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sezioni unite civili; sentenza 19 maggio 2004, n. 9492; Pres. Corona, Est. Miani Canevari, P.M....

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sezioni unite civili; sentenza 19 maggio 2004, n. 9492; Pres. Corona, Est. Miani Canevari, P.M. Pivetti (concl. conf.); Inps (Avv. De Angelis, Di Lullo) c. Fontana (Avv. Assennato). Cassa App. Torino 16 agosto 2000 e decide nel merito Source: Il Foro Italiano, Vol. 127, No. 10 (OTTOBRE 2004), pp. 2753/2754-2759/2760 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23199058 . Accessed: 28/06/2014 15:23 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 91.220.202.116 on Sat, 28 Jun 2014 15:23:59 PM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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sezioni unite civili; sentenza 19 maggio 2004, n. 9492; Pres. Corona, Est. Miani Canevari, P.M.Pivetti (concl. conf.); Inps (Avv. De Angelis, Di Lullo) c. Fontana (Avv. Assennato). Cassa App.Torino 16 agosto 2000 e decide nel meritoSource: Il Foro Italiano, Vol. 127, No. 10 (OTTOBRE 2004), pp. 2753/2754-2759/2760Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23199058 .

Accessed: 28/06/2014 15:23

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

parte, che abbia visto rigettata la propria istanza di ricusazione,

di chiedere al giudice d'appello un riesame di tale pronuncia,

impugnando la sentenza conclusiva resa dal giudice invano ri

cusato. Gli stessi giudici di legittimità, nell'escludere qualsiasi confronto con il codice di procedura penale (che consente il ri

corso per cassazione avverso l'ordinanza che ha deciso sulla ri

cusazione), hanno evidenziato al riguardo che il principio co

stituzionale di uguaglianza «non comporta il divieto di regola mentazioni diverse dei diversi tipi di processo in ordine al pro cedimento sulla ricusazione, tanto più che nell'ambito del pro cesso penale sono in gioco beni costituzionalmente 'più sensi

bili'» (Cass., sez. un., 20 novembre 2003, n. 17636, id., Rep. 2003, voce cit., n. 27).

3.4. - E sempre nella medesima ottica appare significativo il

richiamo ad altro dictum di queste stesse sezioni unite, che, pro

prio in tema di giudizio davanti alla sezione disciplinare del

Consiglio superiore della magistratura, hanno affermato che «il

principio dell'alterità del giudice di rinvio, sancito dall'art. 383

c.p.c. ed inteso a tutela dell'imparzialità del giudice e della fun

zionalità del giudizio, deve ritenersi rispettato non solo quando la causa venga assegnata dopo la cassazione ad altro ufficio

giudiziario ma anche quando il rinvio avvenga allo stesso uffi

cio in diversa composizione, ovvero ad altro ufficio, purché non

vi sia identità personale tra il giudice di rinvio e quello che pro nunciò la sentenza cassata» (cfr. Cass., sez. un., 15 ottobre

1999, n. 731/SU, id., Rep. 1999, voce Ordinamento giudiziario, n. 186).

4. - All'esito dell'esposto iter argomentativo può, pertanto, essere enunciato il seguente principio di diritto: «In applicazio ne dei principi di 'imparzialità-terzietà' del giudice e del 'giusto

processo', tutelati dall'art. Ill Cost., e del dictum di cui alla

sentenza del 22 luglio 2003, n. 262 della Corte costituzionale

(che ha dichiarato incostituzionale l'art. 4 1. 24 marzo 1958 n.

195, nel testo modificato dall'art. 2 1. 28 marzo 2002 n. 44,

nella parte in cui non prevede l'elezione da parte del Consiglio

superiore della magistratura di ulteriori membri supplenti della

sezione disciplinare in modo da consentire la costituzione, per numero e per categoria di appartenenza, di un collegio giudi cante diverso da quello che abbia pronunciato una decisione an

nullata dalle sezioni unite della Cassazione) va, alla stregua del

disposto dell'art. 383 c.p.c., cassata con rinvio alla sezione di

sciplinare del Consiglio superiore della magistratura perché vi

ziata da nullità assoluta, rilevabile anche d'ufficio, la sentenza

emessa in sede di giudizio di rinvio dalla suddetta sezione qua lora uno o più suoi componenti abbiano già preso cognizione della medesima res iudicanda per avere partecipato al prece dente giudizio definito con decisione poi annullata dalle sezioni

unite della Corte di cassazione».

5. - Per concludere, va accolto il quinto motivo del ricorso

mentre vanno dichiarati assorbiti tutti gli altri. La decisione im

pugnata va cassata e gli atti vanno rimessi, ai sensi dell'art. 383

c.p.c., alla sezione disciplinare del Consiglio superiore della

magistratura per un nuovo giudizio.

Il Foro Italiano — 2004.

CORTE DI CASSAZIONE; sezioni unite civili; sentenza 19

maggio 2004, n. 9492; Pres. Corona, Est. Miani Canevari, P.M. Pivetti (conci, conf.); Inps (Avv. De Angelis, Di Lul

lo) c. Fontana (Avv. Assennato). Cassa App. Torino 16 ago sto 2000 e decide nel merito.

Previdenza e assistenza sociale — Pensione di invalidità —

Conversione in pensione di anzianità — Diritto — Esclu sione (R.d.l. 4 ottobre 1935 n. 1827, perfezionamento e coor

dinamento legislativo della previdenza sociale, art. 45; r.d.l.

14 aprile 1939 n. 636, modificazioni delle disposizioni sulle assicurazioni obbligatorie per l'invalidità e la vecchiaia, per la tubercolosi e per la disoccupazione involontaria, art. 9; 1.

30 aprile 1969 n. 153, revisione degli ordinamenti pensioni stici e norme in materia di sicurezza sociale, art. 22; 1. 12 giu

gno 1984 n. 222, revisione della disciplina dell'invalidità pensionabile, art. 1; d.leg. 30 dicembre 1992 n. 503, norme

per il riordinamento del sistema previdenziale dei lavoratori

privati e pubblici, a norma dell'art. 3 1. 23 ottobre 1992 n.

421, art. 10).

Non sussistendo nell'ordinamento alcun principio generale né

di mutabilità né di immutabilità del titolo delle pensioni, sic

ché va verificata nella specifica disciplina la possibilità per l'assicurato di optare per un trattamento pensionistico diver

so da quello in godimento, va escluso il diritto del titolare di

pensione d'invalidità ad ottenerne la conversione in pensione di anzianità. (1)

(1) Le sezioni unite confermano la soluzione già data al contrasto

giurisprudenziale sulla mutabilità del titolo della pensione con sent. 4

maggio 2004, nn. 8435 e 8433, Foro it., 2004, I, 2057, con nota di ri

chiami, la seconda delle quali ha affermato il diritto del titolare di pen sione d'invalidità di ottenere, al raggiungimento dell'età pensionabile, la pensione di vecchiaia. ,

Sulla sostanziale diversità della pensione di anzianità da quella di

vecchiaia, cfr. Corte cost. 28 novembre 1997, n. 362, id., 1998, I, 10, con nota di richiami, e 4 novembre 1999, n. 416, id., 2000,1, 2456, con

nota di P. Passaglia. Si riporta la circolare Inps (trasmessa con messaggio n. 23276 del 20

luglio 2004) avente ad oggetto la decisione in epigrafe.

* * *

Messaggio Inps 20 luglio 2004, n. 23276 - Oggetto: Trasforma

zione titolo. Sentenza n. 9492 del 2004 della Corte di cassazione.

Con circolare n. 91 del 15 maggio 2002, aderendo all'orientamento

assunto dalla sezione lavoro della Corte di cassazione, sono state for

nite istruzioni in ordine alla trasformazione dell'assegno d'invalidità in

pensione di anzianità e della trasformazione della pensione d'invalidità

in pensione di anzianità o di vecchiaia. Sulla questione della trasformazione della pensione d'invalidità in

pensione di vecchiaia e in pensione di anzianità si sono pronunciate di

recente le sezioni unite della Suprema corte.

Con la sentenza n. 8433 del 4 maggio 2004 (Foro it., 2004,1, 2057), le predette sezioni hanno ribadito l'ammissibilità della trasformazione

della pensione d'invalidità in pensione di vecchiaia.

Relativamente, invece, alla trasformazione della pensione d'invali

dità in pensione di anzianità, le sezioni unite hanno ritenuto, con la

sentenza n. 9492 del 19 maggio 2004 (in epigrafe), che «il sistema non

consente una conversione o trasformazione della pensione d'invalidità

in pensione di anzianità, per conseguire il vantaggio di questo secondo

trattamento . . . sulla base dell'anzianità contributiva e assicurativa rag

giunta con la prosecuzione dell'attività lavorativa, in relazione alla

quale è possibile solo la liquidazione di supplementi di pensione», di

sciplina peraltro richiamata per l'assegno ordinario d'invalidità dal

l'art. 1, 9° comma, 1. 12 giugno 1984 n. 222.

Il problema della mutabilità del titolo può essere correttamente im

postato e risolto, ad avviso della predetta corte, solo nell'ambito della

disciplina dei singoli istituti, tenuto conto delle specifiche caratteristi

che della tutela accordata con ciascuno di essi dall'ordinamento, anche

alla luce dei principi costituzionali in materia.

Con riguardo alla pensione di anzianità la corte afferma che non ope ra la «garanzia costituzionale, riservata ... alle pensioni che trovano la

loro causa nella cessazione dell'attività lavorativa per ragioni di età e

non anche a quelle il cui presupposto consiste nel mero avvenuto svol

gimento dell'attività stessa per un tempo predeterminato, così come nel

caso dei trattamenti pensionistici di anzianità, che corrispondono ad

una forma previdenziale affatto diversa, indipendente dall'età e fondata

esclusivamente sulla durata dell'attività lavorativa e sulla correlativa

anzianità di contribuzione effettiva».

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2755 PARTE PRIMA 2756

Svolgimento del processo. — Con la sentenza oggi denunciata

la Corte d'appello di Torino ha rigettato l'appello proposto dal

l'Inps avverso la decisione del Tribunale di Aosta, con cui era

stato dichiarato il diritto di Mansueto Fontana alla conversione

della pensione d'invalidità, in godimento dal 1981, in pensione di anzianità con decorrenza dalla domanda amministrativa.

Premesso che il Fontana all'epoca della domanda era in posses so del requisito contributivo previsto per l'erogazione della pen sione di anzianità, il giudice dell'appello ha affermato, richia

mando la giurisprudenza di questa corte, l'esistenza di un prin

cipio di mutabilità del titolo della pensione, desumibile sul pia no normativo dalla disposizione dell'art. 1, 10° comma, 1. 12

giugno 1984 n. 222, come espressione di un concetto, più gene rale e immanente nel sistema, di unicità della posizione assicu

rativa.

Avverso questa sentenza l'Inps propone ricorso per cassazio

ne affidato ad unico motivo, al quale Mansueto Fontana resiste

con controricorso e memoria.

La causa è stata assegnata a queste sezioni unite per l'esame

della questione, su cui si sono registrati contrastanti orienta

menti giurisprudenziali, della configurabilità o meno della fa

coltà del titolare di una prestazione pensionistica dell'assicura

zione generale obbligatoria di conseguire la liquidazione di un

diverso tipo di pensione, in presenza dei relativi requisiti di leg

ge Motivi della decisione. — 1. - Con l'unico motivo l'Inps de

nuncia, in relazione all'art. 360, nn. 3 e 5, c.p.c., violazione del

l'art. 45 r.d.l. 4 ottobre 1935 n. 1827, dell'art. 9 r.d.l. 14 aprile 1939 n. 636, così come modificato dall'art. 2 1. 4 aprile 1952 n.

218, e dell'art. 8 1. 11 novembre 1983 n. 638. Si sostiene che la

trasformazione della pensione non costituisce un principio di ca

rattere generale, essendo prevista solo dall'art. 1, 10° comma, 1.

222/84 per l'assegno d'invalidità; né rilevano l'art. 22, 6°

comma, 1. 30 aprile 1969 n. 153 e l'art. 10, 7° comma, d.leg. 30

dicembre 1992 n. 503, che prevedono l'equiparazione delle pen sioni di anzianità a quelle di vecchiaia dopo il raggiungimento dell'età pensionabile, ai fini della disciplina sul cumulo tra pen sione e retribuzione. Si osserva poi che la disciplina dei sup

plementi di pensione consente al titolare del trattamento d'inva

lidità di migliorare la propria posizione nelle more per il rag

giungimento della pensione di vecchiaia; che la pensione di an

zianità non è tutelata dall'art. 38 Cost.

2.1. - Il ricorso merita accoglimento. Sulla questione sottopo sta all'esame di questa corte si sono registrati orientamenti con

trastanti, riferibili all'esistenza o meno nell'ordinamento previ denziale di un principio generale c.d. di «preclusività alterna

tiva» delle prestazioni previdenziali. La giurisprudenza meno re

cente ha affermato con numerose decisioni l'immutabilità del ti

tolo della pensione, escludendo la possibilità della conversione

della pensione d'invalidità in pensione di anzianità o in pensione di vecchiaia (Cass. 20 giugno 1972, n. 1971, Foro it.. Rep. 1973, voce Previdenza sociale, n. 507; 16 maggio 1973, n. 1402, ibid., n. 508; 9 luglio 1973, n. 1982, ibid., n. 510; 18 giugno 1975, n.

2451, id., Rep. 1975, voce cit., n. 487; 10 dicembre 1976, n.

4609, id., 1977,1, 1735; 25 gennaio 1977, n. 375, id., Rep. 1977, voce cit., n. 498; 10 aprile 1980, n. 2303, id., Rep. 1980, voce cit., n. 492; 9 maggio 1981, n. 3084, id., Rep. 1981, voce cit., n.

596; 7 luglio 1981, n. 4459, ibid., n. 464; 9 marzo 1983, n. 1751, id., Rep. 1983, voce cit., n. 347; 22 dicembre 1983, n. 7563, i

bid., n. 560; 5 aprile 1991, n. 3567, id., 1992,1, 187). Le ragioni poste a sostegno di questo indirizzo possono così

riassumersi: — esiste un principio generale di divieto di mutamento del

titolo della pensione, risultante soprattutto dall'art. 45 r.d.l. 4

ottobre 1935 n. 1827 e dall'art. 9 r.d.l. 14 aprile 1939 n. 636

(modificato dalla 1. 4 aprile 1952 n. 218), i quali escludono chiaramente la possibilità di conversione della pensione d'inva

lidità in pensione di vecchiaia «nell'ipotesi in cui nei confronti

Secondo la Corte di cassazione «non esiste alcuna previsione di col

legamento tra la tutela per l'invalidità e la pensione di anzianità». In relazione al richiamato nuovo orientamento la definizione delle do

mande pendenti di trasformazione delle pensioni d'invalidità e degli as

segni ordinari d'invalidità in pensione di anzianità deve essere sospesa. Gli uffici legali terranno conto del nuovo orientamento giurispruden

ziale nella trattazione dei giudizi in corso. Si fa riserva di fornire successive istruzioni sulla materia in questio

ne.

Il Foro Italiano — 2004.

del pensionato per invalidità che abbia continuato a prestare at

tività lavorativa con diritto di accreditamento dei contributi pre videnziali si siano perfezionati i requisiti per il conseguimento della pensione di vecchiaia» (Cass. 3567/91, cit.);

— il principio in questione è soggetto ad alcune eccezioni, da

interpretarsi restrittivamente e quindi non oltre i casi espressa mente previsti dalla legge. Si tratta dell'art. 14, 4° comma, d.p.r. 27 aprile 1968 n. 488, secondo cui il titolare della pensione di

anzianità può far valere, date determinate condizioni, la contri

buzione successiva per chiedere, al raggiungimento dell'età

pensionabile, la riliquidazione della pensione con i nuovi criteri;

dell'art. 13 1. 30 aprile 1969 n. 153, che riconosce ai titolari di

pensione di vecchiaia liquidata o da liquidare in base a norme

anteriori al decreto del 1968, e che avessero continuato nell'at

tività lavorativa, la facoltà di optare per la riliquidazione secon

do il nuovo sistema retributivo; dell'analoga facoltà di opzione

per la riliquidazione della pensione in godimento concessa dal

l'art. 4 d.l. 30 giugno 1972 n. 267, convertito, con modificazio

ni, nella 1. 11 agosto 1972 n. 485, ai titolari di pensioni d'inva lidità che abbiano continuato a lavorare successivamente alla

data di decorrenza della pensione. 2.2. - Un diverso indirizzo è stato espresso da successive de

cisioni. Cass. 22 luglio 1992, n. 8820, id., Rep. 1993, voce cit., n. 707 (con riferimento ad una particolare fattispecie di attribu

zione del beneficio del prepensionamento e delle altre provvi denze previste per i dipendenti delle imprese del settore poligra fico dagli art. 35 e 37 1. 5 agosto 1981 n. 416 al lavoratore già titolare di pensione d'invalidità) ha rilevato che il principio di

immutabilità del titolo del trattamento pensionistico non è più caratterizzato da quella illimitata valenza della quale in passato lo si accreditava, essendo mutato il quadro di riferimento nor

mativo nel quale la giurisprudenza di questa corte lo ha espresso e ribadito. Sotto questo profilo doveva essere considerata la

previsione dell'art. 1, 10° comma, 1. 12 giugno 1984 n. 222, re

lativa alla trasformazione dell'assegno d'invalidità in pensione di vecchiaia al compimento dell'età per conseguire questa pre stazione, in presenza dei relativi requisiti di assicurazione e

contribuzione; questa norma, secondo la decisione citata, si ri

collega ad un concetto di «posizione assicurativa», caratteriz

zata dalla sua unicità quale base fattuale che legittima tutti gli interventi di tutela economica possibili in favore del suo titolare

e che è «di continuo finalizzata a soddisfare quelle esigenze so

ciali che il legislatore ha tipizzato nelle diverse fattispecie pen sionistiche».

In questa linea si collocano poi altri precedenti. A parte Cass.

7 maggio 1993, n. 5299, ibid., n. 561; 2 aprile 1996, n. 3045, id.. Rep. 1996, voce cit., n. 710; 23 giugno 1999, n. 6418, id., Rep. 1999, voce cit., n. 601 (che escludono l'operatività del di

vieto di mutamento del titolo della pensione, al fine di consegui re la prestazione più favorevole, in specifiche ipotesi di ricono

scimento con effetto retroattivo del trattamento d'invalidità in

epoca successiva al conseguimento della pensione di vecchiaia), altre decisioni di questa corte hanno riconosciuto il diritto alla

conversione della pensione o dell'assegno d'invalidità in pen sione di anzianità (Cass. 20 febbraio 1998, n. 1821, id., Rep. 1998, voce cit., n. 594), come in pensione di vecchiaia (Cass. 7

luglio 1998, n. 6603, id., Rep. 1999, voce cit., n. 639). Secondo

queste pronunzie, la regola generale dell'alternatività preclusiva non può essere ricavata dalle norme dell'art. 45 r.d.l. 1827/35 e

dell'art. 9 r.d.l. 636/39, richiamate a sostegno del precedente in

dirizzo; d'altro canto, le stesse disposizioni indicate come ecce

zioni specifiche alla suddetta regola generale forniscono invece

un argomento per sostenere l'esistenza di un diverso principio dell'ordinamento previdenziale, perché «l'alternatività fra i di

versi tipi di pensione, atteso lo scopo di individuare e qualifica re adeguatamente la situazione di bisogno in cui, in un dato

istante, versa il soggetto protetto, è naturale conseguenza del ca

rattere e della funzione giuridica dello stesso intervento previ denziale, volto com'è a garantire il reddito del soggetto entro

limiti e secondo le modalità tecnico-operative fissati inderoga bilmente dalla legge. La circostanza, poi, che lo stato di bisogno non possa che configurarsi come un unico fatto giuridico nel

l'ambito del regime generale (che pure ne stabilisce le varie

ipotesi dalle quali esso può generarsi e secondo le quali resta,

perciò, titolato il trattamento pensionistico), importa che la pre stazione previdenziale sia unica anche nell'ipotesi di concorso

di più fattispecie pensionistiche rispetto ad uno stesso interes

sato, nel senso, cioè, che, se si sono realizzati i requisiti richiesti

per più tipi di pensione, al soggetto protetto è dovuto un tratta

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

mento pensionistico ed uno soltanto erogato esclusivamente nella misura di cui, a prescindere dal titolo della pensione ac

cordata, è capace la sua posizione assicurativa» (Cass. 1821/98, cit.).

Più recentemente, si registrano ancora altre decisioni, con si

gnificative divergenze. Cass. 2 aprile 2003, n. 5096 (id., Rep. 2003, voce cit., n. 689) ritiene consentita la conversione della

pensione d'invalidità in pensione di vecchiaia; la sentenza

5097/03, con la stessa data (ibid., n. 688), ritiene che ciò non si verifichi per la pensione di anzianità, operando, in mancanza di

espressa previsione legislativa, il diverso generale principio del

divieto di mutamento del titolo (la cui esistenza viene quindi ancora riconosciuta). Entrambe le decision^riguardano casi par ticolari, perché nel primo l'acquisizione dei requisiti per il trat tamento di vecchiaia da parte del titolare di una pensione d'in

validità era dedotta come elemento ostativo all'attribuzione del

trattamento di straordinario d'integrazione salariale; nel secon

do, veniva prospettato che la conversione della pensione d'in

validità in pensione di vecchiaia precludeva l'applicazione del

divieto di cumulo con il trattamento di reversibilità connesso ad

una rendita erogata dall'Inail.

Per contro, da ultimo, Cass. 12 giugno 2003, n. 9462 (id., 2004, I, 1216) ha affermato invece il diritto alla conversione

della pensione o assegno di invalidità in pensione di anzianità.

3.1. - La corte condivide i rilievi critici formulati dalle sen tenze richiamate sub 2.2 in ordine all'esistenza, nel vigente or

dinamento, di un principio generale di immutabilità del titolo

della prestazione pensionistica. In effetti, come ha osservato

Cass. 6603/98, cit., una regola di questo tipo non può essere ri

cavata dalle norme dell'art. 45 r.d.l. 4 ottobre 1935 n. 1827 e

dell'art. 9 r.d.l. 14 aprile 1939 n. 636 (modificato dalla 1. 4 aprile 1952 n. 218). La prima disposizione, nel disporre che

l'assicurazione per l'invalidità e la vecchiaia ha per scopo prin

cipale l'assegnazione di una pensione nel caso d'invalidità al

lavoro o di vecchiaia non è assolutamente di ostacolo, nel suo

contenuto letterale, al mutamento del titolo della pensione, ma

solo all'attribuzione congiunta dell'una e dell'altra prestazione; e un contenuto sostanzialmente identico ha la previsione del

l'art. 2, 1° comma, parte prima, r.d.l. 14 aprile 1939 n. 636.

Analoghe considerazioni valgono per le previsioni dell'art. 9

medesimo r.d.l. 636/39, che, stabilendo i requisiti rispettiva mente necessari per l'attribuzione della pensione di vecchiaia e

della pensione d'invalidità, configurano indubbiamente ipotesi alternative di tutela nell'ambito dell'assicurazione generale ob

bligatoria, ma non implicano di per sé l'esclusività, nel senso

indicato, dell'una e dell'altra prestazione. D'altro canto, le diverse norme, sopra ricordate sub 1.2, che

per varie fattispecie consentono la riliquidazione della pensione in godimento in base a diversi criteri, e specialmente la regola di trasformazione dell'assegno d'invaliditi in pensione di vec

chiaia introdotta dall'art. 1, 10° comma, 1. 222/84, sembrano

difficilmente riconducibili ad ipotesi eccezionali di deroga ad un divieto generale; esse inducono invece ad escludere la possibi lità di giungere, attraverso una ricostruzione sistematica della

legislazione previdenziale, all'affermazione sia di un principio

generale di divieto di mutamento del titolo della prestazione

pensionistica, sia del principio inverso, di portata ugualmente generale, di mutabilità del suddetto titolo, come è stato pro

spettato da alcune delle pronunzie più recenti. Queste opzioni ricostruttive sono infatti destinate ad incontrare un insuperabile ostacolo nel carattere estremamente frammentario del comples so normativo, che nella sua evoluzione lascia trasparire

— come

è stato notato in dottrina — opzioni e politiche del diritto mute

voli, perché prevalentemente ispirate dal contingente. Il problema può essere correttamente impostato e risolto, ad

avviso di questa corte, solo nell'ambito della disciplina dei sin

goli istituti, tenuto conto delle specifiche caratteristiche della

tutela accordata con ciascuno di essi dall'ordinamento, anche

alla luce dei principi costituzionali in materia. Si deve conside

rare, altresì, che con la prospettata «trasformazione» della pen sione si implica non solo una diversa qualificazione della pre stazione attribuita, ma anche una riliquidazione della stessa, con

la determinazione di un diverso importo, per la quale appare ne

cessario il riferimento ad una specifica disciplina normativa.

3.2. - Per quanto riguarda i rapporti tra trattamento d'invali

dità e pensione di vecchiaia, è indubbiamente fondamentale il

dato normativo fornito dal più volte citato art. 1, 10° comma, 1.

222/84; il collegamento tra le due forme di tutela (accomunate nella previsione dei citati art. 45 r.d.l. 1827/35, 2 e 9 r.d.l.

Il Foro Italiano — 2004.

636/39) è avvalorato, sul piano sistematico, dal rilievo della

natura del rischio protetto, che per entrambe riguarda la perdita della capacità di lavoro (il «caso d'invalidità al lavoro o di vec

chiaia»); ad esso corrispondono — in relazione ad un'unica po

sizione assicurativa — le esigenze sociali di protezione dallo stato di bisogno tipizzate nelle diverse fattispecie pensionisti che, che in attuazione del medesimo precetto dell'art. 38 Cost,

garantiscono il diritto dei lavoratori a mezzi adeguati alle loro

esigenze di vita per i casi d'invalidità e vecchiaia.

3.3. - Considerazioni diverse valgono invece per la pensione di anzianità. Con riguardo ad essa non opera la suddetta garan zia costituzionale, riservata, come più volte è stato affermato dal

giudice delle leggi, alle pensioni che trovano la loro causa nella

cessazione dell'attività lavorativa per ragioni di età e non anche a quelle il cui presupposto consiste nel mero avvenuto svolgi mento dell'attività stessa per un tempo predeterminato, così

come nel caso dei trattamenti pensionistici di anzianità, che cor

rispondono ad una forma previdenziale affatto diversa, indipen dente dall'età e fondata esclusivamente sulla durata dell'attività

lavorativa e sulla correlativa anzianità di contribuzione effettiva

(Corte cost. 2 maggio 1991, n. 194, id., Rep. 1991, voce cit., n.

781; 4 novembre 1999, n. 416, id., 2000, I, 2456; 19 marzo

2002, n. 70, id., Rep. 2002, voce cit., n. 563). Tale prestazione rappresenta un «riconoscimento ed un pre

mio per la fedeltà al servizio» (Corte cost. 194/91, cit.), e non è

comparabile con le altre forme previdenziali comprese nell'area

di tutela dell'art. 38 Cost.; la relativa disciplina non può essere

dunque richiamata per trarre dalla normativa in tema di pensio ne di vecchiaia (in quanto caratterizzante il sistema previden ziale «nel suo complesso», secondo l'opinione seguita da Cass.

6603/98 e 9462/03, cit.) una regola di contenuto analogo a

quella contenuta nel citato art. 1, 10° comma, 1. 222/84, che

consente la conversione del trattamento d'invalidità in pensione di anzianità.

Per queste ragioni non possono essere condivise su un piano

generale, e specificamente per quanto riguarda il rapporto tra le

due forme pensionistiche in esame, le considerazioni svolte

nella richiamata sentenza 1821/98 in ordine all'unicità sia del

fatto giuridico rappresentato dallo stato di bisogno tutelato nel

l'ambito del regime generale, sia della prestazione previdenziale anche nell'ipotesi di concorso di più fattispecie pensionistiche.

3.4. - La norma dell'art. 22 1. 30 aprile 1969 n. 153, secondo

cui la pensione di anzianità «è equiparata a tutti gli effetti alla

pensione di vecchiaia quando il titolare di essa compie l'età sta

bilita per il pensionamento di vecchiaia», stabilisce un collega mento tra i due istituti per il momento in cui si realizza, anche

per il pensionato di anzianità, l'evento generatore di bisogno connesso alla perdita della capacità lavorativa.

D'altro canto, la situazione del titolare di pensione d'invali

dità attribuita nel regime precedente all'entrata in vigore della 1.

222/84 (come nel caso di specie) implica la possibilità di svol

gimento di un'attività lavorativa limitata, in relazione alla ri

dotta capacità di lavoro e di guadagno, e quindi di maturazione

di ulteriori periodi di contribuzione. Questa ipotesi trova la sua

disciplina nelle disposizioni dell'art. 19 d.p.r. 488/68 e dell'art.

7 1. 23 aprile 1981 n. 155, secondo cui i contributi versati o ac creditati nell'assicurazione generale obbligatoria successiva mente alla data di decorrenza della pensione danno diritto ad un

supplemento della pensione in atto. Tale disciplina è richiamata

dall'art. 1, 9° comma, 1. 222/84, che prevede l'utilizzazione a

tal fine dei periodi di contribuzione effettiva, volontaria e figu rativa successivi alla decorrenza originaria dell'assegno ordina

rio d'invalidità, corrisposto per il caso di parziale riduzione

della capacità di lavoro oltre la soglia di legge.

Questa prestazione, secondo la previsione del già citato 10°

comma dello stesso articolo, al compimento dell'età stabilita per il diritto a pensione di vecchiaia «si trasforma» in tale tratta

mento, in presenza dei requisiti di assicurazione e contribuzio

ne. «A tal fine i periodi di godimento dell'assegno nei quali non

sia stata prestata attività lavorativa si considerano utili ai fini del

diritto e non anche della misura della pensione stessa».

Non esiste invece alcuna previsione di collegamento tra la

tutela per l'invalidità e la pensione di anzianità, perché questa non può essere riferita, come si è visto, alla situazione genera trice di bisogno che accomuna la prima forma previdenziale e la

pensione di vecchiaia, né è stabilito un sistema di ridetermina

zione dell'importo del trattamento.

Si deve pertanto concludere che il sistema non consente una

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2759 PARTE PRIMA 2760

conversione o trasformazione della pensione d'invalidità in pen sione di anzianità, per conseguire il vantaggio di questo secondo

trattamento (prima dell'età richiesta prima dell'età stabilita per la pensione di vecchiaia) sulla base dell'anzianità contributiva e

assicurativa raggiunta con la prosecuzione dell'attività lavorati

va, in relazione alla quale è possibile solo la liquidazione di

supplementi di pensione. Ciò in ragione della rilevata sostanziale diversità di questo

beneficio (discrezionalmente concesso dal legislatore, come ha

affermato la Corte costituzionale) rispetto all'intervento previ denziale diretto a proteggere il lavoratore dal rischio evento

protetto dalla garanzia costituzionale, che per la disciplina del

l'art. 22 1. 153/69 assume rilievo solo al compimento dell'età

pensionabile.

Questa ricostruzione non prospetta alcuna ingiustificabile di

sparità di trattamento, in relazione al principio di cui all'art. 3

Cost., nel confronto della posizione del pensionato d'invalidità

che continui a prestare attività lavorativa con quella del soggetto che con piena capacità di lavoro raggiunga i requisiti assicurati

vi e contributivi della pensione di anzianità. Si tratta infatti di

situazioni evidentemente diverse e non comparabili, data la tu

tela previdenziale di cui già gode l'invalido.

La sentenza impugnata deve essere quindi annullata. Non so

no necessari ulteriori accertamenti di fatto in ordine alla que stione oggetto della controversia, e la causa deve essere decisa

nel merito con il rigetto della domanda dell'attore in primo gra do diretta alla conversione della pensione di invalidità in pen sione di anzianità.

CORTE DI CASSAZIONE; sezione lavoro; sentenza 11 mag

gio 2004, n. 8943; Pres. Mercurio, Est. La Terza, P.M. Fu

zio (conci, conf.); Inps (Avv. De Angelis, Di Lullo, Valen

te) c. Perletti (Avv. Giannetta). Cassa App. Milano 28 set

tembre 2001 e decide nel merito.

Previdenza e assistenza sociale — Pensione sociale sostituti

va di assegno di invalidità — Revoca per superamento dei

limiti reddituali — Ripristino — Requisiti (L. 30 aprile 1969 n. 153, revisione degli ordinamenti pensionistici e nor

me in materia di sicurezza sociale, art. 26; 1. 30 marzo 1971 n.

118, conversione in legge del d.l. 30 gennaio 1971 n. 5 e nuo

ve norme in favore dei mutilati ed invalidi civili, art. 19; 1. 8

agosto 1995 n. 335, riforma del sistema pensionistico obbli

gatorio e complementare, art. 3).

Qualora venga chiesto il ripristino della pensione sociale a suo

tempo ottenuta, per raggiunti limiti d'età, in sostituzione di

assegno di invalidità, ma successivamente revocata per supe ramento dei limiti di reddito, i requisiti necessari alla matu

razione del diritto non sono quelli previsti dalla normativa

vigente all'epoca dell'erogazione della prestazione origina

ria, bensì quelli dettati dalla normativa vigente al momento

della nuova domanda. (1)

(1) La sezione lavoro applica all'ipotesi della pensione sociale il me desimo criterio affermato, per le prestazioni di invalidità, da sez. un. 21 marzo 2001, n. 118/SU, Foro it., 2001,1, 1511, con nota di richiami.

Nel senso che l'ammissione degli invalidi civili, al compimento del

sessantacinquesimo anno di età, alla pensione sociale sostitutiva, ha ca rattere automatico e prescinde dall'accertamento della rivalutazione della posizione patrimoniale dell'assistito, v. Cass. 9 agosto 2001, n.

10972, id., Rep. 2001, voce Previdenza sociale, n. 592. Per riferimenti sui requisiti reddituali per la pensione sociale, ante

riormente all'entrata in vigore dell'art. 3 1. 8 agosto 1995 n. 335, che ha introdotto il nuovo istituto dell'assegno sociale, cfr. Cass. 7 febbraio

2001, n. 1754, id., 2001,1, 831, con nota di richiami.

Il Foro Italiano — 2004.

Svolgimento del processo. — Con sentenza del 28 settembre

2001 la Corte d'appello di Milano confermava la statuizione re

sa dal locale tribunale il 29 dicembre 2000, con cui, in accogli mento del ricorso proposto da Roberta Perletti, era stato dichia

rato, nei confronti dell'Inps, il diritto di costei al ripristino della

pensione sociale dal 1998, con condanna dell'istituto al paga mento dei ratei maturati. La corte territoriale —

premesso in

fatto che la Perletti era stata titolare di assegno di invalidità tra

sformatosi in pensione sociale dal 1981 e poi revocata dal 1990

per superamento dei limiti reddituali — affermava che la mede

sima aveva diritto al ripristino della prestazione con i limiti red

dituali vigenti in precedenza, e non già con quelli meno favore

voli vigenti al momento della nuova domanda presentata nel

1998. La corte osservava che ove una prestazione sia mutata

nella disciplina ma abbia mantenuto la medesima funzione —

nella specie vi era stato il mutamento da pensione sociale ad as

segno sociale (introdotto dall'art. 3, 6° comma, 1. 8 agosto 1995

n. 335) — l'avvenuta revoca del trattamento in seguito alla per dita di una delle condizioni prescritte, implica l'estinzione del

diritto, ma in ragione dell'unicità della funzione, a seguito di

nuova domanda, le condizioni vanno verificate tenendo conto

della normativa originaria. Avverso detta sentenza l'Inps propone ricorso affidato ad un

unico motivo.

Resiste la Perletti con controricorso.

Motivi della decisione. — L'Inps censura la sentenza per

violazione e falsa applicazione dell'art. 19 1. n. 118 del 1971,

dell'art. 26 1. n. 153 del 1969 e dell'art. 3, 6° comma, 1. n. 335

del 1995. Premesso essere pacifico che, ai fini del diritto alla

pensione o all'assegno sociale sostitutivi delle provvidenze eco

nomiche per l'invalidità civile, devono essere applicati i criteri

reddituali previsti prima del compimento dei sessantacinque an

ni, assume l'istituto che nel presente caso, stante la diversità

della fattispecie, occorre invece accertare se — una volta venuta

meno la pensione sociale sostitutiva per superamento di detti

limiti — quando si proponga una nuova domanda debbano an

cora essere applicati i limiti di cui alle prestazioni di invalidità civile, oppure i limiti vigenti all'epoca della domanda medesima

che regolano il diritto alla pensione ovvero all'assegno sociale.

L'istituto ricorrente osserva che le prestazioni pensionistiche,

pur comportando erogazioni periodiche e continuative, non de

terminano la costituzione di uno status personale, né un'acqui sizione definitiva del diritto, ma richiedono la permanenza delle

condizioni per le quali sono state erogate, di talché quando que ste vengano meno, si determina, con la revoca della prestazione, la cessazione del diritto, il quale potrà rivivere solo se venga

presentata una nuova domanda e sussistano le condizioni di leg

ge vigenti al momento della domanda stessa. In relazione alla

pensione sociale, nessuna disposizione ne prevede la sospensio ne del pagamento, per cui, il venir meno del requisito reddituale

(peraltro di quello più favorevole previsto per la pensione so

ciale sostitutiva) determina la perdita del diritto, lasciando alla

disciplina dell'ordinamento vigente l'eventuale attribuzione, a

domanda, di una prestazione di natura diversa.

Il ricorso merita accoglimento. Va rilevato in fatto che — come risulta dalla sentenza impu

gnata — nel 1981, allorquando per superamento dei sessanta

cinque anni, la ricorrente iniziò a percepire — in luogo dell'as

segno sociale di cui all'art. 13 1. 118/71 — la pensione sociale

sostitutiva, ai sensi dell'art. 19 medesima legge del 1971, l'ero

gazione avvenne correttamente avendo riguardo ai limiti reddi

tuali previsti per la prestazione di invalidità civile, ossia per

l'assegno di cui era stata in godimento (cfr. Cass., sez. un., n.

10972 del 9 agosto 2001, Foro it., Rep. 2001, voce Previdenza

sociale, n. 592). La questione posta alla corte non riguarda invero il problema

dei limiti reddituali vigenti all'atto del passaggio alla pensione sociale sostitutiva, ma ai limiti successivi, vigenti nel momento

in cui, nel 1998, la ricorrente propose domanda per il ripristino della pensione sociale, assumendo di godere di redditi rientranti

nella misura di legge. Invero, a seguito della legittima revoca

della prestazione avvenuta nel 1990 — essendo incontestato che

a quella data la ricorrente avesse superato i più favorevoli limiti

reddituali previsti per la precedente prestazione di invalidità ci

vile — il diritto alla pensione sociale era venuto meno, con il

venir meno di uno dei requisiti costitutivi del diritto. Non es

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