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sezione III; ordinanza 17 febbraio 2005, n. 841; Pres. Corsaro, Rel. Fantini; Soc. Diamante (Avv.Giuliano, Moretti) c. Pres. cons. ministri e Min. saluteSource: Il Foro Italiano, Vol. 128, No. 3 (MARZO 2005), pp. 185/186-187/188Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23200265 .
Accessed: 28/06/2014 08:40
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GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA
TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER IL LAZIO; sezione III; ordinanza 17 febbraio 2005, n. 841; Pres. Corsaro, Rei. Fantini; Soc. Diamante (Avv. Giuliano,
Moretti) c. Pres. cons, ministri e Min. salute.
TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER IL LAZIO; sezione III; ordinanza 17 febbraio 2005, n. 841;
Sanità pubblica — Fumo — Locali aperti al pubblico — Di vieto — Aree riservate ai fumatori — Circolare ministe
riale — Sospensione dell'esecuzione — Esclusione (R.d. 17
agosto 1907 n. 642, regolamento per la procedura dinanzi alle
sezioni giurisdizionali del Consiglio di Stato, art. 36; 1. 6 di cembre 1971 n. 1034, istituzione dei tribunali amministrativi regionali, art. 19, 21; 1. 16 gennaio 2003 n. 3, disposizioni or dinamentali in materia di pubblica amministrazione, art. 51;
d.p.c.m. 23 dicembre 2003, attuazione dell'art. 51,2° comma, 1. 16 gennaio 2003 n. 3, come modificato dall'art. 7 1. 21 otto
bre 2003 n. 306, in materia di «tutela della salute dei non fu
matori»; d.l. 9 novembre 2004 n. 266, proroga o differimento
di termini previsti da disposizioni legislative, art. 19).
Non sussistono i presupposti per sospendere l'esecuzione della
circolare ministeriale contenente indicazioni interpretative ed
attuative delle norme legislative con cui si è fatto divieto di
fumare nei locali aperti al pubblico, tranne che in aree riser
vate ai fumatori, da realizzare adeguando i locali ai requisiti tecnici prescritti dalle disposizioni secondarie all'uopo ema
nate. (1)
(1) I. - Il 10 gennaio 2005 è divenuta operativa l'estensione — san cita dall'art. 511. 3/03 — del divieto di fumo a tutti i locali, pubblici e
privati, che siano accessibili agli utenti o al pubblico. Per esplicita pre visione legislativa, la possibilità di fumare nei pubblici esercizi o nei
luoghi di lavoro permane soltanto all'interno di spazi eventualmente ri servati ai fumatori, purché dette aree: a) siano contrassegnate come tali; b) siano dotate di impianti per la ventilazione ed il ricambio di aria re
golarmente funzionanti; c) siano realizzate in modo da rispettare i pa rametri tecnici stabiliti da disposizioni di dettaglio.
Nella consapevolezza che si gravavano di ulteriori obblighi i gestori delle strutture interessate e che la facoltà di creare spazi per i fumatori
presupponeva nella maggior parte dei casi il compimento di lavori di ri
strutturazione, il legislatore aveva stabilito — all'art. 51,6° comma, 1. 3/03 — che il nuovo regime partisse soltanto dopo il decorso di un an no dall'emanazione delle necessarie disposizioni attuative (in origine, da emanare con regolamento; quindi — dopo le modifiche apportate dall'art. 7 1. 306/03 [legge comunitaria 2003] — con decreto del presi dente del consiglio dei ministri, che recepisse un accordo tra lo Stato, le
regioni e le province autonome). Si attendeva circa un anno per il provvedimento destinato a fissare i
requisiti tecnici dei locali per fumatori, dei relativi impianti di ventila zione e di ricambio d'aria e dei modelli dei cartelli connessi al divieto di fumare (d.p.c.m. 23 dicembre 2003, in Gazzetta ufficiale n. 300 del
2003, adottato su proposta del ministro della salute, di concerto con il ministro dell'economia e delle finanze, e in virtù del prescritto accordo, sancito dalla conferenza permanente per i rapporti tra Stato, regioni e
province autonome nella seduta del 24 luglio 2003). Si sono in tal modo stabilite le caratteristiche strutturali indispensa
bili, affinché i locali fruiscano dell'esenzione: i) adeguata separazione dagli altri ambienti limitrofi, dove vige il divieto; iì) delimitazione da
pareti a tutta altezza su quattro lati; Hi) ingresso con porta a chiusura
automatica, abitualmente in posizione di chiusura; z'v) adeguata segna letica (cartelli, con l'indicazione luminosa contenente la scritta «area
per fumatori», integrati da altri cartelli luminosi recanti la dizione: «vietato fumare per guasto all'impianto di ventilazione», che si accen dono automaticamente in caso di mancato o inadeguato funzionamento
degli impianti di ventilazione supplementare, determinando la conte stuale esclusione della scritta indicativa dell'area riservata); v) disloca zione tale da non rappresentare un passaggio obbligato per i non fuma
tori. Nel contempo, si sono stabiliti alcuni parametri per i sistemi di
ventilazione, con obbligo di certificazione degli impianti da parte dei
soggetti abilitati.
Il dies a quo di applicazione del divieto, che cadeva a ridosso della
fine del 2004, è stato posposto di pochi giorni (art. 19 d.l. 266/04, con
vertito in 1. 306/04). Nel frattempo, sono state inasprite le sanzioni
amministrative pecuniarie per l'inosservanza del divieto (ad opera del
l'art. 1, comma 189, 1. 311/04 [legge finanziaria 2005]; pochi giorni
prima, nella seduta del 16 dicembre 2004 della citata conferenza per manente, era stato siglato l'accordo volto a ridefinire le procedure per l'accertamento delle infrazioni, la relativa modulistica per il rilievo delle sanzioni nonché l'individuazione dei soggetti legittimati ad eleva
re i relativi processi verbali, competenti a ricevere il rapporto sulle in
frazioni accertate e deputati a irrogare le relative sanzioni; in tema di
Il Foro Italiano — 2005.
Ritenuto che non si profila il presupposto dell'invocata misu ra cautelare, costituito dal pregiudizio grave ed irreparabile, in
quanto la necessità di un adeguamento dei locali ai parametri tecnici indicati nel d.p.c.m. 23 dicembre 2003 non discende dal
l'impugnata circolare ministeriale del 17 dicembre 2004, ma di
rettamente dalla 1. 16 gennaio 2003 n. 3 (art. 51), ed è dunque
adempimento da tempo noto agli operatori, e comunque non
fatto oggetto di specifica censura; ritenuto peraltro che tale profilo non sembra neppure presen
misure repressive, va segnalato che Corte cost. 19 dicembre 2003, n.
361, Foro it., 2004, I, 2317, ha ritenuto infondata la questione di legit timità costituzionale — sollevata dalla regione Toscana, che sosteneva la propria competenza a determinare l'entità delle sanzioni — dell'art.
52, 20° comma, 1. 448/01, nella parte in cui aveva modificato le sanzio ni amministrative già previste dall'art. 7 1. 584/75 per la violazione del divieto di fumo e per la mancata esposizione, da parte di coloro cui
compete, degli avvisi riportanti il divieto medesimo). In vista dell'entrata in vigore delle regole dettate dalla 1. 3/03, il mi
nistero della salute riteneva opportuno emanare una circolare (datata 17 dicembre 2004, in Gazzetta ufficiale n. 300 del 2004), onde fornire al cuni chiarimenti e utili indicazioni sulle imminenti innovazioni. Di
questa circolare, che ha operato una ricognizione della materia (ram mentando, in particolare l'ambito applicativo della normativa, gli ob
blighi e le sanzioni per i trasgressori), è stato chiesto l'annullamento dinanzi ai giudici amministrativi.
II. - Con l'ordinanza in epigrafe, l'adito Tar rigetta l'istanza di so
spensione della circolare impugnata, non ravvisando la sussistenza dei
presupposti per la concessione della tutela cautelare. Secondo il collegio giudicante, difettano: — sia il periculum in mora, considerato lo iato temporale tra la fissa
zione delle misure che gli operatori sono tenuti ad adottare (già desu mibili dalla legge e dal regolamento e non ascrivibili alla recente cir
colare) e la data di effettiva esigibilità degli obblighi; — sia i\fumus boni iuris, in quanto gli interessi vantati dal ricorrente
devono confrontarsi con il bene primario della salute; al riguardo, si in voca Vauctoritas di Corte cost. 20 dicembre 1996, n. 399, Foro it., 1997,1, 3124 (annotata da A. Maselai, Divieto di fumo nei luoghi di la
voro, in Dir. lav., 1997, II, 207; G. Izzo, Datore di lavoro e tutela dei lavoratori dal fumo passivo, in Impresa, 1997, 213; J. Luther, Una tu tela preventiva ragionevole dei non fumatori: come un monito al legis latore si trasforma in moniti al giudice e al datore di lavoro, in Giur.
costit., 1997, 1121; G. Mammone, La salute dei lavoratori non fumato ri, in Ambiente, 1997, 425), che — nel mentre dichiarava l'infondatez za della questione di legittimità costituzionale delle norme che non pre vedevano il divieto di fumare nei luoghi di lavoro chiusi, evidenziando come spettasse comunque al datore di lavoro trovare «le misure orga nizzative sufficienti a conseguire il fine della protezione dal fumo pas sivo in modo conforme al principio costituzionale dell'art. 32» — ebbe a rivolgersi al legislatore, reiterando l'invito a «riconsiderare l'intera materia per migliorare la disciplina in tema di tutela della salute dei cittadini» (dopo l'intervento della Consulta, Trib. Torino 19 ottobre
1998, Foro it., Rep. 1998, voce Sanità pubblica, n. 660 [annotata da G.
Callegari, Il fumo ambientale nei luoghi di lavoro, in Lavoro giur., 1998, 1039], ha escluso che l'unica misura adottabile sia l'elevazione del divieto di fumare nei luoghi in cui viene svolta l'attività lavorativa, mentre il datore di lavoro, per individuare le misure idonee per la tutela
dell'integrità psico-fisica dei propri dipendenti, può far riferimento alle norme presenti nell'ordinamento che, anche se dettate per altri scopi, presentino identità di ratio).
Con riferimento alla normativa previgente, si era ritenuto che: — i locali «chiusi» nei quali è vietato fumare erano quelli caratteriz
zati dalla loro destinazione funzionale all'utilizzazione in comune da
parte di ciascun membro della collettività: cfr. Trga Trentino-Alto Adi
ge, sez. Bolzano, 14 luglio 1998, n. 201, Foro it.. Rep. 2000, voce cit., n. 715;
— il divieto di fumare nei locali chiusi adibiti a pubblica riunione
doveva intendersi circoscritto ai luoghi ordinariamente aperti al pubbli co, ivi compresi quelli in cui gli utenti possono usufruire dei servizi, senza possibilità di estenderlo ai luoghi di lavoro dei dipendenti pubbli ci, in cui l'accesso al pubblico sia solo occasionale: cfr. Tar Lazio, sez.
I, 17 marzo 1995, n. 462, id., 1996, III, 357 (sul punto, l'impugnata cir
colare opta per una lettura estensiva del divieto, considerando i lavora
tori dipendenti quali «utenti» dei locali nell'ambito dei quali prestano la loro attività lavorativa).
III. - Il divieto di fumo nei locali aperti al pubblico rappresenta uno
dei diversi fronti normativi dì contrasto al tabagismo, particolarmente intensificatosi negli ultimi anni.
Copiosa è la giurisprudenza in materia di divieto di pubblicità per i
prodotti da fumo: v., da ultimo, Cass. 14 settembre 2004, n. 18431, id.,
Mass., 1424, che sarà riportata in un prossimo fascicolo.
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PARTE TERZA
tare significativi elementi di fumus boni iuris, nella considera
zione che la salute, secondo il consolidato insegnamento della
giurisprudenza costituzionale, è un bene primario che assurge a
diritto fondamentale della persona ed impone piena ed esaustiva
tutela, anche sotto il profilo delle misure di prevenzione (Corte cost. 20 dicembre 1996, n. 399, Foro it., 1997,1, 3124);
ritenuto poi che, per quanto concerne il profilo attinente alle
responsabilità ed agli obblighi gravanti sui gestori privati, il pregiudizio lamentato appare sprovvisto del requisito dell'at
tualità, ed evoca comunque una questione giuridica che, nei suoi
nessi sistematici e nel suo fondamento normativo, impone
un'approfondita trattazione in sede di merito.
Per questi motivi, respinge la suindicata domanda incidentale
di sospensione.
Alla strategia antitabacco della Comunità europea si ricollegano: — la direttiva 2001/37/Ce, concernente la lavorazione, la presenta
zione e la vendita dei prodotti del tabacco (la cui validità è stata affer
mata, in sede di pronuncia pregiudiziale, da Corte giust. 10 dicembre
2002, causa C-491/01, id.. Rep. 2003, voce Unione europea, nn. 1714 1720 [commentata da A. Alemanno, In inargine alla sentenza British American Tobacco: continua la saga «Union de Pequeiios Agriculto res-Jego-Quéré», in Dir. Unione europea, 2004, 183]);
— la direttiva 2003/33/Ce, in tema di pubblicità e di sponsorizzazio ne a favore dei prodotti del tabacco, che fa seguito alla bocciatura della direttiva 98/43/Ce, riguardante la medesima materia (annullata, per l'erroneità del fondamento giuridico prescelto, da Corte giust. 5 ottobre
2000, causa C-376/98, Foro it., 2000, IV, 505, con nota di P. Laghez
za); — la raccomandazione del consiglio 2003/54/Ce, sulla prevenzione
del fumo e su iniziative per rafforzare la lotta contro il tabagismo. All'attuazione nell'ordinamento interno delle citate direttive comu
nitarie hanno provveduto, rispettivamente, il d.leg. 184/03 (lavorazione, presentazione e vendita) e il d.leg. 300/04 (pubblicità e sponsorizzazio ne).
A livello internazionale, va segnalata l'entrata in vigore, in data 27 febbraio 2005, della «Framework Convention on Tobacco Control», che era stata adottata, sotto l'egida dell'Organizzazione mondiale per la
sanità, il 21 maggio 2003 (in occasione della 56a World Health Assem
bly) e che finora è stata sottoscritta da 168 Stati ed è divenuta vinco lante per i 57 aderenti che hanno depositato lo strumento di ratifica o un equivalente. La convenzione quadro addossa alle parti contraenti
obblighi di varia natura, funzionali al perseguimento di plurime finalità
protettive (sottolineate con enfasi dall'art. 3: «the objective of this Convention and its protocols is to protect present and future genera tions from the devastating health, social, environmental and economic
consequences of tobacco consumption and exposure to tobacco smo
ke»). Si prevedono, in particolare, specifiche misure per ridurre i rischi da fumo passivo (cfr. art. 8.2: «Each Party shall adopt and implement [. . .] effective legislative, executive, administrative and/or other meas
ures, providing for protection from exposure to tobacco smoke in in door workplaces, public transport, indoor public places and, as appro priate, other public places»).
IV. - Circa la responsabilità dei produttori di sigarette per i danni da fumo attivo, cfr. App. Roma 7 marzo 2005, che sarà riportata su di un
prossimo fascicolo, con nota di richiami. [A. Palmieri]
Il Foro Italiano — 2005.
CONSIGLIO SUPERIORE DELLA MAGISTRATURA rere 8 aprile 2004; Min. giustizia.
CONSIGLIO SUPERIORE DELLA MAGISTRATURA; o :i_ ^r\r\ a . * •
Unione europea —
Eurojust — Attuazione nell'ordinamen
to interno — Disegno di legge — Parere del Consiglio su
periore della magistratura (Trattato Ue, art. 29, 31, 34).
Il Consiglio superiore della magistratura ha formulato il parere sul disegno di legge recante «disposizioni per l'attuazione
della decisione 2002/187/Gai del consiglio dell'Unione euro
pea, del 28 febbraio 2002, che istituisce l'Eurojust per raf
forzare la lotta contro le forme gravi di criminalità». (1)
(1) I. - Il parere in epigrafe, reso ai sensi dell'art. 10, 2° comma, 1. 24 marzo 1958 n. 195, si riferisce al d.d.l. del governo finalizzato a con formare la legislazione nazionale alla decisione 2002/187/Gai, del con
siglio dell'Unione europea, del 28 febbraio 2002, che istituisce l'Eu
rojust per rafforzare la lotta contro le forme gravi di criminalità. Tale strumento, adottato nell'ambito del c.d. terzo pilastro dell'U
nione europea ed implicante, in quanto vincolante ma non esplicante ef ficacia diretta, l'obbligo di adeguare ad esso la legislazione nazionale
degli Stati membri (art. 34, 2° comma, lett. c, del trattato Ue), ha isti tuito — così introducendo, nel settore, una novità di assoluto rilievo ri
spetto al passato, ispirata ad una logica di vera e propria integrazione tra gli Stati membri — il primo organismo europeo sopranazionale nel
settore della cooperazione giudiziaria. La decisione istitutiva ha confi
gurato infatti l'Eurojust come un organo centrale dell'Unione, dotato di
personalità giuridica; organo composto da un membro nazionale per ciascuno Stato membro, scelto tra magistrati del pubblico ministero,
giudici o funzionari di polizia aventi pari prerogative. Il ruolo dell'Eu
rojust trova oggi un riconoscimento espresso nel diritto primario del l'Unione europea dopo le modifiche apportate dal trattato di Nizza, en trato in vigore il 1 ° febbraio 2003, agli art. 29 e 31 del trattato istitutivo dell'Unione.
La creazione di un siffatto soggetto istituzionale sopranazionale ha
consentito, peraltro, l'attribuzione ad esso — nell'ambito dell'assai
ampia sfera di competenza al medesimo devoluta, relativa alle «forme
gravi di criminalità, soprattutto se organizzata» (art. 3, 1° comma, della decisione istitutiva), interessanti il territorio di più Stati membri, indi
cate, con elencazione non esaustiva ed in termini, sovente, più crimi
nologici che di tassative fattispecie criminose, all'art. 4 della decisione
(art. 4, 1° e 2° comma, della decisione istitutiva) — oltre che del com
pito di migliorare la cooperazione in senso stretto tra le autorità giudi ziarie ed i ministeri competenti degli Stati membri nei classici settori dell'assistenza giudiziaria e della estradizione, anche dell'ulteriore
compito, di fondamentale rilievo ai fini della lotta al crimine organiz zato transnazionale, di stimolare e migliorare il coordinamento delle
indagini e delle azioni penali sviluppate dalle competenti autorità na zionali. Ed in tale secondo profilo risiede il salto di qualità rappresen tato dall'Eurojust nel percorso di sviluppo della collaborazione giudi ziaria europea: nella creazione, cioè, di un soggetto istituzionale sopra nazionale operante quale centro di imputazione di una propulsiva azio ne di coordinamento delle attività di indagine poste in essere dalle
competenti autorità dei vari Stati membri. Azione, questa, che né la rete
giudiziaria europea, istituita dall'azione comune del 28 giugno 1998, costituita da una struttura orizzontale di punti di contatto nazionali scarsamente idonea allo scopo, ed operante, quindi, essenzialmente, sul versante della cooperazione in senso classico, nel sostegno, specie in formativo e linguistico, all'attività rogatoriale, né i magistrati di colle
gamento, istituiti con l'azione comune del 22 aprile 1996, ed operanti, secondo modalità non tipizzate, a fini di supporto ed accelerazione di tutte le forme di cooperazione in genere — entrambi questi strumenti
cooperativi precedentemente istituiti dall'Unione, l'uno multilaterale, l'altro bilaterale, sono, peraltro, sopravvissuti all'Eurojust, che ad essi si è andata ad affiancare — erano in condizione di svolgere.
Sulla cooperazione giudiziaria penale nell'ambito del terzo pilastro dell'Unione europea, l'unico precedente edito della Corte di giustizia concerne il profilo dell'applicazione del principio del ne bis in idem alla luce dell'accordo di Schengen (sent. 11 febbraio 2003, cause ri unite C-187/01 e C-385/01, Foro it., 2003, IV, 426; cfr. adesso, da ul
timo, anche sent. 10 marzo 2005, causa C-469/03, che sarà riportata in un prossimo fascicolo); sul tema dei rapporti tra norme del terzo pila stro e ordinamenti nazionali, v. Trib. Firenze 3 febbraio 2003, id., 2004, II, 54, e ivi ampi richiami di dottrina.
Sull'Eurojust e sull'attuazione della relativa decisione istitutiva nel l'ordinamento interno, cfr. AA.VV., Eurojust: il terzo pilastro trova le sue fondamenta, in Guida al dir., 2002, fase. 6, 106; G.C. Caselu-G. De Amicis, La natura di Eurojust e la sua attuazione nell'ordinamento
interno, in Dir. e giustizia, 2003, fase. 28, 94; G. De Amicis, La costru zione di Eurojust nell'ambito del «terzo pilastro» dell'Unione europea, in Cass, pen., 2001, 1964; Id., Eurojust: l'istituzione dell'unità provvi
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