+ All Categories
Home > Documents > sezione lavoro; sentenza 8 ottobre 1996, n. 8789; Pres. Martinelli, Est. Evangelista, P.M. De...

sezione lavoro; sentenza 8 ottobre 1996, n. 8789; Pres. Martinelli, Est. Evangelista, P.M. De...

Date post: 30-Jan-2017
Category:
Upload: vannhu
View: 233 times
Download: 3 times
Share this document with a friend
4
sezione lavoro; sentenza 8 ottobre 1996, n. 8789; Pres. Martinelli, Est. Evangelista, P.M. De Gregorio (concl. conf.); Inps (Avv. Fonzo, Pulli) c. Vivian. Cassa Trib. Trieste 11 gennaio 1995 Source: Il Foro Italiano, Vol. 120, No. 6 (GIUGNO 1997), pp. 1907/1908-1911/1912 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23192039 . Accessed: 28/06/2014 13:32 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 91.238.114.174 on Sat, 28 Jun 2014 13:32:13 PM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
Transcript
Page 1: sezione lavoro; sentenza 8 ottobre 1996, n. 8789; Pres. Martinelli, Est. Evangelista, P.M. De Gregorio (concl. conf.); Inps (Avv. Fonzo, Pulli) c. Vivian. Cassa Trib. Trieste 11 gennaio

sezione lavoro; sentenza 8 ottobre 1996, n. 8789; Pres. Martinelli, Est. Evangelista, P.M. DeGregorio (concl. conf.); Inps (Avv. Fonzo, Pulli) c. Vivian. Cassa Trib. Trieste 11 gennaio 1995Source: Il Foro Italiano, Vol. 120, No. 6 (GIUGNO 1997), pp. 1907/1908-1911/1912Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23192039 .

Accessed: 28/06/2014 13:32

Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at .http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp

.JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range ofcontent in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new formsof scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected].

.

Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to IlForo Italiano.

http://www.jstor.org

This content downloaded from 91.238.114.174 on Sat, 28 Jun 2014 13:32:13 PMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions

Page 2: sezione lavoro; sentenza 8 ottobre 1996, n. 8789; Pres. Martinelli, Est. Evangelista, P.M. De Gregorio (concl. conf.); Inps (Avv. Fonzo, Pulli) c. Vivian. Cassa Trib. Trieste 11 gennaio

1907 PARTE PRIMA 1908

verso le quali tale percezione si realizza: modalità che, in astrat

to, possono essere le più diverse, potendo il confitente essere

stato presente allo stesso svolgimento del fatto, poi oggetto di

confessione, ovvero esserne venuto a conoscenza attraverso al

tre persone e documenti (che, eventualmente smarriti od andati

distrutti, non si sia potuto produrre in giudizio) o mezzi mecca

nici (nastri cinematografici o simili). Il silenzio della legge al riguardo non consente all'interprete

di richiedere, per la validità della confessione, requisiti ulterio

ri, rispetto a quelli tassativamente richiesti (verità dei fatti e

capacità di disporre del diritto: art. 2730 e 2731 c.c.). Al contrario, la rilevata possibilità della revoca della confes

sione anche per errore di fatto, la previsione che essa possa essere resa anche a mezzo di rappresentante e la qualificazione di atto giuridico non negoziale, e, precisamente, di dichiarazio

ne di scienza, attribuito da questa Corte suprema (sent. 1960/95,

Foro it., Rep. 1995, voce Confessione in materia civile, n. 5,

e 136/85, id., Rep. 1985, voce cit., n. 2) alla confessione, auto

rizzano a ritenere che le modalità di percezione della verità dei

fatti, oggetto di essa, possano essere le più disparate.

La giurisprudenza distingue bensì, quanto alla testimonianza,

secondo che le relative dichiarazioni abbiano ad oggetto fatti

percepiti dal teste direttamente ovvero de relato, e richiede, nel

secondo caso, che esse siano sorrette da altri elementi precisi e concordanti, che consentano di poter ritenere accertati i fatti

riferiti (sent. 10603/94, id., Rep. 1994, voce Prova testimonia

le, n. 30). La distinzione, peraltro, non è estensibile alla confessione,

posto che, mentre la testimonianza deve essere valutata dal giu

dice nella sua attendibilità (valutazione che deve investire, per le dichiarazioni de relato, sia la fonte immediata che quella me

diata), perché produca effetti probatori corrispondenti alla di

chiarazione stessa, la confessione, se relativa, come nella specie, a diritti disponibili, fa invece piena prova contro il confitente

(art. 2733 c.c.), senza che al giudice sia consentito alcun vaglio critico.

È pertanto confessione, e produce gli effetti giuridici propri di questa, anche la dichiarazione soltanto de relato.

Quanto all'animus confitendi — che il ricorrente deduce in

sussistente con lo stesso primo motivo del ricorso —, questa Corte suprema ha avuto modo di precisare che esso non consi

ste nell'intenzione di fornire una prova alla controparte, ma

nella consapevolezza e volontà di ammettere e/o riconoscere la

verità di un fatto a sé sfavorevole e favorevole all'altra parte,

indipendentemente dalle conseguenze giuridiche che ne possono

derivare, e che il relativo accertamento è demandato al giudice del merito, sindacabile in sede di legittimità solo per vizi di mo

tivazione (sent. 1723/90, id., Rep. 1990, voce Confessione in

materia civile, n. 4; 5141/85 e 3524/85, id., Rep. 1985, voce

cit., nn. 1, 5). Fermo quanto testé rilevato, devesi osservare che il motivo,

in parte qua, è inammissibile, dal momento che il ricorrente, il quale non adduce alcun vizio motivazionale, demanda allo

stesso giudice della legittimità l'accertamento — negativo — di

tale requisito soggettivo: il che non è consentito. (Omissis)

Il Foro Italiano — 1997.

CORTE DI CASSAZIONE; sezione lavoro; sentenza 8 ottobre

1996, n. 8789; Pres. Martinelli, Est. Evangelista, P.M. De

Gregorio (conci, conf.); Inps (Avv. Fonzo, Pulli) c. Vivian.

Cassa Trib. Trieste 11 gennaio 1995.

Esecuzione forzata per obbligazioni pecuniarie — Espropriazio ne presso terzi — Crediti — Assegno vitalizio spettante ai

consiglieri regionali cessati dalla carica — Pignorabilità (Cod.

civ., art. 2740; cod. proc. civ., art. 545; d.p.r. 5 gennaio 1950

n. 180, t.u. delle leggi concernenti il sequestro, il pignora mento e la cessione degli stipendi, salari e pensioni dei dipen denti della pubblica amministrazione, art. 1, 2; 1. 30 aprile 1969 n. 153, revisione degli ordinamenti pensionistici e norme

in materia di sicurezza sociale, art. 69).

È suscettibile di pignoramento l'assegno vitalizio che la cassa

mutua di previdenza per i consiglieri della regione autonoma

Friuli-Venezia Giulia corrisponde ai consiglieri regionali ces

sati dalla carica. (1)

(1) Non constano precedenti specifici in termini. Sulla pignorabilità degli stipendi dei pubblici dipendenti, vedi (oltre

alla nota di richiami a Cass. 29 novembre 1996, n. 10649, in questo fascicolo, I, 1091) Corte cost. 26 luglio 1988, n. 878 (Foro it., 1988,

I, 2787) la quale ha ritenuto l'illegittimità dell'art. 2, 1° comma, n.

3, d.p.r. 5 giugno 1950 n. 180, nella parte in cui non prevede la pigno rabilità e la sequestrabilità degli stipendi, salari e retribuzioni corrispo sti dallo Stato, fino alla concorrenza di un quinto per ogni credito van

tato nei confronti del personale. Tale pronuncia è altresì riportata in

Giur. it., 1988, I, 1, 1617, con nota di Conte, La pignorabilità degli stipendi dei pubblici dipendenti nei più recenti orientamenti della Corte

costituzionale, e in Riv. dir. proc., 1989, 1178, con nota di Riva, La

pignorabilità degli emolumenti dei dipendenti dello Stato: una sentenza «attesa». Con tale pronuncia la corte ha completato l'eliminazione dal

nostro ordinamento del privilegio costituito dalla impignorabilità degli emolumenti dei pubblici dipendenti richiamandosi ai principi già posti a base della decisione 31 marzo 1987, n. 89, Foro it., 1987, I, 1001, con nota di C. M. Barone; nonché in Giur. it., 1988, I, 1, 539, con

nota di Galligani, Pignorabilità e sequestrabilità degli stipendi e salari

corrisposti dallo Stato e dagli altri enti pubblici e datori di lavoro assi

milati; Riv. dir. proc., 1987, 987, con nota di Saletti, La «nuova»

impignorabilità degli emolumenti di pubblici dipendenti, e Foro pad., 1987, I, 341, con nota di Conte, Nuova breccia nel principio dell'impi gnorabilità degli stipendi dei pubblici dipendenti. Per la giurisprudenza precedente sul punto si vedano le note di richiami di cui sopra.

Nel senso che «il regime dell'impignorabilità degli emolumenti spet tanti al lavoratore è analogo nel settore privato ed in quello pubblico, come risulta, per il settore privato, dagli art. 128 r.d.l. 4 ottobre 1935 n. 1827 e 69 1. 30 aprile 1969 n. 153 e, per il settore pubblico, dagli art. 1 e 2 d.p.r. 5 gennaio 1950 n. 180» e che «pertanto, gli art. 1 e 2, 1° comma, n. 3, d.p.r. 5 gennaio 1950 n. 180 non sono in contra sto con l'art. 3 Cost., in quanto non stabiliscono una diversità di tratta

mento, in ordine all'impignorabilità degli emolumenti nel settore pub blico e in quello privato», cfr. Corte cost. 21 aprile 1989, n. 231, Foro

it., Rep. 1989, voce Impiegato dello Stato, n. 916. Per l'infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art.

545 c.p.c., in riferimento all'art. 3 Cost., nella parte in cui non prevede alcun limite alla pignorabilità degli emolumenti corrisposti ai medici convenzionati con il servizio sanitario nazionale, stante la loro non assi milabilità ai lavoratori subordinati, cfr. Corte cost. 22 dicembre 1989, n. 580, id., Rep. 1990, voce Esecuzione forzata per obbligazioni pecu niarie, n. 18.

Per l'infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art.

545, 4° comma, c.p.c. — in riferimento all'art. 3 Cost. — nella parte in cui prevede la pignorabilità delle retribuzioni limitatamente ad un

quinto del loro ammontare sia per i crediti ordinari che per le obbliga zioni risarcitorie nascenti da delitto, cfr. Corte cost. 13 luglio 1987, n. 260, id., 1988, I, 40.

Sulla legittimità costituzionale delle norme limitative della pignorabi lità delle pensioni (rispetto all'art. 24 Cost.) e della diversità di regime rispetto alla pignorabilità delle retribuzioni dei lavoratori (rispetto al l'art. 3 Cost.), vedi Corte cost. 6 febbraio 1991, n. 55 {id., Rep. 1991, voce cit., nn. 23, 24) la quale, più precisamente, ha ritenuto che «la diversità del regime della pignorabilità delle retribuzioni dei lavoratori e delle pensioni trova giustificazione nella intrinseca differenza delle situazioni giuridiche dei lavoratori e dei pensionati; pertanto, gli art. 69 1. 30 aprile 1969 n. 153 e 1 e 2 d.p.r. 5 gennaio 1950 n. 180 non sono in contrasto con l'art. 3 Cost, nella parte in cui dette norme non

prevedono, rispettivamente, la pignorabilità delle pensioni erogate dal

l'Inps e di quelle corrisposte dallo Stato, in tutti i casi nei quali l'art. 545 c.p.c. prevede la pignorabilità delle retribuzioni, percepite in virtù di un rappporto di lavoro» e che «le norme limitative della pignorabili tà delle pensioni (nella specie, art. 69 1. 30 aprile 1969 n. 153 e 1 e 2 d.p.r. 5 gennaio 1950 n. 180) non violano l'art. 24 Cost, rientrando

This content downloaded from 91.238.114.174 on Sat, 28 Jun 2014 13:32:13 PMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions

Page 3: sezione lavoro; sentenza 8 ottobre 1996, n. 8789; Pres. Martinelli, Est. Evangelista, P.M. De Gregorio (concl. conf.); Inps (Avv. Fonzo, Pulli) c. Vivian. Cassa Trib. Trieste 11 gennaio

GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

Svolgimento del processo. — Con sentenza depositata in can

celleria I'll gennaio 1995, il Tribunale di Trieste, in parziale riforma della decisione del locale pretore, che aveva riconosciu

to, per quanto ancora in questa sede rileva, la pignorabilità, nei limiti del quinto, del credito di Vivian Renato verso la re

gione autonoma Friuli Venezia Giulia, quale assegno vitalizio

a carico della cassa mutua di previdenza per i consiglieri della

medesima regione, ha dichiarato, su appello del Vivian, l'impi

gnorabilità delle somme per questo titolo dovutegli. Hanno osservato i giudici del gravame che: — l'assegno viene corrisposto in conformità all'ordinamento

della suddetta cassa, approvato con deliberazione del consiglio

regionale del 19 febbraio 1971, modificato da ultimo il 15 luglio

1986, in favore dei consiglieri cessati dal mandato ed obbligato

riamente iscritti; — l'art. 19 di tale ordinamento prevede che «per il sequstro,

il pignoramento e la cessione dell'assegno vitalizio, si applicano le disposizioni di legge in materia di pensioni dello Stato»;

— la giurisprudenza costituzionale, mentre ha dichiarato l'il

legittimità delle disposizioni che escludevano la pignorabilità delle

pensioni, limitatamente a crediti particolarmente qualificati, co

me quelli alimentari, ha, viceversa, pienamente giustificato (sen tenze n. 55 del 1991, Foro it., Rep. 1991, voce Esecuzione for

zata per obbligazioni pecuniarie, nn. 23, 24, e n. 231 del 1989,

id., Rep. 1989, voce Impiegato dello Stato, n. 916) il regime

generale dell'impignorabilità delle pensioni, in tutti i settori la

vorativi, in ossequio alle finalità che lo sorreggono; — l'art. 2 d.p.r. n. 180 del 1950 prevede tassativamente le

eccezioni alla regola dell'impignorabilità delle pensioni dei pub blici dipendenti, ma in fattispecie alle quali non è in alcun mo

do riconducibile quella in esame, alla quale non è neanche ap

plicabile il disposto dell'art. 69 1. n. 153 del 1969, che, nel pre vedre una limitata pignorabilità di assegni pensionistici in favore

dell' Inps per debiti verso l'istituto stesso, riguarda i trattamenti

del settore privato, laddove il regime richiamato dal succitato

art. 19 è quello del settore pubblico; — conseguentemente, non può trovare accoglimento la tesi

del primo giudice che ha riconosciuto la pignorabilità dell'asse

gno nei limiti del quinto. Per la cassazione di questa sentenza ricorre l'Inps, sulla base

di un solo motivo. L'intimato, pur in presenza di rituale e tem

pestiva notificazione, eseguita I'll aprile 1995 (e quindi, non

risultando notificata la sentenza impugnata, entro il temrine di

cui all'art. 327 c.p.c., decorrente dalla surriferita data di depo sito di quest'ultima), presso il procuratore costituito per il pre

gresso grado di giudizio. Motivi della decisione. — Con l'unico motivo di ricorso, l'Inps

sostiene la piena pignorabilità del credito in questione, rilevan

do, da un lato, che questa non può essere esclusa in base alla

norma dell'ordinamento della cassa mutua per i consiglieri re

gionali che rinvia alle disposizioni statali in materia, avendo

essa natura di provvedimento amministrativo, inidoneo, in quanto

tale, ad introdurre deroghe al sovraordinato principio della re

sponsabilità generale del debitore, risultante dall'art. 2740 c.c.;

e, dall'altro lato, che il regime richiamato prevede l'impignora bilità soltanto con riguardo a trattamenti pensionistici derivanti

nella facoltà del legislatore subordinare l'esperimento di mezzi di esecu

zione civile alla tutela di altri interessi generali di preminente interesse

pubblico». Sulla pignorabilità delle pensioni di invalidità corrisposte dall'Inps,

delle rendite erogate dall'Inail, dell'indennità di buonuscita erogata dal

l'Enpas, delle pensioni corrisposte ai notai, per crediti particolarmente

qualificati (crediti alimentari), si vedano rispettivamente: Corte cost.

30 novembre 1988, n. 1041, e 22 dicembre 1989, n. 572, id., 1990,

I, 2137; 20 luglio 1990, n. 340, ibid., 2692; 13 maggio 1987, n. 155,

id., 1987, I, 1665.

Infine, sul principio di cui in motivazione, ossia sulla non suscettibili

tà di interpretazione analogica dell'impignorabilità prevista dall'art. 514, n. 4, c.p.c. (costituendo la stessa una eccezione al principio generale di cui all'art. 2740 c.c.), cfr., da ultimo, Cass. 25 ottobre 1994, n.

8756, id., Rep. 1994, voce cit., n. 30.

In dottrina, sul pignoramento in generale, vedi, per tutti, Capponi,

Pignoramento, voce de\\'Enciclopedia giuridica Treccani, Roma, 1990,

XXIII; nonché, per un esame della giurisprudenza in materia, Bove

Capponi-Martinetto-Sassani, L'espropriazione forzata, Torino, 1988, in Giur. sist. dir. proc. civ. diretta da A. Proto Pisani.

Il Foro Italiano — 1997.

da rapporti di lavoro in senso proprio, non già dall'esercizio

di funzioni pubbliche elettive, come quelle proprie dei consiglie ri regionali. Subordinatamente al disconoscimento della validità

della prima delle suddette alternative, propone questione di co

stituzionalità della norma di previsione dell'impignorabilità del

l'assegno in questione, in relazione all'art. 3 Cost, ed all'art.

19 dello statuto della regione Friuli Venezia Giulia, approvato con 1. cost. 31 gennaio 1963 n. 1.

Il ricorso è fondato. Principio generale in materia di espro

priazione presso terzi è la piena pignorabilità di qualsiasi credi to, salve le eccezioni espressamente poste dalla legge, come si

desume sia dal disposto dell'art. 545 c.p.c., e specialmente dal

suo ultimo comma, sia, più in generale, dall'art. 2740 c.c., il

quale, mentre nel 1° comma stabilisce che il debitore risponde

dell'adempimento delle obbligaizoni con tutti i propri beni pre senti e futuri, prevede che eventuali limitazioni di questa re

sponsabilità possano essere stabilite soltanto nei casi eccezionali

previsti dalla legge. Il diritto del creditore di aggredire compiutamente il patrimo

nio del proprio debitore, per assicurare soddisfazione, anche

coattiva, alle proprie aspettative legittime, non può, dunque, soffrire alcun vulnus che derivi da fonti sottordinate a quella avente l'efficacia formale della legge, di guisa che inidonei a

limitarne la potenziale espansione risultano anche quegli atti nor

mativi subprimari come i regolamenti, che hanno l'efficacia del

provvedimento amministrativo e sono, pertanto, disapplicabili, ai sensi dell'art. 5 1. 20 marzo 1865 n. 2248, ali. E, se recanti, in contrasto con la legge, compressioni siffatte del suddetto di

ritto soggettivo. Per tale ragione non può essere invocato, a fini limitativi del

diritto dell'Inps di procedere in executivis sui crediti del proprio debitore il disposto dell'art. 19 dell'ordinamento della cassa mu

tua di previdenza per i consiglieri della regione Friuli Venezia

Giulia, secondo cui «per il sequestro, il pignoramento e la ces

sione dell'assegno vitalizio si applicano le disposizioni di legge in materia di pensioni dello Stato», essendo l'ordinamento stes

so un atto normativo di natura regolamentare, contenuto in una

deliberazione consiliare (come previsto dall'art. 119 del regola mento interno del consiglio della regione autonoma Friuli Vene

zia Giulia), contrastante, in parte qua, col surriferito principio

generale posto dalla legge. D'altra parte, è da riconoscere che l'impignorabilità del cre

dito de quo, come non può essere affermata per forza propria della fonte regolamentare di previsione, così non discende nean

che dalla normativa ivi richiamata. Nell'ambito di questa, inve

ro, è da ricomprendere non soltanto l'art. 1 d.p.r. 5 gennaio 1950 n. 180 (approvazione del t.u. delle leggi concernenti il se

questro, il pignoramento e la cessione degli stipendi, salari e

pensioni dei dipendenti dalle pubbliche amministrazioni), che

dispone l'impignorabilità delle pensioni suddette, con le ecce

zioni espressamente stabilite, ma anche l'art. 1 del relativo re

golamento di esecuzione approvato con d.p.r. 28 luglio 1950

n. 895, ove espressamente si tracciano i confini della limitativa

della pignorabilità, stabilendosi che le relative disposizioni «non

si applicano alle somme che dallo Stato e dagli altri enti od

imprese pubbliche siano dovute in compenso di prestazioni ese

guite in base a rapporti che non implicano un vincolo di di

pendenza». Ed allora, è agevole rilevare che l'assegno vitalizio di cui trat

tasi non ricollegandosi ad alcuna prestazione di lavoro espletata con vincolo di subordinazione, bensì all'esercizio di funzioni

proprie di una carica pubblica elettiva, esorbita per ciò stesso

dall'area di operatività della disciplina intesa a sottrarre total

mente o parzialmente, all'azione esecutiva dei creditori, i com

pensi corrisposti dalle amministrazioni pubbliche ai propri col

laboratori.

Aggiungasi che il carattere eccezionale di sottrazioni del gene re preclude ogni applicazione analogica delle relative norme di

previsione a casi e situazioni in esse non espressamente conside

rate, sicché le conclusioni sopra raggiunge non potrebbero esse

re revocate in dubbio nemmeno ipotizzando una omogeneità di natura — peraltro, tutta da dimostrare — fra il ripetuto asse

gno ed i trattamenti di pensione in senso stretto.

Inoltre, limitazioni della pignorabilità di quest'ultimo emolu

mento non sono desumibili neanche dall'art. 545 c.p.c., che ri

guarda diverse categorie di crediti, come quelli alimentari o aventi

ad oggetto sussidi di grazia e di sostentamento corrisposte a

This content downloaded from 91.238.114.174 on Sat, 28 Jun 2014 13:32:13 PMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions

Page 4: sezione lavoro; sentenza 8 ottobre 1996, n. 8789; Pres. Martinelli, Est. Evangelista, P.M. De Gregorio (concl. conf.); Inps (Avv. Fonzo, Pulli) c. Vivian. Cassa Trib. Trieste 11 gennaio

PARTE PRIMA 1912

persone in istato di indigenza o per stipendi, salari e simili asse

gni corrisposti da privati.

Infine, è da rilevare che, con effetto dalla data di entrata

in vigore della 1. reg. Friuli Venezia Giulia 13 settembre 1995

n. 38, la materia dell'assegno vitalizio ai consiglieri cessati dalla

carica è stata sottratta alla sopra riferita fonte regolamentare ed affidata alla disciplina della legge stessa (v., in particolare l'art. 7), la quale, tuttavia, non contiene alcuna disposizione limitativa della pignorabilità, coerentemente con i principi co

stituzionai che impongono alla potestà normativa regionale il

limite del diritto privato, vale a dire di quel settore dell'ordina

mento nel quale si colloca la disciplina della responsabilità pa trimoniale del debitore delineata dall'art. 2704 c.c. e dalle rela

tive eccezioni.

La sentenza impugnata, non risultando conforme a questi prin

cipi, deve essere, in applicazione dei medesimi, cassata; e, poi ché v'è necessità di ulteriori accertamenti di fatto al fine della

decisione relativa all'opposizione all'esecuzione, proposta sul

l'assunto dell'impignorabilità dell'assegno vitalizio de quo, sus

sistono le condizioni di cui all'art. 384 c.p.c. nel testo novellato

dall'art. 66 1. 26 novembre 1990 n. 353, perché questa corte

provveda nel merito, dichiarando l'infondatezza dell'opposizio ne medesima.

CORTE DI CASSAZIONE; sezione II civile; sentenza 21 ago sto 1996, n. 7704; Pres. Di Ciò, Est. Spagna Musso, P.M.

Fedeli (conci, conf.); Soc. Nuovo Lido El. Fra (Avv. E. Ro

manelli, Papone) c. Benone (Avv. Contaldi, Marinelli). Cassa App. Genova 28 aprile 1994.

Procedimento civile — Società — Fusione per incorporazione — Società incorporata — Estinzione — Interruzione del pro cesso (Cod. civ., art. 2501; cod. proc. civ., art. 300).

Procedimento civile — Estinzione della parte nel corso del giu dizio di primo grado — Mancata dichiarazione o notificazio

ne dell'evento — Impugnazione del procuratore della parte estinta — Ammissibilità (Cod. proc. civ., art. 300).

La fusione di società per incorporazione, dichiarata dal difen sore in udienza, provoca l'interruzione del processo, di cui

la società sia parte. (1) Se il difensore della società incorporata nel corso del giudizio

di primo grado, prima della chiusura della discussione, omet

te di dichiarare in udienza o notificare alle altre parti l'avve

nuta estinzione della società, la posizione giuridica di questa resta stabilizzata nei confronti delle altre parti e del giudice, con correlativa ultrattività della procura alle liti anche nei suc

cessivi gradi del giudizio. (2)

(1-2) Nel caso presente, il procuratore di una società fusa per incor

porazione in altra società nel corso del giudizio di primo grado da lei stessa instaurato, propone appello in nome della società incorporata e, solo all'udienza di discussione del giudizio di appello, provvede alla dichiarazione dell'avvenuta fusione.

La Suprema corte, adita dalla società incorporante, cassa «senza rin vio» (sic) la sentenza d'appello in quanto nulla rimettendo gli atti allo stesso giudice che l'aveva pronunciata, per aver negato l'interruzione del processo in violazione dell'art. 300 c.p.c.

Le questioni affrontate sono quindi due: la natura della fusione di società e l'ultrattività del mandato alle liti oltre il grado di giudizio in cui si è verificato l'evento della morte, estinzione o sopravvenuta incapacità della parte costituita.

1) Per quanto riguarda la nozione di fusione di società per incorpo razione, la Suprema corte conferma l'orientamento prevalente, secondo cui la fusione dà luogo all'estinzione della società incorporata e alla successione universale della società incorporante in tutte le situazioni

giuridiche facenti capo alla prima. In questo senso, vedi, da ultimo, Cass. 27 gennaio 1994, n. 833, Foro

Il Foro Italiano — 1997.

Svolgimento del processo. — Con atto di citazione notificato

il 9 ottobre 1985 al commercialista dr. Albero Benone, la Nuo

va Lido di Genova s.p.a., in persona del legale rappresentante

pro tempore — premesso di non aver affidato al Benone alcun

incarico professionale ed ammettendo aver quello solamente pre stato la sua opera nell'interesse della società quale presidente della Associazione Bagni Marini — conveniva in giudizio din

nanzi al Tribunale di Genova il professionista perché si accer

tasse l'inesistenza del credito di lire 51.000.000, oltre Iva, del

quale il commercialista aveva preteso il pagamento con la par cella n. 11/85 pur contenente una indicazione generica delle as

sunte prestazioni. Emessa dal convenuto una nuova parcella sotto forma di

«preavviso», «tarata» dal consiglio dell'ordine dei commerciali

it., 1994, I, 3485, e 1995, I, 936, citata in motivazione con particolare riferimento alla questione dell'ultrattività del mandato ad litem.

Come viene osservato nell'ampia nota a Cass. 833/94, cui si rinvia

per i richiami di giurisprudenza e dottrina, l'orientamento della Cassa zione si contrappone ad una tesi minoritaria, sostenuta in particolare dalla dottrina più recente, secondo cui la fusione non comporta l'estin zione delle società fuse, ma solo una modificazione degli atti costitutivi di tutte le società interessate.

2) In ordine all'ultrattività della procura alle liti, la Suprema corte

respinge l'eccezione di inammisibilità dell'appello proposto dal procu ratore della parte estinta, e ciò in quanto lo stesso procuratore ha co municato l'avvenuta estinzione solo all'udienza di discussione del giudi zio di appello, malgrado l'evento si fosse già verificato nel corso del

giudizio di primo grado. Secondo la corte, infatti, il principio dell'ultrattività del mandato ad

litem, pur rappresentando una deroga alla regola generale dell'estinzio ne del mandato per morte o incapacità sopravvenuta del mandante ai sensi dell'art. 1722, n. 4, c.c., trova la propria ragion d'essere nell'art.

300, 1°, 2° e 4° comma, c.p.c., secondo cui solo la dichiarazione o la notificazione dell'evento da parte del procuratore della parte decedu

ta, estinta o divenuta incapace tra la costituzione e la conclusione della discussione del giudizio, provoca l'interruzione del processo, che altri menti continua nei confronti della stessa parte come se fosse tuttora esistente o capace.

Sulla base della disciplina dettata dall'art. 300 c.p.c., la corte, quin di, ritiene che il principio dell'ultrattività del mandato ad litem vada

applicato anche ai gradi di giudizio ulteriori rispetto a quello nel quale si è verificato il decesso, l'estinzione o la perdita della capacità della

parte conferente, abbracciando così la tesi accolta da sez. un. 21 feb braio 1984, nn. 1228 e 1229, id., 1984, I, 664, citate in motivazione.

Nello stesso senso vedi, da ultimo: Cass. 28 aprile 1995, n. 4721, id., Rep. 1995, voce Impugnazioni civili, n. 85; 20 dicembre 1994, n.

10965, ibid., n. Ili; 7 luglio 1995, n. 7495, ibid., voce Procedimento

civile, n. 301; 24 gennaio 1995, n. 791, ibid., n. 302; 2 dicembre 1994, n. 10350, ibid., n. 303; 13 aprile 1994, n. 3427, id., Rep. 1994, voce

Notificazione civile, n. 31. Per la giurisprudenza più risalente si rinvia a Pietrosanti, Impugna

zione a nome del successore con procura del «de cuius», nota a Cass. 27 gennaio 1994, n. 833, id., 1995, I, 936, spec. 937, par. 2.

Cass. 833/94 è citata nella stessa motivazione della sentenza in epi grafe, in quanto addotta dal ricorrente come argomento a sostegno del la tesi dell'inammissibilità dell'appello, ma, come osserva la corte, non

può avere diretta rilevanza per il caso di specie, a parte l'aspetto relati vo alla natura della fusione per incorporazione di cui si è già trattato. Tale pronuncia, infatti, considera il caso dell'impugnazione proposta a nome della società incorporante da parte del procuratore della società

incorporata e ne dichiara l'inammissibilità per estinzione del mandato alle liti conferito da un soggetto diverso.

Nella nostra fattispecie, invece, l'impugnazione è ammissibile perché proposta a nome della stessa società incorporata che era ancora da con siderarsi esistente nei confronti delle altre parti e del giudice, per omes sa comunicazione dell'evento da parte del suo procuratore.

Lo stesso Pietrosanti, nella nota cit., osserva che il procuratore avrebbe

potuto evitare l'estinzione del mandato ad litem impugnando la decisio ne sfavorevole in nome della società estinta di cui non aveva ancora dichiarato né notificato l'estinzione, come è avvenuto nel nostro caso. E ciò sulla base dell'orientamento prevalente della Cassazione successi vo a sez. un. 21 febbraio 1984, nn. 1228 e 1229, cit., che hanno rappre sentato una notevole innovazione.

L'autore, però, dà atto che vi sono ancora alcune pronunce di legitti mità in senso opposto, tra cui va considerata anche Cass. 21 dicembre

1995, n. 13041, id., Rep. 1995, voce Appello civile, n. 121. L'odierna sentenza fonda la decisione relativa alla questione dell'ul

trattività del mandato ad litem sulla diversità di disciplina a seconda del momento in cui si è verificato il decesso, l'estinzione o la perdita di capacità della parte costituita tramite procuratore.

In particolare specifica quanto segue. a) Se gli eventi di cui all'art. 299 c.p.c. si sono verificati nella fase

This content downloaded from 91.238.114.174 on Sat, 28 Jun 2014 13:32:13 PMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions


Recommended