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sezione tributaria; sentenza 27 agosto 2004, n. 17180; Pres. Saccucci, Est. Meloncelli, P.M.Destro (concl. conf.); Pezzani (Avv. Bertani, D'Amelio) c. Min. economia e finanze. Cassa Comm.trib. reg. Emilia-Romagna 8 ottobre 2001Source: Il Foro Italiano, Vol. 128, No. 2 (FEBBRAIO 2005), pp. 413/414-417/418Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23200529 .
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
nella comparsa di intervento ed in ordine alla quale il tribunale, sull'erroneo presupposto che Giambrocono Carmela fosse dive
nuta proprietaria dell'intero, aveva dichiarato la cessazione
della materia del contendere. Acclarata, quindi, l'indivisibilità
oggettiva del bene, la corte dispose l'assegnazione dell'intero
immobile al Laguardia ai sensi dell'art. 720 c.c.
Per la cassazione delle descritte sentenze ha proposto ricorso
Giambrocono Carmela in forza di cinque motivi, cui resiste il
Laguardia con controricorso.
Motivi della decisione. — (Omissis). Con il secondo motivo
la Giambrocono denuncia violazione dell'art. 2652, n. 3, c.c.
nonché omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su
un punto fondamentale della domanda prospettato dalle parti e
rilevabile d'ufficio. Assume la ricorrente che dalla decisione impugnata non è
dato cogliere i motivi per i quali la corte territoriale ha ritenuto
non trascrivibile la domanda giudiziale proposta con la citazione
del 4 dicembre 1989, laddove afferma testualmente che il tenore
della domanda era esplicito «sia in citazione, sia in sede di con
clusioni», rassegnate con il richiamo addirittura «alle conclusio
ni della comparsa di risposta del 10 marzo 1987, nella quale non
si fa menzione del riconoscimento della sottoscrizione». Ritiene
la ricorrente che da detta motivazione non si evince se la corte
di merito avesse ritenuto non proposta una domanda di verifica
zione dell'autenticità delle sottoscrizioni ovvero che l'originaria istanza fosse stata poi abbandonata non essendo stata riproposta nelle conclusioni del 10 marzo 1987. Nella prima ipotesi la
corte di merito, a dire della ricorrente, non avrebbe letto atten
tamente l'atto di citazione, avendo dato un'interpretazione del
tutto illogica del suo contenuto, dimenticando le finalità parti colari che con tale atto essa attrice dichiarava di voler persegui
re, che erano quelle di ottenere un titolo per la trascrizione, non
potendo ella trascrivere il contratto perché non soddisfaceva alle
condizioni previste dall'art. 2657 c.c.; nella seconda ipotesi, la
corte avrebbe operato una confusione tra le conclusioni rasse
gnate nei vari giudizi, poi riuniti, perché diversamente avrebbe
rilevato che all'udienza dell' 11 maggio 1994 relativa al giudizio 2274/89 (al quale era stato riunito il giudizio 760/90 proposto
successivamente), il procuratore di essa ricorrente aveva con
cluso riportandosi integralmente ai rispettivi atti del 14 dicem
bre 1989 e dell'11 aprile 1990, sicché nessuna rinuncia delle
originarie domande era mai stata fatta. (Omissis) Il secondo motivo di ricorso è fondato e assorbente di tutti gli
altri.
La corte territoriale ha disatteso la domanda della Giambro
cono ritenendo che fosse diretta ad accertare la proprietà del
l'immobile in capo ad essa attrice e, quindi, non fosse come tale
trascrivibile, stante la tassatività delle indicazioni legali degli atti trascrivibili, fra i quali è ricompresa la sola domanda di ac
certamento dell'autenticità delle sottoscrizioni di un atto trasla
tivo (art. 2652, n. 3, c.c.). Rileva la corte territoriale che solo la
domanda esplicita diretta all'accertamento giudiziale della sot
toscrizione può avere l'effetto di anticipare le conseguenze della
sentenza definitiva, mentre non potrebbe sostenersi che una do
manda di accertamento dell'avvenuto trasferimento dell'immo
bile contenga in sé — come ineludibile presupposto — l'accer
tamento dell'autenticità delle sottoscrizioni.
Orbene, i principi giuridici affermati dalla corte di merito so
no sicuramente corretti, in quanto, secondo un orientamento non
costante, ma tuttavia prevalente, di questa corte (cfr. Cass. 21
ottobre 1993, n. 10434, Foro it., 1994, I, 1427), si ritiene che
non sia trascrivibile ex art. 2652, n. 3, c.c. la domanda giudi ziale con la quale sia stato chiesto l'accertamento dell'avvenuto
trasferimento di un bene immobile in base a scrittura privata, benché tale domanda tenda comunque ad un giudicato che ne
cessariamente presuppone l'autenticità delle sottoscrizioni, e ciò
in considerazione del fatto che le ipotesi che prevedono la tra
scrizione delle domande giudiziali e consentono l'opponibilità
degli effetti degli atti e delle sentenze nei confronti dei terzi so
no tassative, non solo nel senso che dalla trascrizione derivano
soltanto gli effetti espressamente previsti dalla legge, ma anche
e soprattutto nel senso che tali effetti sono prodotti esclusiva
mente dagli atti e dalle pronunce specificamente indicati nelle
norme stesse. Ne consegue che se una domanda di tal genere viene comunque trascritta, essa non può produrre l'effetto di
prenotazione in vista di una futura trascrizione della scrittura
privata posta a fondamento della pretesa.
Il Foro Italiano — 2005.
Ciò detto, osserva, tuttavia, la corte che i giudici d'appello non hanno correttamente applicato i criteri di interpretazione della domanda, pervenendo
— con una motivazione incongrua — ad escludere che essa fosse in realtà finalizzata proprio ed
esclusivamente ad acquisire quel requisito di autenticità delle
sottoscrizioni di cui la scrittura era sfornita ai fini della trascri
vibilità della stessa.
Va premesso che la domanda giudiziale non può essere inter
pretata con il ricorso ad un criterio strettamente lessicale e li
mitato alle conclusioni formalmente rassegnate, essendo invece
necessario che il giudice tenga conto anche di quanto espresso nella parte narrativa, valorizzando — se del caso — il fine con
creto perseguito dalla parte con l'iniziativa giudiziaria assunta.
Alla stregua di tale criterio non è condivisibile, in linea di prin
cipio, l'assunto dei giudici d'appello secondo cui la trascrivibi
lità della domanda di accertamento dell'autenticità delle sotto
scrizioni sarebbe condizionata al carattere esplicito della stessa.
Nella specie, poi, la corte territoriale incorre anche in un evi
dente vizio motivazionale, perché — facendo verosimilmente
applicazione di tale non corretto criterio — adduce a fonda
mento della esclusione della trascrivibilità della domanda pro
prio e soltanto il tenore testuale delle sue conclusioni (riportate nei seguenti termini: «sulla base dell'autenticità della scrittura
privata ritenere e dichiarare le quote di proprietà ...»), mentre
proprio detto tenore testuale avrebbe dovuto, eventualmente, in
durre ad una conclusione opposta. Invero, essendo pacifico che
le sottoscrizioni in calce alla scrittura privata non erano autenti
cate, la corte di merito avrebbe dovuto spiegare con una motiva
zione congrua, quale potesse essere il significato delle riportate
conclusioni, con le quali la parte attrice chiaramente chiedeva
che fosse emessa una statuizione «sulla base dell'autenticità
delle sottoscrizioni», autenticità che non poteva che essere ac
quisita in sede giudiziale. Deve quindi concludersi per l'accoglimento del ricorso, e
conseguente cassazione della sentenza in relazione al motivo
accolto, con rinvio alla Corte d'appello di Bari.
CORTE DI CASSAZIONE; sezione tributaria; sentenza 27
agosto 2004, n. 17180; Pres. Saccucci, Est. Meloncelli,
P.M. Destro (conci, conf.); Pezzani (Avv. Bertani, D'Ame
lio) c. Min. economia e finanze. Cassa Comm. trib. reg. Emi
lia-Romagna 8 ottobre 2001.
Tributi in genere — Commissioni tributarie — Costituzione
in giudizio del ricorrente — Attestazione di conformità —
Mancanza — Conseguenze — Inammissibilità — Esclu
sione (D.leg. 31 dicembre 1992 n. 546, disposizioni sul pro cesso tributario in attuazione della delega al governo conte
nuta nell'art. 30 1. 30 dicembre 1991 n. 413, art. 22, 53).
Nel giudizio dinanzi alle commissioni tributarie, se il ricorso o
l'appello sono consegnati alla controparte direttamente o
tramite ufficio postale, è causa di inammissibilità, non la
mancanza dell'attestazione della conformità tra il documento
incorporante l'atto di impugnazione depositato nella segrete ria della commissione tributaria e il documento incorporante l'atto di impugnazione trasmesso alla controparte, ma solo la
loro difformità effettiva. (1)
(1) Ad avviso della Suprema corte, l'attestazione di conformità pre scritta dall'art. 22, 3° comma, d.leg. 31 dicembre 1992 n. 546 (richia
mato, per il giudizio di appello, dall'art. 53, 2° comma) è una dichiara
zione di scienza del ricorrente o dell'appellante che, priva di efficacia
di certezza legale, svolge la funzione di consentire al giudice, in man
canza di contestazione da parte dell'intimato, di ritenere per vera l'af
fermazione della parte promotrice del giudizio e di considerare inutile
l'esercizio del potere di rilevare d'ufficio la conformità tra documento
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PARTE PRIMA
Svolgimento del processo. — 1. - Il 12 novembre 2002, su ri
chiesta dell'avv. Piero D'Amelio, è notificato al ministero del
l'economia e delle finanze presso l'avvocatura generale dello
Stato, un ricorso per la cassazione della sentenza della Commis
sione tributaria regionale di Bologna 27 giugno 2001, n. 917,
depositata l'8 ottobre 2001, che ha dichiarato inammissibile
l'appello del sig. Giampiero Pezzani contro la sentenza della
Commissione tributaria provinciale di Parma n. 581/01/98, che
aveva rigettato dieci ricorsi, previamente riuniti, proposti dal
contribuente contro il silenzio-rifiuto formatosi per il compor tamento inerte dell'intendenza di finanza sulle sue istanze di
rimborso delle ritenute effettuate su somme corrisposte a titolo
di indennità sostitutiva di ferie non godute. 2.-1 fatti di causa sono i seguenti: a) il sig. Giampiero Pezzani è, dal 1984 al 1994, dirigente
della Roussel Hoechst Agrovet s.p.a.. dalla quale riceve per cia
scuno degli anni indicati, salvo che per il 1991, delle somme di
varia entità a titolo di indennità per ferie non godute, sulle quali
vengono effettuate le ritenute Irpef; b) tali ritenute sono chieste in restituzione del sig. Pezzani al
l'intendenza di finanza;
c) il silenzio-rifiuto dell'ufficio tributario, formatosi sulla sua
istanza di rimborso, è impugnato dal contribuente con dieci ri
corsi, di cui sette sono presentati nel 1991 e tre nel 1997, alla
Commissione tributaria provinciale di Parma;
d) il giudice tributario di primo grado, riuniti i ricorsi, con
sentenza 24 settembre 1998, n. 581/01/98, li respinge, perché l'indennità sostitutiva delle ferie non godute è imponibile ex art.
48 d.p.r. 22 dicembre 1986 n. 917;
e) l'appello del contribuente è, poi, dichiarato inammissibile
dalla Commissione tributaria regionale di Bologna con la sen
tenza ora impugnata per cassazione.
3. - La sentenza della Commissione tributaria regionale di
Bologna, oggetto del ricorso per cassazione, è così motivata:
l'appello del contribuente è inammissibile, perché egli, dopo aver notificato l'appello direttamente all'ufficio, ha depositato in segreteria una copia dell'atto priva della necessaria dichiara
zione di conformità all'originale. 4. - Il ricorso per cassazione del sig. Giampiero Pezzani è so
stenuto con un solo motivo d'impugnazione e si conclude con la
richiesta che la sentenza impugnata sia cassata e che il ministero
dell'economia e delle finanze sia condannato al pagamento delle
spese processuali dell'intero giudizio. 5. - Il ministero dell'economia e delle finanze e l'agenzia
delle entrate presentano un atto di costituzione in giudizio. Motivi della decisione. — 6.1. - Con l'unico motivo d'impu
gnazione, con il quale il contribuente sostiene il suo ricorso, egli denuncia la violazione e la falsa applicazione degli art. 1, 2°
comma, 53 e 22 d.leg. 31 dicembre 1992 n. 546.
6.2. - Il ricorrente riconosce che nell'atto d'appello deposi tato nella segreteria della commissione tributaria regionale manca l'attestazione di conformità all'atto consegnato alla dire
notificato e documento depositato. Qualora l'attestazione manchi, il
giudice è tenuto ad accertare d'ufficio tale conformità.
Negli stessi termini, v. Cass. 2 settembre 2004, n. 17702, Foro it., Mass., 1367.
In dottrina, v., nel senso che la mancanza dell'attestazione non com
porta conseguenze ai fini dell'ammissibilità del ricorso, rilevando solo l'effettiva conformità della copia all'originale, Baglione-Menchini
Miccinesi-Castaldi-Galluzzi-Pezzuti-Pistolesi, Il nuovo processo tri butario. Commentario. Milano, 1997, 224; Fransoni, in Tesauro (a cu ra di). Il processo tributario, Torino, 1999, 430; Socci-Sandulli, Ma nuale del nuovo processo tributario, Bologna, 1997, 136; A. Finoc chiaro-M. Finocchiaro, Commentario al nuovo contenzioso tributario, Milano, 1996,470.
Diversamente, Gilardi-Loi-Scuffi (a cura di), Il nuovo processo tri butario - Il d.leg. 31 dicembre 1992 n. 546 commentato per articolo, Milano, 1997, 138. per i quali l'attestazione è necessaria «a pena di
inammissibilità»; Campeis-De Paul.!, Il manuale de! processo tributa rio. Lineamenti di diritto processuale civile tributario, Padova, 1996, 148, secondo i quali la sanzione di inammissibilità colpisce tanto la dif formità quanto la mancata attestazione.
Ad avviso di Bafile, Il nuovo processo tributario, Padova, 1994, 127, se l'attestazione di conformità manca (ma può essere fatta anche
dopo la costituzione) e il resistente non si è costituito (sì che non può verificarsi in concreto la conformità), il ricorso dovrebbe essere dichia rato inammissibile.
Il Foro Italiano — 2005.
zione regionale delle entrate. Tuttavia, egli contesta che da tale
mancanza possa farsi derivare l'inammissibilità dell'appello, la
quale potrebbe essere comminata solo se la copia depositata fosse difforme dall'originale e se tale difformità fosse stata ec
cepita dall'appellato, che, invece, nel caso di specie non ha
formulato alcuna lagnanza. 6.3. - Il motivo è fondato.
Si consideri, al riguardo, che il deposito dell'appello presso la
segreteria della commissione tributaria regionale è disciplinato dall'art. 53, 2° comma, d.leg. 31 dicembre 1992 n. 546, che rin
via alle regole stabilite dal 1° e 3° comma dell'art. 22 dello stes
so atto normativo per il deposito del ricorso presso la segreteria della commissione tributaria provinciale.
Di tali regole sono rilevanti, ai fini della decisione richiesta in
questa sede, quelle contenute nel 2° e 3° comma dell'art. 22
d.leg. 31 dicembre 1992 n. 546, secondo cui:
a) «In caso di consegna o spedizione a mezzo di servizio po stale la conformità dell'atto depositato a quello consegnato o
spedito è attestata conforme dallo stesso ricorrente» (art. 22, 3°
comma, prima parte); b) «Se l'atto depositato nella segreteria della commissione
non è conforme a quello consegnato o spedito alla parte nei cui
confronti il ricorso è proposto, il ricorso è inammissibile e si
applica il comma precedente» (art. 22, 3° comma, seconda par te);
c) «L'inammissibilità del ricorso è rilevabile d'ufficio in ogni stato e grado del giudizio, anche se la parte resistente si costitui
sce a norma dell'articolo seguente» (art. 22, 2° comma).
Premesso, inoltre:
a) che nel caso di specie l'atto di appello del contribuente è
stato notificato mediante consegna diretta all'ufficio, cioè con
una delle due modalità previste dall'art. 16, 3° comma, d.leg. 31
dicembre 1992 n. 546, diverse dalla notificazione tramite uffi
ciale giudiziario ex art. 137 ss. c.p.c., pure prevista dall'art. 16, 2° comma, d.leg. 31 dicembre 1992 n. 546;
b) che la copia dell'atto dell'appello notificato depositata
presso la segreteria della commissione tributaria regionale è pri va dell'attestazione della conformità all'originale notificato al
l'ufficio appellato;
c) che l'ufficio appellato, costituitosi nel grado di appello, non ha eccepito la difformità della dichiarazione di impugna zione rappresentata nel documento notificatogli rispetto a quella
rappresentata nel documento depositato dall'appellante nella
segreteria della commissione tributaria regionale; tutto ciò premesso, la questione di diritto che viene sottoposta
all'esame della corte è la seguente: se un atto di appello privo dell'attestazione di conformità al documento notificato all'ap
pellato, prevista dall'art. 22, 3° comma, prima parte, d.leg. 31
dicembre 1992 n. 546, possa essere dichiarato inammissibile
dalla commissione tributaria regionale nell'esercizio del potere di rilevazione d'ufficio ex art. 22, 2° comma, d.leg. 31 dicembre 1992 n. 546, anche in mancanza di sollevazione dell'eccezione
della controparte e della verifica, da parte della commissione
tributaria regionale, dell'esistenza della conformità non attestata
dall'appellante. La questione dev'essere risolta in senso negativo per le con
siderazioni qui di seguito esposte. In via generale e preliminare si devono richiamare i principi
interpretativi della costituzionalità delle norme processuali sulle
cause di inammissibilità affermati dalla Corte costituzionale
(vedasi, da ultimo, la sentenza 18 marzo 2004, n. 98, e, di poco anteriore, la sentenza 6 dicembre 2002, n. 520. Foro it., 2003,1,
1), secondo cui:
1) si deve far valere l'esigenza di ridurre i profili d'inammis
sibilità a quelle sole cause che costituiscano una ragionevole sanzione per la parte processuale;
2) si deve mirare a contrastare la realizzazione della giustizia solo per ragioni di seria importanza;
3) i profili di forma devono essere valutati con criteri di equa razionalità;
4) si deve assicurare l'armonia sistematica del regime dell'i
stituto controverso con lo specifico sistema processuale cui esso
appartiene. Facendo applicazione di tali principi, che si condividono pie
namente, alla questione sottoposta all'esame di questa corte, si
ritiene che, ove si adotti una tecnica notificatoria che, come è la
notificazione diretta del mittente al destinatario o la notificazio
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
ne indiretta tramite ufficiale postale (art. 16, 3° comma, d.leg. 31 dicembre 1992 n. 546), non garantisca la certezza della con
formità del documento trasmesso al destinatario con quello ri
masto nella disponibilità del mittente, l'omissione della dichia
razione del ricorrente o dell'appellante, attestativa della con
formità tra i due documenti, costituisce, all'interno della fatti
specie, solo un fatto elementare di iniziativa, che svolge la fun
zione di stimolare il giudice ad esercitare il potere di rilevare
d'ufficio in ogni stato e grado del giudizio l'inammissibilità del ricorso o dell'appello, al di là ed indipendentemente dall'ecce
zione della controparte, ma, a maggior ragione, in caso di solle
vazione di eccezione da parte del notificatario. Ciò consegue al
fatto che l'attestazione, da parte del ricorrente o dell'appellante, di conformità tra il documento notificato e il documento depo sitato non è una dichiarazione cui la legge riconosca la stessa ef
ficacia creativa di certezza legale della conformità che è ricono
sciuta alla relazione di notificazione dell'ufficiale giudiziario. La mancanza di tale attestazione non può, quindi, essere consi
derata un fatto determinativo, in via autonoma, dell'inammissi
bilità del ricorso o dell'appello. L'attestazione di conformità è, dunque, una dichiarazione di
scienza del ricorrente o dell'appellante, che, priva di efficacia di
certezza legale, svolge la funzione di consentire al giudice, in
mancanza di contestazione da parte dell'intimato, di ritenere per vera l'affermazione della parte promotrice del giudizio e di con
siderare inutile l'esercizio del potere di rilevare d'ufficio la con
formità tra documento notificato e documento depositato. Se,
invece, la parte incoante omette di attestare la conformità tra
documento notificato e documento depositato, il giudice deve
accertarla d'ufficio. D'altra parte, la mancanza di attestazione di
conformità, senza essere causa di inammissibilità del ricorso o
dell'appello, oltre a rilevare come fatto di iniziativa, costituisce
violazione del vincolo di collaborazione con il giudice e, com
portando un aggravamento dell'attività processuale, può essere
rilevante al fine della ripartizione tra le parti delle spese proces suali.
In conclusione, data l'impostazione sostanzialistica che si de
ve dare, in via di principio, alla soluzione del problema dell'in
dividuazione delle cause d'inammissibilità nel processo tributa
rio e, restando, come si deve, fedelmente aderenti alla lettera
della legge (art. 22, 3° comma, seconda parte, d.leg. 31 dicem
bre 1992 n. 546), si deve affermare il principio per cui, se il ri
corso o l'appello sono notificati direttamente o indirettamente
tramite ufficio postale, è causa d'inammissibilità, non la man
canza di attestazione, da parte del ricorrente, della conformità
tra il documento incorporante l'atto di impugnazione depositato nella segreteria della commissione tributaria e il documento in
corporante l'atto di impugnazione notificato alla controparte, ma solo la loro difformità effettiva.
7. - In base alle considerazioni esposte il ricorso dev'essere
accolto, la sentenza impugnata dev'essere cassata e la causa de
v'essere rinviata ad altra sezione della Commissione tributaria
regionale dell'Emilia-Romagna, che oltre ad applicare il princi
pio di diritto affermato nel par. 6.3, provvederà anche sulle spe se processuali relative al giudizio di cassazione.
Il Foro Italiano — 2005 — Parte I-8.
CORTE DI CASSAZIONE; sezione I civile; sentenza 26 ago sto 2004, n. 17003; Pres. Losavio, Est. De Chiara, P.M.
Gambardella (conci, diff.); Comune di Marsala (Avv. Pen
sabene Lionti) c. Fall. soc. impresa Romano; Fall. soc. im
presa Romano (Avv. Miceli) c. Comune di Marsala. Cassa
App. Palermo 1° marzo 1999.
Cassazione civile — Ricorso — Notifica — Luogo — Validi tà — Fattispecie (Cod. proc. civ., art. 330, 360).
Poiché la notifica dell'impugnazione può essere fatta indiffe rentemente in uno dei luoghi indicati nell'art. 330, 1° comma,
ultima parte, c.p.c., è valida e regolare la notificazione del ri
corso in Cassazione eseguita alla parte nel domicilio eletto
per il giudizio conclusosi con la sentenza impugnata. (1)
(1) La (I sezione civile della) corte torna sull'interpretazione dell'art.
330, 1° comma, ultima parte, c.p.c., ribadendo, con l'affermazione rias
sunta nella massima, la tendenza, più aderente alla chiara e inequivoca
portata della norma de qua, per la quale i tre luoghi indicati nell'ultima
parte del 1° comma di tale disposizione per la notifica dell'atto d'im
pugnazione sono alternativamente concorrenti, di talché è in facoltà
dell'impugnante eseguire siffatta notificazione nell'uno o nell'altro di essi.
Fino all'emanazione della richiamata sez. un. 20 dicembre 1993, n.
12593, Foro it., 1994, I, 2462, con nota di richiami, confermativa, in
motivazione, dell'orientamento ora ribadito dalla riportata sentenza, la Cassazione non si era espressa in modo univoco sull'argomento.
Accanto alle più risalenti Cass. 18 novembre 1969, n. 3746, id., Rep. 1970, voce Impugnazioni civili, n. 41; 7 febbraio 1979, n. 832, id., Rep. 1979, voce cit., n. 74, e 3 aprile 1980, n. 2152, id., Rep. 1980, voce cit., n. 69 (richiamata nella presente), ed orientate nel senso di questa, si era
posta, la pur ricordata in motivazione, Cass. 24 novembre 1986, n.
6908, id., 1987, I, 819, con nota di richiami, la quale senza far riferi mento ai precedenti (contrari e favorevoli) menzionati in tale nota, non
aveva esitato ad affermare che «ragioni sistematiche convincono che la
notificazione dell'atto di impugnazione nella residenza dichiarata o nel
domicilio eletto per il giudizio» (ultime due ipotesi del 1 ° comma del l'art. 330 c.p.c.) è prevista soltanto per i casi in cui la parte si sia co
stituita personalmente. La mancanza di uniformità ha, però, contraddistinto anche la giuris
prudenza della corte successiva a sez. un. 20 dicembre 1993, n. 12593
(come ricordato, pure da Valitutti-De Stefano, Le impugnazioni nel
processo civile, Padova, 1996,1, 106 s.). Mentre, infatti, per Cass. 7 marzo 2001, n. 3273, Foro it., Rep. 2001,
voce cit., n. 60; 24 settembre 1996, n. 8443, id., Rep. 1996, voce cit., n.
49, entrambe citate in motivazione, e 1° dicembre 1994, n. 10285, id.,
Rep. 1994, voce cit., n. 59, la notifica dell'impugnazione, prevista dal
ridetto art. 330 c.p.c. in parte qua, può essere eseguita indifferente
mente in uno dei luoghi previsti dalla norma in questione, per Cass. 8
maggio 2000, n. 5777, id., Rep. 2000, voce Appello civile, n. 107, del
pari menzionata nella presente, la ridetta disposizione stabilisce un tas
sativo ordine di priorità circa il luogo di notifica dell'impugnazione,
precisando che questo deve avvenire in primo luogo presso il procura tore costituito e solo in difetto di tale costituzione «nella residenza di
chiarata o nel domicilio eletto per il giudizio». In qualche modo collegabili alla tendenza da ultimo ricordata ap
paiono anche altre pronunzie, quali: a) Cass. 25 agosto 1998, n. 8426,
id., Rep. 1998, voce Impugnazioni civili, n. 102, che sembra attribuire
prevalente rilevanza alla notifica dell'impugnazione presso il procura tore costituito; b) Cass. 10 giugno 1998, n. 5743, ibid., n. 99, e 17 lu
glio 1999, n. 7613, id., Rep. 1999, voce cit., n. 77, citate in motivazio
ne, le quali riscrivono che il ripetuto art. 330 c.p.c., nel prevedere la
notifica dell'impugnazione presso il procuratore costituito, non contie
ne una mera indicazione del luogo di effettuazione di tale notifica ma
identifica nel procuratore il destinatario di quest'ultima in forza di una
proroga ex lege dei poteri conferitigli con la procura. Sulla questione è, quindi, tornata la richiamata Cass. 21 dicembre
2001, n. 16145, id., 2002,1, 2095, con nota di N. Rascio, che, riconside
rando, abbastanza compiutamente, lo stato della giurisprudenza relativa
alla subiecta materia, ha in primo luogo precisato, con la stessa pun tuale aderenza al testo normativo esibita dalla riportata pronuncia, che
la notifica dell'atto d'impugnazione non è diretta al procuratore costi
tuito ma alla parte, che pertanto è l'effettiva destinataria di siffatta noti
fica. La medesima Cass. n. 16145 del 2001 ha, poi, chiarito che «per
quanto concerne la tassatività o meno dell'ordine in cui sono indicati i
luoghi ove effettuare la notificazione dell'atto d'impugnazione, rilevato
che non sovviene in proposito alcun argomento testuale, in quanto i
suddetti luoghi sono collegati tra loro nel testo normativo da una con
giunzione con valore disgiuntivo che esprime alternatività, ma non in
dica (né esclude) la sussistenza di condizioni a tale alternatività, occor
re privilegiare l'opzione ermeneutica che ritiene la sussistenza di
un'alternatività incondizionata, essendo quella che garantisce le mag
giori possibilità di effettuare la notificazione e perciò, in definitiva, il
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