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Sezione IV; ordinanza 26 luglio 1983, n. 584; Pres. De Roberto, Rel. Martorelli; Arcangeli (Avv....

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Sezione IV; ordinanza 26 luglio 1983, n. 584; Pres. De Roberto, Rel. Martorelli; Arcangeli (Avv. Lavitola) c. Regione Lazio, Comune di Roma (Avv. Carnovale) Source: Il Foro Italiano, Vol. 107, No. 2 (FEBBRAIO 1984), pp. 57/58-59/60 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23175634 . Accessed: 28/06/2014 16:17 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 193.142.30.116 on Sat, 28 Jun 2014 16:17:44 PM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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Sezione IV; ordinanza 26 luglio 1983, n. 584; Pres. De Roberto, Rel. Martorelli; Arcangeli (Avv.Lavitola) c. Regione Lazio, Comune di Roma (Avv. Carnovale)Source: Il Foro Italiano, Vol. 107, No. 2 (FEBBRAIO 1984), pp. 57/58-59/60Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23175634 .

Accessed: 28/06/2014 16:17

Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at .http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp

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GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 58

CONSIGLIO DI STATO; Sezione IV; ordinanza 26 luglio 1983, n. 584; Pres. De Roberto, Rei. Martorelli; Arcangeli (Aw.

Lavitola) c. Regione Lazio, Comune di Roma (Aw. Car

novale).

CONSIGLIO DI STATO;

Edilizia e urbanistica — Vincoli urbanistici di inedificabilità e a contenuto espropriativo — Termine di efficacia — Permanenza

in vigore — Rimessione della questione all'adunanza plenaria

(L. 17 agosto 1942 n. 1150, legge urbanistica, art. 7, 34,

36, 40; 1. 19 novembre 1968 n. 1187, modifiche e integrazioni alla legge urbanistica 17 agosto 1942 n. 1150, art. 2; 1. 30

novembre 1973 n. 756, proroga dell'efficacia della 1. 19 no

vembre 1968 n. 1187, art. 1; d.l. 29 novembre 1975 n. 562, ulteriore proroga dell'efficacia della 1. 19 novembre 1968 n.

1187, art. 1; 1. 22 dicembre 1975 n. 696, conversione in legge del d.l. 29 novembre 1975 n. 562, art. un.; d.l. 26 novembre 1976 n. 781, ulteriore proroga dell'efficacia della 1. 19 novembre 1968 n. 1187, art. 1; 1. 24 gennaio 1977 n. 6, conversione in

legge del d.l. 26 novembre 1976 n. 781, art. un.; 1. 28 gennaio 1977 n. 10, norme per la edificabilità dei suoli, art. 1, 3, 4, 5,

6, 11, 12, 13).

È opportuno rimettere all'adunanza plenaria la questione della

permanenza o meno in vigore, anche dopo la nuova disciplina sidla edificabilità dei suoli, delle disposizioni che pongono un

limite temporale al massimo quinquennale ai vincoli di piano

regolatore generale preordinati alla espropriazione, o che com

portino l'inedificabilità di determinati beni, in difetto di ap provazione del piano regolatore particolareggiato, o di autoriz

zazione al piano di lottizzazione convenzionato. (1)

(1) La questione è stata rimessa all'adunanza plenaria (che la ha decisa all'udienza del 6 febbraio, pres. Pescatore, est. Vacirca) dalla sez. IV anche con ord. 27 ottobre 1983, n. 744, Cons. Stato, 1983,

I, 1012. L'ordinanza prende le mosse dalla sentenza della Corte costituzionale

12 maggio 1982, n. 92, Foro it., 1982, I, 2116, con nota di C. M.

Barone, annotata altresì da Pototschnig, in Le regioni, 1982, 984;

Alpa, in Riv. giur. edilizia, 1982, I, 421; Saporito, in Riv. not., 1982, 248 <v. anche Corte cost. 29 aprile 1982, n. 82, Foro it., 1982, I, 2118, parimenti con nota di C. M. Barone, annotata, oltre che da Alpa, loc. cit., da Bardusco, in Le regioni, 1982, 682). Tale sentenza, che

esplicitamente limita il suo decisum alla sola ipotesi di vincoli di

piano regolatore sostanzialmente espropriativi, ha esaminato la costitu zionalità di varie norme della legislazione urbanistica rilevanti in

materia, sotto il profilo alternativo della mancata previsione, per i vincoli suddetti, né di un indennizzo, né di un termine di durata non

prorogabile; e, sulla base della incostituzionalità delle norme che

prevedevano vincoli urbanistici non indennizzabili di durata indetermi

nata, affermata nelle sentenze 29 maggio 1968, nn. 55 e 56, Foro

it., 1968, I, 1361, con nota di richiami, ha considerato infondata la

questione di costituzionalità proposta, perché attualmente i vincoli

(sostanzialmente espropriativi) indicati nel piano regolatore avrebbero una efficacia limitata a cinque anni: sarebbe tutt'ora in vigore l'art. 2 1. 19 novembre 1968 n. 1187, disposto per tamponare le conseguenze delle citate sentenze del 1968, che appunto ha limitato al quinquennio l'efficacia dei vincoli di piano regolatore che cosi possono rimanere non indennizzabili, giacché tale norma non sarebbe stata abrogata neppure dalla 1. 10/77, che pure ha innovato il regime della edificabilità dei suoli; ma d'altra parte, all'entrata in vigore di questa ultima legge, avrebbero cessato di essere operanti le varie disposizioni di proroga del suddetto termine quinquennale; comunque, la Corte

costituzionale, nella sua sentenza n. 92/82, non ha escluso la costitu zionalità di norme che tornassero a prorogare questo termine quin quennale, purché non irrazionali o arbitrarie.

Da questa ricostruzione della disciplina della durata dei vincoli urbanistici che sarebbe attualmente vigente, basata sul carattere per manente del limite quinquennale fissato originariamente dall'art. 2 1. n.

1187/68, che perciò sopravviverebbe anche alla stessa 1. n. 10/77, e sul carattere temporaneo, fino a questa legge, delle successive proroghe di quel termine stesso, motivatamente dissente l'ordinanza della sez. IV che si riporta: la quale, non sentendosi vincolata alla parte interpretativa della disciplina vigente contenuta nella sentenza della

corte, rinnova i dubbi sulla sopravvivenza del termine quinquennale di efficacia dei vincoli urbanistici e dunque fa riemergere i conseguenti interrogativi di costituzionalità della non indennizzabilità di essi; ma sollevando dubbi di costituzionalità diversi, e in un certo senso di segno opposto, anche nell'ipotesi nella quale si accettasse l'interpreta zione della Corte costituzionale.

La conclusione dell'ordinanza, di rimessione della questione non alla Corte costituzionale, ma all'adunanza plenaria, perché anzitutto risolva i dubbi interpretativi della disciplina attualmente vigente, è dovuta alla non concordanza della ricostruzione di questa proposta dalla sezione, con gli orientamenti prevalenti nella giurisprudenza amministrativa, secondo i quali, come affermato dalla Corte costituzionale, i vincoli urbanistici sarebbero assoggettati al limite temporale del quinquennio

Il Foro Italiano — 1984 — Parte III-5.

Diritto. — 1. - Nella -memoria presentata il 4 febbraio 1983, i

signori D'Arcangeli hanno chiesto darsi atto della sopravvenuta

improcedibilità dell'appello essendo venuto meno ex lege — a

loro dire — il vincolo disposto con la variante al p.r.g. contro

il quale era stata proposta l'impugnazione giurisdizionale respinta in primo grado.

Rilevano in particolare ohe il vincolo in contestazione, preordi nato alla espropriazione — di durata non superiore ai cinque anni, giusta la 1. 19 novembre 1968 n. 1187 — è da! tempo venuto meno. A sostegno del loro assunto richiamano la recente

decisione della Corte costituzionale n. 92 del 12 maggio 1982

{Foro it., 1982, il, 2116) nella quale si è affermato ohe la 1. n.

1187/68, che fissa appunto in cinque anni i vincoli predetti, è

tutt'ora in vigore. 2. - Va premesso che la Corte costituzionale è pervenuta a

riconoscere come vigente la 1. n. 1187/68 in occasione della

emanazione di una sentenza di rigetto (appunto la cit. dee. n. 92

del 1982 resa disattendendo la questione con la quale il giudice a quo aveva sospettato d'illegittimità costituzionale gli art. 7, nn.

2, 3 e 4, 34, 36 e 40 1. 17 agosto 1942 n. 1150 in relazione

all'art. 2 1. 19 novembre 1968 n. 1187, alla 1. 30 novembre 1973

n. 756, al d.l. 29 novembre 1975 n. 562 convertito in 1. 22

dicembre 1975 n. 696, al d.l. 26 novembre 1976 n. 786 convertito in 1. 24 gennaio 1977 n. 7, nonché degli art. 1, 3, 4, 5, 6, 11, 12 e 13 1. 28 gennaio 1977 n. 10).

La sezione non è, perciò, vincolata, nel decidere la presente controversia, dalle proposizioni della citata decisione, imponendo si, com'è noto, le pronunce della Corte costituzionale solo nelle

ipotesi di accoglimento e limitatamente alle disposizioni racchiuse

nel dispositivo. 3. - La Corte costituzionale è pervenuta alla conclusione della

perdurante vigenza della normativa che contempla la durata dei

vincoli nei soli limiti del quinquennio, facendo leva, da un lato, sul rilievo che la cit. 1. n. 1187/68 conterrebbe — insieme con le

disposizioni di carattere transitorio — pure norme di regime

(quelle che fissano in cinque anni il vigore dei vincoli preordinati alla espropriazione) e dall'altro sul fatto che nessuna incidenza

abrogativa sulle dette disposizioni avrebbe esercitato la successi

va 1. 28 gennaio 1977 n. 10.

Entrambe le dette proposizioni suscitano, però, qualche perples sità.

Per quanto attiene alla prima va rilevato ohe la cit. 1. n.

1187/68 fu emanata per risolvere solo in via transitoria i delicati

problemi sorti dopo la dichiarazione d'illegittimità costituzionale dei vincoli, disposta con la sentenza 29 maggio 1968, n. 55 (id., 1968, I, 1361).

Nell'attesa infatti di un nuovo generale assetto della materia, si ritenne di adottare una soluzione provvisoria (non incompatibile con le idee espresse dalla corte, con le note sentenze degli anni

66) dando vita ad un regime ohe lasciava fermi gli antichi vincoli

per altri cinque anni ed assicurava valore ai nuovi iper un

periodo non eccedente il quinquennio.

previsto originariamente dall'art. 2 1. n. 1187/68: Cons. Stato, sez. V, 11 luglio 1983, n. 320, Cons. Stato, 1983, il, 758; T.A.R. Lazio, sez. II, 28 febbraio 1982, n. 160 e sez. I 22 dicembre 1982, n. 1109, Trib. amm. reg., 1983, I, 816 e 34; 8 novembre 1982, n. 920, id., 1982, I, 3289; T.A.R. Marche 15 ottobre 1982, o. 519, ibid., 3530; tutti questi provvedimenti aderiscono esplicitamente alla motivazione della sentenza della Corte costituzionale n. 92/82; nello stesso senso, v. inoltre T.A.R. Abruzzo 12 novembre 1981, n. 413, e 8 aprile 1982, n. 84, Foro it., Rep. 1982, voce Edilizia e urbanistica, nn. 165, 164; Cons. Stato, sez. IV, 10 luglio 1979, n. 575, id., Rep. 1979, voce cit., n. 148. Per altri riferimenti. Cons. Stato, sez. IV, 18 marzo 1980, n. 270, id., Rep. 1980, voce cit., n. 176.

In senso contrario, T.A.R. Abruzzo 1° settembre 1980, n. 237, id., Rep. 1981, voce cit., n. 157, che ha ritenuto incompatibile col nuovo regime della edificabilità dei suoli introdotto con la 1. n. 10/77, il permanere di un limite temporale di durata della efiicacia dei vincoli urbanistici; v. anche T.A.R. Lombardia 15 luglio 1981, n. 811, id., Rep. 1982, voce cit., n. 171; T.A.R. Toscana 7 dicembre 1979, n. 1501, id., Rep. 1980, voce cit., n. 180.

Naturalmente, per la soluzione delle questioni in discussione, è decisiva, come emerge anche dalla ordinanza che si riporta, la ricostruzione che si adotti del regime introdotto con la 1. n. 10/77: al riguardo, nel senso di ridurre la sua portata innovativa rispetto al regime precedente, e, in particolare, di negare che essa abbia scorpora to lo ius aedificandi dal diritto di proprietà, v. Corte cost. 30 gennaio 1980, n. 5, id., 1980, I, 273, con osservazioni di C. M. Barone e col. 605, con nota di U. Morello (per ulteriori indicazioni bibliografiche in proposito, v. la già citata nota di C. M. Barone a Corte cost. nn. 82 e 92/82, id., 1982, I, 2116; e, successivamente, Corte cost. 19 luglio 1983, n. 223, id., 1983, I, 2057, con nota di C. M. Barone).

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PARTE TERZA

È comunque decisivo osservare che il carattere transitorio della

citata disciplina risulta, per cosi dire, riconosciuta dallo stesso

legislatore in via d'interpretazione autentica.

Nel presupposto infatti della durata solo « transitoria » della 1.

n. 1187/68 quest'ultimo provvide alla emanazione di successivi

provvedimenti legislativi con i quali i termini quinquennali in

questione vennero prorogati dapprima di due anni con 1. 30

novembre 1973 n. 756, e successivamente, ancora di un anno con

il d.l. 29 novembre 1975 n. 562, convertito in 1. 22 dicembre

1975 n. 696. Una ulteriore proroga di due mesi fu disposta, infine

(fino al 30 gennaio 1977) — per il maturarsi dei dibattiti

parlamentari sulla proposta « Bucalossi » — con il d.l. 26 no

vembre 1976 n. 781, convertito nella 1. 24 gennaio 1977 n. 6.

Sembra, quindi, difficile sostenere in questa situazione che la

normativa in esame non abbia cessato di operare alla scadenza

del suo periodo di efficacia.

4. - Ma anche a voler trascurare i dati avanti ricordati —

riconoscendo cosi carattere non transitorio alla citata 1. n. 1187

del 1968 — sembra comunque da riconoscere, nella successiva 1.

n. 10/77, l'obiettivo di non lasciar ferma la durata quinquennale dei vincoli (e di abrogare, perciò, la predetta 1. n. 1187).

Cosicché, se pur si accedesse, in ipotesi, alla interpretazione della

corte, si perverrebbe — anche se per una strada alternativa —

alla conclusione della non operatività, per sopravvenuta abroga

zione, della ripetuta 1. n. 1187/68 e dei vincoli temporanei da

essa previsti. La nuova normativa, infatti, ancor più della prece dente — proseguendo il disegno di coordinamento a tutti i livelli — fa assegnamento su di un'organica pianificazione urbanistica

contraddistinta dalla contemporanea presenza di opere e strutture

a servizio della collettività.

Va invero ricordato che — per effetto della 1. n. 10/77 — il

rapporto tra comune e cittadini, in riferimento ai p.r.g., ai piani

particolareggiati, ai programmi di fabbricazione ed ai piani di

lottizzazione, ha subito una profonda evoluzione rispetto a quello

previsto dalla legge urbanistica del 1942: la 1. n. 10/77 richiede,

infatti, il raccordo dei piani urbanistici con le risorse pubbliche e

private, nei termini di tempo e di spazio, come previsti nei pjp.a., quale mezzo ineludibile di coordinamento o di organizzazione delle attività edilizie e delle scelte di equilibrio del territorio

latamente discrezionali. Alla dimensione soltanto fisica, sino al

momento della entrata in vigore della 1. n. 10/77, attribuita ai

p.r.g., l'art. 13 1. n. 10/77 aggiunge, come già rilevato, la dimensione

temporale perseguendo l'obiettivo, con la programmazione degli interventi, del contenimento e della razionalizzazione delle spese per infrastrutture e servizi.

Sembra perciò difficile sostenere che il legislatore del 1977 —

preoccupato di veder realizzata la pianificazione particolareggiata, tanto pubblica quanto privata, solo nel momento in cui l'autorità

pubblica ritenga maturi i tempi per la realizzazione dei pro grammi costruttivi — abbia inteso conservare un assetto destinato a dar vita all'adozione degli strumenti attuativi, e quindi alla

concreta realizzazione degli insediamenti in un momento (la scadenza del quinquennio) in cui ì vincoli saranno, di regola, venuti meno.

Né vale in contrario opporre — sulle linee delle idee espresse in altre occasioni dalla corte — che la 1. n. 10/77 non avrebbe

apportato con la « concessione » alcun mutamento al regime dei suoli. Questo dato, oggi incontestabile dopo la lettura data dalla Corte costituzionale alla 1. n. 10 cit., con la sentenza n. 5/80 (id., 1980, I, 273) e 92/82, non vale invero ad escludere l'intendimento

legislativo, e, perciò l'attuale operatività di un assetto rivolto ad offrire una disciplina — anche se in ipotesi costituzionalmente

illegittima — intesa a superare i delicati nodi sollevati dal

precedente contenzioso costituzionale di cui alla sentenza n.

55/68, considerando i vincoli stessi operanti sine die.

Costituiscono chiaro indizio di una volontà legislativa in tale direzione oltre ai p.p.a. anche la norma in tema di indennità

d'esproprio dichiarata illegittima dalla corte proprio perché rivol ta ad assicurare un indennizzo non compatibile con lo ius

aedificandi (ancora inerente, secondo la corte, alla privata proprie tà). Pure significativa è l'espressione « concessione »; si precisa infatti, nella relazione che accompagna il d.d.l. governativo sulla riforma dei suoli, che la licenza edilizia veniva sostituita dalla « concessione » in quanto quest'ultima «... appare in grado di

superare le conseguenze della corte; l'attività edificatoria viene, infatti, subordinata alla concessione rilasciata dall'autorità pubbli ca e, quindi, non può più parlarsi di vincoli che la colpiscono prima del formale provvedimento di concessione » (Atto camera, n. 500/76).

Vi è inoltre la normativa sulle sanzioni: non può mettersi in

dubbio che pur essa costituisca un chiaro sintomo della volontà

legislativa di far apparire — anche se non di realizzare (v. Corte

cost. n. 5/80, cit.) — lo scorporo del diritto di proprietà, cosi da

ottenere, in primis, la operatività illimitata -nel tempo dei vincoli

contemplati negli strumenti urbanistici generali. In tema di

« confisca » delle opere sine titulo o in totale difformità dal titolo, realizzate anche in conformità di uno strumento sovraordinato, la

confisca ha infatti un senso solo in una cornice nella quale si

mira a far apparire inerente alla mano pubblica, prima della

concessione, la colonna d'aria sovrastante il suolo. Per questo la « confisca » conduce, nella logica di un'accessione invertita, al

l'acquisizione dell'area e della costruzione inserita nella colonna

d'aria non ancora concessa, in apparenza, dalla mano pubblica. Se si condividono gli anzidetti rilievi, e per ciò il non equivoco

intendimento legislativo di considerare non più operante la 1. n.

1187/68, vanno avanzati dubbi sulla legittimità costituzionale

delle nuova normativa nel prevedere vincoli alla proprietà privata senza indennizzo e senza limiti di tempo, incidendo detti vincoli sullo ius aedificandi considerato ancora inerente, secondo l'inter

pretazione della corte, al diritto di proprietà. 5. - Va soggiunto, per completezza, che anche l'adesione alla

diversa linea interpretativa propugnata dalla Corte costituzionale

in ordine alla attuale operatività della 1. n. 1187/68 ed alla

limitazione di durata dei vincoli, porterebbe a dubitare della

legittimità costituzionale della normativa della quale si chiede in

questa causa l'applicazione (la cessazione dei vincoli alla scaden

za del quinquennio). E ciò non soltanto per la manifesta in

coerenza di un assetto (art. 42, 3° comma) che, pur facendo leva

sulla pianificazione generale e sull'ordinata realizzazione della

stessa a mezzo di strumenti suscettivi di realizzazione anche dopo il quinquennio — quali appunto sono i piani pluriennali di

attuazione sopra descritti, capaci di operare solo nel caso che

sia assicurata ai vincoli una durata illimitata — non consentireb

be a tali strumenti di esplicarsi efficacemente, ma anche per la

sostanziale vanificazione ohe, sia pure per una diversa ragione, si

produrrebbe per i terreni già investiti dai vincoli venuti meno

alla scadenza del quinquennio. Le aree predette, non per loro naturale vocazione ma per il

solo fatto di essere state in precedenza investite dal vincolo, resterebbero sottratte alla pianificazione ed assoggettate al regime

proprio delle aree sprovviste di ogni destinazione urbanistica,

ricadendo, cosi, sotto una disciplina incapace di consentire di

regola il loro sfruttamento edificatorio. 6. - Alla stregua delle esposte considerazioni, la sezione pro

penderebbe per la devoluzione alla Corte costituzionale delle

questioni che interessano la 1. n. 10/77 sotto gli alternativi profili che sono stati ricordati.

La delicatezza delle questioni e il fatto che la giurisprudenza dei T.A.R. e dello stesso consiglio sembrano inclinare per una diversa lettura della normativa inducono, però, la sezione a

preferire la devoluzione della questione alla autorità dell'adunan

za plenaria.

J

CONSIGLIO DI STATO; Sezione IV; ordinanza 22 luglio 1983, n. 553; Pres. Mezzanotte, Rei. Giovannino Russo (Aw. Stop

pani) c. Regione Marche, Comune di Ancona (Aw. Galvani).

Espropriazione per pubblico interesse — Stato di consistenza —

Redazione da parte di funzionario dell'amministrazione occu

pante — Rimessione della questione all'adunanza plenaria. Espropriazione per pubblico interesse — Piano per l'edilizia

economica e popolare — Dichiarazione di pubblica utilità —

Mancata fissazione dei termini — Rimessione della que stione all'adunanza plenaria (L. 18 aprile 1962, n. 167, disposizioni per favorire l'acquisizione di aree fabbricabili per l'edilizia economica e popolare, art. 9; 1. 22 ottobre 1971 n.

865, programmi e coordinamento dell'edilizia residenziale pub blica; norme sull'espropriazione per pubblica utilità; modifiche e integrazioni alle 1. 17 agosto 1942 n. 1150, 18 aprile 1962 n.

167, 29 settembre 1964 n. 847, ed autorizzazione di spesa per interventi straordinari nel settore dell'edilizia residenziale, age volata e convenzionata, art. 38; d.l. 2 maggio 1964 n. 115, norme per accelerare i programmi di edilizia residenziale, art.

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