+ All Categories
Home > Documents > sezioni unite civili; sentenza 23 novembre 1995, n. 12106; Pres. Zucconi Galli Fonseca, Est....

sezioni unite civili; sentenza 23 novembre 1995, n. 12106; Pres. Zucconi Galli Fonseca, Est....

Date post: 27-Jan-2017
Category:
Upload: hoangnguyet
View: 212 times
Download: 0 times
Share this document with a friend
6
sezioni unite civili; sentenza 23 novembre 1995, n. 12106; Pres. Zucconi Galli Fonseca, Est. Bibolini, P.M. Di Renzo (concl. diff.); Amici (Avv. Amici) c. Regione Marche (Avv. Cocchetti), Provincia di Ascoli Piceno, Min. ambiente. Regolamento di giurisdizione Source: Il Foro Italiano, Vol. 119, No. 2 (FEBBRAIO 1996), pp. 563/564-571/572 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23190170 . Accessed: 28/06/2014 17:18 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 91.213.220.146 on Sat, 28 Jun 2014 17:18:26 PM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
Transcript
Page 1: sezioni unite civili; sentenza 23 novembre 1995, n. 12106; Pres. Zucconi Galli Fonseca, Est. Bibolini, P.M. Di Renzo (concl. diff.); Amici (Avv. Amici) c. Regione Marche (Avv. Cocchetti),

sezioni unite civili; sentenza 23 novembre 1995, n. 12106; Pres. Zucconi Galli Fonseca, Est.Bibolini, P.M. Di Renzo (concl. diff.); Amici (Avv. Amici) c. Regione Marche (Avv. Cocchetti),Provincia di Ascoli Piceno, Min. ambiente. Regolamento di giurisdizioneSource: Il Foro Italiano, Vol. 119, No. 2 (FEBBRAIO 1996), pp. 563/564-571/572Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23190170 .

Accessed: 28/06/2014 17:18

Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at .http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp

.JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range ofcontent in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new formsof scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected].

.

Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to IlForo Italiano.

http://www.jstor.org

This content downloaded from 91.213.220.146 on Sat, 28 Jun 2014 17:18:26 PMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions

Page 2: sezioni unite civili; sentenza 23 novembre 1995, n. 12106; Pres. Zucconi Galli Fonseca, Est. Bibolini, P.M. Di Renzo (concl. diff.); Amici (Avv. Amici) c. Regione Marche (Avv. Cocchetti),

PARTE PRIMA

zione del consenso al traferimento della titolarità dell'azienda

goduta in affitto non equivale all'essersi questo trasferimento,

ipso iure, verificato. Un simile effetto non poteva prodursi, e

non si è certamente prodotto, in difetto del promesso consenso

negoziale dell'alienante, se non a seguito della pronuncia di una

sentenza idonea a tener luogo della mancata stipulazione del

contratto definitivo. Sentenza che, proprio per questo, ha ca

rattere costitutivo e non opera certo per il passato, essendo ol

tre tutto gli effetti traslativi dell'azienda condizionati anche al

l'offerta del pagamento del prezzo, come nella sentenza stessa

specificato. Ne consegue che, contrariamente a quanto reputato dal giu

dice a quo, il semplice maturare del diritto del Di Mare a che

la controparte si prestasse alla stipulazione del menzionato con

tratto traslativo non ha comportato alcun mutamento nella tito

larità dell'azienda; e ne consegue altresì che, stando in tal modo

le cose, il protrarsi del godimento dell'azienda medesima da parte

del Di Mare non poteva frattanto trovare altra giustificazione

giuridica se non nel perdurare del pregresso rapporto di affitto.

Ma, con tutta evidenza, ciò implica che l'affittuario, lungi dal

l'essere liberato dagli obblighi inerenti a tale rapporto, vi era

pur sempre vincolato.

Non può dunque prescindersi dal valutare in concreto la fon

datezza delle domande di risoluzione contrattuale, di pagamen to dei canoni arretrati e di risarcimento dei danni proposte dal

la beatrice, sol perché costei è rimasta inadempiente agli obbli

ghi assunti con il contratto preliminare di vendita. E, se è vero

che l'esecuzione in forma specifica di quest'ultimo contratto po trebbe rendere ormai comunque impossibile l'invocata restitu

zione dell'azienda alla predetta locatrice (ma sempre che il pro missario acquirente esegua l'offerta di pagamento cui la senten

za ha subordinato l'effetto traslativo), non è men vero che la

Di Mare conserva un interesse non irrilevante almeno all'esame

delle domande proposte per far accertare l'eventuale inadempi mento dell'affittuario, sia pure al solo scopo di conseguire il

pagamento dei canoni scaduti fino all'effettivo trasferimento della

titolarità dell'azienda o in vista — qualora ne ricorressero gli estremi — di una condanna dell'inadempiente al risarcimento

dei danni. L'impugnata sentenza dev'essere perciò cassata e la causa va

rinviata ad altra sezione della Corte d'appello di Napoli, che

giudicherà attenendosi al seguente principio: «Il semplice verificarsi delle condizioni alle quali le parti ave

vano subordinato l'obbligo della locatrice di prestare il proprio consenso al trasferimento dell'azienda in favore dell'affittuario, in difetto di tale consenso e fin quando il previsto effetto trasla

tivo della titolarità dell'azienda non abbia luogo per virtù della

pronuncia emessa dal giudice ai sensi dell'art. 2392 c.c., non

libera l'affitturario dalle obbligazioni derivanti dal rapporto di

affitto, e non esime quindi il giudice dall'esaminare nel merito

la fondatezza delle domande con cui la locatrice ha chiesto di

accertare il mancato adempimento di tali obbligazioni, di di

chiarare risolto il contratto d'affitto e di condannare la contro

parte al pagamento dei canoni maturati ed all'eventuale risarci mento dei danni».

Il Foro Italiano — 1996.

I

CORTE DI CASSAZIONE; sezioni unite civili; sentenza 23 no vembre 1995, n. 12106; Pres. Zucconi Galli Fonseca, Est.

Bibolini, P.M. Di Renzo (conci, diff.); Amici (Avv. Amici) c. Regione Marche (Avv. Cocchetti), Provincia di Ascoli Pi

ceno, Min. ambiente. Regolamento di giurisdizione.

Parchi nazionali — Fauna selvatica protetta — Danni arrecati

alle colture agrìcole — Diritto al risarcimento del danno —

Esclusione — Interesse legittimo — Giurisdizione amministra

tiva (Cost., art. 42; cod. civ., art. 2043, 2052; 1. 12 luglio 1923 n. 1511, conversione in legge, con modificazioni, del

r.d.l. 11 gennaio 1923 n. 257, riguardante la costituzione del

Parco nazionale d'Abruzzo, art. 1, 6; 1. 27 dicembre 1977

n. 968, principi generali e disposizioni per la protezione e la

tutela della fauna e la discipina della caccia; 1. 11 marzo 1988

n. 67, disposizioni per la formazione del bilancio annuale e

pluriennale dello Stato (legge finanziaria 1988), art. 18; d.m.

3 febbraio 1990, perimetrazione del Parco nazionale dei Monti

Sibillini).

Il proprietario di un fondo incluso nel comprensorio di un par co naturale (nella specie, dei Monti Sibillini) non può vanta

re, nei confronti della pubblica amministrazione, un diritto al risarcimento dei danni provocati alla coltivazione dalla fauna selvatica protetta, ma un semplice interesse legittimo alla con

cessione degli indennizzi previsti dalle disposizioni legislative in materia: pertanto, la relativa controversia rientra nella giu risdizione del giudice amministrativo. (1)

II

CORTE DI CASSAZIONE; sezioni unite civili; sentenza 27 ot tobre 1995, n. 11173; Pres. V. Sgroi, Est. Garofalo, P.M.

Aloisi (conci, conf.); Lisca (Aw. Vesentini, Cersosino, G.

Guerra) c. Provincia di Verona (Avv. Tornabuoni, Capo

ni). Regolamento di giurisdizione.

Caccia e protezione della fauna — Oasi di protezione e rifugio — Fauna selvatica protetta — Danni arrecati alle colture agrì cole — Risarcimento del danno — Giurisdizione ordinaria

(Cost., art. 117; cod. civ., art. 2043, 2052; 1. 27 dicembre 1977 n. 968, art. 6, 24, 26; 1. reg. veneta 14 luglio 1978 n.

30, disposizioni per la protezione e la tutela della fauna e

per la disciplina della caccia, art. 1, 20).

Il proprietario di un fondo incluso nel comprensorio di riserve

naturali vanta, nei confronti della pubblica amministrazione, un diritto soggettivo al risarcimento dei danni provocati alla

coltivazione dalla selvaggina protetta: pertanto, la relativa con

troversia rientra nella giurisdizione del giudice ordinario. (2)

(1-2) Le sezioni unite rimangono fedeli al proprio orientamento e scindono la giurisdizione a seconda che il fondo agricolo danneggiato si trovi nel comprensorio di un'oasi naturale o di un parco.

Il ragionamento adottato riposa su uno straordinario formalismo: nel

primo caso (le oasi), la 1. 968/77 prevede vere e proprie forme risarcito

rie, come tali tutelabili davanti al giudice ordinario, con un indennizzo dalla «funzione risarcitoria in senso stretto, quindi (dalla funzione) di

reintegrazione patrimoniale» dal momento che si parla espressamente di «danni non altrimenti risarcibili» (art. 26, 1° comma), di «liquida zione degli effettivi danni» (art. 6, 1° comma, lett. g) e di «criteri per la determinazione dei danni» (elementi concettualmente incompatibili con la configurabilità di un potere discrezionale della pubblica ammini strazione sia in ordine ali 'an che al quantum) e che è prevista l'obbliga torietà della costituzione del fondo regionale integrativo di quello pro vinciale previsto per il ristoro del danno eventualmente arrecato ai privati.

Nel secondo caso, invece, si ribadisce la specialità della figura dei parchi e della relativa disciplina, evocando una figura complessa all'in terno della quale la tutela della (e dalla) fauna è solo un aspetto di «una realtà coinvolgente una pluralità di situazioni che nella loro corre lazione e singolarità vengono assunte a rilevanza pubblica e rispetto alle quali (in mancanza di espressa e difforme disciplina specifica) la tutela di situazioni particolari finìce per soggiacere alla prevalente fina lità pubblica assunta a rilievo predominante». Cioè, nell'ambito premi nente della tutela ambientale, da un lato, il «compenso» cui ha diritto il privato danneggiato non viene ragguagliato all'effettività dei danni

e, quindi, non assume il carattere della certezza, almeno riguardo al

This content downloaded from 91.213.220.146 on Sat, 28 Jun 2014 17:18:26 PMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions

Page 3: sezioni unite civili; sentenza 23 novembre 1995, n. 12106; Pres. Zucconi Galli Fonseca, Est. Bibolini, P.M. Di Renzo (concl. diff.); Amici (Avv. Amici) c. Regione Marche (Avv. Cocchetti),

GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

I

Svolgimento del processo. — Con atto di citazione notificato

rispettivamente il 17, 19, e 23 luglio 1991, il sig. Felice Amici conveniva davanti al Pretore di Ascoli Piceno la provincia di

Ascoli Piceno, la regione Marche ed il ministero dell'ambiente, dei quali tutti chiedeva la condanna al risarcimento dei danni

subiti quale proprietario di due appezzamenti di terreno coltiva

ti a patate, apprezzamenti inclusi nel comprensorio del Parco

dei Monti Sibillini e che erano stati invasi in ore notturne da

cinghiali usciti dai boschi circostanti. L'attore sosteneva la responsabilità della provincia in quanto

ente che, presiedendo ai settori della caccia e della pesca, aveva

disseminato nei boschi una grande quantità di cinghiali senza

quantum. Dall'altro, non emerge normativamente alcun elemento pre fissato per la sua determinazione e liquidazione: indici, questi, che se condo la corte manifestano la subordinazione della situazione del priva to ad un interesse pubblico prevalente, che la degrada a livello di inte

resse legittimo (cfr. Cass., sez. un., 29 marzo 1983, n. 2246, Foro it., 1983, I, 2500).

Peraltro, la tutela differenziata, per il pregiudizio economico arreca

to dalla fauna selvatica, ed il suo rilievo sotto il profilo indennitario

a seconda delle varie forme normativamente previste per la correlata tutela naturalistica, non convincono appieno. Innanzitutto, la stessa Su

prema corte, nella sentenza 11173/95, ha escluso la degradazione del

diritto soggettivo ad interesse legittimo quante volte il fondo danneg giato si trovi compreso nella zona destinata ad oasi di protezione: que sto perché «la degradazione potrebbe riguardare solo i diritti e le facol

tà incompatibili con i fini perseguiti dall'ente pubblico, cioè con gli

scopi per i quali l'oasi di protezione (ma anche il parco) era stata crea

ta, e non anche il fondamentale diritto al ristoro del danno, che, se

attuato, certamente non impedisce all'amministrazione di perseguire i

fini suddetti». In secondo luogo, la 1. 968/77 ha previsto che tutti gli animali selvatici appartengono al patrimonio indispensabile dello Stato,

apparentemente rimuovendo l'ostacolo che in precedenza impediva l'in

sorgere della responsabilità, essendo gli stessi animali res nullius (e tro

vando conferma nella 1. 157/92, norme per la protezione della fauna selvatica e per il prelievo venatorio, in Le leggi, 1992, I, 1222): conti

nuare a ritenere irrisarcibili le ipotesi di danno considerate si risolve

nell'attribuzione di un ingiustificato privilegio alla pubblica ammini

strazione, unico proprietario di animali, nel nostro ordinamento, che

non risponde dei danni arrecati dall'animale proprio. Ma giurispruden za e dottrina hanno sempre affermato l'inapplicabilità dell'art. 2052

c.c. ai danni subiti dagli agricoltori in seguito ad un provvedimento dell'amministrazione di divieto di esercizio di caccia, ammettendo una

responsabilità della pubblica amministrazione solo per il caso di illecita

esecuzione del provvedimento (cfr., in generale, Palmieri, Ripopola mento di cinghiali e danni alle colture, in Giur. agr. it., 1980, 227)

e, comunque, riconoscendo al proprietario la titolarità di una posizione di mero interesse al «compenso» (che è solo un indennizzo). Una situa

zione scomoda per i privati (che infatti, in tali casi, propongono siste maticamente regolamento perché venga dichiarata la giurisdizione del

giudice ordinario), dacché, come avverte certa dottrina (Cendon, Pro

prietà, riserva, occupazione, Camerino, 1977, 81 s.), la tutela scatta

se e quando gli organi competenti abbiano, con la discrezionalità loro

riconosciuta, deciso in merito all'opportunità di stanziare i contributi

per i fondi in parola. La scomodità dei privati degrada, però, a mero

esercizio di cortesia nel momento in cui la stessa dottrina citata esclude l'utilizzabilità dell'art. 2052 c.c., perché troppo gravoso per la pubblica amministrazione, in vista della severità del criterio di collocamento: at

teso che ogni possibilità liberatoria verrebbe ridotta al caso fortuito, cadrebbe completamente la spinta di ogni ente ad attuare il provvedi mento amministrativo di ripopolamento (nel nostro caso). Se escludia

mo anche l'operatività dell'art. 2043 c.c., non foss'altro perché manca

no, in materia, norme e riferimenti di stampo aquiliano (si è detto, infatti, che da un certo momento il pregiudizio economico non viene

più qualificato in termini risarcitori, nel senso che non viene disposto alcun indennizzo ragguagliato all'effettività del danno subito), è facile

giungere alla conclusione che l'equilibrio fra i due contrapposti interessi

(della pubblica amministrazione e del proprietario) dovrà scaturire da

una valutazione delle rispettive attività. Al riguardo, occorrerà tener

conto dei rapporti cronologici fra insediamento dell'agricoltura e costi tuzione della riserva, nonché del tipo di fauna e colture presenti. Tutto

ciò rimanendo sempre all'interno di un procedimento in cui l'accerta

mento dell'effettività del pregiudizio, la quantificazione del compenso e la decisione su eventuali ricorsi sono distribuite tra organi apparte nenti alla pubblica amministrazione, i quali dovranno operare affron

tando un grado di difficoltà del tutto simile a quello che si presenta normalmente in ogni giudizio di responsabilità civile (!), nella conside razione di un pregiudizio economico che non assume il carattere della

certezza quantitativa, ma che indica, «nell'ambito prevalente di una tu

II Foro Italiano — 1996.

prevedere i danni che detti animali avrebbero arrecato alle colti

vazioni; quella della regione, quale organo legislativo ed ammi

nistrativo in materia di agricoltura e foreste; quella del conve

nuto ministero, quale organo statale che aveva istituito il Parco

dei Monti Sibillini in zona con popolazione dedita all'agricoltu ra ed alla pastorizia, senza valutare le conseguenze dannose alle colture da parte di animali selvatici disseminati e protetti.

Il pretore adito giudicando con sentenza n. 5/93 nel contrad

dittorio della provincia e della regione, ed in assenza del mini

stero dell'ambiente nei cui confronti la notifica era dichiarata

nulla, dichiarava la carenza di giurisdizione del giudice ordina

rio, rientrando la controversia in quella del giudice ammini

strativo.

In particolare il pretore accertava;

tela ambientale», la subordinazione della situazione del privato ad un interesse pubblico prevalente. Il che sembra quasi un voler affermare la bontà dell'ipotesi risarcitoria applicata a tutto campo (rectius, ...a tutti i campi). Come dire che «gli indici valutativi sono quelli del giudi zio di responsabilità, la reintegrazione patrimoniale che ne scaturisce

anche, però tutto viene lasciato in mano alla pubblica amministrazione. Tanto più che la tecnica garantisca dell'interesse legittimo può assicura re adeguata protezione» (V. Caianello, Diritto processuale ammini

strativo, Torino, 1994, 176-178), «non costituendo tutela di serie B... nella misura in cui il giudice amministrativo si liberi totalmente dal

complesso della necessaria considerazione dell'interesse pubblico consi derato in astratto e in generale» (M. Nigro, Ma che cos'è questo inte resse legittimo?, interrogativi vecchi e nuovi spunti di riflessione, in Foro it., 1987, V, 481).

Un'ultima riflessione per ottenere la quadratura del nostro cerchio. Tornando alla figura di parco cui si riferisce Cass. 12106/95, occorre considerare come oggi non si sia più in presenza di parchi (e relativi

ordinamenti) nati come fenomeni isolati di conservazione della natura e con un profilo culturale che li considera alla stregua di meri strumenti di tutela del paesaggio e delle risorse naturali in funzione eminentemen te conservativa, senza tenere conto delle popolazioni residenti e della

fruibilità del territorio a fini economici da parte delle stesse (è il caso

dei parchi storici: il Gran Paradico, l'Abruzzo, lo Stelvio, il Circeo). Con la nuova disciplina introdotta dalla legge quadro 6 dicembre 1991

n. 394, infatti, le aree naturali protette vengono sottoposte ad uno spe ciale regime di conservazione e di promozione, allo scopo di perseguire, tra le altre finalità, «l'applicazione di metodi di gestione e di restauro

ambientale idonei a realizzare una integrazione tra uomo ed ambiente

naturale, anche mediante la salvaguardia... delle attività agro-silvo

pastorali e tradizionali» (art. 1, 3° comma, lett. d). In effetti, la figura giuridica del parco naturale «integra una realtà complessa di parti ete

rogenee, strutturata in un ambito territoriale qualificato da particolari valori ambientali, e volti a sviluppare vocazioni specifiche che da una

ad un'altra zona possono assumere caratteri distinti e singolari: in que sta complessità la tutela della fauna è solo un aspetto di una realtà

complessa centrata sulla particolarità della conformazione geologica e

florofaunistica del territorio, cui non è estranea la protezione del pae saggio nel suo complesso». Questo può tradursi nell'affermazione che

la protezione dei singoli elementi, di cui il paesaggio si compone, e

dell'insieme, al quale tali elementi danno vita, si presenta in un rappor to dialettico tra esigenze di conservazione ed altre, insopprimibili istan

ze di utilizzazione delle risorse naturali, implicite negli interessi della

popolazione residente in quanto componente, non sostituibile, delle aree

naturali protette (Masini, L'esercizio delle attività agro-silvo-pastorali nelle aree naturali protette, in Dir. e giur. agr., 1992, 137). In questo

quadro, al ruolo dell'agricoltore spetta un esplicito riconoscimento, in

quanto atto ad operare una costante interazione tra processo produtti vo e tutela dell'ambiente nell'area naturale protetta, potendo e dovendo

essere consentita (anche a posteriori, con il riconoscimento di adeguata

protezione risarcitoria) la produzione agricola ottenuta nell'ambito di

compatibilità con l'ecosistema (e certamente è tale il campo di patate, la cui produzione è stata divorata da cinghiali, fauna protetta all'inter

no del parco): essa si basa sulla rigenerazione permanente della frazione

vivente del suolo, proteggendolo dall'erosione e dell'impoverimento de

gli elementi naturali (tra cui, si ribadisce, anche le specie faunistiche

protette, che evidentemente si cibano dei prodotti coltivati, arrecando

naturale danno alle coltivazioni), anche nelle zone con specifica funzio

ne conservativa di alcuni aspetti dell'ambiente (Masini, cit., 139). È appena il caso di accennare, per concludere, che lo sviluppo econo

mico delle popolazioni residenti all'interno ed in prossimità delle aree

protette dipende anche (e in molti casi soprattutto) da una fruizione

correttamente dinamica degli insediamenti agricoli. Pertanto, il quadro di valutazione costituzionale non dovrebbe ignorare il profilo della pro mozione della libertà di iniziativa economica, che nella circostanza non

sembra andare molto lontano dal concetto di «sviluppo sostenibile».

Certamente, cosi come dottrina e giurisprudenza intendono la posizione

dell'agricoltore (nel senso del l'irrisarcibilità dei danni subiti), il suo è

uno sviluppo affatto insostenibile. [M. Caputi]

This content downloaded from 91.213.220.146 on Sat, 28 Jun 2014 17:18:26 PMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions

Page 4: sezioni unite civili; sentenza 23 novembre 1995, n. 12106; Pres. Zucconi Galli Fonseca, Est. Bibolini, P.M. Di Renzo (concl. diff.); Amici (Avv. Amici) c. Regione Marche (Avv. Cocchetti),

PARTE PRIMA

che i fondi, le cui coltivazioni avrebbero sofferto pregiudizio, rientravano nel comprensorio del Parco dei Monti Sibillini;

che in base all'art. 18 1. 11 marzo 1988 n. 67, ed in attesa

della legge quadro sui parchi nazionali, al Parco dei Monti Si

billini si doveva applicare la disciplina del Parco nazionale d'A

bruzzo; che il regolamento di detto parco prevede forti restrizioni del

diritto di proprietà e di godimento, al fine della tutela e del

miglioramento della flora e della fauna e della conservazione

dell'ambiente; che l'art. 14 del regolamento stesso prevede un «compenso»

per i danni arrecati ai prodotti del suolo dalla selvaggina protet ta, quando i proprietari dimostrino di avere posto in essere con

grui mezzi per l'allontanamento della selvaggina stessa; tanto accertato, il pretore riteneva, in coerenza con l'indiriz

zo espresso da questa corte con sentenza a sez. un. 29 marzo

1983, n. 2246 (Foro it., 1983, I, 2500), che il pregiudizio subito dall'attore non conseguisse ad atto illecito (e quindi non potesse rientrare nelle fattispecie normative degli art. 2043 e 2052 c.c.), ma ad un'attività legittima e coerente ai principi di restrizione

della proprietà privata in base al disposto dell'art. 42 Cost., nonché imposta in virù di una disposizione legislativa. In coe

renza con questa impostazione, l'eventuale indennizzo non vie

ne qualificato dal richiamato regolamento sotto il profilo risar

citorio, ma come «compenso». La situazione giuridica, quindi, che compete al proprietario

di una coltivazione danneggiata da animali selvatici del parco, secondo la sentenza di Pretore di Ascoli Piceno non integra un diritto soggettivo, ma un interesse, la cui tutela è riservata

al giudice degli interessi, e non all'a.g.o. Avverso la sentenza proponeva ricorso per regolamento di

giurisdizione il sig. Felice Amici, sulla base di un unico motivo; depositava controricorso la regione Marche; non esplicavano at

tività processuale la provincia di Ascoli Piceno né il ministero

per l'ambiente.

Motivi della decisione. — Con il mezzo di cassazione in esa

me, il ricorrente dichiara espressamente di non avere mai posto in discussione la natura pubblicistica del parco e dell'attività

che in esso venga svolta, né di avere posto in dubbio che il

numero, la specie, il ripopolamento della fauna pongano solo

questioni attinenti ed interessi.

Il ricorrente si duole del fatto che il giudice del merito non abbia tenuto conto che il petitum da lui formulato era costitui

to dal ristoro dei danni; danni che, anche se cagionati da una

pubblica amministrazione, non possono non integrare un dirit

to soggettivo, quando siano arrecati dall'azione o dall'omissio

ne di dovute cautele da parte di una pubblica amministrazione

e che, in quanto tali, rientrano nella giurisdizione del giudice ordinario. Il ricorrente richiama, al fine, le sentenze di questa corte relative allo sconfinamento di animali da un parco ed ine

renti ad attività della pubblica amministrazione pregiudizievoli per i privati (Cass., sez. un., 17 ottobre 1988, n. 5627, id.,

Rep. 1988, voce Giurisdizione civile, n. 91; 20 novembre 1992, n. 12386, id., Rep. 1992, voce cit., n. 16; e 20 febbraio 1992, n. 2092, id., 1992, I, 2123).

Tanto premesso in ordine al proposto regolamento preventi vo di giurisdizione, ed alle situazioni emerse dal dibattito tra le parti, occorre innanzi tutto chiarire quale sia il senso delle

argomentazioni svolte dal ricorrenre a fronte della pronuncia del Pretore di Ascoli Piceno.

La situazione prospettata dal sig. Felice Amici con il ricorso in esame è ancorata espressamente a determinati presupposti di fatto e processuali. Egli sostiene, nella premessa in fatto ese

guita nel ricorso, che il Pretore di Ascoli Piceno ha dichiarato la carenza di giurisdizione del giudice ordinario nella causa pro mossa da esso ricorrente per ottenere il risarcimento dei danni causati «dallo sconfinamento di animali selvatici dal Parco na zionale dei Sibillini nell'adiacente fondo di proprietà dell'atto re». Il ricorrente aggiunge, nella parte argomentativa in diritto dell'atto introduttivo della presente fase di giudizio, che egli «molto più modestamente ha chiesto il ristoro dei danni causati dall'azione degli animali sconfinati dal parco».

Cosi riferendo i dati della propria domanda originaria, il ri corrente sostiene che il Pretore di Ascoli Piceno sarebbe incorso in un «equivoco», per avere del tutto omesso di considerare il petitum.

Tanto premesso, appare chiaro che il ricorrente propone la

Il Foro Italiano — 1996.

questione di giurisdizione su un presupposto di fatto che egli assume di avere addotto nella controversia di merito davanti

al pretore, e che costituirebbe la causa diretta a sorreggere il

petitum svolto sotto il profilo del richiesto risarcimento dei danni; il fatto, vale a dire, che il terreno di sua proprietà era sito al

di fuori del parco, e che venne danneggiato da animali selvatici usciti dal parco.

Poiché il difetto di giurisdizione deve in ogni caso riferirsi alle domande che costituiscono oggetto del processo, cosi' come

introdotto e condotto davanti al giudice adito, e deve essere

rapportato alla fattispecie legale dedotta in causa, occorre valu

tare quale sia il petitum sostanziale dedotto dall'attore nella causa

promossa davanti al Pretore di Ascoli Piceno.

Il pretore ha affermato che la domanda formulata dal sig. Felice Amici riguardava, nella sua originaria e non modificata

proposizione, il pregiudizio subito da due appezzamenti di sua

proprietà «siti nel comune di Montemocano ed inclusi nel com

prensorio del Parco dei Monti Sibillini», ribadendo nella parte motiva che «nel caso in esame è pacifico che il fondo è incluso

nel comprensorio». Detta individuazione della causa petendi relativa alla situa

zione dedotta in controversia, è coerente con quanto il sig. Feli

ce Amici aveva indicato nell'atto di citazione originario e con

quanto egli stesso aveva dimostrato.

Questa corte, avvalendosi del potere di esaminare direttamen

te gli atti processuali al fine di valutare il presupposto della

dedotta questione di giurisdizione (il petitum sostanziale), non

può non rilevare che il sig. Felice Amici nella citazione intro

duttiva del giudizio ebbe specificamente a dichiarare «che l'ubi cazione dei terreni suddetti ricade nel comprensorio del parco dei Monti Sibillini dove, per i decreti ministeriali del 3 febbraio 1990, è vietato esercitare la cacciagione». A comprova della si

tuazione indicata, l'attore aveva indicato i mappali dei propri terreni assertivamente danneggiati ed aveva prodotto copia del

decreto 3 febbraio 1990 del ministro dell'ambiente avente ad

oggetto la «perimetrazione del Parco nazionale dei Monti Sibil

lini», nonché la correlata mappa del parco con l'indicazione

dei dati catastali dei terreni. E indubbio, quindi, che l'attore originario aveva qualificato

come situazione giuridica piena e perfetta quella derivante dal

danno subito da propri terreni coltivati, siti nel parco in ogget

to, danno arrecato da animali selvatici, e in relazione a detta situazione la pronuncia sulla giurisdizione deve essere emessa.

La diversa esposizione fatta nel ricorso per regolamento non

è idonea a mutare i termini della controversia e del petitum

sostanziale, nonché della fattispecie sulla quale il giudizio sulla

giurisdizione deve essere pronunciato. La fattispecie, quindi, è quella di un danno subito da terreni

di un privato compresi in un parco nazionale, ed opera di ani

mali selvatici protetti. Né, per il solo fatto che l'attore abbia proposto azione risar

citoria sul presupposto della addotta lesione di un diritto la con

troversia dove ritenersi attinente a diritti.

Ed invero, la giurisdizione si determina in base al petitum sostanziale, e per la relativa determinazione non è sufficiente

che la parte qualifichi come «diritto» la situazione giuridica po sta a base della pretesa. Indipendentemente dalla qualificazione data dalla parte alla situazione giuridica dedotta in controversia e posta a base della pretesa esercitata con l'azione, al giudice della giurisdizione compete il potere di qualificare la situazione come diritto o come interesse, riconoscendo o negando la giuri sdizione della a.g.o.

Nella specie, l'art. 18, sub c), 1. 11 marzo 1988 n. 67 aveva

disposto, in attesa dell'approvazione della legge-quadro sui par chi nazionali e sulle riserve naturali, l'istituzione di alcuni par chi nazionali, tra cui quello dei Monti Sibillini, disponendo al tresì l'applicazione ai parchi nazionali cosi istituiti, in quanto compatibili, le nuove norme vigenti per il Parco nazionale d'A

bruzzo.

Richiamando espressamente detta norma, il ministro dell'am

biente, con decreto in data 3 febbraio 1990, aveva disposto la

perimetrazione provvisoria del parco nazionale dei Monti Sibil

lini, dando anche una disciplina limitativa relativa alle attività esercitabili in detta zona, con il divieto, tra l'altro, dell'attività venatoria e della costruzione di recinzioni su zona agricola, sal vo quelle per le attività accessorie a quelle agro-silvo-pastorali e per la sicurezza degli impianti tecnologici.

This content downloaded from 91.213.220.146 on Sat, 28 Jun 2014 17:18:26 PMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions

Page 5: sezioni unite civili; sentenza 23 novembre 1995, n. 12106; Pres. Zucconi Galli Fonseca, Est. Bibolini, P.M. Di Renzo (concl. diff.); Amici (Avv. Amici) c. Regione Marche (Avv. Cocchetti),

GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

La disciplina del Parco nazionale d'Abruzzo, richiamata, pre vedeva la funzione di tutelare e migliorare la fauna e la flora

e di conservare le speciali formazioni geologiche, costituendo

11 territorio del parco a riserva di pesca e di caccia (art. 1 1.

12 luglio 1923 n. 1511), prevedendo espressamente (art. 6) un

«compenso» ai proprietari dei terreni in virtù delle limitazioni

di sfruttamento che l'istituzione del parco comportava. Il relati

vo regolamento (r.d. 27 settembre 1923 n. 2124), in coerenza

con il regime legislativo, prevedeva un compenso (art. 14) an

che per i territori limitrofi al parco, cui fosse stato esteso il

divieto di caccia, per i dnnni arrecati dalla selvaggina protetta.

Tale essendo il regime giuridico dei terreni agricoli compresi nel Parco dei Monti Sibillini, per estensione di quello del Parco d'Abruzzo, non può non rilevarsi che le limitazioni imposte ai

privati trovano una giustificazione nell'interesse sociale e collet

tivo, alla cui soddisfazione la costituzione dei parchi nazionali

sopraintende e che prevale sulle situazioni dei privati, i quali

possono subire pregiudizio dalle attività del parco. Le situazioni, quindi, di eventuale pregiudizio che i proprie

tari dei fondi agricoli inclusi possono subire o per limitazione dirette di attività, o per una forma indiretta di limitazione di

sfruttamento (derivante dalla impossibilità di abbattimento de

gli animali selvatici), sono situazioni meramente conseguenti e

connesse alla tutela dell'interesse collettivo, rispetto al quale la

situazione giuridica del privato viene degradata ad interesse. La

stessa compensabilità (non risarcibilità) dei pregiudizi subiti, se condo la previsione normativa, è indice dell'insussistenza di un

diritto risarcitorio del danno, in presenza di una disciplina che,

con norme di azione, non di relazione, lascia all'amministrazio

ne una larga discrezionalità amministrativa e tecnica nella deli

mitazione delle zone, e dei divieti, connessi alla sussistenza del

parco nazionale ed alla tutela della fauna selvatica.

Questa corte, affrontando analoga questione in riferimento

ad altro parco (Cass., sez. un., 20 marzo 1983, n, 2246, cit.,

relativo al Parco naturale della Maremma), ha già riconosciuto

che la posizione del proprietario di un fondo, per i danni che

riceva dal moltiplicarsi degli animali selvatici non suscettibili di abbattimento, non ha natura di diritto soggettivo e non è

quindi tutelabile con azione risarcitoria davanti al giudice or

dinario. Né contrasta con detto indirizzo una più recente e diversa

pronuncia (Cass., sez. un., 16 maggio 1991, n. 5501, id., Rep.

1991, voce Caccia, n. 9), la quale trae spunto e ragione al rico

noscimento di un diritto risarcitorio al proprietario del fondo

danneggiato ad opera di animali selvatici, dal dettato degli art.

6 e 26 1. 27 dicembre 1977 n. 968, legge peraltro specificamente

inerente a figure a tutela della fauna, non coincidenti con quel

la del parco naturale.

Il pregiudizio economico arrecato dalla fauna selvatica, ed

il suo rilievo sotto il profilo indennitario, non è soggetto ad

una disciplina uniforme, ma ad una tutela differenziata a se

conda delle varie forme normativamente previste per la correla

ta tutela naturalistica.

In particolare, i principi enunciati dalla legge quadro 27 di cembre 1977 n. 968 «per la protezione e la tutela della fauna

e la disciplina della caccia», prevedono vere e proprie forme

risarcitone, come tali tutelabili davanti alla giurisdizione ordi

naria, a favore dei conduttori dei fondi che subiscano danno

alle produzioni agricole da parte della selvaggina. Tale è la di

sciplina dell'art. 6, sub g), della legge quadro predetta, che de

manda alle regioni l'emissione di norme per la determinazione

degli indennizi volti alla «liquidazione degli effettivi danni» da

parte della selvaggina nei terreni utilizzati per gli scopi di cui

ai punti a) e b) dello stesso articolo. I punti a) e b) disciplinano l'istituzione delle oasi di protezione nonché le zone di ripopola

mento e cattura dei selvatici, per finalità che, ancorché in parte

coincidenti con quelle dei parchi naturali, non esauriscono la

funzione di questa singolare figura di protezione nauralistica

alla quale, quindi, non è estensibile in quanto tale la disciplina

tipica di ben distinte figure di tutela della fauna selvatica. Le

figure delle oasi, delle zone di ripopolamento, dei centri pubbli ci o privati per la produzione di selvaggina anche allo stato

brado (art. 6 sub c e d della predetta legge), non sono sovrap

ponibili a quella del parco nazionale, per cui anche la normati

va relativa alla disciplina generale della caccia non è sic et sim

pliciter estensibile a quella dei parchi nazionali stessi. È sufficiente rilevare che l'art. 18 1. 11 marzo 1988 n. 67,

Il Foro Italiano — 1996.

disponendo l'istituzione dei nuovi parchi nazionali, richiama l'e

mananda legge quadro sui parchi nazionali e le riserve naturali,

nella previsione di una futura disciplina unitaria di queste figu re, sul presupposto peraltro della loro estraneità ad altre situa

zioni già regolate dalla legge quadro sulla caccia. È sufficiente

ricordare che il predetto art. 18, pur essendo già vigente la legge

quadro sulla caccia e la tutela faunistica 968/77, ha adottato

per i nuovi parchi un regime transitorio (in attesa, come ricor

dato, della legge quadro sui parchi nazionali) non correlato alla

legge quadro già vigente, ma alla disciplina del Parco nazionale

degli Abruzzi; indice chiaro della specialità della disciplina dei parchi nazionali rispetto a quella generale sulla tutela faunistica.

In effetti, la figura giuridica del parco naturale si connota

con la enucleazione di tratti differenziali rispetto agli altri isti

tuti inerenti alla protezione faunistica, alla valorizzazione e frui

zione dell'ambiente, integrando essa una realtà complessa di parti

eterogenee, strutturata in un ambito territoriale qualificato da

particolari valori ambientali, e volti a sviluppare vocazioni spe cifiche che da una ad altra zona possono assumere caratteri

distinti e singolari. Nella complessità della figura del parco na

turale, la tutela della fauna è solo un aspetto di una realtà cmples

sa centrata sulla particolarità della conformazione geologica e

florofaunistica del territorio, cui non è estranea la protezione del paesaggio nel suo complesso. Si tratta, quindi, di una realtà

coinvolgente una pluralità di situazioni che nella loro correla

zione, e singolarità, vengono assunte a rilevanza pubblica e ri

spetto alle quali (in mancanza di espressa e difforme disciplina

specifica) la tutela di situazioni particolari finisce per soggiacere

alla prevalente finalità pubblica assunta a rilievo predominante. Nella singolarità della figura del parco, assume rilievo il fatto

che, nella disciplina applicata per il Parco dei Monti Sibillini, non venga richiamata l'applicazione di alcuna norma regionale,

non sia disposto alcun indennizzo ragguagliato all'effettività dei

danni che singole coltivazioni possano avere subito ad opera

dei selvatici all'interno del territorio destinato alla finalità natu

ralistica costituente la funzione eminente del parco, e sia dispo sto al fine un «compenso», senza che emerga normativamente

alcun elemento prefissato per la sua determinazione e liqui

dazione.

Nell'ambito preminente di una tutela ambientale, il termine

di «compenso» con cui viene qualificato l'indennizzo di un pre

giudizio economico, non assume il carattere della certezza, quanto meno nel quantum; indice della subordinazione della situazione

del privato ad un interesse pubblico prevalente, che la degrada

al livello di interesse.

La specialità, quindi, della disciplina prevista, sia pure in via

provvisoria, dalla legislazione statale istitutiva del parco dei Monti

Sibillini, e la estraneità di detta disciplina alle figure ed ai prin cipi enunciati dalla legge quadro 968/77 ed attuati con leggi

regionali (nella previsione di una distinta legge quadro sui par

chi naturali), consente di ritenere che la situazione vantata dal

sig. Felice Amici per i danni subiti da un fondo agricolo incluso nel Parco dei Monti Sibillini ad opera di animali selvatici, non costituisce un diritto soggettivo, ma un interesse, per il quale deve dichiararsi la giurisdizione del giudice amministrativo.

II

Fatto e svolgimento del processo. — 1. - Giorgio Da Lisca,

proprietario di un'azienda agricola in Lavagno, compresa nella

«zona rifugio» della selvaggina in base all'art. 20 1. 14 luglio

1978 n. 30 della regione Veneto, assumendo che nell'anno 1984

le colture di orzo e frumento del suo fondo avevano subito dan

ni a causa dei passeri che, in quantità eccessiva, si trovavano

nella suddetta zona, chiese al Pretore di Verona condannarsi

l'amministrazione provinciale di Verona, ritenuta responsabile,

al risarcimento del danno.

L'amministrazione convenuta resistette e, in via pregiudizia

le, eccepì il difetto di giurisdizione dell'adito giudice, spettando la stessa al Tar del Veneto.

Il pretore dichiarò il difetto di giurisdizione del giudice or dinario.

2. - Il Tribunale di Verona, con sentenza del 2 febbraio 1993,

confermò la pronuncia di primo grado, ritenendo inapplicabili

al caso in esame gli art. 2052 e 2043 c.c. — non riguardando

la prima di dette norme animali selvatici — ed osservando che

This content downloaded from 91.213.220.146 on Sat, 28 Jun 2014 17:18:26 PMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions

Page 6: sezioni unite civili; sentenza 23 novembre 1995, n. 12106; Pres. Zucconi Galli Fonseca, Est. Bibolini, P.M. Di Renzo (concl. diff.); Amici (Avv. Amici) c. Regione Marche (Avv. Cocchetti),

PARTE PRIMA

il ristoro dei danni arrecati alle colture, sotto forma di inden

nizzo, poteva essere richiesto soltanto al giudice amministrati

vo, in quanto solo a quest'ultimo era concesso giudicare in or

dine alle gestione della fauna selvatica da parte dell'ammini

strazione.

3. - Il Da Lisca ha proposto ricorso per cassazione, sulla base di un unico motivo, successivamente illustrato con memoria chie

dendo affermarsi la giurisdizione del giudice ordinario. L'ente

intimato ha resistito con controricorso.

Motivi della decisione. — 1. - Il ricorrente denuncia violazio

ne degli art. 19 1. reg. veneta 14 luglio 1978 n. 30 — in relazio

ne alla 1. 27 dicembre 1977 n. 968 — e 2052 e 2043 c.c., per non avere il tribunale considerato che l'ente gestore della riser

va, cioè l'amministrazione provinciale di Verona, era obbligato a vigilare sulla vita e sul comportamento degli animali e sulla

loro riproduzione (nella specie, eccessiva) adottando, se del ca

so, adeguati piani di cattura: non avendo l'amministrazione pro vinciale esercitato il suo potere di sorveglianza e di controllo, essa, a norma dell'art. 2052 c.c., era responsabile del danno

subito dalle colture del ricorrente; ed essendo il danno stesso

eziologicamente collegato con il comportamento dell'ammini

strazione, esso era risarcibile anche nell'ottica dell'art. 2043 c.c., trattandosi di danno ingiusto che non poteva rimanere privo di ristoro; sul punto — inoltre — il tribunale aveva omesso di fare applicazione al caso in esame del disposto della 1. reg. veneta 14 luglio 1978 n. 30, la quale prevedeva espressamente il risarcimento del danno arrecato alle colture dei fondi com

presi nella riserva da animali ivi custoditi, secondo criteri espres samente predeterminati e con esclusione di ogni discrezionalità

da parte dell'amministrazione. 2. - Osserva la corte che l'invocato art. 2052 c.c. sancisce

la responsabilità dei proprietari degli animali, che può trasferir

si a terzi se costoro si siano serviti degli animali e solo per il

tempo in cui li abbiano avuti in uso; conseguentemente, il solo

affidamento per ragioni di custodia, cura, governo o manteni

mento, non costituendo trasferimento del diritto di usare gli animali al fine di trarne vantaggio, non sposta a carico dei terzi

la responsabilità per danni cagionati dagli animali stessi; nel caso in esame la citata norma è stata erroneamente invocata,

posto che gli uccelli, in quanto fauna selvatica, appartenevano al patrimonio indispensabile dello Stato ed erano tutelati nel

l'interesse della comunità nazionale, ex art. 1 I. 27 dicembre 1977 n. 968; neppure conferente si palesa, per altro aspetto, il richiamo all'art. 2043 c.c., dovendo la giurisdizione essere

regolata avendo riguardo alle specifiche norme contenute nella

citata legge dello Stato ed in quella regionale veneta del 14 lu

glio 1978 n. 30 e sulla base del petitum sostanziale dedotto in causa e costituito dalla richiesta di condanna al pagamento di una somma determinata spettante pel ristoro di una lesione pa trimoniale, nella misura già liquidata o da liquidare sulla base

dell'accertamento all'uopo previsto. 3. - La questione va quindi risolta (conformemente a quanto

già ritenuto da queste sezioni unite con sentenza 16 maggio 1991, n. 5501, Foro it., Rep. 1991, voce Caccia, n. 9) tenendo conto del disposto sia della legge «quadro» del 27 dicembre 1977 n. 968 che della legge regionale veneta; ed infatti l'art. 6, 1° com

ma, della prima legge (alla quale risulta ispirata la seconda), dopo aver previsto la creazione di oasi di protezione e di rifugio della fauna selvatica, zone di ripopolamento e cattura e centri

pubblici di produzione di selvaggina, anche allo stato naturale — vedansi lett. a), e b) e c) della norma — esplicitamente pre vede — alla lett. g) — l'emanazione di norme che «fissano i criteri per la determinazione degli indennizzi in favore dei con duttori di fondi per la liquidazione degli effettivi danni alle pro duzioni da parte della selvaggina nei terreni utilizzati per gli scopi di cui ai punti a) e b)»; mentre il successivo art. 26 dispo ne che per «far fronte ai danni non altrimenti risarcibili» arre cati alle produzioni agricole dalla selvaggina, è costituito... «un fondo regionale, al quale deve affluire anche una percentuale dei proventi di cui all'art. 24 della legge»; la legge regionale ha poi, a sua volta, previsto all'art. 1 le zone di rifugio e di

produzione della selvaggina, con affidamento del relativo terri torio e della sorveglianza all'amministrazione provinciale (con la precisazione che il regime di appartenenza degli animali è

regolato dalla legge dello Stato n. 968 del 1977) mentre l'art.

20, dopo aver premesso che la gestione delle zone di rifugio è a carico della provincia, precisa che, per i danni cagionati

Il Foro Italiano — 1996.

dagli animali alle colture dei terreni inclusi nelle suddette zone, è corrisposta ai conduttori, a titolo di indennizzo, una somma

di denaro «determinata in proporzione del valore di mercato», desunto da listini, versata non oltre centoventi giorni.

Dal tenore di ciascuna delle citate norme emerge pertanto che

l'indennizzo da esse previsto ha funzione risarcitoria in senso stretto e quindi di reintegrazione patrimoniale, tanto è dato de

sumere, infatti, sia dall'espressione «danni non altrimenti risar

cibili», contenuta nel 1° comma, dell'art. 26 citato, sia dalla

frase «liquidazione egli effettivi danni», di cui al 1° comma, lett. g), dell'art. 6, sia dall'altra espressione «criteri per la de

terminazione dei danni» (tutte concettualmente incompatibili con la configurabilità di un potere discrezionale dell'amministrazio

ne sia in ordine all 'an che al quantum debeatur), sia, infine,

dall'obbligatorietà della costituzione del fondo regionale inte

grativo di quello provinciale previsto al fine precipuo del risto

ro del danno eventualmente arrecato ai privati; mentre deve ri

tenersi che la legge regionale abbia attuato il principio della risarcibilità del danno enunciato dalla legge «quadro» ed in li

nea con il principio fondamentale di cui all'art. 117 Cost., lad

dove essa, all'art. 20 (con testo mutuato dalla legge dello Stato) ha stabilito la costituzione, a cura della provincia, di «un fondo

destinato agli indennizzi» con la espressa riserva dell'emanazio

ne di un regolamento per la concreta determinazione del

quantum. 4. - Né a diversa conclusione potrebbe pervenirsi sul rilievo

che, essendo stato il fondo dell'attore incluso nella zona desti

nata ad oasi di protezione, i diritti soggettivi sarebbero degra dati ad interessi legittimi ed affidati, per ciò stesso, alla cogni zione del giudice amministrativo, dal momento che la degrada zione potrebbe riguardare solo i diritti e le facoltà incompatibili con i fini perseguiti dall'ente pubblico, cioè con gli scopi per i quali l'oasi di protezione era stata creata — e non anche il

fondamentale diritto al ristoro del danno, che, se attuato, cer

tamente non impedisce all'amministrazione di perseguire i fini

suddetti —; né potrebbe, per altro aspetto, fondatamente soste nersi l'appartenenza della controversia alla giurisdizione del giu dice amministrativo sul rilievo che le norme regolanti l'inden

nizzo siano norme c.d. di azione, perché non finalizzate a tute

lare direttamente ed immediatamente il privato, bensì destinate

a regolare il comportamento della pubblica amministrazione; e che, in relazione alla detta natura delle norme stesse, la posi zione soggettiva dei privati avrebbe consistenza di interesse le

gittimo, cosi che l'indennizzo sarebbe espressione di un potere meramente discrezionale dell'amministrazione, dal momento che la citata 1. 27 dicembre 1977 n. 968 e la 1. reg. veneta 14 luglio 1978 n. 30 hanno esplicitamente sancito, come premesso, il di

ritto soggettivo all'indennizzo da parte dei proprietari dei fondi

danneggiati, indennizzo da determinarsi, alla stregua di proce dimento ad hoc, senza discrezionalità dell'amministrazione in ordine sia all'an che al quantum debeatur.

Pertanto, alla stregua delle richiamate disposizioni di legge, deve conclusivamente ritenersi che, essendo le stesse volte alla tutela immediata del proprietario del fondo danneggiato, me diante l'accertamento dell'effettiva sussistenza del danno e la

successiva precisa quantificazione, si verta in tema di diritto

soggettivo invocabile innanzi al giudice ordinario, mentre ogni altra questione — attinente alla fondatezza della proposta do manda — riguarda il merito della domanda stessa ed esula dal

regolamento della giurisdizione. 5. - Il ricorso deve quindi essere accolto, dichiarandosi la giu

risdizione del giudice ordinario e cassandosi la sentenza impu gnata con rinvio della causa al giudice di primo grado (il Preto re di Verona, erroneamente dichiaratosi privo di giurisdizione).

This content downloaded from 91.213.220.146 on Sat, 28 Jun 2014 17:18:26 PMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions


Recommended