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sezione IV; decisione 6 maggio 1992, n. 504; Pres. Pezzana, Est. Barbagallo; Pres. cons. ministrie altri (Avv. dello Stato Fiumara) c. Shillings e altri (Avv. Pini, Morcavallo), Comune di Rimini(Avv. Arcangeli, Bernardi). Conferma Tar Emilia-Romagna, sez. II, 12 ottobre 1991, nn. 506,507Source: Il Foro Italiano, Vol. 116, No. 7/8 (LUGLIO-AGOSTO 1993), pp. 383/384-393/394Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23187591 .
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PARTE TERZA
Ne consegue che, là dove pongono a carico degli assistiti ri
coverati in camere speciali oltre al rimborso delle spese relative
al trattamento differenziale anche i «compensi per prestazioni
professionali ed altre somme regolarmente deliberate», gli atti
impugnati (circolari regionali e provvedimento dell'ente «ospe dali Galliera») sono illegittimi.
4. - In conclusione, va rigettato l'appello proposto dalla re
gione Liguria e confermata, pur con diversa motivazione, la
decisione di annullamento di primo grado. Dal rigetto dell'appello principale consegue l'improcedibilità
dell'appello incidentale proposto dalla parte vittoriosa in prima istanza.
I
CONSIGLIO DI STATO; sezione IV; decisione 6 maggio 1992, n. 504; Pres. Pezzana, Est. Barbagallo; Pres. cons, ministri
e altri (Avv. dello Stato Fiumara) c. Shillings e altri (Avv.
Pini, Morcavallo), Comune di Rimini (Aw. Arcangeli, Ber
nardi). Conferma Tar Emilia-Romagna, sez. II, 12 ottobre
1991, nn. 506, 507.
Commercio (disciplina del) — Discoteche — Determinazione del
l'orario di apertura — Atto governativo di indirizzo e di coor
dinamento — Legittimità (L. 11 giugno 1971 n. 426, discipli na del commercio, art. 11; 1. 28 luglio 1971 n. 558, disciplina dell'orario dei negozi e degli esercizi di vendita al dettaglio, art. 1; 1. 14 ottobre 1974 n. 524, modifica alla disciplina degli esercizi pubblici di vendita e consumo di alimenti e bevande, art. 2; 1. 22 luglio 1975 n. 382, norme sull'ordinamento regio nale e sulla organizzazione della pubblica amministrazione, art. 3; d.p.r. 24 luglio 1977 n. 616, attuazione della delega di cui all'art. 1 1. 22 luglio 1975 n. 382, art. 4, 54; d.m. 4
agosto 1988 n. 375, norme di esecuzione della 1. 11 giugno 1971 n. 426, art. 32; d.p.c.m. 25 maggio 1990, direttiva alle
regioni a statuto ordinario in materia di orari di apertura e
chiusura di esercizi che esplicano attività di trattamento e di
svago). Comune e provincia — Competenze — Atto governativo di in
dirizzo e coordinamento — Legittimità (L. 22 luglio 1975 n.
382, art. 3; d.p.r. 24 luglio 1977 n. 616, art. 4, 54; 1. 23
agosto 1988 n. 400, disciplina dell'attività di governo e ordi
namento della presidenza del consiglio dei ministri, art. 2, 12). Atto amministrativo — Eccesso di potere — Fattispecie (D.p.c.m.
25 maggio 1990).
È legittimo l'atto di indirizzo e coordinamento che il governo abbia adottato in ordine alla determinazione degli orari di
apertura e chiusura delle discoteche, e in genere degli esercizi che esplicano attività di trattenimento e svago, giacché tale
determinazione rientra nella materia del commercio. (1)
(1-2, 4) I. - È approdata al vaglio dei giudici amministrativi la que stione, che ha avuto una vasta eco nell'opinione pubblica, divisa su posizioni opposte, della determinazione degli orari di apertura e chiusu ra delle discoteche e più in generale degli esercizi che esplicano attività di intrattenimento e di svago.
Le decisioni riportate in epigrafe hanno in particolare ad oggetto la
legittimità dell'esercizio delle funzioni governative di indirizzo e coordi namento e di direttiva in materia di determinazione dell'orario di chiu sura dei locali di trattenimento e di svago.
Nei precisi termini non si rinvengono precedenti editi.
Il Foro Italiano — 1993.
È legittimo l'atto di indirizzo e coordinamento che il governo abbia adottato nei confronti di competenze attribuite ai co
muni e alle province (nella specie, in ordine alla determina
zione degli orari di apertura e chiusura delle discoteche, e
in genere degli esercizi che esplicano attività di trattenimento
e svago). (2) È illegittimo l'atto di indirizzo e coordinamento che il governo
abbia adottato per limitare l'orario di apertura di sale da bal
lo, sale da gioco, discoteche, locali notturni, stabilimenti bal
neari ed esercizi similari per evitare i rischi connessi alla gui da automobilistica in ore notturne da parte di persone in con
dizioni fisiche menomate da una troppo prolungata esposizione a suoni di elevata intensità, giacché, pur non potendosi esclu
dere che da tale esposizione consegua un pregiudizio alla ca
Diverso il percorso argomentativo seguito dalle due decisioni. Il Con
siglio di Stato, fonda il proprio ragionamento sulla riconduzione della materia dell'orario di apertura e di chiusura di locali di trattenimento e di svago alla disciplina del commercio (per l'affermazione secondo cui nella nozione di pubblici esercizi di vendita e di consumo di alimenti e bevande sarebbero ricomprese anche le sale da ballo e le discoteche, con la conseguenza che risulta attribuito ai comuni il potere di fissazio ne degli orari di apertura e chiusura v. Tar Valle d'Aosta 2 marzo
1984, n. 15, Foro it., Rep. 1984, voce Commercio (disciplina del), n.
63). Poiché le relative funzioni amministrative sono state delegate alle
regioni e attribuite ai comuni (rispettivamente art. 1 1. 28 luglio 1971 n. 558 e art. 54, lett. d, d.p.r. 24 luglio 1977 n. 616), il Consiglio di Stato afferma la sussistenza del potere di direttiva del governo alle
regioni, previsto dall'art. 4 d.p.r. 616/77 per le funzioni amministrative
delegate, nonché la funzione di indirizzo e coordinamento che si ritiene
possa essere esercitata anche in relazione alle funzioni amministrative attribuite agli enti infraregionali. Il Consiglio di Stato supporta tale ultima conclusione richiamando l'art. 12, 5° comma, lett. b, 1. 23 ago sto 1988 n. 400 secondo cui la conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome viene consultata sui cri teri generali relativi all'esercizio delle funzioni statali di indirizzo e di coordinamento inerenti ai rapporti tra lo Stato, le regioni, le province autonome e gli «enti infraregionali».
II. - La funzione di indirizzo e coordinamento è stata oggetto di nu
merose sentenze della Corte costituzionale. Tale funzione, configurata come un contrappeso al decentramento regionale, avrebbe, secondo la
corte, fondamento costituzionale, rappresentando un'esplicazione dei li miti previsti dalle norme costituzionali con riferimento alle competenze regionali e delle province autonome (Corte cost. 28 aprile 1989, n. 242, id., 1989, I, 2065, con ampia nota di richiami di P. Costanzo; non
potrebbe conseguentemente una legge escludere che sia esercitata nei confronti delle province autonome: Corte cost. 31 gennaio 1991, n. 37, id., 1991, I, 2330). Con riferimento in particolare ai rapporti fra 1.
400/88, cit. e funzione di indirizzo, la corte ha affermato che, ponendo norme di carattere «procedurale», la disciplina in oggetto non avrebbe innovato ai caratteri sostanziali dell'istituto, che restano disciplinati dalle
preesistenti disposizioni dirette a regolare l'attribuzione e l'esercizio del la funzione (le sentenze si riferiscono peraltro non già all'art. 12, 5° comma, lett. b, richiamato dalla decisione che si riporta, bensì' all'art.
2, 3° comma, secondo cui gli atti di indirizzo e di coordinamento devo no essere adottati con deliberazione del consiglio dei ministri): Corte cost. 3 febbraio 1992, n. 30, id., 1992, I, 3191, con nota di richiami; 18 luglio 1991, n. 359, id., Rep. 1991, voce Regione, n. 121; 26 marzo
1990, n. 139, id., 1990, I, 2410, con nota di richiami (che ritiene chiara la volontà del legislatore di non innovare alle norme vigenti in materia di esercizio della funzione governativa in oggetto); 26 febbraio 1990, n. 85, ibid., 1778, con nota di richiami di E. Rossi; 28 aprile 1989, n. 242, cit.
La corte ha inoltre individuato i confini fra funzione di indirizzo e coordinamento e altri atti, che costituiscono espressione di forme di verse di coordinamento e direzione, affermando ad esempio l'estranei tà, nei confronti della vera e propria funzione di indirizzo e coordina
mento, del c.d. «coordinamento tecnico», che può interessare l'attività anche di soggetti pubblici diversi da regioni e province autonome: Cor te cost. 26 marzo 1990, n. 139, cit.; 28 aprile 1989, n. 242, cit. La distinzione con i piani e i programmi nazionali, pare in particolare fon darsi sulla differenza dei destinatari (regioni e province autonome per i primi, soggetti anche diversi per i secondi): Corte cost. 26 febbraio 1990, n. 85, cit., in tema di atti connessi alla disciplina del suolo. Sul
punto, in dottrina, G. Sciullo, Indirizzo e coordinamento, voce del
Digesto pubbl., Torino, 1993, Vili, 242, il quale, pur rimarcando come la corte abbia «espunto» dalla funzione in oggetto figure affini, che
coinvolgono anche soggetti diversi, ritiene che vi siano spazi per ulterio ri sviluppi giurisprudenziali. Sulla distinzione fra funzione di indirizzo e coordinamento e potere di direttiva, cfr. Corte cost. 18 luglio 1991,
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GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA
pacità di guida, il provvedimento detta una disciplina analo
ga per esercizi che, viceversa, non sono omogenei dal punto di vista della produzione del rumore. (3)
II
TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER L'EMILIA-ROMAGNA; sezione II; sentenza 12 ottobre 1991, n. 507; Pres. ed est. Sinagra; Comune di Rimini (Avv. Ber
nardi, Fontemaggi) c. Pres. cons, ministri e altri.
Comune e provincia — Discoteche — Orario di apertura —
Atto governativo di indirizzo e coordinamento — Illegittimità (Cost., art. 117, 118; 1. 28 luglio 1971 n. 558, art. 1; 1. 22 luglio 1975 n. 382, art. 1; d.p.r. 24 luglio 1977 n. 616, art.
9, 19, 20, 54; 1. 25 agosto 1991 n. 287, aggiornamento della
normativa sull'insediamento e sull'attività dei pubblici eserci
zi, art. 8; d.p.c.m. 25 maggio 1990).
n. 359, cit., e 20 luglio 1990, n. 345, Foro it., 1991, I, 1076, con nota di richiami. Tali pronunce sembrano considerare la direttiva un conte nuto dell'atto di indirizzo e coordinamento (sottolinea come risulti in
tal modo incerta la definizione della funzione in oggetto, V. Angiolini, Sulla poca coordinazione della funzione statale di indirizzo e coordina
mento, in Regioni, 1991, 1266). In altre sentenze pare viceversa emerge re la differenza fra l'atto di indirizzo e controllo da altri atti risultanti
dall'esercizio di poteri diversi, quali ad esempio la direttiva, privi del
contenuto e dei caratteri formali dell'atto di indirizzo e coordinamento: cfr. Corte cost. 6 febbraio 1991, n. 49, Foro it., 1992, I, 13, con nota
di richiami; 11 luglio 1989, n. 389, id., 1991, I, 1076. Per la giurispru denza amministrativa Tar Lombardia, sez. I, 23 aprile 1990, n. 260,
id., Rep. 1990, voce Atto amministrativo, n. 63, individua la differenza
fra direttiva e atto di indirizzo e coordinamento in ciò che, a differenza
della direttiva, la cui disapplicazione motivata è ammessa, l'atto di in
dirizzo e coordinamento è vincolante. In dottrina, afferma che la diret tiva sarebbe espressione anche delle relazioni di indirizzo e/o coordina
mento, G. Sciullo, Direttiva (disciplina amministrativa), voce del Di
gesto pubbl., Torino, 1990, V, 99.
Sugli effetti dell'atto di indirizzo e coordinamento nei confronti del
l'attività amministrativa, v. Sciullo, Indirizzo, cit., 239 (secondo cui
l'atto in oggetto produce effetti giuridicamente vincolanti, apprezzabili in sede di legittimità; l'a. dà peraltro conto del recente indirizzo che
pare introdurre una vincolatezza peculiare, nel senso che la conforma
zione degli enti autonomi sarebbe soddisfatta anche mediante il perse
guimento di un risultato equivalente rispetto a quello previsto dall'atto
statale); A. Meloncelli, Indirizzo e coordinamento delle attività ammi
nistrative regionali, voce dell' Enciclopedia giuridica Treccani, Roma,
1989, XVI, 11. Secondo Cons. Stato, ad. gen., 10 luglio 1986, n. 18,
id., 1987, III, 11, con nota di richiami, in tema di piano generale dei
trasporti, vi è l'obbligo di motivare e giustificare adeguatamente i casi
concreti di applicazione non completamente conforme, in relazione a
peculiari esigenze. Per l'esame dei passaggi essenziali dell'evoluzione
della giurisprudenza della Corte costituzionale in tema di funzione di
indirizzo e coordinamento, cfr. F. Cuocolo, Cittadino e pubblica am
ministrazione: l'indirizzo e il coordinamento dell'amministrazione re
gionale, in Quaderni regionali, 1990, 463 ss.; Id., Amministrazione re
gionale: t'indirizzo e il coordinamento statale, in Studi in onore di G.
Vignocchi, Modena, 1992, I, 457 ss.; M. Feola, Ancora sul potere sta
tale di indirizzo e coordinamento dell'attività amministrativa regionale, ibid., 951 ss.; M.M. Procaccini, La potestà normativa regionale di
fronte alla funzione di indirizzo e coordinamento in via governativa: vincoli e autolimiti, in Giur. it., 1990, I, 1, 363 ss. La difficoltà di
sistemazione teorica di un potere come quello di indirizzo e coordina mento non previsto espressamente in Costituzione è ribadita da L. Car
lassare, «Astrattezza» e «concretezza» in un giudizio principale su in
dirizzo e coordinamento, in Giur. costit., 1989, I, 1109 ss. Con riferi
mento alla materia sanitaria v. A. Martino, La corte frena (forse solo
apparentemente) l'uso della funzione di indirizzo e coordinamento in
via amministrativa, in Regioni, 1990, 1478 ss.
III. - Il percorso argomentativo seguito da Tar Emilia Romagna in
epigrafe, muove invece dalla affermazione secondo cui i locali destinati
al trattenimento e allo svago, anche se caratterizzati dalla prestazione di attività collaterali, purché non prevalenti, troverebbero la loro disci
plina non già nella normativa sugli esercizi commerciali, bensì" nelle di
sposizioni della legge di pubblica sicurezza.
Le autorizzazioni cui sono sottoposti detti esercizi sarebbero quindi autorizzazioni di polizia. Le funzioni in materia di polizia amministrati
va, prosegue il Tar Emilia Romagna, sono state affidate dall'art. 19
d.p.r. 616/77 all'esclusiva competenza dei comuni ai comuni ai sensi
Il Foro Italiano — 1993.
Atto amministrativo — Motivazione illogica e incongrua — Fat
tispecie (D.p.c.m. 25 maggio 1990).
È illegittimo l'atto di indirizzo e coordinamento che il governo abbia adottato in ordine alla determinazione degli orari di
apertura e chiusura delle discoteche, e in genere degli esercizi che esplicano attività di trattenimento e svago, giacché tale
determinazione rientra nelle funzioni di polizia amministrati va attribuite ai comuni, e non in quelle relative alla disciplina
degli orari di vendita nel commercio al dettaglio. (4) È viziato da motivazione illogica e incongrua l'atto di indirizzo
e coordinamento che il governo abbia adottato per limitare
l'orario di apertura di sale da ballo, sale da gioco, discoteche,
locali notturni, stabilimenti balneari ed esercizi similari, per evitare i rischi connessi alla guida automobilistica in ore not
turne da parte di persone in condizioni fisiche menomate da
una troppo prolungata esposizione a suoni di elevata in
tensità. (5)
dell'art. 118, 1° comma, Cost, (trattandosi di materia di «interesse esclu sivamente locale»). Non sussisterebbe dunque in capo al governo il po tere di emanare direttive, previsto per le sole funzioni delegate alle re
gioni, ex art. 4 d.p.r. 616/77. Non pertinente sarebbe altresì' il richia
mo, compiuto dalla direttiva impugnata, all'art. 54 d.p.r. 616/77, relativo
alla disciplina dell'orario di vendita di esercizi commerciali. Nell'ambito dei poteri cosi attribuiti ai comuni rientrerebbe poi quel
lo di disciplinare gli orari di apertura e chiusura degli esercizi e locali destinati al trattenimento e allo svago (il tema della definizione dell'am bito dei poteri strettamente amministrativi attribuiti dall'art. 19 d.p.r. 616/77, cit., è affrontato sotto altro profilo da Cons. Stato, sez. IV, 30 settembre 1987, n. 556, Foro it., Rep. 1987, voce Comune, n. 24, secondo cui i comuni hanno il potere non soltanto di emanare l'atto
finale, ma anche di condurre i relativi accertamenti istruttori, nonché di emanare norme regolamentari anche per quanto attiene all'organiz zazione delle competenze e disciplina delle procedure).
Sulla distinzione fra polizia amministrativa, attribuita ai comuni, po lizia locale, di spettanza regionale e polizia di sicurezza, riservata allo
Stato, v. Corte cost. 27 marzo 1987, n. 77, id., 1987, I, 2308, con
nota di richiami, secondo cui la categoria della «polizia amministrati
va» deve essere ricavata da un insieme di disposizioni che contemplano funzioni che «non assolvendo esclusivamente al compito della preven zione (come la polizia di sicurezza) tendono — in presenza delle condi zioni previste in astratto dalla legge — a rendere possibili e lecite certe
attività dei privati...». Permangono comunque in capo al ministro del
l'interno, nelle materie attribuite ai comuni, poteri per esigenze di pub blica sicurezza (conformi, Corte cost. 4 aprile 1990, n. 162, id., 1991,
I, 1973; 15 novembre 1988, n. 1034, id., 1989, I, 1707, con nota di
richiami). Secondo Corte cost. 30 giugno 1988, n. 740, id., 1988, I,
3191, con nota di richiami, il contenuto della polizia amministrativa deve rinvenirsi in «quella regolazione limitativa (ma anche orientativa) e in quella superiore vigilanza che si esplicano sull'attività dei priva ti...» mediante previsioni regolamentari e provvedimenti dispositivi concreti.
Sulle nozioni di polizia locale, urbana e rurale, amministrativa, v.
A. Bardusco, Polizia locale, voce dell' Enciclopedia giuridica Treccani,
Roma, 1990, XVIII. Sottolinea come la polizia amministrativa non ab bia un autonomo spazio concettuale, risolvendosi puramente e sempli cemente nell'attività amministrativa, G. Corso, Fine della polizia am
ministrativa?, in Giur. costit., 1990, I, 1006 ss.: la polizia amministrati
va non sarebbe qualificata né dal tipo di atti, né dalla funzione svolta, in quanto il fine di impedire danni o pregiudizi che l'attività privata
potrebbe arrecare alla collettività è comune sia alla polizia di sicurezza
(anche se riferito all'ordine pubblico), sia all'attività amministrativa che incide sull'attività e libertà dei privati.
(3, 5) Nulla in termini. Le decisioni affrontano il problema del sinda
cato giurisdizionale sull'esercizio del potere discrezionale, consentendo
di individuare alcune regole che devono essere osservate in sede di eser
cizio di poteri discrezionali e che costituiscono allo stesso tempo il para metro di riferimento giuridico del sindacato giurisdizionale.
La sentenza del Tar pare affermare il principio secondo cui la deci sione discrezionale deve essere congrua e logica con riferimento sia alle
possibili soluzioni alternative, sia all'adeguatezza del mezzo al fine. Si
sostiene infatti fra l'altro l'illogicità di misure che, allo scopo di ridurre
l'esposizione ad agenti acustici di notevole intensità ed i rischi connessi
alla circolazione stradale, tendano a limitare l'orario di chiusura dei
locali di trattenimento e di svago: non vi è infatti correlazione fra rischi
e orari di chiusura e, comunque, al fine di ridurre l'esposizione acustica è ipotizzabile l'adozione di altre misure che fissino limiti sonori nei
locali (sulla ammissibilità di un sindacato che si spinga alla valutazione
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PARTE TERZA
I
Diritto. — Va disposta la riunione dei ricorsi, in quanto ri
volti avverso due sentenze, con le quali è stata annullata per identiche ragioni la stessa direttiva del presidente del consiglio dei ministri in data 25 maggio 1990, alle regioni a statuto ordi
nario, in materia di orari di apertura e chiusura di esercizi che
esplicano attività di trattenimento e svago.
L'oggetto del giudizio concerne, quindi, la sussistenza dei vizi
di legittimità accertati dal Tar e dei vizi denunciati dalle parti private in primo grado e riproposti nel giudizio di appello, per
quanto riguarda il decreto del d.p.c.m. 25 maggio 1990, non
riguardando gli appelli proposti dall'amministrazione centrale
gli atti della regione Emilia Romagna e dei comuni di Modena
e Bologna pure annullati dal giudice di primo grado. La sezione ritiene:
1) che non sussista la eccepita inammissibilità degli appelli;
2) che il governo avesse il potere di emanare la direttiva in materia di orari di apertura e chiusura degli esercizi, che espli cano attività di trattenimento e svago;
3) che non può escludersi una positiva connessione fra lo stru
mento utilizzato e le finalità proposte (diminuzione dei rischi
connessi alla circolazione stradale nelle ore notturne), né può, sotto tale aspetto, ritenersi la motivazione del provvedimento assurda;
4) che non appare però logica sotto l'aspetto della direttiva
considerato (produzione di agenti acustici di elevata intensità) la assimilazione, effettuata dal provvedimento presidenziale, fra
esercizi cosi diversi, quali le sale da ballo, le sale da gioco, le
discoteche, i locali notturni, gli stabilimenti balneari ed esercizi similari (censura riproposta avverso il d.p.c.m. dalle parti pri vate appellate e indicata sub 3 nella parte espositiva).
1. - La circostanza che la stessa direttiva sia stata annullata
con altra pronuncia dal Tar dell'Emilia Romagna, sez. Bolo
delie possibili soluzioni alternative, v. E. Cardi - S. Cognetti, Eccesso di potere (atto amministrativo), voce del Digesto pubbl., Torino, 1990, V, 350; E. Cardi, La ponderazione di interessi nei procedimenti di pia nificazione urbanistica, in Atti del XXXIV convegno di studi di scienza dell'amministrazione, Varenna, 22-24 settembre 1991, sul tema: La pon derazione degli interessi nell'esercizio dei controlli, Milano, 1991, 146 ss.).
Differente la motivazione del Consiglio di Stato, scevra tra l'altro delle tentazioni moralistiche cui forse non si sottrae completamente il Tar Emilia Romagna. Il principio della congruità, che richiede una cor relazione logica fra presupposto (lunga esposizione ad un forte rumore durante le ore notturne nei locali di svago) e conseguenza (rischi della
circolazione), posta alla base del provvedimento, sembrerebbe rispetta to allorché si ravvisi la mera impossibilità di escludere una qualche con nessione fra i due termini. L'applicazione concreta, emergente dalla de cisione, del principio di logicità-congruità è molto rispettosa della sfera del «merito» della pubblica amministrazione e pare in qualche modo rievocare quello della presunzione di legittimità dell'atto amministrativo.
In tema di limiti del sindacato giurisdizionale sulle valutazioni discre zionali dell'autorità amministrativa, si veda Cons. Stato, sez. VI, 9 agosto 1986, n. 630, Foro it., 1987, III, 142, con nota di R. Mancino, secon do cui l'esercizio del potere discrezionale — nel caso di specie si tratta va di potere di imposizione di un vincolo di interesse artistico e lettera rio — può essere sindacato, in sede di legittimità, soltanto quando l'i nosservanza delle norme non giuridiche che presiederebbero allo
svolgimento dell'azione amministrativa, trasmodi nel vizio di eccesso di potere. Ribadisce che il sindacato di legittimità sulle scelte ammini strative è configurabile soltanto quando «si addivenga a ritenere l'ille
gittimità per eccesso di potere sotto forma di sviamento o di vizio del l'iter logico di formazione dell'atto, Tar Campania, sez. I, 7 aprile 1989, n. 173, id., 1991, III, 126, con nota di M.R. Cozzuto Quadri.
La congruità della scelta amministrativa impone peraltro, secondo la decisione del Consiglio di Stato, che nella categoria dei locali che
possono produrre agenti acustici di elevata intensità non siano assimila ti esercizi eterogenei, quali case da gioco, discoteche, pianobar.
Si noti il differente contenuto che la sensibilità del giudice attribuisce al principio di congruità che nelle varie ipotesi segna il confine esterno, estremamente labile, del merito insindacabile: l'iter logico non è viziato quando esiste una possibilità che vi sia una connessione, assunta alla base di un provvedimento, fra due avvenimenti; la determinazione è viceversa irrazionale, allorché abbia a presupposto la considerazione uni taria di locali che non possono essere assimilati sotto il «comune deno minatore della produzione di agenti acustici...». [F. Fracchia]
Il Foro Italiano — 1993.
gna (sentenza 508/91) non ha fatto venir meno l'interesse del
l'amministrazione agli appelli in esame; infatti anche la senten
za 508/91 è stata appellata dalla amministrazione centrale, la
quale ha interesse acché ciascuna sentenza di annullamento del
la direttiva venga riformata, in quanto anche una sola pronun cia di annullamento comporta la piena lesione dell'interesse del l'amministrazione alla conservazione del proprio atto.
2. - Per quanto concerne l'esistenza del potere del governo di emanare la direttiva nella materia in esame, la pronuncia
negativa del Tar si fonda sui presupposti giuridici che:
a) gli esercizi di trattenimento e svago trovano la loro specifi ca disciplina legislativa non già nelle disposizioni delle leggi sul
commercio o sugli esercizi pubblici di vendita di alimenti e be
vande, ma esclusivamente, nelle disposizioni della legge di pub blica sicurezza;
b) che in tale materia lo Stato non ha alcuna attribuzione
amministrativa, neppure quella di indirizzo e coordinamento, in quanto tutte le competenze sono attribuite esclusivamente ai
comuni;
c) che il potere di direttiva del governo alle regioni, di cui
all'art. 4 d.p.r. 24 luglio 1977 n. 616 è previsto soltanto per le funzioni amministrative delegate e non per quelle, come la
polizia amministrativa, attribuite ai comuni.
La sezione dissente sull'esattezza di tali presupposti. È vero soltanto che il governo nell'emanare la direttiva in
data 25 maggio 1990 è partito dal presupposto che la materia
degli orari di apertura e chiusura di esercizi, che esplicano atti
vità di trattenimento e svago, era quella del commercio e, speci
ficamente, quella di cui all'art. 54, lett. d), d.p.r. 24 luglio 1977
n. 616.
La sezione condivide tale impostazione della impugnata di
rettiva.
Si ritiene infatti che l'ordinamento consideri gli esercizi di trattenimento e svago, ove la somministrazione di alimenti e
bevande venga effettuata congiuntamente all'esplicazione di at
tività di trattenimento e svago, quale specie degli esercizi per la somministrazione di alimenti e bevande, i quali sono esercizi
commerciali (art. 32, lett. c, d.m. 4 agosto 1988, contenente
norme di attuazione della 1. 11 giugno 1971 n. 426, legge del
commercio). Cosi tali esercizi dovevano essere oggetto dei pia
ni, di cui all'art. 2 1. 14 ottobre 1974 n. 524, predisposti dai
comuni nel quadro dei principi generali fissati dalla 1. 11 giugno 1971 n. 426 (legge del commercio); cosi', ancora, la regione Emilia
Romagna, con la 1. 10 luglio 1984 n. 40 (art. 18, ultimo com
ma) e successive modificazioni, emanata espressamente, ai sensi
dell'art. 54, lett. d), d.p.r. 616/77, per determinare i criteri re
gionali per la fissazione da parte dei comuni degli orari di aper tura e chiusura dei negozi e delle altre attività di vendita al
dettaglio, degli impianti stradali di distribuzione dei carburanti
ad uso autotrazione e agli esercizi per la somministrazione al
pubblico di alimenti e bevande, ha disciplinato gli esercizi og
getto della direttiva presidenziale impugnata. Va infine osservato che la specificazione dei locali indicata
fra parentesi nel preambolo della direttiva è identica a quella di cui all'art. 32, lett. c), d.m. 4 agosto 1988 sopra citato, con
tenente norme di esecuzione della 1. 11 luglio 1971 n. 426, sulla
disciplina del commercio.
Alla luce delle esposte considerazioni la sezione ritiene per tanto che la materia della fissazione degli orari di apertura e
chiusura degli esercizi, presi in considerazione dal d.p.c.m. 25
maggio 1990, rientri nella materia del commercio e che le relati
ve funzioni amministrative siano state delegate alle regioni dal
l'art. 1 1. 28 luglio 1971 n. 558 e attribuite ai comuni dall'art.
54, lett. d), d.p.r. 616/77, i quali le devono esercitare secondo i criteri stabili dalle regioni.
Per quanto concerne gli altri presupposti della pronuncia di
incompetenza, la sezione, difformemente dal Tar, ritiene, avuto
riguardo all'elaborazione della materia da parte della giurispru denza della Corte costituzionale, che la funzione statale di indi
rizzo e coordinamento delle attività amministrative possa essere
esercitata, non soltanto in relazione alle materie di competenza
regionale concorrente o ripartita con la competenza statale, ma anche a quelle di competenza regionale esclusiva ed alle funzio
ni amministrative attribuite agli enti infraregionali (in tal senso è espressa la previsione dell'art. 12, 5° comma, lett. b, 1. 23
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GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA
agosto 1988 n. 400, secondo la quale la conferenza permanente
per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome
viene consultata sui criteri generali relativi all'esercizio delle fun
zioni statali di indirizzo e di coordinamento inerenti ai rapporti tra lo Stato, le regioni, le province autonome e gli enti infrare
gionali). Infatti, la funzione statale di indirizzo e coordinamento, che
ora trova la sua disciplina procedimentale più completa nella
1. 23 agosto 1988 n. 400, rappresenta il risvolto in termini posi tivi e di articolazione programmatica degli interessi unitari dello
Stato, sottostanti ai limiti costituzionali connessi alle competen
ze degli altri enti territoriali (in tal senso, da ultimo, è la senten
za della Corte cost. n. 242 del 1989, Foro it., 1989, I, 2065).
Quindi, secondo il collegio le diverse originarie censure accol
te dal Tar, in base alle quali è stato giudicato che il governo non fosse titolare del potere di emanare la direttiva, non sono
fondate per più aspetti (il tema della necessità o meno di un
riferimento a criteri formulati dalla conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome, ai
sensi dell'art. 12, 5° comma, lett. b, 1. 400/88, è estraneo al
giudizio). 3. - Per quel che riguarda il vizio di eccesso di potere per
illogicità, incongruità, incoerenza, sostanzialmente ritenuto dal
giudice di primo grado per la inutilità delle misure adottate e
l'esistenza di strumenti più appropriati per diminuire i rischi
connessi alla circolazione stradale notturna, il collegio giudica
che non si possa escludere una connessione fra una lunga espo
sizione di un pubblico, soprattutto giovanile, ad un forte rumo
re durante le ore notturne (in molti locali, secondo autorevoli
accertamenti statistici, il rumore è notevolmente superiore a quello consentito nei luoghi di lavoro) ed i rischi della circolazione
stradale; tale mancata esclusione appare sufficiente per ritenere
che il provvedimento non sia illogico, ovvero assurdo, sotto ta
le profilo (il merito, poi, è ovviamente estraneo al sindacato
di legittimità demandato al giudice amministrativo).
4. - Tuttavia, la sezione giudica il provvedimento comunque viziato da eccesso di potere per illogicità sotto altro aspetto,
in quanto con esso sono stati assimilati, ai fini della produzione
del rumore, esercizi, che, per tale profilo, non sono omogenei.
La direttiva è infatti cosi motivata: «Considerata la necessità
che la regolamentazione degli orari di apertura e di chiusura
di esercizi, che esplicano attività di trattenimento e di svago
(sale da ballo, sale da gioco, discoteche, locali notturni, stabili
menti balneari ed esercizi similari) tenda ad evitare l'esposizione
eccessivamente prolungata dei frequentatori ad agenti acustici
di elevata intensità, nonché i conseguenti rischi connessi alla
circolazione nelle ore notturne in condizioni fisiche di ridotta
efficienza, secondo modalità che, nell'ambito di una sostanziale
uniformità, tengano conto delle condizioni ambientali di ciascu
na regione».
Ora, il collegio ritiene illogica l'assimilazione, sotto il comu
ne denominatore della produzione di agenti acustici di elevata
intensità, di esercizi, quali, ad esempio, le sale da gioco, i tradi
zionali night clubs, le discoteche, i quali, per l'aspetto conside
rato, non possono essere assimilati; mettere sullo stesso piano,
sotto il profilo del rumore, ad esempio, un pianobar, una casa
da giuoco (dove il silenzio è di rigore) ed una discoteca è irra
zionale.
Non è cioè configurabile, sotto il profilo preso in considera
zione dal provvedimento (produzione del rumore), la categoria
degli esercizi, che esplicano attività di trattenimento e svago co
me categoria unitaria.
Va quindi accolta per tale aspetto, la censura di eccesso di
potere riproposta dalle parti private appellate costituitesi nel pre
sente giudizio. Ciò comporta la conferma dell'annullamento del provvedi
mento disposto dal Tar; la direttiva oggetto delle originarie im
pugnazioni è infatti un provvedimento unitario, il quale non
può essere suddiviso, non avendo nella suddetta materia il giu
dice amministrativo giurisdizione di merito, in relazione ai di
versi tipi di esercizi presi in considerazione, i quali sono consi
derati come categoria unitaria dal provvedimento stesso.
Restano salvi gli ulteriori provvedimenti della amministrazione.
Resta assorbita ogni altra questione.
Il Foro Italiano — 1993.
II
Diritto. — È necessario delineare il quadro normativo della
materia delle autorizzazioni di polizia, sul piano cosi dell'ammi
nistrazione come della legislazione.
Perciò, occorre anzitutto richiamare, e darne l'esatta inter
pretazione, la norma costituzionale dell'art. 118, 1° comma, la
quale dopo avere stabilito che spettano alle regioni le funzioni
amministrative per le materie elencate nell'art. 117, recita: «sal
vo quelle di interesse esclusivamente locale, che possono essere
attribuite dalle leggi della repubblica alle province, ai comuni
o ad altri enti locali».
Deve anzitutto escludersi che nella accezione «polizia locale»,
nelle sue manifestazioni urbana e rurale, possa rientrare la ma
teria delle autorizzazioni di polizia cioè della polizia ammini
strativa. Polizia locale infatti significa esattamente la tutela di
tutte quelle esigenze locali, di natura urbanistica, edilizia, igienico
sanitaria, di viabilità e soltanto per queste materie quindi è com
petente ad emanare leggi la regione, nel rispetto dei principi
fondamentali stabiliti dalle leggi nazionali. E su questa limitata
materia della polizia locale, a norma dell'art. 118, 1° comma,
Cost., spettano alle regioni le funzioni amministrative.
La materia invece della polizia amministrativa sul piano della
legislazione sfugge alla competenza regionale e resta riservata
allo Stato.
Sul piano dell'amministrazione essa viene attribuita agli enti
locali (comuni), a norma dell'art. 118, 1° comma, Cost., secon
do inciso.
E qui va subito precisato che l'alinea «salvo quelle di interes
se esclusivamente locale», di cui al 1° comma dell'art. 118, non
va messo in logica relazione con il primo inciso dello stesso
articolo, «spettano alle regioni...», come se quelle materie di
interesse esclusivamente locale dovessero necessariamente rien
trare fra quelle di competenza legislativa delle regioni elencate
nell'art. 117: la disposizione del secondo inciso, che apparente
mente sembra eccettuativa nell'ambito delle materie di cui al
l'art. 117, a ben guardare non lo è e sul piano logico dell'inter
pretazione deve intendersi svincolata dàlia proposizione del pri
mo inciso.
Nell'esatto senso che le materie «di interesse esclusivamente
locale» sono o possono essere anche materie diverse da quelle'
elencate nell'art. 117, cioè, oltre queste ultime. E sono appunto
queste diverse materie ad essere state attribuite dalla norma co
stituzionale alla competenza amministrativa degli enti locali.
In questa materia va fatta rientrare quella della polizia ammi
nistrativa, la quale perciò sul piano della legislazione resta riser
vata allo Stato e si sottrae a qualunque competenza regionale
e sul piano della amministrazione viene espressamente attribuita
dalla norma costituzionale alla competenza degli enti locali.
Perfettamente in linea con le disposizioni costituzionali cosi
interpretate e con il sistema costituzionale cosi delineato, appa
re la norma dell'art. 1, 1° comma, lett. e), 1. 22 luglio 1975
n. 382 (la legge di delegazione) recante norme sull'ordinamento
regionale e sulla organizzazione della pubblica amministrazio
ne, laddove recita: «ad attribuire alle province, ai comuni e alle
comunità montane, ai sensi dell'art. 118, 1° comma, Cost., le
funzioni amministrative di interesse esclusivamente locale nelle
materie indicate dall'art. 117 Cost., nonché ad attribuire ai pre
detti enti locali altre funzioni di interesse locale [non si ripete
più l'avverbio «esclusivamente»] che valgono a rendere possibi le l'esercizio organico delle funzioni amministrative loro attri
buite, a norma della legislazione vigente...». Una conferma della validità di una tale ricostruzione legislati
va, si ha nella lettura delle norme del d.p.r. 24 luglio 1977 n.
616, di attuazione della delega di cui all'art. 1 1. 22 luglio 1975
n. 382.
Ed invero si inizia con l'art. 9, che nel 1° comma stabilisce
che «i comuni... e le regioni sono titolari delle funzioni di poli
zia amministrativa nelle materie ad essi rispettivamente attribui
te o trasferite».
E, quale norma specificativa, il fondamentale art. 19, intito
lato appunto «polizia amministrativa», il quale attribuisce esclu
sivamente alla competenza dei comuni le funzioni amministrati
ve di cui al r.d. 18 giugno 1931 n. 773 (t.u. delle leggi di pubbli ca sicurezza), che di seguito vengono (tassativamente) elencate.
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PARTE TERZA
Fra queste, al n. 5, vengono espressamente richiamate «la
concessione della licenza per... feste da ballo..., altri simili spet tacoli o trattenimenti... e sale pubbliche di audizione», di cui
all'art. 68 t.u.l.p.s. e al n. 6 «la licenza per pubblici tratteni
menti... o per dare audizioni all'aperto», di cui all'art. 69.
Come si vede, la norma del decreto legislativo prevede uno
scorporo di talune funzioni di polizia amministrativa, le quali
vengono sottratte agli organi periferici statali di polizia per es
sere attribuite alla esclusiva competenza dei comuni, restando
ovviamente riservata allo Stato, cosi come facevano anche pri ma le norme dei decreti delegati del 1972, ogni funzione relativa
alla pubblica sicurezza (polizia di sicurezza), il potere di con trollo (art. 20 d.p.r. n. 616) e restando naturalmente vigenti
quelle norme del t.u. di pubblica sicurezza che concernano le
finalità dell'azione di polizia, i requisiti per ottenere l'autorizza zione di polizia, le previste limitazioni, le ipotesi di divieto di concessione, le ipotesi di revoca o di sospensione.
Nel potere dell'ente locale rientrano invece per espressa di
sposizioni di legge (art. 19, 2° comma, d.p.r. n. 615) quello di determinare le procedure e le competenze degli organi comu
nali relative all'esercizio delle funzioni cosi attribuite, e, come
è logico ed ovvio, quello di disporre la sospensione e la revoca
della concessa autorizzazione di polizia e di subordinarla a par ticolari prescrizioni o condizioni.
E rientra sicuramente, oltreché per ragioni di stretta logica,
perché indubbiamente destinato a tutelare esigenze locali, il po tere di disciplinare gli orari di apertura e chiusura degli esercizi e locali destinati al trattenimento e allo svago, gli orari cioè
della attività di questi particolari esercizi.
I quali certamente non sono compresi nella categoria degli esercizi commerciali, disciplinati dalle norme delle leggi sul com
mercio.
Un dancing o sala da ballo pubblica è essenzialmente un luo
go di riunione pubblica a scopo di svago o divertimento e in
generale di trattenimento cui possono seguire anche spettacoli o vari intrattenimenti (per un precedente in termini, Tar Bolo
gna 262/88). I locali pubblici di trattamento e svago, quali in particolare
le discoteche, i night clubs, le sale da ballo ed esercizi similari, trovano la loro specifica disciplina legislativa non già nelle leggi sul commercio e neanche in quelle relative agli esercizi pubblici di somministrazione di alimenti e bevande, bensì, esattamente nelle disposizioni della legge di pubblica sicurezza. E le autoriz zazioni cui sono soggette queste particolari attività non sono
certo le autorizzazioni commerciali, bensì' le autorizzazioni di
polizia. Locali ed esercizi quelli in questione nei quali ogni altra pre
stazione o iniziativa collaterale, quale sarebbe, o potrebbe esse
re, l'offerta di alimenti o bevande ai frequentatori, manifesta e presenta un carattere puramente accessorio e subordinato ri
spetto a quello prevalente e caratterizzante, della natura e della
finalità del trattenimento pubblico e dello svago, del resto, il criterio della prevalenza, quale criterio influente proprio sulla
determinazione degli orari di attività, è stato ed è sempre accol to dal legislatore e ne manifesta perciò un costante orientamen to: già l'art. 7 1. 28 luglio 1971 n. 558 stabiliva che, in caso di svolgimento di attività mista, si dovesse quanto all'orario far riferimento a quello previsto per l'attività prevalente.
E la 1. 25 agosto 1991 n. 287 «aggiornamento della normati
va, sull'insediamento e sull'attività dei pubblici esercizi», per quanto applicabile alla fattispecie perché entrata in vigore suc
cessivamente alla emanazione dei provvedimenti impugnati, al
l'art. 8 («orario di vendita»), 4° comma, stabilisce che le dispo sizioni di cui ai commi 1°, 2° e 3° (gli orari normali di attività) non si applicano agli esercizi di cui all'art. 5, 1° comma, lett.
c) (art. 3, 6° comma, lett. d), in cui la somministrazione di alimenti e di bevande viene effettuata congiuntamente ad attivi
tà di trattenimento e svago, sale da ballo, sale da gioco, locali
notturni, stabilimenti balneari ed esercizi similari, con prevalen za dell'attività congiunta di trattenimento e di svago come è
nella fattispecie e per i quali quindi in conclusione attesa la loro specifica natura e finalità non possono certo valere gli ora ri ordinari.
Fatta questa indispensabile illustrazione, il tribunale passa ad
Il Foro Italiano — 1993.
esaminare più da vicino la legittimità dei provvedimenti ammi
nistrativi impugnati, in relazione ai dedotti motivi di impu
gnazione. Il d.p.c.m. 25 maggio 1990, direttive alle regioni a statuto
ordinario in materia di orari di apertura e chiusura di esercizi
che esplicano attività di trattenimento e di svago», richiama nel suo preambolo leggi che con la materia dei locali di tratteni
mento e di svago non hanno alcuna attinenza: vengono infatti
richiamate e applicate norme di leggi concernenti l'attività degli esercizi commerciali di vendita al dettaglio: l'art. 1 1. 28 luglio 1971 n. 558 sugli orari di vendita nel settore del commercio
al dettaglio; talune disposizioni di provvedimenti legislativi per la disciplina degli orari di vendita nel detto settore; l'art. 54
d.p.r. 24 luglio 1977 n. 616 che riguarda gli orari di vendita dei negozi e degli esercizi commerciali in genere nonché degli esercizi pubblici di somministrazione di alimenti e bevande at tribuendone la competenza ai comuni sulla base di criteri diret
tivi fissati dalle regioni, oggetti tutti che con la materia dei loca li pubblici di trattenimento e svago nulla hanno da vedere, tro
vando questi particolari esercizi la loro specifica disciplina
legislativa non già nelle disposizioni delle leggi sul commercio
0 sugli esercizi pubblici di vendita di alimenti e bevande, ma esclusivamente nelle disposizioni della legge di pubblica sicurezza.
Non di autorizzazioni commerciali si tratta, bensì di autoriz zazioni di polizia, per le quali è, come è evidente, esclusa —
e non potrebbe essere altrimenti — qualunque forma e possibi lità di pianificazione.
Falsa ed erronea applicazione di legge, quindi, in questa par te del decreto presidenziale impugnato.
Ma improprio altresì è il richiamo all'art. 4 d.p.r. 24 luglio 1977 n. 616 (competenze dello Stato), il quale, dopo avere nel
1 °
comma stabilito in linea di principio che lo Stato nelle mate
rie definite dal decreto esercita «soltanto» le funzioni ammini
strative indicate negli articoli del decreto stesso, stabilisce nel
3° comma che il governo, tramite il commissario, impartisce direttive per l'esercizio delle funzioni amministrative delegate alle regioni, che sono tenute ad osservarle.
Questo potere di direttiva del governo alle regioni è previsto
quindi chiaramente soltanto per le funzioni amministrative de
legate alle regioni e non per quelle, come la polizia amministra
tiva, attribuite ai comuni.
Si insiste poi, nel seguito del decreto, nel richiamare disposi zioni in materia di commercio al dettaglio, quale la direttiva
del presidente del consiglio del 30 aprile 1983, per la cui inap plicabilità valgono le considerazioni in diritto svolte più sopra.
Sulla stessa linea, giuridicamente errata, si conclude richia
mando la 1. 23 agosto 1988 n. 400, sulla disciplina dell'attività
di governo e sull'ordinamento della presidenza del consiglio dei
ministri, il cui art. 2, 3° comma, lett. e), si riferisce — e torna
puntuale il rilievo fatto prima — alle direttive che il consiglio dei ministri, attraverso il commissario del governo, può impar tire alle regioni, che sono tenute ad osservarle (la norma è coin
cidente con quella dell'art. 4, ultimo comma, d.p.r. 616/77 sur
richiamato), ma, sempre ed esclusivamente, per l'esercizio delle funzioni amministrative delegate alle regioni, fra le quali non
figura quella relativa alle autorizzazioni di polizia e alla loro
regolamentazione, affidata dall'art. 19 d.p.r. 616/77 alla esclu
siva competenza dei comuni (art. 2 d.p.r. detto). Il decreto presidenziale, che palesa ed anticipa la sua illegitti
mità quando recita «su proposta del ministro per l'industria e il commercio», è quindi illegittimo per incompetenza, preten dendo di impartire direttive e di intervenire in una materia nella
quale lo Stato non ha competenza amministrativa (attribuita esclusivamente ai comuni dall'art. 19 d.p.r. 616/77, in attuazio
ne dell'art. 118, 1° comma, Cost.) e per erronea e falsa applica zione di legge.
Altro errore il decreto commette nell'affermare, nel dispositi vo: «le regioni, nell'indicare ai comuni i criteri da seguire nella fissazione degli orari...», perché, non trattandosi di esercizi com merciali né di vendita di alimenti e bevande, non si applica l'art.
54, lett. d), d.p.r. n. 616 che concerne appunto gli orari di atti vità di tali esercizi affidandone la determinazione ai comuni sulla base di criteri fissati dalle regioni, ma si applicano l'art. 19 e le disposizioni della legge di pubblica sicurezza, norme le quali affidano alla esclusiva competenza amministrativa dei comuni
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GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA
le funzioni amministrative in materia di polizia amministrativa e di autorizzazioni di polizia e di regolamentazione dell'attività
e degli orari di apertura e chiusura dei locali di trattenimento
e svago, soggetti a tale autorizzazione di polizia, senza possibi lità di ingerenza delle autorità dello Stato né di quelle regionali.
Salvo i poteri riconosciuti dai commi 3° e 4° dell'art. 19 del
d.p.r. n. 616, rispettivamente al ministro dell'interno ed al pre
fetto, in materia di autorizzazioni di polizia, peraltro quest'ulti mo circoscritto nel suo ambito di esplicazione dalla sentenza
della Corte costituzionale 27 marzo 1987, n. 77 (Foro it., 1987,
I, 2308) che dichiara la illegittimità costituzionale dell'art. 19, 4° comma, d.p.r. 24 luglio 1977 n. 616, per contrasto con gli art. 5 e 128 Cost, (che enunciano i principi di autonomia e
del decentramento amministrativo), nella parte in cui non limita
i poteri del prefetto esclusivamente alle esigenze e alla materia
della pubblica sicurezza, che restano riservate allo Stato: la pro nuncia della corte conferma ancora la preminenza della compe tenza amministrativa comunale nella materia delle autorizzazio
ni di polizia e della loro regolamentazione, rispetto agli altri
enti, posizione a cui d'altra parte i comuni non possono legitti mamente in alcuna misura abdicare.
Ma il d.p.c.m. impugnato presenta ancora un aspetto di ille
gittimità laddove, in una motivazione illogica ed incongrua, af
ferma: «Considerata la necessità che la regolamentazione degli orari di apertura e di chiusura di esercizi che esplicano attività
di trattenimento e di svago (sale da ballo, sale da giuoco, disco
teche, locali notturni, stabilimenti balneari ed esercizi similari)
tenda ad evitare l'esposizione eccessivamente prolungata dei fre
quentatori ad agenti acustici di elevata intensità, nonché i con
seguenti rischi connessi alla circolazione nelle ore notturne in
condizioni fisiche di ridotta efficienza, secondo modalità che,
nell'ambito di una sostanziale uniformità, tengano conto delle
condizioni ambientali di ciascuna regione». Su questa motivazione il collegio ritiene possano e debbano
farsi i seguenti rilievi di legittimità: a) i rischi conseguenti alla circolazione stradale nelle ore not
turne in condizioni fisiche di diminuita efficienza, non sono rap
portabili né imputabili ai tempi di chiusura dei locali in questio
ne, essendo da essi indipendenti. Detti rischi possono essere ri
feriti alla imprudenza nella guida degli autoveicoli e alla loro
eccessiva velocità;
b) di regola, le licenze di polizia per questi locali contengono la clausola del divieto di impianti di amplificazione sonora, per
cui basta esigerne la concreta osservanza o prevedere questo
divieto dove non vi sia. Potrebbe cioè apparire prescrivibile a
tal fine, la fissazione di limiti sonori all'interno dei locali in
questione, mentre si ravvisa del tutto irrilevante e illogica una
limitazione degli orari di chiusura;
c) si tratta di locali, che, per loro natura, funzionano nelle
ore notturne (specie i night clubs, frequentati peraltro, di nor
ma, da un pubblico selezionato e non giovane), per cui non
ha senso logico imporre dei limiti di orario di apertura e di
chiusura.
È veramente ingiusto e assurdo sul piano logico pretendere di riferire il verificarsi di incidenti stradali all'uscita dai locali
notturni (o delle discoteche) agli orari di funzionamento dei lo
cali stessi, stabilire cioè una sorta di rapporto causale (!) fra
gli incidenti e l'orario prolungato di quei locali: i sinistri strada
li hanno, come è ovvio, una loro origine causale ed è arbitrario
ed iniquo penalizzare i gestori di locali notturni o delle discote
che (e gli stessi frequentatori di essi) per colpe e responsabilità
non proprie, cosi illegittimante comprimendosi una libertà di
iniziativa economica anche costituzionalmente garantita.
Ma il sorprendente del decreto viene poi col dispositivo dove
si ammette deroga dell'orario di chiusura durante i mesi estivi
nella località a prevalente concentrazione turistica: davvero un
capolavoro di ipocrisia amministrativa: secondo il provvedimento
dunque, nelle località a prevalente concentrazione turistica —
e quindi in presenza e di fronte a ragioni e interessi di natura
economica — l'esigenza di tutelare i frequentatori dei locali not
turni (o delle discoteche) dai rischi connessi alla circolazione stradale nelle ore notturne in condizioni di menomata efficienza
fisica a causa della eccessivamente prolungata esposizione agli
effetti acustici delle sale da ballo, non esiste più!
Il Foro Italiano — 1993.
Vi sarebbe anzi da dire che, con orari cosi differenziati, il giovane che trova chiuso un locale nella propria città, non bal
neare, o dopo la chiusura anticipata di esso, adopererà l'auto
mobile di notte nell'autostrada per recarsi nelle località della
costa dove invece la chiusura viene posticipata, con pericolo ancora maggiore per la propria e l'altrui incolumità, in tal mo
do per altro aspetto privilegiandosi economicamente determina
ti locali rispetto ad altri non «turistici».
La verità è, e traspare evidente da tutto il decreto governati vo illegittimo in ogni sua parte, che tale provvedimento, privo di fondamento giuridico, è stato adottato unicamente per sod
disfare gli appelli della non meglio qualificata categoria delle
cosiddette «mamme-rock», le quali, con questo confessando la
propria incapacità di educare i loro figli e di contenerne le in
temperanze (quando di intemperanze si tratta), da esse anzi re
golarmente incoraggiate e favorite con abbondanti rimesse di
denaro e con la messa a disposizione di veloci autoveicoli, han
no pensato di rivolgersi alla autorità dello Stato pretendendo
(e purtroppo, fino ad ora, ottenendo) che l'organo pubblico,
sopperendo indebitamente alla insufficienza e alla imprepara zione dei genitori o peggio rimediando alla loro cattiva volontà,
si assumesse compiti non propri ma incombenti ai genitori ed
alle famiglie. In uno Stato, come il nostro attuale, fondamentalmente libe
rale, certi proibizionismi veramente non dovrebbero trovare
posto. La rilevata illegittimità del d.p.c.m. 25 maggio 1990 si riflette
necessariamente, invalidandoli, e sulla deliberazione 14 novem
bre 1990 n. 171 del consiglio regionale dell'Emilia-Romagna, che ha recepito quelle illegittime direttive governative, ritenen
dosi erroneamente da esse vincolate ed insieme ha, a sua volta,
esercitato poteri di direttiva ai comuni non spettanti alla regio
ne; e sui provvedimenti dell'autorità comunale che, in applica zione concreta dei criteri regionali, hanno fissato per il territo
rio di competenza gli orari di apertura e chiusura dei locali pub blici di trattenimento e di svago, illegittimamente restringendoli,
per l'apertura, alla fascia oraria che va dalle ore 20 alle ore
22 e per la chiusura alle ore 2,00.
Il d.p.c.m. 25 maggio 1990 e la deliberazione 14 novembre
1990 del consiglio regionale della regione Emilia Romagna, im
pugnati col ricorso giurisdizionale vanno per conseguenza an
nullati.
Per effetto del pronunciato annullamento, vengono automa
ticamente ripristinati l'orario di apertura e l'orario prolungato di chiusura dei locali gestiti dai ricorrenti e in precedenza con
cessi dall'autorità municipale.
CONSIGLIO DI STATO; sezione IV; decisione 28 febbraio 1992, n. 209; Pres. Quartulii, Est. Maruotti; Maggio ed altri (Aw.
Palma) c. Regione Campania (Aw. Iadanza). Conferma Tar
Campania, sez. I, 17 febbraio 1989, n. 53.
Giustizia amministrativa — Controinteressati — Atto negativo
di controllo — Mancata notificazione del ricorso all'ammini
strazione controllata — Inammissibilità (L. 6 dicembre 1971
n. 1034, istituzione dei tribunali amministrativi regionali, art.
21).
È inammissibile il ricorso contro un provvedimento negativo
dell'organo di controllo che non sia stato notificato all'am
ministrazione controllata la quale, avendo fatto decorrere i
termini di decadenza dell'impugnativa, ed essendo quindi te nuta a considerare tamquam non esset il provvedimento an
nullato e ad adeguare la propria azione al nuovo assetto dì
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