sezione lavoro; sentenza 21 agosto 2003, n. 12322; Pres. Ciciretti, Est. De Luca, P.M. D'Angelo(concl. diff.); Sambo (Avv. Merlino) c. Cassa nazionale di previdenza ed assistenza forense (Avv.Gobbi). Conferma App. Milano 31 luglio 2000Source: Il Foro Italiano, Vol. 127, No. 9 (SETTEMBRE 2004), pp. 2475/2476-2477/2478Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23199404 .
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2475 PARTE PRIMA 2476
CORTE DI CASSAZIONE; sezione lavoro; sentenza 21 ago sto 2003, n. 12322; Pres. Ciciretti, Est. De Luca, P.M.
D'Angelo (conci, diff.); Sambo (Avv. Merlino) c. Cassa na
zionale di previdenza ed assistenza forense (Avv. Gobbi).
Conferma App. Milano 31 luglio 2000.
Avvocato — Previdenza forense — Pensione di vecchiaia —
Secondo supplemento — Condizioni (L. 20 settembre 1980
n. 576, riforma del sistema previdenziale forense, art. 2; 1. 11
febbraio 1992 n. 141, modifiche ed integrazioni alla 1. 20 set tembre 1980 n. 576, in materia di previdenza forense e di
iscrizione alla Cassa nazionale di previdenza ed assistenza per
gli avvocati e procuratori, art. 1, 4).
In tema di previdenza forense, i primi due anni successivi alla
maturazione del diritto a pensione danno diritto al primo
supplemento di pensione e decorrono dal 1° gennaio dell'an
no solare immediatamente successivo a quello di maturazione
del diritto; il diritto al secondo supplemento della pensione di
vecchiaia, che ha, come fattispecie costitutiva, la permanenza nell'iscrizione all'albo professionale dopo la scadenza dei
primi due anni successivi alla maturazione del diritto a pen
sione, presuppone il permanere dell'iscrizione dopo il 31 di
cembre del secondo anno successivo a quello di maturazione
del diritto a pensione. (1)
(1) Non constano precedenti in termini.
Nella previdenza forense, gli avvocati che dopo la maturazione del diritto alla pensione di vecchiaia continuano l'esercizio della professio ne, in base all'art. 1, 5° comma, 1. n. 141 del 1992, con decorrenza 1°
gennaio 1993, hanno diritto di ottenere due supplementi di pensione e
precisamente, uno alla scadenza dei primi due anni successivi alla ma turazione del diritto a pensione (e non dal compimento del sessantacin
quesimo anno di età: Trib. Napoli 29 gennaio 1992, Foro it., Rep. 1993, voce Avvocato, n. 132), ed un secondo supplemento per i succes sivi tre anni (e quindi al compimento dei cinque anni), ed in ogni caso dal mese successivo alla cancellazione dagli albi per qualsiasi motivo, anche per causa di morte, quando tale cancellazione sia antecedente al
compimento dei cinque anni dalla maturazione del diritto a pensione. La previgente normativa di cui alla 1. 576/80 prevedeva, invece, un
solo supplemento di pensione da richiedere dopo almeno cinque anni — e non per un periodo inferiore — di contribuzione successiva al pen sionamento: conf. Pret. Napoli 18 febbraio 1991, id.. Rep. 1992, voce
cit., n. 128, in cui si afferma che il diritto al supplemento di pensione, disciplinato dall'art. 2, 8° comma, 1. 576/80, si consegue col compi mento del quinto anno dalla data di maturazione del diritto alla pensio ne di vecchiaia. Per la irretroattività della disciplina dettata dall'art. 2, 1° comma, 1. n. 175 del 1983 (che ha sostituito l'art. 2, 1° comma, 1.
576/80), Cass. 5 marzo 1993, n. 2709, id., Rep. 1993, voce cit., n. 111.
Dopo i due citati supplementi di pensione (il primo dopo due anni ed il secondo dopo tre anni) non competono altri supplementi di pensione, pur continuando a sussistere l'obbligo di contribuzione alla cassa fo
rense, anche se con particolari agevolazioni, quale l'esclusione del contributo minimo ed un'aliquota contributiva ridotta (cfr. Corte cost. 4
maggio 1984, n. 132, id., 1984, I, 1783, che ha dichiarato infondata la
questione di legittimità costituzionale dell'art. 10 1. 576/80 nella parte in cui assoggetta all'obbligo contributivo i pensionati che continuano l'esercizio dell'attività professionale; Pret. Firenze 11 aprile 1991, id.,
Rep. 1992, voce cit., n. 131, nel senso che per il reddito prodotto nel l'anno in cui l'avvocato chiede il supplemento di pensione dopo cinque anni dal pensionamento, ai sensi dell'art. 2, 8° comma, 1. 576/80, è do vuto il contributo intero nella misura del dieci per cento; dall'anno suc
cessivo, il contributo è ridotto al tre per cento). Il supplemento di pensione si calcola, a seguito dell'entrata in vigore
della 1. n. 141 del 1992, con gli stessi criteri fissati per il calcolo della
pensione di vecchiaia (la Corte costituzionale, con sentenza 3 novem bre 1988, n. 1008, id., 1989, I, 2712, era intervenuta sulla materia, di chiarando l'illegittimità costituzionale del previgente art. 2, 8° comma, 1. n. 576 del 1980, nella parte in cui dettava una disciplina diversa, di
sponendo che il supplemento di pensione era pari, per ognuno dei cin
que anni, alla metà delle percentuali risultanti dalle dichiarazioni suc cessive a quelle considerate per il calcolo della pensione). Nel senso che per il calcolo del supplemento di pensione la frazione di anno va considerata come anno intero, Pret. Rovereto 11 marzo 1998, id., Rep. 1999, voce cit., n. 271.
Il supplemento di pensione per l'ipotesi di prosecuzione dell'eserci zio della professione, non spetta per le pensioni di vecchiaia maturate antecedentemente al 1° gennaio 1982, disciplinate, ai sensi dell'art. 26, 2° comma, 1. 576/80, dalla normativa previgente (conf. Cass. 24 aprile 1991, n. 4480, id., 1992, I, 2500; 30 maggio 1990, n. 5053, id., Rep. 1990, voce cit., n. 132).
Il Foro Italiano — 2004.
Svolgimento del processo. — Con la sentenza ora denunciata,
la Corte d'appello di Milano — in riforma della sentenza del
pretore della stessa sede in data 26 gennaio 1999 — rigettava la
domanda proposta da Vincenzo Sambo — titolare di pensione di
vecchiaia, a carico della Cassa nazionale di previdenza e assi
stenza forense, a far tempo dal 1° agosto 1993, rimasto iscritto
all'albo professionale fino al 31 dicembre 1995 — per ottenere
dalla cassa un supplemento di pensione ulteriore — rispetto a
quello già liquidato alla scadenza dei primi due anni successivi
alla maturazione del diritto a pensione (ai sensi dell'art. 2, pe nultimo comma, 1. 576/80, come sostituito dall'art. 1, 5° com
ma, 1. 141/92) — essenzialmente in base al rilievo che — alla
data di decorrenza del supplemento ulteriore preteso (1° gennaio
1996) — non sussistevano «redditi dichiarati ai fini Irpef del
1995», ai quali andava commisurato quel supplemento. Avverso la sentenza d'appello, il soccombente Vincenzo
Sambo propone ricorso per cassazione, affidato ad un motivo.
L'intimata Cassa nazionale di previdenza e assistenza forense
resiste con controricorso.
Entrambe le parti hanno presentato memoria.
Motivi della decisione. — 1. - Con l'unico motivo di ricorso — denunciando violazione e falsa applicazione di norme di di
ritto (art. 2, penultimo comma, 1. 576/80, come sostituito dal
l'art. 1, 5° comma, 1. 141/92), nonché vizio di motivazione (art.
360, nn. 3 e 5, c.p.c.) — Vincenzo Sambo censura la sentenza
impugnata per avergli negato il secondo supplemento, commisu
rato al reddito dell'anno 1985, della pensione di vecchiaia a ca
rico della Cassa nazionale di previdenza e assistenza forense —
pur essendo rimasto iscritto all'albo professionale fino al 31 di
cembre dello stesso anno, dopo aver maturato il diritto a pen sione in data 1° agosto 1993 — sebbene il supplemento preteso decorresse dal 1° gennaio 1996 — cioè dal mese successivo alla
cancellazione dall'albo — e, peraltro, andasse calcolato sulla
base dei redditi — dichiarati, ai fini dell'Irpef, al momento della
maturazione del diritto al supplemento (31 dicembre 1985, ap
punto) — dichiarandone provvisoriamente l'entità (ai sensi del
l'art. 17, ultimo comma, 1. 576/80), ove la maturazione del di
ritto avvenga prima della dichiarazione annuale.
Il ricorso non è fondato.
2. - Invero gli avvocati — che restano iscritti all'albo profes
sionale, dopo la maturazione del diritto alla pensione di vec
chiaia a carico della Cassa nazionale previdenza e assistenza fo
rense — «hanno diritto ad un supplemento di pensione, alla sca
denza dei primi due anni successivi alla maturazione del diritto
a pensione, e ad un ulteriore supplemento al compimento dei
cinque anni dalla maturazione del diritto a pensione e, in ogni
caso, dal mese successivo alla cancellazione dagli albi per qual siasi motivo, anche per causa di morte, quando tale cancellazio
ne sia antecedente al compimento dei cinque anni dalla matura
zione del diritto a pensione» (ai sensi dell'art. 2, penultimo
comma, primo periodo, 1. 576/80, come sostituito dall'art. 1, 5°
comma, 1. 141/92). Ne risulta che il diritto al secondo supplemento della pensio
ne di vecchiaia — preteso nel presente giudizio
— ha, come
fattispecie costitutiva, la permanenza dell'iscrizione all'albo
professionale —
dopo la «scadenza dei primi due anni successi
vi alla maturazione del diritto a pensione» — essendo questa il
titolo per avere diritto al primo supplemento della stessa pen sione.
Ora — ai fini del diritto alla pensione di vecchiaia e della mi
sura della stessa — «si calcolano per intero l'anno solare, in cui
ha avuto decorrenza l'iscrizione, e l'anno solare in cui (...) si è
verificato l'evento da cui deriva il diritto alla pensione di vec
chiaia (...)» (ai sensi dell'art. 4 1. 141/92). In coerenza con il prospettato principio di «infrazionabilità
degli anni di iscrizione ai fini pensionistici», la pensione di vec chiaia — essendo calcolato «per intero l'anno solare in cui (...) si è verificato l'evento da cui deriva il diritto alla pensione»
—
Sul tema affrontato dalla riportata sentenza, in dottrina, L. Carbone, La tutela previdenziale dei liberi professionisti, Torino, 1998, 298 ss.
Occorre evidenziare che il diritto al supplemento di pensione (per il
professionista che dopo la maturazione del diritto a pensione di vec chiaia continua l'esercizio della professione) è previsto dalle normative delle varie casse di previdenza dei liberi professionisti, sia pure con una
disciplina «variegata».
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
all'evidenza copre la frazione dell'«anno solare» di maturazione
del diritto a pensione, successiva all'evento — dal quale il di
ritto stesso deriva — del compimento di «almeno sessantacin
que anni di età, dopo almeno trenta anni di effettiva iscrizione e
contribuzione alla cassa» (ai sensi dell'art. 2, 1° comma, 1.
576/80, come sostituito dall'art. 1 1. 141/92). Di conseguenza, il biennio di iscrizione all'albo professionale
— ai fini del diritto al primo supplemento della pensione di
vecchiaia — non può che decorrere dal 1° gennaio dell'anno
solare — immediatamente successivo a quello di maturazione
del diritto a pensione — e venire a scadenza il 31 dicembre di
due anni dopo. Peraltro, al pari della pensione di vecchiaia, anche i supple
menti relativi vanno calcolati — in forza di esplicito rinvio (di cui al secondo periodo dello stesso art. 2, penultimo comma, 1.
576/80, come sostituito dall'art. 1, 5° comma, 1. 141/92, cit.) —
sulla base dei previsti redditi professionali, ai fini dell'Irpef, «risultanti dalle dichiarazioni relative (agli) anni solari anteriori
alla maturazione del diritto» (ai sensi del richiamato 1° comma
dello stesso art. 2 1. 576/80, come sostituito dall'art. 1 1.
141/92). Conforme ai principi di diritto enunciati, risulta, quindi, il di
spositivo della sentenza impugnata — che ha rigettato la do
manda dell'attuale ricorrente, volta ad ottenere dalla cassa un
supplemento di pensione ulteriore rispetto a quello già liquidato — ma ne va corretta, tuttavia, la motivazione in diritto — in
coerenza con gli stessi principi — e, per l'effetto, dev'essere ri
gettato il ricorso per cassazione (ai sensi dell'art. 384, 2° com
ma, c.p.c.). 3. - Invero non è stato investito, dal ricorso per cassazione,
l'accertamento di fatto della sentenza impugnata. Ne risulta che l'attuale ricorrente — titolare di pensione di
vecchiaia, a carico della Cassa nazionale previdenza e assisten
za forense, a far tempo dal 1° agosto 1993 — è rimasto iscritto
all'albo professionale fino al 31 dicembre 1995 ed ha ottenuto
dalla cassa la liquidazione del primo supplemento biennale della
stessa pensione. Tanto basta per ritenere conforme — ai principi di diritto
enunciati — il rigetto, deciso dalla sentenza impugnata, della
domanda dell'attuale ricorrente, volta ad ottenere dalla cassa un
supplemento di pensione ulteriore rispetto a quello già liquidato.
Infatti, il diritto alla pensione di vecchiaia risulta, nella spe
cie, maturato (il 1° agosto 1993) — al compimento dei sessanta
cinque anni di età, appunto, dopo almeno trenta anni di effettiva
iscrizione e contribuzione alla cassa — calcolando «per intero»
10 stesso anno solare di maturazione del diritto (1993).
Di conseguenza, il biennio di iscrizione all'albo professionale —
per il quale risulta già liquidato dalla cassa il primo supple
mento di pensione — non può che riguardare gli anni solari
1994 e 1995, essendosi l'attuale ricorrente cancellato dall'albo
professionale il 31 dicembre di quest'ultimo anno.
Il primo supplemento di pensione, poi, è stato calcolato — al
pari della pensione — sulla base dei redditi professionali, ai fini
dell'Irpef, risultanti dalle dichiarazioni relative agli anni prece denti (1993 e 1994, quindi, per quanto riguarda il supplemento).
In conclusione, alla luce dei principi di diritto enunciati,
l'attuale ricorrente — in difetto dell'iscrizione all'albo profes
sionale, anche per un sol giorno dell'anno 1996 — non ha matu
rato il diritto preteso ad un supplemento di pensione ulteriore —
rispetto a quello già liquidato dalla cassa, riguardante gli anni
1994 e 1995 — né, comunque, ad includerne nella base di cal
colo il reddito professionale relativo all'anno 1995.
Il dispositivo della sentenza impugnata — che ha negato il di
ritto preteso dall'attuale ricorrente — risulta, quindi, conforme
ai principi di diritto enunciati. In coerenza con gli stessi principi, tuttavia, dev'essere cor
retta — nei termini prospettati — la motivazione in diritto della
sentenza impugnata, che riposa, erroneamente, sull' asserita in
sussistenza — al momento della maturazione del diritto al sup
plemento di pensione preteso (1° gennaio 1996) — di «redditi dichiarati ai fini dell'Irpef del 1995», sebbene questi
— ove non
fossero da escludere, per quanto si è detto, dalla base di calcolo
del supplemento preteso —
potessero risultare da dichiarazione
provvisoria (ai sensi dell'art. 17, ultimo comma, 1. 576/80), nelle more della presentazione della dichiarazione annuale.
4. - Il ricorso, pertanto, dev'essere rigettato.
11 Foro Italiano — 2004.
CORTE DI CASSAZIONE; sezione lavoro; sentenza 19 luglio
2003, n. 11305; Pres. Trezza, Est. Foglia, P.M. Sorrentino
(conci, diff.); Soc. Montedison (Avv. Biamonti, Vanzetti) c.
Scatà (Avv. Ramadori, Gallotta). Cassa Trib. Ferrara 6
marzo 2000.
Brevetti per invenzioni industriali — Invenzioni di servizio e
invenzioni di azienda — Differenza (R.d. 29 giugno 1939 n. 1127, testo delle disposizioni legislative in materia di brevetti
per invenzioni industriali, art. 23). Brevetti per invenzioni industriali — Invenzione d'azienda
— Equo premio — Prescrizione — Decorrenza (Cod. civ.,
art. 2946; r.d. 29 giugno 1939 n. 1127, art. 23).
Quando non è prevista, in un contratto di lavoro subordinato,
una specifica retribuzione a compenso dell'attività inventiva,
l'invenzione fatta dal dipendente durante lo svolgimento delle
sue mansioni si configura come invenzione di azienda e non
come invenzione di servizio, per la quale invece tale retribu
zione è prevista, pur se l'attività lavorativa inventiva è pre
supposta da entrambe le fattispecie. (1)
Nell'invenzione d'azienda il diritto del lavoratore, autóre del
l'invenzione, all'equo premio si prescrive nel termine di dieci
anni, decorrenti dalla data di concessione del brevetto. (2)
(1-2) I. - La sentenza in rassegna traccia i criteri di distinzione delle
invenzioni di azienda da quelle di servizio; la questione in precedenza era stata affrontata da Cass. 21 luglio 1998, n. 7161, Foro it., 1999,1,
1548, con nota di Menasci, nonché 6 novembre 2000, n. 14439, id.,
Rep. 2001, voce Brevetti, n. 138 (per esteso, Riv. it. dir. lav., 2001, II,
680). Tali sentenze sono state richiamate da Cass. 11305/03, che afferma
di porsi in continuità con i principi da esse espressi; in realtà, a ben ve
dere, vi è una qualche dissonanza tra gli arresti in questione (pur se l'e
stensore di Cass. 7161/98 e 11305/03 è il medesimo). In particolare Cass. 7161/98 afferma, sì, che va configurata l'inven
zione d'azienda, e non quella di servizio, allorché non è prevista una
retribuzione a specifico compenso dell'attività inventiva, ma anche,
come ulteriore elemento distintivo dalle invenzioni di servizio, che
quest'ultima non deve costituire oggetto del contratto di lavoro (pur se
anche l'invenzione di azienda è pur sempre avvenuta nell'ambito del
l'originario rapporto di lavoro). Così invece Cass. 14439/00: «L'ele
mento distintivo fra l'ipotesi prevista dall'art. 23, 1° comma, r.d.
1127/39 (invenzione di servizio) e quella di cui al 2° comma (invenzio ne d'azienda) deve essere ricercata nella previsione, o meno, di una
specifica retribuzione che trovi la sua causa nell'obbligo del lavoratore
a svolgere l'attività inventiva, dovendo la previsione contrattuale del ri
sultato inventivo risultare pattiziamente correlata ad una specifica voce
retributiva; nessun rilievo può invece accordarsi né all'oggetto del
contratto — essendo l'obbligo di inventare comune ad entrambe le
ipotesi previste dall'art. 23 — né all'adibizione del lavoratore a compiti di ricerca, essendo la nozione stessa di attività di ricerca del tutto estra
nea alla normativa da interpretare; nell'ipotesi prevista dal 2° comma
dell'art. 23 il vantaggio per il lavoratore è costituito dall'equo premio, che spetta al giudice determinare in via equitativa».
La sentenza in rassegna, inoltre, riconosce che in entrambe le ipotesi
previste dall'art. 23 1. inv. «l'attività inventiva o quella di ricerca non
può di per sé considerarsi completamente estranea all'oggetto del con
tratto»; ne segue che il criterio distintivo sta proprio e sostanzialmente
solo nella specifica previsione o meno della retribuzione per l'attività
inventiva. II. - La corte di legittimità ha avuto già modo di occuparsi di ulteriori
profili delle invenzioni di servizio e di azienda. Cass. 5 giugno 2000, n.
7484, Foro it., 2001, I, 554 (con nota di Menasci, nonché di Libertini,
Appunti sulla nuova disciplina delle «invenzioni universitarie», id.,
2002, I, 2170), ha risolto una delle questioni di maggior rilievo poste dall'istituto, la determinazione dei presupposti per il riconoscimento e
il venir meno del diritto del lavoratore all'equo premio (individuati, ri
spettivamente, nella concessione del brevetto e nella declaratoria giudi ziale di nullità dello stesso). In termini, di recente, si è pronunciata Cass. 6 dicembre 2002, n. 17398, id., Rep. 2002, v.oce cit., n. 103 (se
condo cui il lavoratore, nei casi di inerzia del datore di lavoro nella
brevettazione, ovvero di utilizzo in segreto dell'invenzione, può prov vedere alla brevettazione dopo avere invano diffidato il datore di lavoro
ad effettuarla). Cfr. anche Cass. 12 aprile 1999, n. 3599, id., Rep. 1999,
voce cit., n. 93, per la quale il dipendente che, nel corso del rapporto di
lavoro, abbia realizzato un'opera grafica della quale il datore di lavoro
abbia fatto un'utilizzazione economica brevettandola come marchio
d'impresa, non ha diritto all'equo compenso previsto dall'art. 23 1. inv.,
non avendo realizzato un'invenzione industriale, bensì un disegno or
namentale (al quale è applicabile la diversa disciplina dettata dall'art. 7
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