Sezione V; decisione 20 ottobre 1982, n. 737; Pres. Laschena, Est. Cossu; Comune di Firenze(Avv. De' Paoli Mori) c. Soc. immob. Fontelucente (Avv. Colombo, Lessona). Annulla T.A.R.Toscana 20 giugno 1980, n. 380Source: Il Foro Italiano, Vol. 106, No. 3 (MARZO 1983), pp. 101/102-107/108Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23174521 .
Accessed: 28/06/2014 10:06
Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at .http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp
.JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range ofcontent in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new formsof scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected].
.
Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to IlForo Italiano.
http://www.jstor.org
This content downloaded from 141.101.201.31 on Sat, 28 Jun 2014 10:06:24 AMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions
GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA
logica, comporta dunque necessariamente il ricorso alle disposi zioni de! giudizio civile d'appello, intese come espressive dei
principi generali dell'ordinamento processuale, giusta un mecca
nismo interpretativo già in altra occasione messo in luce da que sta adunanza plenaria (dee. 23 marzo 1979, n. 9, id., 1979, III,
310) e, comunque, più volte in concreto seguito (cfr., ad es., dee.
14 novembre 1980, n. 50, id., Rep. 1981, voce cit., n. 721, e 28
ottobre 1980, n. 39, id., 1981, III, 131, in materia di integrabilità del contraddittorio in appello; dee. 8 giugno 1979, n. 20, id., 1979,
III, 502, e 23 marzo 1979, n. 17, ibid., 368, in materia di termine annuale per l'impugnazione delle sentenze non notificate, ecc.).
Ora, alla stregua di tali disposizioni e tenuto conto della giuris
prudenza formatasi su di esse, alle questioni prospettate dall'ordi
nanza di rimessione si ritiene debbano darsi le seguenti soluzioni:
a) In relazione a quanto previsto dall'art. 347, 2° comma, c.p.c.,
l'appellante è tenuto ad inserire nel suo fascicolo copia della sentenza impugnata. La qualcosa trae anche ragione dal fatto che,
essendo esso appellante l'iniziatore della nuova fase del processo, non può non fare primariamente a lui carico l'apprestamento dei documenti indispensabili alla pronuncia della decisione, dei quali
egli abbia la disponibilità.
In ordine poi ai limiti temporali entro cui tale adempimento va
eseguito, esclusa per i motivi anzidetti l'operatività del termine
stabilito dall'art. 36, 4° comma, r.d. 26 giugno 1924 n. 1054, è
pure da negare possano valere i diversi termini previsti dagli art.
347 e 348 c.p.c., giacché, come parimenti detto ed a prescindere da altre considerazioni, essi si rannodano ad una fase del rito
civile, quale quella svolgentesi presso il giudice istruttore, priva
di corrispondenza nel giudizio dinanzi al Consiglio di Stato. Deve,
pertanto, necessariamente ammettersi che l'appellante possa prov vedere al deposito della sentenza impugnata fin quando sia a lui
legittimamente dato produrre documenti.
b) Giusta il consolidato indirizzo interpretativo seguito dalla
Corte di cassazione relativamente al procedimento civile d'ap
pello (cfr., da ultimo, sent. 25 luglio 1981, n. 4816, id., Rep. 1981,
voce Appello civ., n. 156; 2 maggio 1980, n. 289, id., Rep. 1980,
voce cit., n. 189; 15 febbraio 1980, n. 1150, ibid., n. 188; 23 otto
bre 1979, n. 5549, id., Rep. 1979, voce cit., n. 2C9), l'onere di cui
sopra è da considerare suscettibile di venir surrogato in virtù
della acquisizione della sentenza in giudizio, verificantesi tramite
la produzione della stessa effettuata da altra parte ovvero per effetto dell'avvenuto inserimento di una sua copia nel fascicolo
d'ufficio. Trattasi, evidentemente, di indirizzo il quale ben si con
cilia con la rilevata finalità, sottesa a detta acquisizione, di con
sentire la conoscenza della sentenza non già alle controparti ma
al giudice d'appello, donde la sostanziale indifferenza della pro
venienza dell'adempimento.
c) Del pari in conformità all'indirizzo interpretativo seguito dalla Cassazione relativamente al processo civile d'appello (cfr., da ultimo, sent. 28 gennaio 1980, n. 656, id., 1980, I, 633; 18 giu
gno 1979, n. 3416, id., Rep. 1979, voce cit., n. 210; 20 aprile 1978, n. 1897, id., Rep. 1978, voce cit., n. 173; 9 luglio 1977, n. 3074,
id., Rep. 1977, voce cit., n. 161), può convenirsi, allo scopo di
superare ogni non indispensabile formalismo, circa la sufficienza
ai fini in esame dell'acquisizione in giudizio di una copia anche
non certificata autentica della sentenza, salvo che ne sia conte
stata. da chi vi abbia interesse, la conformità all'originale.
d) Poiché, come si è detto, per effetto del disposto dell'art. 26
d.p.r. 21 aprile 1973 n. 214 è attribuito alla parte un vero e pro
prio diritto ad ottenere il rilascio di copia della sentenza di prime
cure, è da escludere che, in caso di omesso deposito della mede
sima, il giudice di appello possa o debba fissare un termine per il relativo adempimento. Opinare diversamente significherebbe,
infatti, contraddire alla naturale funzione dei poteri istruttori
attribuiti al Consiglio di Stato dall'art. 44 r.d. 26 giugno 1924 n.
1054, poteri notoriamente volti a consentire l'acquisizione in
giudizio di quegli atti dei quali le parti private non abbiano la
disponibilità. Resta ovviamente salva l'eventualità — ma ciò di
scende dai principi generali e trova un significativo punto di ri
scontro, nella materia in considerazione, nella previsione dell'art.
348, 2° comma, ult. parte, c.p.c. — che alla esecuzione dell'adem
pimento predetto l'interessato sia stato impedito da giustificati
motivi, da intendersi, peraltro, in senso assolutamente rigoroso e
da rannodare a cause strettamente oggettive (quali, ad es., il man
cato funzionamento del servizio di rilascio copie presso la segre teria del giudice a quo).
Ciò stante, rilevato che nel caso concreto l'avvocatura dello
Stato ha mancato di produrre copia della sentenza impugnata conformemente a quanto indicato sub a) e che la stessa non è
stata acquisita in giudizio neppure secondo quanto indicato sub
b), l'appello va dichiarato improcedibile. (Omissis)
I
CONSIGLIO DI STATO; Sezione V; decisione 20 ottobre
1982, n. 737; Pres. Laschena, Est. Cossu; Comune di Firenze
(Avv. De* Paoli Mori) c. Soc. immob. Fontelucente (Avv. Colombo, Lessona). Annulla T.A.R. Toscana 20 giugno 1980, n. 380.
Giustizia amministrativa — Contributo per oneri di urbanizza zione — Ricorso — Acquiescenza — Esclusione.
Edilizia e urbanistica — Ristrutturazione totale — Contributo per oneri di urbanizzazione — Criteri di determinazione (L. 28
gennaio 1977 n. 10, norme per la edificabilità dei suoli, art. 1).
Non è inammissibile per acquiescenza il ricorso proposto contro la determinazione da parte del comune dell'ammontare del contributo per oneri di urbanizzazione relativo a conces sione edilizia, anche se questa sia stata ritirata, e anche se sia stata chiesta la rateizzazione di esso, e sia stata pagata la
prima rata. (1) Nel caso di ristrutturazione di edificio la determinazione del con
tributo per gli oneri di urbanizzazione, da operarsi tenendo conto solo dell'aumento del carico urbanistico, va fatta con i necessari adattamenti a partire dalle tabelle previste per nuove
costruzioni, e non da quelle previste per interventi solo par ziali su edifici preesistenti. (2)
II
CONSIGLIO DI STATO; Sezione V; decisione 1° ottobre
1982, n. 690; Pres. Piga, Est. Rosa; Pepino (Avv. A. M. Sandulli) c. Comune di Borgo S. Dalmazzo (Avv. Meineri, Giordanen
go). Annulla T.A.R. Piemonte 24 giugno 1980, n. 534.
Edilizia e urbanistica — Contributo per oneri di urbanizzazione —
Mancata utilizzazione della concessione — Restituzione (L. 28 gennaio 1977, n. 10, art. 1).
Il comune deve restituire il contributo per gli oneri di urba
nizzazione, maggiorato degli interessi legali dalla domanda di
rimborso, pagato da chi ha ottenuto la concessione edilizia che poi non ha utilizzato. (3)
III
CONSIGLIO DI STATO; Sezione V; decisione 21 settembre 1982, n. 667; Pres. Laschena, Est. Merenda; Giomarelli (Avv. Lessona) c. Comune di Chianciano Terme (Avv. Gentile, Viviani). Conferma T.A.R. Toscana 13 luglio 1979, n. 643.
Giustizia amministrativa — Licenza edilizia — Oneri di urbaniz zazione — Accettazione — Ricorso — Inammissibilità per acquiescenza.
È inammissibile per acquiescenza il ricorso contro l'imposizione di oneri di urbanizzazione, se il ricorrente abbia accettato
l'impegno con comportamento chiaro e univoco (nella specie, con la richiesta di voltura della originaria licenza condizionata
all'impegno di esecuzione delle opere di urbanizzazione man canti, con il rilascio della fideiussione bancaria richiesta dal
comune, con la sottoscrizione della clausola di impegno in calce alla definitiva concessione), anche se in una lettera al suo difensore erano evidenziati i motivi per i quali sarebbe stato costretto a tenere tale comportamento. (4)
(1, 4) La prima massima è conforme alla sentenza appellata, con fermata sul punto: T.A.R. Toscana 20 giugno 1980, n. 380, Foro it., 1981, III, 325, con nota di richiami sulla giurisprudenza relativa agli estremi dell'acquiescenza alla determinazione degli oneri contributivi afferenti alla concessione di costruzione.
La sentenza del medesimo T.A.R. Tooscana 13 luglio 1979, n. 643, confermata dalla decisione della sez. V n. 667/82 è massimata id., Rep. 1979, voce Edilizia e urbanistica, n. 608.
(2) Per qualche riferimento, T.A.R. Toscana 30 settembre 1981, n.
377, Trib. amm. reg., 1981, I, 3364, secondo cui, in caso di va riante di concessione, il contributo per gli oneri di urbanizzazione deve essere calcolato solo in relazione alla parte di costruzione non valutata nella concessione originaria.
(3) Contra, la sentenza ora annullata T.A.R. Piemonte 24 giugno 1980, n. 534, Foro it., Rep. 1981, voce Edilizia e urbanistica, n. 549.
Nello stesso senso, però, il parere del Consiglio di Stato, richiamato in motivazione: comm. speciale 8 aprile 1981, n. 1/3/81, Cons. Stato., 1982, I, 410, che ha anche precisato che, in caso di rinnovo di una concessione non utilizzata, conseguentemente non può essere chiesto il contributo una seconda volta; nonché T.A.R. Abruzzo 13 gennaio 1982, n. 3, Trib. amm. reg., 1982, I, 955, che, in un caso nel quale vi era stata una formale rinuncia alla concessione, ha affermato che il comune deve restituire il contributo già versato.
This content downloaded from 141.101.201.31 on Sat, 28 Jun 2014 10:06:24 AMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions
PARTE TERZA
I
Diritto. — Va disatteso il primo motivo di gravame con il
quale l'appellante afferma la tardività del ricorso di primo grado
e lamenta che il primo giudice abbia disatteso la eccezione di
irricevibilità sollevata sul punto. Poiché l'allora ricorrente società si doleva della misura del
contributo per oneri di urbanizzazione relativo ad una conces
sione edilizia, la lesione dei suoi interessi non poteva farsi
risalire ad epoca anteriore il rilascio della concessione e del
contestuale atto di determinazione del contributo: e rispetto a
tale data il ricorso era certamente tempestivo. Né può essere
addotta in contrario la circostanza che, in epoca precedente al
rilascio della concessione, la società avesse richiesto di poter
pagare ratealmente (anziché in unica soluzione) il contributo,
indicandone altresì l'ammontare in misura corrispondente a quella
poi pretesa dal comune e che costituì' oggetto dell'impugnazione. Tale circostanza, infatti, ben può spiegarsi come conseguenza dei
contatti informali che solitamente precedono il rilascio del prov vedimento e con la necessità di diluire nel tempo un esborso
che poteva risultare assai oneroso se affrontato in unica soluzio
ne. Ma da tale contegno della società istante non si può certo
indurre una piena conoscenza dei criteri di computo del contri
buto che poi sarebbe stato richiesto e, soprattutto, non se ne
può far derivare l'irricevibilita del ricorso.
E infatti, pur a tacere la circostanza che il comune indicò in
11 problema della configurazione giuridica dei contributi afferenti alla concessione di costruzione è risolto in modo diverso dalla giu risprudenza: nel senso del loro carattere tributario, Trib. Venezia 13 settembre 1980, Foro it., Rep. 1981, voce cit., n. 551; T.A.R. Umbria 14 luglio 1981, n. 250, Trib. amm. reg., 1981, I, 2757, che ha precisato che l'obbligo di pagare il contributo per gli oneri di urbanizzazione sopravvive all'annullamento amministrativo o giurisdi zionale della concessione: che esso sorge già con la domanda di
concessione, e che il rilascio di questa ha il solo effetto di renderlo
esigibile. Contra, T.A.R. Sicilia, sede Catania, 18 febbraio 1981, n. 86, Foro it., Rep. 1981, voce cit., n. 552.
Comunque, la massima risulta conforme all'orientamento giurispru denziale, sul quale cfr., per riferimenti, la massima (2) per la quale il contributo per i costi di urbanizzazione deve essere posto in relazione con i carichi, o i maggiori carichi urbanistici che effettivamente
conseguono dalla costruzione assentita; cosi, in una diversa prospetti va, T.A.R. Lombardia, sede Brescia, 20 gennaio 1981, n. 36, ibid., nn. 536, 556, che ha negato che tale contributo sia dovuto, quando sia dimostrato l'assenza di costi sociali dell'insediamento previsto.
Inoltre, sul rapporto tra contributo per gli oneri di urbanizzazione ed esecuzione di opere di urbanizzazione primaria da parte del richiedente la concessione, T.A.R. Toscana 24 ottobre 1980, n. 990, ibid., n. 547, ha affermato che il comune deve valutare quanto questi ha realizzato spontaneamente, e, ove lo ritenga idoneo a soddisfare le
esigenze dell'insediamento, lo deve scomputare dal contributo dovuto, sia pure nei limiti della minore somma tra le spese affrontate dal concessionario e l'effettivo miglioramento apportato alla zona da ur banizzare.
Sotto il profilo del rapporto cronologico tra pagamento del contri buto e rilascio della concessione, la giurisprudenza, si è orientata nel senso che il primo non condiziona il secondo: T.A.R. Toscana 30 settembre 1981, n. 377, Trib. amm. reg., 1981, I, 3314; e che è
illegittimo condizionare il rilascio della concessione al previo paga mento del contributo per la parte afferente ai costi di costruzione: T.A.R. Umbria 10 novembre 1981, n. 386, id., 1982, I, 213; T.A.R.
Campania 9 luglio 1980, n. 483, Foro it., Rep. 1981, voce cit., n.
539, pur aderendo a questi principi, vi apporta un temperamento, ammettendo che il comune ritardi la consegna materiale del documen to fino all'avvenuto pagamento, esercitando una sorta di ius retentio nis a garanzia di questo.
Comunque, quando il concessionario deve chiedere la restituzione di
quanto già pagato, tale azione rientra nella giurisdizione esclusiva del
giudice amministrativo: Trib. Venezia 13 settembre 1980, ibid., n.
569; T.A.R. Piemonte 15 luglio 1980, n. 606, id., 1981, III, 524, con nota di richiami. Più generalmente, nel senso che rientrano in tale
giurisdizione esclusiva le controversie relative ai contributi afferenti
alla concessione di costruzioni, Cass. 25 luglio 1980, n. 4831, ibid., I,
443, con nota di richiami, nonché n. 4832, id., Rep., 1980, voce cit., n. 568.
La citata sentenza del T.A.R. Piemonte n. 606/80 affronta anche altri aspetti dell'azione di ripetizione del contributo indebitamente
pagato. Ai precedenti richiamati in nota, adde, in relazione alle controversie concernenti l'esatta determinazione del contributo, T.A.R. Toscana 8 maggio 1981, n. 224, Trib. amm. reg., 1981, I, 2243, nel senso che l'azione non presuppone l'impugnazione di un provvedimen to formale, né è condizionata al termine di decadenza,- ma solo a
quello di prescrizione; nonché 27 novembre 1981, n. 714, id., 1982, I, 201, che ammette l'azione di mero accertamento della illegittimità della determinazione del contributo per oneri di urbanizzazione.
In dottrina, v. per tutti Quaglia, Contributo di edificazione, voce del Nuovissimo digesto., appendice, 1981, II, 704, e la bibliografia ivi richiamata.
un primo tempo (nota 3 febbraio 1979) un contributo diverso da
quello che poi figurava nella concessione edilizia, resta la deci
siva considerazione che l'eventuale conoscenza totale o parziale di quel che sarà il contenuto di un futuro provvedimento non
può far decorrere il termine di impugnazione da data anteceden
te all'adozione del provvedimento stesso.
Egualmente infondato è il secondo motivo di appello, con il
quale si fa carico al primo giudice di non aver dichiarato
inammissibile il ricorso per intervenuta acquiescenza, derivante,
secondo l'assunto, dalla ricordata istanza di rateazione del con
tributo, dal pagamento della prima rata di esso e dal ritiro della
concession^ edilizia, il tutto senza avanzare riserva e rimostranza
di sorte.
A tali argomenti deve replicarsi, nell'ordine, che istanza dì
rateazione e pagamento della prima rata non possono dar luogo ad acquiescenza almeno per la ragione che la società non assu
me di essere esente dal contributo, ma di dover pagare meno di
quanto richiestole: e nessuna incompatibilità o incongruenza vi è
tra richiesta di rateazione e pagamento di una rata e la succes
siva impugnazione. Quanto all'avvenuto ritiro della concessione
edilizia, basta osservare che tale evento può solo far decorrere il
termine di impugnazione dell'atto per i suoi aspetti eventualmen
te lesivi, ma certamente non costituisce ostacolo a dolersi in
sede giurisdizionale per i vizi che l'atto — pur per altri aspetti favorevole — possa in concreto presentare.
Fondato è invece il terzo motivo di appello, che attiene alla
statuizione di merito. Va premesso che la censura accolta in
primo grado denunciava la violazione dei principi generali sul
calcolo del contributo per oneri di urbanizzazione relativo ad
edifici già esistenti ed eccésso di potere per illogicità manifesta:
posto che, secondo l'art. 1 1. 28 gennaio 1977 n. 10, l'attività
edilizia partecipa soltanto agli oneri ad essa relativi, ne deriva
che, in caso di intervento su edificio preesistente con aumento
del carico urbanistico, si dovrebbe dare rilievo — scomputandolo — al carico già esistente, rilievo che invece sarebbe escluso dal
fatto che le delibere impugnate (e le relative tabelle) applicano il contributo a tutto il volume (o superficie) oggetto del muta
mento. Inoltre, sempre alla stregua delle delibere impugnate, del
precedente carico urbanistico si terrebbe conto soltanto nelle
ipotesi di intervento parziale e non anche negli interventi totali, e ciò senza che risulti ragione alcuna di tale diverso trattamento.
11 T.A.R. ha ritenuto fondata la censura affermando che, dovendosi tener conto del precedente carico urbanistico — rap
presentato appunto dalla preesistenza dell'edificio oggetto di in
tervento — il contributo richiesto nella specie non poteva essere
pari a quello dovuto per nuove costruzioni.
Di qui la necessità di criteri differenziati e di applicare alla
specie i parametri previsti per gli interventi parziali alla tabella
F i quali, correttamente, tenevano conto del preesistente carico
urbanistico; di qui, ancora, l'annullamento delle delibere impu
gnate nella parte in cui escludono dall'applicazione della tabella
F anche gli interventi di ristrutturazione totale, nonché degli atti
di liquidazione del contributo.
Ma, se possono accogliersi le premesse circa la necessità di
tener conto del preesistente carico urbanistico, non possono esse
re condivise le conclusioni.
Infatti, di fronte ad una censura che, in sintesi, affermava la
necessità di richiedere un contributo più lieve in caso di inter
venti edilizi che variavano si il carico urbanistico,, ma che
avevano ad oggetto edifici preesistenti (e come tali aventi, per
definizione, un loro proprio carico urbanistico), il raffronto an
dava operato non tra criteri previsti per ristrutturazioni totali o
parziali (come ha fatto il primo giudice, affermando la necessità
di estendere ai primi il trattamento proprio dei secondi), ma tra
i criteri e parametri previsti per interventi su edifici esistenti che
presentano l'accennato preesistente carico urbanistico e per nuo
ve edificazioni nelle quali — per definizione fa difetto un
precedente carico urbanistico.
Ora, dall'esame della tabella C risulta che per gli interventi su
edifici preesistenti nelle zone A B C D sono previsti parametri varianti da 0,16 a 0,40, mentre per gli interventi di nuova
edificazione i parametri variano da 0,96 a 0,64, determinando
cosi contributi più elevati per le nuove edificazioni e indiretta
mente tenendo conto del precedente carico urbanistico nelle
varie ipotesti di interventi, da quelli più semplici di restauro
conservativo a quelli più radicali di ristrutturazioni con varia
zioni del carico urbanistico. È ben vero che per le zone E F, il cui parametro è stato
applicato alla costruzione in discorso (e oggetto di diversa cen sura che verrà in seguito esaminata), il raffronto non sembra
possibile perché, mentre sono indicati i parametri per gli inter venti su edifici preesistenti, non altrettanto avviene per gli inter
This content downloaded from 141.101.201.31 on Sat, 28 Jun 2014 10:06:24 AMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions
GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA
venti di nuova edificazione. Ma in tal caso il raffronto va fatto con il termine di paragone più prossimo, e cioè con le zone nelle quali siano consentite nuove costruzioni ma con indici di fabbricabilità minimi, e più vicini cioè a quelli imposti nelle
zone E F quando l'edificazione ex novo non sia del tutto esclusa. Da tale raffronto risulta che il parametro 0,80 applicato nel caso specifico è inferiore a quelli previsti per interventi di nuova edificazione (rispettivamente 0,96 per zone B e C e 0,88 per la zona D). Resta però da osservare che per la zona A il
parametro da applicare alle nuove edificazioni è ugualmente di 0,80 e cioè apparentemente sottoporrebbe ad egual contributo interventi del tutto nuovi e quelli su edifici preesistenti, negando dunque, in ipotesi, ogni rilievo al precedente carico urba nistico. Ma tale contraddizione è solo apparente, dovendosi tener conto del fatto che il carico urbanistico può variare sia in
ragione delle singole iniziative edilizie sia in ragione della zona in cui tali iniziative avvengano: e infatti una nuova edificazione, in un centro storico, pur creando un carico totalmente nuovo, lo inserisce in un tessuto ormai esistente e consolidato nei quali i costi di urbanizzazione sono stati già in massima parte affrontati dando luogo ad opere fruibili anche dai nuovi edifici senza creare particolari aggravi; mentre un intervento su un edificio
preesistente che intervenga in zona agricola, può creaire, in effet
ti, un carico sostanzialmente nuovo, quando, come nella specie, contribuisce a creare un insediamento residenziale e cioè nuovi
bisogni e nuove richieste di servizi e di opere necessarie ad una ordinata vita di relazione: servizi ed opere che, almeno secondo una valutazione media, fanno difetto in zona destinata ad utiliz
zazione agricola. Ne consegue dunque che, almeno con riguardo al caso di
specie ed alla censura articolata, neppure la rilevata coincidenza di parametro dà luogo al vizio denunciato dalla ricorrente in
primo grado, poiché la preesistenza del carico urbanistico per interventi su edifici siti in zone agricole va considerata, nel caso
in esame, in relazione alla sostanziale novità dell'insediamento.
Né può essere fonte di autonomo vizio la circostanza che
nelle ristrutturazioni totali il contributo si applichi all'intera
volumetria interessata alla ristrutturazione, ciò essendo del tutto
coerente con il tipo di intervento.
L'appellata società solleva poi questione di legittimità costi tuzionale della 1. reg. Toscana 24 agosto 1977 n. 70 per l'ipotesi in cui da essa (e non dalle delibere impugnate che alla legge dovevano attenersi) derivi il criterio di computo che imponga di
negare ogni rilievo al precedente carico urbanistico. Ma, una volta stabilito che tale rilievo risulta attribuito dalle stesse deli bere comunali (onde la sentenza appellata risulta errata non tanto nell'impostazione quanto nelle conclusioni) la questione di costituzionalità diviene irrilevante poiché si viene a negare in radice l'ipotesi su cui la proposta questione si fonda.
Le precedenti considerazioni valgono dunque a dimostrare che il motivo di ricorso esaminato fu erroneamente accolto dal pri mo giudice. 11 che impone, prima di giungere all'eventuale ac
coglimento dell'appello, di esaminare l'altra censura di primo grado, non esaminata dal T.A.R. e riproposta in questa sede dalla società appellata.
Con quella censura di sosteneva applicabile alla specie il
parametro di calcolo relativo alla zona C, perché, pur trovandosi l'edificio in zona agricolo panoramica, si tratterebbe di parte di territorio che — fermo il carattere agricolo — andrebbe conside rata ad altri effetti zona C.
La censura è infondata. Infatti la delibera n. 1352 del 4 aprile 1978, al punto 12 del dispositivo, stabilisce una tabella di pa rificazione tra le zone previste dal P.R.G. e le zone omogenee di cui al d.m. 2 aprile 1968, n. 1444, alla stregua della quale le zone agricole o agricolo panoramiche (ove ricade l'immobile della società appellata) equivalgono a zona omogenea E. E poi ché tale parte della delibera — pure per altri aspetti impugnata — non è oggetto di doglianza, alla fattispecie erano certamente
applicabili i parametri relativi alla zona E, che il comune ha
correttamente applicato.
L'appello deve perciò essere accolto con riforma della sentenza
appellata e reiezione del ricorso di primo grado della società
appellata. (Omissis)
li
Diritto. — Il ricorso è fondato.
Sul punto oggetto del decidere si è già pronunziato questo
consiglio in sede consultiva, col parere della commissione specia le n. 1/81, peraltro seguito e fatto proprio con la circolare 1669
del ministero dei lavori pubblici. Nel parere si pongono molto
bene in rilievo i successivi orientamenti del legislatore in materia
di incidenza degli oneri di urbanizzazione, dalla legge urbanistica
del 1942, in cui tali oneri venivano lasciati gravare esclusiva
mente sulla collettività, alla 1. 6 agosto 1967 n. 765 in cui si
cominciò a prevedere in alcuni casi che gli oneri stessi fossero
posti in tutto o in parte a carico dei privati che dall'urbanizza
zione traevano vantaggio, fino alla 1. 10/77, che per la prima volta ha posto il principio del generale collegamento fra conces
sione edilizia e oneri di urbanizzazione. La connessione fra
obbligo di pagamento del contributo e concreto svolgimento di attività edilizia (e quindi concreta sussistenza di necessità
urbanizzative a carico della p. a.) è il criterio che, di tutta
evidenza, ha ispirato il legislatore, come risulta chiaramente
sia dalla storia dell'evoluzione legislativa della materia, sia dai
lavori preparatori. Occorre pertanto solo porsi il problema, se tale evidente ratio
sia stata concretamente trasfusa nelle disposizioni legislative, o se
queste, come ha ritenuto il T.A.R., siano state formulate cosi
inequivocabilmente in senso opposto, da rendere in pratica im
possibile il ricorso a quel criterio ermeneutico. Ritiene il collegio che i primi giudici abbiano errato nell'attribuire rilevanza decisi
va ad alcuni punti della disciplina normativa, che invece atten
gono ad altri aspetti della questione, e nel non accorgersi di
altri aspetti della legge che contribuiscono assai chiaramente a
dimostrare la volontà del legislatore orientata nel senso della tesi
dei ricorrenti.
Il punto, ritenuto decisivo dal T.A.R., è quello del momento
del pagamento, che è, sicuramente, in linea di principio prece dente all'inizio dell'attività costruttiva. Ma evidentemente da
questa norma può trarsi solo la dimostrazione di una volontà
legislativa di dare una più sicura garanzia al diritto del comune, e non certo la convinzione che, una volta pagata, la somma
diventi in ogni caso irripetibile. In senso contrario militano argomenti ben altrimenti convin
centi. Cosi l'art. 1 1. 10/77 ricollega chiaramente l'obbligo del
pagamento di una parte degli oneri di urbanizzazione a « ogni attività comportante trasformazione urbanistica ed edilizia nel
territorio comunale»: il presupposto dell'obbligo è quindi l'atti
vità edilizia, cui sono connesse le eventuali spese a carico della
collettività derivanti dalla trasformazione eseguita, e non certo
l'attività meramente burocratica consistente nell'istruzione della
pratica relativa alla domanda di concessione e al rilascio di
questa.
Argomento altrettanto decisivo in tal senso è quello, posto in
rilievo anche nel parere sopra ricordato, che il concessionario
può impegnarsi ad eseguire direttamente tutte le necessarie opere di urbanizzazione, nel qual caso riceverà la concessione senza
dover pagare alcun contributo a tal fine.
È insomma evidente che, ove si seguisse la tesi della resistente
amministrazione, si avrebbe un arricchimento senza causa a fa
vore del comune e ai danni di un privato il quale ha avuto solo
il torto di aver voluto disturbare il comune chiedendogli l'ap
provazione di un suo progetto edilizio alla cui concreta realizza
zione ha poi dovuto, per cause di forza maggiore, rinunciare.
Il ricorso va pertanto accolto e il provvedimento annullato.
(Omissis)
III
Diritto. — L'appello è infondato.
Il collegio ritiene che la sentenza appellata non meriti censure.
È infatti incontestabile che il Giomarelli non solo ha firmato la
dichiarazione di impegno ad eseguire contemporaneamente alle
opere di cui alla licenza anche quelle di urbanizzazione « man
canti », ma ha pure depositato una polizza fideiussoria di lire
56.107.000 costituenti l'importo massimo entro il quale dovevano
contenersi gli oneri imposti ed accettati. Il collegio non ignora i
principi relativi all'istituto dell'acquiescenza e la relativa giuris
prudenza che richiede l'esistenza di fatti e comportamenti chia
ri, univoci e concordanti da cui possa desumersi la volontà
dell'interessato di accettare il provvedimento amministrativo e di
rinunciare quindi ad impugnarlo, ma rileva che nel caso in
esame non può essere la lettera inviata ad un terzo, estraneo al
rapporto, ad inficiare tutto il comportamento del Giomarelli
palesemente diretto ad accettare le condizioni poste per il rila
scio della licenza. Non va trascurato inoltre che l'onere del
completamento delle opere di urbanizzazione mancanti era espli citamente contenuto nella primitiva licenza rilasciata alla signora
Angeli di cui l'appellante aveva chiesto la voltura (naturalmente in uno con tutti gli oneri ed i diritti da essa scaturenti) e
quindi già per questo si era verificata una prima esplicita,
inequivoca manifestazione di acquiescenza a cui è seguita una
seconda manifestazione di accettazione consistente nella firma
della clausola di obbligo ad eseguire le opere mancanti e nel
deposito della polÌ7za fideiussoria. Né vale sostenere, come fa il
This content downloaded from 141.101.201.31 on Sat, 28 Jun 2014 10:06:24 AMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions
PARTE TERZA
Giomarelli, che egli era stato costretto ad accettare le condizioni
per non essere danneggiato da un ulteriore ritardo nel rilascio
della licenza e quindi nell'inizio dei lavori di costruzione dell'e
dificio. In proposito la sentenza appellata ha spiegato le ragioni
per le quali non poteva assolutamente escludersi l'acquiescenza al provvedimento da parte del ricorrente.
Giustamente il T.A.R. ha detto, e questa sezione conferma
convintamente, che l'acquiescenza come istituto ha lo scopo di
conservare i valori giuridici e, mirando a consolidare l'atto am
ministrativo, offrire la certezza nei rapporti, si da evitare che
possa avere efficacia la semplice riserva mentale non espressa, la
quale indubbiamente, ove assurgesse a strumento di annullamen
to dell'acquiescenza, non consentirebbe all'atto amminitrativo di
raggiungere il suo scopo e lascerebbe le parti in uno stato di
continua incertezza. Non ha perciò rilievo alcuno la circostanza
che il Giomarelli — secondo quanto afferma — avrebbe accetta
to la clausola e depositato la polizza fideiussoria per evitare un
danno economico conseguente al ritardo nel rilascio dell'autoriz
zazione. Il ^ricorrente non può certo affermare di essere stato
costretto con la violenza o con l'inganno a firmare ed a fare il
versamento; egli ha fatto solo un calcolo di convenienza ed ha
evidentemente ritenuto che fosse preferibile per lui accettare un
atto ancorché asseritamente viziato piuttosto che esprimere una
esplicita riserva che avrebbe potuto rinviare nel tempo l'otteni
mento della voltura. Questo raffronto di posizioni e di atteggia menti (accettare l'atto rinunciando ad impugnarlo o esprimere riserva di impugnazione o addirittura impugnarlo) sta a monte
dell'acquiescenza la quale certamente interviene allorquando l'in
teressato ritiene più conveniente per lui accettare il provvedi mento cosi' com'è.
È fuor di dubbio quindi che l'acquiescenza vi sia stata sia nel momento in cui l'appellante ha chiesto la voltura della licenza rilasciata alla sig.ra Angeli (con tutti gli obblighi relativi), sia
quando egli ha firmato la clausola ed ha depositato la fideius
sione, tanto più che nel provvedimento di autorizzazione ad
eseguire i lavori era fatto esplicito richiamo alla precedente licenza contenente gli obblighi per cui è questione e che nella lettera del 14 dicembre 1977 il sindaco, comunicando il nulla osta alla volturazione, invitava l'interessato a depositare la
fideiussione a garanzia delle opere di urbanizzazione dovute « conformemente all'impegno sottoscritto dall'attuale titolare del
la licenza edilizia ».
Essendo perciò inammissibile per acquiescenza il ricorso pro
posto in primo grado è precluso l'esame del merito delle altre
censure. L'appello va pertanto respinto. (Omissis)
TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER LA
LOMBARDIA; sentenza 18 novembre 1982, n. 1093; Pres.
Schinaia, Est. Saija; Gresti (Avv. Ciampoli) c. Min. grazia e
giustizia e Consiglio superiore della magistratura (Avv. dello Stato Bozzi).
TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER LA
LOMBARDIA; sentenza 18 novembre 1982, n. 1093; Pres.
Ordinamento giudiziario — Consiglio superiore della magistratura — Delibere — Natura — Impugnazione — Difetto di legit timazione passiva del consiglio (L. 24 marzo 1958 n. 195, norme
sulla costituzione e sul funzionamento del Consiglio superiore della magistratura, art. 17).
Ordinamento giudiziario — Incompatibilità per esercizio abituale
della professione forense da parte di parenti — Ufficio giudi ziario — Nozione — Questione manifestamente infondata di
costituzionalità {Cost., art. 3, 16; r. d. 30 gennaio 1941 n. 12, ordinamento giudiziario, art. 18).
Ordinamento giudiziario — Trasferimento per incompatibilità per
rapporti di parentela con professionisti — Provvedimento del
Consiglio superiore della magistratura — Motivazione — Necessi
tà — Fattispecie (R. d. 30 gennaio 1941 n. 12, art. 18).
Le delibere del Consiglio superiore della magistratura non sono atti amministrativi in senso soggettivo e non possono essere
impugnate finché non siano trasfuse in un provvedimento del
l'esecutivo; pertanto, il Consiglio superiore della magistratura difetta di legittimazione passiva. (1)
(1) Giurisprudenza assolutamente consolidata: Cons. Stato, sez. IV, 6 luglio 1982, n. 454, Cons. Stato, 1982, I, 811; 30 maggio 1978, n. 522, 15 novembre 1977, n. 953, Foro it., Rep. 1978, voce Ordinamen to giudiziario, nn. 81 a, 81 b; 27 settembre 1977, n. 771, id., Rep. 1977, voce Giustizia amministrativa, n. 406; 9 novembre 1976, n. 1041 e 6 luglio 1976, n. 519, id., Rep. 1976, voce cit., nn. 584, 586; 5 febbraio 1974, n. 139, id., 1974, III, 352, con nota di richiami.
L'incompatibilità prevista dall'art. 18 dell'ordinamento giudiziario
riguarda il caso dell'esercizio abituale della professione forense
da parte di un parente o affine del magistrato avanti a
qualsiasi ufficio giudiziario (pretura, tribunale, corte d'appello)
della sede, senza possibilità di distinzioni all'interno; né ciò
contrasta con i principi costituzionali dell'uguaglianza e libertà
individuale. (2) Il provvedimento di trasferimento d'ufficio di un magistrato per
incompatibilità, ex art. 18 dell'ordinamento giudiziario, deve
essere congruamente motivato, costituendo una deroga al prin
cipio costituzionale dell'inamovibilità; è, pertanto, illegittimo l'atto che si limiti a fare riferimento ai verbali della seduta
del Consiglio superiore della magistratura, nei quali sia regi strata una serie di interventi contrastanti, senza una valutazio
ne finale qualitativa e quantitativa della causa di incompatibi lità affermata. (3)
Diritto. — 1. - Preliminarmente ad ogni altra questione, l'av
vocatura dello Stato eccepisce il difetto di legittimazione passiva del Consiglio superiore della magistratura per il motivo che le
delibere del consiglio, pur avendo natura oggettivamente ammi
nistrativa, non sono atti amministrativi in senso soggettivo, dato
che il Consiglio superiore non fa parte della p. a. Conseguente mente le delibere stesse non sono impugnabili ex se dinanzi al
giudice amministrativo e il C.S.M. non è legittimato ad essere
evocato in giudizio e a partecipare al medesimo.
Il rilievo è fondato, come è stato riconosciuto in passato dalla
Corte costituzionale (sent. n. 44 del 14 maggio 1968, Foro it.,
1968, I, 1396) e più diffusamente, anche recentemente, dal Consi
glio di Stato (sez. IV n. 790 del 27 dicembre 1969, id., 1970,
III, 87; n. 522 del 30 maggio 1978, id., Rep. 1978, voce Ordinamento giudiziario, n. 81 a; n. 454 del 6 luglio 1982).
Invero, le delibere del C.S.M. sono prive di rilevanza esterna, esaurendo i loro effetti nell'ambito dei rapporti che intercorrono
In senso sostanzialmente conforme, con riferimento a fattispecie particolari, cfr. T.A.R. Abruzzo 13 luglio 1979, n. 281, id., Rep. 1980, voce cit-, n. 738; T.A.R. Lazio, sez. I, 17 marzo 1976, n. 168, id., Rep. 1976, voce Ordinamento giudiziario, n. 55; 11 febbraio 1976, n. 92 e 4 febbraio 1976, n. 69, id., 1977, III, 163, con nota di richiami.
Sulla competenza in primo grado dei T.A.R. sui ricorsi avverso i
provvedimenti del C.S.M., già devoluti al Consiglio di Stato in unico
grado, cfr. Cass. 13 ottobre 1980, n. 5461, id., 1981, I, 91, con nota di richiami.
Sulla competenza territoriale del T.A.R. del luogo della sede di servizio del magistrato, cfr. T.A.R. Lombardia 21 gennaio 1976, n. 5. id., 1977, III, 164, con nota di richiami.
Sulla notifica del ricorso al ministro di grazia e giustizia e non al presidente della repubblica, cfr. Cons, giust. amm. sic. 29 maggio 1980, n. 31, id., Rep. 1980, voce Giustizia amministrativa, n. 737.
(2) Sulla prima parte della massima non risultano precedenti giu risprudenziali editi. Nello stesso senso, si è pronunciato lo stesso T.A.R. con sentenza in pari data n. 1094.
Sull'art. 18 r. d. 30 gennaio 1941, n. 12 cfr., per riferimenti, TA.R. Toscana 22 maggio 1975, n. 194, Foro it., Rep. 1975, voce Ordinamento giudiziario, n. 39, secondo cui non comporta incompati bilità la iscrizione del parente nell'elenco speciale annesso all'albo forense. \
Sulla manifesta infondatezza della questione di costituzionalità del l'art. 18 cit., in riferimento agli art. 3 e 107 Cost, cfr., Cons. Stato, sez. IV, 19 aprile 1977, n. 375, id., Rep. 1977, voce cit., n. 95.
Analogamente, sulla manifesta infondatezza della questione di costi tuzionalità del trasferimento d'ufficio per incompatibilità ambientale, cfr. T.A.R. Lazio, sez. I, 11 giugno 1980, n. 673, id., Rep. 1981, voce
cit., n. 32; T.A.R Piemonte 21 dicembre 1976, n 432, id., 1977, III, 66, con nota di richiami.
In dottrina, sull'argomento si consultino: Galterio, Ordinamento
giudiziario, Milano, 1980; Volpe, Ordinamento giudiziario, voce del
l'Enciclopedia del diritto, 1980, XXX, 836; Marino, L'ordinamento
giudiziario, Napoli, 1979.
(3) In giurisprudenza, in senso conforme (ma con riferimento al trasferimento di ufficio per incompatibilità ambientale), T.A.R. Lazio, sez. I, 22 settembre 1976, n. 554, Foro it., 1976, III, 655 e Cons.
Stato, sez. IV, 7 maggio 1976, n. 313, ibid., 653, con note di richiami.
In generale, nel senso che in caso di contrasto di opinioni tra i componenti dell'organo collegiale, la motivazione del giudizio deve risultare in maniera chiara e univoca, cfr. Cons. Stato, sez. VI, 31 marzo 1981, n, 135, id., Rep. 1981, voce Atto amministrativo, n. 25; 25 settembre 1974, n. 261, id., Rep. 1975, voce cit., n. 115; ad. gen. 1° luglio 1971, n. 977, id., Rep. 1973, voce cit., n. 20.
In particolare, si ritiene che sono irrilevanti le opinioni personali espresse, contando solo la votazione finale in cui si forma la volontà collegiale, cfr. T.A.R. Abruzzo 7 dicembre 1979, n. 499, id., Rep. 1980, voce cit., n. 38; Cons. Stato, sez. V, 13 luglio 1979, n. 523, id., Rep. 1979, voce cit., n. 27; T.A.R. Liguria 15 gennaio 1976, n. 3, id., Rep. 1976, voce cit., n. 135; Cons. Stato, sez. V, 3 novembre 1970, n. 848, id., Rep. 1970, voce cit., n. 24.
This content downloaded from 141.101.201.31 on Sat, 28 Jun 2014 10:06:24 AMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions