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sezione lavoro; sentenza 28 agosto 2000, n. 11269; Pres. Prestipino, Est. Picone, P.M. Martone...

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Page 1: sezione lavoro; sentenza 28 agosto 2000, n. 11269; Pres. Prestipino, Est. Picone, P.M. Martone (concl. conf.); Cassa nazionale di previdenza e assistenza per i dottori commercialisti

sezione lavoro; sentenza 28 agosto 2000, n. 11269; Pres. Prestipino, Est. Picone, P.M. Martone(concl. conf.); Cassa nazionale di previdenza e assistenza per i dottori commercialisti (Avv.Prosperetti, Fossà) c. Tirrò (Avv. Chiola, Gorlani). Conferma Trib. Brescia 9 luglio 1998Source: Il Foro Italiano, Vol. 123, No. 10 (OTTOBRE 2000), pp. 2771/2772-2773/2774Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23195525 .

Accessed: 24/06/2014 22:59

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2771 PARTE PRIMA 2772

CORTE DI CASSAZIONE; CORTE DI CASSAZIONE; sezione lavoro; sentenza 28 agosto

2000, n. 11269; Pres. Prestipino, Est. Picone, P.M. Marto

ne (conci, conf.); Cassa nazionale di previdenza e assistenza

per i dottori commercialisti (Avv. Prosperetti, Fossà) c. Tirrò

(Aw. CraoLA, Gorlani). Conferma Trib. Brescia 9 luglio 1998.

Professioni intellettuali — Dottori commercialisti — Previden

za — Pensione di vecchiaia — Criteri di calcolo — Variazio

ne aliquote di rendimento — Pensioni già liquidate — Appli cabilità (L. 29 gennaio 1986 n. 21, riforma della cassa nazio

nale di previdenza ed assistenza a favore dei dottori

commercialisti, art. 2; d.m. 25 luglio 1995, variazione dei coef

ficienti di calcolo della pensione e di aliquote contributive

degli iscritti alla cassa nazionale di previdenza ed assistenza

a favore dei dottori commercialisti).

Le pensioni erogate dalla cassa nazionale di previdenza dei dot

tori commercialisti devono essere riliquidate applicando il coef

ficiente di rendimento del due per cento introdotto dal d.m.

25 luglio 1995. (1)

Svolgimento del processo. — La cassa nazionale di previden za e assistenza dei dottori commercialisti domanda, sulla base

di un unico motivo di ricorso, la cassazione della sentenza con

la quale il Tribunale di Brescia ha respinto il suo appello e con

fermato la sentenza del pretore, di accoglimento della domanda

proposta dal dott. Carmelo Tirrò.

Il dott. Tirrò aveva chiesto che la pensione liquidatagli con

decorrenza 1° dicembre 1995, gli fosse pagata con l'incremento

derivante dal nuovo e più favorevole coefficiente di calcolo del

le pensioni, introdotto dal decreto del ministro del lavoro 25

luglio 1995, lett. b), con decorrenza 1° gennaio 1986, nell'as

sunto che dovesse trovare applicazione anche alle pensioni li

quidate in precedenza. Il tribunale ha giudicato fondata la pretesa perché né la legge

né il decreto ministeriale che vi aveva dato applicazione consen

tivano di ritenere che fossero escluse dal beneficio dell'aumento

del coefficiente le pensioni già liquidate in precedenza, né pote va ravvisarsi, ai fini della disapplicazione, l'illegittimità del de

creto ministeriale per non essere, sotto questo profilo, confor

me alla deliberazione della cassa.

Resiste con controricorso Carmelo Tirrò.

Entrambe le parti hanno depositato memoria ai sensi dell'art.

378 c.p.c. Motivi della decisione. — 1. - Con l'unico motivo di ricorso

— con il quale denunzia violazione e falsa applicazione dell'art.

2, 2°, 8° e 13° comma, I. 21/86 in relazione al d.m. 25 luglio

1995, violazione e falsa applicazione degli art. 1362 ss. c.c., nonché motivazione omessa, insufficiente e contraddittoria —

la cassa sostiene che, mancando nella legge qualsiasi distinzione

tra pensioni già in essere e pensioni future, è l'organo che assu

me la decisione di aumentare la percentuale a dover valutare

se, nei limiti di compatibilità finanziaria, la modifica favorevole

debba estendersi, ed eventualmente entro quali limiti, alle pen sioni già liquidate; che, nella specie, tanto la proposta della cassa

che il decreto ministeriale non avevano preso in considerazione

le pensioni anteriori, dal momento che le condizioni tecnico

finanziarie erano state oggetto di valutazione esclusivamente con

(1) La riportata sentenza — ma già Cass. 7998/00, Foro it., Mass., 723 — «estende» anche alla previdenza dei dottori commercialisti il

principio dell'applicabilità delle nuove misure di rivalutazione dei reddi ti (attuate nelle previdenze dei liberi professionisti con decreti ministe

riali, previa apposita delibera della cassa categoriale) anche alle pensio ni già liquidate, con conseguente diritto alla riliquidazione di tutte le

pensioni in corso. In ordine ai criteri di applicazione da seguire a seguito della variazione

dei coefficienti di rivalutazione dei redditi pensionabili, in senso confor me alla riportata decisione, si erano pronunciate, per la previdenza fo

rense, Cass., sez. un., 27 maggio 1999, n. 297/SU, id., 1999, I, 2203; 15 aprile 1996, n. 3521, id., 1996, 1, 3438, con nota di L. Carbone, La rivalutazione delle pensioni erogate dalle casse di previdenza dei libe ri professionisti (contra, Cass. 7 febbraio 1998, n. 1311, id., 1998, I, 1096); sui criteri di rivalutazione delle pensioni forensi, Cass., sez. un., 4 ottobre 1996, n. 8684, id., 1996, I, 2992. Per la previdenza dei geome tri, Cass. 18 settembre 1997, n. 9265, id., 1997, I, 3556; 11 dicembre

1995, n. 12675, id., Rep. 1997, voce Professioni intellettuali, n. 245. In dottrina, L. Carbone, La tutela previdenziale dei liberi professio

nisti, Torino, 1998, 298 ss.

Il Foro Italiano — 2000.

riguardo ai maggiori oneri derivanti dalle pensioni future; men

tre, se, invece, si fossero dovute riliquidare tutte le pensioni

già in essere secondo la nuova percentuale, sarebbe risultato

compromesso l'intero equilibrio finanziario (della gestione pre

videnziale; che, d'altra parte, i principi generali impongono di

applicare una nuova disciplina soltanto ai diritti maturati dopo la sua entrata in vigore (così come dispone per la materia pen

sionistica l'art. 3, 12° comma, 1. n. 335 del 1995), sicché, sareb

be stata necessaria una previsione esplicita di estensione della

nuova regola alle pensioni in atto (previsione esplicita contenu

ta, ad esempio, nella 1. n. 141 del 1992, che ha elevato al due

per cento il coefficiente per la determinazione della pensione

agli avvocati). 2. - Preliminarmente, la corte rileva che deve escludersi che

nella controversia possano essere in qualche modo coinvolte que stioni inerenti alla giurisdizione, come prospetta il controricor

rente deducendo che la cassa intenderebbe sottrarsi agli effetti

derivanti dal decreto ministeriale, effetti costitutivi delle sue ob

bligazioni nei confronti dei pensionati, domandando la tutela

di un interesse legittimo.

Ciò, in quanto, prescindendo per ora da quelli che a giudizio della corte sono gli esatti termini della questione, il pensionato ha azionato un diritto di credito e la cassa, contestandone il

fondamento in una controversia alla quale è estraneo il titolare

del potere amministrativo, potrebbe al più dedurre la questione della legittimità del provvedimento amministrativo ai soli fini

della disapplicazione. Ma la disapplicazione dell'atto ammini

strativo illegittimo, è incontestato, non pone mai questioni ine

renti alla giurisdizione, perché presuppone già risolto il proble ma della competenza del giudice ordinario.

3. - Nel merito, la corte giudica priva di fondamento l'inter

pretazione delle disposizioni di legge nel senso prospettato dal

ricorso.

La 1. 29 gennaio 1986 n. 21 — riforma della cassa nazionale

di previdenza e assistenza a favore dei dottori commercialisti — regola all'art. 2 la pensione di vecchiaia, disponendo che

è corrisposta a coloro che abbiano compiuto almeno sessanta

cinque anni di età, dopo almeno trenta anni di effettiva iscrizio

ne e contribuzione, oppure che abbiano compiuto almeno set

tanta anni di età dopo almeno venticinque anni di effettiva iscri

zione e contribuzione (1° comma) e che la pensione annua è

pari, per ogni anno di effettiva iscrizione e contribuzione, all' 1,75

per cento della media dei più elevati dieci redditi annuali pro fessionali dichiarati dall'iscritto ai fini dell'imposta sul reddito

delle persone fisiche risultanti dalle dichiarazioni presentate ne

gli ultimi quindici anni solari di contribuzione anteriori a quello di maturazione del diritto a pensione (2° comma).

4. - Peraltro, con le disposizioni contenute nell'8° comma

dello stesso articolo, la legge ha previsto la possibilità di deter

minare la pensione annua in misura maggiore, aumentando la

percentuale inizialmente fissata all'1,75 per cento fino ad un

massimo del due per cento mediante un decreto del ministro

del lavoro e della previdenza sociale. Ha, quindi, regolato il

procedimento amministrativo e disciplinato l'esercizio del pote re dell'organo competente nel senso che alla variazione della

percentuale possa procedersi nel presupposto dell'esistenza di

condizioni tecnico-finanziarie tali da consentire l'assunzione del

maggiore onere, su proposta del consiglio di amministrazione

della cassa e solo alle scadenze indicate dall'art. 13, 1° comma,

della legge medesima (cioè trascorso un periodo di quattro anni

di vigenza della percentuale precedente e con effetto dal gen naio dell'anno successivo, così come previsto per il procedimen to di variazione delle percentuali dei contributi); aggiunge la

norma in esame che, in caso di aumento della percentuale di

cui al 2° comma, deve essere aumentata altresì, proporzional

mente, la percentuale di calcolo della pensione annua sulla par te di reddito computabile eccedente il massimale di cinquanta milioni di lire fissata dalla legge (5° comma) nello 0,50 per cento.

5. - Del descritto potere di iniziativa si è avvalsa la cassa

con delibera n. 161 adottata dal consiglio di amministrazione

nella seduta del 20-21 dicembre 1993 sulla base di una verifica

tecnica disposta anche ai fini della diminuzione dei contributi.

La proposta è stata recepita nel d.m. 25 luglio 1995, lett. b), che ha disposto l'aumento al due per cento della percentuale di cui al 2° comma dell'art. 2 1. 21/86 e l'aumento allo 0,60

per cento della percentuale di cui al 5° comma dello stesso arti

colo a decorrere dal gennaio del 1996.

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

6. - La legge, nell'ambito di un sistema pensionistico di tipo retributivo, in quanto correlato ai redditi conseguiti dal profes sionista in attività, e non contributivo (sicché, a parte ogni altra

considerazione, nessun elemento utile può trarsi dai principi det tati dalla 1. 335/95), ha provveduto a dettare il criterio di deter minazione del quantum della prestazione pensionistica, cioè l'og getto dell'obbligazione periodica nei confronti dei pensionati. L'unica particolarità che contrassegna la norma è la possibilità di rideterminare entro limiti ben precisati tale oggetto (ma solo in senso più favorevole ai pensionati) mediante l'esercizio di un potere amministrativo in ordine al quale risultano regola mentati sia il procedimento sia i limiti entro i quali deve mante nersi la valutazione discrezionale.

7. - Ne discende che non si è in presenza di un nuovo regime giuridico delle pensioni, tendenzialmente applicabile, salvo di verse specifiche previsioni ed il rispetto dei canoni di ragionevo lezza imposti dalla Costituzione, solo ai diritti maturati nella sua vigenza, ma la possibilità di variazione in aumento dell'am montare della pensione è previsione già originariamente conte nuta nell'unitario sistema normativo che regola tutte le pensioni erogate dalla cassa.

Del resto, anche nell'ambito dei principi che presiedono alla

successione di discipline diverse, viene in considerazione il crite rio interpretativo secondo cui la previsione di una nuova disci

plina migliorativa del regime giuridico delle pensioni deve tro vare tendenzialmente applicazione nei confronti di tutti i pen sionati, ove la legge non abbia disposto in senso diverso (come, dei resto, di norma avviene) e ciò in forza del tradizionale cano ne ubi lex voluti, dixit, non costituendo di per sé la liquidazione della pensione anteriore alla vigenza della nuova disciplina uno sbarramento tale da impedire la modifica dell'obbligazione pe riodica, naturalmente a partire dalla data di efficacia della nuo va normativa. In tal senso si è autorevolmente espressa la Corte

costituzionale decidendo in tema di applicabilità dell'art. 21, 6° comma, 1. 11 marzo 1988 n. 67 (attributiva del beneficio di una quota aggiuntiva di pensione calcolata sulla parte ecce dente il massimale della retribuzione pensionabile) ai pensionati in epoca precedente l'entrata in vigore della legge (Corte cost, n. 72 del 1990, Foro it., Rep. 1990, voce Previdenza sociale, n. 611).

8. - Non è sostenibile che la limitazione dell'ambito soggetti vo del beneficio dell'aumento a trattamenti pensionistici liqui dati a partire da una determinata data, non direttamente con

templata dalla legge, sia stata rimessa alla discrezionalità del

l'organo amministrativo competente a decidere l'aumento della

percentuale. A tale conclusione si giunge considerando che la legge, aven

do avuto la massima cura nel limitare il tasso di discrezionalità sia sotto il profilo quantitativo (il minimo dell'1,75 per cento

può essere superato fino al massimo del due per cento), che

sotto quello delle condizioni di legittimità sostanziale dell'eser

cizio del potere (la coerenza con le condizioni finanziarie), non è suscettibile di essere letta nel senso dell'attribuzione al potere amministrativo della facoltà di escludere dal beneficio alcune

categorie di pensionati. Se così fosse, il legislatore non avrebbe

mancato di fornire le necessarie indicazioni di esercizio di così delicato — e inusuale nel settore pensionistico — potere discre

zionale dell'amministrazione, specie ai fini di ancorare a para metri oggettivi la scelta di concentrare le risorse disponibili nel

l'aumento delle pensioni di alcuni pensionati, anziché ripartirle a beneficio di tutti, considerato che l'aumento in percentuale lascia ferma la base di calcolo, costituita dai livelli reddituali, evidentemente diversi per i nuovi pensionati rispetto ai vecchi.

9. - L'interpretazione accolta, secondo la quale la legge con

sente soltanto di modificare in aumento, alle condizioni previ

ste, il minimo direttamente stabilito, con effetti nei confronti di tutti i pensionati, rende del tutto superfluo porsi un proble ma di lettura e interpretazione degli atti del procedimento am

ministrativo, poiché risulterebbe adottata in assoluta carenza di

potere e da considerare perciò tamquam non esset l'eventuale

decisione di praticare l'aumento solo ad alcuni dei pensionati della cassa in base all'epoca di liquidazione delle pensioni.

10. - Si sono così raggiunte conclusioni sostanzialmente con

formi a quanto già deciso dalla corte in controversie, di conte

nuto analogo, concernenti la pensione dei professionisti geome tri. Anche per essi il decreto ministeriale previsto dalla legge aveva aumentato l'importo percentuale di calcolo della pensio

II Foro Italiano — 2000.

ne e la corte ha deciso che si dovesse riliquidarle tutte senza limiti di tempo (Cass. 11 dicembre 1995, n. 12675, id., Rep. 1997, voce Professioni intellettuali, n. 245; e 18 settembre 1997, n. 9265, id., 1997, I, 3556).

11. - Un profilo completamente diverso è investito, infine, dalla ricorrente allorché deduce che la compatibilità tecnico finanziaria è stata valutata con riguardo alle nuove pensioni, dovendosi escludere tale compatibilità ove l'aumento pensioni stico dovesse spettare a tutti i pensionati.

Infatti, nel corretto quadro normativo, come sopra ricostrui

to, si tratterebbe di un errore, più propriamente di un travisa mento del fatto, in grado di rendere il decreto ministeriale, nel la parte in cui ha disposto il massimo dell'aumento consentito, non conforme a legge sotto il profilo dell'eccesso di potere. Ma si tratta di un aspetto che non può avere alcun peso nel giudizio di cassazione perché avrebbe richiesto, ai fini della disapplica zione dell'atto amministrativo, approfondite indagini di fatto che sono mancate nel giudizio di merito perché la cassa ha scel to un diverso terreno di difesa. Si osserva, comunque, che se

questa fosse effettivamente la situazione, l'autorità amministra tiva avrebbe pur sempre il potere di porvi riparo in sede di

autotutela (annullando di ufficio, con o senza riforma, l'atto

illegittimo).

CORTE DI CASSAZIONE; sezione III civile; sentenza 21 lu

glio 2000, n. 9592; Pres. Giuliano, Est. Talevi, P.M. Apice

(conci, conf.); Soc. Mare (Avv. Zucchero) c. Soc. Jolly Fa

shion (Avv. Monaco Sorge, Ramoino). Conferma App. Ge nova 23 dicembre 1995.

Locazione — L. 392/78 — Immobili adibiti ad uso diverso dal l'abitazione — Conferimento in società — Prelazione del con

duttore — Esclusione — Questione manifestamente infonda

ta di costituzionalità (Cost., art. 3; 1. 27 luglio 1978 n. 392,

disciplina delle locazioni di immobili urbani, art. 38, 39).

Le disposizioni in tema di prelazione e riscatto, di cui agli art. 38 e 39 l. 392/78, non sono applicabili nell'ipotesi in cui il locatore conferisca in proprietà ad una società l'immobile lo

cato, non essendo in tal caso configurabile un trasferimento a titolo oneroso dell'immobile stesso, a nulla rilevando che

l'art. 9 t.u. 917/86, ai fini delle imposte sui redditi, equipari ad una cessione a titolo oneroso il conferimento d'immobile ad una società. (1)

È manifestamente infondata la questione di legittimità costitu

zionale degli art. 38 e 39 I. 392/78, nella parte in cui non

comprendono fra i trasferimenti a titolo oneroso, di cui ai 1° comma dello stesso art. 38, il conferimento in proprietà dell'immobile locato ad una società da parte del locatore, in

riferimento all'art. 3 Cost. (2)

(1-2) La corte di legittimità, confermando l'orientamento espresso dalla

giurisprudenza di merito (v. Trib. Treviso 22 aprile 1982, Foro it., Rep. 1982, voce Locazione, n. 1085; Trib. Napoli 3 novembre 1981, ibid., n. 1081, annotata da E. Baio, in Arch, locazioni, 1983, 125), osserva come la soluzione interpretativa riassunta in massima trovi fondamento sia nella lettera dell'art. 38 1. 392/78, sia (soprattutto) nella ratio degli istituti della prelazione e del riscatto, previsti a favore del conduttore di immobile non abitativo dal legislatore del 1978: sotto il secondo pro filo, in particolare, si rileva che, nell'ipotesi del conferimento dell'im mobile locato in proprietà ad una società, manca in radice uno dei

presupposti necessari per la configurabilità del diritto di prelazione, giac ché, come risulta evidente, il locatore-alienante non potrebbe certo ot tenere dal conduttore (titolare, in ipotesi, del diritto) «la medesima con

troprestazione e le medesime condizioni» che è in grado di assicurarsi

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