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sezione lavoro; sentenza 12 maggio 2006, n. 11025; Pres. Mileo, Est. De Matteis, P.M. Abbritti...

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sezione lavoro; sentenza 12 maggio 2006, n. 11025; Pres. Mileo, Est. De Matteis, P.M. Abbritti (concl. diff.); Piscitelli (Avv. Epifanio) c. Provveditorato agli studi di Isernia e altri. Cassa App. Campobasso 22 aprile 2003 e decide nel merito Source: Il Foro Italiano, Vol. 129, No. 10 (OTTOBRE 2006), pp. 2753/2754-2755/2756 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23202029 . Accessed: 25/06/2014 04:18 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 195.78.108.105 on Wed, 25 Jun 2014 04:18:31 AM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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sezione lavoro; sentenza 12 maggio 2006, n. 11025; Pres. Mileo, Est. De Matteis, P.M. Abbritti(concl. diff.); Piscitelli (Avv. Epifanio) c. Provveditorato agli studi di Isernia e altri. Cassa App.Campobasso 22 aprile 2003 e decide nel meritoSource: Il Foro Italiano, Vol. 129, No. 10 (OTTOBRE 2006), pp. 2753/2754-2755/2756Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23202029 .

Accessed: 25/06/2014 04:18

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

comportamenti datoriali discriminatori, su ricorso del lavorato

re, il pretore, con uno speciale procedimento, ordina la cessa

zione del comportamento illegittimo e la rimozione degli effetti.

Peraltro, non solo la Banti non ha adottato la speciale proce dura di cui all'art. 15 cit., ma deducendo, su base essenzial

mente statistica, un diffuso favore in ambito aziendale per la

progressione in carriera dei dipendenti di sesso maschile, e

quindi deducendo un comportamento discriminatorio di caratte

re collettivo, non può ottenere in questa sede il riconoscimento

in proprio favore di una specifica progressione in carriera ad un

determinato livello o categoria e con riferimento ad un tempo determinato (a quest'ultimo riguardo, lo stesso giudice di ap

pello non ha mancato di porre in rilievo le stesse perplessità della ricorrente in ordine alla decorrenza delle qualifiche riven

dicate), a preferenza di altri soggetti dell'altro sesso. Infatti,

l'art. 4 successiva 1. 10 aprile 1991 n. 125 appresta ai lavoratori

in presenza di un atto o di un comportamento discriminatorio di

carattere collettivo per ragione di sesso, una tutela di carattere

interdittivo mediante ordine del giudice al datare di lavoro di

definire un piano di rimozione delle discriminazioni accertate,

ma non comporta di per sé l'attribuzione diretta ed immediata di

posizioni lavorative del genere di quelle richieste dalla Banti.

D'altro lato, non sembra contraddirsi il giudice d'appello laddove, per escludere la discriminazione ha dato atto che alla

lavoratrice era stato riconosciuto comunque, seppure in ritardo e

parzialmente, uno sviluppo di carriera conforme alle mansioni

di fatto, laddove è evidente che il riconoscimento fu parziale e

tardivo, nel giudizio della corte d'appello, solo rispetto alle

aspettative della dipendente. Conclusivamente, assorbito ogni altro profilo di censura, en

trambi i ricorsi devono essere rigettati.

CORTE DI CASSAZIONE; sezione lavoro; sentenza 12 mag

gio 2006, n. 11025; Pres. Mileo, Est. De Matteis, P.M. Ab

brutì (conci, diff.); Piscitelli (Avv. Epifanio) c. Provvedito

rato agli studi di Isernia e altri. Cassa App. Campobasso 22

aprile 2003 e decìde nel merito.

Istruzione pubblica — Docente di istituto tecnico — Orario

di lavoro — Cartellino marcatempo — Obbligo di timbra

tura — Illegittimità (D.p.r. 10 gennaio 1957 n. 3, t.u. delle

disposizioni concernenti lo statuto degli impiegati civili dello

Stato, art. 17; d.leg. 16 aprile 1994 n. 297, approvazione del

t.u. delle disposizioni legislative vigenti in materia di istru

zione, relative alle scuole di ogni ordine e grado, art. 396).

In mancanza di specifica previsione di fonte legale, contrattuale

o regolamentare, deve ritenersi illegittimo il provvedimento con cui il preside di un istituto tecnico impone al docente

l'obbligo di timbratura del cartellino marcatempo, quale mo

dalità di controllo sull'osservanza dell'orario di lavoro. ( 1 )

( 1 ) I. - La sentenza, ancorché' non consti di precedenti specifici, re

lativi agli obblighi di timbratura del cartellino marcatempo da parte de

gli insegnanti degli istituti scolastici superiori, fa leva su un argomento sufficientemente consolidato nella giurisprudenza amministrativa e or

dinaria. Alla stregua di tale assunto giudiziale, l'obbligo per il dipen dente pubblico di adempiere a specifiche formalità per il controllo del

l'orario di lavoro, quale in particolare l'utilizzo dell'orologio marca

tempo, deve derivare da una precisa disposizione di fonte legale, con

trattuale o regolamentare, dovendo, in caso contrario, desumersi l'ille

gittimità del provvedimento datoriale che l'impone: cfr., in tal senso, Cons. Stato, sez. V, 13 giugno 2003, n. 3338, Foro it.. Rep. 2003, voce

Sanitario e personale della sanità, n. 36 (nel caso dell'ostetrica dipen

II Foro Italiano — 2006.

Svolgimento del processo. -— Con ricorso depositato il 30 di

cembre 1998 il prof. Domenico Piscitelli, docente di ruolo pres so l'istituto tecnico commerciale e per geometri E. Fermi di

Isernia, ha convenuto avanti al locale pretore, in funzione di

giudice del lavoro, il provveditorato agli studi di Isernia (ora uf

ficio scolastico regionale per il Molise), l'istituto citato ed il

preside del medesimo, prof. Giancarlo Carmosino, per sentire

dichiarare nulla la sanzione disciplinare della censura inflittagli dal provveditore agli studi con provvedimento n. 146/ris. in data

9-11 dicembre 1998, per non avere egli rispettato l'ordine im

partitogli dal preside del succitato istituto di marcare l'orario di

servizio, sia di entrata che in uscita, con il cartellino magnetico. Sosteneva l'illegittimità del provvedimento sanzionatorio:

a) non essendo stata in esso indicata l'autorità dinanzi alla

quale fosse proponibile l'eventuale impugnazione; b) non potendosi imporre al personale docente l'obbligo di

marcare la presenza in istituto mediante il cartellino magnetico, tenuto conto che una simile modalità costituiva un controllo ir

ragionevolmente additivo e soltanto alternativo (non potendo essere mai sussidiario) rispetto agli strumenti obbligatoriamente utilizzati a tal fine nell'ambito scolastico, quali il registro di

classe ed il giornale del professore;

c) non essendo applicabile, nella specie, il dettato normativo

dell'art. 17 d.p.r. n. 3 del 1957 (richiamato dal provveditore agli studi a base della sanzione disciplinare comminata), dal mo

mento che esso era esclusivamente riferibile a comportamenti

posti in essere in violazione di norme cogenti di relazione ed al

personale operante in seno ad istituzioni nelle quali il principio della gerarchia, nella prospettiva del necessario svolgimento di

compiti essenziali dello Stato, non consente attenuazioni di

sorta.

Il pretore adito ha rigettato la domanda; la corte d'appello, con sentenza 16-22 aprile 2003 n. 108, ha confermato la deci

sione.

Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione il

Piscitelli, con tre motivi.

dente di una Usi); sez. VI 17 marzo 1994, n. 346, id., 1994, III, 473

(nel caso di legali in servizio presso l'Inps); Cass. 8 aprile 1994, n.

3298, ibid., I, 3062 (nel caso di medici specialisti ambulatoriali con

venzionati con le Usi). Nel caso di specie, riguardante il settore scolastico, l'art. 396 d.leg.

n. 297 del 1994 rinvia al c.c.n.l. di comparto la definizione dei compiti di promozione e coordinamento svolti dal preside. Senonché, l'art. 89 c.c.n.l. del 24 luglio 2003, mentre prevede l'obbligo di timbratura per il

personale Ata, non dispone in modo analogo con riferimento al perso nale docente. Il che, occorre ulteriormente sottolineare, si spiega per il

fatto che ciò comporterebbe un'ulteriore modalità di controllo, oltre a

quella che si concreta in strumenti obbligatori in ambito scolastico,

quali il registro di classe e il giornale del professore. La fattispecie che maggiormente si avvicina, ratione materiae, al ca

so esaminato dalla Corte di cassazione riguarda l'uso dell'orologio

marcatempo quale strumento di rilevazione delle presenze del personale docente universitario che presta servizio presso i policlinici e le clini che universitarie. Anche in questo ambito, la giurisprudenza ammini

strativa ha ritenuto insussistente l'obbligo di timbratura in carenza di

una specifica fonte di riferimento: cfr. Tar Campania 8 aprile 1999, n.

1004, id.. Rep. 1999, voce Istruzione pubblica, n. 322; Tar Lazio, sez.

Ili, 2 febbraio 1995, n. 250, id.. Rep. 1995, voce Sanitario, n. 543. In un non recente precedente, inoltre, la giurisprudenza si è spinta a

sostenere che l'introduzione dell'orologio marcatempo da parte del

l'amministrazione dell'Usi a fini di controllo sull'osservanza degli ora ri di lavoro svolti dai medici convenzionati, senza la preventiva intesa con le organizzazioni sindacali richiesta dal contratto collettivo, confi

guri una condotta antisindacale: v. Pret. Venezia 14 novembre 1983,

id., 1985,1,625. In definitiva, solamente nel caso in cui sia identificabile il fonda

mento positivo dell'obbligo di timbratura, l'eventuale rifiuto del dipen dente costituirà una forma di insubordinazione punibile con sanzioni

disciplinari, sino al licenziamento: per qualche esempio, cfr. Trib. Mi

lano 12 febbraio 1983, id.. Rep. 1983, voce Lavoro (rapporto), n. 2251, e Lavoro e prev. oggi, 1983, 1427; Trib. Pisa 26 giugno 1981, Foro it.,

Rep. 1982, voce cit., n. 1730, e Giust. civ., 1982, I, 511, con nota di

Tosi. II. - Da ultimo, per una rilevante pronunzia delle sezioni unite penali

della Cassazione, con cui si esclude la configurabilità del reato di falso

ideologico in atto pubblico in caso di mancata timbratura, da parte del

dipendente pubblico, del cartellino marcatempo in occasione di brevi

allontanamenti dal luogo di lavoro, cfr. Cass., sez. un.. 11 aprile 2006,

Sepe, e sez. V, ord. 26 gennaio 2006, Sepe, Foro it., 2006, II, 416, con

nota di richiami.

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2755 PARTE PRIMA 2756

Nessuno si è costituito per gli intimati.

Motivi della decisione. — (Omissis). Con il terzo motivo il

ricorrente, deducendo violazione e falsa applicazione degli art.

22 1. 23 dicembre 1994 n. 724, 4 1. 20 maggio 1970 n. 300, d.p.c.m. 593/93 di recepimento del c.c.n.l. scuola, area della

funzione docente; motivazione solo apparente e comunque con

traddittoria, censura la sentenza impugnata nella parte in cui ha

ritenuto che anche l'attività d'insegnamento nelle scuole, oltre

quelle di natura tecnica ed ausiliaria, è soggetta all'accerta

mento mediante «controlli di tipo automatico ed obiettivo».

Questo motivo è fondato.

Dalla giurisprudenza di legittimità e da quella amministrativa

si ricava il principio che per i dipendenti pubblici l'obbligo di adempiere alle formalità prescritte per il controllo dell'orario di

lavoro deve discendere da apposita fonte normativa legale o

contrattuale: Cass. 8 aprile 1994, n. 3298 (Foro it., 1994, I,

3062) ha ritenuto legittima la disposizione di una Usi che obbli gava i medici specialisti ambulatoriali a timbrare il cartellino, in

quanto ciò era previsto da apposita norma contrattuale, nella

specie l'art. 7, 2° comma, dell'accordo collettivo di settore, ap

provato con d.p.r. 16 ottobre 1984 n. 884; 24 agosto 1991, n.

9113 (id., Rep. 1992, voce Lavoro (rapporto), n. 979), ha rite

nuto analogamente legittimo l'obbligo degli addetti al servizio

legale dell'Enel, iscritti nell'albo degli avvocati a procuratori, di

timbrare il cartellino in quanto tale obbligo era previsto dal

contratto collettivo indistintamente per tutti i dipendenti, con

qualsiasi qualifica. La giurisprudenza amministrativa è univoca nell' affermare

l'esigenza di una fonte normativa specifica per la facoltà di

sottoporre il personale dipendente al controllo delle presenze mediante orologi marcatempo o altri sistemi di registrazione (Tar Lazio, sez. Ili, 4 aprile 1985, n. 365, id., Rep. 1985, voce

Impiegato dello Stato e pubblico, n. 550, che ha dichiarato ille

gittima la deliberazione del consiglio di amministrazione del

l'Inps che ha esteso il sistema di rilevazione delle presenze me

diante orologi marcatempo al personale del ruolo legale; 2 gen naio 1990, n. 18, id., Rep. 1990, voce cit., n. 608; 4 gennaio 1990, n. 24, ibid., n. 611, in tema di attuari Inail; Tar Liguria 28 ottobre 1985, n. 566, id., Rep. 1986, voce cit., n. 623, in tema di

legali Inail; Tar Lazio, sez. Ili, 2 febbraio 1995, n. 250, id., Rep. 1995, voce Sanitario, n. 543, che ha dichiarato illegittimo il

provvedimento rettorale che ha imposto gli orologi marcatempo al personale docente universitario presso i policlinici, senza che

tale modalità di controllo delle presenze fosse prevista dalla

convenzione tipo, e quindi in assenza di fondamento normativo

specifico; 30 settembre 1989, n. 1612, id.. Rep. 1990, voce Im

piegato dello Stato e pubblico, n. 610, che ha individuato la

fonte normativa specifica dell'obbligo degli orologi marcatem

po per i sanitari dell'Inps nell'art. 7, 10° comma, d.p.r. 8 mag

gio 1987 n. 267). Nel settore scolastico l'art. 396 d.leg. 16 aprile 1994 n. 297

(t.u. sulla scuola) affida al preside compiti di promozione e co

ordinamento, nell'ambito delle norme dello stesso t.u. e del contratto collettivo. Quest'ultimo prevede (ad es. art. 6 c.c.n.l.

24 luglio 2003) come materia di informazione preventiva i crite

ri e le modalità relativi all'organizzazione del lavoro ed all'arti

colazione dell'orario del personale docente, educativo ed Ata.

L'art. 89 del medesimo contratto prevede l'obbligo per il per sonale Ata di adempiere alle formalità previste per la rilevazio ne delle presenze, mentre analogo obbligo non è previsto per il

personale docente.

L'amministrazione intimata, che peraltro dopo il primo grado si è disinteressata della causa, non indica la fonte contrattuale della disposizione impartita dal preside dell'istituto E. Fermi al

personale docente di timbrare il cartellino, che pertanto si deve

ritenere illegittima. Sussistono i presupposti di legge previsti dall'art. 384 c.p.c.,

come modificato dall'art. 66 1. 26 novembre 1990 n. 353 (acco

glimento del ricorso per violazione di legge e non necessità di ulteriori accertamenti di fatto), perché questa corte decida la

controversia nel merito, accogliendo la domanda del Piscitelli.

Il Foro Italiano — 2006.

CORTE DI CASSAZIONE; sezione I civile; sentenza 12 aprile 2006, n. 8516; Pres. Proto, Est. Napoleoni, P.M. Cic

colo (conci, conf.); Primerano (Avv. Carlucci) c. Fall.

Gruppo editoriale Maratta (Avv. Maggio). Conferma App. Lecce-Taranto 4 luglio 2002.

Fallimento — Azione revocatoria — Atti fra coniugi — Ac cordi di separazione — Diritto di abitazione — Revocabi lità (Cod. civ., art. 155; r.d. 16 marzo 1942 n. 267, disciplina del fallimento, art. 67, 69).

Gli accordi di separazione personale fra i coniugi (e le relative

modificazioni) contenenti attribuzioni patrimoniali da parte dell'uno nei confronti dell'altro (nella specie, il diritto di

abitazione) se incidono sulla integrità della garanzia patri moniale del coniuge disponente, possono essere assoggettati ad azione revocatoria fallimentare. (1)

Svolgimento del processo. — Con atto di citazione del 10 di

cembre 1996 il fallimento Gruppo editoriale Maretta di Carlo

Maretta conveniva in giudizio davanti al Tribunale di Taranto la

sig. Maria Francesca Primerano, moglie consensualmente sepa rata del Maretta, esponendo che in sede di separazione consen

suale, omologata dal medesimo tribunale I'll luglio 1988, il

Maretta e la Primerano avevano stabilito che la casa coniugale sita in Taranto, alla via Palermo n. 4, acquistata in regime di

comunione dei beni, sarebbe rimasta nella esclusiva disponibi lità del marito. Questi, per parte sua, avrebbe corrisposto alla

moglie — oltre all'assegno di mantenimento per lei stessa e la

figlia, di cui era affidataria — un ulteriore assegno mensile di

lire 750.000, quale contributo alle spese per il reperimento di

altro alloggio. Con successivo ricorso al Tribunale di Taranto del 29 gennaio

1994, omologato con decreto del 3 febbraio 1994, i coniugi avevano peraltro chiesto ed ottenuto la modifica delle anzidette

condizioni, convenendo, in specie, che la casa di proprietà co

mune venisse destinata ad abitazione della Primerano. A tal fi

ne, il Maretta aveva costituito sull'immobile, per la quota di sua

spettanza, il diritto di abitazione in favore della consorte per l'intera durata della di lei vita, venendo correlativamente di

spensato dal contributo mensile di lire 750.000 in precedenza

pattuito. Di tale atto, trascritto nei registri immobiliari, il fallimento

chiedeva la revoca ai sensi degli art. 69 e 67, 1° comma, n. 1,1.

fall., in quanto stipulato in pregiudizio dei creditori dell'im prenditore fallito.

Nella resistenza della convenuta, la domanda veniva accolta

dal tribunale adito con sentenza del 13 giugno 2000, successi

vamente confermata, a seguito del gravame della Primerano, dalla Corte d'appello di Lecce, sezione distaccata di Taranto, con sentenza del 4 luglio 2002.

La corte territoriale negava in specie validità alla tesi dall'ap

pellante, secondo cui l'accordo intervenuto in sede di separa zione consensuale rimarrebbe estraneo alla sfera di operatività

degli art. 67 e 69 1. fall. Osservava, al riguardo, come la disposi zione dell'art. 69, 1° comma — in forza della quale gli atti di

cui al precedente art. 67, compiuti tra i coniugi nel tempo in cui

(1) Fra i giudici di merito, in senso conforme. App. Venezia 28 aprile 1999, Foro it., Rep. 2000, voce Fallimento, n. 539.

Per la consimile fattispecie della impugnazione con l'azione revoca toria ordinaria, Cass. 23 marzo 2004, n. 5741, id., Rep. 2004, voce Re vocatoria (azione), n. 12; Trib. Cagliari 2 ottobre 2000, id., Rep. 2002, voce Separazione di coniugi, n. 46; Trib. Torino 18 agosto 1999, id..

Rep. 2000, voce Revocatoria (azione), n. 15; Trib. Roma 5 marzo 1999, id.. Rep. 1999, voce cit., n. 10; Trib. Milano 29 gennaio 1996, id.. Rep. 1996, voce cit., n. 8. Sulla natura contrattuale degli atti di trasferimento della proprietà fra coniugi, occasionati da accordi di separazione, Cass. 15 novembre 2000, n. 14791, id., Rep. 2001, voce Separazione di co

niugi, n. 30; 15 maggio 1997, n. 4306, id.. Rep. 1997, voce cit., n. 56; 11 novembre 1992, n. 12110, id.. Rep. 1993, voce cit., n. 23.

Per l'ammissibilità della revocatoria nel solo caso in cui l'attribuzio ne possa essere qualificata come negozio in frode alla legge, Figone, Separazione consensuale, trasferimento di beni ed azione revocatoria, in Fallimento, 1996, 479; più in generale, sul possibile uso strumentale di tali pattuizioni in danno dei creditori, Ieva, Trasferimenti mobiliari e immobiliari in sede di separazione e di divorzio, in Riv. not., 1995, 447; Briganti, Crisi della famiglia e attribuzioni patrimoniali, id., 1997, 12.

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