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sezione lavoro; sentenza 3 gennaio 1986, n. 39; Pres. Cassata, Est. Genghini, P. M. Martinelli(concl. conf.); Di Carlo ed altri (Avv. Maccarrone) c. E.r.it. e Soc. cooperativa trasporto carnifra macellai di Catania (Avv. Guerrera). Conferma Trib. Catania 14 gennaio 1982Source: Il Foro Italiano, Vol. 109, No. 1 (GENNAIO 1986), pp. 69/70-71/72Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23180111 .
Accessed: 28/06/2014 07:29
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
propria competenza in subiecta materia e venga annullata la
ricordata deliberazione 26 marzo 1982 della commissione di
controllo sull'amministrazione regionale delle Marche.
2. - La risoluzione del conflitto esige che la corte preliminarmen te esamini la funzione della indicata approvazione, nell'ambito del la serie procedimentale in cui essa è inserita, e precisamente stabi
lisca se essa vada considerata come atto di amministrazione attiva
ovvero come esercizio del potere di controllo.
In linea di principio, conformemente ad un autorevole e ormai
quasi generale orientamento, ritiene la corte di dover propendere
per la seconda delle qualificazioni prospettate, in quanto l'appro vazione non si collega intrinsecamente con l'attività dell'organo o
dell'ente soggetto a controllo, in modo da dar vita ad un atto
complesso, ma rimane fuori dalla fattispecie costitutiva e ne
condiziona soltanto l'efficacia. Com'è noto, nel nostro ordinamen
to non mancano casi, ad es. in materia urbanistica, in cui il
legislatore si esprima impropriamente, indicando con l'espressione « approvazione » un'attività di positiva ingerenza nella sfera del
soggetto passivo; ma nel caso in esame non par dubbio che il
termine sia stato impiegato correttamente dal cit. art. 16 1. reg. n.
41/79, in quanto il controllo è circoscritto al mero accertamento
della conformità alla legge dell'atto controllato, e il potere della
regione, se l'approvazione non è accordata, si esaurisce nel mero
annullamento dell'atto, senza alcuna possibilità di interferenza
nell'esercizio dell'azione amministrativa, neppure impartendo di
rettive ovvero indirizzi di gestione. Tale ingerenza è invece
indispensabile perché sia configurabile un'attività di amministra zione attiva, la quale in effetti è prevista, con evidente contrap
posizione, nel successivo art. 17: in questo sono infatti elencati
gli atti con cui la regione può positivamente interferire, con il
proprio intervento, nell'azione dell'ente sottordinato, emettendo
provvedimenti diretti alla realizzazione dei fini del medesimo.
Dai superiori rilievi discende che il potere devoluto all'organo
regionale rientra in questo caso nell'ambito dell'attività di control
lo propriamente detto.
Né può essere omesso di ricordare come la norma dell'art. 16
cit. è completata dalla previsione di automatica esecutività delle
deliberazioni dell'ente, se l'annullamento non è pronunciato entro
il termine di venti giorni dal loro ricevimento. Ciò rende anche
concretamente impossibile un successivo controllo statale, il quale ha sempre carattere preventivo e non è quindi ammissibile se
l'atto in questione sia già divenuto esecutivo a causa dell'inerzia
dell'organo regionale. 3. - La soluzione prospettata si trova peraltro in linea con la
giurisprudenza di questa corte.
In proposito giova premettere che l'art. 117 Cost., nell'elencare
le materie attribuite alla potestà regionale, indica per prima « l'ordinamento degli uffici e degli enti amministrativi dipendenti dalla regione ». In relazione a tale previsione normativa la corte
ritenne in un primo momento che la competenza regionale non si
estendesse alla materia dei controlli, riservata in ogni caso allo
Stato (cfr. sent. nn. 24 del 1957, Foro it., 1957, I, 1749; 40 del 1972,
id., 1972, I, 1184; 164 del 1972, id., 1973, I, 353, e 62 del 1973,
ibid., 2638). Ma successivamente ha considerato che non è
possibile separare la funzione di controllo da quella concernente
l'« ordinamento » dell'ente, in quanto la prima inerisce stretta
mente la seconda; pertanto l'« ordinamento » comprende l'intero
procedimento relativo agli atti emessi dagli enti preposti alla cura
delle materie di cui all'art. 117, senza la possibilità di limitazioni
e frazionamenti, che sarebbero ingiustificati e irrazionali. Tale
nuovo orientamento, iniziato con la sent. 19 dicembre 1973, n.
178 '(id., 1974, I, 1298) e più esplicitamente ribadito con la sent.
9 dicembre 1976, n. 244 (id., 1977, I, 583), trova ora altresì
conforto nel d.p.r. 24 luglio 1977 n. 616, il quale nell'art. 13
espressamente dispone che l'« ordinamento degli enti amministra
tivi dipendenti dalla regione » concerne anche la materia dei « controlli ». Anzi, la formula legislativa è talmente comprensiva da dissipare gli eventuali dubbi rispetto ai provvedimenti dei c.d.
enti strumentali (come quelli di sviluppo agricolo), che una parte della dottrina vorrebbe considerare diversamente dagli altri enti
regionali, quali rami staccati ma pur sempre appartenenti all'ap
parato amministrativo della regione, con la conseguenza che i
loro atti sarebbero soggetti, al pari di quelli degli organi della
regione stessa, al controllo ex art. 125 Cost.
Né in contrario vale obiettare, come pur è stato fatto, che in
tal modo le regioni, creando degli enti strumentali e trasferendo
ad essi alcune delle proprie funzioni, si sottraggono in definitiva
alla regola del controllo statale. Questa regola infatti non è
assoluta, come si evince direttamente dalla stessa Costituzione, secondo cui il controllo sui provvedimenti degli enti territoriali
Il Foro Italiano — 1986.
minori (comuni, province e loro consorzi) si esauriscono nell'am
bito regionale — mediante attribuzione delle relative funzioni al
Co.re.co. — e non sono soggetti alla verifica di alcun organo
statale, nemmeno quando deliberano nelle materie ad essi delega te dalle regioni (art. 130 Cost, e 4 1. n. 382 del 1975).
Perciò non può ritenersi contrastare con la previsione costitu
zionale, il fatto che l'esclusione del controllo statale si riscontri
anche per gli enti che operano nelle materie devolute alle
regioni: invero per essi può essere sufficiente, ai fini della tu
tela del pubblico interesse, il controllo dalle medesime effettuato.
4. - In base alle superiori osservazioni non sembra dubbio
nella specie che il controllo sulla deliberazione del consiglio di
amministrazione dell'ente, n. 36 del 22 giugno 1981, legittimamen te sia avvenuto e si sia esaurito nell'ambito regionale con l'atto del
la giunta in data 13 luglio 1981. La pretesa della commissione go vernativa di un ulteriore controllo in proposito risulta dunque ille
gittima perché invasiva della competenza regionale e l'illegittimità si comunica al rifiuto di approvazione della successiva deliberazione
della giunta regionale n. 3251 del 1981 nonché del ricordato atto
12 marzo 1982, n. 816. Conclusivamente, pertanto, il conflitto va risolto nel senso sostenuto dalla regione Marche.
Per questi motivi, la Corte costituzionale: 1. - dichiara che
spetta' esclusivamente alla regione Marche il potere, previsto dall'art. 16, 2° comma, 1. reg. 24 novembre 1979 n. 41, di
effettuare il controllo sulla deliberazione 22 giugno 1981, n. 36 del
consiglio di amministrazione dell'ente di sviluppo nelle Marche
relativa alla nomina del direttore generale dell'ente; 2. - annulla,
per l'effetto, la deliberazione 26 marzo 1982, n. 8069, con cui la commissione governativa di controllo sull'amministrazione della
regione Marche ha annullato gli atti della giunta regionale n. 3251 del 9 settembre 1981 e n. 816 del 12 marzo 1982.
CORTE DI CASSAZIONE; CORTE DI CASSAZIONE; sezione lavoro; sentenza 3 gennaio
1986, n. 39; Pres. Cassata, Est. Genghini, P. M. Martinelli
(conci, conf.); Di Carlo ed altri (Aw. Maccarrone) c. E.r.it. e
Soc. cooperativa trasporto carni fra macellai di Catania (Avv.
Guerrera). Conferma Trib. Catania 14 gennaio 1982.
Lavoro e previdenza (controversie in materia di) — Cassazione — Unico ricorso contro distinte sentenze — Inammissibilità —
Estremi (Cod. proc. civ., art. 103, 104, 340, 361; disp. att. cod.
proc. civ., art. 151).
Anche nelle controversie di lavoro è inammissibile il ricorso per cassazione proposto da parti diverse con unico atto contro
distinte sentenze rese in separati giudizi. (1)
(1) L'inammissibilità del ricorso per cassazione proposto con unico atto contro diverse sentenze rese in distinti processi è stata giustificata, con argomentazioni coincidenti con quelle svolte nella riportata senten za, oltre che dalle richiamate Cass. 6 febbraio 1984, n. 915 Foro it., Rep. 1984, voce Lavoro e previdenza (controversie), n. 485 e 9 dicembre 1982, n. 6754, id., Rep. 1982, voce Impugnazioni civ., n. 17, da Cass. 11 aprile 1983, n. 2541, id., Rep. 1983, voce Cassazione civ., n. 33 (con riferimento a giudizi riguardanti soggetti fondamentalmente
diversi), da Cass. 10 dicembre 1981, n. 6533, id., 1982, I, 1994, con nota di richiami (concernente l'ipotesi di unica impugnazione contro due distinte ordinanze dichiarative d'incompetenza), da Cass. 10 giugno 1981, n. 3756, ibid., 777, con ulteriori indicazioni (relativa ad un unico ricorso avverso più decisioni della Commissione tributaria centra le emesse tra le stesse parti e nella medesima data, ma in diverse controversie d'imposta e in distinti procedimenti) e da Cass. 11 luglio 1981, n. 4346, id., 1981, I, 2418, con nota di richiami (a proposito di unico regolamento di giurisdizione relativamente a due diversi e
separati procedimenti) 4 Con la recente ordinanza 3 maggio 1984, n. 280, id., 1985, I, 207,
con nota di richiami, le sezioni unite hanno ribadito l'ammissibilità del ricorso per cassazione proposto con unico atto contro la sentenza di
appello e quella di revocazione, individuando la forma di notifica di siffatta impugnazione. Con la successiva sent. 13 ottobre 1984, n. 5125, id., Rep. 1984, voce Cassazione civ., n. 27 (che, a quanto consta, è l'ultima pronuncia intervenuta sull'argomento esaminato dalla riportata sentenza), la sezione lavoro ha, dal canto suo, affermato che con riguardo a più sentenze, rese in grado di appello fra le medesime parti in distinti procedimenti, l'instaurazione del giudizio di legittimità deve ritenersi consentita anche mediante la proposizione di un solo ricorso
per cassazione, qualora questo, esteriormente unico, sia sostanzialmente scindibile in autonomi e distinti ricorsi, rispettivamente contro ciascuna di dette sentenze, che rispettino i prescritti requisiti formali e sostan ziali, nonché i termini d'impugnazione, mentre l'eventuale inosservan za delle norme sul bollo è sanabile mediante rimessione degli atti al competente ufficio fiscale.
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PARTE PRIMA
Motivi della decisione. — Con il primo mezzo i ricorrenti si
dolgono per la violazione e falsa applicazione dell'art. 2112 c.c.
degli art. 416 e 437 c.p.c. e degli art. 91 e 92 c.p.c. Erroneamente
è stato ritenuto dal tribunale che il pretore pronunciando con
danna nei confronti della soc. cooperativa in solido con l'E.r.it., sarebbe incorso in ultrapetizione: in primo grado la società
cooperativa non solo non aveva eccepito la propria estraneità ai
giudizi, ma si era dichiarata obbligata verso i ricorrenti al
pagamento della indennità di anzianità per il rapporto intercorso
con l'E.r.it. Ingiustificata e non conforme alla soccombenza la
disposta compensazione delle spese. Con il secondo mezzo i ricorrenti si dolgono della violazione
del d.m. 26 settembre 1979 con riferimento al d.1.1. 22 febbraio 1946 n. 170, alla 1. 3 agosto 1949 n. 536, alla 1. 7 novembre 1957 n. 1051, all'art. 93 c.p.c. (art. 360, nn. 3 e 5, c.p.c.) per aver
liquidato i diritti di procuratore in misura inferiore a quanto previsto dalla tariffa forense senza porre a carico dell'E.r.it. il rimborso delle spese anticipate dal procuratore legale: anche gli onorari sono stati liquidati in misura inferiore ai minimi indero
gabili. Si deve innanzi tutto esaminare la questione dell'ammissibilità
del ricorso proposto con unico atto contro più sentenze pronun ciate tra parti diverse. Questa corte ha più volte affermato che al
di fuori delle ipotesi di congiunta impugnazione delle sentenze di
merito e di revocazione o anche di regolamento preventivo di
giurisdizione relativo ai procedimenti connessi e tra le stesse
parti, è inammissibile il ricorso per cassazione proposto, conte
stualmente e con unico atto da soggetti diversi, contro sentenze
diverse pronunciate dal giudice di merito in separati procedimen ti, anche nel caso di controversie di lavoro, relativamente alle
quali opera il disposto dell'art. 151 disp. att. c.p.c. nel senso di
riservare esclusivamente al giudice il potere di disporre la riunio
ne di distinte impugnazioni.
Questa Suprema corte (già con la sent. 6754/82, Foro it., Rep.
1982, voce Impugnazioni civ., n. 17, e poi da ultimo con la sent,
n. 915/84, id., Rep. 1984, voce Lavoro e previdenza (controver
sie), n. 485) ha affermato che, al di fuori dell'ipotesi in cui il
litisconsorzio sia necessario per l'impossibilità giuridica di deci
sioni separate (art. 102 c.p.c.), la legge consente a più parti di
riunirsi per l'esercizio congiunto di azioni collegate dalla connes
sione degli oggetti o dei titoli o dalla comunanza di questioni da
risolvere (art. 103 c.p.c.), solo all'atto dell'introduzione del giudi zio.
La facoltà o l'obbligo di riunire in prosieguo più cause che
siano in tali modi o altrimenti collegate è per contro riservata al
giudice '(art. 273, 274, 350 c.p.c., art. 151 disp. att. c.p.c.) e
l'impugnazione con unico atto di più sentenze è prevista (art. 340
e 361 c.p.c.) solo per il caso in cui le stesse siano state emesse in
uno stesso procedimento. Al di fuori di quest'ultimo caso, al quale si sono ritenuti
assimilati quello della impugnazione congiunta di una sentenza di
merito e di quella emessa nel giudizio di revocazione della stessa
(Cass. n. 1297/77, id., Rep. 1977, voce Cassazione civ., n. 171;
5457/80, id., 1981, I, 428) e, talora, in contrasto con altri
giudicati, quello del ricorso contro più decisioni emessa dalla
Commissione tributaria centrale nei confronti di un medesimo
contribuente (Cass. n. 892/79, id., Rep. 1979, voce cit., n. 41;
901/79, ibid., n. 42; 267/81, id., Rep. 1981, voce cit., n. 57;
2704/81, ibid., voce Tributi in genere, n. 1085) e quello della
istanza di regolamento preventivo di giurisdizione riferita a più
procedimenti vertenti fra le stesse parti e tanto intimamente
connessi da non potere essere decisi separatamente (Cass. n.
2162/75, id., Rep. 1975, voce Giurisdizione civ., n. 180; 3428/76,
id., Rep. 1976, voce cit., n. 168) l'impugnazione congiunta di più sentenze deve dunque ritenersi vietata.
La sanzione di tale divieto non può che essere la nullità
dell'atto di impugnazione, in ragione del suo impiego per un fine
che trascende i limiti assegnatigli dalla legge e che interferisce
con l'esercizio di un potere riservato al giudice. D'altra parte vi è
la impossibilità di porre rimedio a tale vizio con la separazione dei giudizi, dal momento che la facoltà relativa è attribuita al
giudice con specifico riferimento ai casi di litisconsorzio facoltati
vo e di riunione per connessione meramente soggettiva (art. 103 e
104 c.p.c.) e che. in via di interpretazione estensiva può ad essi
essere assimilata (Cass. sent. n. 237/73, id., Rep. 1973, voce
Procedimento civ., n. 212) solo quello della riunione di cause per
disposizione dello stesso giudice (art. 274 c.p.c.). Non può condurre a conclusioni diverse da quelle della nullità
dell'atto, per quanto attiene alle controversie regolate dal rito del
lavoro, il rilievo che per questo l'art. 151 disp. att. c.p.c. (ritenuto
applicabile in via di applicazione estensiva anche ai giudizi di
Il Foro Italiano — 1986.
cassazione: Cass. n. 2604/78, id., Rep. 1978, voce Lavoro e
previdenza (controversie), n. 366; 1451/79, id., Rep. 1979, voce
cit., n. 148) stabilisce l'obbligatorietà della riunione dei procedi menti connessi anche per semplice identità di questioni, salvo che
la stessa non appaia destinata a risolversi in eccessiva gravosità e
durata del processo. Tale norma, infatti, che ha carattere ordinatorio e non è
assistita da sanzioni processuali, ha come destinatario il giudice e
lascia ferma la riserva al giudice del potere di disporre la
riunione; in presenza di tale riserva come le parti non possono impugnare le decisioni, positive o negative, esplicite o implicite, adottate al riguardo (Cass. n. 2307/76, id., Rep. 1976, voce cit., n.
142; 3598/79, id., Rep. 1979, voce cit., n. 145) cosi, tanto meno,
possono sostituirsi al giudice nell'adottarle, con conseguenze che
potrebbero risolversi in danno per l'altra parte o, comunque, sul funzionamento degli uffici.
Nei giudizi ordinari, inoltre, si porrebbe altresì la questione della violazione delle norme sul bollo.
Per queste ragioni, in conformità delle conclusioni del p.g., il ricorso deve essere dichiarato inammissibile perché affetto da
nullità assoluta. (Omissis)
CORTE DI CASSAZIONE; sezione I civile; sentenza 16 dicem bre 1985, n. 6377; Pres. Sandulli, Est. A. Finocchiaro, P.M. Pandolfelli (conci, conf.); Ente ospedaliero « Regina Margheri ta e ospedale civile » di Vittoria (Avv. Florio, Andolina) c. Secolo (Avv. Passanisi, Borjrometi). Conferma App. Catania 17 febbraio 1982.
Sanità pubblica — Regione siciliana — Ente ospedaliero soppres so — Responsabilità per fatti anteriori al 1° gennaio 1980 —
Condanna ai danni — Ricorso per cassazione — Inammissibili tà — Fattispecie (Cod. proc. civ., art. 75; 1. 23 dicembre 1978
n. 833, istituzione del servizio sanitario nazionale, art. 61, 66; 1.
reg. sic. 12 agosto 1980 n. 87, istituzione delle unità sanitarie
locali, art. 38, 39; 1. reg. sic. 6 gennaio 1981 n. 6, ordinamento interno dei servizi sanitari e attuazione del servizio informativo sanitario e dell'osservatorio epidemiologico regionale. Modifiche alla 1. reg. sic. 12 agosto 1980 n. 87, riguardante la istituzione delle unità sanitarie locali, art. 7; 1. reg. sic. 18 aprile 1981 n.
69, norme suHia contabilità e l'amministrazione del patrimonio delle unità sanitarie locali, art. 78).
Il ricorso per cassazione, avverso sentenza di condanna ai danni
per fatti anteriori al 1° gennaio 1980, proposto da ente ospeda liero siciliano, dopo aver perduto la personalità giuridica in
dipendenza della istituzione nella regione, ai sensi e per gli effetti degli art. 61 e 66 l. 23 dicembre 1978 n. 833, delle
U.s.L, è inammissibile per difetto di capacità processuale del ricorrente. {1)
Motivi della decisione. — Pregiudiziale all'esame del merito, nonché della questione sollevata dai controricorrenti e relativa all'inammissibilità del ricorso per cassazione per essere stato lo stesso notificato al defunto Vincenzo Secolo, malgrado la interve nuta notifica della sentenza impugnata ad istanza degli eredi di
quest'ultimo, è la risoluzione della questione, che il collegio ritiene di doversi prospettare ex officio, se, a seguito della istituzione del servizio sanitario nazionale con la 1. n. 833/78, sussista ancora la capacità processuale di un ente ospedaliero
(1) Sugli effetti della soppressione degli enti ospedalieri e sul coordinamento degli art. 61 e 66 1. n. 833/78 (considerati anche da Corte cost. 26 aprile 1985, n. 119, Foro it., 1985, ì, 2182, con richiami) con atti legislativi della regione Lazio attuativi del nuovo sistema sanitario, Cass. 23 marzo 1985, n. 2087, citata in motivazione, e 19 marzo 1985, n. 2029, id., 1985, I, 2183, con richiami (cui adde, con sepecifico riferimento alla normativa della regione siciliana, Andrioli, Le unità sanitarie locali, 1982, 80 ss., 187 ss., 285 ss.) e nota di M. Grossi.
Sulla rilevabilità d'ufficio in ogni stato e grado del processo, e quindi anche per la prima volta in cassazione, del difetto di legitima tio ad processum (per il cui collegamento con la capacità di agire, fra le altre, Cass. 16 dicembre 1983, n. 7413, foro it., Rep. 1983, voce Procedimento civile, n. Ili; 14 giugno 1977, n. 2480, id., Rep. 1977, voce cit., n. 34), con il solo limite della preclusione derivante dal giudicato, Cass. 23 ottobre 1979, n. 5526 e 17 maggio 1979, n. 2830, id., Rep. 1979, voce cit., nn. 33, 34; 16 febbraio 1978, n. 756, id., Rep. 1978, voce cit., n. 19; in motivazione, Cass. 28 luglio 1977, n. 3532, id., 1977, I, 2158, con nota di richiami.
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