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sezione tributaria; sentenza 6 febbraio 2006, n. 2478; Pres. Prestipino, Est. Virgilio, P.M. Destro...

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sezione tributaria; sentenza 6 febbraio 2006, n. 2478; Pres. Prestipino, Est. Virgilio, P.M. Destro (concl. conf.); Biasotto (Avv. Falsitta, Pansieri) c. Min. economia e finanze. Revoca Cass. 10 febbraio 2001, n. 1934, e cassa Comm. trib. reg. Abruzzo 10 ottobre 1997 Source: Il Foro Italiano, Vol. 129, No. 12 (DICEMBRE 2006), pp. 3443/3444-3445/3446 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23201806 . Accessed: 24/06/2014 20:55 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 91.229.229.205 on Tue, 24 Jun 2014 20:55:21 PM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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sezione tributaria; sentenza 6 febbraio 2006, n. 2478; Pres. Prestipino, Est. Virgilio, P.M.Destro (concl. conf.); Biasotto (Avv. Falsitta, Pansieri) c. Min. economia e finanze. Revoca Cass.10 febbraio 2001, n. 1934, e cassa Comm. trib. reg. Abruzzo 10 ottobre 1997Source: Il Foro Italiano, Vol. 129, No. 12 (DICEMBRE 2006), pp. 3443/3444-3445/3446Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23201806 .

Accessed: 24/06/2014 20:55

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3443 PARTE PRIMA 3444

CORTE DI CASSAZIONE; sezione tributaria; sentenza 6 feb

braio 2006, n. 2478; Pres. Prestipino, Est. Virgilio, P.M. De

stro (conci, conf.); Biasotto (Avv. Falsitta, Pansieri) c.

Min. economia e finanze. Revoca Cass. 10 febbraio 2001, n.

1934, e cassa Comm. trib. reg. Abruzzo 10 ottobre 1997.

Revocazione (giudizio di) — Sentenza della Cassazione —

Errore di fatto — Contenuto testuale di un atto proces suale — Fattispecie (Cod. proc. civ., art. 391 bis, 395).

E affetta da errore di fatto revocatorio la sentenza della Corte

di cassazione nella quale il collegio si sia limitato a negare, attraverso una mera attività ricognitiva, del tutto priva di

ogni connotazione di tipo valutativo, che l'appellante avesse

ripetuto la domanda, già formulata in primo grado, circo

stanza smentita ictu oculi dal tenore, oggettivo e incontro

vertibile, dell'atto di appello. (1)

Svolgimento del processo. — 1. - Antonio Biasotto impugnò

dinanzi alla Commissione tributaria di primo grado di Vasto gli avvisi di accertamento con i quali, per gli anni 1986 e 1987,

l'ufficio distrettuale delle imposte dirette aveva accertato mag

giori redditi, con irrogazione delle relative sanzioni, costituiti da

somme corrisposte — e non assoggettate a ritenuta — dal datore

di lavoro, Banca commerciale italiana s.p.a., a titolo di «contri

buto differenza canone di locazione», in occasione del trasferi

mento del dipendente ad altra sede.

La commissione adita rigettò il ricorso e la decisione fu con

fermata dalla Commissione tributaria regionale dell'Abruzzo

con sentenza depositata il 10 ottobre 1997.

Il Biasotto propose, quindi, ricorso per cassazione e questa corte, con sentenza n. 1934. depositata il 10 febbraio 2001, lo ri

gettò: il collegio, in particolare, dopo aver respinto la censura

principale formulata dal ricorrente, affermando, in base a con

solidato indirizzo, la natura reddituale dell'emolumento in que stione, ad analoga conclusione pervenne in ordine alla richiesta

subordinata di inapplicabilità delle sanzioni per obiettiva incer

tezza, ai sensi degli art. 8 d.leg. n. 546 del 1992 e 6 d.leg. n. 472

del 1997, rilevando che tale istanza, proposta con il ricorso in

troduttivo ai sensi dell'art. 39 bis d.p.r. n. 636 del 1972 (all'e

poca vigente), risultava «non ripetuta con l'appello, come era

imposto dalla soccombenza».

2. - Avverso tale sentenza il Biasotto propone ricorso per re

vocazione.

( 1 ) Con la pronuncia in epigrafe la Suprema corte ha accolto un ri corso per revocazione ex art. 391 bis c.p.c. di una sentenza della Cassa

zione, proposto per il motivo di cui all'art. 395. n. 4, c.p.c., ritenendo che la sentenza impugnata era viziata da errore di fatto revocatorio in

quanto, in essa, era stato negato, attraverso una mera attività ricogniti va. del tutto priva di ogni connotazione di tipo valutativo, che l'appel lante avesse ripetuto la domanda, già formulata in primo grado, di di

sapplicazione delle sanzioni, la quale circostanza, invece, era smentita ictu oculi dal tenore, oggettivo e incontrovertibile, dell'atto di appello; infatti, in tale caso, si era in presenza di un errore meramente percetti vo, caduto sul contenuto testuale di un atto processuale, di per sé insu scettibile di apprezzamento, né. comunque, oggetto della benché mini ma attività di giudizio o di interpretazione ad opera della corte.

Non risultano precedenti specifici in termini. In precedenza, in tema di errore di fatto revocatorio con riferimento

ad atti di parte, la Cassazione aveva ritenuto che l'omesso esame di atti difensivi della parte, nei cui confronti si sia regolarmente instaurato il

contraddittorio, è riconducibile nell'errore di fatto, denunciabile con

l'impugnazione per revocazione, ai sensi dell'art. 395, n. 4, c.p.c., sol tanto quando si traduca in omissione di pronuncia su domande od ecce zioni della parte medesima, ovvero, rispetto ad atti che non contengano o non siano idonei a contenere tali domande od eccezioni (nella specie, memoria presentata dall'intimato in replica a ricorso per regolamento di competenza), quando si deduca che detto mancato esame abbia com

portato una svista percettiva del giudice, evitabile mediante la lettura di

quegli scritti, in ordine all'esistenza od inesistenza di una circostanza fattuale di natura decisiva (cfr. Cass. 30 marzo 1994. n. 3137, Foro it.,

Rep. 1994, voce Revocazione (giudizio di), n. 25). In generale, per ulteriori riferimenti giurisprudenziali e dottrinali in

materia di revocazione ex art. 391 bis c.p.c. di sentenze della Corte di cassazione per errore di fatto revocatorio, cfr. Cass. 20 aprile 2005, n. 8295. 22 marzo 2005, n. 6198, e 16 novembre 2004, n. 21639, id., 2006, I. 828, nonché Cass. 9 settembre 2003, n. 13147, id., 2004, I. 108.

Il Foro Italiano — 2006.

L'intimata amministrazione finanziaria dello Stato non si è

costituita.

Motivi della decisione. — 1. - Il ricorrente chiede la revoca

zione per errore di fatto della sentenza di questa corte n. 1934

del 2001, nella parte in cui il collegio ha respinto la richiesta

subordinata di disapplicazione delle sanzioni per obiettiva in

certezza: rileva, al riguardo, che l'affermazione secondo cui

detta richiesta, formulata in primo grado, non sarebbe stata re

iterata con l'atto d'appello è frutto di un errore di fatto revoca

torio, poiché risulta smentita dal testo del ricorso in appello, nella cui parte conclusiva il Biasotto aveva espressamente ri

proposto detta domanda subordinata.

2. - Il ricorso è fondato.

Dall'esame del ricorso in appello proposto dal contribuente

dinanzi alla Commissione tributaria regionale dell'Abruzzo ri

sulta. infatti, che, nelle conclusioni, l'appellante chiese, «in via

subordinata e fatta salva la facoltà di gravame», di «dichiarare

non dovute le pene pecuniarie irrogate ex art. 39 bis d.p.r. 636/72».

Ne consegue che la pura e semplice affermazione, contenuta

nella sentenza impugnata, con la quale la corte ha, d'ufficio, ri

levato che la richiesta anzidetta risultava «non ripetuta con

l'appello», non può non costituire il frutto di un errore di fatto,

idoneo a dar luogo a revocazione della sentenza, ai sensi degli art. 391 bis e 395, n. 4, c.p.c.

Va, al riguardo, innanzitutto e in generale, ricordato che co

stituisce principio consolidato nella giurisprudenza di questa corte quello secondo il quale l'errore di fatto che può dare luogo alla revocazione di una sentenza — anche della Corte di cassa

zione — consiste nell'erronea percezione dei fatti di causa, so

stanziatesi nell'affermazione o supposizione dell'esistenza di

un fatto la cui verità risulta incontestabilmente esclusa dagli atti

o della inesistenza di un fatto la cui verità è inconfutabilmente

accertata, sempre che il fatto oggetto dell'asserito errore non

abbia costituito materia del dibattito processuale su cui la pro nuncia contestata abbia statuito; il suddetto errore, inoltre, non

può riguardare la violazione o falsa applicazione di norme giu ridiche, deve avere i caratteri dell'assoluta evidenza e della

semplice rilevabilità sulla base del solo raffronto tra la sentenza

e gli atti e documenti di causa (senza necessità di argomentazio ni induttive o di particolari indagini ermeneutiche), deve essere

essenziale e decisivo, deve riguardare gli atti «interni» al giudi zio di legittimità, cioè quelli che la corte deve e può esaminare

direttamente, con propria indagine di fatto, nell'ambito dei mo

tivi di ricorso e delle questioni rilevabili d'ufficio (tra le più re

centi, Cass. n. 12283 del 2004, Foro it., Rep. 2004, voce Revo

cazione (giudizio di), n. 25; nn. 4295, 8295 e 13915 del 2005, rispettivamente, id., Rep. 2005, voce cit., n. 17, id., 2006, I,

828, e id., Rep. 2005, voce cit., n. 25). In particolare, poi (premesso che nulla vieta, in linea di prin

cipio, che il «fatto» sul quale può cadere l'errore revocatorio

consista nel contenuto degli atti processuali oggetto di cogni zione del giudice, quali, ad esempio, la sentenza impugnata o gli atti di parte: cfr. Cass. n. 2181 del 2001, id., 2001, I, 2260; n.

4859 del 1998, id.. Rep. 1998, voce cit., n. 10; n. 605 del 2003,

id., Rep. 2003, voce cit., n. 12; n. 8326 del 2004, id., 2005, I,

3442), si è sottolineato che il rimedio della revocazione è am

missibile esclusivamente in relazione ad errori che consistano in

un vizio di assunzione del fatto e non ad errori di criterio nella

valutazione ed interpretazione del fatto (Cass. nn. 2969 e 6708

del 2001, id., Rep. 2001, voce cit., nn. 22, 28 e 18): non sono,

cioè, suscettibili di revocazione le sentenze per le quali si dedu

ca come errore di fatto un errore che attiene alla valutazione de

gli atti sottoposti al controllo del giudice, che siano stati corret

tamente percepiti, e che si risolve, perciò, in un vizio di ragio namento sui fatti assunti o in un inesatto apprezzamento delle

risultanze processuali qualificabile come errore di giudizio,

quando i fatti segnalati abbiano formato oggetto di esatta rap

presentazione e poi di discussa valutazione (Cass., sez. un., n.

8528 del 1993, id., 1995, I, 641; n. 4859 del 1998, cit.); e si è ulteriormente precisato che di giudizio sul fatto affermato o ne

gato, quando lo stesso risulti irrefutabilmente ex actis escluso o

sussistente, non può parlarsi nell'ipotesi in cui il fatto stesso

non sia di per sé suscettibile di un apprezzamento ed il giudice debba limitarsi a darne atto così come emerge dalle risultanze

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

processuali incontrovertibili, che appunto lo rendono estraneo

all'apprezzamento stesso, che non si risolve in una mera presa di cognizione, sempre che esso non sia venuto in contestazione

fra le parti (Cass. n. 10794 del 1996. id., Rep. 1996. voce cit., n.

14). Sulla base dei principi anzidetti, deve senza dubbio ritenersi

che, nella specie, la sentenza impugnata sia viziata da errore re

vocatorio. Il collegio, infatti, si è limitato a negare, attraverso

una mera attività ricognitiva, del tutto priva di qualsiasi conno

tazione di tipo valutativo, che l'appellante avesse ripetuto la

domanda di disapplicazione delle sanzioni, circostanza smentita

ictu oculi dal tenore, oggettivo ed incontrovertibile, dell'atto di

appello: si è, pertanto, in presenza di un errore meramente per

cettivo, caduto sul contenuto testuale dell'atto processuale, di

per sé insuscettibile (in parte qua) di apprezzamento, né, co

munque, oggetto della benché minima attività di giudizio o di

interpretazione ad opera della corte.

Pertanto, la sentenza impugnata deve essere revocata nella

parte in cui ha rigettato la censura relativa all'omessa disappli

cazione, da parte del giudice d'appello, delle sanzioni ammini

strative per obiettiva incertezza sulla portata della normativa

tributaria.

3. - Passando alla fase rescissoria, la censura anzidetta è fon

data.

Proprio con riferimento a fattispecie analoghe alla presente,

infatti, questa corte ha avuto più volte modo di affermare (con orientamento condiviso dal collegio) che è configurabile un er

rore sulla norma tributaria — rilevante ai fini di escludere l'ap

plicazione delle sanzioni non penali che normalmente si ricolle

gano alla violazione commessa dal contribuente — nelle ipotesi in cui le obiettive condizioni di incertezza sulla portata e sul

l'ambito di applicazione della disposizione stessa dipendano dalla presenza di un orientamento giurisprudenziale (solo suc

cessivamente superato) escludente l'assoggettamento a tassa

zione del provento e dal conseguente suo mancato assoggetta mento a ritenuta da parte del datore di lavoro (Cass. n. 2604 del

2000, id., Rep. 2000. voce Tributi in genere, n. 1875; n. 13482

del 2001, id.. Rep. 2001, voce cit., n. 2007; n. 17515 del 2002, id., Rep. 2003, voce cit., n. 1825; n. 10495 del 2003, id., Rep. 2004, voce cit., n. 1538).

In conclusione, va accolta la seconda censura formulata con il

ricorso per cassazione proposto dal Biasotto avverso la sentenza

della Commissione tributaria regionale dell'Abruzzo depositata il 10 ottobre 1997; la sentenza stessa deve essere cassata in rela

zione alla censura predetta e, non essendo necessari ulteriori ac

certamenti di fatto, la causa va decisa nel merito, con dichiara

zione di inapplicabilità delle sanzioni.

Il Foro Italiano — 2006.

CORTE DI CASSAZIONE; sezione I civile; sentenza 19 gen naio 2006, n. 1061; Pres. Marziale, Est. Berruti, P.M. Ce

niccola (conci, conf.); Min. attività produttive (Avv. dello

Stato) c. Soc. Kraft foods Italia. Cassa Comm. ricorsi contro

provv. Ufficio italiano brevetti e marchi 26 ottobre 2001.

Proprietà industriale — Marchio d'impresa — Segno sono

ro — Rappresentabilità grafica — Necessità — Fattispecie

(R.d. 21 giugno 1942 n. 929, testo delle disposizioni legislati ve in materia di marchi registrati, art. 16).

La rappresentabilità grafica è necessaria, ai fini della registra zione, anche per i marchi sonori, in quanto la relativa tutela

va limitata ai soli suoni che, proprio perché traducibili in

forma grafica convenzionalmente accettata, presentano ca

rattere distintivo e possono essere percepiti come marchi e

non come meri suoni (nella specie, la Suprema corte ha cas

sato la sentenza della commissione ricorsi che aveva ammes

so la registrazione di una combinazione di suoni registrata in

cassetta, ma non traducibile in note musicali). (1)

(1)1.- La sentenza in rassegna costituisce la prima pronuncia ita

liana, non solo di legittimità, sui marchi sonori, sicuramente ammes

si dalla legge nazionale, in attuazione dell'art. 2 della direttiva

89/104/Cee (v. già art. 16 1. marchi e ora 7 cod. proprietà industria

le). Al giuridico riconoscimento dei marchi sonori osta la difficoltà — talora l'impossibilità

— della loro rappresentazione grafica, al meno nella forma universalmente accettata delle note musicali, che

però è necessaria per conseguirne la registrazione. La gran parte dei marchi sonori, infatti, consiste in suoni e rumori, evidentemente non

traducibili in note, pur se potenzialmente distintivi.

La Cassazione considera la rappresentabilità grafica del segno come strumento di selezione dei soli suoni che possono essere riconosciuti e

tutelati come marchi, ferma e presupposta 1'«acquisita cittadinanza» nel

mondo del diritto del marchio sonoro. In altri termini — la sentenza sul

punto è chiarissima —. solo la traducibilità del suono in termini grafici convenzionalmente accettati (quindi riproducibili) da un lato ne con

sente la «controllabilità sociale e giuridica», dall'altro costituisce una

sorta di indice presuntivo della percepibilità di quei suoni come marchi, vale a dire della loro capacità distintiva dei prodotti e servizi di riferi

mento. Non sembra però escluso, dal tenore letterale della sentenza, che

suoni, pur non traducibili in termini graficamente obiettivi, possano avere comunque capacità distintiva e operare quindi come marchi di

fatto, con tutte le conseguenze giuridiche in termini di tutela: cfr., sul

marchio di fatto, Trib. Napoli 5 maggio 2005, Foro it., 2005, I, 2191, con osservazioni di Casaburi, Il marchio di fatto nel codice della pro

prietà industriale. Si tratta di problemi posti anche dalla giurisprudenza comunitaria:

cfr. Corte giust. 27 novembre 2003, causa C-283/01, id., 2004, IV, 371, con ulteriori riferimenti in nota. Peraltro, mentre tale sentenza sembra

necessariamente richiedere, ai fini del riconoscimento del marchio so

noro, la rappresentazione del segno «mediante un pentagramma diviso

in battute in cui figurino una chiave, note musicali e pause la cui forma

indichi il valore relativo e eventualmente alterazioni», Cass. 1061/06

sembra ammettere, sia pure a livello di obiter, criteri meno rigidi (vi è

infatti un accenno, in termini non preclusivi, a «possibili rappresenta zioni del suono in forme che ne significhino, con l'ausilio della tecno

logia di misurazione dei rumori, l'intensità»), II. - In definitiva, i marchi sonori sono «speculari» ai marchi di for

ma bi- o tridimensionali; questi ultimi, infatti, presentano una elevata

fisicità, inerendo anzi al prodotto contraddistinto (rispetto al quale, ai

fini del riconoscimento giuridico, va accertata la «alterità» concettua

le), mentre i primi sono del tutto privi di una loro fisicità, sicché — os

serva la sentenza in rassegna — «restano solo virtualmente segni del

mercato», con la rilevata conseguenza che, ai fini della tutela, occorre

accertarne, evidentemente in modo rigoroso, la riconoscibilità come se

gni distintivi. Cfr., in generale, Casaburi, La tutela dei modelli indu

striali (osservaz. a Trib. Venezia 13 luglio 2005), id., 2005,1, 3503.

III. - La giurisprudenza è solita affermare che, nel valutare la con

fondibilità tra i marchi, deve tenersi conto degli elementi fonetici e de

gli effetti acustici, in quanto, nella percezione dei consumatori, rileva

soprattutto l'effetto «auditivo» delle parole costituenti il marchio: cfr., in ultimo, Cass. 28 ottobre 2005, n. 21086, id., 2006, I, 94 (relativa al

marchio «Centoventuno» (in lettere), utilizzato per contraddistinguere

gioielli e prodotti orafi, ritenuto non confondibile con quello «Banca

121» (in numeri), utilizzato per un servizio bancario telematico: il se

condo marchio non è meramente numerico, in quanto può essere letto, in inglese, «one to one» e non «one two one», avendo le parole «two»

(numero) e «to» (preposizione) la medesima pronuncia, col risultato di

esprimere la specificità del servizio offerto, vale a dire il rapporto di

retto e continuo banca-cliente).

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