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sezione V; decisione 4 novembre 1994, n. 1261; Pres. Reggio D'Aci, Est. Piscitello; Mottes (Avv....

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sezione V; decisione 4 novembre 1994, n. 1261; Pres. Reggio D'Aci, Est. Piscitello; Mottes (Avv. Giovannini, Stella Richter) c. Zorzi (Avv. Dragogna). Conferma Trga Trento 6 ottobre 1992, n. 329 Source: Il Foro Italiano, Vol. 118, No. 5 (MAGGIO 1995), pp. 255/256-259/260 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23190037 . Accessed: 25/06/2014 06:13 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 185.44.78.105 on Wed, 25 Jun 2014 06:13:52 AM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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sezione V; decisione 4 novembre 1994, n. 1261; Pres. Reggio D'Aci, Est. Piscitello; Mottes (Avv.Giovannini, Stella Richter) c. Zorzi (Avv. Dragogna). Conferma Trga Trento 6 ottobre 1992, n.329Source: Il Foro Italiano, Vol. 118, No. 5 (MAGGIO 1995), pp. 255/256-259/260Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23190037 .

Accessed: 25/06/2014 06:13

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PARTE TERZA

la superficie complessiva di vendita da 670 a 990 mq, di cui

560 destinati alla vendita dei generi di largo e generale consu

mo, già autorizzati con i precedenti provvedimenti di concen

trazione.

In accoglimento del terzo motivo dei ricorsi della società Pa

trizi e dell'Unione commercianti artigiani ceccanesi, il tribunale

amministrativo ha annullato il provvedimento, perché adottato, in assenza di piano, senza la previa determinazione da parte del consiglio comunale dei criteri, previsti dall'art. 8, 1° com

ma, d.l. n. 697 del 1982, ai quali far riferimento per il rilascio

delle nuove autorizzazioni commerciali.

Gli appellanti sostengono che il primo giudice abbia dato un'er

ronea applicazione alla norma sopraindicata, che riguarderebbe solo i generi di largo e generale consumo, tra i quali non sono

compresi quelli autorizzati.

Con riguardo agli appelli in esame, va, anzitutto, respinta l'eccezione d'inammissibilità dei ricorsi di primo grado per una

presunta carenza d'interesse delle ricorrenti, già beneficiarie di

autorizzazioni commerciali rilasciate con i medesimi criteri di

quelli accolti dal provvedimento impugnato. È evidente, invero, che la descritta situazione — ove esista

— è ininfluente ai fini della tutela avverso i successivi provvedi

menti, quand'anche i primi, dei quali avevano beneficiato i ri

correnti, fossero stati illegittimi. Nel merito, a prescindere dalla vigenza o meno del piano com

merciale comunale in attesa di revisione, per esigenze di com

pletezza espositiva, occorre precisare che l'assunto degli appel lanti non può essere condiviso, perché l'art. 8, 1° comma, cita

to — salva la deroga del 2° comma in ordine all'ampliamento, trasferimento e concentrazione degli esercizi operanti da tre an

ni — vieta il rilascio, in carenza del piano comunale, di nuove

autorizzazioni commerciali, senza la previa adozione da parte del consiglio comunale dei criteri cui avere riguardo.

Invero, la vendita al minuto di tutti i beni è soggetta, per

disposto dell'art. 24, 1° comma, 1. n. 426 del 1971 ad autorizza

zione amministrativa, che va rilasciata, ai sensi del 2° comma

della stessa disposizione, con la osservanza dei criteri stabiliti

dal piano commerciale.

Ne consegue che l'art. 8, 1° comma, d.l. n. 697 del 1982 — come del resto l'art. 43, 2° comma della stessa 1. 426/71 — disciplina il rilascio di tutte le autorizzazioni commerciali

indipendentemente dai generi cui esse si riferiscono.

Il disposto, contenuto nella stessa norma, che la mancanza

dei criteri, di cui sopra è cenno, comporta la sospensione del

rilascio delle autorizzazioni relative all'apertura di esercizio di

vendita al dettaglio dei generi di largo e generale consumo non

può avere che il significato di salvaguardare l'ordine cronologi co di presentazione delle domande relative a detti beni, il cui

esame va quindi soltanto sospeso (e non definito col rigetto) in attesa dell'adozione dei criteri medesimi.

Dalla prevista sospensione dell'esame di tali istanze non può farsi discendere — come sostengono gli appellanti — che l'inte

ra disposizione dell'art. 8, 1° comma, riguardi solo i generi di

largo e generale consumo, sicché la domanda delia società Pa trizi non poteva essere né rigettata, né sospesa per non riferirsi,

appunto, a quel tipo di beni.

La sentenza impugnata ha, quindi, interpetato in modo cor

retto la norma in questione.

Senonché, essa muove dall'erroneo presupposto che il comu

ne di Ceccano fosse privo del piano commerciale e che quindi trovasse applicazione la norma, di cui all'art. 8, 1° comma,

sopramenzionato. Ciò nonostante, essa merita d'essere confermata quanto al

l'annullamento del provvedimento impugnato.

Invero, nello stesso motivo accolto dal primo giudice e nelle

restanti censure dei ricorsi prodotti dalle parti avverse, ci si duole,

specie alla stregua della concatenazione dei tre provvedimenti

impugnati, che hanno dato vita ad un nuovo esercizio commer

ciale di 990 mq, del fatto che quest'ultimo è stato consentito

in spregio all'equilibrio commerciale del piano. Al riguardo, richiamando quanto già detto in precedenza, la

domanda di nuova autorizzazione commerciale, distaccandosi

dallo schema normale dell'attivazione di un nuovo negozio, per riferirsi al potenziamento di un preesistente punto di vendita,

li Foro Italiano — 1995.

andava esaminata in relazione alla concreta realtà commerciale

che andava a determinare, al fine di vagliare se quest'ultima

potesse trovare adesione, tenuto conto della normativa che la

prendeva in considerazione.

Ne consegue che, nella specie, la domanda in parola, diretta

al potenziamento del preesistente punto di vendita per una com

plessiva superficie di mq 990, andava necessariamente esamina

ta alla stregua del piano commerciale comunale, sulla cui per durante vigenza si richiamano le argomentazioni esposte in pre cedenza.

In conclusione, il rilascio dell'autorizzazione n. 677 del 26

ottobre 1989 in base al semplice parere della commissione co

munale, senza alcun riferimento al piano commerciale, senza,

cioè, la verifica che l'insediamento del nuovo esercizio commer

ciale fosse compatibile con l'equilibrio commerciale già fissato

dal piano, rende illegittima l'adozione del provvedimento stesso.

Che l'autorizzazione in parola sia stata rilasciata senza la ve

rifica della sua compatibilità col piano risulta non solo dal testo

stesso del provvedimento, ma anche dalla linea difensiva del

comune circa l'intervenuta decadenza del piano, da una parte, e l'inapplicabilità dell'art. 8, 1° comma, d.l. n. 697 del 1982

alle autorizzazioni commerciali non aventi ad oggetto beni di

largo e generale consumo, dall'altra, donde la presunta possibi lità — censurata dal primo giudice con riguardo all'art. 8 cit. — di aprire nuovi esercizi commerciali per la vendita di altri

generi, anche di consistenti dimensioni, senza valutarne l'inci

denza sull'equilibrio dell'apparato distributivo.

Concludendo, gli appelli prodotti dalla società Patrizi e dal

comune di Ceccano vanno respinti e, per l'effetto, la sentenza

impugnata va confermata con la motivazione suesposta. 10. - Alla stregua di tutto quanto esposto, vanno accolti gli

appelli dell'unione commercianti artigiani ceccanesi e della so

cietà Mazzocchi e, per l'effetto, in riforma della sentenza impu

gnata, vanno annullati i provvedimenti del sindaco di Ceccano

4 aprile 1989, n. 646 e 15 luglio 1989, n. 661, mentre gli appelli

prodotti dalla società Patrizi e dal comune di Ceccano vanno

respinti e, per l'effetto, la sentenza impugnata va sul punto con

fermata con la diversa motivazione di cui sopra.

I

CONSIGLIO DI STATO; sezione V; decisione 4 novembre 1994, n. 1261; Pres. Reggio D'Aci, Est. Piscitello; Mottes (Avv.

Giovannini, Stella Richter) c. Zorzi (Aw. Dragogna). Con

ferma Trga Trento 6 ottobre 1992, n. 329.

Edilizia e urbanistica — Interventi su immobili preesistenti —

Costruzione su ruderi — Ristrutturazione — Esclusione —

Fattispecie (L. 5 agosto 1978 n. 457, norme per l'edilizia resi denziale, art. 31).

Non rientra nella categoria degli interventi di ristrutturazione, che postulano la preesistenza di un fabbricato provvisto di mura perimetrali e copertura, la ricostruzione di edificio su

ruderi costituiti da due murature di spina comuni a fabbricati contigui, essendo già state demolite in precedenza le strutture

portanti verticali ed orizzontali in esecuzione di ordinanza con

tingibile e urgente (nella specie, il piano di tutela degli

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GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA

insediamenti storici del comprensorio della Valle dell'Adige,

equipara a tutti gli effetti la ricostruzione su ruderi a nuova

costruzione). (1)

II

CONSIGLIO DI STATO; sezione V; decisione 23 luglio 1994, n. 807; Pres. Catallozzi, Est. Volpe; Farnetti, Pitton (Avv.

A. Pietrosanti) c. Comune di Latina (Avv. Stellato) e Del

Prete (Aw. Brignola, De Simone). Conferma Tar Lazio, sez.

Latina, 11 febbraio 1993, n. 136.

Edilizia e urbanistica — Interventi su immobili preesistenti —

Realizzazione di organismo in parte nuovo — Concessione

(L. 5 agosto 1978 n. 457, art. 31).

È da qualificarsi ristrutturazione edilizia e non mero restauro

conservativo, e quindi necessita di concessione edilizia, non

solo l'intervento eseguito previa demolizione e successiva ri

costruzione parziale, ma anche quello risultante — per volu

me, superficie, dimensione e tipologia — come organismo in

parte diverso dal precedente (nella specie, l'intervento modifi

cava simultaneamente le fondamenta, la struttura portante,

la volumetria, l'altezza massima esterna e la sagoma a terra,

la superficie). (2)

I

Diritto. — L'appello è infondato. L'asserito travisamento dei

fatti e la pretesa erronea applicazione dei principi disciplinanti l'intervento di ristrutturazione edilizia (costituenti il primo mo

tivo dell'appello) debbono escludersi in base alle risultanze di

fatto emerse nel giudizio di primo grado e puntualmente ripor

tate dalla sentenza impugnata. La configurazione dell'intervento in questione «come ristrut

turazione edilizia del fabbricato tavolarmente contraddistinto co

(1-2) Sul concetto di ristrutturazione, da ultimo, Cons. Stato, sez.

V, 21 febbraio 1994, n. 112, Foro it., 1994, III, 370, con nota di richia

mi, ed anche Cons, giust. amm. sic. 29 gennaio 1994, n. 6, Cons. Sta

to, 1994, I, 71, che distingue ristrutturazione da risanamento conserva

tivo perché solo la prima ammette una modifica sostanziale dell'edifi

cio, nonché Cons. Stato, sez. V, 6 dicembre 1993, n. 1259, Riv. giur.

edilizia, 1994, I, 334, che fa rientrare nella ristrutturazione anche la

demolizione e successiva fedele ricostruzione dell'edificio. Secondo Tar

Friuli-Venezia Giulia 16 febbraio 1994, n. 92, Trib. amm. reg., 1994,

I, 1448, gli spostamenti di volume sono ammessi nella misura stretta

mente necessaria per predisporre volumi c.d. tecnici, e non certo ad

libitum. In Tar Lombardia, sez. Brescia, 11 maggio 1994, n. 230, ibid., 2491 (riportata solo in massima), d'altro canto, pur definendosi ristrut

turazione la costruzione di un quid novi rispetto ad un preesistente edi

ficio in parte demolito per ragioni tecniche o economiche, non si ritiene

necessaria la concessione edilizia. In sintonia con le oscillazioni giuris

prudenziali sul problema della qualificazione dei diversi tipi di interven

to sul patrimonio edilizio esistente, si registrano opinioni dottrinali dif

ferenziate nell'individuazione degli elementi qualificanti le varie catego rie: in particolare a proposito della ristrutturazione.

C'è chi individua tale criterio essenzialmente nella finalità dell'inter

vento, che nella ristrutturazione è quello della «costruzione di un edifi

cio, in tutto o in parte nuovo, ossia il recupero urbanistico dello spazio sia pure con riguardo ad un solo edificio; mentre nel restauro e risana

mento conservativo la finalità è costituita dal recupero architettonico

dell'esistente» (Mengoli, Manuale di diritto urbanistico, Milano, 1992,

648; conf., Cass. 5 aprile 1994, Antolini, Giust. pen., 1994, II, 678);

e chi pone come unico limite quello della «riconoscibilità» dell'organi

smo edilizio preesistente, altrimenti non si è in presenza di ristruttura

zione (Mazzoni, Diritto urbanistico, Varese, 1990, 445). Per quanto riguarda l'aspetto più controverso, quello riguardante i

casi di demolizione e successiva ricostruzione di un edificio, se in Cons.

Stato, sez. V, 26 maggio 1992, n. 464, Foro it., 1993, III, 169, tali

interventi sono addirittura contenuti nella categoria restauro o risana

mento conservativo, e in Tar Puglia, sez. Lecce, 22 gennaio 1992, n.

57, id., Rep. 1992, voce cit., n. 586, di manutenzione straordinaria,

purché si tratti di fedele ricostruzione, perché il nuovo immobile non

Il Foro Italiano — 1995.

me p. ed. 14/1» non trova riscontro nella situazione di fatto

in quanto (come già osservato dallo stesso Trga di Trento in

occasione dell'esame di precedente concessione edilizia annulla

ta con la sentenza n. 173/91) «ancor prima del rilascio della

concessione edilizia annullata, l'edificio de quo era stato demo

lito nelle sue strutture portanti verticali ed orizzontali (fatta ec

cezione per le due murature di spina comuni ai fabbricati conti

gui), in esecuzione di ordinanza contingibile e urgente del 18

maggio 1990 del sindaco di Fai della Paganella». La situazione di partenza a cui ragguagliare l'intervento di

trasformazione edilizia di cui trattasi — soggiunge la sentenza

appellata — «non è quindi rappresentata dall'esistenza di un

fabbricato da ristrutturare, bensì dalla presenza di ruderi deri

vanti da un intervento di demolizione coatta».

Quale che sia la latitudine della nozione di ristrutturazione

edilizia — conclude il giudice di primo grado — la stessa «po stula comunque inevitabilmente la preesistenza di un fabbricato

da ristrutturare, e quindi di un organismo edilizio dotato di

quattro murature perimetrali e strutture orizzontali di collega mento e copertura». Nel caso di specie, invece, poiché il manu

fatto risultante dalla demolizione non conservava quel minimo

di consistenza strutturale e dimensionale che ne permettesse il

recupero mediante un intervento qualificabile come «ristruttu

razione edilizia», trova puntuale applicazione il disposto del

l'art. 20 della norma transitoria di attuazione del vigente piano

generale a tutela degli insediamenti storici (p.g.t.i.s.) del com

prensorio della Valle dell'Adige nonché il disposto del successi

vo art. 49 della stessa norma transitoria di attuazione i quali,

rispettivamente, equiparano ad ogni effetto la ricostruzione su

ruderi a nuova costruzione ed ammettono la costruzione in ade

renza solo previo consenso, debitamente intavolato, del proprie tario finitimo.

La giurisprudenza invocata dall'appellante (che considera at

tività di ristrutturazione edilizia, ai sensi dell'art. 31, lett. d,

1. 5 agosto 1978 n. 457, anche la demolizione e successiva rico

struzione di un fabbricato, quando si tratti di modifiche che

salvaguardino le caratteristiche fondamentali dell'esistente) non

è applicabile nel caso di specie, una volta accertato che, in pun

introduce alcun elemento differente nel tessuto urbanistico, prevalente mente il Consiglio di Stato ricomprende la demolizione e successiva ricostruzione nella categoria ristrutturazione (Cons. Stato, sez. V, 3 gen naio 1992, n. 4, ibid., n. 315; 3 febbraio 1992, n. 87, ibid., n. 316; 8 ottobre 1992, n. 962, ibid., n. 319; 6 dicembre 1993, n. 1259, cìt.; resta tuttavia escluso che il fabbricato possa essere ricostruito su terre

no attiguo: Tar Campania, sez. V, 18 gennaio 1994, n. 28, Trib. amm.

reg., 1994, I, 1205), perché l'elemento differenziatore della ristruttura

zione non è la fisica permanenza di qualche parte del manufatto origi nario — ma con tale definizione contrasta la prima delle pronunce in

epigrafe —, ma la conservazione dei sostanziali caratteri identificativi, come collocazione, sagoma, volumetria, ecc. (Tar Toscana, sez. I, 18

marzo 1994, n. 246, Foro amm., 1994, I, 1523; conf., Corte conti, sez. contr., 30 giugno 1993, n. 104, Cons. Stato, 1994, II, 1, 66), men

tre la giurisprudenza penale, sul presupposto che la ristrutturazione, volta al recupero del patrimonio immobiliare esistente, postula la con

servazione dell'organismo edilizio originario, ritiene che il privato deb

ba ottenere una diversa ed autonoma concessione edilizia, che non può

prescindere dal rispetto degli strumenti urbanistici vigenti al momento

del rilascio (Cass. 5 aprile 1994, Antolini, cit.; 9 giugno 1994, Mengatti

ni, Giusi, pen., 1994, II, 552; 10 agosto 1993, Mirarchi, ibid., 298; 11 luglio 1991, Bandinelli, Foro it., Rep. 1992, voce cit., n. 314; 29

gennaio 1991, Nicosia, ibid., n. 475; 22 gennaio 1989, Peluso, id., Rep. 1990, voce cit., n. 338; 13 novembre 1987, Facco, id., Rep. 1989, n.

329; 25 settembre 1984, Belcaro, id., Rep. 1985, n. 635). Ciò anche

per evitare che la richiesta di concessione a fini di ristrutturazione possa in realtà celare da parte del richiedente l'intento di sottrarsi all'osser

vanza delle vigenti prescrizioni urbanistiche, a cui sarebbe costretto chie

dendo la concessione per una nuova costruzione (cfr. Cass. 25 settem

bre 1984, Belcaro, cit., id., Rep. 1985, voce cit., n. 634; in tal senso

anche Tar Molise 9 marzo 1994, n. 40, Trib. amm. reg., 1994, I, 2093). Sul regime degli oneri di urbanizzazione gravanti su interventi di ri

strutturazione, v. Cons. Stato, sez. V, 16 settembre 1994, n. 997, Cons.

Stato, 1994, I, 1224, nel senso che la ristrutturazione che non comporti mutamento di destinazione d'uso (e tale non è la trasformazione di

garage collettivo in vari boxes), concreta un'ipotesi di concessione gra tuita prevista dall'art. 9 1. 28 gennaio 1977 n. 10.

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PARTE TERZA

to di fatto, al momento del rilascio della concessione, del ma

nufatto preesistente rimanevano soltanto due murature perime trali e che, in punto di diritto, la ricostruzione sui ruderi è equi parata da specifica normativa ad ogni effetto a nuova co

struzione.

Alla luce delle considerazioni che precedono appare infonda

ta anche la censura contenuta nel secondo motivo di appello, concernente erronea applicazione di legge (art. 20), illogicità ma

nifesta e violazione dei principi generali disciplinanti la pianifi cazione dei centri storici, atteso che proprio la norma in que stione prevede espressamente che la ricostruzione su ruderi è

equiparata ad ogni effetto a nuova costruzione.

L'appello deve, quindi, essere rigettato, con la conseguente

integrale conferma della decisione impugnata.

II

Diritto. — (Omissis). 4.2. - La tesi degli appellanti, in sostan za, è la seguente.

I provvedimenti impugnati in primo grado sarebbero illegitti mi in quanto emessi in violazione dell'art. 35, 5° comma, 1.

28 febbraio 1985 n. 47 e dell'art. 31, 1° comma, lett. b) e c), 1. 457/78, costituendo i lavori eseguiti — che non avrebbero

comportato né alterazione di volumi esistenti, né cambio di de

stinazione — opere di adeguamento strutturale o, comunque, interventi di manutenzione straordinaria o di restauro e di risa

namento conservativo, e non interventi di ristrutturazione edili

zia. Ne consegue, sempre a detta degli appellanti, che — ai sen

si dell'art. 7 d.l. 23 gennaio 1982 n. 9, convertito, con modifi

cazioni, dalla 1. 25 marzo 1982 n. 94, il quale rinvia alle disposizioni dell'art. 48 1. 457/78 — non si richiederebbe la pre via concessione edilizia ma solo un'autorizzazione.

4.3. - Tale tesi non ha pregio. Secondo giurisprudenza pacifi

ca, rientrano negli interventi di manutenzione edilizia straordi

naria, di cui all'art. 31, 1° comma, lett. b), 1. 457/78, eseguibili sulla base di semplice autorizzazione comunale, solo i lavori

che non comportano alterazioni di volumi e delle superfici delle

singole unità immobiliari o modifiche della destinazione d'uso

(si veda, tra le tante, la decisione della sezione 1° marzo 1993, n. 301).

Sono compresi negli interventi di restauro e di risanamento

conservativo, di cui all'art. 31, 1° comma, lett. c), 1. 457/78,

quelli rivolti al recupero abitativo di edifici preesistenti, sempre ché si tratti di interventi tesi a conservare l'organismo edilizio

e ad assicurarne la funzionalità e siano rispettati gli elementi

tipologici, formali e strutturali dell'edificio, senza modificare l'identità, la fisionomia e la struttura dello stesso, né i volumi

e le superfici delle singole unità immobiliari (si veda la decisio ne del Consiglio di giustizia ammministrativa per la regione si ciliana 29 gennaio 1994, n. 6).

La ristrutturazione, di cui all'art. 31, 1° comma, lett. d), 1.

457/78, comporta, invece, la modifica dell'ordine in cui sono

disposte le diverse parti che compongono la costruzione e si

differenzia sia dalla manutenzione straordinaria che dal restau

ro e dal risanamento conservativo dato che tali ultimi interven

ti, al contrario della stessa, lasciano inalterate le strutture anche

interne dell'edificio (Cass. 10 ottobre 1984, n. 8427 (sic)). 4.4. - Sulla base degli atti emerge la seguente situazione.

Dalla perizia tecnica di parte, redatta il 15 novembre 1991

dall'ing. Polese Sergio su incarico della sig. Del Prete, risulta: a) con riguardo alle fondamenta, l'eliminazione della preesi

stente muratura e degli elementi isolati privi di travi di collega mento e la realizzazione ex novo in cemento armato;

b) la realizzazione della struttura portante con un'armatura

in cemento armato, prima inesistente, composta da 14 pilastri e 6 travi rovescie;

c) la modificazione della luce interna, portata dalla prece dente misura di m. 4,45-5,00 a quella di m 5,50, con conseguen te aumento di volumetria;

d) la modificazione dell'altezza massima esterna (di circa cm

10-15) e della sagoma a terra (avente prima forma trapezoidale con lati minori di m 9,60 e 10,20 e lunghezza massima di m

Il Foro Italiano — 1995.

28,60 e, allo stato, lati minori di m 9,45 e 10,70 e lunghezza massima di m 28,97);

e) la modificazione della superficie (in atto incrementata di

circa mq 40, pari all'area risultante dall'eliminazione di una pree sistente rientranza nel corpo di fabbrica, della larghezza di oltre

m 1,00 e della lunghezza di m 40 circa). Tali risultanze trovano riscontro anche nelle conclusioni for

mulate dall'arch. Evangelisti Giancarlo, nella consulenza tecni

ca di ufficio redatta il 19 marzo 1990 nell'ambito del procedi mento penale n. 569/89 relativo all'esposto promosso dalla sig. Del Prete contro la sig. Farnetti ed i sig. Pitton, su incarico

del pubblico ministero presso la pretura circondariale di Latina.

Nella specie, il consulente ha concluso nel senso dell'impossibi lità di qualificare le opere di cui trattasi come interventi di ma

nutenzione straordinaria, nonché di risanamento ed adeguamento

strutturale, rientrando, invece, negli interventi di demolizione

e di ricostruzione di un immobile. Le medesime conclusioni del consulente d'ufficio sono state

poi fatte proprie del Pretore penale di Latina che, con sentenza

30 luglio 1993, n. 417, ha ritenuto la sig. Farnetti colpevole dei reati a lei ascritti, di cui agli art. 110 c.p. e 20, lett. b), 1. 47/85 (esecuzione di lavori in assenza della concessione).

Nessun valore, invece, può essere attribuito alla perizia tecni

ca di parte, redatta in data 9 febbraio 1991 dall'arch. Aprile Claudio su incarico della sig. Farnetti, dato che le opere descrit

te nella stessa, oltre ad essere erroneamente qualificate come

manutenzione straordinaria, non collimano nemmeno con quel le risultanti dal contenuto degli atti impugnati in primo grado.

4.5. - Ciò premesso, il collegio ritiene, innanzitutto, che i

lavori eseguiti non possono rientrare in quelli di adeguamento statico di cui all'art. 35, 5° comma, 1. 47/85, dato che la norma

si rivolge agli interventi su strutture esistenti e non ne consente

la loro demolizione con successiva ricostruzione.

Comunque, l'intervento edilizio realizzato va qualificato di

ristrutturazione edilizia ai sensi dell'art. 31, 1° comma, lett. d), 1. 457/78, non solo perché è stato eseguito attraverso previe demolizioni e successiva ricostruzione parziale, ma soprattutto

poiché, sulla base delle osservazioni esposte al precedente punto

4.4., quanto realizzato non è del tutto eguale — per superficie,

volumi, dimensioni e tipologia — al preesistente. In sostanza,

quanto realizzato, avendo dato luogo ad un quid novi, si identi

fica in quell'«organismo edilizio ... in parte diverso dal prece dente» che caratterizza ai sensi di legge gli interventi di ristrut

turazione edilizia.

Da ciò consegue la necessità, per le opere di cui trattasi, della

previa concessione edilizia, data l'inapplicabilità dell'art. 48 1. 457/78 — esteso dall'art. 7 d.l. 9/82, convertito, con modifica

zioni, dalla 1. 94/82, agli interventi di manutenzione straordina ria ed a quelli di restauro e di risanamento conservativo — non

ché della disciplina dell'autorizzazione gratuita e del silenzio as senso prevista dalle due norme da ultimo citate.

Di qui l'infondatezza delle censure dedotte nei primi tre mo

tivi di appello. 5. - L'appello, pertanto, deve essere respinto e, conseguente

mente, la sentenza impugnata va confermata integrandone la

motivazione.

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