sezione V; decisione 1° settembre 1986, n. 425; Pres. Salvatore, Est. Carboni; Comune di Roma(Avv. Carnovale, Barbicinti) c. Biolato (Avv. Paoletti). Conferma T.A.R. Lazio, sez. II, 22 luglio1983, n. 665Source: Il Foro Italiano, Vol. 110, No. 5 (MAGGIO 1987), pp. 233/234-235/236Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23178748 .
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GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA
Gatti Pierluigi, ha annullato in parte qua i provvedimenti relati
vi: a) al vincolo di alcune aree di proprietà del ricorrente, da
acquisire ai programmi dell'edilizia economica e popolare; b) al
l'adozione ed approvazione del piano di zona per l'edilizia eco
nomica e popolare (piano di zona B); c) all'approvazione del
programma di attuazione del piano decennale ex lege 18 aprile 1962 n. 167, e della procedura d'esproprio delle aree in questio ne; d) all'esproprio disposto dal presidente della giunta regionale.
2. - Anzitutto, va esaminata l'iniziale doglianza con cui l'ap
pellante assume che erroneamente il T.A.R. ha respinto l'eccezio
ne d'irricevibilità e d'improponibilità dei primi due ricorsi, notificati rispettivamente il 14 gennaio 1972 (e non «1973» come
scritto nel ricorso d'appello) ed il 3 agosto 1973.
Osserva il collegio, quanto al primo ricorso, che, ai fini della
decorrenza del termine per l'impugnazione di una delibera comu
nale, sottoposta a controllo e già conosciuta dal destinatario, in
combe a quest'ultimo accertare la data sotto la quale la delibera
stessa abbia acquistato efficacia.
In ossequio a tale principio, disponendo il Gatti della delibera
di localizzazione delle aree — impugnata col primo ricorso —
sin dal giorno 9 agosto 1971, in cui notificò al comune le sue
«osservazioni» al contenuto della delibera stessa, ed ancora dal
4 settembre 1971, in cui notificò, sempre al comune, istanza di
revoca (allegando sia la prima che la seconda volta copia confor
me della delibera di che trattasi, come da affermazione, non con
trastata, dell'appellante comune), era dalla data dell'intervento
controllo tutorio, cioè a dire dall'8 novembre 1971, che iniziava
a decorrere il termine perentorio dei sessanta giorni per la propo sizione del ricorso giurisdizionale.
Consegue da ciò, che il primo gravame del Gatti, notificato, come detto, il 14 gennaio 1972, è da dichiarare irricevibile.
3. - Stesso discorso non può essere fatto per il secondo ricorso, con il quale erano stati impugnati la delibera di adozione del PEEP
ed il provvedimento regionale di approvazione.
Qui, l'eccezione di irricevibilità è da disattendere per il sempli ce motivo che il Gatti ebbe notizia, giusta la procedura prevista dall'art. 8, ultimo comma, 1. 167/62, dell'eseguito deposito del
piano, con atto dell' 11 giugno 1973, n. 21537, onde il ricorso, notificato il 3 agosto 1973, è da considerare tempestivo a tutti
gli effetti, come giustamente ritenuto dal T.A.R.
4. - Nel merito, l'appello dev'essere respinto e la sentenza del'
tribunale amministrativo confermata, pur con la modifica che at
tiene alla sopra dichiarata irricevibilità del primo ricorso.
In ordine alle originarie denunce di violazione dell'art. 1, 2°
comma, e dell'art. 3, 1° comma, 1. 167/62, e di eccesso di potere
per difetto di motivazione — trattandosi di un comune con popo lazione inferiore ai 50.000 abitanti, onde v'era facoltà e non ob
bligo di procedere all'adozione del PEEP — va subito detto che
sono da condividere le deduzioni dell'originario ricorrente, com
piutamente accolte dal T.A.R. per l'assenza di elementi da verifi
care sotto il profilo della razionalità e logicità della scelta operata. La tesi difensiva dell'appellante è fondata sui dati di fatto con
tenuti nelle relazioni, allegate al piano, a dimostrazione della con
venienza dell'intervento.
Ma cosi non è. Negli indicati documenti e nella delibera di
adozione (pur in riferimento ad una delibera di massima prece dentemente adottata) non è dato rinvenire il quadro circostanzia
to delle esigenze di edilizia economica e popolare, determinate
dagli effettivi bisogni di alloggi da destinare a categorie di più basso reddito, né la valutazione di situazioni che le disposizioni della 1. 167/62 impongono all'amministrazione che abbia inteso
far uso dei poteri ad essa conferiti dalla stessa legge. In altre parole, il PEEP di Gussago e, più precisamente, i pre
supposti che avrebbero dovuto sorreggerne l'elaborazione, erano
da individuare, secondo i ben noti criteri accettati dalla giurispru
denza, nella motivata analisi di dati concreti desunti da elementi
riferiti al decennio pregresso in fatto di: a) struttura e composi zione della popolazione; b) incremento annuo di nuclei familiari;
c) consistenza abitativa, sovraffollamento, coabitazioni, alloggi in fitto ed in vendita, alloggi da sgomberare; d) capacità dell'in
dustria privata, dimostrata nell'ultimo triennio, nella realizzazio
ne di edifici residenziali, dovendo la programmazione pubblica in tale settore coesistere e sincronizzarsi con gli interventi dei pri
vati; ecc.
Il Foro Italiano — 1987.
Ebbene, ad eccezione del calcolo del prevedibile incremento della
popolazione dei prossimi dieci anni — in termini di 900 persone da alloggiare — rapportato agli ultimi tre anni, e di una generica
esposizione di dati sulle esigenze abitative del comune, null'altro
di specifico, come valutazioni e comparazioni (anche tra interessi
pubblici e privati di carattere socio-economico, risulta adeguata mente espresso negli atti impugnati, in rapporto alle esigenze di
alloggi da riservare all'edilizia economica e popolare. Talché è da ritenere infondata la doglianza con cui il comune
censura la sentenza appellata in merito al primo motivo del se
condo ricorso, a nulla rilevando le altre indicazioni riferite alla
rete stradale e dei servizi, agli impianti pubblici ed alle scuole; ciò perché, dette indicazioni, pur puntualizzando talune carenze, non configurano, nei pur lati margini della discrezionalità ammi
nistrativa, l'indispensabile argomentata valida motivazione sulla
necessità o la convenienza di procedere alla formazione del PEEP, da parte di un comune non obbligato a dotarsi di tale piano, avuto riguardo alle situazioni di fatto ed alle varie attività econo
miche connesse alle aree soggette a vincolo.
La ritenuta fondatezza della doglianza prospettata dal Gatti
comporta l'annullamento dell'impugnato PEEP ed il logico as
sorbimento degli altri motivi di censura esposti sulla questione dal comune. (Omissis)
CONSIGLIO DI STATO; sezione V; decisione 1° settembre 1986, n. 425; Pres. Salvatore, Est. Carboni; Comune di Roma (Aw.
Carnovale, Barbicinti) c. Biolato (Avv. Paoletti). Confer ma T.A.R. Lazio, sez■ II, 22 luglio 1983, n. 665.
Edilizia e urbanistica — Concessione di costruzione — Sospen sione dei lavori — Decadenza — Illegittimità — Disposizione
regolamentare — Abrogazione (Disp. sulla legge in generale, art. 3; 1. 17 agosto 1942 n. 1150, legge urbanistica, art. 33; 1. 6 agosto 1967 n. 765, modificazioni ed integrazioni della leg
ge urbanistica, art. 10; 1. 28 gennaio 1977 n. 10, norme per la edificabilità dei suoli, art. 4).
È illegittimo il provvedimento con il quale il sindaco di Roma
ha dichiarato ai sensi dell'art. 11 del regolamento edilizio co
munale (che è da ritenersi abrogato dall'art. 4 l. 28 gennaio 1977 n. 10), la decadenza di una concessione edilizia in seguito all'accertamento della sospensione dei lavori protrattasi per ol
tre 180 giorni. (1)
(1) In ordine alla illegittimità della decadenza della concessione edilizia
per sospensione dei lavori protrattasi per un periodo superiore a quello consentito dalla norma regolamentare, in due precedenti occasioni il Con
siglio di Stato aveva accolto una soluzione opposta: vedi sez. V 24 otto bre 1983, n. 500, Foro it., Rep. 1983, voce Edilizia e urbanistica, n.
542, e 21 novembre 1980, n. 949, id., Rep. 1981, voce cit., n. 574. Si rilevava infatti in queste decisioni come non dovesse ritenersi esistente un contrasto tra le norme regolamentari che comminano la decadenza nel caso in cui la sospensione dei lavori si protragga oltre un certo termi ne e le norme di legge che si limitano a sancire il termine iniziale e quello finale per il compimento dei lavori. Le prime disciplinano infatti lo svol
gimento dei lavori, le seconde i termini per il compimento degli stessi. È opportuno, a questo punto, ricordare che la dottrina ha individuato
sulla base della distinzione posta dall'art. 15 c.c. due figure di abrogazio ne: cfr. V. Crisafulli, Lezioni di diritto costituzionale, Padova, 1978, 172.
La prima specie di abrogazione si verifica quando sussiste una vera
e propria incompatibilità-contrasto tra la norma anteriore e quella so
pravvenuta, la seconda quando la legge successiva disciplina diversamen
te una materia già regolata. Anche in questa seconda ipotesi la
giurisprudenza ha in alcuni casi richiesto — perché si possa parlare di
abrogazione — che la norma sopravvenuta presenti un carattere di deter
minatezza tale da renderne impossibile l'applicazione contemporanea ri
spetto alle norme anteriormente prodotte: cfr. T.A.R. Emilia-Romagna 19 giugno 1981, n. 337, Foro it., Rep. 1982, voce Legge, n. 47.
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PARTE TERZA
Diritto. — L'appello, con il quale il comune di Roma sostiene
la tesi della vigenza della disposizione del regolamento edilizio
del comune di Roma che sancisce la decadenza delle concessioni
edilizie quando i lavori siano rimasti sospesi per oltre sei mesi, non è fondato e va respinto.
La fonte legale del potere regolamentare dei comuni in materia
edilizia è, attualmente, l'art. 33 1. 17 agosto 1942 n. 1150, secon
do cui i comuni debbono provvedere con regolamento a discipli nare precipuamente le materie di edilità ivi elencate, in armonia
con le disposizioni contenute nella legislazione urbanistica e sani
taria. Vigente la legge urbanistica fondamentale del 1942 nel te
sto originario, il cui art. 31 prevedeva la licenza di costruzione
senza disciplinare la validità temporale, le norme regolamentari concernenti i termini iniziali e finali per l'esecuzione della costru
zione ovvero il tempo massimo di sospensione dei lavori, erano, ancorché disciplinanti materia non specificamente prevista nell'e
lencazione esemplificativa dell'art. 33, in armonia con la legisla zione urbanistica. Dette norme infatti rispondono all'esigenza di
evitare che i lavori edilizi, protraendosi indefinitamente, tengano
troppo a lungo in istato di dissesto le aree interessate e sfuggano al controllo dell'autorità preposta alla disciplina del territorio, che potrebbe dover tollerare l'esecuzione di lavori consentiti mol
to tempo prima e non più rispondenti agli strumenti urbanistici
vigenti. La materia è stata poi disciplinata dall'art. 4 1. 28 gennaio 1977
n. 10 (preceduto dall'art. 10 1. 6 agosto 1967 n. 765 che limitava
l'efficacia temporale della licenza in relazione all'inizio dei lavo
ri), nel senso che le concessioni edilizie debbono contenere il ter
mine iniziale e finale dei lavori nei limiti massimi stabiliti dalla legge stessa.
Posto quindi che, nella nuova cornice legislativa, all'esigenza di limitare la durata dei lavori edilizi provvede la legge stessa, la disposizione contenuta nell'art. 11 del regolamento edilizio del
comune di Roma (approvato con deliberazioni 18 agosto 1934, n. 5261 e 29 settembre 1934, n. 6032 e n. 6033 del governatore della città), secondo cui l'autorizzazione (ora concessione) si in
tende decaduta quando le opere siano rimaste sospese per più
In altri casi la giurisprudenza ha ritenuto che l'abrogazione di una nor ma per il fatto che la nuova legge regola l'intera materia già regolata da legge anteriore opera esclusivamente per la volontà novativa del legis latore e prescinde dalla circostanza che vi sia o meno tra le due discipline succedutesi nel tempo incompatibilità generale o su punti specifici, realiz zandosi invece l'altra figura della abrogazione per incompatibilità tra la nuova legge e quella anteriore quando il contrasto sia tale da renderne
impossibile la contemporanea applicazione: cfr. Cass. 7 marzo 1979, n.
1423, id., Rep. 1979, voce cit., n. 44; 26 marzo 1973, n. 830, id., 1973, I, 3128, con nota di richiami.
Nella decisione che qui si riporta il Consiglio di Stato afferma inciden talmente che anche a voler ritenere non verificata nel caso di specie una
abrogazione tacita della disposizione regolamentare, secondo una delle
figure sopra ricordate, la norma del regolamento edilizio del comune di Roma risulterebbe tuttavia pur sempre contraria alla legge poiché emana ta al di là dei limiti di competenza entro i quali i regolamenti devono
contenersi, ai sensi dell'art. 3, 2° comma, c.c., limiti che risultano fissati dall'art. 33 1. 17 agosto 1942 n. 1150.
A voler prospettare in questi termini la questione, si dovrebbe però affermare che nella specie si è verificato non un effetto abrogativo, bensì una ipotesi di invalidità da far valere con i comuni mezzi di impugnazione.
L'affermazione secondo cui una norma regolamentare può essere abro
gata da una norma di legge successiva è condivisa da una giurisprudenza costante: cfr. T.A.R. Emilia-Romagna 19 giugno 1981, n. 337, id., Rep. 1982, voce cit., n. 47; T.A.R. Sicilia, sez. Catania, 28 settembre 1978, n. 414, id., Rep. 1979, voce cit., n. 414; Corte conti, sez. contr. reg. sic., 16 dicembre 1976, n. 154, id., Rep. 1977, voce cit., n. 29; Cass. 5 gennaio 1975, n. 427, id., Rep. 1975, voce cit., n. 26; 17 gennaio 1967, Rescia, id., Rep. 1968, voce Piano regolatore, n. 366. Né tale affermazio ne si può ritenere contraddetta dalla qualificazione di regolamenti edilizi comunali: cfr. in tal senso Cons. Stato, sez. V, 21 novembre 1980, n.
949, id., Rep. 1981, voce Edilizia e urbanistica, n. 281; Cass. 3 febbraio
1973, n. 1962, id., 1973, I, 116; 3 febbraio 1973, n. 350 ibid., 1041, con nota di richiami.
In termini generali sulla decadenza della concessione edilizia per inos servanza del termine finale, cfr. Cons. Stato, sez. V, 9 settembre 1985, n. 288, id., Rep. 1985 voce cit., n. 580; Cass. 2 agosto 1984, n. 4601, id., Rep. 1984, voce cit., n. 532; Cons. Stato sez. V, 26 aprile 1984, n. 314, ibid., n. 535; 11 luglio 1980, n. 695, id., 1981, III, 613, con nota di richiami.
Il Foro Italiano — 1987.
di 180 giorni, non svolge più nessuna utile funzione e viene quin di a limitare ingiustificatamente la libertà dei privati.
Va poi osservato che l'abrogazione tacita di disposizione rego lamentare ad opera di disposizione di legge successiva non si veri
fica soltanto quando tra le due disposizioni vi sia un contrasto
logico tale da renderne inconcepibile la contemporanea vigenza
(come invece è nel rapporto tra leggi succedentisi nel tempo), ma
altresì quando la disposizione di legge successiva modifichi i limi
ti di competenza nei quali, a norma dell'art. 3, 2° comma, pre
leggi, i regolamenti devono contenersi, in modo tale che la
precedente disposizione regolamentare venga ad essere, indiretta
mente, contraria alla legge. Nel caso di specie la disposizione del regolamento edilizio cita
ta non essendo, per quanto sopra detto, in armonia con la nor
mativa legale sulle concessioni edilizie introdotta dall'art. 4 1. n.
10 del 1977, esula dai limiti di competenza assegnati ai regola menti edilizi dall'art. 33 1. n. 1150 del 1942 e deve pertanto rite
nersi abrogata, come correttamente ha ritenuto il giudice di primo
grado con la sentenza che va qui confermata. (Omissis)
CORTE DEI CONTI; sezione I; ordinanza 7 ottobre 1986, n.
230; Pres. Caruso, Rei. De Marco, P. M. Schiavello; Co
mune di Montescano.
CORTE DEI CONTI;
Comune e provincia — Conto consuntivo — Firma di un solo
revisore — Effetti (R.d. 3 marzo 1934 n. 383, t.u. della legge comunale e provinciale, art. 309).
Se il conto consuntivo di un comune sia stato firmato da un solo
revisore, giacché gli altri due si erano rifiutati di rivederlo, in
quanto relativo ad anno anteriore alla loro elezione a consiglie
ri, la Corte dei conti ordina al sindaco del comune di deposita re entro novanta giorni la relazione del conto consuntivo, da
redigersi previo suo esame ora per allora dall'intero collegio
(temporaneo ma perfetto) dei revisori. (1)
Nei giudizi, riuniti ai sensi dell'art. 274 c.p.c., sui conti con
suntivi del comune di Montescano (PV), relativi agli esercizi fi
nanziari 1977, 1978, 1979, 1980 e 1981.
Vista la relazione del magistrato designato quale relatore sui
conti, iscritta al n. EL/4353 del registro di segreteria; (omissis) Premesso che, con la predetta relazione, il magistrato relatore
aveva richiesto il giudizio della sezione su talune irregolarità ge stionali e contabili rilevate in sede di istruttoria preliminare sui
conti in questione; Considerato che, in relazione alle segnalate irregolarità, sono
intervenuti elementi e chiarimenti da parte del sindaco del comu
ne di Montescano, che ha anche trasmesso le delibere adottate
in sanatoria, con le quali sono state apportate ai conti consuntivi
all'esame le conseguenziali rettifiche;
Rilevato, peraltro, che — relativamente al conto dell'esercizio
1979 — la relazione prescritta dall'art. 309 t.u. n. 383 del 1934
è stata sottoscritta da uno solo dei revisori designati, avendo gli altri due ritenuto non opportuno revisionare il conto stesso, per ché riferito ad un periodo durante il quale essi, nominati alla
carica di consiglieri comunali dopo le elezioni amministrative dell'8
giugno 1980, erano estranei all'amministrazione comunale; Considerato che l'esimente addotta non possa accogliersi, perché:
(1) Sulla rilevanza della relazione dei revisori del conto consuntivo del
comune, Corte conti, sez. I, 14 luglio 1984, n. 130, Foro it., Rep. 1985, voce Responsabilità contabile, n. 289.
La medesima sez. 1, con l'ordinanza 29 gennaio 1986, n. 2, id., 1986, III, 349, con osservazioni di Verrienti, dopo aver chiesto invano al sin daco il deposito del conto e degli adempimenti connessi, ha mandato alla competente sezione del comitato regionale di controllo l'esercizio del controllo sostitutivo, mediante l'invio di un commissario ad acta, e la comunicazione della relativa spesa.
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