sezione lavoro; sentenza 8 ottobre 1996, n. 8789; Pres. Martinelli, Est. Evangelista, P.M. DeGregorio (concl. conf.); Inps (Avv. Fonzo, Pulli) c. Vivian. Cassa Trib. Trieste 11 gennaio 1995Source: Il Foro Italiano, Vol. 120, No. 6 (GIUGNO 1997), pp. 1907/1908-1911/1912Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23192039 .
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1907 PARTE PRIMA 1908
verso le quali tale percezione si realizza: modalità che, in astrat
to, possono essere le più diverse, potendo il confitente essere
stato presente allo stesso svolgimento del fatto, poi oggetto di
confessione, ovvero esserne venuto a conoscenza attraverso al
tre persone e documenti (che, eventualmente smarriti od andati
distrutti, non si sia potuto produrre in giudizio) o mezzi mecca
nici (nastri cinematografici o simili). Il silenzio della legge al riguardo non consente all'interprete
di richiedere, per la validità della confessione, requisiti ulterio
ri, rispetto a quelli tassativamente richiesti (verità dei fatti e
capacità di disporre del diritto: art. 2730 e 2731 c.c.). Al contrario, la rilevata possibilità della revoca della confes
sione anche per errore di fatto, la previsione che essa possa essere resa anche a mezzo di rappresentante e la qualificazione di atto giuridico non negoziale, e, precisamente, di dichiarazio
ne di scienza, attribuito da questa Corte suprema (sent. 1960/95,
Foro it., Rep. 1995, voce Confessione in materia civile, n. 5,
e 136/85, id., Rep. 1985, voce cit., n. 2) alla confessione, auto
rizzano a ritenere che le modalità di percezione della verità dei
fatti, oggetto di essa, possano essere le più disparate.
La giurisprudenza distingue bensì, quanto alla testimonianza,
secondo che le relative dichiarazioni abbiano ad oggetto fatti
percepiti dal teste direttamente ovvero de relato, e richiede, nel
secondo caso, che esse siano sorrette da altri elementi precisi e concordanti, che consentano di poter ritenere accertati i fatti
riferiti (sent. 10603/94, id., Rep. 1994, voce Prova testimonia
le, n. 30). La distinzione, peraltro, non è estensibile alla confessione,
posto che, mentre la testimonianza deve essere valutata dal giu
dice nella sua attendibilità (valutazione che deve investire, per le dichiarazioni de relato, sia la fonte immediata che quella me
diata), perché produca effetti probatori corrispondenti alla di
chiarazione stessa, la confessione, se relativa, come nella specie, a diritti disponibili, fa invece piena prova contro il confitente
(art. 2733 c.c.), senza che al giudice sia consentito alcun vaglio critico.
È pertanto confessione, e produce gli effetti giuridici propri di questa, anche la dichiarazione soltanto de relato.
Quanto all'animus confitendi — che il ricorrente deduce in
sussistente con lo stesso primo motivo del ricorso —, questa Corte suprema ha avuto modo di precisare che esso non consi
ste nell'intenzione di fornire una prova alla controparte, ma
nella consapevolezza e volontà di ammettere e/o riconoscere la
verità di un fatto a sé sfavorevole e favorevole all'altra parte,
indipendentemente dalle conseguenze giuridiche che ne possono
derivare, e che il relativo accertamento è demandato al giudice del merito, sindacabile in sede di legittimità solo per vizi di mo
tivazione (sent. 1723/90, id., Rep. 1990, voce Confessione in
materia civile, n. 4; 5141/85 e 3524/85, id., Rep. 1985, voce
cit., nn. 1, 5). Fermo quanto testé rilevato, devesi osservare che il motivo,
in parte qua, è inammissibile, dal momento che il ricorrente, il quale non adduce alcun vizio motivazionale, demanda allo
stesso giudice della legittimità l'accertamento — negativo — di
tale requisito soggettivo: il che non è consentito. (Omissis)
Il Foro Italiano — 1997.
CORTE DI CASSAZIONE; sezione lavoro; sentenza 8 ottobre
1996, n. 8789; Pres. Martinelli, Est. Evangelista, P.M. De
Gregorio (conci, conf.); Inps (Avv. Fonzo, Pulli) c. Vivian.
Cassa Trib. Trieste 11 gennaio 1995.
Esecuzione forzata per obbligazioni pecuniarie — Espropriazio ne presso terzi — Crediti — Assegno vitalizio spettante ai
consiglieri regionali cessati dalla carica — Pignorabilità (Cod.
civ., art. 2740; cod. proc. civ., art. 545; d.p.r. 5 gennaio 1950
n. 180, t.u. delle leggi concernenti il sequestro, il pignora mento e la cessione degli stipendi, salari e pensioni dei dipen denti della pubblica amministrazione, art. 1, 2; 1. 30 aprile 1969 n. 153, revisione degli ordinamenti pensionistici e norme
in materia di sicurezza sociale, art. 69).
È suscettibile di pignoramento l'assegno vitalizio che la cassa
mutua di previdenza per i consiglieri della regione autonoma
Friuli-Venezia Giulia corrisponde ai consiglieri regionali ces
sati dalla carica. (1)
(1) Non constano precedenti specifici in termini. Sulla pignorabilità degli stipendi dei pubblici dipendenti, vedi (oltre
alla nota di richiami a Cass. 29 novembre 1996, n. 10649, in questo fascicolo, I, 1091) Corte cost. 26 luglio 1988, n. 878 (Foro it., 1988,
I, 2787) la quale ha ritenuto l'illegittimità dell'art. 2, 1° comma, n.
3, d.p.r. 5 giugno 1950 n. 180, nella parte in cui non prevede la pigno rabilità e la sequestrabilità degli stipendi, salari e retribuzioni corrispo sti dallo Stato, fino alla concorrenza di un quinto per ogni credito van
tato nei confronti del personale. Tale pronuncia è altresì riportata in
Giur. it., 1988, I, 1, 1617, con nota di Conte, La pignorabilità degli stipendi dei pubblici dipendenti nei più recenti orientamenti della Corte
costituzionale, e in Riv. dir. proc., 1989, 1178, con nota di Riva, La
pignorabilità degli emolumenti dei dipendenti dello Stato: una sentenza «attesa». Con tale pronuncia la corte ha completato l'eliminazione dal
nostro ordinamento del privilegio costituito dalla impignorabilità degli emolumenti dei pubblici dipendenti richiamandosi ai principi già posti a base della decisione 31 marzo 1987, n. 89, Foro it., 1987, I, 1001, con nota di C. M. Barone; nonché in Giur. it., 1988, I, 1, 539, con
nota di Galligani, Pignorabilità e sequestrabilità degli stipendi e salari
corrisposti dallo Stato e dagli altri enti pubblici e datori di lavoro assi
milati; Riv. dir. proc., 1987, 987, con nota di Saletti, La «nuova»
impignorabilità degli emolumenti di pubblici dipendenti, e Foro pad., 1987, I, 341, con nota di Conte, Nuova breccia nel principio dell'impi gnorabilità degli stipendi dei pubblici dipendenti. Per la giurisprudenza precedente sul punto si vedano le note di richiami di cui sopra.
Nel senso che «il regime dell'impignorabilità degli emolumenti spet tanti al lavoratore è analogo nel settore privato ed in quello pubblico, come risulta, per il settore privato, dagli art. 128 r.d.l. 4 ottobre 1935 n. 1827 e 69 1. 30 aprile 1969 n. 153 e, per il settore pubblico, dagli art. 1 e 2 d.p.r. 5 gennaio 1950 n. 180» e che «pertanto, gli art. 1 e 2, 1° comma, n. 3, d.p.r. 5 gennaio 1950 n. 180 non sono in contra sto con l'art. 3 Cost., in quanto non stabiliscono una diversità di tratta
mento, in ordine all'impignorabilità degli emolumenti nel settore pub blico e in quello privato», cfr. Corte cost. 21 aprile 1989, n. 231, Foro
it., Rep. 1989, voce Impiegato dello Stato, n. 916. Per l'infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art.
545 c.p.c., in riferimento all'art. 3 Cost., nella parte in cui non prevede alcun limite alla pignorabilità degli emolumenti corrisposti ai medici convenzionati con il servizio sanitario nazionale, stante la loro non assi milabilità ai lavoratori subordinati, cfr. Corte cost. 22 dicembre 1989, n. 580, id., Rep. 1990, voce Esecuzione forzata per obbligazioni pecu niarie, n. 18.
Per l'infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art.
545, 4° comma, c.p.c. — in riferimento all'art. 3 Cost. — nella parte in cui prevede la pignorabilità delle retribuzioni limitatamente ad un
quinto del loro ammontare sia per i crediti ordinari che per le obbliga zioni risarcitorie nascenti da delitto, cfr. Corte cost. 13 luglio 1987, n. 260, id., 1988, I, 40.
Sulla legittimità costituzionale delle norme limitative della pignorabi lità delle pensioni (rispetto all'art. 24 Cost.) e della diversità di regime rispetto alla pignorabilità delle retribuzioni dei lavoratori (rispetto al l'art. 3 Cost.), vedi Corte cost. 6 febbraio 1991, n. 55 {id., Rep. 1991, voce cit., nn. 23, 24) la quale, più precisamente, ha ritenuto che «la diversità del regime della pignorabilità delle retribuzioni dei lavoratori e delle pensioni trova giustificazione nella intrinseca differenza delle situazioni giuridiche dei lavoratori e dei pensionati; pertanto, gli art. 69 1. 30 aprile 1969 n. 153 e 1 e 2 d.p.r. 5 gennaio 1950 n. 180 non sono in contrasto con l'art. 3 Cost, nella parte in cui dette norme non
prevedono, rispettivamente, la pignorabilità delle pensioni erogate dal
l'Inps e di quelle corrisposte dallo Stato, in tutti i casi nei quali l'art. 545 c.p.c. prevede la pignorabilità delle retribuzioni, percepite in virtù di un rappporto di lavoro» e che «le norme limitative della pignorabili tà delle pensioni (nella specie, art. 69 1. 30 aprile 1969 n. 153 e 1 e 2 d.p.r. 5 gennaio 1950 n. 180) non violano l'art. 24 Cost, rientrando
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
Svolgimento del processo. — Con sentenza depositata in can
celleria I'll gennaio 1995, il Tribunale di Trieste, in parziale riforma della decisione del locale pretore, che aveva riconosciu
to, per quanto ancora in questa sede rileva, la pignorabilità, nei limiti del quinto, del credito di Vivian Renato verso la re
gione autonoma Friuli Venezia Giulia, quale assegno vitalizio
a carico della cassa mutua di previdenza per i consiglieri della
medesima regione, ha dichiarato, su appello del Vivian, l'impi
gnorabilità delle somme per questo titolo dovutegli. Hanno osservato i giudici del gravame che: — l'assegno viene corrisposto in conformità all'ordinamento
della suddetta cassa, approvato con deliberazione del consiglio
regionale del 19 febbraio 1971, modificato da ultimo il 15 luglio
1986, in favore dei consiglieri cessati dal mandato ed obbligato
riamente iscritti; — l'art. 19 di tale ordinamento prevede che «per il sequstro,
il pignoramento e la cessione dell'assegno vitalizio, si applicano le disposizioni di legge in materia di pensioni dello Stato»;
— la giurisprudenza costituzionale, mentre ha dichiarato l'il
legittimità delle disposizioni che escludevano la pignorabilità delle
pensioni, limitatamente a crediti particolarmente qualificati, co
me quelli alimentari, ha, viceversa, pienamente giustificato (sen tenze n. 55 del 1991, Foro it., Rep. 1991, voce Esecuzione for
zata per obbligazioni pecuniarie, nn. 23, 24, e n. 231 del 1989,
id., Rep. 1989, voce Impiegato dello Stato, n. 916) il regime
generale dell'impignorabilità delle pensioni, in tutti i settori la
vorativi, in ossequio alle finalità che lo sorreggono; — l'art. 2 d.p.r. n. 180 del 1950 prevede tassativamente le
eccezioni alla regola dell'impignorabilità delle pensioni dei pub blici dipendenti, ma in fattispecie alle quali non è in alcun mo
do riconducibile quella in esame, alla quale non è neanche ap
plicabile il disposto dell'art. 69 1. n. 153 del 1969, che, nel pre vedre una limitata pignorabilità di assegni pensionistici in favore
dell' Inps per debiti verso l'istituto stesso, riguarda i trattamenti
del settore privato, laddove il regime richiamato dal succitato
art. 19 è quello del settore pubblico; — conseguentemente, non può trovare accoglimento la tesi
del primo giudice che ha riconosciuto la pignorabilità dell'asse
gno nei limiti del quinto. Per la cassazione di questa sentenza ricorre l'Inps, sulla base
di un solo motivo. L'intimato, pur in presenza di rituale e tem
pestiva notificazione, eseguita I'll aprile 1995 (e quindi, non
risultando notificata la sentenza impugnata, entro il temrine di
cui all'art. 327 c.p.c., decorrente dalla surriferita data di depo sito di quest'ultima), presso il procuratore costituito per il pre
gresso grado di giudizio. Motivi della decisione. — Con l'unico motivo di ricorso, l'Inps
sostiene la piena pignorabilità del credito in questione, rilevan
do, da un lato, che questa non può essere esclusa in base alla
norma dell'ordinamento della cassa mutua per i consiglieri re
gionali che rinvia alle disposizioni statali in materia, avendo
essa natura di provvedimento amministrativo, inidoneo, in quanto
tale, ad introdurre deroghe al sovraordinato principio della re
sponsabilità generale del debitore, risultante dall'art. 2740 c.c.;
e, dall'altro lato, che il regime richiamato prevede l'impignora bilità soltanto con riguardo a trattamenti pensionistici derivanti
nella facoltà del legislatore subordinare l'esperimento di mezzi di esecu
zione civile alla tutela di altri interessi generali di preminente interesse
pubblico». Sulla pignorabilità delle pensioni di invalidità corrisposte dall'Inps,
delle rendite erogate dall'Inail, dell'indennità di buonuscita erogata dal
l'Enpas, delle pensioni corrisposte ai notai, per crediti particolarmente
qualificati (crediti alimentari), si vedano rispettivamente: Corte cost.
30 novembre 1988, n. 1041, e 22 dicembre 1989, n. 572, id., 1990,
I, 2137; 20 luglio 1990, n. 340, ibid., 2692; 13 maggio 1987, n. 155,
id., 1987, I, 1665.
Infine, sul principio di cui in motivazione, ossia sulla non suscettibili
tà di interpretazione analogica dell'impignorabilità prevista dall'art. 514, n. 4, c.p.c. (costituendo la stessa una eccezione al principio generale di cui all'art. 2740 c.c.), cfr., da ultimo, Cass. 25 ottobre 1994, n.
8756, id., Rep. 1994, voce cit., n. 30.
In dottrina, sul pignoramento in generale, vedi, per tutti, Capponi,
Pignoramento, voce de\\'Enciclopedia giuridica Treccani, Roma, 1990,
XXIII; nonché, per un esame della giurisprudenza in materia, Bove
Capponi-Martinetto-Sassani, L'espropriazione forzata, Torino, 1988, in Giur. sist. dir. proc. civ. diretta da A. Proto Pisani.
Il Foro Italiano — 1997.
da rapporti di lavoro in senso proprio, non già dall'esercizio
di funzioni pubbliche elettive, come quelle proprie dei consiglie ri regionali. Subordinatamente al disconoscimento della validità
della prima delle suddette alternative, propone questione di co
stituzionalità della norma di previsione dell'impignorabilità del
l'assegno in questione, in relazione all'art. 3 Cost, ed all'art.
19 dello statuto della regione Friuli Venezia Giulia, approvato con 1. cost. 31 gennaio 1963 n. 1.
Il ricorso è fondato. Principio generale in materia di espro
priazione presso terzi è la piena pignorabilità di qualsiasi credi to, salve le eccezioni espressamente poste dalla legge, come si
desume sia dal disposto dell'art. 545 c.p.c., e specialmente dal
suo ultimo comma, sia, più in generale, dall'art. 2740 c.c., il
quale, mentre nel 1° comma stabilisce che il debitore risponde
dell'adempimento delle obbligaizoni con tutti i propri beni pre senti e futuri, prevede che eventuali limitazioni di questa re
sponsabilità possano essere stabilite soltanto nei casi eccezionali
previsti dalla legge. Il diritto del creditore di aggredire compiutamente il patrimo
nio del proprio debitore, per assicurare soddisfazione, anche
coattiva, alle proprie aspettative legittime, non può, dunque, soffrire alcun vulnus che derivi da fonti sottordinate a quella avente l'efficacia formale della legge, di guisa che inidonei a
limitarne la potenziale espansione risultano anche quegli atti nor
mativi subprimari come i regolamenti, che hanno l'efficacia del
provvedimento amministrativo e sono, pertanto, disapplicabili, ai sensi dell'art. 5 1. 20 marzo 1865 n. 2248, ali. E, se recanti, in contrasto con la legge, compressioni siffatte del suddetto di
ritto soggettivo. Per tale ragione non può essere invocato, a fini limitativi del
diritto dell'Inps di procedere in executivis sui crediti del proprio debitore il disposto dell'art. 19 dell'ordinamento della cassa mu
tua di previdenza per i consiglieri della regione Friuli Venezia
Giulia, secondo cui «per il sequestro, il pignoramento e la ces
sione dell'assegno vitalizio si applicano le disposizioni di legge in materia di pensioni dello Stato», essendo l'ordinamento stes
so un atto normativo di natura regolamentare, contenuto in una
deliberazione consiliare (come previsto dall'art. 119 del regola mento interno del consiglio della regione autonoma Friuli Vene
zia Giulia), contrastante, in parte qua, col surriferito principio
generale posto dalla legge. D'altra parte, è da riconoscere che l'impignorabilità del cre
dito de quo, come non può essere affermata per forza propria della fonte regolamentare di previsione, così non discende nean
che dalla normativa ivi richiamata. Nell'ambito di questa, inve
ro, è da ricomprendere non soltanto l'art. 1 d.p.r. 5 gennaio 1950 n. 180 (approvazione del t.u. delle leggi concernenti il se
questro, il pignoramento e la cessione degli stipendi, salari e
pensioni dei dipendenti dalle pubbliche amministrazioni), che
dispone l'impignorabilità delle pensioni suddette, con le ecce
zioni espressamente stabilite, ma anche l'art. 1 del relativo re
golamento di esecuzione approvato con d.p.r. 28 luglio 1950
n. 895, ove espressamente si tracciano i confini della limitativa
della pignorabilità, stabilendosi che le relative disposizioni «non
si applicano alle somme che dallo Stato e dagli altri enti od
imprese pubbliche siano dovute in compenso di prestazioni ese
guite in base a rapporti che non implicano un vincolo di di
pendenza». Ed allora, è agevole rilevare che l'assegno vitalizio di cui trat
tasi non ricollegandosi ad alcuna prestazione di lavoro espletata con vincolo di subordinazione, bensì all'esercizio di funzioni
proprie di una carica pubblica elettiva, esorbita per ciò stesso
dall'area di operatività della disciplina intesa a sottrarre total
mente o parzialmente, all'azione esecutiva dei creditori, i com
pensi corrisposti dalle amministrazioni pubbliche ai propri col
laboratori.
Aggiungasi che il carattere eccezionale di sottrazioni del gene re preclude ogni applicazione analogica delle relative norme di
previsione a casi e situazioni in esse non espressamente conside
rate, sicché le conclusioni sopra raggiunge non potrebbero esse
re revocate in dubbio nemmeno ipotizzando una omogeneità di natura — peraltro, tutta da dimostrare — fra il ripetuto asse
gno ed i trattamenti di pensione in senso stretto.
Inoltre, limitazioni della pignorabilità di quest'ultimo emolu
mento non sono desumibili neanche dall'art. 545 c.p.c., che ri
guarda diverse categorie di crediti, come quelli alimentari o aventi
ad oggetto sussidi di grazia e di sostentamento corrisposte a
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PARTE PRIMA 1912
persone in istato di indigenza o per stipendi, salari e simili asse
gni corrisposti da privati.
Infine, è da rilevare che, con effetto dalla data di entrata
in vigore della 1. reg. Friuli Venezia Giulia 13 settembre 1995
n. 38, la materia dell'assegno vitalizio ai consiglieri cessati dalla
carica è stata sottratta alla sopra riferita fonte regolamentare ed affidata alla disciplina della legge stessa (v., in particolare l'art. 7), la quale, tuttavia, non contiene alcuna disposizione limitativa della pignorabilità, coerentemente con i principi co
stituzionai che impongono alla potestà normativa regionale il
limite del diritto privato, vale a dire di quel settore dell'ordina
mento nel quale si colloca la disciplina della responsabilità pa trimoniale del debitore delineata dall'art. 2704 c.c. e dalle rela
tive eccezioni.
La sentenza impugnata, non risultando conforme a questi prin
cipi, deve essere, in applicazione dei medesimi, cassata; e, poi ché v'è necessità di ulteriori accertamenti di fatto al fine della
decisione relativa all'opposizione all'esecuzione, proposta sul
l'assunto dell'impignorabilità dell'assegno vitalizio de quo, sus
sistono le condizioni di cui all'art. 384 c.p.c. nel testo novellato
dall'art. 66 1. 26 novembre 1990 n. 353, perché questa corte
provveda nel merito, dichiarando l'infondatezza dell'opposizio ne medesima.
CORTE DI CASSAZIONE; sezione II civile; sentenza 21 ago sto 1996, n. 7704; Pres. Di Ciò, Est. Spagna Musso, P.M.
Fedeli (conci, conf.); Soc. Nuovo Lido El. Fra (Avv. E. Ro
manelli, Papone) c. Benone (Avv. Contaldi, Marinelli). Cassa App. Genova 28 aprile 1994.
Procedimento civile — Società — Fusione per incorporazione — Società incorporata — Estinzione — Interruzione del pro cesso (Cod. civ., art. 2501; cod. proc. civ., art. 300).
Procedimento civile — Estinzione della parte nel corso del giu dizio di primo grado — Mancata dichiarazione o notificazio
ne dell'evento — Impugnazione del procuratore della parte estinta — Ammissibilità (Cod. proc. civ., art. 300).
La fusione di società per incorporazione, dichiarata dal difen sore in udienza, provoca l'interruzione del processo, di cui
la società sia parte. (1) Se il difensore della società incorporata nel corso del giudizio
di primo grado, prima della chiusura della discussione, omet
te di dichiarare in udienza o notificare alle altre parti l'avve
nuta estinzione della società, la posizione giuridica di questa resta stabilizzata nei confronti delle altre parti e del giudice, con correlativa ultrattività della procura alle liti anche nei suc
cessivi gradi del giudizio. (2)
(1-2) Nel caso presente, il procuratore di una società fusa per incor
porazione in altra società nel corso del giudizio di primo grado da lei stessa instaurato, propone appello in nome della società incorporata e, solo all'udienza di discussione del giudizio di appello, provvede alla dichiarazione dell'avvenuta fusione.
La Suprema corte, adita dalla società incorporante, cassa «senza rin vio» (sic) la sentenza d'appello in quanto nulla rimettendo gli atti allo stesso giudice che l'aveva pronunciata, per aver negato l'interruzione del processo in violazione dell'art. 300 c.p.c.
Le questioni affrontate sono quindi due: la natura della fusione di società e l'ultrattività del mandato alle liti oltre il grado di giudizio in cui si è verificato l'evento della morte, estinzione o sopravvenuta incapacità della parte costituita.
1) Per quanto riguarda la nozione di fusione di società per incorpo razione, la Suprema corte conferma l'orientamento prevalente, secondo cui la fusione dà luogo all'estinzione della società incorporata e alla successione universale della società incorporante in tutte le situazioni
giuridiche facenti capo alla prima. In questo senso, vedi, da ultimo, Cass. 27 gennaio 1994, n. 833, Foro
Il Foro Italiano — 1997.
Svolgimento del processo. — Con atto di citazione notificato
il 9 ottobre 1985 al commercialista dr. Albero Benone, la Nuo
va Lido di Genova s.p.a., in persona del legale rappresentante
pro tempore — premesso di non aver affidato al Benone alcun
incarico professionale ed ammettendo aver quello solamente pre stato la sua opera nell'interesse della società quale presidente della Associazione Bagni Marini — conveniva in giudizio din
nanzi al Tribunale di Genova il professionista perché si accer
tasse l'inesistenza del credito di lire 51.000.000, oltre Iva, del
quale il commercialista aveva preteso il pagamento con la par cella n. 11/85 pur contenente una indicazione generica delle as
sunte prestazioni. Emessa dal convenuto una nuova parcella sotto forma di
«preavviso», «tarata» dal consiglio dell'ordine dei commerciali
it., 1994, I, 3485, e 1995, I, 936, citata in motivazione con particolare riferimento alla questione dell'ultrattività del mandato ad litem.
Come viene osservato nell'ampia nota a Cass. 833/94, cui si rinvia
per i richiami di giurisprudenza e dottrina, l'orientamento della Cassa zione si contrappone ad una tesi minoritaria, sostenuta in particolare dalla dottrina più recente, secondo cui la fusione non comporta l'estin zione delle società fuse, ma solo una modificazione degli atti costitutivi di tutte le società interessate.
2) In ordine all'ultrattività della procura alle liti, la Suprema corte
respinge l'eccezione di inammisibilità dell'appello proposto dal procu ratore della parte estinta, e ciò in quanto lo stesso procuratore ha co municato l'avvenuta estinzione solo all'udienza di discussione del giudi zio di appello, malgrado l'evento si fosse già verificato nel corso del
giudizio di primo grado. Secondo la corte, infatti, il principio dell'ultrattività del mandato ad
litem, pur rappresentando una deroga alla regola generale dell'estinzio ne del mandato per morte o incapacità sopravvenuta del mandante ai sensi dell'art. 1722, n. 4, c.c., trova la propria ragion d'essere nell'art.
300, 1°, 2° e 4° comma, c.p.c., secondo cui solo la dichiarazione o la notificazione dell'evento da parte del procuratore della parte decedu
ta, estinta o divenuta incapace tra la costituzione e la conclusione della discussione del giudizio, provoca l'interruzione del processo, che altri menti continua nei confronti della stessa parte come se fosse tuttora esistente o capace.
Sulla base della disciplina dettata dall'art. 300 c.p.c., la corte, quin di, ritiene che il principio dell'ultrattività del mandato ad litem vada
applicato anche ai gradi di giudizio ulteriori rispetto a quello nel quale si è verificato il decesso, l'estinzione o la perdita della capacità della
parte conferente, abbracciando così la tesi accolta da sez. un. 21 feb braio 1984, nn. 1228 e 1229, id., 1984, I, 664, citate in motivazione.
Nello stesso senso vedi, da ultimo: Cass. 28 aprile 1995, n. 4721, id., Rep. 1995, voce Impugnazioni civili, n. 85; 20 dicembre 1994, n.
10965, ibid., n. Ili; 7 luglio 1995, n. 7495, ibid., voce Procedimento
civile, n. 301; 24 gennaio 1995, n. 791, ibid., n. 302; 2 dicembre 1994, n. 10350, ibid., n. 303; 13 aprile 1994, n. 3427, id., Rep. 1994, voce
Notificazione civile, n. 31. Per la giurisprudenza più risalente si rinvia a Pietrosanti, Impugna
zione a nome del successore con procura del «de cuius», nota a Cass. 27 gennaio 1994, n. 833, id., 1995, I, 936, spec. 937, par. 2.
Cass. 833/94 è citata nella stessa motivazione della sentenza in epi grafe, in quanto addotta dal ricorrente come argomento a sostegno del la tesi dell'inammissibilità dell'appello, ma, come osserva la corte, non
può avere diretta rilevanza per il caso di specie, a parte l'aspetto relati vo alla natura della fusione per incorporazione di cui si è già trattato. Tale pronuncia, infatti, considera il caso dell'impugnazione proposta a nome della società incorporante da parte del procuratore della società
incorporata e ne dichiara l'inammissibilità per estinzione del mandato alle liti conferito da un soggetto diverso.
Nella nostra fattispecie, invece, l'impugnazione è ammissibile perché proposta a nome della stessa società incorporata che era ancora da con siderarsi esistente nei confronti delle altre parti e del giudice, per omes sa comunicazione dell'evento da parte del suo procuratore.
Lo stesso Pietrosanti, nella nota cit., osserva che il procuratore avrebbe
potuto evitare l'estinzione del mandato ad litem impugnando la decisio ne sfavorevole in nome della società estinta di cui non aveva ancora dichiarato né notificato l'estinzione, come è avvenuto nel nostro caso. E ciò sulla base dell'orientamento prevalente della Cassazione successi vo a sez. un. 21 febbraio 1984, nn. 1228 e 1229, cit., che hanno rappre sentato una notevole innovazione.
L'autore, però, dà atto che vi sono ancora alcune pronunce di legitti mità in senso opposto, tra cui va considerata anche Cass. 21 dicembre
1995, n. 13041, id., Rep. 1995, voce Appello civile, n. 121. L'odierna sentenza fonda la decisione relativa alla questione dell'ul
trattività del mandato ad litem sulla diversità di disciplina a seconda del momento in cui si è verificato il decesso, l'estinzione o la perdita di capacità della parte costituita tramite procuratore.
In particolare specifica quanto segue. a) Se gli eventi di cui all'art. 299 c.p.c. si sono verificati nella fase
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