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Sezione lavoro; sentenza 27 luglio 1983, n. 5176; Pres. Afeltra, Est. Ramat, P. M. Cantagalli...

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Page 1: Sezione lavoro; sentenza 27 luglio 1983, n. 5176; Pres. Afeltra, Est. Ramat, P. M. Cantagalli (concl. diff.); I.n.p.s. (Avv. Belloni, Casalena, Boer) c. Starace (Avv. De Luca Tamajo).

Sezione lavoro; sentenza 27 luglio 1983, n. 5176; Pres. Afeltra, Est. Ramat, P. M. Cantagalli(concl. diff.); I.n.p.s. (Avv. Belloni, Casalena, Boer) c. Starace (Avv. De Luca Tamajo). Cassa Trib.Napoli 19 settembre 1978Source: Il Foro Italiano, Vol. 107, No. 5 (MAGGIO 1984), pp. 1351/1352-1353/1354Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23175705 .

Accessed: 28/06/2014 08:30

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1351 PARTE PRIMA 1352

della realtà giuridica sostanziale, essendo ricollegata al provvedi mento sotto il profilo genetico, si produce nel momento in cui il

provvedimento acquista incidenza nella realtà giuridica sostanzia

la, cioè nel momento del suo passaggio in giudicato. Regola, questa, che può essere derogata soltanto da un'espressa norma di

legge, che attribuisca al provvedimento costitutivo effetto retroat

tivo, riportandolo alla data della proposizione della domanda

giudiziale. Nessun effetto retroattivo, alla data della proposizione della

domanda, la norma di cui all'art. 2932 c.c. dispone per la sentenza costitutiva operativa, in sostituzione del contratto non

concluso, del trasferimento del diritto dietro corrispettivo. Senten za costitutiva che perciò, in mancanza di deroga a quella che è la regola per questo tipo di sentenze, produce il suo effetto nel momento della sua incidenza nella realtà giuridica sostanziale.

A diversa conclusione non può condurre, come invece sosten

gono i ricorrenti, la norma di cui all'art. 2652, n. 2, c.c., la quale, dopo aver stabilito l'onere della trascrizione per « le domande dirette a ottenere l'esecuzione in forma specifica dell'obbligo a contrarre », dispone che « la trascrizione della sentenza che

accoglie la domanda prevale sulle trascrizioni e iscrizioni eseguite contro il convenuto dopo la trascrizione della domanda ».

Tale norma non attribuisce effetto retroattivo alla sentenza costitutiva ex art. 2932 c.c., riportando alla data della proposizio ne della domanda la produzione, ope iudicis, del trasferimento del diritto e della correlata obbligazione di prestare il corrispetti vo. Scopo della norma è soltanto quello di risolvere il conflitto fra il trasferimento del diritto reale sull'immobile operato dalla sentenza costitutiva ex art. 2932 c.c. ed il trasferimento dello stesso diritto o la costituzione di altro diritto reale sull'immobile

operato con atto negoziale dal dante causa, qualora siano state effettuate le trascrizioni ed iscrizioni. In questo limite segnato dallo scopo della norma la trascrizione della domanda ex art. 2932 c.c. ha effetto di « prenotazione »: nel senso che le trascri zioni e le iscrizioni, di atti traslativi o costitutivi di diritti reali sull'immobile, effettuate dopo la trascrizione della domanda ex art. 2932 c.c. divengono inefficaci se viene trascritta la sentenza di accoglimento di quella domanda, con la conseguenza che, a norma dell'art. 2644 c.c., non sono opponibili all'acquirente del diritto reale per effetto della sentenza costitutiva gli atti di trasferimento o costituzione di diritti reali trascritti od iscritti dopo la trascrizione della domanda.

Pertanto, deve essere affermato il principio di diritto che, concluso un contratto preliminare di compravendita fra il pro prietario di un fondo rustico ed un terzo, e proposta da quest'ul timo contro il primo domanda giudiziale, trascritta, tendente ad ottenere sentenza costitutiva produttiva, a norma dell'art. 2932 c.c., degli effetti del contratto definitivo non concluso, seguita da sentenza di accoglimento, anch'essa trascritta, il diritto di riscatto a favore dell'affittuario coltivatore diretto o mezzadro o colono o

compartecipante non stagionale, ex art. 8 1. 26 maggio 1965 n. 590, o del proprietario coltivatore diretto di terreni confinanti, ex art. 7 1. 14 agosto 1971 n. 817, sorge nel momento del passaggio in giudicato di detta sentenza costitutiva e deve essere esercitato, a pena di decadenza, entro un anno dalla trascrizione della medesima sentenza.

Questo principio di diritto è stato applicato nella specie dalla corte di Bari, la quale, contrariamente a quanto sostengono i ricorrenti, ha esaminato e risolto il problema se, nella detta ipotesi, il termine di un anno per l'esercizio del diritto di riscatto decorra dalla trascrizione della domanda ex art. 2932 c.c. o dalla trascrizione della sentenza di accoglimento della domanda. Per cui la sentenza impugnata è, sul punto, conforme a diritto. (Omissis)

CORTE DI CASSAZIONE; Sezione lavoro; sentenza 27 luglio 1983, n. 5176; Pres. Afeltra, Est. Ramat, P. M. Cantagalli (conci, diff.); I.n.p.s. (Avv. Belloni, Casalena, Boer) c. Sta race (Avv. De Luca Tamajo). Cassa Trib. Napoli 19 settem bre 1978.

Lavoro e previdenza (controversie in materia di) — Ferrotramvieri — Pensione — Decadenza dall'azione giudiziaria — Termine (Cod. proc. civ., art. 442, 443; disp. att. cod. proc. civ., art.

148; 1. 28 luglio 1961 n. 830, disposizioni in materia di

previdenza per gli addetti ai pubblici servizi di trasporto in concessione e miglioramento per alcune categorie di pensionati del fondo istituito con l'art. 8 r.d.l. 19 ottobre 1923 n. 2311, art. 37; 1. 11 agosto 1973 n. 533, disciplina delle controversie individuali di lavoro e delle controversie in materia di previ denza ed assistenza obbligatorie, art. 8).

Deve intendersi non più esperibile l'azione giudiziaria da parte di

ex dipendenti di imprese di trasporti pubblici, che lamentavano

che nella pensione loro spettante non era stata considerata la

retribuzione percepita per la prestazione fissa e continuativa del

lavoro straordinario, con la conseguenziale richiesta di condan

na dell'I.n.p.s. alla riliquidazione della pensione, compresa tale

voce, decorso il termine complessivo di cinque anni e 180

giorni dalla comunicazione del provvedimento agli interessati, ai sensi dell'art. 37 l. 28 luglio 1961 n. 830. (1)

Motivi della decisione. — Con l'unico motivo di ricorso

l'I.n.p.s. denuncia la violazione e la falsa applicazione degli art. 443 c.p.c., 8 J. 11 agosto 1973 n. 533 e 37 1. 28 luglio 1951 n.

830. E deduce che il tribunale « considerato che il termine stabilito dalla legge per la proposizione del ricorso amministrativo era scaduto (art. 37 1. 830/61: « novanta giorni dalla comuni cazione all'interessato del provvedimento ») e che altresì era scaduto il termine per la proposizione dell'azione giudiziaria (art. 37: «trascorso il termine perentorio di cinque anni dalla scadenza del termine di 90 giorni fissato per la decisione ammi

nistrativa ») avrebbe dovuto dichiarare la inammissibilità dell'a zione proposta dal Piscolo e dallo Starace ».

La doglianza è fondata. A norma dell'art. 443 c.p.c: nuovo

testo, il preventivo esperimento della procedura amministrativa nelle controversie in materia di assistenza e previdenza obbligato ria è stato trasformato da condizione di proponibilità in condi zione di procedibilità; e coerentemente, in virtù della disposizione contenuta nell'art. 148 disp. att. c.p.c., sono state abrogate le

disposizioni contenute nelle leggi speciali che, In difformità da

quanto stabilito nell'art. 443 c.p.c., condizionavano la proponibili tà della domanda giudiziaria al preventivo esperimento del pro cedimento amministrativo.

La nuova disciplina normativa è completata dall'art. 8 1. 11

agosto 1973 n. 533 il quale dispone che nelle procedure ammi nistrative in questione non si tiene conto dei vizi, delle preclu sioni e delle decadenze ivi verificatisi. Questa norma, peraltro non estende il suo ambito al campo delle decadenze dei diritti

per il loro mancato esercizio nel termine stabilito dalla legge (Cass. 5421/81, Foro it., Rep. 1981, voce Lavoro e previdenza (controversie), n. 548; 1559/82, id., Rep. 1982, voce cit., n. 575).

La nuova disciplina ex 1. 533/73, pertanto, in relazione alle situazioni previste dall'art. 37 1. 830/61 riguardante le prestazioni previdenziali per gli autoferrotramvieri, ha introdotto una sola modificazione. Ha stabilito, cioè, che il mancato o tardivo (se condo il detto art. 37) esperimento del ricorso amministrativo,

(1) Non si rinvengono precedenti in termini. Nella sentenza in epigrafe, la Cassazione, partendo dalla disciplina

normativa prevista dall'art. 8 1. 11 agosto 1973 n. 533, a complemento di quanto disposto dall'art. 443 c.p.c. e 148 disp. att. c.p.c., ha evidenziato l'ambito di operatività di detta norma, che non si estende alle decadenze dei diritti per il mancato esercizio nel termine stabilito dalla legge. Ne ha concluso pertanto che l'incidenza della nuova normativa su quanto disposto dall'art. 37 1. 830/61, riguardante le prestazioni previdenziali per gli autoferrotramvieri, è tale da consentire la proposizione dell'azione giudiziaria dopo il mancato o tardivo esperimento del ricorso amministrativo, a condizione che non sia decorso il termine perentorio di cinque anni a partire dai termini amministrativi previsti nell'art. 37 1. cit. (90 giorni dalla comunicazione del provvedimento, per proporre ricorso; 90 giorni dalla presentazione del ricorso per la decisione).

Conformi sul principio enunciato, di inapplicabilità dell'art. 8 1. 11 agosto 1973 n. 533, nel caso di termine di decadenza sostanziale, Cass. 11 marzo 1982, n. 1559, Foro it., Rep. 1982, voce Lavoro e previdenza (controversie), n. 575; 15 ottobre 1981, n. 5421, id., Rep. 1981, voce cit., n. 548; 28 gennaio 1981, n. 656, id., 1981, I, 1624, con nota di Mattencini.

Contra, per l'applicazione dell'art. 8 1. 533/73, in relazione alle decadenze dell'azione giudiziaria per inosservanza del termine di proposizione dal compimento della procedura amministrativa, Cass. 21 gennaio 1982, n. 413, id., Rep. 1982, voce Previdenza sociale, n. 486; 14 gennaio 1982, n. 214, ibid., nn. 482, 484; 12 dicembre 1981, n. 6587, id., 1982, I, 695, con nota di A. Proto Pisani, laddove si è pervenuti a detta conclusione argomentandosi dallo stretto collegamento tra termine di decadenza e procedimento amministrativo, quale termine finale della procedura preventiva; Cass. 28 agosto 1979, n. 4688, id., Rep. 1979, voce cit., n. 500; 17 luglio 1978, n. 3582, id., Rep. 1978, voce cit., n. 398; 29 novembre 1977, n. 5213, id., 1978, I, 911, che ha ritenuto che i termini decadenziali, inerendo ai procedimenti amministrativi perché ne consolidano l'efficacia preclusiva alla proposizione dell'azione giudiziaria, devono intendersi abrogati dall'art. 9 1. 533/73.

V. altresì Pret. Potenza 4 febbraio 1981, id., 1981, I, 1625, che ha ritenuto non manifestamente infondata in riferimento all'art. 3 Cost, l'eccezione di illegittimità costituzionale relativa all'art. 22, 1° comma, di 3 febbraio 1970 n. 7, conv. in 1. 11 marzo 1970 n. 83, che prevede che anche le decadenze per la proposizione dell'azione giudiziale debbano considerarsi non verificate.

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

consente la proposizione dell'azione giudiziaria, sf, ma a condi

zione che questa non fosse già prescritta per il decorso dei

cinque anni, che è il termine perentorio indicato sempre dallo

stesso art. 37 per esercitarla.

Quanto alla decorrenza di tale termine, occorre riferirsi ai

termini amministrativi a loro volta previsti in quella norma: 90

giorni dalla comunicazione del provvedimento, per proporre il

ricorso amministrativo; altri 90 giorni dalla presentazione del

ricorso, per la relativa decisione. Ne risultano, complessivamente, 180 giorni a partire dalla comunicazione del provvedimento all'interessato; 180 giorni che rappresentano il lasso di tempo più

lungo possibile per la conclusione del procedimento ammini

strativo.

Nella fattispecie, i due assicurati adirono la giustizia soltanto il

7 ottobre 1976, mentre erano stati posti in quiescenza l'uno il 31

marzo 1968 e l'altro il 31 marzo 1961. Considerando, in base al

rilievo precedente, che essi avrebbero potuto ricorrere al giudice entro il termine massimo di cinque anni e 180 giorni dalla

comunicazione del provvedimento di cui si dolgono, ne deriva

che al 7 ottobre 1976 questo termine (comprendente il tempo del

procedimento amministrativo e il tempo, successivo, della prescri

zione) era ormai abbondantemente decorso.

In effetti, questo termine complessivo di cinque anni e 180

giorni, era già interamente maturato prima dell'entrata in vigore della il. 533/73 (12 dicembre 1973), per cui i due assicurati non

avrebbero comunque potuto beneficiare della nuova disciplina: nella quale, come si è già rilevato, si ha riguardo soltanto ai vizi, alle preclusioni ed alle decadenze inerenti alle procedure ammi

nistrative, considerati quelli come non verificatisi, e riaperte

quelle (le procedure), ope iudicis, con la sospensione del giudizio e l'assegnazione del termine per la presentazione del ricorso in

sede amministrativa; mentre, come pure si è già osservato, nessuna previsione si trova nella nuova disciplina che riguardi la

prescrizione o la decadenza dei diritti: le quali, se già maturate, sono ormai intangibili. Né si reperisce, nella 1. 533/73, alcuna

norma di attuazione o transitoria che consenta comunque di

ritenere tempestivamente proposta l'azione giudiziaria dei due

pensionati contro W.m.p.s. La contraria giurisprudenza, anche di questa corte (n. 413/82,

id., Rep. 1982, voce Previdenza sociale, n. 486), nella quale si

inserisce la sentenza impugnata, non può essere condivisa, come

già affermato da Cass. 788/83 (id., Mass., 151). Non solo perché

l'interpretazione del complesso normativo in questione conduce

alla conclusione cui pervengono quest'ultima citata sentenza e la

presente; ma anche perché il diverso indirizzo condurrebbe —

come esplicitamente è scritto nella sentenza impugnata — alla

conseguenza che non esiste più alcun termine per la proposizione del ricorso in sede amministrativa; e, quindi, che il termine di

cinque anni imposto per l'inizio dell'azione giudiziaria, decorre

sempre dall'instaurazione del procedimento amministrativo, in

qualunque momento tale instaurazione si verifichi.

Tutto ciò significherebbe, in concreto, che l'azione giudiziaria

potrebbe essere esperita senza alcun limite di tempo, sottraendosi

cosi il relativo diritto a qualsiasi regime di prescrizione; risultato,

questo, del tutto inammissibile.

La sentenza impugnata va pertanto cassata senza rinvio. (Omis

sis)

CORTE DI CASSAZIONE; Sezione I civile; sentenza 24 feb

braio 1983, n. 1420; Pres. Granata, Est. Caturani, P.M.

Cantagalli (conci, diff.); Banca popolare di Milano (Avv.

Irti, G. Bozzi, Palmisano, Battista) c. Scheichenbauer (Avv. Dì Roberto, Gelmi). Cassa App. Milano 24 giugno 1980.

Titoli di credito — Assegno bancario a firma falsa — Pagamento — Responsabilità della banca — Danni — Rivalutazione mone

taria — Limiti (Cod. civ., art. 1224, 2697; r.d. 21 dicembre

1933 n. 1736, disposizioni sull'assegno bancario, art. 1, 3, 5).

Qualora la banca sia responsabile del pagamento di assegni bancari a firma falsa del cliente a soggetto non legittimato

(nella specie, per omesso controllo della firma apposta sullo

specimen depositato), il traente ha diritto al risarcimento dei

danni secondo la disciplina delle obbligazioni pecuniarie e,

pertanto, ha diritto alla rivalutazione monetaria della somma

corrispondente all'importo degli assegni falsificati — che costi

tuisce la perdita di danaro subita — solo in quanto fornisca la

prova del relativo danno. (1)

(1) Dopo aver richiamato l'ormai noto criterio distintivo tra « debito di valore» e «debito di valuta» (v., da ultimo, Cass. 21 gennaio

Svolgimento del processo. — Con citazione del 18 dicembre

1975, Franco Scheichenbauer conveniva in giudizio davanti il

Tribunale di Milano la Banca popolare di Milano per il pagamen to, a titolo di risarcimento di danni, di lire 16.980.000, quale

importo di quattro assegni, compilati falsamente su moduli ruba

tigli, pagati fra il 3 febbraio 1975 e il 16 maggio 1975 dall'agen zia n. 21 della banca. A sostegno della domanda assumeva che il

pagamento degli assegni era avvenuto per colpa della banca,

1981, n. 487, Foro it., Rep. 1981, voce Obbligazioni in genere, n. 48) la Cassazione ha ritenuto che, nella specie, l'obbligazione rilevante non è quella succedanea e sostitutiva posta a base dell'azione di responsa bilità contrattuale del traente (in tal caso « tutte le obbligazioni per i danni da contratto sarebbero ' di valore '

perché tendono pur sempre a

reintegrare il patrimonio del creditore danneggiato ») bensì l'obbligo originario della banca, avente ad oggetto, in base alla convenzione di

check, il pagamento di una somma ben precisa di danaro ai terzi

presentatori dei titoli sottoscritti dal traente ed al traente medesimo. Di

qui la natura di debito c.d. di valuta dell'obbligazione della banca, scaturente dall'erroneo pagamento di assegni a firma falsa, e, conse

guentemente, in applicazione di un ormai consolidato orientamento

(risalente a Cass., sez. un., 4 luglio 1979, n. 3776, id., 1979, I, 1668, con note di Caffè, In tema di risarcimento automatico nella misura

della svalutazione monetaria, ibid., 1985; A. Amatucci, La prova del danno da svalutazione monetaria, ibid., 1987; Pardolesi, Interessi moratori e maggior danno da svalutazione: appunti di analisi econo mica del diritto, ibid., 2622 e, da ultimo, Cass. 20 marzo 1982, n.

1818, id., Rep. 1982, voce Danni civili, n. 123, e Cass. 15 gennaio 1982, n. 250, ibid., voce Obbligazioni in genere, n. 38) la necessità che

il creditore dimostri, senza limitazioni di mezzi di prova, il danno

subito, in seguito all'adempimento tardivo, per effetto del diminuito

potere d'acquisto della moneta, e l'utilizzabilità a tal fine, da parte del

giudice, di fatti notori e anche di presunzioni. Sono noti i precedenti indirizzi assunti sul punto dalla Cassazione;

da un'interpretazione estremamente rigorosa per cui al creditore veniva chiesta la dimostrazione puntuale di aver risentito un particolare pregiudizio per la mancata disponibilità della somma dovutagli (Cass. 19 ottobre 1977, n. 4453, id., 1978, I, 336) si è poi passati al

superamento del dato legislativo della prova del maggior danno, sostenendosi che le conseguenze della svalutazione fanno sicuramente

presumere un corrispondente danno per il ritardato pagamento (Cass. 30 novembre 1978, n. 5670, id., 1979, I, 15).

Cenni di un ritorno in tale ultimo senso sembrano peraltro ravvisa bili nella recente Cass. 7 gennaio 1983, n. 123, Giust. civ., 1983, I, 770, con nota critica di Di Majo, Svalutazione monetaria e risarcimen

to del danno (un passo avanti e due indietro), e in Banca, borsa, ecc.,

1983, II, 297, con nota di Meneghini, Note in tema di svalutazione monetaria e risarcimento danni.

Per quanto concerne il profilo sostanziale, relativo alla responsabilità della banca per il pagamento di assegni bancari a firma falsa, la decisione dei giudici di merito, App. Milano 24 giugno 1980, ine

dita, su questo punto non fatta oggetto di ricorso per cassazione, si

conforma a quell'indirizzo secondo cui il concorso colposo della banca trattaria (nella specie, per il mancato accertamento della corrispon denza della firma di traenza falsa allo specimen depositato) e del

traente (nella specie, per la negligenza mostrata nel custodire i moduli utilizzati per compilare gli assegni falsi) nel fatto del terzo, che ha riscosso illecitamente l'assegno falsificato, pone le conseguenze dannose

a carico di entrambi i soggetti; cfr. App. Firenze 20 aprile 1971, Foro

it., Rep. 1971, voce Contratti bancari, n. 30, cui adde, Asquini, I

titoli di credito, Padova, 1966, 407 e Repetto, Problemi pratici in tema di assegno bancario e di assegno circolare, in I titoli di credito, a cura di Pellizzi, Milano, 1980, 389.

'Per Cass. 5 agosto 1940, n. 2773, Foro it., 1941, I, 397, invece, ove la difformità tra la firma apposta sull'assegno e lo specimen depositato sia rilevabile con la normale diligenza, la banca è essa sola responsa bile per aver effettuato il pagamento, malgrado sussista la colpa del

traente nella custodia dei moduli. Analogamente, Cass. 30 maggio 1963, n. 1466, id., 1963, I, 1932, cui adde Gualtieri, I titoli di

credito, Torino, 1953, 311, a parere del quale la colpa ravvisabile nel

comportamento di ambedue i soggetti rende responsabile il solo trattario e mai il traente.

La decisione della Corte d'appello di Milano si pone comunque nell'ormai consolidato filone giurisprudenziale (v. Cass. 5 febbraio 1958, n. 332, Foro it., 1959, I, 468 e in Banca, borsa, ecc., 1958, II, 209, con

nota favorevole di Giannattasio, Incidenza del rischio pel pagamento di assegno con firma falsa del traente, e in Foro pad., 1958, I, 695, con nota favorevole di Pellizzi, Il cosiddetto « rischio » del falso nel

conflitto tra traente e trattario, e, da ultimo, Cass. 7 luglio 1982, n.

4043, Foro it., 1982, I, 2843) secondo cui la banca è responsabile solo ove la falsificazione o alterazione della firma di traenza o dell'importo sia rilevabile con la normale diligenza inerente all'attività bancaria e

che coincide con la diligenza media; da ciò consegue che, in assenza

di un comportamento colposo della banca, il rischio per il pagamento

dell'assegno a firma falsa ricade esclusivamente sul traente.

Nello stesso senso, in dottrina, v. Buttaro, Assegno bancario,

assegno circolare, assegni speciali, voce del Novissimo digesto, Torino, 1958, II, 336; Micheli-De Marchi, Assegno bancario, voce dell'fiici

clopedia del diritto, Milano, 1958, III, 45; Molle, I contratti bancari, in Tratt. di dir. civ. e comm., fondato da Cicu e Messineo, Milano

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