sezione lavoro; sentenza 14 febbraio 2006, n. 3196; Pres. Sciarelli, Est. Monaci, P.M. Apice(concl. conf.); Grassi (Avv. Menghini, Cassietti) c. Colombo (Avv. Zambrano). Cassa App. Torino25 settembre 2002Source: Il Foro Italiano, Vol. 129, No. 5 (MAGGIO 2006), pp. 1395/1396-1397/1398Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23203224 .
Accessed: 25/06/2014 02:18
Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at .http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp
.JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range ofcontent in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new formsof scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected].
.
Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to IlForo Italiano.
http://www.jstor.org
This content downloaded from 185.2.32.60 on Wed, 25 Jun 2014 02:18:31 AMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions
PARTE PRIMA 1396
CORTE DI CASSAZIONE; sezione lavoro; sentenza 14 feb
braio 2006, n. 3196; Pres. Sciarelli, Est. Monaci, P.M. Apice
(conci, conf.); Grassi (Avv. Menghini, Cassietti) c. Colombo
(Avv. Zambrano). Cassa App. Torino 25 settembre 2002.
Agenzia (contratto di) e agente di commercio — Subagenzia — Indennità di fine rapporto — Vantaggi sostanziali —
Fattispecie (Cod. civ., art. 1751).
Tra i sostanziali vantaggi rivenienti all'agente dall'attività del
subagente, cui è condizionato l'obbligo di corrispondere a
quest'ultimo l'indennità di fine rapporto, rientrano anche i
vantaggi che l'agente consegua, in sede di chiusura dei conti
relativi al rapporto di agenzia, dall 'incremento di portafoglio della subagenzia, convertitosi in un incremento del portafo
glio su cui è stata calcolata l'indennità dovuta all'agente in
occasione della cessazione della sua attività. ( 1 )
Svolgimento del processo. — Con ricorso del 2 febbraio 2002
al Tribunale di Verbania il sig. Grassi Mario conveniva in giu dizio il sig. Colombo Giuseppe chiedendo che fosse condannato
al pagamento della somma di lire 196.302.681, per competenze ed indennità maturate in qualità di subagente.
Il Tribunale di Verbania accoglieva la domanda.
In secondo grado la Corte d'appello di Torino, con sentenza
861/02, in data 23-25 settembre 2002 andava parzialmente in
contrario avviso, e riduceva la somma dovuta a 35.559,91 euro, oltre accessori, a titolo di indennità mancato preavviso.
La sentenza partiva dalla constatazione del fatto che era inter
corso tra le parti un rapporto di lavoro in quanto il sig. Grassi
era subagente del sig. Colombo, a sua volta agente generale della Sai.
Una volta venuto meno il rapporto di agenzia tra il Colombo
e la Sai, sarebbe venuto meno anche il rapporto di subagenzia con il Grassi.
L'indennità di preavviso era comunque dovuta, mentre il di
ritto all'indennità di cessazione del rapporto era subordinato alle
condizioni di legge, che nel caso non si sarebbero verificate.
In particolare il preponente, dato che aveva cessato ogni atti
vità, non avrebbe ricevuto vantaggi di carattere sostanziale dagli affari procuratigli dal subagente con nuovi clienti.
Avverso la sentenza, che gli era stata notificata il 9 giugno 2003, il sig. Grassi ha proposto ricorso per cassazione, notifi
cato il 3 luglio 2003, con un motivo.
Resiste il sig. Colombo Giuseppe con controricorso notificato
il 31 luglio 2003. Il ricorrente ha depositato una memoria difensiva.
Motivi della decisione. — 1. - Con l'unico motivo di impu
gnazione il ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione dell'art. 1751 c.c., e l'omessa, insufficiente, contraddittoria
motivazione su di un punto decisivo della controversia.
Sostiene che era irrilevante la circostanza che il sig. Colombo
non potesse ricevere vantaggi sostanziali dagli affari procurati dal sig. Grassi, in quanto il suo recesso dal rapporto di agenzia con la Sai era stato volontario.
(1) 11 caso di specie riguarda gli importi che un agente assicurativo
percepisce, in sede di chiusura dei conti, dal preponente o dall'agente di pari livello che gli subentra. Dal momento che: a) l'indennità di fine
rapporto è funzione dell'incremento di portafoglio dell'agente (id est, differenza tra il volume delle polizze che gli è stato consegnato all'ini zio dell'attività e quello che restituisce alla sua cessazione); b) il porta foglio del subagente confluisce in quello dell'agenzia, ne deriva neces sariamente che gli incrementi di portafoglio della subagenzia si con vertono in un maggior incremento del portafoglio su cui viene calcolata l'indennità dovuta all'agente in occasione della cessazione della sua attività.
In precedenza, la specularità della situazione del subagente rispetto a
quella dell'agente in sede di risoluzione del rapporto era stata affermata da Cass. 22 aprile 2002, n. 5827, Foro it., Rep. 2002, voce Agenzia, n. 49 (che aveva sancito l'immodificabilità in peius dell'indennità di
scioglimento del rapporto), e 4 maggio 2000, n. 5612, id., Rep. 2000, voce cit., n. 59. Per parte sua, Cass. 7 giugno 1999, n. 5577, id.. Rep. 1999, voce cit., n. 69, aveva postulato l'applicabilità tout court dell'art. 1751 c.c. ai subagenti.
In generale, sulla figura della subagenzia, v. Cass. 6 agosto 2004, n.
15190, id.. Rep. 2004, voce cit., n. 22.
Il Foro Italiano — 2006.
Di conseguenza il subagente aveva diritto all'indennità previ sta dall'art. 1751 c.c.
Del resto, il Colombo aveva ricevuto sostanziali vantaggi dall'attività svolta dal Grassi e dallo sviluppo ed incremento del
portafoglio della subagenzia (poi confluito in quello dell'agen
zia). Non per caso l'agente generale che subentrava doveva rim
borsare ratealmente all'agente generale uscente Colombo una
somma assai ingente. Sarebbe mancata, inoltre, una sufficiente motivazione sulla
circostanza di fatto che la cessazione del rapporto di agenzia per recesso volontario dell'agente Colombo comportasse anche la
privazione del subagente Grassi dell'indennità per la cessazione
del rapporto. Non si trattava di uno dei casi in cui tale esclusione era previ
sta dall'art. 1751 c.c.
2. - Nel controricorso il resistente eccepisce preliminarmente
l'improcedibilità del ricorso a causa avversario a seguito della
mancata impugnazione di un capo essenziale e pregiudiziale della sentenza d'appello, quello che aveva ritenuto che mancas
se la prova, cui era tenuto il subagente, della sussistenza degli elementi costitutivi del diritto alla percezione dell'indennità di
cui all'art. 1751 c.c.
Questo punto sarebbe rimasto definitivamente accertato.
Il ricorso sarebbe inammissibile anche perché volto ad un rie
same dei dati di fatto e degli accertamenti di merito.
Nel merito, il controricorrente ribadisce che era stata la Sai a
volere la risoluzione del rapporto di agenzia. Del resto, variazioni di zona di non lieve entità comportava
no, se non accettate dall'agente, la risoluzione del rapporto di
agenzia. Occorreva, in ogni caso, che i vari presupposti previsti dal
l'art. 1751 c.c. fossero tutti presenti contemporaneamente, mentre il giudice del merito aveva ritenuto che alcuni di essi
non lo fossero.
Il preponente, ormai cessato dall'attività, non riceveva più sostanziali vantaggi dagli affari con i clienti procurati dal Gras
si, ed il pagamento dell'indennità non poteva dirsi equo in rela
zione alle circostanze.
Anzi, si era formato ormai un accertamento definitivo sul
fatto che non sussistessero questi presupposti, in quanto questi
punti della sentenza di merito non erano stati oggetto di impu
gnazione. 3. - Sono infondate, e non possono non essere accolte, le ec
cezioni preliminari, proposte dal resistente, sull'asserita inam
missibilità del ricorso avversario.
Non è esatto che si sia formato il giudicato, per mancata im
pugnazione sul fatto che non fosse stata provata la sussistenza
dei requisiti previsti dall'art. 1751 c.c.
In realtà la decisione sull'applicabilità al caso concreto del
l'art. 1751, e conseguentemente sulla sussistenza, o meno, del
diritto alla relativa indennità, comporta non solo valutazioni di
fatto (che di per sé stesse, se adeguatamente motivate, non
avrebbero potuto comunque essere oggetto di impugnazione in
sede di legittimità), ma — preliminarmente ad esse — l'inter
pretazione in diritto della norma, che è alla base della sua appli cazione, e questa interpretazione ben può essere impugnata in
Cassazione, sotto il profilo della violazione e della sua errata
applicazione di legge, così come possono esserlo, del resto, sotto il profilo del difetto di motivazione, le stesse valutazioni
in fatto.
La lettura del ricorso introduttivo chiarisce che quest'ultimo contiene proprio sia l'impugnazione in diritto dell'interpreta zione fornita dalla sentenza all'art. 1751 — di cui il ricorrente
propone una lettura diversa e più estensiva — sia l'impugnazio ne sotto il profilo del difetto di motivazione, delle valutazioni in
fatto compiute dal giudice di merito.
Va escluso, pertanto, che il ricorso sia diretto semplicemente ad un riesame degli accertamenti di merito.
Altrettanto vale per l'asserita inammissibilità del ricorso.
4. - Nel merito il ricorso è fondato, e deve essere accolto.
Come giustamente osservato dal procuratore generale il suba
gente si trova nei confronti dell'agente nella medesima posizio ne in cui quest'ultimo si trova di fronte al preponente.
L'art. 1751 c.c. si applica anche al subagente — che in realtà
altro non è che se non un agente che opera in favore dell'agente di livello superiore
— e perciò la norma deve essere effettiva
This content downloaded from 185.2.32.60 on Wed, 25 Jun 2014 02:18:31 AMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions
GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
mente applicabile in concreto anche al subagente, ed avere un
contenuto utilizzabile anche in questa fattispecie. Non lo potrebbe avere se la norma venisse interpretata in sen
so restrittivo.
Lo ha invece soltanto fornendone un'interpretazione di ca
rattere più ampio (l'unica compatibile in questo caso con i prin
cipi costituzionali), in particolare delle due condizioni previste dal 1° comma dell'art. 1751 (quelle secondo cui occorre che
«l'agente abbia procurato nuovi clienti al preponente o sensi
bilmente sviluppato gli affari con i clienti esistenti e il prepo nente riceva ancora sostanziali vantaggi derivanti dagli affari
con tali clienti», e che «il pagamento di tale indennità sia equo, tenuto conto di tutte le circostanze del caso, in particolare delle
provvigioni che l'agente perde e che risultano dagli affari con
tali clienti»), I sostanziali vantaggi che il preponente (in questo caso l'a
gente) è necessario riceva ancora dagli affari procurati dall'a
gente (in questo caso dal subagente), non consistono soltanto in
vantaggi futuri che gli affari procurati dal subagente possono
procurare all'agente nel corso dello svolgimento della propria attività, che in questo caso è ormai cessata, ma in vantaggi di
qualsiasi genere, compresi quelli che l'agente consegua nel
l'ambito della chiusura dei conti relativi al rapporto di agenzia. In particolare vi rientrano tutti quegli importi, o maggiori im
porti, che l'agente di livello superiore percepisca in sede di
chiusura dei conti o dalla preponente o direttamente dall'agente di pari livello che gli subentra.
Come è noto, nel settore assicurativo l'indennità a favore del
l'agente per la cessazione del rapporto è funzionale all'incre
mento del portafoglio, alla differenza tra il volume di polizze che gli è stato consegnato all'inizio dell'attività, e quello che
restituisce alla cessazione dell'attività stessa.
Inoltre, come pure è noto, il portafoglio della subagenzia con
fluisce in quello dell'agenzia. Ciò significa che gli incrementi di portafoglio della subagen
zia, nel caso di specie le differenze (positive) tra il volume di af
fari che il subagente ha ricevuto all'inizio della sua attività e
quello che lascia alla cessazione dell'attività medesima, si con
vertono in un maggior incremento del portafoglio su cui viene
calcolata l'indennità dovuta all'agente (o dalla preponente, o
dall'agente subentrante) in occasione della cessazione dell'atti
vità di quest'ultimo. 5. - Il ricorso è fondato anche sotto il profilo del difetto di
motivazione.
Da un lato non risulta affatto che la cessazione dell'attività da
parte dell'agente generale Colombo sia stata obbligata dal com
portamento della preponente Sai.
II recesso, piuttosto, è stato volontario anche se motivato in
una certa misura dal comportamento della preponente: di fronte
all'intenzione di quest'ultima di modificare in suo danno in mi
sura significativa la zona di competenza, l'agente generale ha
ritenuto di far uso della facoltà (riconosciutagli per questa ipote si dall'accordo economico collettivo di categoria) di recedere
dal contratto.
Ciò non significa però che il Colombo potesse farne derivare
una diminuzione dei diritti del subagente Grassi, con perdita da
parte di quest'ultimo dell'indennità di cui all'art. 1751 c.c.
Il diritto del Grassi a quest'emolumento, e l'obbligo di corri
spondergliela era uno dei tanti aspetti che l'agente generale do
veva tenere presente nel decidere se far uso della facoltà che la
contrattazione collettiva gli riconosceva, e recedere, o meno, dal
contratto di agenzia generale che intratteneva con la Sai.
6. - Il ricorso perciò deve essere accolto e la sentenza della
Corte d'appello di Torino cassata, con rinvio, per un nuovo
esame alla luce dei principi di diritto affermati e delle soluzioni
accolte in questa motivazione, alla stessa Corte d'appello di To
rino in diversa composizione.
Il Foro Italiano — 2006.
CORTE DI CASSAZIONE; sezione tributaria; sentenza 26
gennaio 2006, n. 1609; Pres. Prestipino, Est. Cappabianca,
P.M. (conci, conf.); Soc. Mear (Avv. Toniolo) c. Min. eco
nomia e finanze (Avv. dello Stato). Cassa App. Torino 17
gennaio 2000.
Prova documentale — Fotocopie — Disconoscimento generi co e preventivo
— Inefficacia (Cod. civ., art. 2719).
E inefficace il disconoscimento della conformità con l'originale delle fotocopie di documenti genericamente operato prima della produzione in giudizio delle stesse. (1)
Premesso: (omissis) che, con la sentenza in questa sede impu
gnata, la Corte d'appello di Torino, in parziale accoglimento
dell'appello, ha respinto ogni ulteriore pretesa di Maer, colle
gato la decorrenza degli interessi sugli importi da rimborsare
alla data di spedizione delle istanze di rimborso in via ammini
strativa;
che, avverso tale sentenza, Maer ha proposto ricorso per cas
sazione, deducendo la violazione degli art. 2719 c.c., 214 e 215
c.p.c. nonché l'omessa motivazione circa un punto decisivo
della controversia; che Maer ha specificamente lamentato che il giudice del gra
vame aveva disatteso la propria richiesta di rimborso dell'impo sta versata nel 1989 e nel 1990, ritenendo privi di rilevanza pro batoria i documenti allegati in fotocopia a conforto della tempe stiva proposizione delle correlative istanze, in base ad una con
testazione della relativa conformità all'originale del tutto inido
nea allo scopo, in quanto espressa dall'amministrazione in ter
mini generici e anticipatamente rispetto alla loro concreta pro duzione;
che l'amministrazione finanziaria ha resistito per controricor
so.
Osservato: che, nella specie, il giudice del gravame appare aver ritenuto privi di valenza probatoria documenti in fotocopia
prodotti da Maer nel corso del giudizio d'appello, in forza di di
chiarazione, contenuta nella comparsa di costituzione dell'am
ministrazione finanziaria, depositata prima della produzione do
cumentale, ove si legge: «... allo stato questa avvocatura deve
formalmente contestare, ai sensi e per gli effetti di cui agli art.
2712 e 2719 c.c., l'efficacia probatoria dei documenti ex adver
so prodotti (e producendi) in fotocopia non certificata come
conforme all'originale». Considerato: che secondo il consolidato orientamento di
questa corte, in tema di prova documentale, il disconoscimento
di un documento in copia, ai sensi dell'art. 2719 c.c., ad opera della parte da cui provenga, deve essere specifico, ossia riferito
ad una copia concretamente individuata, e successivo, effet
tuato, cioè, dopo la produzione in giudizio della copia medesi
ma (v. Cass. 16232/04, Foro it., Rep. 2004, voce Prova docu
mentale, n. 64; 935/04, id., 2004,1, 1075). (Omissis)
(1) L'affermazione riassunta nella massima ribadisce la rigorosità del
divieto del disconoscimento preventivo della conformità con l'originale delle fotocopie dei documenti, allineandosi, così, alle conformi enun ciazioni della richiamata Cass. 19 agosto 2004, n. 16232, Foro it.. Rep. 2004, voce Prova documentale, n. 64, e della più risalente Cass. 25
maggio 1995, n. 5742, id.. Rep. 1995, voce cit., n. 33. L'«apertura», ri
spetto alla rigidità del ricordato divieto, colta, nella motivazione della
pur richiamata Cass. 21 gennaio 2004, n. 935, id., 2004, I, 1075, nella nota redazionale a tale pronuncia, non sembra, quindi, almeno per il
momento, aver avuto seguito. Per varie implicazioni del disconoscimento ex art. 2719 c.c., si pos
sono, inoltre, consultare, Cass. 27 dicembre 2004, n. 24022, id., 2005,
I, 1399, e i precedenti ivi richiamati in nota.
This content downloaded from 185.2.32.60 on Wed, 25 Jun 2014 02:18:31 AMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions