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sezione III; sentenza 28 settembre 1996, n. 1452; Pres. Mariuzzo, Est. Passoni; Lucon e altri (Avv....

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sezione III; sentenza 28 settembre 1996, n. 1452; Pres. Mariuzzo, Est. Passoni; Lucon e altri (Avv. Rizzoglio) c. Min. università e ricerca scientifica e tecnologica, Università degli studi di Milano e altri Source: Il Foro Italiano, Vol. 119, No. 10 (OTTOBRE 1996), pp. 513/514-515/516 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23191167 . Accessed: 28/06/2014 10:19 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 91.223.28.117 on Sat, 28 Jun 2014 10:19:02 AM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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sezione III; sentenza 28 settembre 1996, n. 1452; Pres. Mariuzzo, Est. Passoni; Lucon e altri(Avv. Rizzoglio) c. Min. università e ricerca scientifica e tecnologica, Università degli studi diMilano e altriSource: Il Foro Italiano, Vol. 119, No. 10 (OTTOBRE 1996), pp. 513/514-515/516Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23191167 .

Accessed: 28/06/2014 10:19

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GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA

niale dell'ente, al quale appartenga il soggetto, al quale sia stata

contestata la relativa responsabilità amministrativa.

Sulla base di tali considerazioni ritiene il collegio che debba

escludersi l'esistenza di un danno erariale nei confronti delle

amministrazioni comunali, nell'ipotesi di mancato afflusso nel

le casse comunali di somme da parte del fondo perequativo ai

sensi della 1. n. 38 del 1991, e in tali sensi va decisa la questione di-massima proposta dal procuratore generale con gli atti di

deferimento innanzi indicati.

TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER LA LOMBARDIA; sezione III; sentenza 28 settembre 1996, n.

1452; Pres. Mariuzzo, Est. Passoni; Lucon e altri (Avv. Riz

zoglio) c. Min. università e ricerca scientifica e tecnologica, Università degli studi di Milano e altri.

TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER LA LOMBARDIA; sezione III; sentenza 28 settembre 1996, n.

Istruzione pubblica — Università — Deliberazioni sul numero

programmato — Illegittimità (Cost., art. 33, 34; 1. 9 maggio 1989 n. 168, istituzione del ministero dell'università e della

ricerca scientifica e tecnologica, art. 6; 1. 12 novembre 1990

n. 341, riforma degli ordinamenti didattici universitari, art. 9).

Posto che rientra nel potere organizzatorio delle università la

limitazione delle iscrizioni ai corsi di laurea o diplomi univer

sitari e che la mancata o ritardata definizione dei criteri gene rali per la regolamentazione dell'accesso alle scuole di specia lizzazione ed ai corsi da parte del ministero dell'università

non può interdire la esplicazione del potere di adozione del

numero programmato, sono illegittime le deliberazioni che

adottano il numero programmato senza adeguata motivazio

ne sulle concrete ragioni poste a base della limitazione sugli accessi. (1)

(1) La decisione si occupa di una questione che ha avuto una certa eco nell'opinione pubblica (v. di recente l'articolo «Marcia indietro sul numero chiuso» comparso su II Sole-24 Ore del 10 ottobre 1996): la

sentenza, pur concludendo nel senso dell'illegittimità, nel caso concre

to, della limitazione dell'accesso agli studi universitari in ragione del l'assenza di una adeguata motivazione in ordine all'individuazione del numero programmato, si segnala per l'affermazione più generale secon do cui il legislatore ha «presupposto in capo all'università il potere di introdurre con lo strumento regolamentare la programmazione limitata delle iscrizioni». Il Tar Lombardia deduce tale principio dall'art. 9 1. n. 341 del 1990 ai sensi del quale «il ministro dell'università e della ricerca scientifica e tecnologica definisce i criteri generali per la regola mentazione dell'accesso alle scuole di specializzazione ed ai corsi per i quali sia prevista una limitazione nelle iscrizioni». Contra, l'orienta

mento giurisprudenziale prevalente: v., da ultimo, Tar Lazio, sez. Ili, 14 settembre 1994, n. 1632, Foro it., 1995, III, 630, con nota di richia

mi, la quale asserisce che nessuna norma di legge attribuisce espressa mente all'università il potere di stabilire limitazioni al numero delle im matricolazioni. Si noti che il tentativo di superare l'ostacolo rappresen tato dalla riserva di legge prevista dagli art. 33 e 34 Cost, mercé l'affermazione secondo cui l'art. 9 1. n. 341 del 1990 ha inteso «presup porre» l'esistenza di una legittima «fonte normativa di attribuzione, diversa da quella primaria...» confligge con i caratteri derivanti da pre visioni legislative — espressione del principio di legalità — di tipicità e nominatività dei poteri amministrativi; d'altro canto, anche l'opzione interpretativa che mira ad ancorare il potere in oggetto direttamente all'autonomia universitaria garantita dalla Costituzione e ribadita dalla

1. n. 168 del 1989, si pone in contrasto con l'orientamento (di cui dà

conto la nota di richiami a Tar Lazio 14 settembre 1994, n. 1632, cit.) in base al quale l'autonomia organizzativa riconosciuta alle università

dalla 1. n. 168 del 1989 si riferisce soltanto agli aspetti strettamente

organizzativi e, come tale, non implica il potere di disporre limitazioni all'accesso agli studi universitari.

Individuato il fondamento del potere amministrativo di limitare l'i

scrizione ai corsi universitari, la sentenza in epigrafe affronta il proble ma, logicamente conseguente, della sua compatibilità con il disposto dell'art. 34 Cost. Conformandosi all'orientamento espresso da Tar Sici

lia, sez. Catania, 12 maggio 1990, n. 392, id., Rep. 1990, voce Istruzio ne pubblica, n. 620, il giudice amministrativo, al contempo fornendo

una particolare interpretazione del concetto di «diritto sociale» all'i

struzione, afferma che il costituente non ha inteso assicurare ad ogni cittadino l'accesso all'istruzione, bensì la mera possibilità di acceder

li Foro Italiano — 1996.

Diritto. — Con il ricorso in epigrafe, gli interessati — tutti

studenti esclusi dalle prove selettive per l'accesso al corso di

laurea in odontoiatria e protesi dentaria, presso la facoltà di

medicina e chirurgia dell'università degli studi di Milano — im

pugnano la non ammissione universitaria, sostenendo in via pro

gressivamente graduata:

1) che le università non avrebbero in radice alcun potere di

limitare l'accesso agli studi (da qui l'ulteriore impugnativa —

non espressamente indicata in epigrafe ma sostanzialmente rica

vabile dalla causa petendi del ricorso — degli atti regolamentari che tale potere illegittimamente consentirebbero);

2) che in ogni caso mancherebbero le direttive ministeriali

di attuazione, anche ove si volesse ritenere la sussistenza (e le

gittimità) di tale potere alla luce della vigente normativa se

condaria;

3) che la determinazione universitaria di ricorrere al numero

chiuso resterebbe comunque priva di adeguata motivazione;

4) che in ogni caso le selezioni per l'accesso risulterebbero

irrazionali, llogiche e lasciate al «caso», oltre che irregolari per il «ritiro» di un (errato) quesito nel corso delle prove stesse, in danno di quei candidati che a quel momento già vi si fossero

vanamente ed inutilmente imbattuti.

Quanto alla problematica indicata sub 1, i ricorrenti ritengo no più in particolare che il potere di limitare l'accesso all'uni

versità non potrebbe evincersi né dell'art. 6, 1° comma, 1. 168/89

(secondo cui «Le università sono dotate di personalità giuridica

e, in attuazione dell'art. 33 Cost., hanno autonomia didattica,

scientifica, organizzativa, funzionale e contabile; esse si danno

ordinamenti autonomi con propri statuti e regolamenti»); né

dell'art. 9, 4° comma, 1. 341/90, in base al quale, laddove sia

prevista una limitazione delle iscrizioni, il ministro dell'univer

sità definisce i criteri generali per la regolamentazione del

l'accesso.

Nel primo caso (1. 168/89) si sostiene che l'autonomia ivi ri

conosciuta si limiterebbe a profili di autorganizzazione senza

comprendere aspetti collegati a possibili compressioni del dirit

to allo studio.

Quanto alla 1. 341/90, poi, quest'ultima, nel richiamare il

potere universitario di limitazione degli accessi, avrebbe comun

que subordinato (implicitamente) detto potere ad espresse «pre visioni di legge formale», nella cui constatata assenza dovrebbe

allo stato escludersi qualsiasi legittima fonte normativa sul po tere in esame.

Detto assunto non può essere condiviso.

Invero, proprio dal citato art. 9, 4° comma, 1. 341/90 può

agevolmente dedursi come il legislatore abbia espressamente pre

supposto in capo alle università il potere di introdurre con lo

strumento regolamentare la programmazione limitata delle

iscrizioni. Ed infatti, nello statuire che laddove tale potere sia già previ

sto la limitazione sarebbe avvenuta in linea con emanandi crite

ri generali del ministro, resta evidente che il legislatore ha così

inteso presupporre una legittima fonte normativa di attribuzio

ne, diversa da quella primaria, che — in quanto inesistente —

avrebbe generato una sostanziale inutilità della disposizione. Né avrebbe senso logico un precetto di legge che statuisca

adempimenti amministrativi conseguenziali (direttive del mini

stro), rispetto ad una potestà-base ancora del tutto inesistente

nel mondo giuridico. Nel delineato contesto, gli atti regolamentari e statutari im

pugnati si atteggiano dunque a corretta espressione di un siste

ma di autonomia organizzatoria già garantito alle università in

via generale dall'art. 6, 1° e 2° comma, 1. 168/89 (nel rispetto dell'art. 33 Cost.), ed ora esplicitamente riconosciuto anche per il numero chiuso o programmato dalla successiva 1. 341/90.

Manifestamente infondati si atteggiano altresì i sospetti di in

costituzionalità di tale potere; devono al riguardo richiamarsi

le considerazioni espresse da Tar Sicilia n. 392 del 12 maggio 1990 (Foro it., Rep. 1990, voce Istruzione pubblica, n. 620), secondo cui «la predeterminazione del numero degli iscrivibili

al corso in rapporto alla ricettività delle strutture non è in con

vi in condizioni di parità con gli altri aspiranti. La decisione esclude infine che il rinvio a successivi adempimenti amministrativi contenuto nell'art. 9, cit., qualifichi come programmatica tale disposizione di leg ge, giacché la fattispecie presenta «autosufficienza operativa», così in troducendo un principio che potrebbe valere più in generale per la mes sa a fuoco della rilevanza delle funzioni ministeriali di direttiva e indi rizzo nei confronti di poteri che costituiscono esplicazione di autonomia.

[F. Fracchia] '

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PARTE TERZA

trasto con il diritto dei capaci e meritevoli di raggiungere i più alti gradi degli studi, sancito dall'art. 34 Cost., in quanto il

costituente non ha inteso assicurare ad ogni cittadino l'accesso

all'istruzione, bensì la possibilità di accedervi in condizioni di parità con gli altri aspiranti» (cfr. anche Cons. Stato n. 749

del 22 ottobre 1983, id., Rep. 1983, voce cit., n. 100). Tale orientamento trova ora ulteriore supporto anche nella

regolamentazione Cee sugli accessi ai corsi di formazione speci fica in medicina generale ed alle scuole di specializzazione, inte

gralmente recepita nei decreti legislativi nn. 256 e 257 dell'8

agosto 1991.

Né potrebbe al riguardo sostenersi la non pertinenza di detto

ultimo richiamo comunitario, in quanto riferito alla diversa fat

tispecie dei corsi di specializzazione e non a quella dell'iscrizio

ne al corso di laurea.

Invero, la ratio alla base della limitazione risiede nella neces

sità di un corretto rapporto fra frequenze degli studenti e dispo nibilità dei macchinari indispensabili per un'effettiva formazio

ne professionale; tale obiettivo risulta in questo senso di pari

pregnanza anche e soprattutto nelle ammissioni ai corsi di lau

rea o di diplomi universitari, quando (come nella specie) il ca

rattere essenzialmente professionale di essi imponga di tener conto

delle strutture cliniche e didattiche disponibili, in mancanza del

le quali sarebbe inevitabile una diffusa carenza organizzativa in danno di tutti gli iscritti, anche di quelli più capaci, ai quali verrebbe per ciò solo negata una valida esperienza universitaria.

Acclarato che rientra nel potere organizzatorio delle universi

tà la limitazione delle iscrizioni ai rispettivi corsi di laurea o

di diplomi universitari, il collegio deve darsi carico di risolvere

la seconda questione avanzata in subordine dai ricorrenti a so

stegno della illegittimità delle impugnate esclusioni; la tesi illu

strata si basa sul fatto che l'art. 9, 4° comma, 1. 341/90 (sem

pre se interpretato nel senso avvversato dai ricorrenti medesimi) consentirebbe si il numero chiuso, ma solo previa definizione

di criteri generali per la regolamentazione dell'accesso da parte del ministro dell'università, nella specie mancanti.

Anche il citato assunto non ha pregio. Invero, la 1. 341/90

non ha in alcun modo subordinato il c.d. «numero chiuso» al

l'intervento ministeriale; anzi, come sopra visto, ha ribadito e

confermato la piena idoneità della fonte regolamentare e statu

taria, da tempo utilizzata dalle università nella programmazione

degli accessi.

Ciò non di meno, l'art. 9 della legge ha stabilito che tale

potere potesse essere unitariamente esercitato attraverso apposi te e vincolanti direttive del ministro; la mancata o ritardata ado

zione di esse non può tuttavia ex se interdire ogni doverosa

esplicazione del potere stesso.

In linea generale va, anzitutto, rilevato che non ogni rinvio

di una disposizione di legge a successivi adempimenti normativi

o comunque amministrativi coincide con il divieto assoluto per

l'operatore o l'interprete di darvi applicazione. Si deve infatti escludere il carattere programmatico allorquando

la fattispecie già presenti un'autosufficienza operativa, rispetto alla quale la fase ancora in itinere può incidere solo sotto profi li di migliore funzionalità, senza peraltro inibire il venire in es

sere degli ordinari effetti già aliunde possibili (sul punto cfr.

Tar Calabria, sez. Catanzaro, n. 113 del 16 febbraio 1993, id.,

Rep. 1993, voce Legge, n. 32). Il suesposto principio vale tantopiù nel caso di specie, ove

la pur auspicabile introduzione di criteri generali si innesta in

un sistema ordinamentale al cui interno l'esercizio del potere era già demandata a fonti secondarie: la indicata previsione le

gislativa, associata alla già ricordata legittimazione dell'attività

di programmazione da parte delle università, si tradurrebbe il

logicamente nel totale arresto delle procedure in essere, epperò in dipendenza del ritardo di quella fase integrativa, preordinata

proprio al miglior esercizio del potere stesso.

E sull'assurdità logica di dette concludenze pare inutile in

sistere.

Con altra subordinata censura, i ricorrenti deducono la viola zione dell'art. 2 d.p.r. 28 febbraio 1980 n. 135 (di modifica del r.d. 30 settembre 1938 n. 2652 con l'istituzione della tabella XVII bis); secondo detta norma, la previsione del «numero pro

grammato» delle iscrizioni al corso di laurea in esame, deve

esser preceduta da una valutazione delle strutture disponibili (cli niche e didattiche), la quale nella specie sarebbe appunto mancata.

Inoltre, con motivi aggiunti conseguenti al deposito dell'am

ministrazione di atti istruttori (ed in particolare del vincolante

Il Foro Italiano — 1996.

parere del consiglio universitario nazionale), i ricorrenti hanno

«rinforzato» le censure avverso le delibere del consiglio di fa

coltà e del senato accademico che hanno limitato a 100 i posti

disponibili per l'accesso al primo anno del corso, argomentan do al riguardo — oltre al difetto di motivazione — una viola

zione altrettanto immotivata dello stesso parere del Cun, i cui

parametri di calcolo risulterebbero applicati per difetto, nono

stante l'incremento di strutture avvenuto negli ultimi anni attra

verso apposite convenzioni con strutture ospedaliere. La doglianza è fondata. Dalla produzione degli atti di causa

non è emersa alcuna aggiornata valutazione dei competenti or

gani universitari in ordine all'attuale rapporto fra strutture e

posti disponibili per l'accesso al corso di laurea, con una deter

minazione numerica ancora «ferma» al 1980, nonostante i nu

merosi convenzionamenti medio intervenuti con enti ospedalieri

(con conseguente incremento delle strutture stesse). Sotto il delineato profilo, deve convenirsi con le doglianze

dei ricorrenti, mirate ad evidenziare l'illegittima approssimazio ne istruttoria con la quale l'università intimata annualmente li

mita l'accesso agli studi nel corso di laurea di odontoiatria, in

violazione del d.p.r. 28 febbraio 1980 n. 135.

Vero è — come a più riprese sostenuto dall'avvocatura —

che «...al fine di stabilire la congruità fra strutture didattiche

e personale docente da un lato e studenti dall'altro, non è suffi

ciente effettuare un mero calcolo aritmetico», perché negli ulti

mi anni «l'attività didattica di tutti i docenti afferenti alla fa

coltà di medicina è radicalmente mutata a seguito della riforma

delle scuole di specializzazione e dell'introduzione dei diplomi universitari, con conseguente aggravio degli impegni del perso nale docente» (memoria del 31 maggio 1996).

Ciò non di meno, le esposte considerazioni non possono co

stituire ragione esimente a carico dell'università di un vaglio

aggiornato sulla situazione ad oltre quindici anni dalle origina rie stime, solo in tal caso procedendo poi all'eventuale confer

ma del numero programmato. In conclusione, il ricorso trova accoglimento in relazione alla

ravvisata illegittimità delle deliberazioni che hanno adottato il

numero programmato per il corso di laurea in odontoiatria re

lativamente all'anno accademico 95/96, senza adeguata motiva

zione sulle concrete ragioni poste a base della disposta limita

zione sugli accessi.

Ne consegue la caducazione delle citate statuizioni nonché de

gli atti concorsuali impugnati che hanno condotto alla esclusio ne dei ricorrenti al 1° anno del corso stesso (con assorbimento

delle altre censure, con specifico riguardo a quelle sulle concre

te modalità di svolgimento delle procedure selettive). Trattandosi di anullamento per difetto di motivazione, resta

salva la discrezionalità dell'autorità amministrativa nella (moti

vata) riedizione del suo potere.

TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER LA

CALABRIA; sezione di Reggio Calabria; sentenza 30 luglio 1996, n. 612; Pres. Bianchi, Est. Poli; Fossati (Avv. Ro

mualdo) c. Commissione esami procuratore legale App. Reg

gio Calabria (Avv. dello Stato Antilio).

TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER LA

CALABRIA; sezione di Reggio Calabria; sentenza 30 luglio

Avvocato e procuratore — Procuratore legale — Esame di abi

litazione — Svolgimento — Sede di corte d'appello — Man

cata ammissione — Certificato di compiuta pratica — Rila

scio — Ordine professionale non compreso nel distretto —

Illegittimità — Fattispecie.

È illegittima la esclusione dalle prove dell'esame di abilitazione

all'esercizio della*professione di procuratore legale, disposta dalla commissione, in applicazione della circolare ministeriale

23 novembre 1995, n. 9503, nei confronti di aspirante che, entro il termine stabilito del 10 ottobre 1995, aveva presenta to rituale domanda di partecipazione alla corte d'appello nel cui distretto si era trasferito, dopo aver ottenuto, da consiglio dell'ordine ricompreso in diverso distretto, il certificato di com

piuta pratica. (1)

(1) Com'è ricordato in motivazione, la circolare del ministero di gra zia e giustizia 23 novembre 1995, n. 9503 (contenente la previsione se

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