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sezione III penale; sentenza 4 giugno 2004; Pres. Savignano, Est. Franco, P.M. Scardaccione(concl. conf.); ric. Andolfo. Conferma Trib. Rovigo, ord. 22 dicembre 2003Source: Il Foro Italiano, Vol. 128, No. 3 (MARZO 2005), pp. 171/172-173/174Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23200256 .
Accessed: 25/06/2014 08:56
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PARTE SECONDA
nel caso in cui l'impedimento del difensore potrebbe implicarne rinvio, e dall'altro travisa che la remunerazione del sostituto, che avviene su richiesta del difensore, non costituisce un onere
ulteriore per lo Stato.
Concludendo, risulta insuperabile quanto ritiene in particolare la sentenza Bracia cit., che non segna un nuovo indirizzo, ma la
prosecuzione di quello precedente, dopo la novella apportata dalla 1. 134/01 alla disciplina del gratuito patrocinio. La qualifi cazione «aggiuntiva», data alla disposizione dell'art. 101 t.u., non è affatto gratuita, perché non limita, bensì amplia le funzio
ni del sostituto del difensore in materia.
Pertanto ai quesiti posti, le sezioni unite rispondono: 1) il di
fensore della persona ammessa al gratuito patrocinio può nomi
nare, a norma dell'art. 102 c.p.p., un sostituto per tutte le attività
per le quali la sostituzione è consentita, oltre quella di investi
gazione difensiva, cui fa riferimento l'art. 101 d.p.r. 115/02; 2) il sostituto non deve essere necessariamente scelto tra gl'iscritti
negli elenchi dell'art. 80 stesso d.p.r.; 3) al difensore compete, in ogni caso, il compenso per l'attività difensiva svolta dal so
stituto.
4. - Nella specie risulta incensurabile il provvedimento impu
gnato, che liquida la remunerazione dovuta al difensore ritual
mente nominato per la sua sostituzione in udienza, perché im
pedito, senza perciò attribuirgli ulteriore e non dovuto compen so.
CORTE DI CASSAZIONE; sezione III penale; sentenza 4
giugno 2004; Pres. Savignano, Est. Franco, P.M. Scardac
cione (conci, conf.); ric. Andolfo. Conferma Trib. Rovigo, ord. 22 dicembre 2003.
Commercio (disciplina del) — Giocattoli — Indebita apposi zione della marcatura Ce — Reato — Immissione in
commercio, vendita o distribuzione della merce — Irrile
vanza (D.leg. 27 settembre 1991 n. 313, attuazione della di
rettiva 88/378/Cee relativa al ravvicinamento delle legislazio ni degli Stati membri concernenti la sicurezza dei giocattoli, a
norma dell'art. 54 1. 29 dicembre 1990 n. 428, art. Ì0, 11).
La condotta del fabbricante o del mandatario stabilito nella
Comunità europea che apponga indebitamente su giocattoli la marcatura Ce integra il reato proprio di cui all'art. 11,2° comma, d.leg. 27 settembre 1991 n. 313, senza che sia neces
saria anche l'immissione in commercio o la vendita o la di
stribuzione al pubblico di tale merce, e altresì senza la neces
sità di attendere l'inutile decorso del termine di sessanta
giorni, previsto dall'art. 10, comma 1 bis, d.leg. cit. perché il
fabbricante o il mandatario conformino il prodotto alle di
sposizioni Ce sulla marcatura. (1)
( 1 ) La sentenza in rassegna, che non ha precedenti in termini, fa il
punto sul reato di indebita apposizione della marcatura Ce di cui all'art.
11, 2° comma, d.leg. 313/91, tracciandone il confine dal meno grave reato di cui al 1° comma dello stesso articolo, relativo alla immissione in commercio, vendita o distribuzione di giocattoli privi di marcatura Ce.
Il primo è un reato proprio, in quanto è fatto riferimento solo al fatto del commerciante o del suo mandatario nella Comunità; la maggiore gravità deriva dalla circostanza che l'indebita apposizione in esame
Il Foro Italiano — 2005.
Svolgimento del processo. — Con decreto del 3 dicembre
2003 il pubblico ministero presso il Tribunale di Rovigo conva
lidò il sequestro probatorio effettuato dalla polizia giudiziaria il
2 dicembre 2003 nei confronti di Andolfo Mauro di due contai
ners, due rimorchi, circa cinquantaseimila giocattoli di peluche e documenti vari, in relazione ai reati di cui agli art. 11, cpv.,
d.leg. 313/91 e 474 c.p. perché i detti giocattoli recavano un'eti
chetta riportante il marchio Ce indebitamente apposto, non es
sendo stata ottenuta la relativa certificazione di conformità.
Il Tribunale del riesame di Rovigo, con ordinanza del 22 di
cembre 2003, escluse la configurabilità del reato di cui all'art.
474 c.p., accolse la richiesta di riesame limitatamente ai due
containers e ai due rimorchi, di cui dispose il dissequestro e la
restituzione, e confermò nel resto il provvedimento di convali
da.
L'Andolfo propone ricorso per cassazione deducendo erronea
applicazione dell'art. 11 d.leg. 313/91. Osserva che non rileva il fatto che i certificati di conformità
siano stati rilasciati dopo l'entrata nel territorio italiano dei
giocattoli in questione ed il loro sequestro e che negli stessi sia
stata previamente applicata la marcatura Ce, dal momento che
per la sussistenza del reato di cui all'art. 11 d.leg. 313/91 è ne
cessaria la messa in commercio del bene, ossia che siano stati
venduti o distribuiti giocattoli totalmente privi di marcatura Ce
o con marcatura indebitamente apposta. La commercializzazio
ne o la distribuzione nel mercato di prodotti non corrispondenti alle prescrizioni di legge è perciò una condizione indispensa bile per la configurabilità del reato. Nella specie, invece, tutti i
giocattoli sequestrati erano appena stati importati dalla Cina e
si trovavano all'interno di un container nella piena ed esclusiva
disponibilità dell'importatore e non erano stati ancora posti in
commercio. Immotivatamente, quindi, è stato escluso che l'im
portatore, prima di mettere in commercio i giocattoli, potesse
provvedere agli incombenti necessari per la loro regolarizza zione e per l'ottenimento del certificato di conformità. D'altra
parte, i giocattoli vengono importati già muniti dell'etichetta
Ce in quanto sarebbe un'inutile perdita di tempo e di energie dover sventrare i prodotti ed applicare l'etichettatura Ce solo
dopo il rilascio di conformità, dato che, quando si tratta, come
nella specie, di pupazzeria in stoffa, la marchiatura è material
mente contenuta in un'etichetta in tela cucita ai giocattoli. Del
resto il ricorrente ha provveduto al loro acquisto solo dopo averne vagliato la qualità e le caratteristiche e dopo aver otte
nuto idonea documentazione dalla società produttrice. Pertanto, soltanto dopo che la merce è stata messa in com
mercio si può valutare se l'importatore si sia attenuto alla nor
mativa vigente e se abbia o meno apposto la marcatura Ce, per ché fino a quel momento il medesimo ha sempre la possibilità di
mettere a norma il prodotto. Se così non fosse si avrebbe la con
seguenza assurda che se i giocattoli fossero già stati posti in
commercio senza legittima marchiatura Ce l'importatore subi
rebbe soltanto il ritiro dal mercato della merce per conformarla
alle norme sulla marchiatura, mentre se l'irregolarità fosse ac
certata quando i giocattoli sono ancora nella piena disponibilità
«integra una frode ed una falsificazione idonea a trarre in inganno il
pubblico», ciò indipendentemente dalla immissione sul mercato dei
prodotti in questione. La Cassazione segnala anche che, ai fini del per fezionamento del reato, non rilevano le disposizioni di cui all'art. 10, comma 1 bis, stessa legge, che pongono l'obbligo, per il responsabile, di conformare il prodotto alle disposizioni Ce, entro sessanta giorni, decorsi inutilmente i quali il ministero ordina il ritiro del prodotto dal mercato.
Tali previsioni, pena la violazione del principio di ragionevolezza, né
integrano né limitano l'ambito di operatività del reato di cui all'art. 11, 2° comma, cit., in quanto si limitano a prevedere una sorta di sanatoria della illegittima marcatura, al solo fine di evitare la confisca dei gio cattoli.
Cfr. anche Cass. 10 ottobre 2002, Burgato, Foro it., Rep. 2003, voce Commercio (disciplina del), n. 97, per la riconducibilità delle pistole giocattolo al reato di immissione sul mercato di giocattoli senza la mar catura Ce.
Per le possibili interferenze con il reato di' frode in commercio, cfr. Cass. 6 giugno 2003, Traficante, id., 2004, II, 225.
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GIURISPRUDENZA PENALE
del fabbricante, che potrebbe ancora conformarsi alle norme di
legge, dovrebbe subire il sequestro e l'indisponibilità dei beni.
La confisca non poteva quindi essere disposta dal momento
che si tratta di beni che potevano essere regolarizzati ed anche
perché al momento del sequestro il reato non era stato ancora
perpetrato. Motivi della decisione. — Il ricorso è infondato.
Il giudice del merito ha invero accertato in punto di fatto: a)
che i giocattoli in questione, di fabbricazione cinese, furono rin
venuti in Rovigo, nella zona interporto, all'interno di due con
tainers trasportati da due autocarri; b) che sugli stessi era appo sta un'etichetta di tela cucita riportante il marchio Ce nonché
un'altra etichetta di cartone pendente riportante anch'essa il
marchio Ce; c) che il rappresentante della s.r.l. Royal Collection
non era stato in grado di esibire alcun certificato di conformità
ed aveva anzi dichiarato che era prassi abituale quella di chiede
re l'attestazione di conformità alle norme europee solo dopo l'arrivo della merce in Italia e lo sdoganamento; d) che la do
cumentazione presentata successivamente dal medesimo legale
rappresentante della società importatrice sig. Andolfo riguarda va in realtà giocattoli diversi da quelli sottoposti a sequestro.
Ciò posto, del tutto esattamente il tribunale del riesame ha
ritenuto sussistente il fumus del reato di cui all'art. 11, 2° com
ma, d.leg. 313/91, la cui configurabilità non è esclusa — come
erroneamente sostenuto dal ricorrente — dal fatto che i giocat toli in questione non erano stati ancora posti in commercio o di
stribuiti. L'art. 11 citato d.leg. 313/91, infatti, prevede diverse ipotesi
di reati e di illeciti amministrativi. In particolare il 1° comma
configura come reato, punito con la sola ammenda, il fatto di
chiunque immetta in commercio, venda o distribuisca gratuita mente al pubblico giocattoli privi della marcatura Ce. In questa
ipotesi, pertanto, il reato effettivamente si consuma soltanto con
l'immissione in commercio o con la vendita o con la distribu
zione al pubblico. Il 2° comma, invece, configura come reato, punito con la pe
na congiunta dell'arresto e dell'ammenda, il fatto del fabbri
cante o del mandatario stabilito nella Comunità che apponga in
debitamente la marcatura Ce. Si tratta, quindi, a differenza di
quello previsto dal 1° comma, di un reato proprio, che può esse
re commesso solo dal fabbricante dei giocattoli o dal suo man
datario stabilito nell'Unione europea e che si realizza con la
semplice apposizione indebita della marcatura Ce sui giocattoli, senza che sia necessaria anche l'immissione in commercio o la
vendita o la distribuzione al pubblico. La ragione è evidente.
Nel primo caso, infatti, la mancanza della marcatura Ce sul gio cattolo è facilmente percettibile da chiunque e l'offesa al bene
protetto dalla norma non si verifica fin quando il giocattolo resti
nell'esclusiva disponibilità del fabbricante o dell'importatore e
non sia stato ancora posto in commercio o distribuito al pubbli co. Nel secondo caso, invece, viene punito un comportamento che integra una frode ed una falsificazione idonea a trarre in in
ganno il pubblico, ossia l'apposizione indebita della marcatura
Ce senza che ricorrano i presupposti di legge. Ai sensi dell'art.
4, 2° comma, medesimo d.leg. 313/91, infatti, il fabbricante o il
mandatario con l'apposizione della marcatura attestano, sotto la
loro responsabilità, che il giocattolo è stato fabbricato in con
formità alle norme o ai modelli di cui all'art. 3, mentre, ai sensi
dell'art. 6, la certificazione Ce è la procedura con la quale un
organismo autorizzato constata e attesta che il modello di un
giocattolo soddisfa ai requisiti essenziali di cui all'art. 2, rila
sciando un attestato Ce. Non può ritenersi manifestamente irra
zionale, quindi, che il legislatore, nell'esercizio della sua di
screzionalità in tema di configurazione delle condotte penal mente punibili, abbia ritenuto, da un lato, che questo secondo
reato sia punito più gravemente del primo (pena congiunta anzi
ché solo pena pecuniaria) e, dall'altro, che il reato stesso si per
fezioni con la semplice apposizione dell'indebita marcatura Ce,
indipendentemente da qualsiasi messa in commercio o distribu
zione al pubblico, dal momento che è già con questa indebita
apposizione che si realizza una condotta idonea a porre in peri
colo il bene tutelato dalla norma penale.
Questa interpretazione non è poi contraddetta dalla disposi
li. Foro Italiano — 2005.
zione di cui all'art. 10, comma 1 bis, medesimo d.leg. 313/91, il
quale dispone che l'apposizione indebita della marcatura Ce
comporta per il fabbricante o il suo mandatario stabilito nel ter
ritorio comunitario l'obbligo di conformare il prodotto alle di
sposizioni sulla marcatura Ce entro sessanta giorni, mentre il
successivo comma 1 ter dispone che nel caso in cui persista la
mancanza di conformità, il ministero competente ordina il ritiro
del prodotto dal mercato. Come infatti esattamente evidenziato
dal tribunale del riesame, non vi è nessuna antinomia tra le due
disposizioni, perché l'art. 11,2° comma, prevede che il reato sia
già perfezionato con la semplice indebita apposizione della
marcatura Ce, mentre l'art. 10, comma 1 bis, si limita a preve dere la possibilità, una volta che il giocattolo con l'indebita
marcatura sia stato illegittimamente immesso nel mercato, di
«sanare», per così dire, l'illegittima apposizione della marcatura
al solo fine di evitare la confisca dei giocattoli ed il loro ritiro
dal mercato. Non può invece ritenersi che il detto art. 10, com
ma 1 bis, possa essere interpretato nel senso che con la sua in
troduzione si sia voluto limitare l'ambito di operatività della
norma incriminatrice di cui all'art. 11, 2° comma, ai soli casi di
apposizione indebita della marcatura seguita dal mancato perfe zionamento delle procedure nell'arco di tempo stabilito. De
pongono in favore di questa soluzione ermeneutica sia la lettera
delle disposizioni di cui ai commi 1 bis ed 1 ter dell'art. 10, sia la ratio della disciplina, sia la necessità di operare un'interpre tazione coordinata delle due disposizioni ed adeguatrice. Una
diversa interpretazione, infatti, porterebbe ad una disciplina ma
nifestamente irrazionale, e quindi in contrasto con il principio di
ragionevolezza di cui all'art. 3 Cost., dal momento che nel caso
di giocattoli privi del marchio Ce (anche se per caso conformi
alla normativa) resterebbe integrato il reato con la loro semplice immissione nel commercio o distribuzione al pubblico mentre
nel caso, certamente più grave e pericoloso di indebita apposi zione della marcatura Ce, il reato si perfezionerebbe solo dopo il decorso di sessanta giorni senza che il fabbricante o il suo
mandatario abbiano adempiuto all'obbligo di conformare il pro dotto alle disposizioni sulla marcatura Ce.
Sussiste quindi il fumus del reato ipotizzato e quindi il pre
supposto di un sequestro probatorio. Nemmeno può poi condi
vidersi la tesi, che sembra prospettata dal ricorrente, secondo
cui la disposizione di cui all'art. 10, comma 1 bis, cit. impedi rebbe in ogni caso il sequestro dei giocattoli su cui è stato inde
bitamente apposto il marchio Ce. In ogni caso certamente la
detta disposizione non impedisce il sequestro probatorio, diretto
ad acquisire la prova del reato, e nel caso di specie il ricorrente
non ha in alcun modo contestato la sussistenza delle esigenze
probatorie. Il ricorso deve pertanto essere rigettato.
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