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sezione III penale; sentenza 24 ottobre 2003; Pres. Savignano, Est. Postiglione, P.M. Albano (concl....

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sezione III penale; sentenza 24 ottobre 2003; Pres. Savignano, Est. Postiglione, P.M. Albano (concl. diff.); ric. Carlessi e altro. Conferma Trib. Bergamo 10 aprile 2002 Source: Il Foro Italiano, Vol. 127, No. 4 (APRILE 2004), pp. 209/210-211/212 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23199179 . Accessed: 24/06/2014 21:08 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 185.2.32.134 on Tue, 24 Jun 2014 21:08:27 PM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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Page 1: sezione III penale; sentenza 24 ottobre 2003; Pres. Savignano, Est. Postiglione, P.M. Albano (concl. diff.); ric. Carlessi e altro. Conferma Trib. Bergamo 10 aprile 2002

sezione III penale; sentenza 24 ottobre 2003; Pres. Savignano, Est. Postiglione, P.M. Albano(concl. diff.); ric. Carlessi e altro. Conferma Trib. Bergamo 10 aprile 2002Source: Il Foro Italiano, Vol. 127, No. 4 (APRILE 2004), pp. 209/210-211/212Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23199179 .

Accessed: 24/06/2014 21:08

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GIURISPRUDENZA PENALE

Rilevato in fatto: che con l'impugnata sentenza, in conferma

di quella di primo grado pronunciata dal Tribunale di Cantù il

10 maggio 2002, Galli Stefano venne ritenuto responsabile del

reato di vilipendio alla bandiera dello Stato (art. 292 c.p.) per avere, nel corso di una pubblica riunione di carattere politico,

pronunciato la frase: «Da quando ho appeso il tricolore nel ces

so non soffro più di stitichezza»; che, a sostegno di tale decisione, per quanto ancora d'interes

se, la corte d'appello ritenne che, contrariamente a quanto so

stenuto dalla difesa dell'imputato, la configurabilità del reato

non richieda la «presenza» della bandiera, dal momento che —

si afferma — «quando si parla di 'tricolore' non può sussistere

alcun dubbio che ci si voglia riferire alla bandiera italiana ed

alla sua specifica funzione di simbolo dello Stato e dell'unità

nazionale»; che avverso la sentenza ha proposto ricorso per cassazione la

difesa dell'imputato, denunciando «violazione dell'art. 606

c.p.p. in relazione all'art. 42 c.p.», sull'assunto, in sintesi, che, non prevedendosi, nella norma incriminatrice (a differenza di

quanto si prevede negli art. 290 e 291 c.p.) che la condotta vili

pendiosa abbia luogo «pubblicamente», dovrebbe da ciò desu

mersi che il legislatore, nel caso del vilipendio alla bandiera, abbia inteso attribuire rilievo determinante alla presenza di que st'ultima, mancando la quale il reato non sarebbe quindi confi

gurabile. Considerato in diritto: che, ad avviso del collegio, la mancata

previsione, nell'art. 292 c.p., del requisito della pubblicità della condotta implica, all'evidenza, soltanto che il reato può essere

commesso anche in ambito privato ma non anche che per la sua

sussistenza sia richiesta la presenza fisica della bandiera, essen

do quest'ultima tutelata non come oggetto in sé (diversamente da quanto si verifica, ad esempio, con riguardo al vilipendio di

tombe o di cadavere, per il quale si richiede che la condotta pe nalmente rilevante si concretizzi in atti di materiale manomis

sione del suo oggetto), ma unicamente per il suo valore simboli

co, suscettibile, per sua natura, di essere leso anche da semplici manifestazioni verbali di disprezzo, la cui penale rilevanza ri

chiede quindi soltanto la percepibilità da parte di altri soggetti e

non anche la presenza della res, da riguardarsi, in quanto tale, come del tutto indifferente;

che pertanto il ricorso, siccome da ritenersi privo di giuridico fondamento, non può che essere rigettato.

cost. 17 ottobre 1985, n. 228, id., 1985,1, 3076, con nota di richiami e osservazioni di Messina, che ha dichiarato inammissibile, per erronea

indicazione delle norme cui dovrebbe riferirsi e per incertezza sul peti lum. la questione di legittimità costituzionale degli art. 159, 1° comma, 313 c.p. e 3 r.d.l. 9 dicembre 1941 n. 1386, nella parte in cui stabilisco no la sospensione del corso della prescrizione nel caso di autorizzazio ne a procedere per il reato di vilipendio delle forze armate previsto dal l'art. 81 c.p. mil. pace.

Sul reato di vilipendio dell'ordine giudiziario, v. App. Perugia 2 giu

gno 1981, id., 1982, II, 525, con nota di richiami, che ha ritenuto do versi annullare la sentenza di primo grado che aveva ritenuto sussistere il reato di oltraggio a magistrato in udienza, ex art. 343 c.p., e non

quello di vilipendio dell'ordine giudiziario, ex art. 290 c.p., nel fatto di

appartenenti ad un gruppo eversivo che avessero letto in udienza un do cumento contenente un messaggio minaccioso e spregiativo articolato su frasi gravemente lesive per la stima ed il rispetto della istituzione

giudiziaria ed occasionalmente indirizzato al giudice avanti al quale si celebrava il procedimento.

Il Foro Italiano — 2004.

CORTE DI CASSAZIONE; sezione III penale; sentenza 24

ottobre 2003; Pres. Savignano, Est. Postiglione, P.M. Alba

no (conci, diff.); ric. Carlessi e altro. Conferma Trib. Berga mo 10 aprile 2002.

Animali e vegetali (protezione degli) — Commercio inter nazionale di specie animali in via di estinzione — Deten zione per la vendita di zanne di elefante — Reato (L. 7

febbraio 1992 n. 150, disciplina dei reati relativi all'applica zione in Italia della convenzione sul commercio internazio

nale delle specie animali e vegetali in via di estinzione, fir

mata a Washington il 3 marzo 1973, di cui alla 1. 19 dicem bre 1975 n. 874 e del regolamento (Cee) 3626/82 e succes

sive modificazioni, nonché norme per la commercializza

zione e la detenzione di esemplari vivi di mammiferi e rettili

che possono costituire pericolo per la salute e l'incolumità

pubblica, art. 1).

Integra gli estremi del reato preveduto dall'art. 1 l. 150/92 il

detenere per la vendita, in assenza della prescritta documen

tazione comprovante la regolarità del possesso, una zanna di

elefante quale parte di un esemplare di animale appartenente a specie protetta. ( 1 )

Fatto e diritto. — Il Tribunale di Bergamo, con sentenza del

10 aprile 2002, condannava Cadessi Annibale e Capelli Luigi alla pena di euro diecimila di ammenda ciascuno, perché ritenuti

responsabili del reato di cui all'art. 1 1. 150/92, avendo detenuto

per la vendita una zanna di elefante, appartenente a specie pro tetta ai sensi della convenzione di Washington del 3 marzo 1973

sul commercio internazionale di flora e fauna selvatica e del re

golamento Ce 338/97. Contro questa sentenza gli imputati han

no proposto ricorso per cassazione, deducendo l'infondatezza

dell'imputazione perché l'oggetto detenuto era riconducibile ad

opera d'arte africana risalente ad oltre cinquant'anni fa e, dun

que, non rientrante nella normativa internazionale e comunita

ria.

Essi lamentano che non sia stata disposta una perizia d'uffi

cio sull'oggetto sequestrato per dimostrarne le caratteristiche e

la datazione e che sia stata comminata una pena eccessiva, senza

la concessione delle attenuanti generiche. I ricorsi sono infondati.

Ai sensi dell'art. 8 sexies 1. 7 febbraio 1992 n. 150 (introdotto dal d.l. 12 gennaio 1993 n. 2, art. 10, convertito nella 1. 13 mar

zo 1993 n. 59) per «esemplare» deve intendersi qualsiasi ani

male o pianta, vivo o morto, delle specie elencate nelle appendi ci I, II, III della convenzione di Washington, all. B, e nell'ali. C,

parte 1 e 2, del regolamento Cee 3626/82 e successive modifi

cazioni ed integrazioni (compreso «qualsiasi parte o prodotto» di animali e piante appartenenti alla stessa specie protetta).

Nel caso in esame risulta accertato ed ammesso, in punto di

fatto, che trattavasi di detenzione di una zanna di elefante, ossia

di una parte o prodotto ottenuto da un animale protetto morto,

facilmente identificabile ed identificato, soggetto alle preventive

autorizzazioni, del tutto carenti.

L'oggetto fu sequestrato dal corpo forestale dello Stato il 5

maggio 1999, in un negozio di antiquariato, sito in Bergamo, condotto da Carlessi Annibale, al quale era stato consegnato,

per la vendita, dal proprietario Capelli Luigi, sulla base di un

documento scritto, come risulta inequivocamente dagli atti.

Nel caso in esame, gli imputati non hanno fornito alcuna

documentazione comprovante la regolarità del possesso della

zanna di elefante (denuncia agli uffici del corpo forestale dello

Stato entro novanta giorni dall'entrata in vigore della 1.

150/92; permessi di esportazione e certificati di importazione costituenti la documentazione Cites, che giustificano la deten

zione di specie protette o parte di esse) e neppure hanno pro vato che questa documentazione esistesse in testa ai precedenti

possessori.

(1) In precedenza, cfr., nello stesso senso, Cass. 19 novembre 1998,

Morosini, Riv. pen., 1999, 163, e massimata in Foro it., Rep. 1999, vo

ce Animali (protezione), n. 2.

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PARTE SECONDA

La legge esclude la possibilità di commercializzazione od

esposizione in vendita anche per gli oggetti di uso personale o

domestico, se sia mancata la preventiva denuncia all'autorità

competente.

Questa corte ha già ritenuto che la detenzione di zanne di ele

fante, attualmente incluse nell'ali. A, appendice I del regola mento Cee 338/97, costituisce illecita detenzione di esemplari di

specie protetta ed integra il reato ex art. 1 1. 7 febbraio 1992 n.

150 (Cass. 19 novembre 1998, Morosini, Foro it., Rep. 1999, voce Animali (protezione), n. 2).

Poiché le deroghe previste dalla convenzione di Washington e

dalla normativa comunitaria hanno carattere limitato ed ecce

zionale, non basta che gli interessati assumano che si tratti di

esemplari lavorati acquisiti da oltre cinquant'anni, essendo ne

cessaria al riguardo una certificazione dell'autorità competente. Convince in tal senso l'art. VII, punto 2, della convenzione di

Washington: «Quando un'autorità amministrativa dello Stato di

esportazione o di riesportazione avrà verificato che uno speci men fu acquistato anteriormente alla data in cui entrarono in vi

gore le disposizioni della presente convenzione rispetto a detto

specimen, le disposizioni degli art. Ill, IV, V non si applicano a questo specimen, se la detta autorità emette un certificato a tale

effetto».

La convenzione responsabilizza in modo formale gli Stati

firmatari anche per il periodo anteriore alla sua entrata in vigo re. Analogamente il regolamento Ce 338/97 (art. 8) stabilisce

che l'esenzione dai divieti può essere decisa solo dall'organo di

gestione dello Stato membro e non genericamente ed arbitra

riamente dallo stesso interessato.

Di conseguenza anche gli esemplari lavorati ed acquisiti da

lungo tempo devono essere certificati da un'autorità pubblica,

per essere ammessi alla libera detenzione e commercializzazio

ne?

Nel caso in esame, in mancanza di qualsiasi documentazione, il giudice non era tenuto di ufficio a disporre una perizia, perché il sistema normativo impone agli interessati l'onere di acquisire la documentazione sulla regolarità del possesso, vigendo il prin

cipio del divieto generale di commercializzazione di specie protette al di fuori di un controllo rigido, incrociato e formale

delle autorità competenti.

Sussiste, dunque, il reato contestato a carico di entrambi gli

imputati, consapevoli di detenere e porre in vendita un esempla re di specie protetta di rilevante valore economico senza auto

rizzazione. La condanna per entrambi gli imputati è stata moti

vata con riferimento ai criteri di cui all'art. 133 c.p. ed appare non gravosa in relazione all'entità del fatto, tenuto conto della

recidiva per Cadessi e della titolarità di un'impresa commer

ciale e valutata la concessione delle attenuanti generiche per il

Capelli.

Il Foro Italiano — 2004.

CORTE DI CASSAZIONE; sezione III penale; sentenza 7 ot tobre 2003; Pres. Rizzo, Est. Postiglione, P.M. Fraticelli

(conci, parz. diff.); ric. Natale. Conferma Trib. Bari, ord. 24

marzo 2003.

Parchi nazionali e aree protette — Aree naturali protette

Nozione — Fattispecie (L. 6 dicembre 1991 n. 394, legge quadro sulle aree protette, art. 2, 30, 34; 1. 11 febbraio 1992 n.

157, norme per la protezione della fauna selvatica omeoterma

e per il prelievo venatorio, art. 1; d.p.r. 8 settembre 1997 n.

357, regolamento recante attuazione della direttiva 92/43/Cee

relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminatu

rali, nonché della flora e della fauna selvatiche, art. 3). Parchi nazionali e aree protette

— Aree naturali protette —

Zone di protezione speciale — Istituzione — Competenza (L. 6 dicembre 1991 n. 394, art. 2, 30; d.p.r. 8 settembre 1997

n. 357, art. 3).

Il concetto di aree naturali protette è più ampio di quello com

prendente i parchi e le riserve naturali, nazionali e regionali,

perché abbraccia anche le zone umide, le zone di protezione

speciale, le zone speciali di conservazione ed altre aree natu

rali protette; l'esecuzione di opere di movimento di terra, di

sboscamento e copertura di pietrame in assenza di titolo au

torizzatone può, pertanto, configurare la violazione dell'art.

30 l. 6 dicembre 1991 ti. 394. (1) La competenza all'istituzione delle zone di protezione speciale

non è prerogativa esclusiva delle regioni, e solo in via sosti

tutiva dello Stato, ma può essere esercitata anche dallo Stato

quando un determinato habitat sia rilevante quale ecosistema di importanza nazionale. (2)

Fatto e diritto. — Con ordinanza del 24 marzo 2003, il Tri bunale di Bari confermava il sequestro preventivo di alcune

particelle (recanti i nn. 12, 169, 219, 221 e 290) del fondo rusti co di proprietà di Natale Rosa in Altamura, destinate alla realiz

zazione di un fabbricato per deposito e trasformazione di pro dotti agricoli, ravvisando la violazione degli art. 20, lett. c), 1. 47/85 e 30 1. 394/91.

Riteneva il tribunale che l'area, inserita nelle zone di prote zione speciale ai sensi della normativa comunitaria, essendo al tresì coperta da vegetazione boscosa (pini di Aleppo ed altre es

(1-2) Non constano precedenti in relazione alle zone speciali di

protezione ed ai siti di importanza comunitaria. L'esame della giurisprudenza edita dimostra, inoltre, che l'applica

zione delle sanzioni penali, previste dalla legge quadro sulle aree pro tette, è risultata finora estremamente ridotta.

Unico precedente di riferimento è costituito da Cass. 22 ottobre 1999, Bianchi, Foro it., Rep. 2000, voce Caccia, n. 17, che richiama la classificazione delle aree naturali protette, operata con la deliberazione 2 dicembre 1996. al fine di estendere, anche ai territori delle riserve naturali, l'applicabilità dei divieti di introduzione di arma non autoriz zata previsto dall'art. 11, 3° comma, 1. 394/91 con riferimento testuale solo ai parchi. Rispetto a tale risultato, peraltro, il richiamo alla classi ficazione, contenuto in motivazione, è solo un passaggio dell'argo mentazione, che ha condotto all'applicabilità del divieto solo dopo aver accertato che la riserva naturale era stata effettivamente istituita.

Sui rapporti Stato-regioni, in relazione all'applicazione della legge sulla caccia 11 febbraio 1992 n. 157, di recepimento della direttiva 79/409, v. Corte cost. 20 dicembre 2002, n. 536, id., 2003, I. 688, e 4

luglio 2003, n. 226, ibid., 2883, secondo cui la disciplina statale rivolta alla tutela dell'ambiente e dell'ecosistema può incidere sulla materia della caccia, pur riservata alla potestà legislativa regionale, ove l'inter vento dello Stato sia rivolto a garantire standard minimi e uniformi di tutela della fauna, trattandosi di limiti unificanti che rispondono a esi

genze riconducibili ad ambiti riservati alla competenza esclusiva statale ai sensi dell'art. 117, 2° comma, lett. s), Cost.

Sui rapporti Stato-regioni in materia di parchi naturali, v. Corte cost. 20 gennaio 2004, n. 27. e ord. 9 maggio 2003, n. 168, in questo fasci colo, 1, 987.

La fattispecie esaminata dalla corte, solo con delibazione sommaria in sede cautelare, tornerà sicuramente all'attenzione della giurisprudenza che avrà modo di approfondire un tema di sicuro interesse (il Corriere della Sera del 14 febbraio 2004 — supplemento regionale — riporta la notizia di ulteriori decreti di sequestro emessi nella stessa zona dell'Alta

Murgia dalla procura della repubblica presso il Tribunale di Trani). La sentenza è commentata da R. Fuzio, Aree naturali protette di ori

gine comunitaria: quale tutela per gli «habitat» naturali e di specie?, che sarà riportato in Ambiente, 2004, fase. 5.

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