —
abrogate dall'art. 123 d.leg. 25 feb
braio 1995 n. 77, ma sostanzialmente riprodotte nell'art. 35
dello stesso decreto, successivamente rifluito nell'art. 191 d.leg. n. 267 del 2000 — sono state ritenute non in contrasto con gli art. 3 e 24 Cost, con la sentenza n. 446 del 1995 (Foro it., 1996,
I, 21). Successivamente, la stessa Corte costituzionale, con la
sentenza n. 295 del 1997 (id., Rep. 1997, voce Comune, n. 419) ha ritenuto insussistente anche un contrasto con l'art. 28 Cost.
Secondo quanto affermato dalla Corte costituzionale, le di
sposizioni sopra indicate danno luogo ad una disciplina «che
comporta l'imputazione alla sfera giuridica diretta e personale dell'amministratore (o funzionario) degli effetti dell'attività di
spesa che non si svolga nell'osservanza dei criteri contabili re
lativi alla gestione degli enti locali. E ciò con lo scopo non irra
gionevole di sollecitare, da un canto, un più rigoroso rispetto dei
principi di legalità e correttezza da parte di coloro che operano nelle gestioni locali e di far sì, dall'altro, che la competenza ad
esprimere la volontà degli enti locali resti effettivamente riser
vata, nel rispetto delle procedure prescritte, agli organi a ciò de
putati, e cioè agli organi cui spetta di programmare la gestione finanziaria e di inquadrare le varie scelte amministrative nella
prospettiva del piano di spesa contenuto nel bilancio di previ
sione, e non oltre i limiti da esso fissati» (Corte cost. n. 295 del
1997). Più specificamente, la corte, nel ritenere insussistente il
contrasto con l'art. 28 Cost., ha rilevato che il tratto caratteriz
zante della disposizione in questione «sta nel prevedere un rap
porto contrattuale che sussiste esclusivamente tra il terzo con
traente e il funzionario (o l'amministratore) che ha autorizzato
l'effettuazione dei lavori. In sostanza gli atti di acquisizione di
beni e servizi in esame solo apparentemente sono riconducibili
all'ente locale, mentre, in effetti, si verifica una vera e propria scissione del rapporto di immedesimazione organica tra agente e
pubblica amministrazione. Ma proprio tale frattura del nesso or
ganico con l'apparato pubblico, rendendo estraneo l'ente locale
agli impegni di spesa irregolarmente assunti, impedisce di ri
condurre il caso in esame agli schemi della responsabilità del
l'amministrazione, non consentendo di invocare a sostegno della questione il parametro dell'art. 28 Cost., che, ne! contem
plare la responsabilità dell'amministrazione accanto a quella
degli agenti pubblici, presuppone, in via di principio, che si tratti di attività riferibile all'ente stesso».
Anche la giurisprudenza di questa corte ha affermato in più occasioni il principio secondo cui l'azione di indebito arricchi mento, che è di natura sussidiaria, non è esperibile nei confronti
degli enti indicati nell'art. 23 d.l. n. 66 del 1989 per ottenere il pagamento di una fornitura effettuata senza la delibera normati
vamente prevista perché, ai sensi della norma indicata, il dan
neggiato può agire direttamente nei confronti dell'amministrato
re e del funzionario che l'ha consentita (v., per es., Cass. 30
maggio 1997, n. 4820, ibid., voce Arricchimen'o senza causa, n.
39; 29 luglio 1997, n. 7085, id., Rep. 199P, voce Comune, n.
432; 24 settembre 1997, n. 9373, id., Rep. 1999, voce cit., n.
408; 25 novembre 1998, n. 11969, ibid., n. 407; 3 agosto 2000, n. 10199, id., Rep. 2000, voce Arricchimento senza causa, n.
28; 5 ottobre 2000, n. 13296, ibid., n. 27). Sulla base, dunque, delle disposizioni indicate correttamente
la corte ha ritenuto l'inammissibilità dell'azione di indebito ar
ricchimento.
3. - Sul quadro normativo sopra riportato è nuovamente inter
venuto il legislatore con l'art. 5 d.leg. 15 settembre 1997 n. 342, che ha sostituito la lett. e) del 1° comma dell'art. 37 d.leg. 25
febbraio 1995 n. 77. La disposizione è stata poi trasfusa nell'art.
194, 1° comma, lett. e), d.leg. 18 agosto 2000 n. 267, recante il
t.u. delle leggi sull'ordinamento degli enti locali.
E questo ius superveniens che la società ricorrente invoca per sostenere l'attuale esperibilità dell'azione di ingiustificato arric
chimento nei confronti della pubblica amministrazione, nei li
miti dell'utilità e dell'arricchimento, e per censurare sul punto la sentenza impugnata.
La norma in questione è entrata in vigore successivamente
alla precisazione delle conclusioni in appello e doveva essere
dunque considerata d'ufficio dalla corte d'appello, con la con
seguenza che è ammissibile il motivo di ricorso per cassazione
che su di essa si fonda.
4. - Lo ius superveniens costituito dalla disposizione sopra
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
indicata non rende censurabile la sentenza impugnata, che ha re so un dispositivo conforme a diritto, cosicché questa corte può limitarsi ad integrare sul punto la motivazione.
L'esame delle nuove disposizioni può compiersi partendo dal t.u. delle leggi sull'ordinamento degli enti locali (d.leg. 18 ago sto 2000 n. 267), che riproduce sostanzialmente, per quanto qui interessa, le norme sopra indicate e consente una più organica disamina della materia.
Vanno in proposito esaminati gli art. 191, 4° comma, e 194, 1° comma, lett. e).
L'art. 191, sotto la rubrica «regole per l'assunzione di impe gni e per l'effettuazione di spese»
— che riproduce l'art. 35
d.leg. n. 77 del 1995 — prevede al 4° comma che «nel caso in
cui vi è stata l'acquisizione di beni e servizi in violazione del l'obbligo indicato nel 1°, 2° e 3° comma, il rapporto obbligato rio intercorre, ai fini della controprestazione e per la parte non
riconoscibile ai sensi dell'art. 194, 1° comma, lett. e), tra il pri vato fornitore e l'amministratore, funzionario o dipendente che
hanno consentito la fornitura. Per le esecuzioni reiterate o con tinuative detto effetto si estende a coloro che hanno reso possi bili le singole prestazioni». Il 1°, 2° e 3° comma riguardano poi, rispettivamente, la necessità di effettuare spese solo se sussiste
l'impegno contabile e l'attestato della copertura finanziaria, la
disciplina delle spese previste dai regolamenti economali e la
disciplina dei lavori pubblici di somma urgenza. L'art. 194, intitolato «riconoscimento di legittimità di debiti
fuori bilancio», al 1° comma, lett. e) — che riproduce come s'è
detto la lett. e) dell'art. 37 d.leg. n. 77 del 1995, nel testo risul tante a seguito della modifica introdotta dall'art. 5 d.leg. n. 342 del 1997 —
prevede che «con deliberazione consiliare di cui al
l'art. 193, 2° comma, o con diversa periodicità stabilita dai re
golamenti di contabilità, gli enti locali riconoscono la legittimità dei debiti fuori bilancio derivanti da: ... e) acquisizione di beni e servizi, in violazione degli obblighi di cui al 1°, 2° e 3° com ma dell'art. 191, nei limiti degli accertati e dimostrati utilità ed arricchimento per l'ente, nell'ambito dell'espletamento di pub bliche funzioni e servizi di competenza».
Con la nuova disciplina rimane dunque ferma la regola della conclusione del rapporto obbligatorio con l'amministratore, il
funzionario o il dipendente che hanno consentito la fornitura al di fuori degli impegni contabili, salva la possibilità di un rico noscimento a posteriori della legittimità dei debiti fuori bilan
cio. Più specificamente, con la previsione della possibilità del ri
conoscimento della legittimità del debito fuori bilancio per l'ac
quisizione di beni e servizi in violazione delle regole poste dai primi tre commi dell'art. 194 si è consentito all'ente, attraverso
il meccanismo della deliberazione consiliare (che provvede an
che per il finanziamento della spesa), di riconoscere a posteriori le obbligazioni assunte irritualmente dall'amministratore, dal
funzionario o dal dipendente, che altrimenti, sulla base della di
sciplina legislativa in vigore dal 1989, sarebbero rimasti diret tamente a carico di quelli, senza possibilità di imputazione al
l'ente.
Il legislatore, ritenendo evidentemente troppo rigida la prece dente disciplina, ha consentito il riconoscimento di debiti as sunti irritualmente fuori bilancio, circondando tuttavia la fatti
specie di particolari garanzie e subordinando il riconoscimento ad una formale deliberazione conciliare di riconoscimento del
debito «nei limiti degli accertati e dimostrati utilità ed arricchi
mento per l'ente, nell'ambito dell'espletamento di pubbliche funzioni e servizi di competenza», fermo restando che, in caso
di mancato riconoscimento, il rapporto contrattuale intercorre
unicamente tra il terzo contraente e il funzionario o l'ammini
stratore che ha autorizzato la prestazione. Il quadro normativo sopra tracciato rende chiaro che il giudi
ce non può sostituirsi all'amministrazione affermando l'esisten
za di un diritto al riconoscimento del debito assunto fuori bilan
cio, nella ricorrenza delle condizioni indicate dal legislatore,
perché l'ente possa procedere al riconoscimento. È una conclu
sione questa imposta, oltreché dai principi, dal tenore letterale
della norma, dalla sua ratio, come sopra indicata e dall'inter
pretazione complessiva. Per quest'ultimo profilo sembra suffi
ciente osservare che, ove si volesse ritenere sussistente un di
ritto al riconoscimento giustiziabile dinanzi al giudice, in pre senza e nei limiti «degli accertati e dimostrati utilità ed arric
chimento per l'ente, nell'ambito dell'espletamento di pubbliche
Il Foro Italiano — 2002.
funzioni e servizi di competenza», non si comprenderebbe poi il
mantenimento del principio della sussistenza del rapporto ob
bligatorio unicamente tra il terzo e l'amministratore o il funzio nario che ha irritualmente autorizzato i lavori o i servizi.
E opportuno precisare che nel caso di specie non si chiede che il giudice pronunzi il riconoscimento del debito fuori bilan cio in luogo dell'amministrazione, ma si chiede l'accoglimento della domanda di indebito arricchimento, previo accertamento dell'utilità e arricchimento per l'ente. Si è già detto, tuttavia, che l'azione di indebito arricchimento, sulla base delle norme
vigenti in materia, non può essere esperita, mancando il caratte re della sussidiarietà, mentre occorre per il pagamento del de bito un riconoscimento da parte dell'ente.
Per quanto sopra detto il ricorso dev'essere rigettato.
CORTE DI CASSAZIONE; sezione III civile; sentenza 22 febbraio 2002, n. 2589; Pres. Fiduccia, Est. Petti, P.M. Rus so (conci, diff.); Brandi (Avv. Rigon) c. Nizzetto (Avv. Man zi, Dal Lago) e altra. Cassa App. Venezia 18 agosto 1997.
Danni in materia civile — Invalidità — Danno patrimoniale del lavoratore — Criteri di liquidazione (Cod. civ., art. 1223, 1226, 2043, 2056).
Nell'ipotesi di comprovata perdita definitiva della capacità la vorativa specifica, il danno per perdita del reddito deve essere
integralmente risarcito come danno emergente (poiché, quando manca il reddito, emerge la necessità di ricorrere al
risparmio accumulato o all'indebitamento) e lucro cessante
(per il mancato guadagno che si protrae per l'intera esisten
za), non dovendosi operare una compensazione e, quindi, una
diminuzione del danno patrimoniale del lavoratore, in consi
derazione della permanenza della capacità lavorativa generi ca, la cui riduzione o perdita è inerente al valore dell'uomo
come persona e deve essere valutata all'interno della liqui dazione del danno biologico. (1)
(1) In senso conforme alla pronuncia in epigrafe, nella giurispruden za di legittimità, affermano la necessità della distinzione tra perdita o riduzione della capacità specifica di produrre reddito, che deve essere
liquidata come danno patrimoniale, e perdita o riduzione della capacità lavorativa generica, da prendere in esame come posta attiva all'interno della quantificazione del danno biologico, Cass. 22 giugno 2001, n. 8599, Foro it., Mass., 740; 2 febbraio 2001, n. 1512, ibid., 127; 15 di cembre 2000, n. 15859, id.. Rep. 2000, voce Danni civili, n. 156; 12 settembre 2000, n. 12022, ibid., n. 214; 11 agosto 2000, n. 10725, ibid., n. 237; 28 aprile 1999, n. 4231, ibid., n. 223, e, per esteso, Resp. civ., 2000, 110, con nota di S. Bastianon, Brevi osservazioni in tema di danno patrimoniale da lucro cessante (in caso di sinistro stradale)', 20
gennaio 1997, n. 535, Foro it., 1997, I, 3645; nonché 16 aprile 1996, n.
3563, id.. Rep. 1996, voce cit., n. 126, e, per esteso, Riv. giur. circolaz. e trasp., 1996, 310.
Nella giurisprudenza di merito, in tal senso, v. App. Venezia 6 giu gno 1997, Foro it., Rep. 1999, voce cit., n. 123, e, per esteso, Arch, cir
colaz., 1998, 889; Trib. Livorno 26 marzo 1993, Foro it.. Rep. 1994, voce cit., n. 98, e, per esteso, Arch, circolaz.. 1994, 136; Pret. Parma 31 marzo 1992, Foro it., Rep. 1992, voce Infortuni sui lavoro, n. 159, e, per esteso, Dir. e pratica lav., 1992, 2266, con nota di P. Banzola; Trib. Crema 8 giugno 1989, Foro it.. Rep. 1990, voce Danni civili, n.
72, e, per esteso, Giur. merito, 1990, 993, con nota di M. Giambelli
Callotti, Danno biologico e danno patrimoniale. Dall'enunciazione del principio alla scelta dei criteri di liquidazione.
Altri, nel segno di un diverso avviso, sostiene che, nella valutazione della sussistenza di un danno patrimoniale da invalidità permanente, il
giudice, oltre ad accertare in quale misura la menomazione fisica abbia inciso sulla capacità di svolgimento dell'attività lavorativa specifica e
questa a sua volta sulla capacità di guadagno, debba anche accertare se
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