sezione V penale; sentenza 9 dicembre 2003; Pres. Marrone, Est. Marasca, P.M. Delehaye (concl.parz. diff.); ric. Bajrami Fatbardha e altri. Annulla senza rinvio App. Milano 12 febbraio 2003Source: Il Foro Italiano, Vol. 128, No. 1 (GENNAIO 2005), pp. 49/50-53/54Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23200414 .
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GIURISPRUDENZA PENALE
È invece fondato l'ultimo motivo di ricorso con il quale si
lamenta che sia stata disposta, a pena espiata, l'espulsione dal
territorio dello Stato senza una previa valutazione della perico losità sociale degli imputati. Risulta infatti dagli atti del proces so che il primo giudice aveva applicato agli imputati la misura
di sicurezza in questione, prevista dall'art. 86 d.p.r. 309/90 per coloro che siano stati condannati, tra l'altro, per il delitto previ sto dall'art. 73 medesimo d.p.r.; l'applicazione della misura di
sicurezza in questione era stata peraltro disposta immotivata
mente e senza alcuna valutazione sulla pericolosità sociale degli
imputati in contrasto con quanto deciso dalla Corte costituzio
nale con la sentenza 24 febbraio 1995, n. 58, id., 1995, I, 1757
(che aveva dichiarato l'illegittimità costituzionale della norma
in questione nella parte in cui obbligava il giudice a disporre
l'espulsione senza l'accertamento in concreto della pericolosità sociale).
Investita dell'appello anche su questo punto la corte di merito
ha ignorato il relativo motivo di doglianza, pur avendone dato
atto nelle premesse, e, confermando integralmente la sentenza
impugnata, ha confermato anche l'applicazione della misura di
sicurezza omettendo quindi di procedere alla valutazione di pe ricolosità che era tenuta a fare non essendo più, l'applicazione della misura di sicurezza, una conseguenza automatica della
condanna (in questo senso, v. Cass. 4 luglio 2002, Saldi va, id.,
Rep. 2003, voce Stupefacenti, n. 26; 21 febbraio 1996, Elopaid, id.. Rep. 1996, voce cit., n. 106).
Ne consegue l'annullamento della sentenza impugnata limi
tatamente alla parte in cui ha omesso di motivare sul punto con
rinvio ad altra sezione della Corte d'appello di Milano per nuo
vo esame.
CORTE DI CASSAZIONE; sezione V penale; sentenza 9 di
cembre 2003; Pres. Marrone, Est. Marasca, P.M. Delehaye
(conci, parz. diff.); ric. Bajrami Fatbardha e altri. Annulla
senza rinvio App. Milano 12 febbraio 2003.
Giudizio abbreviato — Riduzione della pena — Disciplina (Cod. pen., art. 78; cod. proc. pen., art. 442).
Stupefacenti e sostanze psicotrope — Acquisto o cessione —
Reato — Consumazione (D.p.r. 9 ottobre 1990 n. 309, t.u.
delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostan
ze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi
stati di tossicodipendenza, art. 73). Evasione e inosservanza di pena
— Procurata inosservanza
di pena — Reato — Estremi (Cod. pen., art. 390).
Estradizione — Estradizione dall'estero per l'Italia —
Convenzione europea di estradizione — Principio di spe cialità — Fatti commessi prima della consegna e diversi —
Preclusione all'esercizio dell'azione penale (Cod. proc.
pen., art. 721; 1. 30 gennaio 1963 n. 300, ratifica ed esecuzio
ne della convenzione europea di estradizione, firmata a Parigi il 13 dicembre 1957: convenzione, art. 14).
La riduzione della pena conseguente alla scelta del rito del giu
dizio abbreviato ad opera dell'imputato, risolvendosi in
un'operazione puramente aritmetica di natura processuale,
temporalmente deve essere eseguita dopo la determinazione
della pena effettuata secondo i criteri e nel rispetto delle
norme sostanziali previste dal codice penale. (1) Ai fini della consumazione del reato di acquisto e/o cessione di
(1) Con riferimento alla riduzione della pena conseguente al giudizio abbreviato, la Cassazione nell'accogliere il motivo d'impugnazione del
ricorrente ha ribadito che la riduzione, avendo natura processuale, deve
essere applicata dopo la determinazione del trattamento sanzionatorio
da effettuarsi nel rispetto dei limiti di natura sostanziale posti dalla leg
II Foro Italiano — 2005.
sostanze stupefacenti, così come previsto dall'art. 73 d.p.r. 309/90, la legge non richiede che la droga venga material
mente consegnata al compratore, essendo sufficiente la for mazione del consenso sulla qualità e quantità della sostanza e
sul prezzo, senza che occorra la concreta traditio della cosa o
il pagamento del corrispettivo. (2) Il delitto di procurata inosservanza di pena si concretizza in
qualsiasi aiuto prestato al condannato, purché sia idoneo allo
scopo di sottrarlo all'esecuzione della pena, e sempre che
sussista una connessione causale con l'intenzione del con
dannato di eludere la misura coercitiva. (3) Nei procedimenti di estradizione dall'estero per l'Italia, la di
sposizione di cui all'art. 14, 1° comma, della convenzione eu
ropea di estradizione, resa esecutiva con l. 30 gennaio 1963
n. 300, deve essere intesa nel senso che, per i fatti diversi da
quelli per i quali è stata concessa l'estradizione e commessi
prima della consegna, è inibito l'esercizio dell'azione pena le. (4)
ge penale e, nel caso di aumento della pena derivante dalla continua
zione, nel rispetto dell'art. 78 c.p. quale norma mirante a temperare l'effetto del cumulo materiale delle pene. La diminuzione premiale per il rito abbreviato ex art. 442 c.p.p., invero, non attiene al fatto di reato, e non ha natura sostanziale rappresentando piuttosto un premio ricono sciuto all'imputato per una sua specifica scelta mirante alla semplifica zione e speditezza del processo (v., nel medesimo senso, Cass. 8 marzo
1993, Dordevic, Foro it.. Rep. 1994, voce Giudizio abbreviato, n. 59; 29 gennaio 1993, El Bakali, ibid., n. 60; 14 aprile 1994, Ricciardi, id.,
Rep. 1995, voce cit., n. 52; 7 aprile 1994, Pusceddu, ibid., n. 53, e
Giusi, pen., 1995,111, 288). (2) A proposito della fattispecie incriminatrice prevista dall'art. 73
d.p.r. 309/90 in materia di disciplina di sostanze stupefacenti, la corte ribadisce il consolidato orientamento interpretativo secondo cui, ai fini della consumazione del reato di acquisto e/o cessione di sostanze stupe facenti, non è necessario che la droga venga materialmente consegnata o sia avvenuto il pagamento del corrispettivo, bastando la formazione del consenso sulla qualità e quantità della sostanza e sul prezzo (cfr. Cass. 16 marzo 1998, Casà, Foro it.. Rep. 1999, voce Stupefacenti, n.
30; 27 aprile 1998, Leoni, ibid., n. 31; 24 giugno 1998, Kremi. id., 1998, II, 758, con note di Amato e Riccardi).
La rilevanza dei beni giuridici tutelati dalla norma incriminatrice, in
dividuati nella salute pubblica, nella sicurezza e nell'ordine pubblico oltre che nella salvaguardia delle giovani generazioni, giustifica, infatti, la scelta del legislatore che ha essenzialmente inteso reprimere il peri colo e le conseguenze dannose dello spaccio anticipandone la punibili tà. La stessa ratio repressiva ha indotto la giurisprudenza maggioritaria ad affermare, ai fini della configurazione del reato, l'irrilevanza non
solo della materiale consegna della droga ma anche dell'assenza di un
minimo principio attivo drogante nella sostanza stupefacente, ritenen
dosi sacrificabile il principio di offensività di fronte all'esigenza di re
primere attività che, se pur non immediatamente lesive, sono ricondu
cibili al mercato della droga attorno al quale prospera il fenomeno della
criminalità organizzata (cfr. Corte cost. 11 luglio 1991, n. 333, id.,
1991, I. 2628; Cass. 24 giugno 1998, Kremi, cit.). (3) Rispetto al reato di procurata evasione, ancora una volta la Cas
sazione si uniforma all'orientamento costante, sia di merito che di le
gittimità, secondo cui l'aiuto prestato, per essere punibile, deve porsi in
rapporto di causalità con l'intenzione del condannato di sottrarsi al l'esecuzione della pena; conseguentemente, la configurabilità della fat
tispecie va esclusa nel caso in cui, come nella specie, l'agente, pur co
noscendo la qualità di condannato, si limiti ad avere con quest'ultimo
rapporti in sé leciti, mentre la condotta concretante il reato deve favori
re il ricercato mediante un'attività volontaria concorrente con quella di
quest'ultimo (cfr. Cass. 10 aprile 1961, Gallus, Foro it., Rep. 1962, vo
ce Evasione e inosservanza dì pena, nn. 3, 4; 20 ottobre 1988, Casta
gnuolo, id.. Rep. 1989, voce cit., n. 6; Trib. Firenze 3 novembre 1981.
id., 1982, II, 500; in dottrina, v. Pioletti, Inosservanza di sanzioni pe nali e di misure di sicurezza, voce del Digesto pen., Torino, 1993, VII,
87; La Cute, Idoneità degli atti nel reato di procurata inosservanza di
pena, in Giur. merito, 1970, II, 227). (4) Con la decisione in epigrafe la Cassazione è, inoltre, tornata sulla
questione degli effetti della clausola di specialità prevista dall'art. 14
della convenzione europea di estradizione, secondo cui la persona estradata non può essere perseguita, giudicata o arrestata in vista del
l'esecuzione di una pena o misura di sicurezza, né sottoposta a qualun
que altra restrizione della sua libertà personale, per un qualsiasi fatto
anteriore alla consegna salvo quello che è posto a motivo dell'estradi
zione. In questa occasione la corte, accogliendo l'interpretazione espressa
da Cass., sez. un.. 28 febbraio 2001, Ferrarese (Foro it., 2001. II, 510,
con nota di Di Chiara), con la quale si è messo fine ad uno scontro in
terpretativo che trova la sua origine in Cass., sez. un., 19 maggio 1984,
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PARTE SECONDA
(Omissis). Resta da esaminare la questione della pena deter
minata a seguito della continuazione ritenuta tra i fatti di cui al
presente processo e quelli di cui alle due sentenze dell'autorità
giudiziaria di Verona già indicate nel primo capitolo. Secondo il ricorrente i giudici dopo aver effettuato il cumulo
ed accertato che il risultato comportava una pena superiore a
trenta anni di reclusione, avrebbero prima dovuto ridurre ai sen
si dell'art. 78 c.p. la pena a trenta anni di reclusione e poi appli care la riduzione per il rito abbreviato.
L'impostazione è corretta.
La determinazione della pena, infatti, deve essere effettuata
dal giudice nel rispetto delle norme di natura sostanziale previ ste dal codice penale; tra esse vi è la disposizione dell'art. 78
c.p. diretta a temperare il principio del cumulo materiale delle
pene, secondo la quale non può essere superato il limite di anni
trenta di reclusione anche in caso di aumento della pena deri
vante dalla continuazione.
Ne consegue che la riduzione della pena in seguito al giudizio abbreviato, risolvendosi in un'operazione puramente aritmetica
di natura processuale conseguente alla scelta del rito ad opera
dell'imputato, logicamente e temporalmente deve essere ese
guita dopo la determinazione della pena effettuata secondo i
criteri e nel rispetto delle norme sostanziali (così, Cass. 7 aprile 1994, Pusceddu, Foro it.. Rep. 1995, voce Giudizio abbreviato, n. 53).
Nel caso di specie, determinata la pena base in anni venti
quattro di reclusione, si deve poi procedere all'aumento di pena
per la c.d. continuazione interna determinata in anni nove di re
clusione.
Ciò comporta la pena complessiva di anni trentatré che per effetto di quanto disposto dall'art. 78 c.p. deve essere ridotta ad
anni trenta di reclusione.
Su tale pena deve essere applicata la diminuente di un terzo
per la scelta del rito abbreviato e, quindi, la pena diviene di anni
venti di reclusione.
A detta pena poi deve essere aggiunta quella di anni tre per la
ritenuta continuazione tra i fatti di cui al presente processo e
quelli di cui alle sentenze del Tribunale di Verona del 10 gen naio 1997 e del g.i.p. presso il Tribunale di Verona del 30 no
vembre 1993.
La pena complessiva da infliggere al Mahmutaj è quindi
quella di anni ventitré di reclusione ed in tal senso, previo an
nullamento senza rinvio della sentenza impugnata sul punto, de
ve essere rideterminata la pena inflitta dai giudici di merito al
ricorrente.
Il ricorso del Mahmutaj per tutte le ragioni esposte deve esse
re rigettato nel resto. (Omissis)
Quanto al terzo motivo di impugnazione con il quale si è so
stenuto che in ordine all'episodio di spaccio del 22 dicembre
1998 si può parlare di atti preparatori alla commissione del reato
mancando la prova che la cessione dello stupefacente sia avve
nuta, sarà sufficiente ricordare che secondo la giurisprudenza della Suprema corte ai fini della consumazione del reato di ac
quisto e/o di cessione di sostanze stupefacenti, la legge non ri chiede che la droga venga materialmente consegnata al com
pratore, perfezionandosi tale reato attraverso la formazione del consenso sulla quantità e qualità della sostanza e sul prezzo, senza che occorra la concreta traditio della cosa o il pagamento del corrispettivo (v. Cass. 9 aprile 1999, n. 3162).
Il motivo è, quindi, infondato. (Omissis) Il secondo ed il terzo motivo del ricorso proposto da Mediu
Fatmir sono fondati.
Carboni (id., 1984, II, 486, con osservazioni di Albeggiano, ha respinto la tesi restrittiva, accolta nei precedenti gradi di giudizio, secondo cui la clausola speciale in questione costituirebbe un mero limite al potere co ercitivo dello Stato richiedente, senza incidere, però, sul potere di pro cessarlo e giudicarlo (cfr. Cass. ,11 marzo 1999, Cinquegranella, id., Rep. 1999, voce Estradizione, n. 42).
Secondo l'indirizzo delle sezioni unite, al contrario, l'art. 14 va col locato nel quadro delle condizioni di procedibilità dell'azione, la cui mancanza costituisce elemento ostativo all'esercizio dell'azione penale nelle forme tipiche fissate dall'art. 405 c.p.p. (v.. nel medesimo senso, Cass. 19 marzo 1998, Brugnano, id., Rep. 1998, voce cit., n. 18).
In applicazione di tale indirizzo giurisprudenziale, la Cassazione ha, pertanto, ritenuto che l'azione penale, nel caso di specie, non si sarebbe
potuta iniziare in quanto avente per oggetto fatti anteriori alla consegna dell'estradato, e non essendo sopravvenuta l'estradizione suppletiva.
Il Foro Italiano — 2005.
Vale la pena ricordare il fatto: una delegazione di politici al
banesi transitò per l'aeroporto della Malpensa diretta a Stra
sburgo per partecipare ad un incontro sulla criminalità.
Della piccola delegazione facevano parte Fatmir Mediu e
sotto falso nome Gazmend Mahmutaj.
Quest'ultimo, che era ricercato perché doveva scontare una
pena in Italia, venne immediatamente riconosciuto da militari
della guardia di finanza e tratto in arresto.
Il Mediu alla domanda dei finanzieri rispose che erano diretti
a Strasburgo. Per tali fatti Fatmir Mediu venne accusato di aver aiutato il
Mahmutaj a sottrarsi all'esecuzione della pena. Dal disposto normativo dell'art. 390 c.p. emerge la necessità
dell'esistenza di un duplice presupposto perché possa configu rarsi il delitto in discussione: l'intervento di una sentenza irre
vocabile di condanna e l'eseguibilità della pena, irrilevante es
sendo la -condotta di aiuto che intervenga prima di tale momen
to.
Nel caso di specie i due presupposti sussistono senz'altro e da
nessuno sono stati messi in discussione.
La condotta del delitto in questione, che è a forma libera, può consistere in qualsiasi aiuto prestato al condannato, purché tale
aiuto sia idoneo allo scopo di sottrarlo all'esecuzione della pe na.
In buona sostanza appare necessaria una condotta che si pon
ga come concausa produttiva dell'effetto conseguito dal con
dannato.
La giurisprudenza ha, infatti, precisato che il delitto di procu rata inosservanza di pena è configurabile soltanto quando l'aiuto prestato sia in connessione causale con l'intenzione del
condannato di sottrarsi all'esecuzione della pena (così, Cass. 20
ottobre 1988, Castagliuolo, id., Rep. 1989, voce Evasione e
inosservanza di pena, n. 6). L'elemento suddetto non sembra ravvisabile nella fattispecie
in esame; dalle sentenze di merito emerge che il Mediu segnalò ai finanzieri soltanto che il Mahmutaj faceva parte della delega zione albanese, ma non è stato posto in evidenza nessun altro
comportamento che abbia in qualche modo aiutato il condannato
a sottrarsi alla pena. Né la risposta data ai finanzieri può essere interpretata nel
senso che si voleva prestare aiuto, perché effettivamente la de
legazione albanese in rappresentanza di partiti diversi si stava
recando a Strasburgo per partecipare ad un incontro sulla crimi
nalità.
Il reato in esame richiede un dolo, che dottrina e giurispru denza definiscono generico; esso però presuppone la consape volezza da parte dell'agente della posizione di condannato della
persona aiutata; inoltre perché possa ravvisarsi il dolo occorre
una direzione della volontà diretta all'aiuto.
Tali presupposti e requisiti non sono affatto provati nel caso
di specie. Che il Mediu fosse a conoscenza della posizione di condan
nato del Mahmutaj e che fosse a conoscenza del suo viaggiare con false generalità è una mera supposizione dei giudici di me
rito.
L'esistenza di tale consapevolezza, infatti, i giudici l'hanno
tratta da una telefonata intercettata tra una persona estranea al
processo e tale Leka Arben, pure implicato nel presente proces so.
Il Leka, come hanno riferito i giudici di merito, avrebbe detto
all'interlocutore che andava a prendere Fatmir.
Da tale dato si è ritenuto che il Fatmir dovesse essere identi
ficato con il Mediu — dimenticando che tale nome in Albania è
molto comune — e che dal momento che il Leka conosceva sia
il Mediu che il Mahmutaj necessariamente dovevano conoscersi
questi ultimi due.
Si tratta dì una serie di deduzioni che non poggiano su dati
concreti e verificabili e che pertanto non possono costituire pro va dell'esistenza di un rapporto tra il Mediu ed il Mahmutaj.
Ma anche a voler ammettere tale conoscenza i giudici di me
rito non hanno posto in evidenza nessun elemento dal quale si
potesse desumere che il Mediu fosse a conoscenza delle pen denze giudiziarie italiane del Mahmutaj.
Né è possibile dedurre tale conoscenza dal fatto che i due si
recavano insieme a Strasburgo, perché, come già si è detto, si trattava di una delegazione albanese composta di rappresentanti di partiti diversi che non dovevano necessariamente conoscersi.
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GIURISPRUDENZA PENALE
Si può, quindi, concludere per l'insussistenza del requisito della consapevolezza della condizione di condannato della per sona aiutata.
Manca anche la volontà diretta all'aiuto poiché dalla frase
pronunciata dal Mediu e dinanzi riportata non si può certo de
sumere la presenza di tale volontà.
Né sono stati rappresentati altri fatti e/o circostanze dalle
quali poterla desumere.
Nel caso di specie difetta, infine, anche la consumazione del
reato contestato.
Secondo la più autorevole dottrina, infatti, il delitto si consu
ma nel momento e nel luogo in cui il condannato, grazie al
l'aiuto prestatogli, riesce a sottrarsi all'esecuzione della pena, anche se momentaneamente.
Ma nel caso di specie, come si desume dalle sentenze di me
rito, i finanzieri attendevano all'aeroporto l'arrivo del Mahmu
taj e senza esitazione lo individuarono e lo arrestarono.
L'evento tipico del reato, quindi, non si è verificato nel caso
di specie. Si potrebbe obiettare che la condotta posta in essere potrebbe
però integrare un tentativo punibile, ma le osservazioni che pre cedono in ordine all'impossibilità di ritenere la frase pronun ciata ed il comportamento assunto dal Mediu nell'occasione del
fermo e della cattura del Mahmutaj come tentativo di aiuto ad
eludere l'esecuzione della pena escludono anche una tale possi bilità.
Le considerazioni che precedono impongono di annullare
senza rinvio la sentenza impugnata perché il fatto ascritto al
l'imputato non sussiste.
Le conclusioni raggiunte rendono ovviamente superfluo l'esame del primo e del quarto motivo d'impugnazione.
g) Banka Fatos. Banka Fatos era condannato dal Tribunale di
Milano per violazione degli art. 73 e 74 d.p.r. 309/90 e della
legge sulle armi alla pena complessiva di anni dieci di reclusio
ne.
La Corte d'appello di Milano rigettava sia la richiesta di im
procedibilità dell'azione penale per violazione dell'art. 721
c.p.p. che quella di assoluzione dagli episodi di spaccio e/o di
riconoscimento che non si trattava di ingente quantità nonché di
assoluzione dal delitto associativo, negava la concessione delle
attenuanti generiche e confermava la decisione di primo grado. Avverso la decisione di secondo grado Banka Fatos propone
va ricorso per cassazione e, tramite il suo difensore di fiducia, deduceva i seguenti motivi d'impugnazione:
1) violazione dell'art. 606, lett. b), c.p.p. in relazione agli art.
129 e 721 c.p.p. e 14 1. 300/63 che ha ratificato la convenzione
europea di estradizione perché i giudici di merito avrebbero do
vuto dichiarare non doversi procedere nei confronti di Banka
Fatos per i reati a lui ascritti perché anteriormente commessi ri
spetto alla sua estradizione dalla Repubblica di Macedonia. Il
ricorrente, richiamando la sentenza Ferrarese delle sezioni unite, contestava la decisione del g.u.p. e conseguentemente della
corte d'appello sul punto;
2) violazione degli art. 606, lett. b), e 530 c.p.p. nonché 74
d.p.r. 309/90, perché la condotta del Banka accertata e descritta
dalla corte d'appello non integra il reato di cui all'art. 74 d.p.r. cit.;
3) violazione dell'art. 606, lett. b), c.p.p. in relazione agli art.
73, 4° e 5° comma, d.p.r. 309/90 ed omessa e/o insufficiente
motivazione in ordine all'affermazione di responsabilità del ri
corrente per le condotte di detenzione e spaccio di stupefacenti. Secondo il ricorrente i giudici avrebbero dovuto assolvere il ri
corrente, quantomeno ai sensi dell'art. 530, 2° comma, c.p.p. o, in subordine, applicare il 4° e 5° comma dell'art. 73 d.p.r. 309/90;
4) illogicità ed insufficienza della motivazione in ordine al l'affermazione di responsabilità del ricorrente per i reati con
cernenti le armi.
Il ricorrente chiedeva l'annullamento, con o senza rinvio, della sentenza impugnata.
Il primo motivo posto a sostegno del ricorso proposto da
Banka Fatos è fondato.
In punto di fatto risulta che Banka Fatos è stato estradato
dalla Repubblica di Macedonia il 27 febbraio 2001 per un epi sodio di spaccio di sostanze stupefacenti commesso in Milano il
28 maggio 1999. I fatti per i quali si procede nel presente processo sono stati
Il Foro Italiano — 2005.
commessi in epoca anteriore al provvedimento di estradizione e
per essi non vi è stato nessun provvedimento di estradizione.
Né è possibile desumere dal comportamento del Banka un
consenso tacito alla estradizione dal momento che sin dal primo momento utile — alcuni giorni prima dell'udienza preliminare — ha chiesto la declaratoria di improcedibilità dell'azione pe nale.
Sia il g.u.p. che la corte d'appello hanno rigettato l'eccezione
aderendo all'indirizzo giurisprudenziale (v., ad esempio, Cass.
11 marzo 1999, Cinquegranella, id., Rep. 1999, voce Estradizio
ne, n. 42), secondo il quale il divieto di cui all'art. 721 c.p.p. concerne soltanto l'impossibilità di assoggettare l'imputato a
misure coercitive della libertà, ma non anche quella di proces sarlo e giudicarlo.
Altre sentenze della Suprema corte avevano, invece, soste
nuto che il divieto previsto dall'art. 721 c.p.p. nonché dall'art.
14 1. 30 gennaio 1963 n. 300 concerne anche la possibilità di
processare l'estradato per fatti anteriormente commessi in virtù
del principio di specialità. La questione è stata risolta dalle sezioni unite con decisione
del 28 febbraio 2001, Ferrarese, id., 2001. II, 510.
Secondo l'indirizzo delle sezioni unite, che questo collegio condivide perché frutto di un'interpretazione precisa e rigorosa dei predetti art. 721 c.p.p. e 14 della convenzione europea di
estradizione resa esecutiva in Italia con 1. 30 gennaio 1963 n.
300, la disposizione di cui all'art. 14 1. 300/63, secondo cui una
persona estradata non può essere perseguita, giudicata o arre
stata in vista dell'esecuzione di una pena o di una misura di si
curezza, né sottoposta a qualunque restrizione della sua libertà
personale per un qualsiasi fatto anteriore alla consegna diverso
da quello che ha dato luogo all'estradizione, deve essere intesa
nel senso che per i fatti diversi da quelli per i quali è stata con
cessa l'estradizione e commessi prima della consegna è inibito
l'esercizio dell'azione penale, salvo che sia sopravvenuta l'e
stradizione suppletiva disciplinata dagli art. 12 e 14, 1° comma, lett. a), ovvero si sia verificata una delle cause di estinzione
dell'estradizione previste dall'art. 14, 1° comma, lett. b), della
convenzione predetta, atteso che la clausola di specialità si con
figura come introduttiva di una condizione di procedibilità. La mancanza di tale condizione costituisce elemento ostativo
all'esercizio dell'azione penale nelle forme tipiche fissate dal
l'art. 405 c.p.p., anche se non impedisce il compimento degli atti di indagine preliminare necessari ad assicurare le fonti di
prova, eventualmente mediante il ricorso all'incidente probato rio — art. 366 c.p.p. —, e l'archiviazione della notizia di reato, che per sua natura resta estranea alla fase processuale.
Insomma e per concludere sul punto l'art. 14 della conven
zione europea sull'estradizione comporterebbe sostanzialmente, come precisato anche da altra decisione della Suprema corte
(Cass. 19 marzo 1998, Brugnano, id., Rep. 1998, voce cit., n.
18). un temporaneo difetto di giurisdizione scaturente dall'ob
bligo di non assoggettare a misura restrittiva della libertà perso nale ed a procedimento penale la persona estradata per un fatto
diverso da quello per il quale l'estradizione è stata concessa
commesso anteriormente alla consegna dell'estradato.
In applicazione di tale indirizzo giurisprudenziale quindi l'a zione penale nei confronti di Banka Fatos per i fatti di cui al
presente processo penale, tutti anteriori alla consegna dell'e
stradato, non si sarebbe potuta iniziare, non essendoci stata pe raltro alcuna estradizione suppletiva; il g.u.p. presso il Tribunale
di Milano e successivamente la corte d'appello della stessa città
avrebbero dovuto accogliere l'eccezione del difensore dell'im
putato e dichiarare l'improcedibilità dell'azione penale. Per tutte le ragioni indicate la sentenza impugnata deve essere
annullata senza rinvio nei confronti di Banka Fatos per impro cedibilità dell'azione penale.
L'accoglimento del primo motivo d'impugnazione rende ov
viamente superfluo l'esame degli altri motivi del ricorso propo sto da Banka Fatos.
3. - Conclusioni. In conclusione, la sentenza impugnata deve
essere annullata senza rinvio nei confronti di Banka Fatos per
improcedibilità dell'azione penale, di Mediu Fatmir perché il fatto non sussiste e di Mahmutaj Gazmend limitatamente alla
determinazione della pena, che va rideterminata in anni ventitré
di reclusione.
Il ricorso del Mahmutaj deve essere rigettato nel resto.
Il ricorso di Bajrami Fatbardha deve essere dichiarato inam
missibile.
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