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sezione V penale; sentenza 9 dicembre 2003; Pres. Marrone, Est. Marasca, P.M. Delehaye (concl. parz....

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sezione V penale; sentenza 9 dicembre 2003; Pres. Marrone, Est. Marasca, P.M. Delehaye (concl. parz. diff.); ric. Bajrami Fatbardha e altri. Annulla senza rinvio App. Milano 12 febbraio 2003 Source: Il Foro Italiano, Vol. 128, No. 1 (GENNAIO 2005), pp. 49/50-53/54 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23200414 . Accessed: 28/06/2014 12:59 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 91.220.202.141 on Sat, 28 Jun 2014 12:59:12 PM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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sezione V penale; sentenza 9 dicembre 2003; Pres. Marrone, Est. Marasca, P.M. Delehaye (concl.parz. diff.); ric. Bajrami Fatbardha e altri. Annulla senza rinvio App. Milano 12 febbraio 2003Source: Il Foro Italiano, Vol. 128, No. 1 (GENNAIO 2005), pp. 49/50-53/54Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23200414 .

Accessed: 28/06/2014 12:59

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GIURISPRUDENZA PENALE

È invece fondato l'ultimo motivo di ricorso con il quale si

lamenta che sia stata disposta, a pena espiata, l'espulsione dal

territorio dello Stato senza una previa valutazione della perico losità sociale degli imputati. Risulta infatti dagli atti del proces so che il primo giudice aveva applicato agli imputati la misura

di sicurezza in questione, prevista dall'art. 86 d.p.r. 309/90 per coloro che siano stati condannati, tra l'altro, per il delitto previ sto dall'art. 73 medesimo d.p.r.; l'applicazione della misura di

sicurezza in questione era stata peraltro disposta immotivata

mente e senza alcuna valutazione sulla pericolosità sociale degli

imputati in contrasto con quanto deciso dalla Corte costituzio

nale con la sentenza 24 febbraio 1995, n. 58, id., 1995, I, 1757

(che aveva dichiarato l'illegittimità costituzionale della norma

in questione nella parte in cui obbligava il giudice a disporre

l'espulsione senza l'accertamento in concreto della pericolosità sociale).

Investita dell'appello anche su questo punto la corte di merito

ha ignorato il relativo motivo di doglianza, pur avendone dato

atto nelle premesse, e, confermando integralmente la sentenza

impugnata, ha confermato anche l'applicazione della misura di

sicurezza omettendo quindi di procedere alla valutazione di pe ricolosità che era tenuta a fare non essendo più, l'applicazione della misura di sicurezza, una conseguenza automatica della

condanna (in questo senso, v. Cass. 4 luglio 2002, Saldi va, id.,

Rep. 2003, voce Stupefacenti, n. 26; 21 febbraio 1996, Elopaid, id.. Rep. 1996, voce cit., n. 106).

Ne consegue l'annullamento della sentenza impugnata limi

tatamente alla parte in cui ha omesso di motivare sul punto con

rinvio ad altra sezione della Corte d'appello di Milano per nuo

vo esame.

CORTE DI CASSAZIONE; sezione V penale; sentenza 9 di

cembre 2003; Pres. Marrone, Est. Marasca, P.M. Delehaye

(conci, parz. diff.); ric. Bajrami Fatbardha e altri. Annulla

senza rinvio App. Milano 12 febbraio 2003.

Giudizio abbreviato — Riduzione della pena — Disciplina (Cod. pen., art. 78; cod. proc. pen., art. 442).

Stupefacenti e sostanze psicotrope — Acquisto o cessione —

Reato — Consumazione (D.p.r. 9 ottobre 1990 n. 309, t.u.

delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostan

ze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi

stati di tossicodipendenza, art. 73). Evasione e inosservanza di pena

— Procurata inosservanza

di pena — Reato — Estremi (Cod. pen., art. 390).

Estradizione — Estradizione dall'estero per l'Italia —

Convenzione europea di estradizione — Principio di spe cialità — Fatti commessi prima della consegna e diversi —

Preclusione all'esercizio dell'azione penale (Cod. proc.

pen., art. 721; 1. 30 gennaio 1963 n. 300, ratifica ed esecuzio

ne della convenzione europea di estradizione, firmata a Parigi il 13 dicembre 1957: convenzione, art. 14).

La riduzione della pena conseguente alla scelta del rito del giu

dizio abbreviato ad opera dell'imputato, risolvendosi in

un'operazione puramente aritmetica di natura processuale,

temporalmente deve essere eseguita dopo la determinazione

della pena effettuata secondo i criteri e nel rispetto delle

norme sostanziali previste dal codice penale. (1) Ai fini della consumazione del reato di acquisto e/o cessione di

(1) Con riferimento alla riduzione della pena conseguente al giudizio abbreviato, la Cassazione nell'accogliere il motivo d'impugnazione del

ricorrente ha ribadito che la riduzione, avendo natura processuale, deve

essere applicata dopo la determinazione del trattamento sanzionatorio

da effettuarsi nel rispetto dei limiti di natura sostanziale posti dalla leg

II Foro Italiano — 2005.

sostanze stupefacenti, così come previsto dall'art. 73 d.p.r. 309/90, la legge non richiede che la droga venga material

mente consegnata al compratore, essendo sufficiente la for mazione del consenso sulla qualità e quantità della sostanza e

sul prezzo, senza che occorra la concreta traditio della cosa o

il pagamento del corrispettivo. (2) Il delitto di procurata inosservanza di pena si concretizza in

qualsiasi aiuto prestato al condannato, purché sia idoneo allo

scopo di sottrarlo all'esecuzione della pena, e sempre che

sussista una connessione causale con l'intenzione del con

dannato di eludere la misura coercitiva. (3) Nei procedimenti di estradizione dall'estero per l'Italia, la di

sposizione di cui all'art. 14, 1° comma, della convenzione eu

ropea di estradizione, resa esecutiva con l. 30 gennaio 1963

n. 300, deve essere intesa nel senso che, per i fatti diversi da

quelli per i quali è stata concessa l'estradizione e commessi

prima della consegna, è inibito l'esercizio dell'azione pena le. (4)

ge penale e, nel caso di aumento della pena derivante dalla continua

zione, nel rispetto dell'art. 78 c.p. quale norma mirante a temperare l'effetto del cumulo materiale delle pene. La diminuzione premiale per il rito abbreviato ex art. 442 c.p.p., invero, non attiene al fatto di reato, e non ha natura sostanziale rappresentando piuttosto un premio ricono sciuto all'imputato per una sua specifica scelta mirante alla semplifica zione e speditezza del processo (v., nel medesimo senso, Cass. 8 marzo

1993, Dordevic, Foro it.. Rep. 1994, voce Giudizio abbreviato, n. 59; 29 gennaio 1993, El Bakali, ibid., n. 60; 14 aprile 1994, Ricciardi, id.,

Rep. 1995, voce cit., n. 52; 7 aprile 1994, Pusceddu, ibid., n. 53, e

Giusi, pen., 1995,111, 288). (2) A proposito della fattispecie incriminatrice prevista dall'art. 73

d.p.r. 309/90 in materia di disciplina di sostanze stupefacenti, la corte ribadisce il consolidato orientamento interpretativo secondo cui, ai fini della consumazione del reato di acquisto e/o cessione di sostanze stupe facenti, non è necessario che la droga venga materialmente consegnata o sia avvenuto il pagamento del corrispettivo, bastando la formazione del consenso sulla qualità e quantità della sostanza e sul prezzo (cfr. Cass. 16 marzo 1998, Casà, Foro it.. Rep. 1999, voce Stupefacenti, n.

30; 27 aprile 1998, Leoni, ibid., n. 31; 24 giugno 1998, Kremi. id., 1998, II, 758, con note di Amato e Riccardi).

La rilevanza dei beni giuridici tutelati dalla norma incriminatrice, in

dividuati nella salute pubblica, nella sicurezza e nell'ordine pubblico oltre che nella salvaguardia delle giovani generazioni, giustifica, infatti, la scelta del legislatore che ha essenzialmente inteso reprimere il peri colo e le conseguenze dannose dello spaccio anticipandone la punibili tà. La stessa ratio repressiva ha indotto la giurisprudenza maggioritaria ad affermare, ai fini della configurazione del reato, l'irrilevanza non

solo della materiale consegna della droga ma anche dell'assenza di un

minimo principio attivo drogante nella sostanza stupefacente, ritenen

dosi sacrificabile il principio di offensività di fronte all'esigenza di re

primere attività che, se pur non immediatamente lesive, sono ricondu

cibili al mercato della droga attorno al quale prospera il fenomeno della

criminalità organizzata (cfr. Corte cost. 11 luglio 1991, n. 333, id.,

1991, I. 2628; Cass. 24 giugno 1998, Kremi, cit.). (3) Rispetto al reato di procurata evasione, ancora una volta la Cas

sazione si uniforma all'orientamento costante, sia di merito che di le

gittimità, secondo cui l'aiuto prestato, per essere punibile, deve porsi in

rapporto di causalità con l'intenzione del condannato di sottrarsi al l'esecuzione della pena; conseguentemente, la configurabilità della fat

tispecie va esclusa nel caso in cui, come nella specie, l'agente, pur co

noscendo la qualità di condannato, si limiti ad avere con quest'ultimo

rapporti in sé leciti, mentre la condotta concretante il reato deve favori

re il ricercato mediante un'attività volontaria concorrente con quella di

quest'ultimo (cfr. Cass. 10 aprile 1961, Gallus, Foro it., Rep. 1962, vo

ce Evasione e inosservanza dì pena, nn. 3, 4; 20 ottobre 1988, Casta

gnuolo, id.. Rep. 1989, voce cit., n. 6; Trib. Firenze 3 novembre 1981.

id., 1982, II, 500; in dottrina, v. Pioletti, Inosservanza di sanzioni pe nali e di misure di sicurezza, voce del Digesto pen., Torino, 1993, VII,

87; La Cute, Idoneità degli atti nel reato di procurata inosservanza di

pena, in Giur. merito, 1970, II, 227). (4) Con la decisione in epigrafe la Cassazione è, inoltre, tornata sulla

questione degli effetti della clausola di specialità prevista dall'art. 14

della convenzione europea di estradizione, secondo cui la persona estradata non può essere perseguita, giudicata o arrestata in vista del

l'esecuzione di una pena o misura di sicurezza, né sottoposta a qualun

que altra restrizione della sua libertà personale, per un qualsiasi fatto

anteriore alla consegna salvo quello che è posto a motivo dell'estradi

zione. In questa occasione la corte, accogliendo l'interpretazione espressa

da Cass., sez. un.. 28 febbraio 2001, Ferrarese (Foro it., 2001. II, 510,

con nota di Di Chiara), con la quale si è messo fine ad uno scontro in

terpretativo che trova la sua origine in Cass., sez. un., 19 maggio 1984,

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PARTE SECONDA

(Omissis). Resta da esaminare la questione della pena deter

minata a seguito della continuazione ritenuta tra i fatti di cui al

presente processo e quelli di cui alle due sentenze dell'autorità

giudiziaria di Verona già indicate nel primo capitolo. Secondo il ricorrente i giudici dopo aver effettuato il cumulo

ed accertato che il risultato comportava una pena superiore a

trenta anni di reclusione, avrebbero prima dovuto ridurre ai sen

si dell'art. 78 c.p. la pena a trenta anni di reclusione e poi appli care la riduzione per il rito abbreviato.

L'impostazione è corretta.

La determinazione della pena, infatti, deve essere effettuata

dal giudice nel rispetto delle norme di natura sostanziale previ ste dal codice penale; tra esse vi è la disposizione dell'art. 78

c.p. diretta a temperare il principio del cumulo materiale delle

pene, secondo la quale non può essere superato il limite di anni

trenta di reclusione anche in caso di aumento della pena deri

vante dalla continuazione.

Ne consegue che la riduzione della pena in seguito al giudizio abbreviato, risolvendosi in un'operazione puramente aritmetica

di natura processuale conseguente alla scelta del rito ad opera

dell'imputato, logicamente e temporalmente deve essere ese

guita dopo la determinazione della pena effettuata secondo i

criteri e nel rispetto delle norme sostanziali (così, Cass. 7 aprile 1994, Pusceddu, Foro it.. Rep. 1995, voce Giudizio abbreviato, n. 53).

Nel caso di specie, determinata la pena base in anni venti

quattro di reclusione, si deve poi procedere all'aumento di pena

per la c.d. continuazione interna determinata in anni nove di re

clusione.

Ciò comporta la pena complessiva di anni trentatré che per effetto di quanto disposto dall'art. 78 c.p. deve essere ridotta ad

anni trenta di reclusione.

Su tale pena deve essere applicata la diminuente di un terzo

per la scelta del rito abbreviato e, quindi, la pena diviene di anni

venti di reclusione.

A detta pena poi deve essere aggiunta quella di anni tre per la

ritenuta continuazione tra i fatti di cui al presente processo e

quelli di cui alle sentenze del Tribunale di Verona del 10 gen naio 1997 e del g.i.p. presso il Tribunale di Verona del 30 no

vembre 1993.

La pena complessiva da infliggere al Mahmutaj è quindi

quella di anni ventitré di reclusione ed in tal senso, previo an

nullamento senza rinvio della sentenza impugnata sul punto, de

ve essere rideterminata la pena inflitta dai giudici di merito al

ricorrente.

Il ricorso del Mahmutaj per tutte le ragioni esposte deve esse

re rigettato nel resto. (Omissis)

Quanto al terzo motivo di impugnazione con il quale si è so

stenuto che in ordine all'episodio di spaccio del 22 dicembre

1998 si può parlare di atti preparatori alla commissione del reato

mancando la prova che la cessione dello stupefacente sia avve

nuta, sarà sufficiente ricordare che secondo la giurisprudenza della Suprema corte ai fini della consumazione del reato di ac

quisto e/o di cessione di sostanze stupefacenti, la legge non ri chiede che la droga venga materialmente consegnata al com

pratore, perfezionandosi tale reato attraverso la formazione del consenso sulla quantità e qualità della sostanza e sul prezzo, senza che occorra la concreta traditio della cosa o il pagamento del corrispettivo (v. Cass. 9 aprile 1999, n. 3162).

Il motivo è, quindi, infondato. (Omissis) Il secondo ed il terzo motivo del ricorso proposto da Mediu

Fatmir sono fondati.

Carboni (id., 1984, II, 486, con osservazioni di Albeggiano, ha respinto la tesi restrittiva, accolta nei precedenti gradi di giudizio, secondo cui la clausola speciale in questione costituirebbe un mero limite al potere co ercitivo dello Stato richiedente, senza incidere, però, sul potere di pro cessarlo e giudicarlo (cfr. Cass. ,11 marzo 1999, Cinquegranella, id., Rep. 1999, voce Estradizione, n. 42).

Secondo l'indirizzo delle sezioni unite, al contrario, l'art. 14 va col locato nel quadro delle condizioni di procedibilità dell'azione, la cui mancanza costituisce elemento ostativo all'esercizio dell'azione penale nelle forme tipiche fissate dall'art. 405 c.p.p. (v.. nel medesimo senso, Cass. 19 marzo 1998, Brugnano, id., Rep. 1998, voce cit., n. 18).

In applicazione di tale indirizzo giurisprudenziale, la Cassazione ha, pertanto, ritenuto che l'azione penale, nel caso di specie, non si sarebbe

potuta iniziare in quanto avente per oggetto fatti anteriori alla consegna dell'estradato, e non essendo sopravvenuta l'estradizione suppletiva.

Il Foro Italiano — 2005.

Vale la pena ricordare il fatto: una delegazione di politici al

banesi transitò per l'aeroporto della Malpensa diretta a Stra

sburgo per partecipare ad un incontro sulla criminalità.

Della piccola delegazione facevano parte Fatmir Mediu e

sotto falso nome Gazmend Mahmutaj.

Quest'ultimo, che era ricercato perché doveva scontare una

pena in Italia, venne immediatamente riconosciuto da militari

della guardia di finanza e tratto in arresto.

Il Mediu alla domanda dei finanzieri rispose che erano diretti

a Strasburgo. Per tali fatti Fatmir Mediu venne accusato di aver aiutato il

Mahmutaj a sottrarsi all'esecuzione della pena. Dal disposto normativo dell'art. 390 c.p. emerge la necessità

dell'esistenza di un duplice presupposto perché possa configu rarsi il delitto in discussione: l'intervento di una sentenza irre

vocabile di condanna e l'eseguibilità della pena, irrilevante es

sendo la -condotta di aiuto che intervenga prima di tale momen

to.

Nel caso di specie i due presupposti sussistono senz'altro e da

nessuno sono stati messi in discussione.

La condotta del delitto in questione, che è a forma libera, può consistere in qualsiasi aiuto prestato al condannato, purché tale

aiuto sia idoneo allo scopo di sottrarlo all'esecuzione della pe na.

In buona sostanza appare necessaria una condotta che si pon

ga come concausa produttiva dell'effetto conseguito dal con

dannato.

La giurisprudenza ha, infatti, precisato che il delitto di procu rata inosservanza di pena è configurabile soltanto quando l'aiuto prestato sia in connessione causale con l'intenzione del

condannato di sottrarsi all'esecuzione della pena (così, Cass. 20

ottobre 1988, Castagliuolo, id., Rep. 1989, voce Evasione e

inosservanza di pena, n. 6). L'elemento suddetto non sembra ravvisabile nella fattispecie

in esame; dalle sentenze di merito emerge che il Mediu segnalò ai finanzieri soltanto che il Mahmutaj faceva parte della delega zione albanese, ma non è stato posto in evidenza nessun altro

comportamento che abbia in qualche modo aiutato il condannato

a sottrarsi alla pena. Né la risposta data ai finanzieri può essere interpretata nel

senso che si voleva prestare aiuto, perché effettivamente la de

legazione albanese in rappresentanza di partiti diversi si stava

recando a Strasburgo per partecipare ad un incontro sulla crimi

nalità.

Il reato in esame richiede un dolo, che dottrina e giurispru denza definiscono generico; esso però presuppone la consape volezza da parte dell'agente della posizione di condannato della

persona aiutata; inoltre perché possa ravvisarsi il dolo occorre

una direzione della volontà diretta all'aiuto.

Tali presupposti e requisiti non sono affatto provati nel caso

di specie. Che il Mediu fosse a conoscenza della posizione di condan

nato del Mahmutaj e che fosse a conoscenza del suo viaggiare con false generalità è una mera supposizione dei giudici di me

rito.

L'esistenza di tale consapevolezza, infatti, i giudici l'hanno

tratta da una telefonata intercettata tra una persona estranea al

processo e tale Leka Arben, pure implicato nel presente proces so.

Il Leka, come hanno riferito i giudici di merito, avrebbe detto

all'interlocutore che andava a prendere Fatmir.

Da tale dato si è ritenuto che il Fatmir dovesse essere identi

ficato con il Mediu — dimenticando che tale nome in Albania è

molto comune — e che dal momento che il Leka conosceva sia

il Mediu che il Mahmutaj necessariamente dovevano conoscersi

questi ultimi due.

Si tratta dì una serie di deduzioni che non poggiano su dati

concreti e verificabili e che pertanto non possono costituire pro va dell'esistenza di un rapporto tra il Mediu ed il Mahmutaj.

Ma anche a voler ammettere tale conoscenza i giudici di me

rito non hanno posto in evidenza nessun elemento dal quale si

potesse desumere che il Mediu fosse a conoscenza delle pen denze giudiziarie italiane del Mahmutaj.

Né è possibile dedurre tale conoscenza dal fatto che i due si

recavano insieme a Strasburgo, perché, come già si è detto, si trattava di una delegazione albanese composta di rappresentanti di partiti diversi che non dovevano necessariamente conoscersi.

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GIURISPRUDENZA PENALE

Si può, quindi, concludere per l'insussistenza del requisito della consapevolezza della condizione di condannato della per sona aiutata.

Manca anche la volontà diretta all'aiuto poiché dalla frase

pronunciata dal Mediu e dinanzi riportata non si può certo de

sumere la presenza di tale volontà.

Né sono stati rappresentati altri fatti e/o circostanze dalle

quali poterla desumere.

Nel caso di specie difetta, infine, anche la consumazione del

reato contestato.

Secondo la più autorevole dottrina, infatti, il delitto si consu

ma nel momento e nel luogo in cui il condannato, grazie al

l'aiuto prestatogli, riesce a sottrarsi all'esecuzione della pena, anche se momentaneamente.

Ma nel caso di specie, come si desume dalle sentenze di me

rito, i finanzieri attendevano all'aeroporto l'arrivo del Mahmu

taj e senza esitazione lo individuarono e lo arrestarono.

L'evento tipico del reato, quindi, non si è verificato nel caso

di specie. Si potrebbe obiettare che la condotta posta in essere potrebbe

però integrare un tentativo punibile, ma le osservazioni che pre cedono in ordine all'impossibilità di ritenere la frase pronun ciata ed il comportamento assunto dal Mediu nell'occasione del

fermo e della cattura del Mahmutaj come tentativo di aiuto ad

eludere l'esecuzione della pena escludono anche una tale possi bilità.

Le considerazioni che precedono impongono di annullare

senza rinvio la sentenza impugnata perché il fatto ascritto al

l'imputato non sussiste.

Le conclusioni raggiunte rendono ovviamente superfluo l'esame del primo e del quarto motivo d'impugnazione.

g) Banka Fatos. Banka Fatos era condannato dal Tribunale di

Milano per violazione degli art. 73 e 74 d.p.r. 309/90 e della

legge sulle armi alla pena complessiva di anni dieci di reclusio

ne.

La Corte d'appello di Milano rigettava sia la richiesta di im

procedibilità dell'azione penale per violazione dell'art. 721

c.p.p. che quella di assoluzione dagli episodi di spaccio e/o di

riconoscimento che non si trattava di ingente quantità nonché di

assoluzione dal delitto associativo, negava la concessione delle

attenuanti generiche e confermava la decisione di primo grado. Avverso la decisione di secondo grado Banka Fatos propone

va ricorso per cassazione e, tramite il suo difensore di fiducia, deduceva i seguenti motivi d'impugnazione:

1) violazione dell'art. 606, lett. b), c.p.p. in relazione agli art.

129 e 721 c.p.p. e 14 1. 300/63 che ha ratificato la convenzione

europea di estradizione perché i giudici di merito avrebbero do

vuto dichiarare non doversi procedere nei confronti di Banka

Fatos per i reati a lui ascritti perché anteriormente commessi ri

spetto alla sua estradizione dalla Repubblica di Macedonia. Il

ricorrente, richiamando la sentenza Ferrarese delle sezioni unite, contestava la decisione del g.u.p. e conseguentemente della

corte d'appello sul punto;

2) violazione degli art. 606, lett. b), e 530 c.p.p. nonché 74

d.p.r. 309/90, perché la condotta del Banka accertata e descritta

dalla corte d'appello non integra il reato di cui all'art. 74 d.p.r. cit.;

3) violazione dell'art. 606, lett. b), c.p.p. in relazione agli art.

73, 4° e 5° comma, d.p.r. 309/90 ed omessa e/o insufficiente

motivazione in ordine all'affermazione di responsabilità del ri

corrente per le condotte di detenzione e spaccio di stupefacenti. Secondo il ricorrente i giudici avrebbero dovuto assolvere il ri

corrente, quantomeno ai sensi dell'art. 530, 2° comma, c.p.p. o, in subordine, applicare il 4° e 5° comma dell'art. 73 d.p.r. 309/90;

4) illogicità ed insufficienza della motivazione in ordine al l'affermazione di responsabilità del ricorrente per i reati con

cernenti le armi.

Il ricorrente chiedeva l'annullamento, con o senza rinvio, della sentenza impugnata.

Il primo motivo posto a sostegno del ricorso proposto da

Banka Fatos è fondato.

In punto di fatto risulta che Banka Fatos è stato estradato

dalla Repubblica di Macedonia il 27 febbraio 2001 per un epi sodio di spaccio di sostanze stupefacenti commesso in Milano il

28 maggio 1999. I fatti per i quali si procede nel presente processo sono stati

Il Foro Italiano — 2005.

commessi in epoca anteriore al provvedimento di estradizione e

per essi non vi è stato nessun provvedimento di estradizione.

Né è possibile desumere dal comportamento del Banka un

consenso tacito alla estradizione dal momento che sin dal primo momento utile — alcuni giorni prima dell'udienza preliminare — ha chiesto la declaratoria di improcedibilità dell'azione pe nale.

Sia il g.u.p. che la corte d'appello hanno rigettato l'eccezione

aderendo all'indirizzo giurisprudenziale (v., ad esempio, Cass.

11 marzo 1999, Cinquegranella, id., Rep. 1999, voce Estradizio

ne, n. 42), secondo il quale il divieto di cui all'art. 721 c.p.p. concerne soltanto l'impossibilità di assoggettare l'imputato a

misure coercitive della libertà, ma non anche quella di proces sarlo e giudicarlo.

Altre sentenze della Suprema corte avevano, invece, soste

nuto che il divieto previsto dall'art. 721 c.p.p. nonché dall'art.

14 1. 30 gennaio 1963 n. 300 concerne anche la possibilità di

processare l'estradato per fatti anteriormente commessi in virtù

del principio di specialità. La questione è stata risolta dalle sezioni unite con decisione

del 28 febbraio 2001, Ferrarese, id., 2001. II, 510.

Secondo l'indirizzo delle sezioni unite, che questo collegio condivide perché frutto di un'interpretazione precisa e rigorosa dei predetti art. 721 c.p.p. e 14 della convenzione europea di

estradizione resa esecutiva in Italia con 1. 30 gennaio 1963 n.

300, la disposizione di cui all'art. 14 1. 300/63, secondo cui una

persona estradata non può essere perseguita, giudicata o arre

stata in vista dell'esecuzione di una pena o di una misura di si

curezza, né sottoposta a qualunque restrizione della sua libertà

personale per un qualsiasi fatto anteriore alla consegna diverso

da quello che ha dato luogo all'estradizione, deve essere intesa

nel senso che per i fatti diversi da quelli per i quali è stata con

cessa l'estradizione e commessi prima della consegna è inibito

l'esercizio dell'azione penale, salvo che sia sopravvenuta l'e

stradizione suppletiva disciplinata dagli art. 12 e 14, 1° comma, lett. a), ovvero si sia verificata una delle cause di estinzione

dell'estradizione previste dall'art. 14, 1° comma, lett. b), della

convenzione predetta, atteso che la clausola di specialità si con

figura come introduttiva di una condizione di procedibilità. La mancanza di tale condizione costituisce elemento ostativo

all'esercizio dell'azione penale nelle forme tipiche fissate dal

l'art. 405 c.p.p., anche se non impedisce il compimento degli atti di indagine preliminare necessari ad assicurare le fonti di

prova, eventualmente mediante il ricorso all'incidente probato rio — art. 366 c.p.p. —, e l'archiviazione della notizia di reato, che per sua natura resta estranea alla fase processuale.

Insomma e per concludere sul punto l'art. 14 della conven

zione europea sull'estradizione comporterebbe sostanzialmente, come precisato anche da altra decisione della Suprema corte

(Cass. 19 marzo 1998, Brugnano, id., Rep. 1998, voce cit., n.

18). un temporaneo difetto di giurisdizione scaturente dall'ob

bligo di non assoggettare a misura restrittiva della libertà perso nale ed a procedimento penale la persona estradata per un fatto

diverso da quello per il quale l'estradizione è stata concessa

commesso anteriormente alla consegna dell'estradato.

In applicazione di tale indirizzo giurisprudenziale quindi l'a zione penale nei confronti di Banka Fatos per i fatti di cui al

presente processo penale, tutti anteriori alla consegna dell'e

stradato, non si sarebbe potuta iniziare, non essendoci stata pe raltro alcuna estradizione suppletiva; il g.u.p. presso il Tribunale

di Milano e successivamente la corte d'appello della stessa città

avrebbero dovuto accogliere l'eccezione del difensore dell'im

putato e dichiarare l'improcedibilità dell'azione penale. Per tutte le ragioni indicate la sentenza impugnata deve essere

annullata senza rinvio nei confronti di Banka Fatos per impro cedibilità dell'azione penale.

L'accoglimento del primo motivo d'impugnazione rende ov

viamente superfluo l'esame degli altri motivi del ricorso propo sto da Banka Fatos.

3. - Conclusioni. In conclusione, la sentenza impugnata deve

essere annullata senza rinvio nei confronti di Banka Fatos per

improcedibilità dell'azione penale, di Mediu Fatmir perché il fatto non sussiste e di Mahmutaj Gazmend limitatamente alla

determinazione della pena, che va rideterminata in anni ventitré

di reclusione.

Il ricorso del Mahmutaj deve essere rigettato nel resto.

Il ricorso di Bajrami Fatbardha deve essere dichiarato inam

missibile.

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