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Sezioni unite civili; sentenza 2 luglio 1980, n. 4171; Pres. G. Rossi, Est. Vela, P. M. Berri (concl.diff.); Regione Sardegna (Avv. dello Stato Freni) c. Anedda ed altri (Avv. Morcavallo).Regolamento di giurisdizioneSource: Il Foro Italiano, Vol. 104, No. 11 (NOVEMBRE 1981), pp. 2805/2806-2809/2810Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23174120 .
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
organo dello Stato investito, mediante le norme internazionali, della funzione istituzionale, diretta al soddisfacimento dei cre
diti alimentari degli appartenenti agli Stati contraenti o aderenti
alla convenzione.
Per modo che — non essendo richiesta, nella specie, la pro cura del creditore degli alimenti (dovuti ai figli minori in virtù delle convenzioni dell'Aja del 24 ottobre 1956 e del 15 aprile 1958) per l'esercizio delle funzioni di istituzione intermediaria
sul territorio italiano da parte del ministero dell'interno, il qua le agisce, in virtù di legittimazione propria, come portatore di
un interesse di natura pubblicistica, nell'esercizio di poteri at
tribuitigli dalle norme internazionali, in adempimento degli ob
blighi assunti nei confronti degli Stati aderenti alla convenzione — non può non ritenersi priva di pregio la tesi secondo cui la
mancata autenticazione della sottoscrizione della mandante com
porterebbe la nullità assoluta (rilevabile anche ex officio in ogni stato e grado del giudizio) della procura rilasciata all'istituzione
intermediaria per l'Italia, con la conseguenza della improcedi bilità della domanda di delibazione.
Il primo motivo è, quindi, da disattendere. (Omissis). Con il terzo motivo, il ricorrente — denunciata la violazione
dell'art. 797, capov., cod. proc. civ. — deduce che il Tribunale
di Stoccolma sarebbe stato incompetente a decidere sulla do
manda di filiazione naturale e su quella conseguente di adem
pimento dell'obbligo alimentare, in quanto, essendo il conce
pimento intervenuto in Italia, competente ad accertare la pa ternità naturale del minore Martin Englund sarebbe stato il Tri
bunale di Napoli. La doglianza è infondata. Il giudice della delibazione è stato
chiamato, nel caso di specie, a pronunciarsi esclusivamente in
ordine alla statuizione relativa alla condanna del ricorrente alla
corresponsione degli alimenti in favore del minore, la quale,
pur essendo collegata alla declaratoria di paternità naturale, po
teva essere considerata autonomamente, non ostando al riguardo
alcun divieto di scissione delle due situazioni (cfr., in tal senso,
Cass. n. 971 del 1976, id., Rep. 1976, voce Delibazione, n.
40; n. 461 del 1975, id., Rep. 1975, voce cit., n. 24; n. 3133 del
1972, id., 1973, I, 2188). Per modo che — trattandosi soltanto della delibazione della
decisione relativa all'obbligo degli alimenti, avente natura me
ramente patrimoniale — deve ritenersi che la corte d'appello ab
bia correttamente affermato la competenza del Tribunale di Stoc
colma, a norma dell'art. 3, n. 2, della convenzione dell'Aja del
15 aprile 1958, secondo cui « aux termes de la présente con
vention sont compétentes pour rendre des décisions en matière
d'aliments le autorités de l'Etat sur le territoire duquel le créan
cier d'aliments avait sa résidence habituelle au moment où l'in
stance a été introduite », in quanto, in base alle risultanze pro
cessuali, il figlio minore del ricorrente, al momento dell'instau
razione del processo da parte della madre innanzi al Tribunale
di Stoccolma, aveva la sua residenza abituale in tale città (cfr.,
in tal senso, Cass. 17 marzo 1976, n. 971, cit.). (Omissis)
Per questi motivi, ecc.
CORTE DI CASSAZIONE; Sezioni unite civili; sentenza 2
luglio 1980, n. 4171; Pres. G. Rossi, Est. Vela, P.M. Berri
(conci, diff.); Regione Sardegna (Aw. dello Stato Freni) c.
Anedda ed altri (Avv. Morcavallo). Regolamento di giurisdi zione.
Avvocatura dello Stato — Patrocinio della regione Sardegna —
Procura alle liti — Necessità — Insussistenza (D. pres. 19
maggio 1949 n. 250, norme di attuazione dello statuto speciale
per la Sardegna, art. 55; r. d. 30 ottobre 1933 n. 1611, t. u.
delle leggi e delle norme giuridiche sulla rappresentanza e
difesa in giudizio dello Stato e sull'ordinamento dell'avvoca
tura dello Stato, art. 1, 11).
Impiegato dello Stato e pubblico — Ente pubblico non econo
mico — Salariati giornalieri — Rapporto — Controversie —
Giurisdizione ordinaria (Cod. proc. civ., art. 409, n. 5).
In virtù dell'estensione alla regione Sardegna delle funzioni pro
prie dell'avvocatura dello Stato nei riguardi delle amministra
zioni statali, l'avvocatura è legittimata a costituirsi in giudi zio e a proporre ricorso per regolamento di giurisdizione senza
necessità di mandato o autorizzazioni. (1)
(1) L'estensione del patrocinio dell'avvocatura dello Stato alle re
gioni è stato disposto con l'art. 1 d. 1. 2 marzo 1948 n. 142, per quanto riguarda la Sicilia, con l'art. 55 d. pres. 19 maggio 1949 n.
250, per quanto riguarda la Sardegna, con l'art. 42 d. pres. 30 giù
Il rapporto di lavoro dei salariati giornalieri, assunti ai sensi dell'art. 6, lett. c, legge reg. Sardegna 28 novembre 1957 n. 25 dal Centro regionale antimalarico e antisettico — il quale è un ufficio della regione, privo di personalità giuridica — è da detta legge configurato come di diritto privato, onde la
giurisdizione a conoscere delle relative controversie spetta al
giudice ordinario. (2)
La Corte, ecc. — Fatto. — Con unico ricorso del 31 gen naio 1979, settantasette lavoratori assunti temporaneamente, dal Centro regionale antimalarico ed antinsetti (C.r.a.a.i.), istituito dalla regione sarda con legge 28 novembre 1957 n. 25, hanno chiesto al Pretore di Cagliari di accertare il loro « diritto irre versibile ... alla definitiva stabilità del posto, previo annulla
gno 1951 n. 574, e 39-41 d. pres. 1° febbraio 1973 n. 49, per quanto riguarda il Trentino-Alto Adige, con l'art. 1 d. pres. 23 gennaio 1965 n. 78, per quanto riguarda il Friuli-Venezia Giulia, con l'art. 59 legge 16 maggio 1978 n. 196, per quanto riguarda la Valle d'Aosta, e con l'art. 107, 3° comma, d. pres. 24 luglio 1977 n. 616, per quanto ri guarda le regioni a statuto ordinario. Tuttavia, mentre per le re gioni a statuto speciale il patrocinio dell'avvocatura dello Stato com pete ope legis, anche nei casi di funzioni delegate agli enti locali, con la sola eccezione delle situazioni di conflitto di interessi o di ricorso al libero foro per altri giustificati motivi, l'estensione del patrocinio alle regioni a statuto ordinario è subordinato ad una decisione in tal senso adottata dal consiglio regionale con una delibera pubblicata per estratto sulla Gazzetta ufficiale e sul Bollettino ufficiale della re gione interessata e con effetto dal quindicesimo giorno successivo al l'ultima di tali pubblicazioni (art. 10 legge 3 aprile 1979 n. 103). Le province di Bolzano e di Trento, infine, possono essere assistite dal l'avvocatura dello Stato, oltre che nei casi di esercizio di funzioni de legate, soltanto in seguito a specifica richiesta (art. 41, 2° comma, d. pres. 1° febbraio 1973 n. 49).
Corte cost. 20 aprile 1968, n. 30, Foro it., 1968, I, 1106, ha dichia rato infondata la questione di costituzionalità dell'art. 55 d. pres. 19
maggio 1949 n. 250, che estende alla regione Sardegna le funzioni del l'avvocatura dello Stato.
Va ricordato che la disciplina, di cui al citato art. 55, è stata immutata dall'art. 73 d. pres. 19 giugno 1979 n. 348 (norme di at tuazione dello statuto speciale per la Sardegna in riferimento alla legge 22 luglio 1975 n. 382 e al d. pres. 24 luglio 1977 n. 616), a tenor del quale « la regione può ... avvalersi del patrocinio legale e della consulenza dell'avvocatura dello Stato, a modifica del 1° comma dell'art. 55 d. pres. 19 maggio 1949 n. 250 ». La modifica normativa, di cui vanno segnalati i riflessi anche con riferimento agli art. 25 e 144 cod. proc. civ., è peraltro non ancora efficace, poiché, per l'art. 3, 3° comma, d. pres. cit., « le norme del presente decreto avranno ef fetto dalla data di entrata in vigore della legge di cui al primo com ma »: legge che dovrebbe provvedere « agli oneri derivanti dall'eser cizio delle ulteriori funzioni trasferite o delegate con il presente de creto », e che è ancora di là da venire.
Cons. Stato, Ad. plen., 15 gennaio 1960, n. 1, id., 1960, III, 25 e 51, con nota di Andrioli, commentata da Cannada-Bartoli, in Foro amrn., 1960, I, 3, da Guicciardi, in Giur. it., 1960, III, 69, e da A. M. Sandulli, in Giust. civ., 1960, II, 84, ritiene inap plicabile ai giudizi dinanzi al Consiglio di Stato la legge 25 mar zo 1958 n. 260, che prescriveva la notifica degli atti introduttivi dei giudizi contro le amministrazioni statali presso gli uffici del l'avvocatura; Corte cost. 23 marzo 1960, n. 13, Foro it., 1960, I, 717, commentata di Andrioli, in Giur. costit., 1960, 125, ritenne inapplicabile la stessa legge ai giudizi dinanzi alla Corte costituzio nale. In proposito v. Laporta e Cananzi, in L'avvocatura dello Stato, 1976, 359-366. Successivamente l'art. 10, 3° comma, legge 3 aprile 1979 n. 103, ha disposto l'applicazione dell'art. 1 legge n. 260/1958 ai giudizi dinanzi al Consiglio di Stato ed ai tribunali regionali am ministrativi (cfr. M. Nigro, L'infelice « resurrezione » per i giudizi amministrativi della legge 25 marzo 1958 n. 260, in Cons. Stato, 1979, II, 1031), e Cons. Stato, Sez. IV, 9 novembre 1979, n. 962, Foro it., 1980, III, 167, ha rimesso all'adunanza plenaria la questione di sta bilire se la notificazione della sentenza del T.A.R. agli effetti della decorrenza del termine di appello debba avvenire al domicilio reale dell'amministrazione o presso l'avvocatura dello Stato. Nel senso che la notifica debba avvenire presso l'avvocatura, Cass., Sez. un., 10 ottobre 1979, n. 5246, id., 1979, I, 2848, con osservazioni di C. M. Barone.
(2) Circa la necessità, ai fini della devoluzione delle controversie alla giurisdizione ordinaria, di una espressa qualificazione privati stica del rapporto di lavoro con ente pubblico non economico, v. la nota di richiami a Pret. Cosenza 30 marzo 1978, Foro it., 1979, I, 268, fra i quali, in particolare, Cass. 5 marzo 1977, n. 905, id., 1978, I,
596; nonché, pure citata in motivazione, Cass. 19 ottobre 1976, n.
3595, id., 1976, I, 2509, con osservazioni e ulteriori richiami di C. M. Barone.
Ma v. anche Cass. 13 maggio 1980, n. 3135, id., 1981, I, 474, con nota di Bellantuono, la quale, con riferimento alle controversie di lavoro dei dipendenti salariati fissi delle università agrarie delle province dell'ex Stato pontificio, ha affermato la giurisdizione esclu siva del giudice amministrativo, con la considerazione che le dette università agrarie non sono enti pubblici economici.
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2807 PARTE PRIMA 2808
mento degli illegittimi ed inefficaci licenziamenti » intimati il
28 dicembre 1978. Hanno esposto che la regione, dopo aver
inquadrato in ruolo, nel 1968 circa 200 dipendenti del C.r.a.a.i., era solita provvedersi di altro personale occorrente al funzio
namento di quell'ufficio con sistemi contrastanti tanto con la
Costituzione, quanto con la predetta legge del 1957 e con la
legge nazionale 18 aprile 1962 n. 230, perché, senza applicare alcun contratto collettivo di lavoro, attribuiva ai dipendenti, che
assumeva imponendo loro la sottoscrizione di una scheda in
bianco, la qualifica di salariati giornalieri, ancorché poi li uti
lizzasse in servizi amministrativi e tecnici invece che nelle cam
pagne di lotta previste dalla legge regionale; ed inoltre procedeva a continui licenziamenti e riassunzioni.
Il ricorso è stato notificato direttamente alla regione sarda, ma
all'udienza fissata per la discussione il pretore ha ritenuto che
la notificazione dovesse farsi presso l'avvocatura dello Stato ed ha pertanto assegnato ai ricorrenti un termine per provvedere al rinnovo dell'atto, rinviando la trattazione della causa ad altra
data. Ricevuta presso l'avvocatura la notificazione del ricorso, la regione ha proposto istanza per regolamento preventivo della
giurisdizione. Quindi ha chiesto ed ottenuto, nell'udienza pre torile, la sospensione del giudizio di merito. Nel procedimento incidentale, gli attori resistono con controricorso.
Diritto. — Dai resistenti è stata eccepita l'inammissibilità del
ricorso sotto un triplice profilo; è dunque di tali eccezioni pre
giudiziali che occorre anzitutto trattare. Si sostiene: a) che la
regione sarda ha proposto l'istanza di regolamento in un giudizio del quale essa non può considerarsi parte, in quanto non si è
costituita alla prima udienza, come richiede perentoriamente l'art.
416, nuovo testo, cod. proc. civ., pur avendo avuto regolare notifica dell'atto introduttivo di quel giudizio, dato che secondo
la decisione dell'adunanza plenaria del Consiglio di Stato 15
gennaio 1960, n. 1 (Foro it., 1960, III, 25) — a torto ignorata dal pretore — sono rimasti in vigore, pur dopo la legge 25 marzo 1958 n. 260, l'art. 36 t. u. 26 giugno 1924 n. 1054 e l'art. 13 del
relativo regolamento di procedura, i quali impongono la noti
ficazione del ricorso in sede giurisdizionale amministrativa di
rettamente all'amministrazione pubblica e non presso l'avvoca tura erariale; b) che detta istanza non è stata preceduta dalle
prescritte autorizzazioni; c) che l'avvocatura dello Stato non ha ottenuto alcun mandato (non si specifica se a costituirsi nel giu dizio principale, o ad introdurre quello incidentale, o per en
trambi). Codeste eccezioni sono tutte palesemente infondate. La prima lo è già in quanto nega paradossalmente la qualità
di parte al convenuto che, sia pur dopo l'udienza di prima com
parizione, si sia comunque costituito (altro è la decadenza dal l'esercizio di facoltà processuali provocata dalla dichiarazione di contumacia, altro è la legittimazione alla causa, che spetta sempre al convenuto proprio perché è tale); ed in quanto non considera che parte, ai fini della legittimazione all'istanza per regolamento preventivo di giurisdizione, non è solo chi si sia costituito nel giudizio principale, ma anche colui al quale sia stata contestata la lite (sent. 13 dicembre 1971, n. 3621, id., Rep. 1971, voce Giurisdizione civ., n. 116 e 23 agosto 1973, n. 2376, id., Rep. 1973, voce ©it., n. 212).
Ma più in generale deve dirsi che tutta la prospettata configu razione dei rapporti fra regione sarda ed avvocatura dello Stato è errata.
L'art. 55 d. pres. 19 maggio 1949 n. 250, recante norme di at tuazione dello statuto sardo, estende le « funzioni dell'avvoca tura dello Stato nei riguardi delle amministrazioni statali... al l'amministrazione regionale sarda », precisando che, a meno che non vi sia conflitto fra Stato e regione, « nei confronti della sud detta amministrazione si applicano le disposizioni del testo uni co e del regolamento approvate rispettivamente con r. d. 30 ot tobre 1933 nn. 1611 e 1612, e successive modificazioni, nonché
gli art. 25 e 144 del codice di procedura civile». Ciò implica l'applicazione non solo dell'art. 11 decreto n. 1611 del 1933 alla
Sardegna, e quindi della regola che « tutte le citazioni, i ricorsi e qualsiasi atto di opposizione giudiziale », ecc., « devono essere notificati alle amministrazioni dello Stato presso l'ufficio del l'avvocatura dello Stato nel cui distretto ha sede
' l'autorità giu
diziaria», ma anche del precedente art. 1, a norma del quale « la rappresentanza, il patrocinio e l'assistenza in giudizio delle amministrazioni dello Stato... spettano all'avvocatura dello Sta to. Gli avvocati dello Stato esercitano le loro funzioni innanzi a tutte le giurisdizioni ed in qualunque sede e non hanno biso
gno di mandato, neppure nei casi nei quali le norme ordinarie richiedono il mandato speciale, bastando che consti la loro qua lità ».
Insomma, in virtù della predetta estensione, l'avvocatura dello
Stato ha, rispetto alla regione sarda, la stessa posizione e gli
stessi compiti che ha rispetto allo Stato (a meno che non vi sia contrasto tra questo e quella): quindi è legittimata a costi
tuirsi in giudizio ed a proporre ricorso per regolamento preven tivo di giurisdizione senza mandato e senza autorizzazioni di
sorta. Né è lecito offuscare la chiarezza di tale sistema col ri
chiamo ad un orientamento del Consiglio di Stato che non ri
guarda il giudizio civile, bensì il particolare problema della
notificazione dell'impugnazione di un provvedimento in sede
giurisdizionale amministrativa.
Può, dunque, procedersi all'esame dell'istanza di regolamento. Ivi si premette che sulle domande degli attuali resistenti ha
già affermato la propria giurisdizione il T.A.R. della Sardegna con decisione dell'I 1 gennaio 1978; e si sostiene che tale giu dizio è da condividere sia perché i rapporti di lavoro costituiti
con il Centro regionale antimalarico e antinsetti, che è un ser
vizio autonomo inserito nell'organizzazione della regione e privo di personalità giuridica, ripetono il carattere dell'impiego pub blico dalla natura dell'ente regionale e dalla loro inerenza ai
fini istituzionali di quest'ultimo, sia perché gli attori tendono ad
ottenere la costituzione di stabili posizioni giuridiche le quali
superano i limiti fissati dalla legge regionale n. 25 del 1957.
La tesi non può essere condivisa. Nessuna influenza ha sulla
sorte del regolamento la richiamata decisione del T.A.R., poiché non risulta che essa sia passata in giudicato. Occorre, invece,
risalire, alla legge istitutiva del C.r.a.a.i. ed alle disposizioni che
ne hanno disciplinato i rapporti di lavoro.
Che il centro, costituito con legge reg. 28 novembre 1957
n. 25 per la lotta antimalarica e contro gli insetti e i parassiti degli animali e delle piante (art. 1 e 3), non abbia una personalità
giuridica propria si evince testualmente dall'art. 3 cit., ove esso
è qualificato « servizio » e posto alle dipendenze della giunta
regionale, nonché dall'art. 5 ove, prevedendosi la possibilità di
reperirne il personale « da altri uffici della regione », si lascia
intendere che anche esso null'altro è che un ufficio; è inoltre
confermato dall'assenza di disposizioni volte a renderlo auto
nomo, nelle strutture e nelle funzioni, rispetto alla regione, ché
anzi il suo personale stabile « fa parte a tutti gli effetti dell'or
ganico della regione » (art. 7) ed il suo funzionamento è reso
possibile mercé l'attribuzione periodica di fondi stanziati nel
bilancio regionale (art. 9 e 10). Che, poi, il centro non sia
neppure un'impresa, cui possa applicarsi l'art. 2093 cod. civ.
per quanto attiene alla disciplina dei rapporti di lavoro, ri
sulta non meno chiaramente dai compiti attribuitigli, i quali si
sostanziano nell'espletamento di un servizio di pubblica utilità, senza alcuna previsione di lucro.
È dunque vero che, come sostiene la ricorrente, il C.r.a.a.i. è
un ufficio di ente pubblico non economico (la regione). Ma
l'efficacia di tale premessa deve essere saggiata alla luce della
distinzione che gli art. 5, 6 e 7 citata legge speciale operano fra
personale stabile, inserito — come s'è detto — nell'organico del
la regione, personale temporaneo e personale giornaliero « di
lotta ». Con particolare riguardo a quest'ultimo, che è quello che interessa nella specie, in quanto ne fecero parte gli attuali
resistenti, l'art. 6, dopo aver specificato nella lettera c) del primo comma che esso è composto da « salariati » suddivisi fra segna latori, disinfestatori e bonificatori, aggiunge nel comma succes
sivo che costoro « vengono assunti con contratto di diritto pri vato e con la retribuzione stabilita nei piani annuali », avver
tendo, altresì, che « l'assunzione viene effettuata per le sole esi
genze stagionali ed occasionali, cessate le quali i salariati stessi
si intendono licenziati. Essi sono considerati giornalieri anche se
il periodo di servizio supera il termine massimo contemplato nell'art. 3 della legge 26 febbraio 1952 n. 67 » (ossia anche se restano in servizio per più di novanta giorni).
Queste disposizioni dicono, nel loro insieme, che la legge re
gionale ha inteso configurare come rapporti di lavoro di diritto
privato anziché come impieghi pubblici quelli instaurati con i salariati giornalieri.
È ben vero, infatti, che impiego pubblico può aversi anche laddove manchi o sia invalido un formale atto di nomina (fra le più recenti: sent. 11 dicembre 1979, nn. 6443 e 6444, id., Rep. 1979, voce Impiegato dello Stato, nn. 211, 165; 26 no vembre 1979, n. 6170, ibid., n. 303; 19 novembre 1979, n. 6011,
ibid., n. 101; 17 ottobre 1979, n. 5425, ibid., n. 102), oppure vi sia costituzione con contratto (sent. 11 ottobre 1979, n. 5267, ibid., n. 248), o apposizione di termine finale (sent. 1" ottobre
1979, n. 5029, ibid., n. 285), poiché la legislazione sulla prov vista del personale degli enti pubblici è talmente varia — anche a livello regionale — da rivelare che in quel rapporto non sono essenziali la costituzione con un provvedimento formale, oppure l'assenza di un termine finale, come ritengono i resi
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
stenti, bensì l'inserimento non occasionale del prestatore d'ope ra in un'organizzazione predisposta dall'ente pubblico. Ma nel caso in esame non si può non prendere atto della qualificazione in senso nettamente privatistico data dalla legge al rapporto. Essa è esplicita, e in virtù della sua fonte, di forza e valore pari a quella di tutte le altre che iscrivono rapporti di lavoro con enti pubblici nell'ambito del diritto privato, non può essere
ritenuta irrilevante, come sarebbe invece qualora la si rinvenisse in atti regolamentari o negoziali, stante il principio che alle
parti non è consentito apportare deroghe al riparto delle giu risdizioni (per l'importanza di detta qualificazione normativa, cfr. sent. 8 maggio 1976, n. 1616, id., 1976, I, 2509 e 5 marzo
1977, n. 903, id., Rep. 1977, voce cit., n. 95, peraltro giunte a
conclusioni opposte in due fattispecie diverse, a seguito di una « precisa ricognizione della norma positiva » e di una « pene trante ricerca della ratio ispiratrice » di essa). Inoltre, trova anche piena corrispondenza nella specifica cura con cui i sala riati giornalieri sono stati isolati in un'apposita categoria, cui è stato precluso un qualsiasi inserimento nell'organizzazione del C.r.a.a.i. e cui null'altro è stato assicurato all'infuori di un'oc
cupazione per un tempo e verso un compenso prestabiliti, in vista di esigenze « stagionali ed occasionali » (cfr., con partico lare riguardo al concetto di inserimento, sent. 1° ottobre 1979, n. 5029, cit.). Va anzi sottolineato che tale intento risulta con fermato dalla legge reg. 16 maggio 1968 n. 28, modif. con legge reg. 30 luglio 1970 n. 6, che per un verso ha eccezionalmente autorizzato l'amministrazione sarda a mantenere in servizio — in sieme ad altri — il personale salariato giornaliero assunto prima del 30 settembre 1977, prevedendone la nomina ad impiegato avventizio o salariato « sulla base delle mansioni da ciascuno effettivamente esercitate e purché in possesso del competente titolo di studio» (art. 1); per un altro verso ha eccettuato dal
divieto, posto con comminatoria di nullità dal successivo art. 4, solo le assunzioni del « personale stagionale » di cui si discute, evidentemente perché le ha ritenute determinate da esigenze contingenti.
Di fronte a tale contesto normativo, non è pertinente il ri lievo che gli attori tendono a conseguire la stabilità nel posto di lavoro, sicché, se fossero accolte le loro domande, essi ver rebbero a formare un nuovo stuolo di dipendenti regionali.
Qualunque possa essere la strada per superare i limiti posti dalla legislazione regionale e per giungere all'accertamento della
paventata « stabilità », è certo che questa afferirebbe pur sem
pre a rapporti di diritto privato, dalla cui disciplina deriverebbe
quindi la sua consistenza e non potrebbe costituire ragione per l'attribuzione agli attori dello status di dipendenti pubblici.
Si deve, pertanto, concludere che sotto ogni aspetto emerge la derivazione della causa da rapporti di lavoro privato, ancor ché instaurati con ente pubblico non economico, onde, realiz zandosi l'ipotesi di cui agli art. 409, n. 5, cod. proc. civ. (nuovo
testo) e 39 legge 6 dicembre 1971 n. 1034, e non quella di cui
agli art. 29, n. 1, t. u. 26 giugno 1924 n. 1054, 2, lett. a), e 7
legge n. 1034 del 1971, cit., in relazione all'art. 4 r. d. 26 giugno 1924 n. 1058, va dichiarata la giurisdizione del giudice ordinario.
(Omissis) Per questi motivi, ecc.
CORTE DI CASSAZIONE; Sezioni unite civili; sentenza 5 mag
gio 1980, n. 2919; Pres. G. Rossi, Est. Ruperto, P. M. Siloc
chi (conci, conf.); Bianchi (Avv. F. Zanchini, Federico) c. Ve
scovo di Gerace e Locri (Avv. R. Baccari, Scaglione). Confer ma App. Reggio Calabria 10 aprile 1978.
Corte costituzionale — Questione di costituzionalità dichiarata
preclusa dal giudice di appello — Ricorso in Cassazione — Ri
proponibilità della questione (Cod. proc. civ., art. 360).
Corte costituzionale — Revoca di nomina a vicario economo di
beneficio parrocchiale — Giudizio di rilascio delle temporalità — Questione di costituzionalità dell'art. 23, 2° comma, del trat
tato lateranense dell'I 1 febbraio 1929 — Improfìlabilità (Legge 11 febbraio 1929 n. 810, esecuzione del trattato e del Con
cordato, sottoscritti in Roma, fra la Santa Sede e l'Italia,
I'll febbraio 1929: trattato, art. 23, 2° comma).
Il ricorso, con cui il convenuto soccombente ha denunciato l'omes
so esame di questione (ritenuta — a giudizio delle sezioni uni
te erroneamente — preclusa per acquiescenza dal giudice di ap
pello) di costituzionalità di norma, che, se dichiarata illegitti
ma, determinerebbe l'assoluto difetto di giurisdizione, rende di
bel nuovo ammissibile la questione avanti la Corte di cassa
zione. (1) Nel giudizio di rilascio delle temporalità (chiesa, registri, archivi
parrocchiali), promosso contro il sacerdote destituito dal vesco
vo diocesano, che, con provvedimento ufficialmente comuni
cato alle autorità civili, ne aveva revocato la nomina a vica
rio economo del beneficio parrocchiale, non è profilabile la
questione di costituzionalità dell'art. 23, 2° comma, del tratta
to dell'I 1 febbraio 1929 fra la Santa Sede e l'Italia. (2)
(1-2) La sentenza leggesi in Foro it., 1980, I, 1280, con nota di
richiami e osservazioni di A. Proto Pisani; ne riproduciamo le mas
sime per pubblicare la nota di C. Cardia.
* * ♦
Contenuto e limiti del sindacato civile sugli atti e provvedi menti ecclesiastici di cui all'art. 23, capov., trattato lateranense.
1. - La sentenza delle sezioni unite della Cassazione innova con siderevolmente rispetto alla interpretazione che dell'art. 23, capov., del trattato lateranense hanno dato in passato la giurisprudenza pre valente, della Cassazione stessa e di merito, e parte della dottrina (1).
Il precedente, forse, più significativo risale al 1943 quando, con
fermando le precedenti sentenze di merito, le sezioni unite della Cassazione dettero una interpretazione sistematica della citata nor
ma, sulla base di alcuni principi estesamente enunciati. La sentenza del 1943 operava una prima interessante distinzione tra i rapporti che si esauriscono nell'ambito canonistico, e altri rapporti giuridici, quali quelli di tipo beneficiario, da cui possono nascere veri e propri diritti subiettivi. La condizione del religioso è infatti, per questa sentenza, « completamente regolata dalle leggi canoniche, e si pre senta dominata da principi, ai quali il diritto privato è palesemente estraneo. A queste leggi soltanto perciò — come in altri ben noti
casi — occorre riferirsi per stabilirne la natura ». Invece, « diversa mente avviene per l'investito di un beneficio, le cui rendite rap
presentano effettivamente un diritto subiettivo privato del titolare,
perché sono attribuite in corrispettivo per l'esercizio del ministero ».
Questa distinzione, tuttavia, finiva con l'essere del tutto priva di
conseguenze ai fini dell'art. 23 del trattato giacché per la medesima
sentenza « la legittimità del provvedimento ecclesiastico nella ma
teria spirituale e disciplinare non può essere discussa davanti alle
autorità del Regno, quand'anche riguardi diritti subiettivi privati del cittadino, appartenente al clero regolare o secolare ». E infatti
il principio ermeneutico fondamentale cui ci si deve richiamare è
(1) Per la giurisprudenza cfr. Trib. Roma 29 maggio 1940, Foro it., 1940, I, 1012; App. Roma 8 aprile 1941, id., 1941, I, 576; Cass., Sez. un., 24 marzo 1943, n. 671, id., 1943, I, 493; Trib. Roma 24 maggio 1954, id., 1955, I, 134; Trib. Potenza 21 luglio 1960, id., Rep. 1960, voce Ente ecclesiastico, n. 17; Trib. Locri 5 aprile 1976, id., 1979, I, 506; Cass., Sez. un., 11 settembre 1979, n. 4743, id., 1980, I, 378, con nota di Colella.
Per la dottrina essenziale cfr. U. Bassano, Competenza civile ri spetto agli atti ecclesiastici in materia spirituale e disciplinare, in Arch. dir. eccles., 1940, 515; P. Bellini, Principi di diritto ecclesiastico, Milano, 1972; C. Cardia, Rilevanza civile delle sentenze e dei prov vedimenti di cui all'art. 23, capov., del trattato lateranense, in AA.VY., Studi per la revisione del Concordato, Padova, 1970; P. G. Caron, Efficacia civile degli atti ecclesiastici di cui all'art. 23, capov., trat tato lateranense, in Dir. eccles., 1944-45, 221; P. Colella, Conside razioni sull'interpretazione dell'art. 23 capov. del trattato latera nense, in Foro it., 1980, I, 378; Id., Sulla rappresentanza giudiziale di ente ecclesiastico e sull'interpretazione dell'art. 23, capov., del trattato lateranense, in Dir. e giur., 1977, 936; Id., Ancora in tema di rappresentanza giudiziale di ente ecclesiastico e sull'interpretazione dell'art. 23, capov., del trattato lateranense. Esperibilità dell'opposi zione di terzo ordinaria da parte dei membri della comunità per tu telare « uti fideles » il diritto all'esercizio del culto, in Dir. e giur., 1978, 610; L. M. De Bernardis, I « privilegia clericorum » nel diritto ita liano, Milano, 1964; V. Del Giudice, Manuale di diritto ecclesiastico, Milano, 1964; F. Della Rocca, L'art. 23 del trattato lateranense e i limiti della sua applicabilità, in Giur. it., 1943, I, 1, 337; O. Giacchi, La giurisdizione ecclesiastica nel diritto italiano, Milano, 1970; P. Gi smondi, Lezioni di diritto ecclesiastico, Milano, 1975; L. Grassi, Il potere spirituale e disciplinare della Chiesa nell'ordinamento giuridico italiano, Napoli, 1960; R. Jacuzio, Commento alla nuova legislazione in materia ecclesiastica, Torino, 1932; P. Jannaccone, Principi di una dottrina fondamentale del riconoscimento concordatario da parte dello Stato di rapporti regolati dal diritto canonico, con particolare riferimento al sistema concordatario italiano, in AA. VV., Studi in onore di F. Scaduto, Firenze, 1936, I; A. C. Jemolo, Significato e valore dell'art. 23, capov., trattato lateranense, in Foro it., 1941, I, 576; Id., Lezioni di diritto ecclesiastico, Milano, 1979; S. Lariccia, Giurisdizione ecclesiastica, voce dell 'Enciclopedia del diritto, Milano, 1970, XIX; F. Margiotta Broglio, La giurisdizione civile e penale della Chiesa nel diritto dello Stato, Milano, 1963; F. Merlini, Sinda cabilità dei provvedimenti dell'autorità ecclesiastica da parte del l'autorità civile, in Dir. eccles., 1943, 197; M. Morelli, Gli ecclesiastici nel diritto italiano, Milano 1960; F. Onida, Giurisdizione dello Stato e rapporti con la Chiesa, Milano, 1964; E. Piga, La giurisdizione sui chierici e sui religiosi in materia spirituale e disciplinare, in Dir. eccles., 1933, 547; V. Rovera, La giurisdizione ecclesiastica sui chierici e sui religiosi nel diritto italiano, Milano, 1959; P. Zacchi, L'insindacabilità da parte del giudice civile degli atti e provvedimenti dell'autorità ec clesiastica in materia disciplinare e spirituale concernenti persone ec clesiastiche e religiose, in Dir. eccles., 1940, 408.
Il Foro Italiano — 1981 — Parte /■ 180.
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