sezione V; decisione 4 novembre 1994, n. 1261; Pres. Reggio D'Aci, Est. Piscitello; Mottes (Avv.Giovannini, Stella Richter) c. Zorzi (Avv. Dragogna). Conferma Trga Trento 6 ottobre 1992, n.329Source: Il Foro Italiano, Vol. 118, No. 5 (MAGGIO 1995), pp. 255/256-259/260Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23190037 .
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PARTE TERZA
la superficie complessiva di vendita da 670 a 990 mq, di cui
560 destinati alla vendita dei generi di largo e generale consu
mo, già autorizzati con i precedenti provvedimenti di concen
trazione.
In accoglimento del terzo motivo dei ricorsi della società Pa
trizi e dell'Unione commercianti artigiani ceccanesi, il tribunale
amministrativo ha annullato il provvedimento, perché adottato, in assenza di piano, senza la previa determinazione da parte del consiglio comunale dei criteri, previsti dall'art. 8, 1° com
ma, d.l. n. 697 del 1982, ai quali far riferimento per il rilascio
delle nuove autorizzazioni commerciali.
Gli appellanti sostengono che il primo giudice abbia dato un'er
ronea applicazione alla norma sopraindicata, che riguarderebbe solo i generi di largo e generale consumo, tra i quali non sono
compresi quelli autorizzati.
Con riguardo agli appelli in esame, va, anzitutto, respinta l'eccezione d'inammissibilità dei ricorsi di primo grado per una
presunta carenza d'interesse delle ricorrenti, già beneficiarie di
autorizzazioni commerciali rilasciate con i medesimi criteri di
quelli accolti dal provvedimento impugnato. È evidente, invero, che la descritta situazione — ove esista
— è ininfluente ai fini della tutela avverso i successivi provvedi
menti, quand'anche i primi, dei quali avevano beneficiato i ri
correnti, fossero stati illegittimi. Nel merito, a prescindere dalla vigenza o meno del piano com
merciale comunale in attesa di revisione, per esigenze di com
pletezza espositiva, occorre precisare che l'assunto degli appel lanti non può essere condiviso, perché l'art. 8, 1° comma, cita
to — salva la deroga del 2° comma in ordine all'ampliamento, trasferimento e concentrazione degli esercizi operanti da tre an
ni — vieta il rilascio, in carenza del piano comunale, di nuove
autorizzazioni commerciali, senza la previa adozione da parte del consiglio comunale dei criteri cui avere riguardo.
Invero, la vendita al minuto di tutti i beni è soggetta, per
disposto dell'art. 24, 1° comma, 1. n. 426 del 1971 ad autorizza
zione amministrativa, che va rilasciata, ai sensi del 2° comma
della stessa disposizione, con la osservanza dei criteri stabiliti
dal piano commerciale.
Ne consegue che l'art. 8, 1° comma, d.l. n. 697 del 1982 — come del resto l'art. 43, 2° comma della stessa 1. 426/71 — disciplina il rilascio di tutte le autorizzazioni commerciali
indipendentemente dai generi cui esse si riferiscono.
Il disposto, contenuto nella stessa norma, che la mancanza
dei criteri, di cui sopra è cenno, comporta la sospensione del
rilascio delle autorizzazioni relative all'apertura di esercizio di
vendita al dettaglio dei generi di largo e generale consumo non
può avere che il significato di salvaguardare l'ordine cronologi co di presentazione delle domande relative a detti beni, il cui
esame va quindi soltanto sospeso (e non definito col rigetto) in attesa dell'adozione dei criteri medesimi.
Dalla prevista sospensione dell'esame di tali istanze non può farsi discendere — come sostengono gli appellanti — che l'inte
ra disposizione dell'art. 8, 1° comma, riguardi solo i generi di
largo e generale consumo, sicché la domanda delia società Pa trizi non poteva essere né rigettata, né sospesa per non riferirsi,
appunto, a quel tipo di beni.
La sentenza impugnata ha, quindi, interpetato in modo cor
retto la norma in questione.
Senonché, essa muove dall'erroneo presupposto che il comu
ne di Ceccano fosse privo del piano commerciale e che quindi trovasse applicazione la norma, di cui all'art. 8, 1° comma,
sopramenzionato. Ciò nonostante, essa merita d'essere confermata quanto al
l'annullamento del provvedimento impugnato.
Invero, nello stesso motivo accolto dal primo giudice e nelle
restanti censure dei ricorsi prodotti dalle parti avverse, ci si duole,
specie alla stregua della concatenazione dei tre provvedimenti
impugnati, che hanno dato vita ad un nuovo esercizio commer
ciale di 990 mq, del fatto che quest'ultimo è stato consentito
in spregio all'equilibrio commerciale del piano. Al riguardo, richiamando quanto già detto in precedenza, la
domanda di nuova autorizzazione commerciale, distaccandosi
dallo schema normale dell'attivazione di un nuovo negozio, per riferirsi al potenziamento di un preesistente punto di vendita,
li Foro Italiano — 1995.
andava esaminata in relazione alla concreta realtà commerciale
che andava a determinare, al fine di vagliare se quest'ultima
potesse trovare adesione, tenuto conto della normativa che la
prendeva in considerazione.
Ne consegue che, nella specie, la domanda in parola, diretta
al potenziamento del preesistente punto di vendita per una com
plessiva superficie di mq 990, andava necessariamente esamina
ta alla stregua del piano commerciale comunale, sulla cui per durante vigenza si richiamano le argomentazioni esposte in pre cedenza.
In conclusione, il rilascio dell'autorizzazione n. 677 del 26
ottobre 1989 in base al semplice parere della commissione co
munale, senza alcun riferimento al piano commerciale, senza,
cioè, la verifica che l'insediamento del nuovo esercizio commer
ciale fosse compatibile con l'equilibrio commerciale già fissato
dal piano, rende illegittima l'adozione del provvedimento stesso.
Che l'autorizzazione in parola sia stata rilasciata senza la ve
rifica della sua compatibilità col piano risulta non solo dal testo
stesso del provvedimento, ma anche dalla linea difensiva del
comune circa l'intervenuta decadenza del piano, da una parte, e l'inapplicabilità dell'art. 8, 1° comma, d.l. n. 697 del 1982
alle autorizzazioni commerciali non aventi ad oggetto beni di
largo e generale consumo, dall'altra, donde la presunta possibi lità — censurata dal primo giudice con riguardo all'art. 8 cit. — di aprire nuovi esercizi commerciali per la vendita di altri
generi, anche di consistenti dimensioni, senza valutarne l'inci
denza sull'equilibrio dell'apparato distributivo.
Concludendo, gli appelli prodotti dalla società Patrizi e dal
comune di Ceccano vanno respinti e, per l'effetto, la sentenza
impugnata va confermata con la motivazione suesposta. 10. - Alla stregua di tutto quanto esposto, vanno accolti gli
appelli dell'unione commercianti artigiani ceccanesi e della so
cietà Mazzocchi e, per l'effetto, in riforma della sentenza impu
gnata, vanno annullati i provvedimenti del sindaco di Ceccano
4 aprile 1989, n. 646 e 15 luglio 1989, n. 661, mentre gli appelli
prodotti dalla società Patrizi e dal comune di Ceccano vanno
respinti e, per l'effetto, la sentenza impugnata va sul punto con
fermata con la diversa motivazione di cui sopra.
I
CONSIGLIO DI STATO; sezione V; decisione 4 novembre 1994, n. 1261; Pres. Reggio D'Aci, Est. Piscitello; Mottes (Avv.
Giovannini, Stella Richter) c. Zorzi (Aw. Dragogna). Con
ferma Trga Trento 6 ottobre 1992, n. 329.
Edilizia e urbanistica — Interventi su immobili preesistenti —
Costruzione su ruderi — Ristrutturazione — Esclusione —
Fattispecie (L. 5 agosto 1978 n. 457, norme per l'edilizia resi denziale, art. 31).
Non rientra nella categoria degli interventi di ristrutturazione, che postulano la preesistenza di un fabbricato provvisto di mura perimetrali e copertura, la ricostruzione di edificio su
ruderi costituiti da due murature di spina comuni a fabbricati contigui, essendo già state demolite in precedenza le strutture
portanti verticali ed orizzontali in esecuzione di ordinanza con
tingibile e urgente (nella specie, il piano di tutela degli
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GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA
insediamenti storici del comprensorio della Valle dell'Adige,
equipara a tutti gli effetti la ricostruzione su ruderi a nuova
costruzione). (1)
II
CONSIGLIO DI STATO; sezione V; decisione 23 luglio 1994, n. 807; Pres. Catallozzi, Est. Volpe; Farnetti, Pitton (Avv.
A. Pietrosanti) c. Comune di Latina (Avv. Stellato) e Del
Prete (Aw. Brignola, De Simone). Conferma Tar Lazio, sez.
Latina, 11 febbraio 1993, n. 136.
Edilizia e urbanistica — Interventi su immobili preesistenti —
Realizzazione di organismo in parte nuovo — Concessione
(L. 5 agosto 1978 n. 457, art. 31).
È da qualificarsi ristrutturazione edilizia e non mero restauro
conservativo, e quindi necessita di concessione edilizia, non
solo l'intervento eseguito previa demolizione e successiva ri
costruzione parziale, ma anche quello risultante — per volu
me, superficie, dimensione e tipologia — come organismo in
parte diverso dal precedente (nella specie, l'intervento modifi
cava simultaneamente le fondamenta, la struttura portante,
la volumetria, l'altezza massima esterna e la sagoma a terra,
la superficie). (2)
I
Diritto. — L'appello è infondato. L'asserito travisamento dei
fatti e la pretesa erronea applicazione dei principi disciplinanti l'intervento di ristrutturazione edilizia (costituenti il primo mo
tivo dell'appello) debbono escludersi in base alle risultanze di
fatto emerse nel giudizio di primo grado e puntualmente ripor
tate dalla sentenza impugnata. La configurazione dell'intervento in questione «come ristrut
turazione edilizia del fabbricato tavolarmente contraddistinto co
(1-2) Sul concetto di ristrutturazione, da ultimo, Cons. Stato, sez.
V, 21 febbraio 1994, n. 112, Foro it., 1994, III, 370, con nota di richia
mi, ed anche Cons, giust. amm. sic. 29 gennaio 1994, n. 6, Cons. Sta
to, 1994, I, 71, che distingue ristrutturazione da risanamento conserva
tivo perché solo la prima ammette una modifica sostanziale dell'edifi
cio, nonché Cons. Stato, sez. V, 6 dicembre 1993, n. 1259, Riv. giur.
edilizia, 1994, I, 334, che fa rientrare nella ristrutturazione anche la
demolizione e successiva fedele ricostruzione dell'edificio. Secondo Tar
Friuli-Venezia Giulia 16 febbraio 1994, n. 92, Trib. amm. reg., 1994,
I, 1448, gli spostamenti di volume sono ammessi nella misura stretta
mente necessaria per predisporre volumi c.d. tecnici, e non certo ad
libitum. In Tar Lombardia, sez. Brescia, 11 maggio 1994, n. 230, ibid., 2491 (riportata solo in massima), d'altro canto, pur definendosi ristrut
turazione la costruzione di un quid novi rispetto ad un preesistente edi
ficio in parte demolito per ragioni tecniche o economiche, non si ritiene
necessaria la concessione edilizia. In sintonia con le oscillazioni giuris
prudenziali sul problema della qualificazione dei diversi tipi di interven
to sul patrimonio edilizio esistente, si registrano opinioni dottrinali dif
ferenziate nell'individuazione degli elementi qualificanti le varie catego rie: in particolare a proposito della ristrutturazione.
C'è chi individua tale criterio essenzialmente nella finalità dell'inter
vento, che nella ristrutturazione è quello della «costruzione di un edifi
cio, in tutto o in parte nuovo, ossia il recupero urbanistico dello spazio sia pure con riguardo ad un solo edificio; mentre nel restauro e risana
mento conservativo la finalità è costituita dal recupero architettonico
dell'esistente» (Mengoli, Manuale di diritto urbanistico, Milano, 1992,
648; conf., Cass. 5 aprile 1994, Antolini, Giust. pen., 1994, II, 678);
e chi pone come unico limite quello della «riconoscibilità» dell'organi
smo edilizio preesistente, altrimenti non si è in presenza di ristruttura
zione (Mazzoni, Diritto urbanistico, Varese, 1990, 445). Per quanto riguarda l'aspetto più controverso, quello riguardante i
casi di demolizione e successiva ricostruzione di un edificio, se in Cons.
Stato, sez. V, 26 maggio 1992, n. 464, Foro it., 1993, III, 169, tali
interventi sono addirittura contenuti nella categoria restauro o risana
mento conservativo, e in Tar Puglia, sez. Lecce, 22 gennaio 1992, n.
57, id., Rep. 1992, voce cit., n. 586, di manutenzione straordinaria,
purché si tratti di fedele ricostruzione, perché il nuovo immobile non
Il Foro Italiano — 1995.
me p. ed. 14/1» non trova riscontro nella situazione di fatto
in quanto (come già osservato dallo stesso Trga di Trento in
occasione dell'esame di precedente concessione edilizia annulla
ta con la sentenza n. 173/91) «ancor prima del rilascio della
concessione edilizia annullata, l'edificio de quo era stato demo
lito nelle sue strutture portanti verticali ed orizzontali (fatta ec
cezione per le due murature di spina comuni ai fabbricati conti
gui), in esecuzione di ordinanza contingibile e urgente del 18
maggio 1990 del sindaco di Fai della Paganella». La situazione di partenza a cui ragguagliare l'intervento di
trasformazione edilizia di cui trattasi — soggiunge la sentenza
appellata — «non è quindi rappresentata dall'esistenza di un
fabbricato da ristrutturare, bensì dalla presenza di ruderi deri
vanti da un intervento di demolizione coatta».
Quale che sia la latitudine della nozione di ristrutturazione
edilizia — conclude il giudice di primo grado — la stessa «po stula comunque inevitabilmente la preesistenza di un fabbricato
da ristrutturare, e quindi di un organismo edilizio dotato di
quattro murature perimetrali e strutture orizzontali di collega mento e copertura». Nel caso di specie, invece, poiché il manu
fatto risultante dalla demolizione non conservava quel minimo
di consistenza strutturale e dimensionale che ne permettesse il
recupero mediante un intervento qualificabile come «ristruttu
razione edilizia», trova puntuale applicazione il disposto del
l'art. 20 della norma transitoria di attuazione del vigente piano
generale a tutela degli insediamenti storici (p.g.t.i.s.) del com
prensorio della Valle dell'Adige nonché il disposto del successi
vo art. 49 della stessa norma transitoria di attuazione i quali,
rispettivamente, equiparano ad ogni effetto la ricostruzione su
ruderi a nuova costruzione ed ammettono la costruzione in ade
renza solo previo consenso, debitamente intavolato, del proprie tario finitimo.
La giurisprudenza invocata dall'appellante (che considera at
tività di ristrutturazione edilizia, ai sensi dell'art. 31, lett. d,
1. 5 agosto 1978 n. 457, anche la demolizione e successiva rico
struzione di un fabbricato, quando si tratti di modifiche che
salvaguardino le caratteristiche fondamentali dell'esistente) non
è applicabile nel caso di specie, una volta accertato che, in pun
introduce alcun elemento differente nel tessuto urbanistico, prevalente mente il Consiglio di Stato ricomprende la demolizione e successiva ricostruzione nella categoria ristrutturazione (Cons. Stato, sez. V, 3 gen naio 1992, n. 4, ibid., n. 315; 3 febbraio 1992, n. 87, ibid., n. 316; 8 ottobre 1992, n. 962, ibid., n. 319; 6 dicembre 1993, n. 1259, cìt.; resta tuttavia escluso che il fabbricato possa essere ricostruito su terre
no attiguo: Tar Campania, sez. V, 18 gennaio 1994, n. 28, Trib. amm.
reg., 1994, I, 1205), perché l'elemento differenziatore della ristruttura
zione non è la fisica permanenza di qualche parte del manufatto origi nario — ma con tale definizione contrasta la prima delle pronunce in
epigrafe —, ma la conservazione dei sostanziali caratteri identificativi, come collocazione, sagoma, volumetria, ecc. (Tar Toscana, sez. I, 18
marzo 1994, n. 246, Foro amm., 1994, I, 1523; conf., Corte conti, sez. contr., 30 giugno 1993, n. 104, Cons. Stato, 1994, II, 1, 66), men
tre la giurisprudenza penale, sul presupposto che la ristrutturazione, volta al recupero del patrimonio immobiliare esistente, postula la con
servazione dell'organismo edilizio originario, ritiene che il privato deb
ba ottenere una diversa ed autonoma concessione edilizia, che non può
prescindere dal rispetto degli strumenti urbanistici vigenti al momento
del rilascio (Cass. 5 aprile 1994, Antolini, cit.; 9 giugno 1994, Mengatti
ni, Giusi, pen., 1994, II, 552; 10 agosto 1993, Mirarchi, ibid., 298; 11 luglio 1991, Bandinelli, Foro it., Rep. 1992, voce cit., n. 314; 29
gennaio 1991, Nicosia, ibid., n. 475; 22 gennaio 1989, Peluso, id., Rep. 1990, voce cit., n. 338; 13 novembre 1987, Facco, id., Rep. 1989, n.
329; 25 settembre 1984, Belcaro, id., Rep. 1985, n. 635). Ciò anche
per evitare che la richiesta di concessione a fini di ristrutturazione possa in realtà celare da parte del richiedente l'intento di sottrarsi all'osser
vanza delle vigenti prescrizioni urbanistiche, a cui sarebbe costretto chie
dendo la concessione per una nuova costruzione (cfr. Cass. 25 settem
bre 1984, Belcaro, cit., id., Rep. 1985, voce cit., n. 634; in tal senso
anche Tar Molise 9 marzo 1994, n. 40, Trib. amm. reg., 1994, I, 2093). Sul regime degli oneri di urbanizzazione gravanti su interventi di ri
strutturazione, v. Cons. Stato, sez. V, 16 settembre 1994, n. 997, Cons.
Stato, 1994, I, 1224, nel senso che la ristrutturazione che non comporti mutamento di destinazione d'uso (e tale non è la trasformazione di
garage collettivo in vari boxes), concreta un'ipotesi di concessione gra tuita prevista dall'art. 9 1. 28 gennaio 1977 n. 10.
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PARTE TERZA
to di fatto, al momento del rilascio della concessione, del ma
nufatto preesistente rimanevano soltanto due murature perime trali e che, in punto di diritto, la ricostruzione sui ruderi è equi parata da specifica normativa ad ogni effetto a nuova co
struzione.
Alla luce delle considerazioni che precedono appare infonda
ta anche la censura contenuta nel secondo motivo di appello, concernente erronea applicazione di legge (art. 20), illogicità ma
nifesta e violazione dei principi generali disciplinanti la pianifi cazione dei centri storici, atteso che proprio la norma in que stione prevede espressamente che la ricostruzione su ruderi è
equiparata ad ogni effetto a nuova costruzione.
L'appello deve, quindi, essere rigettato, con la conseguente
integrale conferma della decisione impugnata.
II
Diritto. — (Omissis). 4.2. - La tesi degli appellanti, in sostan za, è la seguente.
I provvedimenti impugnati in primo grado sarebbero illegitti mi in quanto emessi in violazione dell'art. 35, 5° comma, 1.
28 febbraio 1985 n. 47 e dell'art. 31, 1° comma, lett. b) e c), 1. 457/78, costituendo i lavori eseguiti — che non avrebbero
comportato né alterazione di volumi esistenti, né cambio di de
stinazione — opere di adeguamento strutturale o, comunque, interventi di manutenzione straordinaria o di restauro e di risa
namento conservativo, e non interventi di ristrutturazione edili
zia. Ne consegue, sempre a detta degli appellanti, che — ai sen
si dell'art. 7 d.l. 23 gennaio 1982 n. 9, convertito, con modifi
cazioni, dalla 1. 25 marzo 1982 n. 94, il quale rinvia alle disposizioni dell'art. 48 1. 457/78 — non si richiederebbe la pre via concessione edilizia ma solo un'autorizzazione.
4.3. - Tale tesi non ha pregio. Secondo giurisprudenza pacifi
ca, rientrano negli interventi di manutenzione edilizia straordi
naria, di cui all'art. 31, 1° comma, lett. b), 1. 457/78, eseguibili sulla base di semplice autorizzazione comunale, solo i lavori
che non comportano alterazioni di volumi e delle superfici delle
singole unità immobiliari o modifiche della destinazione d'uso
(si veda, tra le tante, la decisione della sezione 1° marzo 1993, n. 301).
Sono compresi negli interventi di restauro e di risanamento
conservativo, di cui all'art. 31, 1° comma, lett. c), 1. 457/78,
quelli rivolti al recupero abitativo di edifici preesistenti, sempre ché si tratti di interventi tesi a conservare l'organismo edilizio
e ad assicurarne la funzionalità e siano rispettati gli elementi
tipologici, formali e strutturali dell'edificio, senza modificare l'identità, la fisionomia e la struttura dello stesso, né i volumi
e le superfici delle singole unità immobiliari (si veda la decisio ne del Consiglio di giustizia ammministrativa per la regione si ciliana 29 gennaio 1994, n. 6).
La ristrutturazione, di cui all'art. 31, 1° comma, lett. d), 1.
457/78, comporta, invece, la modifica dell'ordine in cui sono
disposte le diverse parti che compongono la costruzione e si
differenzia sia dalla manutenzione straordinaria che dal restau
ro e dal risanamento conservativo dato che tali ultimi interven
ti, al contrario della stessa, lasciano inalterate le strutture anche
interne dell'edificio (Cass. 10 ottobre 1984, n. 8427 (sic)). 4.4. - Sulla base degli atti emerge la seguente situazione.
Dalla perizia tecnica di parte, redatta il 15 novembre 1991
dall'ing. Polese Sergio su incarico della sig. Del Prete, risulta: a) con riguardo alle fondamenta, l'eliminazione della preesi
stente muratura e degli elementi isolati privi di travi di collega mento e la realizzazione ex novo in cemento armato;
b) la realizzazione della struttura portante con un'armatura
in cemento armato, prima inesistente, composta da 14 pilastri e 6 travi rovescie;
c) la modificazione della luce interna, portata dalla prece dente misura di m. 4,45-5,00 a quella di m 5,50, con conseguen te aumento di volumetria;
d) la modificazione dell'altezza massima esterna (di circa cm
10-15) e della sagoma a terra (avente prima forma trapezoidale con lati minori di m 9,60 e 10,20 e lunghezza massima di m
Il Foro Italiano — 1995.
28,60 e, allo stato, lati minori di m 9,45 e 10,70 e lunghezza massima di m 28,97);
e) la modificazione della superficie (in atto incrementata di
circa mq 40, pari all'area risultante dall'eliminazione di una pree sistente rientranza nel corpo di fabbrica, della larghezza di oltre
m 1,00 e della lunghezza di m 40 circa). Tali risultanze trovano riscontro anche nelle conclusioni for
mulate dall'arch. Evangelisti Giancarlo, nella consulenza tecni
ca di ufficio redatta il 19 marzo 1990 nell'ambito del procedi mento penale n. 569/89 relativo all'esposto promosso dalla sig. Del Prete contro la sig. Farnetti ed i sig. Pitton, su incarico
del pubblico ministero presso la pretura circondariale di Latina.
Nella specie, il consulente ha concluso nel senso dell'impossibi lità di qualificare le opere di cui trattasi come interventi di ma
nutenzione straordinaria, nonché di risanamento ed adeguamento
strutturale, rientrando, invece, negli interventi di demolizione
e di ricostruzione di un immobile. Le medesime conclusioni del consulente d'ufficio sono state
poi fatte proprie del Pretore penale di Latina che, con sentenza
30 luglio 1993, n. 417, ha ritenuto la sig. Farnetti colpevole dei reati a lei ascritti, di cui agli art. 110 c.p. e 20, lett. b), 1. 47/85 (esecuzione di lavori in assenza della concessione).
Nessun valore, invece, può essere attribuito alla perizia tecni
ca di parte, redatta in data 9 febbraio 1991 dall'arch. Aprile Claudio su incarico della sig. Farnetti, dato che le opere descrit
te nella stessa, oltre ad essere erroneamente qualificate come
manutenzione straordinaria, non collimano nemmeno con quel le risultanti dal contenuto degli atti impugnati in primo grado.
4.5. - Ciò premesso, il collegio ritiene, innanzitutto, che i
lavori eseguiti non possono rientrare in quelli di adeguamento statico di cui all'art. 35, 5° comma, 1. 47/85, dato che la norma
si rivolge agli interventi su strutture esistenti e non ne consente
la loro demolizione con successiva ricostruzione.
Comunque, l'intervento edilizio realizzato va qualificato di
ristrutturazione edilizia ai sensi dell'art. 31, 1° comma, lett. d), 1. 457/78, non solo perché è stato eseguito attraverso previe demolizioni e successiva ricostruzione parziale, ma soprattutto
poiché, sulla base delle osservazioni esposte al precedente punto
4.4., quanto realizzato non è del tutto eguale — per superficie,
volumi, dimensioni e tipologia — al preesistente. In sostanza,
quanto realizzato, avendo dato luogo ad un quid novi, si identi
fica in quell'«organismo edilizio ... in parte diverso dal prece dente» che caratterizza ai sensi di legge gli interventi di ristrut
turazione edilizia.
Da ciò consegue la necessità, per le opere di cui trattasi, della
previa concessione edilizia, data l'inapplicabilità dell'art. 48 1. 457/78 — esteso dall'art. 7 d.l. 9/82, convertito, con modifica
zioni, dalla 1. 94/82, agli interventi di manutenzione straordina ria ed a quelli di restauro e di risanamento conservativo — non
ché della disciplina dell'autorizzazione gratuita e del silenzio as senso prevista dalle due norme da ultimo citate.
Di qui l'infondatezza delle censure dedotte nei primi tre mo
tivi di appello. 5. - L'appello, pertanto, deve essere respinto e, conseguente
mente, la sentenza impugnata va confermata integrandone la
motivazione.
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