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sezione III civile; sentenza 26 febbraio 2002, n. 2832; Pres. Fiduccia, Est. Segreto, P.M. Giacalone...

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sezione III civile; sentenza 26 febbraio 2002, n. 2832; Pres. Fiduccia, Est. Segreto, P.M. Giacalone (concl. conf.); Landolfi (Avv. Bucciarelli) c. Comune di Battipaglia; Comune di Battipaglia (Avv. Amatucci) c. Landolfi. Conferma App. Salerno 14 luglio 1998 Source: Il Foro Italiano, Vol. 125, No. 7/8 (LUGLIO-AGOSTO 2002), pp. 2063/2064-2073/2074 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23196545 . Accessed: 25/06/2014 06:40 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 185.44.78.76 on Wed, 25 Jun 2014 06:40:31 AM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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sezione III civile; sentenza 26 febbraio 2002, n. 2832; Pres. Fiduccia, Est. Segreto, P.M. Giacalone(concl. conf.); Landolfi (Avv. Bucciarelli) c. Comune di Battipaglia; Comune di Battipaglia (Avv.Amatucci) c. Landolfi. Conferma App. Salerno 14 luglio 1998Source: Il Foro Italiano, Vol. 125, No. 7/8 (LUGLIO-AGOSTO 2002), pp. 2063/2064-2073/2074Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23196545 .

Accessed: 25/06/2014 06:40

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2063 PARTE PRIMA 2064

I

CORTE DI CASSAZIONE; sezione III civile; sentenza 26

febbraio 2002, n. 2832; Pres. Fiduccia, Est. Segreto, P.M.

Giacalone (conci, conf.); Landolfi (Avv. Bucciarelli) c.

Comune di Battipaglia; Comune di Battipaglia (Avv. Ama

tucci) c. Landolfi. Conferma App. Salerno 14 luglio 1998.

Contratti e obbligazioni della pubblica amministrazione —

Locazione — Forma scritta — Mancanza — Nullità (Cod.

civ., art. 1350, 1418; r.d. 18 novembre 1923 n. 2440, nuove

disposizioni sull'amministrazione del patrimonio e sulla con

tabilità generale dello Stato, art. 16, 17). Contratti e obbligazioni della pubblica amministrazione —

Locazione — Stipulazione

— Delibera consiliare — Irrile

vanza (Cod. civ., art. 1326). Arricchimento senza causa — Pubblica amministrazione —

Contratto nullo — Azione sussidiaria contro l'ente —

Esclusione — Azione diretta contro il funzionario — Am

missibilità — Fattispecie (Cod. civ., art. 2041, 2042; d.l. 2 marzo 1989 n. 66, disposizioni urgenti in materia di autono

mia impositiva degli enti locali e di finanza locale, art. 23; 1.

24 aprile 1989 n. 144, conversione in legge, con modificazio

ni, del d.l. 2 marzo 1989 n. 66; d.leg. 25 febbraio 1995 n. 77, ordinamento finanziario e contabile degli enti locali, art. 35).

Il contratto di locazione, quando ne sia parte la pubblica am

ministrazione, richiede la forma scritta ad substantiam (come

ogni altro contratto stipulato con la stessa, anche qualora

agisca iure privatomi^ e a pena di nullità. ( 1 )

(1-5) I. - Sulla nullità per difetto di forma dei contratti stipulati con la pubblica amministrazione, v. Cass. 5 novembre 2001, n. 13628, Foro

it., 2002, I, 762 (in materia di conferimento di incarichi professionali), con nota di richiami, nonché Cass. 18 gennaio 2002, n. 529, Guida al

dir., 2002, fase. 10, 57 (che esclude l'affidamento incolpevole della

parte adempiente, derivando la nullità del negozio da disposizioni gene rali da presumersi note agli interessati, facendo comunque salva Vactio de in rem verso in caso di provata utilitas per la pubblica amministra

zione); 22 novembre 2000, n. 15096, Foro it., Rep. 2000, voce Arric chimento senza causa, n. 18; 16 ottobre 1999, n. 11687, ibid., voce Contratti della p.a., n. 93 (che ritiene inconfigurabile la conclusione di un contratto di assicurazione sulla sola base di una delibera autorizzati va dell'ente); 30 giugno 1998, n. 6406, id., Rep. 1999, voce cit., n. 471

(che esclude il rinnovo tacito del contratto di locazione stipulato senza

rispettare le forme richieste dalla legge); negli stessi termini, 16 luglio 1998, n. 6966, id., Rep. 1998, voce cit., n. 107.

La regola in questione, come ricorda la prima delle pronunce in ras

segna, trova la sua ratio nell'esigenza di identificare con esattezza il contenuto del regolamento negoziale nonché nella necessità di consen tire i controlli delle autorità tutorie (giurisprudenza costante: Cass. 21

giugno 2000, n. 8471, id., Rep. 2000, voce cit., n. 86; 22 dicembre

1999, n. 14447, id.. Rep. 1999, voce cit., n. 438; 24 novembre 1999, n.

13039, ibìd., n. 128; 16 ottobre 1999, n. 11687, cit.; 11 settembre 1999, n. 9682, ibid., n. 126; 15 giugno 1999, n. 5922, ibid., n. 125; 30 luglio 1996, n. 6908, id., 1997, I, 891, con nota di richiami, cui adde Cass. 29

agosto 1994, n. 7575, id., 1995, I, 555, con nota di G. Lener, Formali smo giurisprudenziale e forma dei contratti dell Enel.

II. - In ordine alla problematica concernente la rilevabilità d'ufficio della nullità, nonché sul necessario coordinamento del disposto dell'art. 1421 c.c. con le norme processuali di cui agli art. 99 e 112 c.p.c., v. Cass. 5 novembre 2001, n. 13628, cit., e, in particolare, 3 gennaio 2001, n. 59, id., 2001, I, 2899, con nota di richiami. Le indicate pro nunce si collocano nel solco della giurisprudenza dominante secondo cui il rilievo d'ufficio di siffatta nullità è consentito soltanto nei casi in cui esso rimane nell'ambito del petitum, il che si verifica quando l'atto re chiede l'adempimento del contratto, mentre nei casi in cui voglia eliminare gli effetti del negozio per ragioni diverse dalla nullità (risolu zione, rescissione, annullamento) che, pur potendo, la parte non ha in

vocato, tale rilievo è impedito dal divieto per il giudice di pronunciarsi ultra petita. Per una panoramica delle critiche sollevate sul punto dalla

dottrina, v. P. Laghezza, nota a Cass. 9 febbraio 1994, n. 1340, id., 1995,1, 611.

III. - Pur se sul punto le sentenze su riportate tacciono, si noti che i vizi del procedimento formativo della volontà negoziale della pubblica amministrazione (id est, i vizi dei c.d. atti a rilevanza interna) si river berano sul contratto nel senso di comportarne l'annullabilità relativa

(sul punto, cfr. Cass. 3 gennaio 2001, n. 59, cit.). Tale annullabilità, tuttavia, può essere fatta valere esclusivamente dal contraente pubblico — in via d'azione ai sensi dell'art. 1441, 1° comma, c.c., ovvero in via

d'eccezione, ex art. 1442, 4° comma, c.c. — in base alla circostanza che si tratta comunque di violazioni di regole previste nell'esclusivo

Il Foro Italiano — 2002.

È irrilevante l'esistenza di una deliberazione con cui l'organo

collegiale di un ente pubblico (nella specie, il consiglio co

munale) abbia deciso di assumere in locazione i locali, indi

viduando il canone e la durata del contratto, ove a tale deli

berazione non segua la formale stipulazione del negozio, atte

so che detta deliberazione non integra una proposta contrat

tuale, ma costituisce un mero atto interno e preparatorio del

contratto, che non è surrogabile con comportamenti attuativi

(quali, come nella specie, l'allocazione degli arredi e l'utiliz

zazione dell'immobile) né ammette, essendo nullo, convalide

o ratifiche successive. (2) In caso di nullità del contralto per difetto di forma, l'azione

sussidiaria di ingiustificato arricchimento contro la pubblica amministrazione è improponibile, data la possibilità di espe rire, ai sensi dell'art. 23 d.l. 2 marzo 1989 n. 66 (riprodotto, sema sostanziali modifiche, dall'art. 35 d.leg. 25 febbraio 1995 n. 77), l'azione diretta nei confronti del funzionario o

dell'amministratore dell'ente locale (che, come nella specie, ha concluso verbalmente il contratto di locazione o ha co

munque preso in consegna il bene). (3)

interesse del contraente pubblico, a cui solo spetta pertanto il diritto

potestativo di farla dichiarare. In argomento, v. Cass. 3 gennaio 2001, n. 59, cit., nonché R. Falco, Osservazioni in tema di incidenza del pro cedimento amministrativo sul regime degli atti di disposizione gratuita tra enti pubblici (nota a Cass., sez. un., 26 gennaio 2000, n. 6/SU), id., 2000, I, 2568. Per una critica alla suddetta impostazione

— seguita dalla costante giurisprudenza

— che comprime le aspettative di tutela dei terzi i quali abbiano ottenuto dal giudice amministrativo l'annulla mento degli atti del procedimento ad evidenza pubblica, v. G. Greco, 1 contratti dell'amministrazione tra diritto pubblico e privato, Milano, 1986, 90 ss.; per ulteriori riferimenti in dottrina, v. la nota di richiami a Cass. 3 gennaio 2001, n. 59, cit.

IV. - Il principio espresso nella terza e quarta massima è conforme alle posizioni assunte dalla prevalente giurisprudenza: v., da ultimo, in

termini, Cass. 14 gennaio 2002, n. 354, Guida al dir., 2002, dossier 3, 15; 22 aprile 2000, n. 5284, Foro it.. Rep. 2000, voce Comune, n. 540; 25 novembre 1998, n. 11969, id., Rep. 1999, voce cit., n. 407, citata in entrambe le sentenze in epigrafe; 24 settembre 1997, n. 9373, id., Rep. 1997, voce Arricchimento senza causa, n. 32, richiamata in entrambe le

motivazioni; 17 settembre 1997, n. 9248, id., Rep. 1998, voce cit., n.

17, indicata nella prima sentenza in rassegna; 29 luglio 1997, n. 7085, ibid., voce Comune, n. 432, citata in ambedue le pronunce (che precisa che il disposto dell'art. 23 d.l. 66/89 — convertito in 1. 144/89, abro

gato dall'art. 123 d.leg. 77/95 ma riprodotto sostanzialmente dall'art. 35 del medesimo d.leg. e oggi dall'art. 191 d.leg. 267/00 — ha fatto venir meno il rapporto d'immedesimazione organica tra l'amministra tore o il funzionario e l'ente locale, imputando il rapporto contrattuale direttamente in capo ai medesimi, contro i quali il privato ha azione di

retta); 30 maggio 1997, n. 4820, id., Rep. 1997, voce Arricchimento senza causa, n. 39, indicata in entrambe le motivazioni. V. peraltro Cass. 3 agosto 2000, n. 10199, id.. Rep. 2000, voce cit., n. 28 (che ri tiene esperibile l'azione di indebito arricchimento contro l'ente locale

per tutte le prestazioni rese anteriormente all'entrata in vigore del d.l.

66/89, atteso che il requisito della sussidiarietà di tale azione non viene meno per la possibilità che ha il privato di agire direttamente contro il funzionario ai sensi dell'art. 28 Cost.); 18 agosto 1993, n. 8751, id.,

Rep. 1993, voce cit., n. 2 (secondo cui, con riferimento a un contratto di appalto tra privati, l'appaltatore depauperato può esperire l'azione di arricchimento contro il terzo locupletato in caso d'insolvenza del com

mittente). Per un quadro dei principi espressi dalla giurisprudenza in

fattispecie ove rileva la normativa speciale in questione, v. le osserva zioni di M. Giracca, nota a Trib. Patti-Sant'Agata di Militello 9 ago sto 2001, id., 2002, I, 912.

V. - Si noti che i principi contenuti nell'art. 23 d.l. 66/89 sono stati

sottoposti, con successo, al vaglio di costituzionalità: v. Corte cost. 30

luglio 1997, n. 295, id., Rep. 1997, voce Comune, n. 419, citata in mo

tivazione; 24 ottobre 1995, n. 446, id., 1996, I, 21, con nota di F. Ca

ringella, Criterio di sussidiarietà e legittimazione surrogatoria nel l'esercizio dell'«actio de in rem verso» nei confronti della pubblica amministrazione. F. Caringella mette in rilievo come la costruzione ar

gomentativa elaborata dalla Consulta per salvare detta norma — che ri tiene sussistere la possibilità per il privato depauperato di agire (anche contestualmente alla proposizione della domanda contrattuale contro

l'agente e utendo iuribus di quest'ultimo, a sua volta depauperato dal l'esercizio di detta azione diretta), contro l'amministrazione surrogan dosi al funzionario inerte ex art. 2900 c.c. —, benché di indubbia ele

ganza, non vada esente da critiche. Secondo il menzionato autore, in

fatti, la configurabilità di un'azione surrogatoria contestuale all'eserci zio dell'azione contrattuale diretta contro il funzionario debitore «è re sa problematica dalla difficile ravvisabilità del requisito, dalla stessa norma cristallizzato, dell'inerzia del creditore sostituito», non potendo

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

II

CORTE DI CASSAZIONE; sezione III civile; sentenza 14 gennaio 2002, n. 355; Pres. Favara, Est. Manzo, P.M. Rai

mondi (conci, conf.); Soc. La sicurezza (Avv. Bonifazi) c.

Comune di Ischia (Avv. Trani). Conferma App. Napoli 3 feb braio 1998.

Arricchimento senza causa — Pubblica amministrazione —

Azione sussidiaria contro l'ente — Esclusione — Azione

diretta contro il funzionario — Ammissibilità — Fattispe cie (Cod. civ., art. 2041, 2042; d.l. 2 marzo 1989 n. 66, art. 23; 1. 24 aprile 1989 n. 144; d.leg. 25 febbraio 1995 n. 77, art. 35; d.leg. 18 agosto 2000 n. 267, t.u. delle leggi sull'ordina

mento degli enti locali, art. 191). Arricchimento senza causa — Pubblica amministrazione —

Azione sussidiaria contro l'ente — Presupposti

— Fatti

specie (Cod. civ., art. 2041, 2042; d.leg. 25 febbraio 1995 n. 77, art. 37; d.leg. 15 settembre 1997 n. 342, disposizioni in

materia di contabilità, di equilibrio e di dissesto finanziario degli enti locali, art. 5; d.leg. 18 agosto 2000 n. 267, art. 191,

194).

E improponibile l'azione sussidiaria di ingiustificato arricchi

mento contro un ente locale, attesa la possibilità di esperire, ai sensi dell'art. 23 d.l. 2 marzo 1989 n. 66 (riprodotto, senza

sostanziali modifiche, dall'art. 35 d.leg. 25 febbraio 1995 ». 77, poi confluito nell'art. 191, 4° comma, lett. e, d.leg. 18

agosto 2000 n. 267), l'azione diretta nei confronti del funzio nario o dell'amministratore che ha irritualmente richiesto la

prestazione. (4)

si invero comprendere «come si possa rimproverare l'agente stesso di inerzia già al momento dell'azione contrattuale, dal positivo esito della

quale tali conclusioni dovrebbero conclusivamente emergere». Un'altra critica mossa a tale costruzione — richiamata anche dalla prima sen tenza in epigrafe

— rileva che essa fa propria un'accezione astratta di sussidiarietà invece di considerare l'azione ex art. 2041 c.c. (di cui non

può sfuggire la ratio equitativo-solidaristica) nella sua concretezza; ciò, infatti, consentirebbe di agire nei confronti della pubblica amministra zione in tutti i casi di insolvenza del funzionario convenuto. In questo senso si è espressa un'evoluta giurisprudenza, rimasta però isolata: cfr. Cass. 18 agosto 1993, n. 8751, cit.; parimenti isolata si trova, in dottri

na, la tesi che configura in termini di responsabilità aquiliana la lesione

cagionata dai funzionari pubblici ai diritti di credito vantati dai terzi nei confronti dell'amministrazione (E. Casetta, Responsabilità della pub blica amministrazione, voce del Digesto pubbl., Torino, 1997, XIII,

222, nota 76). Sul tema, v. anche F. Fracchia, Osservazioni in tema di

responsabilità del dipendente pubblico e attività contrattuale (nota a Cass. 6 febbraio 1999, n. 1045), in Foro it., 1999, I, 1194. Si rileva, inoltre, che — come evidenziato da Corte cost. 30 luglio 1997, n. 295, cit., richiamata dalla seconda pronuncia in rassegna

— il paradigma dell'art. 28 Cost, non è invocabile dal privato per agire contro l'ente

pubblico, atteso che tale norma presuppone che l'attività negoziale sia riferibile all'ente stesso, mentre nelle fattispecie in esame si determina una frattura del nesso organico tra funzionario ed ente sì da rendere

quest'ultimo estraneo agli impegni di spesa irregolarmente assunti. VI. - Un'ulteriore difficoltà che incontra il privato quando si trova ad

agire ex art. 2041 c.c. contro la pubblica amministrazione (che condi ziona la stessa esperibilità dell'azione) è integrata dal necessario rico noscimento dell'utilità della prestazione da parte dell'ente (riconosci mento che. introdotto in via pretoria, è espressamente previsto dall'art. 5 d.leg. 15 settembre 1997 n. 342, che ha sostituito la lett. e del 1° comma dell'art. 37 d.leg. 25 febbraio 1995 n. 77, disposizione poi con fluita nell'art. 194, 1° comma, lett. e, d.leg. 18 agosto 2000 n. 267). Tale giudizio, costituendo espressione di discrezionalità amministrati

va, è insindacabile in sede giurisdizionale ai sensi dell'art. 4 1.

2248/1865. Sul punto, v. la quinta massima nonché i richiami di M. Gi

racca, nota a Trib. Patti-Sant'Agata di Militello 9 agosto 2001, cit., cui adde, Cass. 19 giugno 2000, n. 8285, id., Rep. 2000, voce Arric chimento senza causa, n. 15; 26 maggio 2000, n. 6975, ibid., n. 19; 17

aprile 2000, n. 4918, ibid., n. 1. Nel senso che l'indennizzo conse

guente all'azione di arricchimento configura un debito di valore, v.

Trib. Patti-Sant'Agata di Militello 9 agosto 2001, cit.; Cass. 6 feb

braio 1998, n. 1287, id., 1998, I, 1116, con nota di M. Caputi. Sul tema

in esame, v. anche R. Tomei, L 'ingiustificato arricchimento nei con

fronti della pubblica amministrazione. Tra conferma della tradizione e

critica del privilegio, Torino, 2000. VII. - La seconda sentenza in rassegna si segnala, tra l'altro, perché

fa il punto sul regime del riconoscimento dei debiti fuori bilancio (e dell'utilità delle prestazioni) da parte degli enti locali, in applicazione della disciplina prevista dall'art. 37, 1° comma, lett. e), d.leg. 77/95

(poi trasfusa nell'art. 194, 1° comma, lett. e, d.leg. 267/00). Si noti, al

Il Foro Italiano — 2002.

Il riconoscimento da parte di un ente locale della legittimità dei

debiti assunti fuori bilancio — che espone l'ente all'azione

sussidiaria di indebito arricchimento — è subordinato dal

l'art. 5 d.leg. 15 settembre 1997 n. 342 (che ha sostituito la

lett. e del 1° comma dell'art. 37 d.leg. 25 febbraio 1995 n. 77, disposizione poi trasfusa nell'art. 194, 1° comma, lett. e,

d.leg. 18 agosto 2000 n. 267) all'adozione di una formale de

libera di riconoscimento del debito, nei limiti degli accertati e

dimostrati utilità ed arricchimento per la stessa amministra

zione; in considerazione del tenore letterale e della ratio delle

indicate norme, la relativa valutazione compete esclusiva

mente all'ente, essendo precluso al giudice di sostituirsi allo

stesso (nella specie, è stata confermata la sentenza che aveva

respinto la domanda di ingiustificato arricchimento nei con

fronti di un comune, fondata anche sullo ius superveniens

rappresentato dall'art. 5 d.leg. 15 settembre 1997 n. 342). (5)

riguardo, che tale normativa è stata invocata quale ius superveniens dalla società ricorrente per censurare l'impugnata sentenza (nel senso di considerare esperibile l'azione di ingiustificato arricchimento contro l'ente locale in base all'indicato art. 37). La Suprema corte, tuttavia —

non ritenendo censurabile sotto tale profilo la pronuncia gravata, attesa la conformità a diritto del dispositivo e per l'impossibilità del giudice di sostituirsi all'amministrazione nel riconoscimento del debito fuori

bilancio, nonché nella valutazione sull'utilità della prestazione — si è limitata ad integrarne la motivazione, nell'esercizio del potere corretti vo previsto dall'art. 384, 2° comma, c.p.c. (su cui, v. Cass. 5 novembre

2001, n. 13628, cit., sub I). In particolare, la pronuncia in questione e videnzia come la nuova disciplina, nel consentire all'ente di riconosce re a posteriori le obbligazioni assunte dai funzionari in violazione degli

obblighi posti dal 1°, 2° e 3° comma dell'art. 191 d.leg. 267/00, per mette di imputare i relativi debiti all'ente stesso (che altrimenti, in base alla disciplina posta dal d.l. 66/89, rimarrebbero esclusivamente in capo ai soli funzionari o dipendenti). Resta comunque inteso che in caso di mancato riconoscimento del debito (che, si ripete, non può essere pro nunciato dal giudice) il rapporto negoziale è configurabile soltanto tra il terzo contraente e il funzionario che ha autorizzato la prestazione, nei cui soli confronti è azionabile la pretesa risarcitoria.

Vili. - In un'ottica processuale, si rileva che, in generale, la giuris prudenza esclude l'ammissibilità della proposizione per la prima volta in appello dell'azione extracontrattuale siccome domanda nuova ri

spetto all'azione contrattuale coltivata in primo grado: v. Cass. 19 feb braio 2002, n. 2395, Guida al dir., 2002, fase. 15, 84 (secondo cui la

domanda di risarcimento aquiliano differisce, sia sotto il profilo ogget tivo che sotto quello soggettivo, da quella per responsabilità contrat

tuale); con particolare riguardo aWactio de in rem verso, cfr. Cass. 27

novembre 2001, n. 15031, Corriere giur., 2002, 15 (che afferma che la

domanda d'indennizzo per arricchimento senza causa costituisce do manda nuova rispetto a quella di adempimento contrattuale originaria mente formulata); 21 luglio 2000, n. 9594, Foro it., Rep. 2000, voce

cit., n. 7 (per cui, in generale, la specificità del titolo dell'azione ex art.

2041 c.c. esclude che essa possa ritenersi implicitamente proposta in

una domanda fondata su altro titolo); 12 giugno 2000, n. 7979, ibid., voce Appello civile, n. 58 (che esclude l'intercambiabilità tra la do manda di adempimento formulata in prime cure con quella di arricchi mento formulata in appello, ritenendole fondate su fatti costitutivi di versi e finalizzate al perseguimento di differenti beni giuridici, con

conseguente inammissibile mutamento del petitum e della causa peten dìy, negli stessi termini, Cass. 24 maggio 2000, n. 6810, ibid., n. 56; 16

maggio 2000, n. 6299, ibid., voce Arricchimento senza causa, n. 26; 6 ottobre 1999, n. 11123, id., Rep. 1999, voce Appello civile, n. 46; 30

giugno 1998, n. 6409, id., Rep. 1998, voce cit., n. 42 (la quale, pur ammettendo la proponibilità per la prima volta nel giudizio di appello dell'azione di arricchimento ingiustificato — purché fondata sulle me

desime circostanze dedotte in primo grado [il che sembra configurabile con esclusivo riferimento all'ipotesi di azione ex art. 2043 c.c.] — ri

tiene tuttavia inammissibile ai sensi dell'art. 345 c.p.c. la proposizione di detta azione in appello, quando in primo grado sia stata esperita l'a

zione contrattuale). Contra, App. Palermo 4 aprile 1996, id., Rep. 1997, voce Arricchimento senza causa, n. 16 (secondo cui l'azione ex art.

2041 c.c. è esperibile per la prima volta in appello siccome fondata su

gli stessi presupposti di fatto alla base dell'azione contrattuale eserci

tata in primo grado). Per un'accurata disamina delle posizioni dottrinali

(e dei relativi riflessi nella giurisprudenza) in ordine alla determinazio

ne del concetto di fatto giuridico costitutivo, rilevante ai fini dell'indi

viduazione dei rapporti tra azione contrattuale e actio de in rem verso, v. le osservazioni di C. Cariglia in nota a Cass., sez. un., 22 maggio 1996, n. 4712, id., 1998, I, 2975; tale sentenza può anche leggersi in

Giur. it., 1996, I, 1, 1440, con nota di E. Vullo, Le sezioni unite si

pronunciano in tema di inammissibilità della domanda nuova, rileva

bilità d'ufficio del vizio e accettazione del contraddittorio (si tenga

comunque presente che il caso all'esame delle sezioni unite era rego

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2067 PARTE PRIMA 2068

I

Svolgimento del processo. — Con atto di citazione del 16

febbraio 1991 Sisinio Rinaldi, proprietario di un immobile sito in Battipaglia, esponeva che il comune di Battipaglia, dopo aver

assunto in locazione sin dal novembre del 1990 detto fabbricato, non aveva provveduto al pagamento dei canoni dovuti e, per

tanto, conveniva il comune davanti al Tribunale di Salerno per sentirlo condannare al risarcimento dei danni, conseguenti all'i

nadempimento contrattuale ovvero all'indennizzo per ingiustifi cato arricchimento nonché al rilascio dell'immobile.

Il tribunale, con sentenza del 12 dicembre 1995, accertava

l'inesistenza di ogni contratto, ordinava l'immediato rilascio

dell'immobile e rigettava le altre domande.

Proponevano appello gli eredi del Rinaldi.

Resisteva il comune.

La Corte d'appello di Salerno, con sentenza depositata il 14

luglio 1998, rigettava l'appello. Riteneva la corte di merito che doveva ritenersi nullo il con

tratto di locazione per difetto di forma, non risultando lo stesso

stipulato per iscritto, come era necessario, essendo una parte

pubblica amministrazione, con la conseguenza che la domanda

di responsabilità contrattuale non poteva accogliersi.

Quanto alla domanda di arricchimento senza causa, riteneva

la corte territoriale che, pur sussistendo tutti gli elementi della

stessa, a norma dell'art. 2041 c.c., nella specie essa era impro

ponibile, per difetto del carattere della sussidiarietà, di cui al

l'art. 2042 c.c., in quanto, a norma dell'art. 23 d.l. 66/89, nel

caso in cui i comuni acquisiscono beni o servizi in mancanza di

determinati presupposti, il rapporto obbligatorio intercorre tra il

fornitore ed il funzionario o l'amministratore, che ha consentito

la fornitura, con la conseguenza che nella fattispecie l'attore

aveva diretta azione nei confronti di questi ultimi, per cui non

poteva agire nei confronti del comune per ingiustificato arric

chimento.

Avverso questa sentenza hanno proposto ricorso per cassa

zione Landolfi Rinaldi Rosa, Rinaldi Roberta, Rinaldi Valenti na.

Resiste con controricorso il comune di Battipaglia, che ha an

che presentato ricorso incidentale.

Motivi della decisione. — 1. - Preliminarmente vanno riuniti i

ricorsi. Con il primo motivo di ricorso il ricorrente lamenta la viola

zione e falsa applicazione dell'art. 1418 c.c., in relazione all'art.

360, nn. 3 e 5, c.p.c. Assume il ricorrente che, pur mancando nella fattispecie un

contratto scritto di locazione, non può ritenersi la nullità dello

stesso per difetto di forma, in quanto esisteva (ed era stata pro dotta) una delibera del consiglio comunale di Battipaglia per as

sumere in locazione i locali, per adibirli ad ufficio di colloca mento, con individuazione degli stessi, del canone di locazione

e della durata del contratto, impegnando la spesa occorrente, con la conseguenza che se l'atto negoziale fosse intervenuto, es

so sarebbe stato meramente ripetitivo. Inoltre il comune aveva tenuto un comportamento conclu

dente, allocandovi gli arredi dell'ufficio.

2. - Ritiene questa corte che il motivo sia infondato e che lo

stesso vada rigettato. La regola per cui tutti i contratti della pubblica amministra

zione e in genere degli enti pubblici, anche quando agiscono iu

re privatorum, devono essere stipulati per iscritto rinviene la

sua ratio nell'esigenza di identificare esattamente il contenuto

negoziale e rendere possibili i controlli delle autorità.

Ciò comporta pertanto che la delibera, che forma la volontà

lato dalla legge processuale anteriore alla novellazione intervenuta con 1. 353/90); per ulteriori approfondimenti, v. ancora E. Vullo, Sull'am missibilità di domande nuove nel corso del processo ordinario di co

gnizione di primo grado, in Studium iuris, 2002, 317. Si rileva, infine, che l'azione di indebito arricchimento può essere proposta, con l'atto introduttivo del giudizio, anche congiuntamente — e in via subordinata — ad altra azione e può trovare accoglimento, stante la sua natura sus

sidiaria, solo ove l'altra azione sia rigettata per carenza del titolo fon dante: cfr. Cass. 25 settembre 1998, n. 9584, Foro it., Rep. 1998, voce cit., n. 26; 20 marzo 1995, n. 3228, id.. Rep. 1995, voce cit., n. 21; 10

aprile 1985, n. 2374, id., Rep. 1985, voce Procedimento civile, n. 108.

[S. Cresta]

Il Foro Italiano — 2002.

della pubblica amministrazione debba indicare con precisione il contenuto negoziale; che la volontà della pubblica amministra

zione sia manifestata all'esterno dall'organo rappresentativo; che la manifestazione di volontà non possa essere implicita né

desunta da comportamenti meramente attuativi; e che il con

tratto, salvo diversa previsione di legge, sia consacrato in unico

documento contenente tutte le clausole disciplinanti il rapporto

(Cass. 2772/98, Foro it., 1998, I, 715; 6406/98, id., Rep. 1999, voce Contratti della p.a., n. 471; 6966/98, id., Rep. 1998, voce

cit., n. 107; 11687/99, id., Rep. 2000, voce cit., n. 93). Quindi, essendo richiesta la forma scritta ad substantiam, in

siffatti contratti, è irrilevante la sola esistenza di una delibera

zione dell'organo collegiale di un ente pubblico che abbia deli berato la stipula del contratto, richiamando ed approvando an

che lo schema del disciplinare, ove a tale deliberazione non ri

sulti che sia seguito un atto contrattuale, sottoscritto dal rappre sentante esterno dell'ente stesso e dal privato.

3. - Detta deliberazione (nella specie del consiglio comunale),

provenendo dall'organo della volontà dell'ente, costituisce solo

il momento formativo della volontà di una delle parti; sennon

ché detta volontà deve poi essere manifestata alla controparte

dall'organo deputato a farlo.

La deliberazione non costituisce neppure una proposta con

trattuale nei confronti del privato, ma un atto con efficacia in

terna all'ente pubblico, avente per destinatario il diverso organo dell'ente legittimato ad esprimere la volontà all'esterno e ca

rattere meramente autorizzatorio.

Poiché, inoltre, la ratifica presuppone la stipulazione del con

tratto da parte di un soggetto o di un organo sfornito del potere di concluderlo, se il contratto non è stato stipulato, per quanto da parte di un soggetto o di un organo privo di potere, ma man

ca completamente la sua sottoscrizione da parte del rappresen tante dell'ente pubblico, l'atto non è suscettibile di ratifica.

Inoltre, trattandosi di atto nullo, non è suscettibile di alcuna

forma di sanatoria, e, comunque, sotto nessun profilo —

poiché

gli atti negoziali della pubblica amministrazione sono manife

stazioni formali di volontà, non surrogabili con comportamenti concludenti —

quale la semplice esecuzione delle prestazioni

previste nel contratto (cfr. Cass. 9682/99, id., Rep. 1999, voce

cit., n. 126). 4. - Con il secondo motivo di ricorso il ricorrente lamenta la

violazione e falsa applicazione dell'art. 2041 c.c. e delle norme

di cui al d.leg. 77/95, in relazione all'art. 360, nn. 3 e 5, c.p.c. Assumono i ricorrenti che erroneamente la corte d'appello ha

escluso la proponibilità dell'azione di ingiustificato arricchi mento sul rilievo della mancanza di sussidiarietà, a norma del

l'art. 23, 4° comma, d.l. 66/89, in quanto il rapporto obbligato rio intercorre tra l'amministratore ed il privato non in ogni caso

di nullità del contratto, ma solo allorché la fornitura di beni o

servizi è stata effettuata in assenza di un regolare impegno di

spesa, ai sensi del 3° comma dell'art. 23 cit.

Nella fattispecie, invece, secondo il ricorrente esisteva l'im

pegno di spesa, per effetto della delibera conciliare, con la con

seguenza che il successivo contratto, nullo solo per difetto di

forma, non comportava un'azione diretta nei confronti del

l'amministratore o funzionario responsabile della fornitura e

non impediva la possibilità di agire per arricchimento senza

causa nei confronti del comune.

5.1. - Ritiene questa corte che il ricorso sia infondato e che lo

stesso vada rigettato. Osserva preliminarmente questa corte che, per pacifica giuris

prudenza, l'azione di responsabilità che, a norma dell'art. 23

d.l. n. 66 del 1989 (riprodotto senza sostanziali modifiche dal

l'art. 35 d.leg. 77/95), è esperibile dai privati contro ammini stratori e funzionari di province, comuni e comunità montane

per prestazioni e servizi resi senza il rispetto delle prescritte formalità, comporta che, limitatamente ai suddetti enti ed alle

indicate situazioni, il privato, disponendo di un'azione diretta, non può esperire nei confronti della pubblica amministrazione

l'azione sussidiaria di arricchimento senza causa, stante il di

sposto dell'art. 2042 c.c. (Cass. 6 febbraio 1999, n. 1045, id., 1999, I, 1194; 2 settembre 1996, n. 8025, id., Rep. 1997, voce

Previdenza sociale, n. 319; 22 novembre 2000, n. 15096, id.,

Rep. 2000, voce Arricchimento senza causa, n. 18). 5.2. - A norma del 3° comma dell'art. 23 d.l. 66/89 — che re

gola la fattispecie ratione temporis — a tutte le amministrazioni

ivi indicate l'effettuazione di qualunque spesa è consentita

esclusivamente se sussistano la deliberazione autorizzativa nelle

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

forme previste dalla legge, divenuta (o dichiarata) esecutiva, nonché l'impegno contabile registrato dal ragioniere sul com

petente capitolo del bilancio.

Tale normativa ha profondamente inciso sulla disciplina del

rapporto tra gli enti locali suindicati ed i loro funzionari ed am

ministratori, nonché tra questi ultimi ed i privati contraenti, de

lineando una frattura ope legis del rapporto organico tra detti

soggetti e l'amministrazione, e quindi escludendo la riferibilità

a quest'ultima delle iniziative adottate al di fuori dello schema

procedimentale previsto, allo scopo evidente di garantire un più

rigoroso rispetto dei principi di legalità, correttezza e trasparen za nella gestione, di assicurare che la volontà contrattuale sia

espressa dagli organi istituzionalmente competenti, ed al tempo stesso di contenere la spesa pubblica e prevenire il formarsi del

disavanzo finanziario degli enti stessi, attraverso la previsione che ad ogni obbligazione assunta faccia riscontro l'impegno contabile registrato sul competente capitolo di bilancio.

Ciò vale a dire che al precedente regime in cui, nelle ipotesi di nullità del negozio per effetto della violazione delle norme

regolatrici della sua formazione, era esperibile contro la pubbli ca amministrazione l'azione di arricchimento senza causa, oltre

eventualmente quella di responsabilità precontrattuale, si è so

stituita, relativamente agli enti locali in discorso, una disciplina del rapporto tra detti enti ed i soggetti agenti e tra questi ultimi

ed i privati contraenti improntata a scherni privatistici, che fa

salva la validità del contratto, ma configura il rapporto nego ziale come intercorrente tra il privato e l'amministratore o fun

zionario che abbia consentito la fornitura, «ai fini della contro

prestazione e per ogni altro effetto di legge» (v., sul punto, Cass. n. 11969 del 1998, id., Rep. 1999, voce Comune, n. 407;

n. 9373 del 1997, ibid., n. 408; n. 9248 del 1997, id., Rep. 1998, voce Arricchimento senza causa, n. 17; n. 7085 del 1997, ibid.,

voce Comune, n. 432; n. 4820 del 1997, id., Rep. 1997, voce

Arricchimento senza causa, n. 39). 5.3. - L'intenzione del legislatore è stata quella di porre un

principio generale di responsabilità diretta del funzionario o

dell'amministratore in tutti i casi previsti nel richiamato 3°

comma, così da determinare in ognuna di dette situazioni una

scissione del rapporto di immedesimazione organica tra agente e

pubblica amministrazione, e quindi da rendere meramente appa rente la riconducibilità a quest'ultima dell'atto di acquisizione dei beni o servizi pur in presenza di un comportamento legitti mo o finanche doveroso de) primo.

5.4. - Il giudice della legittimità delle leggi (sia pure in tema di lavori di somma urgenza) ha rilevato che la disciplina in esame configura un rapporto contrattuale unicamente tra il terzo

contraente ed il funzionario (o l'amministratore) che ha autoriz

zato l'esecuzione dei lavori, tale da rendere meramente appa rente l'acquisizione di beni e servizi all'ente locale, e che la

conseguente scissione del rapporto di immedesimazione organi ca tra agente e pubblica amministrazione vale a rendere l'ente

locale estraneo agli impegni di spesa assunti, così da non con

sentire neppure di invocare il parametro dell'art. 28 Cost., il

quale, nel configurare la responsabilità della pubblica ammini

strazione accanto a quella dei funzionari, presuppone in via di

principio che l'attività posta in essere sia alla stessa riferibile

(cfr. Corte cost. n. 446 del 1995, id., 1996, I, 21, e n. 295 del

1997, id., Rep. 1997, voce Comune, n. 419). La medesima corte ha, inoltre, osservato che il dettato nor

mativo non determina una sbilanciata valutazione degli interessi

in gioco, tale da denotarne l'irragionevolezza, in quanto non

comporta la scissione del vantaggio acquisito dall'ente dalla

possibilità che questo sia chiamato a corrispondere l'indennizzo

di cui all'art. 2041 c.c., atteso che il funzionario o l'ammini

stratore, esposto con il proprio patrimonio all'azione contrat

tuale del terzo, può sempre esercitare l'azione di indebito arric

chimento nei confronti dell'amministrazione nei limiti dell'ar

ricchimento dalla medesima conseguito, e d'altro canto il con

traente privato è legittimato ad agire, utendo iuribus del funzio

nario o dell'amministratore, contro lo stesso ente, anche conte

stualmente alla domanda contrattuale di adempimento nei con

fronti di quello, in via surrogatoria ai sensi dell'art. 2900 c.c.,

quando il patrimonio del funzionario o dell'amministratore non

offra sufficienti garanzie. 5.5. - Il sistema così delineato appare coerente con la neces

sità di contemperare le confliggenti esigenze di tutela del terzo

contraente e di rispetto delle regole giuridiche e di contabilità

li. Foro Italiano — 2002.

dirette al risanamento degli enti locali, configurandosi le misure

suindicate come idonee sia a garantire il soddisfacimento dei di

ritti del terzo sia a rendere indenni i funzionari o gli ammini

stratori, attraverso l'azione di cui all'art. 2041 c.c. nei confronti

dell'amministrazione, quanto meno nei limiti dell'arricchimento

da questa perseguito. 5.6. - La corte d'appello ha esattamente applicato i suddetti

principi di diritto, per cui non sussiste la lamentata violazione o

falsa applicazione dell'art. 2041 c.c. Infatti, essendo esperibile l'azione diretta, ai sensi del citato art. 23 d.l. 66/89 nei confronti

dell'amministratore o del funzionario che ha concluso il con

tratto verbale di affitto con l'attore in rappresentanza del comu

ne, o, in mancanza, che si è consegnato l'immobile a titolo di

locazione, per il principio di sussidiarietà di cui all'art. 2042 c.c., non era proponibile l'azione di ingiustificato arricchimen

to.

6.1. - Né può essere condivisa la tesi, pur originale, dei ricor

renti, che, muovendo da un'interpretazione letterale dell'art. 23

cit., ritiene che, poiché detta azione diretta nei confronti del

funzionario o dell'amministratore sussiste solo allorché manchi

la deliberazione autorizzativa di spesa e quindi di imputazione della stessa sull'apposito capitolo di bilancio, allorché sussista

detta deliberazione autorizzativa della spesa, la nullità del con

tratto per altra causa (come nella specie per vizio di forma) non

determina la possibilità di un'azione diretta nei confronti del

l'amministratore o del funzionario e, quindi, rende proponibile l'azione di arricchimento senza causa, non ostandovi il disposto dell'art. 2042 c.c.

6.2. - In effetti detta tesi urta contro i principi giuscontabili stici e contro quelli desumibili dalla 1. n. 142 del 1990.

Infatti l'autorizzazione di spesa (contenuta nella deliberazio

ne) è vincolata soprattutto al titolo (nella specie locazione) e

solo in minor misura allo scopo perseguito.

Conseguentemente se l'autorizzazione di spesa ha come titolo

il contratto di locazione e come oggetto il canone di locazione,

in assenza del contratto la provvista finanziaria non può essere

destinata a spese, che non afferiscano al titolo locativo e non

abbiano ad oggetto il canone, ma al diverso titolo dell'ingiusti ficato arricchimento ed abbiano ad oggetto il relativo indenniz

zo.

In altri termini, se l'amministratore dell'ente pone in essere

un contratto nullo di locazione (o di altra natura) per difetto di

forma, per quanto esista la deliberazione autorizzativa alla spesa da affrontare quale corrispettivo del contratto valido, non si può sostenere che detta delibera autorizzi la spesa anche per l'in

dennizzo di arricchimento ingiustificato dell'ente, che si è veri

ficato in conseguenza della prestazione effettuata dal privato, nonostante la nullità del contratto (ove siano presenti tutti gli altri elementi di cui all'art. 2041 c.c.).

Infatti in questo caso si verifica un'illegittima distrazione di

somme, la cui spesa, autorizzata per un titolo, viene effettuata

per un altro.

6.3. - Ne consegue che, anche in caso di nullità del contratto

per difetto di forma, manca una deliberazione autorizzativa di

spesa per l'attività di arricchimento senza causa che ne sia con

seguita, in quanto, come sopra detto, detta autorizzazione copre

quello specifico contratto (nella specie, la locazione) e quello

specifico oggetto (il canone) e non l'arricchimento senza causa

ed il relativo indennizzo.

Ciò comporta la piena operatività dell'art. 23 d.l. 66/89 (ed attualmente art. 35 d.leg. 77/95), con la conseguenza che, aven

do il privato impoverito azione diretta nei confronti dell'ammi

nistratore o del funzionario, che ha consentito la fornitura, non è

esperibile l'azione di ingiustificato arricchimento nei confronti

dell'ente arricchito per il suo carattere sussidiario (art. 2042

c.c.). Il ricorso va, pertanto, rigettato. 7. - Infondato è anche il ricorso incidentale del comune, con

cui lo stesso lamenta la violazione degli art. 91 e 92 c.c., per avere il tribunale compensato le spese nella misura del cin

quanta per cento e la corte territoriale per intero.

In tema di regolamento delle spese processuali, il sindacato

della Corte di cassazione è limitato ad accertare che non risulti

violato il principio secondo il quale le spese non possono essere

poste a carico della parte vittoriosa.

Pertanto esula da tale sindacato e rientra nel potere discrezio

nale del giudice di merito la valutazione dell'opportunità di

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PARTE PRIMA 2072

compensare in tutto o in parte le spese di lite, e ciò sia nell'ipo tesi di soccombenza reciproca, sia nell'ipotesi di concorso con

altri giusti motivi (Cass. 22 gennaio 1990, n. 320, id., Rep. 1990, voce Spese giudiziali civili, n. 31).

II

Svolgimento del processo. — Con atto di citazione notificato

il 16 febbraio 1993, la s.r.l. La sicurezza - Istituto di vigilanza

privata conveniva il comune di Ischia dinanzi al Tribunale di

Napoli, esponendo che aveva ricevuto l'incarico di presidio di

taluni varchi dell'isola pedonale del centro abitato, in luogo di

un altro istituto di vigilanza impossibilitato ad effettuare il ser

vizio. Tale incarico era stato prorogato, così come era stato pro

rogato un precedente incarico affidatole sempre di vigilanza ai

varchi dell'isola pedonale. Il servizio ammontava a lire

34.654.800 e la somma non era stata versata dal comune. Chie

deva pertanto la condanna del comune al pagamento della som

ma indicata a titolo di indebito arricchimento ex art. 2041. Il

comune rimaneva contumace. Il tribunale dichiarava impropo nibile la domanda, non potendosi ravvisare la sussidiarietà ri

chiesta dall'art. 2042, in conseguenza della disciplina contenuta

nell'art. 23 d.l. n. 66 del 1989, convertito nella 1. n. 144 del

1989. La s.r.l. La sicurezza proponeva appello, deducendo che il

servizio era stato prestato nell'interesse del comune, in una si

tuazione nella quale i turni dei vigili urbani non erano suffi

cienti a coprire la vigilanza delle isole pedonali. Deduceva al

tresì che si trattava di fattispecie nella quale non si ravvisava la

colpa o il dolo del funzionario comunale che, dunque, non pote va essere chiamato a rispondere direttamente. Il comune si co

stituiva chiedendo il rigetto dell'appello. La corte d'appello con

sentenza del 3 febbraio 1998 rigettava l'appello con condanna

alle spese. Avverso questa sentenza, la s.r.l. La sicurezza propone ricor

so per cassazione affidato a due motivi. Il comune di Ischia re

siste con controricorso. Entrambe le parti hanno depositato me

moria.

Motivi della decisione. — 1. - Con il primo motivo la ricor

rente deduce l'omessa ed insufficiente motivazione nella valu

tazione della prova. Secondo quanto dedotto, la corte territoriale

aveva ignorato la necessità da parte del comune di estendere e

prorogare l'incarico di vigilanza. Il comune peraltro non aveva

mai negato l'avvenuta prestazione, trincerandosi dietro eccezio

ni formali e deludendo le aspettative della società ricorrente.

Il motivo è privo di fondamento.

La corte territoriale ha ritenuto che, sulla scorta dell'art. 23

d.l. 2 marzo 1989 n. 66, convertito in 1. 2 aprile 1989 n. 144

(abrogato dall'art. 123 d.leg. 25 febbraio 1995 n. 77, ma sostan

zialmente riprodotto nell'art. 35 dello stesso decreto), l'azione

d'indebito arricchimento nei confronti del comune non poteva essere esperita. A fronte di questa argomentazione, il punto

sviluppato nel motivo relativo alla valutazione della prova e al

l'avvenuta prestazione non ha il carattere di decisività richiesto dal n. 5 dell'art. 360 c.p.c.

2. - Con il secondo motivo (indicato nel ricorso con il n. 3), la

ricorrente lamenta la mancata applicazione dell'art. 5 d.leg. 15

settembre 1997 n. 342, entrato in vigore nelle more del giudizio, deducendo che sulla base di questa disposizione e considerato che il servizio era stato di utilità del comune doveva trovare ac

coglimento l'azione di arricchimento.

Anche questo motivo è privo di fondamento.

L'art. 23 d.l. 2 marzo 1989 n. 66, convertito in 1. 2 aprile 1989 n. 144, prevedeva, al 3° comma, che, per province, comuni

e comunità montane, «qualsiasi spesa è consentita esclusiva mente se sussistono la deliberazione autorizzativa nelle forme

previste dalla legge e dichiarata o divenuta esecutiva, nonché

l'impegno contabile registrato dal ragioniere o dal segretario, ove non esista il ragioniere, sul competente capitolo del bilancio

di previsione, da comunicare ai terzi interessati», precisando, altresì, che «per i lavori di somma urgenza l'ordinazione fatta a terzi deve essere regolarizzata entro trenta giorni e comunque entro la fine dell'esercizio, a pena di decadenza». A sua volta, il 4° comma disponeva che, in caso «di violazione dell'obbligo indicato nel 3° comma, il rapporto obbligatorio intercorre, ai fi

ni della controprestazione e per ogni altro effetto di legge, tra il

Il Foro Italiano — 2002.

fornitore e l'amministratore o il funzionario che abbiano con

sentito la fornitura».

Le norme in questione —

abrogate dall'art. 123 d.leg. 25 feb

braio 1995 n. 77, ma sostanzialmente riprodotte nell'art. 35

dello stesso decreto, successivamente rifluito nell'art. 191 d.leg. n. 267 del 2000 — sono state ritenute non in contrasto con gli art. 3 e 24 Cost, con la sentenza n. 446 del 1995 (Foro it., 1996,

I, 21). Successivamente, la stessa Corte costituzionale, con la

sentenza n. 295 del 1997 (id., Rep. 1997, voce Comune, n. 419) ha ritenuto insussistente anche un contrasto con l'art. 28 Cost.

Secondo quanto affermato dalla Corte costituzionale, le di

sposizioni sopra indicate danno luogo ad una disciplina «che

comporta l'imputazione alla sfera giuridica diretta e personale dell'amministratore (o funzionario) degli effetti dell'attività di

spesa che non si svolga nell'osservanza dei criteri contabili re

lativi alla gestione degli enti locali. E ciò con lo scopo non irra

gionevole di sollecitare, da un canto, un più rigoroso rispetto dei

principi di legalità e correttezza da parte di coloro che operano nelle gestioni locali e di far sì, dall'altro, che la competenza ad

esprimere la volontà degli enti locali resti effettivamente riser

vata, nel rispetto delle procedure prescritte, agli organi a ciò de

putati, e cioè agli organi cui spetta di programmare la gestione finanziaria e di inquadrare le varie scelte amministrative nella

prospettiva del piano di spesa contenuto nel bilancio di previ

sione, e non oltre i limiti da esso fissati» (Corte cost. n. 295 del

1997). Più specificamente, la corte, nel ritenere insussistente il

contrasto con l'art. 28 Cost., ha rilevato che il tratto caratteriz

zante della disposizione in questione «sta nel prevedere un rap

porto contrattuale che sussiste esclusivamente tra il terzo con

traente e il funzionario (o l'amministratore) che ha autorizzato

l'effettuazione dei lavori. In sostanza gli atti di acquisizione di

beni e servizi in esame solo apparentemente sono riconducibili

all'ente locale, mentre, in effetti, si verifica una vera e propria scissione del rapporto di immedesimazione organica tra agente e

pubblica amministrazione. Ma proprio tale frattura del nesso or

ganico con l'apparato pubblico, rendendo estraneo l'ente locale

agli impegni di spesa irregolarmente assunti, impedisce di ri

condurre il caso in esame agli schemi della responsabilità del

l'amministrazione, non consentendo di invocare a sostegno della questione il parametro dell'art. 28 Cost., che, ne! contem

plare la responsabilità dell'amministrazione accanto a quella

degli agenti pubblici, presuppone, in via di principio, che si tratti di attività riferibile all'ente stesso».

Anche la giurisprudenza di questa corte ha affermato in più occasioni il principio secondo cui l'azione di indebito arricchi mento, che è di natura sussidiaria, non è esperibile nei confronti

degli enti indicati nell'art. 23 d.l. n. 66 del 1989 per ottenere il pagamento di una fornitura effettuata senza la delibera normati

vamente prevista perché, ai sensi della norma indicata, il dan

neggiato può agire direttamente nei confronti dell'amministrato

re e del funzionario che l'ha consentita (v., per es., Cass. 30

maggio 1997, n. 4820, ibid., voce Arricchimen'o senza causa, n.

39; 29 luglio 1997, n. 7085, id., Rep. 199P, voce Comune, n.

432; 24 settembre 1997, n. 9373, id., Rep. 1999, voce cit., n.

408; 25 novembre 1998, n. 11969, ibid., n. 407; 3 agosto 2000, n. 10199, id., Rep. 2000, voce Arricchimento senza causa, n.

28; 5 ottobre 2000, n. 13296, ibid., n. 27). Sulla base, dunque, delle disposizioni indicate correttamente

la corte ha ritenuto l'inammissibilità dell'azione di indebito ar

ricchimento.

3. - Sul quadro normativo sopra riportato è nuovamente inter

venuto il legislatore con l'art. 5 d.leg. 15 settembre 1997 n. 342, che ha sostituito la lett. e) del 1° comma dell'art. 37 d.leg. 25

febbraio 1995 n. 77. La disposizione è stata poi trasfusa nell'art.

194, 1° comma, lett. e), d.leg. 18 agosto 2000 n. 267, recante il

t.u. delle leggi sull'ordinamento degli enti locali.

E questo ius superveniens che la società ricorrente invoca per sostenere l'attuale esperibilità dell'azione di ingiustificato arric

chimento nei confronti della pubblica amministrazione, nei li

miti dell'utilità e dell'arricchimento, e per censurare sul punto la sentenza impugnata.

La norma in questione è entrata in vigore successivamente

alla precisazione delle conclusioni in appello e doveva essere

dunque considerata d'ufficio dalla corte d'appello, con la con

seguenza che è ammissibile il motivo di ricorso per cassazione

che su di essa si fonda.

4. - Lo ius superveniens costituito dalla disposizione sopra

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

indicata non rende censurabile la sentenza impugnata, che ha re so un dispositivo conforme a diritto, cosicché questa corte può limitarsi ad integrare sul punto la motivazione.

L'esame delle nuove disposizioni può compiersi partendo dal t.u. delle leggi sull'ordinamento degli enti locali (d.leg. 18 ago sto 2000 n. 267), che riproduce sostanzialmente, per quanto qui interessa, le norme sopra indicate e consente una più organica disamina della materia.

Vanno in proposito esaminati gli art. 191, 4° comma, e 194, 1° comma, lett. e).

L'art. 191, sotto la rubrica «regole per l'assunzione di impe gni e per l'effettuazione di spese»

— che riproduce l'art. 35

d.leg. n. 77 del 1995 — prevede al 4° comma che «nel caso in

cui vi è stata l'acquisizione di beni e servizi in violazione del l'obbligo indicato nel 1°, 2° e 3° comma, il rapporto obbligato rio intercorre, ai fini della controprestazione e per la parte non

riconoscibile ai sensi dell'art. 194, 1° comma, lett. e), tra il pri vato fornitore e l'amministratore, funzionario o dipendente che

hanno consentito la fornitura. Per le esecuzioni reiterate o con tinuative detto effetto si estende a coloro che hanno reso possi bili le singole prestazioni». Il 1°, 2° e 3° comma riguardano poi, rispettivamente, la necessità di effettuare spese solo se sussiste

l'impegno contabile e l'attestato della copertura finanziaria, la

disciplina delle spese previste dai regolamenti economali e la

disciplina dei lavori pubblici di somma urgenza. L'art. 194, intitolato «riconoscimento di legittimità di debiti

fuori bilancio», al 1° comma, lett. e) — che riproduce come s'è

detto la lett. e) dell'art. 37 d.leg. n. 77 del 1995, nel testo risul tante a seguito della modifica introdotta dall'art. 5 d.leg. n. 342 del 1997 —

prevede che «con deliberazione consiliare di cui al

l'art. 193, 2° comma, o con diversa periodicità stabilita dai re

golamenti di contabilità, gli enti locali riconoscono la legittimità dei debiti fuori bilancio derivanti da: ... e) acquisizione di beni e servizi, in violazione degli obblighi di cui al 1°, 2° e 3° com ma dell'art. 191, nei limiti degli accertati e dimostrati utilità ed arricchimento per l'ente, nell'ambito dell'espletamento di pub bliche funzioni e servizi di competenza».

Con la nuova disciplina rimane dunque ferma la regola della conclusione del rapporto obbligatorio con l'amministratore, il

funzionario o il dipendente che hanno consentito la fornitura al di fuori degli impegni contabili, salva la possibilità di un rico noscimento a posteriori della legittimità dei debiti fuori bilan

cio. Più specificamente, con la previsione della possibilità del ri

conoscimento della legittimità del debito fuori bilancio per l'ac

quisizione di beni e servizi in violazione delle regole poste dai primi tre commi dell'art. 194 si è consentito all'ente, attraverso

il meccanismo della deliberazione consiliare (che provvede an

che per il finanziamento della spesa), di riconoscere a posteriori le obbligazioni assunte irritualmente dall'amministratore, dal

funzionario o dal dipendente, che altrimenti, sulla base della di

sciplina legislativa in vigore dal 1989, sarebbero rimasti diret tamente a carico di quelli, senza possibilità di imputazione al

l'ente.

Il legislatore, ritenendo evidentemente troppo rigida la prece dente disciplina, ha consentito il riconoscimento di debiti as sunti irritualmente fuori bilancio, circondando tuttavia la fatti

specie di particolari garanzie e subordinando il riconoscimento ad una formale deliberazione conciliare di riconoscimento del

debito «nei limiti degli accertati e dimostrati utilità ed arricchi

mento per l'ente, nell'ambito dell'espletamento di pubbliche funzioni e servizi di competenza», fermo restando che, in caso

di mancato riconoscimento, il rapporto contrattuale intercorre

unicamente tra il terzo contraente e il funzionario o l'ammini

stratore che ha autorizzato la prestazione. Il quadro normativo sopra tracciato rende chiaro che il giudi

ce non può sostituirsi all'amministrazione affermando l'esisten

za di un diritto al riconoscimento del debito assunto fuori bilan

cio, nella ricorrenza delle condizioni indicate dal legislatore,

perché l'ente possa procedere al riconoscimento. È una conclu

sione questa imposta, oltreché dai principi, dal tenore letterale

della norma, dalla sua ratio, come sopra indicata e dall'inter

pretazione complessiva. Per quest'ultimo profilo sembra suffi

ciente osservare che, ove si volesse ritenere sussistente un di

ritto al riconoscimento giustiziabile dinanzi al giudice, in pre senza e nei limiti «degli accertati e dimostrati utilità ed arric

chimento per l'ente, nell'ambito dell'espletamento di pubbliche

Il Foro Italiano — 2002.

funzioni e servizi di competenza», non si comprenderebbe poi il

mantenimento del principio della sussistenza del rapporto ob

bligatorio unicamente tra il terzo e l'amministratore o il funzio nario che ha irritualmente autorizzato i lavori o i servizi.

E opportuno precisare che nel caso di specie non si chiede che il giudice pronunzi il riconoscimento del debito fuori bilan cio in luogo dell'amministrazione, ma si chiede l'accoglimento della domanda di indebito arricchimento, previo accertamento dell'utilità e arricchimento per l'ente. Si è già detto, tuttavia, che l'azione di indebito arricchimento, sulla base delle norme

vigenti in materia, non può essere esperita, mancando il caratte re della sussidiarietà, mentre occorre per il pagamento del de bito un riconoscimento da parte dell'ente.

Per quanto sopra detto il ricorso dev'essere rigettato.

CORTE DI CASSAZIONE; sezione III civile; sentenza 22 febbraio 2002, n. 2589; Pres. Fiduccia, Est. Petti, P.M. Rus so (conci, diff.); Brandi (Avv. Rigon) c. Nizzetto (Avv. Man zi, Dal Lago) e altra. Cassa App. Venezia 18 agosto 1997.

Danni in materia civile — Invalidità — Danno patrimoniale del lavoratore — Criteri di liquidazione (Cod. civ., art. 1223, 1226, 2043, 2056).

Nell'ipotesi di comprovata perdita definitiva della capacità la vorativa specifica, il danno per perdita del reddito deve essere

integralmente risarcito come danno emergente (poiché, quando manca il reddito, emerge la necessità di ricorrere al

risparmio accumulato o all'indebitamento) e lucro cessante

(per il mancato guadagno che si protrae per l'intera esisten

za), non dovendosi operare una compensazione e, quindi, una

diminuzione del danno patrimoniale del lavoratore, in consi

derazione della permanenza della capacità lavorativa generi ca, la cui riduzione o perdita è inerente al valore dell'uomo

come persona e deve essere valutata all'interno della liqui dazione del danno biologico. (1)

(1) In senso conforme alla pronuncia in epigrafe, nella giurispruden za di legittimità, affermano la necessità della distinzione tra perdita o riduzione della capacità specifica di produrre reddito, che deve essere

liquidata come danno patrimoniale, e perdita o riduzione della capacità lavorativa generica, da prendere in esame come posta attiva all'interno della quantificazione del danno biologico, Cass. 22 giugno 2001, n. 8599, Foro it., Mass., 740; 2 febbraio 2001, n. 1512, ibid., 127; 15 di cembre 2000, n. 15859, id.. Rep. 2000, voce Danni civili, n. 156; 12 settembre 2000, n. 12022, ibid., n. 214; 11 agosto 2000, n. 10725, ibid., n. 237; 28 aprile 1999, n. 4231, ibid., n. 223, e, per esteso, Resp. civ., 2000, 110, con nota di S. Bastianon, Brevi osservazioni in tema di danno patrimoniale da lucro cessante (in caso di sinistro stradale)', 20

gennaio 1997, n. 535, Foro it., 1997, I, 3645; nonché 16 aprile 1996, n.

3563, id.. Rep. 1996, voce cit., n. 126, e, per esteso, Riv. giur. circolaz. e trasp., 1996, 310.

Nella giurisprudenza di merito, in tal senso, v. App. Venezia 6 giu gno 1997, Foro it., Rep. 1999, voce cit., n. 123, e, per esteso, Arch, cir

colaz., 1998, 889; Trib. Livorno 26 marzo 1993, Foro it.. Rep. 1994, voce cit., n. 98, e, per esteso, Arch, circolaz.. 1994, 136; Pret. Parma 31 marzo 1992, Foro it., Rep. 1992, voce Infortuni sui lavoro, n. 159, e, per esteso, Dir. e pratica lav., 1992, 2266, con nota di P. Banzola; Trib. Crema 8 giugno 1989, Foro it.. Rep. 1990, voce Danni civili, n.

72, e, per esteso, Giur. merito, 1990, 993, con nota di M. Giambelli

Callotti, Danno biologico e danno patrimoniale. Dall'enunciazione del principio alla scelta dei criteri di liquidazione.

Altri, nel segno di un diverso avviso, sostiene che, nella valutazione della sussistenza di un danno patrimoniale da invalidità permanente, il

giudice, oltre ad accertare in quale misura la menomazione fisica abbia inciso sulla capacità di svolgimento dell'attività lavorativa specifica e

questa a sua volta sulla capacità di guadagno, debba anche accertare se

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