+ All Categories
Home > Documents > sezioni unite civili; sentenza 25 ottobre 1996, n. 9331; Pres. V. Sgroi, Est. A. Finocchiaro, P.M....

sezioni unite civili; sentenza 25 ottobre 1996, n. 9331; Pres. V. Sgroi, Est. A. Finocchiaro, P.M....

Date post: 31-Jan-2017
Category:
Upload: ngobao
View: 213 times
Download: 1 times
Share this document with a friend
8
sezioni unite civili; sentenza 25 ottobre 1996, n. 9331; Pres. V. Sgroi, Est. A. Finocchiaro, P.M. Di Salvo (concl. diff.); Soc. immob. Delta (Avv. Gullotta) c. Inps (Avv. Passaro, Gigante). Cassa Trib. Roma 2 dicembre 1992 Source: Il Foro Italiano, Vol. 120, No. 1 (GENNAIO 1997), pp. 129/130-141/142 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23191297 . Accessed: 28/06/2014 09:25 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 92.63.101.146 on Sat, 28 Jun 2014 09:25:25 AM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
Transcript

sezioni unite civili; sentenza 25 ottobre 1996, n. 9331; Pres. V. Sgroi, Est. A. Finocchiaro, P.M.Di Salvo (concl. diff.); Soc. immob. Delta (Avv. Gullotta) c. Inps (Avv. Passaro, Gigante). CassaTrib. Roma 2 dicembre 1992Source: Il Foro Italiano, Vol. 120, No. 1 (GENNAIO 1997), pp. 129/130-141/142Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23191297 .

Accessed: 28/06/2014 09:25

Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at .http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp

.JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range ofcontent in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new formsof scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected].

.

Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to IlForo Italiano.

http://www.jstor.org

This content downloaded from 92.63.101.146 on Sat, 28 Jun 2014 09:25:25 AMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions

GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

nonché delle disposizioni di cui al r.d. 1611/33 ed all'art. 1

1. 25 marzo 1958 n. 260. È noto che prima della introduzione

della 1. 103/79, in regime di piena «facoltatività» del patrocinio

degli enti pubblici, la Cassazione riteneva applicabile l'art. 11

r.d. 1611/33 solo dopo la costituzione e l'effettiva assunzione

del patrocinio da parte dell'avvocatura (cfr. Cass. 22 luglio 1942, n. 2121, id., Rep. 1942, voce Amministrazione dello Stato (rap

presentanza), n. 21). Il collegio non ritiene che la disciplina del

la notificazione risulti modificata per effetto della cit. 1. 103/79

e si possa inferire l'esistenza di una norma implicita in tema

di notifica in base alle norme introdotte sulla rappresentanza c.d. «sistematica» da parte dell'avvocatura. L'intervento del le

gislatore del 1979 si muove dichiaratamente sul piano dell'ordi

namento interno e dell'estensione del potere di rappresentanza e difesa in capo all'avvocatura, tanto è vero che esclude la ne

cessità di una delibera di conferimento del mandato da parte

degli enti autorizzati (cfr. Cass. 4 febbraio 1987, n. 105, id.,

Rep. 1987, voce cit., n. 38; sez. un. 21 marzo 1987, n. 2813,

id., 1988, I, 838; 16 ottobre 1989, n. 4145, id., Rep. 1990, voce

cit., n. 33), ma non incide sul piano delle modalità, e quindi del luogo ove va eseguita la notifica. È più rispondente ai cano

ni di interpretazione sistematica delle norme, tenere distinte le

disposizioni che si riferiscono al patrocinio dell'avvocatura nei

confronti non solo delle amministrazioni dello Stato, ma anche

delle regioni, degli altri enti pubblici territoriali e degli enti indi cati dall'art. 10, ultimo comma, 1. 103/79, da quelle che disci

plinano la notifica degli atti processuali. Le prime, infatti, coin

volgono soltanto la difesa tecnica degli enti pubblici e degli or

gani di Stato, hanno natura di norme funzionali all'apparato

pubblico ed attribuiscono lo ius postulandi a prescindere dai

contenuti e dai limiti propri della procura alle liti. In altri ter

mini, le norme sulla rappresentanza danno la misura del potere

di un altro organo dello Stato, per l'appunto dell'avvocatura.

Diverso è il discorso in ordine alle regole sulla notifica degli

atti processuali, che invece operano nell'ambito dei rapporti in

tersoggettivi e si pongono come disciplina prevista specificamente

per le amminstrazioni dello Stato dagli art. 144 c.p.c. ed 11

r.d. 1611/33. Il favore pubblicistico che sottende la concentra

zione della attività privata della notifica nello stesso luogo ove

è domiciliato l'organo deputato alla rappresentanza, sì che alle

amministrazione è risparmiato il normale passaggio di atti al

difensore, non può legittimamente estendersi al di là delle ipo

tesi legislativamente previste senza comprimere il diritto dei pri

vati i quali abbiano seguito la regola generale della notifica alle

persone giuridiche. Tanto è vero che l'art. 10 1. 103/79, riguar

do al patrocinio delle regioni, espressamente dispone l'applica

bilità degli art. 25 e 144 c.p.c. oltre alle disposizioni del r.d.

1611/33 e dell'art. 1 1. 260/58 (cfr. Tar Toscana 28 aprile 1989,

n. 317, id., 1989, III, 307). Conseguentemente, ritenuta insussistente l'ipotesi di nullità

proposta dall'università appellante, corretta risulta la decisione

pretorile di inammissibilità della opposizione ex art. 668 c.p.c.

Il Foro Italiano — 1997 — Parte 1-3.

I

CORTE DI CASSAZIONE; sezioni unite civili; sentenza 25 ot

tobre 1996, n. 9331; Pres. V. Sgroi, Est. A. Finocchiaro, P.M. Di Salvo (conci, diff.); Soc. immob. Delta (Avv. Gui

lotta) c. Inps (Avv. Passaro, Gigante). Cassa Trib. Roma

2 dicembre 1992.

II

CORTE DI CASSAZIONE; sezioni unite civili; sentenza 29 lu

glio 1996, n. 6841; Pres. V. Sgroi, Est. A. Finocchiaro, P.M.

Di Salvo (conci, diff.); Caliandro (Avv. Candian) c. Ferro

vie dello Stato (Avv. Vesci). Cassa Trib. Bari 19 marzo 1993.

Lavoro e previdenza (controversie in materia di) — Appello —

Deposito — Tempestività — Notifica nulla o inesistente —

Conseguenze (Cod. proc. civ., art. 160, 291, 392, 421, 434,

435).

Nelle controversie soggette al rito del lavoro, la proposizione

dell'appello si perfeziona con il deposito, nei termini previsti dalla legge, del ricorso nella cancelleria del giudice ad quem, che impedisce ogni decadenza dall'impugnazione, con la con

seguenza che ogni eventuale vizio o inesistenza — giuridica o di fatto — della notificazione del ricorso e del decreto di

fissazione dell'udienza di discussione non si comunica all'im

pugnazione (ormai perfezionatasi), ma impone al giudice che

rilevi il vizio di indicarlo all'appellante e di assegnare allo

stesso, previa fissazione di un'altra udienza di discussione, un termine — necessariamente perentorio — per provvedere a notificare il ricorso-decreto. (1)

(1) Le sezioni unite (la cui pronuncia sub I è esattamente conforme, nel principio di diritto di cui alla massima e nelle sottostanti motivazio

ni, a quella sub II, e se ne omette pertanto la pubblicazione) sono chia mate a pronunciarsi in ordine al contrasto verificatosi tra le sezioni

semplici in relazione alla fase introduttiva dell'appello nel rito del lavo

ro, e segnatamente in tema di meccanismi e modalità di sanatoria, ove

risulti omessa e/o viziata la notificazione da parte dell'appellante di

ricorso e pedissequo decreto di fissazione di udienza. La diversità di orientamenti via via maturata nella fattispecie, aveva

portato nel 1983 ad una prima pronuncia delle sezioni unite (sent. 27

giugno 1983, n. 4388, Foro it., 1983, I, 2446, con nota di A. Proto

Pisani); altra sentenza, di segno contrario, le sezioni unite avevano pro nunciato nel 1988, anche se come obiter dictum (sent. 1° marzo 1988, n. 2166, id., 1988, I, 2613, con nota critica di A. Proto Pisani), ed una terza, confermativa della seconda, nel 1993 (sent. 12 gennaio 1993, n. 271, id., Rep. 1994, voce Lavoro e previdenza (controversie), n. 232, e Giur. it., 1994, 1, I, 294); neppure tali sentenze, tuttavia, erano valse

a mettere ordine nella intricata materia, tant'è che da più parti in dot

trina si reclamava l'intervento che finalmente giunge con le sentenze in epigrafe.

Il contrasto interpretativo che dovrebbe (il condizionale pare d'obbli

go) venir composto con le pronunce in rassegna, ha visto contrapposti,

pur nella varietà delle singole fattispecie oggetto di giudizio, e pur con

la presenza di decisioni extravagantes: a) l'orientamento per il quale, nel caso di inesistenza giuridica od

omissione della notificazione, il giudice, pur in presenza di un atto di

appello tempestivamente depositato, non può applicare la disposizione di cui all'art. 291 c.p.c., ma deve emettere sentenza di mero rito con

la quale dichiara l'improcedibilità, con l'ulteriore specificazione che ta

le sanzione colpisce anche l'ipotesi di notificazione di ricorso e decreto

viziata da mancato rispetto dei termini minimi di comparizione;

b) l'orientamento per il quale, poiché nel rito del lavoro l'appello si perfeziona con il deposito del ricorso in cancelleria nel termine per

impugnare, la mancanza o la nullità (o anche l'inesistenza) della notifi

ca del ricorso e del decreto non possono mai comportare l'inammissibi

lità dell'appello, costituendo la notifica atto esterno e successivo al de

posito, con la conseguenza che il vizio può essere sanato con la costitu

zione dell'appellato e che, in difetto, il giudice deve fissare una nuova

udienza ed ordinare la rinnovazione della notificazione, con efficacia

ex tunc e con salvezza degli effetti derivati dal tempestivo deposito del

ricorso. Per una rassegna delle numerose pronunce, v. G. Baidacci, Incer

tezze delle conseguenze delle irregolarità nella fase introduttiva dell'ap

pello net rito del lavoro (ove riepilogo anche delle posizioni dottrinali

in argomento) in nota a Cass. 12 febbraio 1994, n. 1399, ed altre, in

Foro it., 1994, I, 1389. Per la giurisprudenza successiva a quella ivi citata, v., nel senso di

cui supra sub a): Cass. 1° aprile 1994, n. 3182, ibid., 2095, con nota

This content downloaded from 92.63.101.146 on Sat, 28 Jun 2014 09:25:25 AMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions

PARTE PRIMA

Ill

CORTE DI CASSAZIONE; sezione lavoro; sentenza 4 ottobre

1996, n. 8707; Pres. Santojanni, Est. Casciaxo, P.M. Buo

najuto (conci, conf.); Santoro (Aw. Esposito) c. Soc. Dieci

(Aw. Spaggiari, Lasagni). Cassa Trib. Reggio Emilia 26 aprile 1994.

Lavoro e previdenza (controversie in materia di) — Appello in

cidentale — Deposito — Tempestività — Notificazione nulla

o inesistente — Conseguenze (Cod. proc. civ., art. 436).

La sanzione della decadenza dall'appello incidentale è commi

nata nella sola ipotesi di mancato deposito in cancelleria della

memoria difensiva dell'appellato, contenente l'appello stesso, entro il termine fissato dalla legge; entro quel medesimo ter

mine l'appellato è inoltre tenuto a notificare la memoria di

fensiva alla controparte; purtuttavia, nel caso di omissione

dell'adempimento, e del pari nel caso di notificazione invali

da, spetta al tribunale di concedere nuovo termine perentorio

per provvedere alla notificazione, sempre che la controparte

presente all'udienza di discussione non vi rinunci, accettando

il contraddittorio o limitandosi a chiedere congruo rinvio del

l'udienza (rinvio che va disposto al fine di ripristinare il ter

mine a difesa della controparte, anche nel caso di notificazio ne tardiva). (2)

I (Omissis).

di G. Baldacci; 18 maggio 1994, n. 4857, ibid., 2703, con nota di

richiami; 2 giugno 1994, n. 5369, id., Rep. 1994, voce cit., n. 214; 9 marzo 1994, n. 2282, ibid., n. 217; 12 agosto 1994, n. 7411, ibid., n. 213; 9 dicembre 1994, n. 10548, ibid., n. 212; 3 agosto 1995, n.

8509, id., Rep. 1995, voce cit., n. 236. Nel senso di cui supra sub b)\ Cass. 3 febbraio 1994, n. 1093, id.,

Rep. 1994, voce cit., n. 230; 26 febbraio 1994, n. 1976, ibid., n. 219; 3 marzo 1994, n. 2097, id., 1994, I, 2096; 16 aprile 1994, n. 3624, ibid., 2095; 20 giugno 1994, n. 5936, id., Rep. 1994, voce cit., n. 226; 1° ottobre 1994, n. 7957, ibid., n. 225; 23 gennaio 1995, n. 766, id., Rep. 1995, voce cit., n. 241, nello stesso senso ma in relazione all'intro duzione del giudizio in primo grado, Cass., sez. un., 23 dicembre 1991, n. 13862, id., Rep. 1991, voce cit., n. 146.

Le sezioni unite ritengono di dover aderire al secondo degli orienta menti sopra menzionati con un iter argomentativo che, se in parte ri

prende le notazioni interpretative usualmente addotte a sostegno della sanabilità ex tunc dei vizi della notificazione, si segnala per l'assoluta

equiparazione della notifica nulla con quella omessa od «inesistente», in ordine alla possibilità, ed alle relative modalità di sanatoria; v., però in senso contrario sul punto specifico, A. Proto Pisani, Controversie individuali di lavoro, Torino, 1993, 117 (nonché la dottrina ivi citata), per il quale «in caso di mancata notificazione del ricorso e del decreto, il giudice all'udienza di discussione dovrà chiudere in rito il processo a causa della mancata attivazione del contraddittorio, a meno che l'ap pellato — costituitosi nonostante la mancata notificazione — non ecce pisca l'invalidità».

In motivazione, le sezioni unite distinguono tra notificazione della vocatio in ius quale «fattispecie autonoma» o quale «elemento di una fattispecie complessa» (come appunto nell'introduzione dell'appello nel rito del lavoro, ove si combinano più atti elementari, quali il decreto del giudice di fissazione della prima udienza, la comunicazione all'ap pellante dell'avvenuto deposito del provvedimento e la notificazione al

l'appellato del ricorso e del decreto), con la conseguenza che la man canza dell'elemento notificazione, «determina la nullità» e non l'inesi stenza dell'atto di vocatio in ius da notificare, perché privo di un requisito formale indispensabile per il raggiungimento dello scopo, ma in relazio ne al quale ben si può disporre la rinnovazione, proprio perché esiste l'atto (composito) da rinnovare.

Il rilievo del vizio o dell'omissione, e le descritte modalità di sanato ria, rinvengono la propria fonte, sempre nella motivazione del Supremo collegio, nel disposto dell'art. 421, 1° comma, c.p.c., e nella ritenuta perentorietà del termine ivi previsto per provvedervi; altre volte (v. la giurisprudenza citata sub b), si è motivato nel senso che l'irregolarità o la mancanza della notificazione impongono al giudice che rilevi l'una o l'altra di indicarle all'appellante ex art. 421, 1° comma, c.p.c., men tre l'assegnazione allo stesso, previa fissazione di un'altra udienza di discussione, di un termine perentorio per provvedere alla rinnovazione della notificazione, avveniva in applicazione dell'art. 291 c.p.c.

In generale, nel senso che l'art. 291 c.p.c. consenta esclusivamente la rinnovazione della notificazione nulla, e non di quella inesistente o comunque omessa, v. la giurisprudenza citata sub b) da Baldacci, In certezze, cit., cui adde, Cass. 2 febbraio 1995, n. 1242, Foro it., Rep. 1995, voce Notificazione civile, n. 43.

Il Foro Italiano — 1997.

II

Svolgimento del processo. — Raffaele Caliandro chiedeva al

Pretore di Bari che fosse accertato nei confronti dell'ente Fer

rovie dello Stato, in applicazione della 1. 24 dicembre 1986 n.

958, il suo diritto al riconoscimento del periodo di servizio mili

tare di leva (prestato anteriormente al 30 gennaio 1987) come

valido ai fini retributivi e previdenziali. Il pretore accoglieva la domanda.

Proponeva appello l'ente Ferrovie dello Stato.

Il Tribunale di Bari, sezione lavoro, nella dichiarata contu

macia del Caliandro, accoglieva l'appello ritenendo che l'appel lante non potesse essere considerato incluso nel settore pubblico destinatario della 1. n. 958 del 1986 e che, in ogni caso, a norma

dell'art. 7 1. n. 412 del 1991, di interpretazione autentica del

l'art. 20 1. n. 958 del 1986, il servizio militare valutabile ai fini previsti da questa legge fosse esclusivamente quello in corso alla

data di entrata in vigore della medesima 1. n. 958, nonché quel lo prestato successivamente.

Il Caliandro ha proposto ricorso per cassazione sorretto da

due motivi, cui resistono con controricorso le Ferrovie dello

Stato s.p.a. Entrambe le parti hanno presentato memoria. Il

ricorso inizialmente assegnato alla sezione lavoro è stato asse

gnato a queste sezioni unite per la composizione del contrasto

di giurisprudenza verificatosi nell'ambito della sezione lavoro

e con riferimento anche a precedenti pronunce delle stesse se

zioni unite.

Motivi della decisione. — 1. - Va, in via preliminare, esami

(2) La sentenza si segnala in quanto costituisce applicazione, in tema di mancata notificazione dell'appello incidentale, dei principi espressi dalle sezioni unite nelle pronunce qui in rassegna, considerati quale «di ritto vivente».

Anche in ordine alla mancata notificazione dell'atto di appello inci

dentale, pur ritualmente depositato, a fronte della formulazione non

limpidissima della disciplina ex art. 436 c.p.c. si riscontrano all'interno del Supremo collegio due orientamento; l'uno, più risalente e minorita rio, per il quale la sanzione di decadenza dall'appello incidentale, è

collegata solo all'omesso deposito in cancelleria della memoria di costi

tuzione, con la conseguenza che in caso di omessa notificazione di tale

atto, il collegio deve fissare un nuovo termine per notificare (così Cass. 29 agosto 1979, n. 4722, Foro it., Rep. 1979, voce Lavoro e previdenza (controversie), n. 439; 7 febbraio 1983, n. 1029, id., Rep. 1983, voce cit., n. 514; 11 dicembre 1990, n. 11768, id., Rep. 1991, voce cit., n.

225); l'altro, maggioritario, per il quale vanno sanzionati con la deca denza, sia l'omesso rituale deposito, sia l'omessa tempestiva notifica zione (così Cass. 11 novembre 1980, n. 6055, id., Rep. 1980, voce cit., nn. 357, 372; 14 dicembre 1982, n. 6874, id., Rep. 1982, voce cit., n. 470; 8 febbraio 1985, n. 1042, id., Rep. 1985, voce cit., n. 401; 13 febbraio 1987, n. 1607, id.. Rep. 1987, voce cit., n. 484; 29 aprile 1988, n. 3242, id., Rep. 1988, voce cit., n. 297; 5 maggio 1989, n.

2126, id., Rep. 1989, voce cit., n. 259; 17 aprile 1990, n. 3171, id., Rep. 1990, voce cit., n. 275; 15 marzo 1993, n. 3075, id., Rep. 1993, voce cit., n. 202; 23 giugno 1993, n. 6935, ibid., n. 201; sez. un. 16 dicembre 1986, n. 7533, id., Rep. 1986, voce cit., n. 459).

Il Supremo collegio ritiene di doversi discostare dall'indirizzo mag gioritario prospettando dubbi di legittimità costituzionale della contra ria interpretazione, in ordine alla compressione del diritto di difesa del l'appellante incidentale, per il quale problemi di ardua soluzione posso no insorgere sia per la brevità del termine, sia per l'obbligo di notificazione «alla controparte» stabilito dal codice di rito; controparte che ben può non essere l'appellante principale (al quale la notificazione da eseguirsi presso il procuratore nominato nell'appello può anche esse re agevole), ma anche altro soggetto di più difficile reperibilità, quale un contumace in primo grado.

Se tali dubbi di illegittimità costituzionale, sono stati negati da Cass. 14 gennaio 1989, n. 160, id., Rep. 1989, voce cit., n. 262; 27 gennaio 1989, n. 519, ibid., n. 260, essi sono destinati a riproporsi, sotto altro profilo, non apparendo ragionevole al Supremo collegio, infatti, la di scriminazione tra appellante principale, per il quale, a seguito dell'in tervento delle sezioni unite qui in rassegna, sono aperte le porte alla sanatoria di ogni eventuale vizio, ovvero inesistenza della notificazione dell'atto di appello, rispetto all'appellante incidentale per il quale l'o missione della notificazione della memoria difensiva, non essendo su scettibile di rimedio alcuno, darebbe invece adito ad inevitabile declara toria di inammissibilità dell'impugnazione.

Pertanto, una volta ritenuto che la formulazione normativa di per sé renda possibili ambedue le sopra riportate letture dell'art. 436 c.p.c., in via interpretativa «deve essere prescelta quella che elide in radice il dubbio di illegittimità costituzionale», ammettendosi così la sanatoria della notificazione omessa e/o invalida nei sensi di cui alla massima. [G. Bald acci]

This content downloaded from 92.63.101.146 on Sat, 28 Jun 2014 09:25:25 AMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions

GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

nata e decisa l'eccezione proposta, con il controricorso, dalle

Ferrovie dello Stato s.p.a., le quali denunciano la nullità e/o

l'inesistenza del ricorso per nullità della sua notificazione.

Secondo la parte controricorrente, a seguito della trasforma

zione dell'ente in s.p.a., il ricorso andava proposto nei con

fronti della stessa e, quindi, notificato presso la sede legale del

la società e non all'avvocatura distrettuale dello Stato, senza

che abbia rilievo che quest'ultima sia stata difensore e domici

liatario ex lege dell'ente, giacché, a seguito della trasformazione

dello stesso in s.p.a., si è verificata una fattispecie giuridica del tutto assimilabile all'ipotesi prevista dall'art. 301 c.p.c.

L'eccezione è infondata per una duplicità di ragioni, ciascuna

delle quali sufficiente al suo rigetto. La prima, attinente alla fattispecie in esame, si ricava dal

principio recentemente affermato — e che il collegio condivide — secondo cui la proposizione del ricorso per cassazione nei

confronti dell'ente Ferrovie dello Stato, sebbene avvenuta dopo la trasformazione dello stesso ente — nei cui confronti sia stata

proposta l'originaria domanda giudiziale — in società per azio

ni, deve ritenersi valida, perché detta trasformazione (verifica tasi in virtù di delibera del Cipe del 12 agosto 1992 a norma

dell'art. 18 d.l. n. 33 del 1992, convertito in 1. n. 359 del 1992, sulla base delle disposizioni dettate in materia di trasformazione

di enti pubblici economici dall'art. 1 d.l. n. 386, convertito in

1. n. 35 del 1992) non ha determinato l'estinzione dell'ente e

la successione nei relativi rapporti di una diversa persona giuri

dica, ma solo la modificazione della forma e della organizzazio ne di un soggetto che ha mantenuto la propria identità e che

è adeguatamente identificato nonostante l'irregolarità della di

zione utilizzata nel ricorso, con la conseguenza che quest'ultimo è poi validamente notificato presso l'avvocatura distrettuale dello

Stato che abbia assunto la difesa dell'ente nel grado di appello, nella sua qualità, ai sensi dell'art. 330, 1° comma, c.p.c., di

procuratore costituito presso il giudice a quo, in quanto il 3°

comma dell'art. 15 bis d.l. n. 16 del 1993, aggiunto dalla legge di conversione n. 75 del 1993, ha disposto la persistenza della

difesa erariale per le controversie pendenti e limitatamente al

grado di giudizio in corso alla data di entrata in vigore di detta

legge di conversione (Cass. 21 aprile 1995, n. 4526, Foro it.,

Rep. 1995, voce Ferrovie, n. 100). La seconda ragione di carattere generale la si ricava dal prin

cipio costantemente affermato e per il quale il vizio di notifica

zione importante nullità sanabile, ai sensi del combinato dispo sto degli art. 160 e 156 c.p.c. si ha quando, nonostante l'inos

servanza delle formalità o delle disposizioni di legge, fra cui

quelle concernenti la persona alla quale deve essere consegnata la copia dell'atto, tuttavia, la notificazione, è materialmente av

venuta mediante rilascio di copia nel luogo e a persona che pos sano avere qualche riferimento con il vero destinatario, mentre,

per contro, il vizio di notificazione è insanabile quando questa sia eseguita in luogo e presso persona che non siano in alcun

modo e per nessuna via riferibili al soggetto passivo della noti

ficazione medesima, essendo riferibili a tutt'altro soggetto, as

solutamente estraneo al destinatario e all'atto da notificare (Cass. 25 maggio 1995, n. 5788, ibid., voce Notificazione civile, n. 58).

Nella specie, anche ad ammettere in via di pura ipotesi la

fondatezza dell'eccezione sollevata dalla parte controricorrente, la consegna di copia del ricorso al difensore dell'ente nel giudi zio di appello può essere al massimo causa di una nullità sana

bile della notificazione.

E tale nullità è sanata, con efficacia, ex tunc, dalla costitu

zione delle Ferrovie dello Stato s.p.a. 2. - Con il primo motivo il ricorrente deduce eccezione di

giudicato per nullità del giudizio di secondo grado. Secondo il Caliandro il giudizio di secondo grado è nullo per

essere stato l'appello notificato non al procuratore costituito

in primo grado, con conseguente passaggio in giudicato di que st'ultima sentenza.

Essendo stato denunciato un error in procedendo questa cor

te può esaminare direttamente gli atti.

Dal fascicolo d'ufficio dei precedenti gradi di giudizio risulta: — che il Caliandro ha proposto ricorso ai sensi dell'art. 414

c.p.c. innanzi al Pretore di Bari per il tramite dell'aw. Mario

Candiano, eleggendo domicilio presso il suo studio in Bari, via

Bovio, 43/L e tale domicilio e procuratore ha mantenuto fino

all'esito del giudizio di primo grado; — il ricorso in appello dell'ente Ferrovie dello Stato è stato

Il Foro Italiano — 1997.

depositato nella cancelleria del tribunale il 25 settembre 1991

e, fissata dal presidente l'udienza di discussione dinanzi al col

legio per il giorno 15 dicembre 1992, è stato notificato il 14

novembre 1992 a mezzo del servizio postale al Caliandro perso nalmente con raccomandata con ricevuta di ritorno, senza che

quest'ultima risulti allegata agli atti, e, a mezzo ufficiale giudi ziario «al sig. Caliandro Raffaele e, per lui, al suo procuratore domiciliatario Leonardo Goffredo recandomi presso il suo stu

dio in Bari alla via Argiro, 12, ed ivi consegnandola (scilicet:

copia conforme del ricorso in appello) a mani di esso aw. Leo

nardo Goffredo nella qualità in atti».

Sulla base delle poste premesse, ritiene il collegio che deve

dichiararsi l'inesistenza della notificazione del ricorso-decreto

in appello, proprio sulla base di quanto osservato nell'esamina

re l'eccezione prospettata dalle Ferrovie dello Stato s.p.a., non

potendo attribuirsi alcun rilievo né alla notificazione effettuata

a mezzo del servizio postale al Caliandro personalmente, in di

fetto della produzione della cartolina di ritorno, né alla notifi

cazione effettuata presso un soggetto (avv. Leonardo Goffre

do), ed in un luogo non avente alcun rapporto con il destinatario.

Quanto precede non è però sufficiente per farne derivare le

conseguenze volute dal ricorrente, dovendosi esaminare la que stione delle conseguenze derivanti sul giudizio di appello, sog

getto alle norme sulle controversie di lavoro, qualora, deposita to tempestivamente il ricorso di appello presso la cancelleria

del tribunale e fissata con decreto dal presidente l'udienza di

discussione, la notificazione del ricorso-decreto sia stata omessa

o sia stata effettuata in modo invalido, ricomprendendo in tale

invalidità ogni ipotesi di difformità del procedimento notifica

torio rispetto alla norma che la prevede (quale la notificazione

presso soggetto diverso dal procuratore domiciliatario o a pro curatore costituito presso ufficio legale diverso da quello dallo

stesso indicato o a difensore privo di procura o in unica copia a procuratore di più parti o presso il procuratore della parte deceduta e non presso gli eredi o con assegnazione di un termi

ne di comparizione inferiore a quello previsto dagli art. 415

e 435 c.p.c. o non eseguita a mezzo di ufficiale giudiziario o

mediante consegna di copia mancante delle indicazioni di essen

ziali ragioni a sostegno del gravame, contenute nell'originale, o mancanza, nella copia, della data dell'udienza o della nomina

del relatore, ecc.). 3. - Su tale problema, malgrado siano trascorsi oltre venti

anni dalla riforma del processo del lavoro, non è stata raggiun ta univocità di soluzione, anche a livello di sezioni unite.

Queste ultime, intervenendo una prima volta — e premesso che la fattispecie introduttiva del giudizio di secondo grado è

costituita nelle cause soggette al rito del lavoro dal ricorso e

dal suo deposito nella cancelleria del tribunale territorialmente

competente e che a tale fattispecie è invece estranea, diversa

mente da quanto accade per l'ordinario giudizio d'appello in

trodotto con citazione, la fase della notificazione la quale tende

ad effetti diversi — hanno concluso che, ove l'appello sia stato

tempestivamente depositato in cancelleria nel termine breve di

cui all'art. 434, 2° comma, c.p.c. o in quello lungo di cui al

l'art. 327 c.p.c., la nullità della notifica o il mancato rispetto dei termini minimi a comparire non determina l'inammissibilità

dell'appello, ma applicazione dell'art. 291 c.p.c. (Cass. 27 giu

gno 1983, n. 4388, id., 1983, I, 2446).

Malgrado tale autorevole intervento, che ravvisava e giustifi cava la diversità del rito del lavoro da quello ordinario per l'au

tonomia — inesistente in quest'ultimo — fra fase introduttiva

del giudizio (editto actionis) e quella diretta alla costituzione

del contraddittorio (vocatio in ius), il contrasto si perpetuava nella giurisprudenza delle sezioni semplici sull'entità della sana

toria delle nullità radicali, della inesistenza (di fatto e giuridica) e della omissione della notificazione, nonché della violazione

del termine minimo a comparire. Mentre un prevalente indirizzo riconosceva la possibilità di

una piena convalidazione, in tutte le predette ipotesi di invalidi

tà, alla costituzione del convenuto od all'ordine di rinnovazione

dell'atto nullo proveniente dal giudice con efficacia ex tunc (ex

plurimis: Cass. 24 febbraio 1984, n. 1333, id., Rep. 1984, voce Lavoro e previdenza (controversie), n. 395; 8 marzo 1984, n.

1615, ibid., n. 392; 21 maggio 1984, n. 3138, ibid., n. 166; 23 giugno 1984, n. 3699, ibid., n. 390; 12 ottobre 1984, n. 5114,

id., Rep. 1985, voce cit., n. 397; 21 novembre 1984, n. 5963,

ibid., n. 388; 4 aprile 1985, n. 2335, ibid., n. 377; 25 giugno

This content downloaded from 92.63.101.146 on Sat, 28 Jun 2014 09:25:25 AMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions

PARTE PRIMA

1985, n. 3810, ibid., n. 375; 28 novembre 1985, n. 5915, ibid., n. 371; 9 dicembre 1985, n. 6207, ;'£>«/., n. 389; 24 febbraio

1986, n. 1145, id., Rep. 1986, voce cit., n. 450; 6 febbraio 1987, n. 1204, id., Rep. 1987, voce cit., n. 441; 13 maggio 1987, n.

4420, ibid., n. 439; 6 giugno 1987, n. 4973, ibid., n. 438; 21 ottobre 1987, n. 7770, ibid., n. 445; 16 gennaio 1988, n. 311,

id., Rep. 1988, voce cit., n. 251; 1° febbraio 1988, n. 864, ibid., n. 244 e 1° febbraio 1988, n. 866, ibid., n. 246), altro indirizzo negava alle peculiarità strutturali della fattispecie introduttiva

l'idoneità ad escludere l'applicazione integrale del regime ordi

nario delle nullità formali al processo del lavoro per dedurne

che la nullità radicale o l'inesistenza giuridica o l'omissione ma

teriale della notificazione potevano essere sanate mediante co

stituzione dell'appellante o rinnovazione dell'atto, ma soltanto

con effetto ex nunc, con la conseguenza che l'invalidità della

notificazione impediva al processo di proseguire, allorquando la costituzione o la rinnovazione fosse avvenuta dopo la sca

denza del termine di legge per proporre appello (Cass. 14 aprile

1986, n. 2637, id., 1986, I, 1849). Le sezioni unite, intevenute per la composizione del contra

sto, privilegiavano quest'ultimo indirizzo ed affermavano il prin

cipio secondo cui «il regime di sanatoria delle nullità formali

afferenti l'atto introduttivo del giudizio e la sua notificazione,

posto dagli art. 156, 162, 164 e 291 c.p.c., trova applicazione anche nel rito del lavoro, in mancanza di specifica deroga e

non ostando ragioni di incompatibilità con le peculiarità strut

turali di detto rito. Nelle cause di lavoro, pertanto, la nullità

radicale od inesistenza giuridica della notificazione del ricorso

introduttivo e del decreto di fissazione dell'udienza (nella specie

per consegna in unica copia al procuratore costituito per più

parti), ovvero l'omissione della notificazione medesima, al pari della nullità dovuta al mancato rispetto del termine minimo per la comparizione, integrano vizi sanabili mediante la costituzio

ne del convenuto, o la rinnovazione disposta dal giudice, sol

tanto con effetto ex nunc, salvi restando i diritti quesiti, con

l'ulteriore conseguenza che, se i vizi stessi siano inerenti all'ap

pello e vengono denunciati dall'appellato in sede di costituzio

ne, tale costituzione non vale ad escludere il passaggio in giudi cato della sentenza di primo grado a seguito della pregressa sca

denza del termine d'impugnazione» (Cass. 1° marzo 1988, n.

2166, id., 1988, I, 2613). A tali conclusioni le sezioni unite sono giunte sulla base dei

seguenti rilievi: — l'appartenenza del processo del lavoro al processo ordina

rio di cognizione comporta la conseguente integrabilità del pri mo con le regole del secondo;

— l'antonomia dell'editio actionis dalla vocatio in ius non

esclude che il provvedimento del giudice di fissazione dell'u

dienza e la successiva notificazione costituiscono elementi es

senziali della complessa fattispecie introduttiva del processo la

cui materiale omissione e la cui nullità radicale sono passibili di sanatoria soltanto nei casi e con gli effetti regolati dalla legge;

— nel processo ordinario la sanatoria è subordinata alla tu tela dei diritti quesiti, che rappresentano una esigenza pregiudi ziale, con la conseguenza che, allorché è decorso il termine per l'impugnazione, l'effetto sanante — per costituzione del conve nuto — si verifica solo quando questi non faccia valere alcuna delle invalidità degli atti introduttivi, mentre è inutile il rimedio della rinnovazione dell'atto invalido disposta dal giudice;

— la praticabilità dell'art. 291 c.p.c. rimane limitata alle sole

nullità della notificazione previste dall'art. 160 c.p.c., imputa bili all'ufficio, mentre tutte le ipotesi di nullità radicale, inesi stenza giuridica, omissione della notificazione, violazione dei termini minimi a comparire restano disciplinate dall'art. 164

c.p.c., con la conseguenza che nel conflitto, fra pretesa ad otte nere una decisione di merito e diritto alla conservazione di una situazione giuridica divenuta immodificabile, deve prevalere que st'ultima.

Questi principi ribaditi da altra pronuncia sempre delle sezio ni unite (Cass. 12 gennaio 1993, n. 271, id., Rep. 1994, voce

cit., n. 232, emessa in ipotesi di notificazione del ricorso e del decreto di fissazione dell'udienza con consegna di una sola co

pia al procuratore di più parti), oltre ad essere stati criticati in dottrina, non hanno composto il contrasto esistente nella giu risprudenza di legittimità.

Allo stato attuale si rinvengono, infatti, pronunce che, so

stanzialmente, si riportano alla linea interpretativa tracciata dalle

Il Foro Italiano — 1997.

sezioni unite (Cass. 2 febbraio 1990, n. 715, id., Rep. 1990, voce cit., n. 264; 6 marzo 1990, n. 1753, ibid., n. 163; 19 giu

gno 1990, n. 6154, ibid., n. 263; 20 giugno 1990, n. 6187, ibid., n. 262; 19 agosto 1991, n. 8903, id., Rep. 1991, voce cit., n.

221; 3 marzo 1992, n. 2579, id., Rep. 1992, voce cit., n. 226; 22 aprile 1992, n. 4830, ibid., n. 214; 28 novembre 1992, n.

12752, ibid., n. 203; 12 gennaio 1993, n. 271, cit.; 9 settembre

1993, n. 9445, ibid., n. 190; 1° febbraio 1994, n. 989, id., 1994, I, 1389; 1° aprile 1994, n. 3182, ibid., 2095; 18 maggio 1994, n. 4857, ibid., 2703; 2 giugno 1994, n. 5369, id., Rep. 1994, voce cit., n. 214) o che, pur richiamandosi a quest'ultima, esclu

dono ogni possibilità di sanatoria per l'ipotesi di inesistenza giu ridica od omissione della notificazione; affermando che il giudi ce non può applicare l'art. 291 c.p.c., ma deve emettere senten

za di mero rito con cui dichiara l'improcedibilità dell'appello

(Cass. 29 luglio 1993, n. 8419, id., Rep. 1993, voce cit., n.

191; 9 marzo 1994, n. 2282, id., Rep. 1994, voce cit., n. 217; 18 maggio 1994, n. 4857, ibid., n. 215; 2 giugno 1994, n. 5369, ibid., n. 214; 12 agosto 1994, n. 7411, ibid., n. 213; 9 dicembre

1994, n. 10548, ibid., n. 212; 3 agosto 1995, n. 8509, id., Rep.

1995, voce cit., n. 236). A questo si contrappone altro filone

interpretativo per il quale poiché nel rito del lavoro l'appello si perfeziona con il deposito del ricorso in cancelleria nel termi

ne per impugnare, la mancanza o la nullità o anche l'inesistenza

della notifica del ricorso e del decreto (così come il mancato

rispetto dei termini a comparire) non possono mai comportare l'inammissibilità dell'appello, costituendo la notifica atto ester

no e successivo al deposito, con la conseguenza che il vizio può essere sanato con la costituzione dell'appellato e che, in difetto, il giudice deve fissare una nuova udienza ed ordinare la rinno

vazione della notificazione, con efficacia ex tunc e con salvezza

degli effetti derivati dal tempestivo deposito del ricorso (Cass. 9 aprile 1988, n. 2804, id., Rep. 1988, voce cit., n. 247; 26

novembre 1988, n. 6369, id., 1989, I, 389; 14 gennaio 1989, n. 148 id., Rep. 1989, voce cit., n. 256; 12 dicembre 1990, n.

11816 id., Rep. 1990, voce cit., n. 259; 12 gennaio 1991, n.

266, id., Rep. 1991, voce cit., n. 222; 29 novembre 1991, n.

12814, id., 1992, I, 57; 3 dicembre 1991, n. 12936, id., Rep. 1992, voce cit., n. 227; 9 aprile 1992, n. 4330 id., 1993, I, 1611; 3 giugno 1992, n. 6731 id., Rep. 1992, voce cit., n. 211; 17

giugno 1992, n. 7434, ibid., n. 119; 3 luglio 1992, n. 8125, ibid., n. 221; 4 febbraio 1993, n. 1369, id., Rep. 1993, voce cit., n.

197; 15 aprile 1993, n. 4461, ibid., n. 195; 12 maggio 1993, n. 5401, ibid., n. 193; 3 febbraio 1994, n. 1093, id., Rep. 1994, voce cit., n. 230; 12 febbraio 1994, n. 1399, id., 1994, I, 1389; 26 febbraio 1994, n. 1976, id., Rep. 1994, voce cit., n. 219; 3 marzo 1994, n. 2097, id., 1994, I, 2076; 16 aprile 1994, n.

3624, id., 1994, I, 2095; 20 giugno 1994, n. 5936, id., Rep. 1994, voce cit., n. 226; 1° ottobre 1994, n. 7957, ibid. n. 225; 23 gennaio 1995, n. 766, id., Rep. 1995, voce cit., n. 241).

4. - Ritiene il collegio che non si possa seguire l'interpretazio ne fornita da Cass. n. 2166 del 1988, ma che si debba privile giare, ai fini della composizione del contrasto, l'ultimo degli indirizzi giurisprudenziali esposti, sulla base delle considerazio ni che seguono.

Nel giudizio di appello, nelle controversie soggette al rito del

lavoro, si realizza una scissione fra editio actionis — che si rea lizza con il tempestivo deposito, nella cancelleria del giudice competente a conoscere del gravame, del ricorso introduttivo del giudizio d'impugnazione — e che impedisce il verificarsi di ogni decadenza dell'impugnazione — e la vocatio in ius, che si pone come fatto successivo di carattere necessario, ma alla

quale ultima non possono applicarsi — in presenza di vizi della stessa — ed in difetto di esplicite norme, le disposizioni proprie del giudizio di cognizione introdotto con citazione ad udienza

fissa, nel quale non sono ravvisabili le predette due fasi.

Ogni interpretazione che, pur riconoscendo l'esistenza dell'au tonomia formale e strutturale fra la fase di proposizione del ricorso e quella di evocazione in giudizio del convenuto o ap pellato, afferma l'esistenza di un nesso inscindibile fra le stesse, facendo derivare dai vizi della seconda, che impediscano la in staurazione del contraddittorio, delle conseguenze anche sulla

prima con l'affermazione dell'inammissibilità del gravame, in

realtà, finisce con il negare, nella sostanza, tale autonomia. Non si può contestare che le regole del processo ordinario

di cognizione siano integrative della disciplina del rito del lavo

ro, ove queste ultime non dispongano, ma il problema posto

This content downloaded from 92.63.101.146 on Sat, 28 Jun 2014 09:25:25 AMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions

GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

all'interprete è quello di individuare — in una ipotizzata situa

zione di carenza di disciplina normativa — quali siano le dispo sizioni del processo ordinario da applicare al rito del lavoro:

se cioè le disposizioni di carattere generale o quelle eccezionali,

formulate con riferimento ad aspetti particolari. Solo le disposizioni di carattere generale sono sicuramente ap

plicabili al rito del lavoro, mentre l'applicabilità di quelle di

carattere eccezionale è subordinata alla mancanza di altre di

sposizioni che non le contraddicano.

Nel procedimento ordinario costituiscono principi di caratte

re generale quello contenuto nell'art. 159 c.p.c., per il quale la nullità degli atti successivi non si comunica a quelli antece

denti, nonché l'altro di cui all'art. 162, 1° comma, c.p.c. per il quale il giudice che pronuncia la nullità deve disporre, quan do sia possibile, la rinnovazione degli atti ai quali la nullità

si estende.

Applicazione particolare del principio contenuto nella norma

da ultimo citata è l'art. 291, 1° comma, c.p.c., per il quale, se il convenuto non si costituisce ed il giudice istruttore rileva

un vizio che importi nullità nella notificazione della citazione,

fissa all'attore un termine perentorio per rinnovarla e tale rin

novazione impedisce ogni decadenza.

Nel processo ordinario di cognizione si rinviene comunque anche l'art. 164, 2° comma, che — nel testo originario, non

sostituito dall'art. 9 1. n. 353 del 1990, applicabile alla fattispe

cie in esame, ai sensi dell'art. 9 d.l. 247/95, convertito nella

1. n. 534 del 1995 — dispone che, in ipotesi di nullità della citazione, previste dal precedente 1 ° comma, la costituzione del

convenuto sana ogni vizio della citazione, ma restano salvi i

diritti quesiti. È proprio su questa norma che si sono avuti maggiori contra

sti nella giurisprudenza, invocandosi, da parte di quella che poi è sfociata nella pronuncia delle sezioni unite del 1988, la sua

applicazione analogica, per negare la possibilità della rinnova

zione della notificazione del ricorso-decreto e l'irrilevanza della

costituzione dell'appellato, per l'intervenuto passaggio in giudi

cato della sentenza impugnata, e, da parte della giurisprudenza alla stessa contraria, l'eccezionalità della norma — derogatoria dei principi generali del sistema dettata dalle caratteristiche pro

prie dell'atto di citazione del processo di cognizione ordinario — e la sua inapplicabilità al rito del lavoro.

Rileva il collegio che la norma è male invocata dal momento

che presupposto fondamentale per la sua applicabilità in astrat

to è che dall'invalidità della notificazione del ricorso-decreto

siano derivati dei diritti quesiti per l'appellato, che non possono

essere rimossi dalla costituzione volontaria dello stesso o dalla

rinnovazione dell'atto nullo.

Orbene, dalla nullità o dalla inesistenza della notificazione

del ricorso-decreto non può derivare il passaggio in giudicato

della sentenza impugnata, che, impedita dal tempestivo deposi

to del ricorso, non può essere pronunciata per un fatto successi

vo, dal momento che costituiscono principi generali dell'ordina

mento sia quello per il quale, impedita la decadenza con il com

pimento dell'atto dovuto, la stessa non può più essere

pronunciata ove quest'ultimo non sia eliminato dall'ordinamen

to, sia l'altro secondo cui la nullità degli atti successivi non

si comunica a quelli antecedenti.

L'unico effetto di tale nullità o inesistenza (giuridica o di fat

to) della notificazione è la mancata costituzione del contrad

dittorio.

In relazione al quale effetto l'ordinamento non riconosce al

cun diritto quesito all'appellato come si ricava, a contrario, sia

dall'art. 162, 2° comma, c.p.c., che prevede l'obbligo per il

giudice di disporre la rinnovazione dell'atto nullo, ove possibi

le, sia dall'art. 421, 1° comma, c.p.c. — dettato in tema di

rito del lavoro — per il quale il giudice indica alle parti in ogni momento le irregolarità degli atti e dei documenti che possono

essere sanate assegnando un termine per provvedervi, salvo gli

eventuali diritti quesiti. Le anzidette norme, poi, vanno anche considerate come il

tramite necessario prima di giungere ad una pronuncia di mero

rito sul giudizio. Il nostro ordinamento, infatti, dall'inosservanza di determi

nati oneri a carico di una parte o riconosce diritti quesiti a fa

vore della controparte oppure, quando tali diritti non vengono

riconosciuti, ricorre ai meccanismi di cui alle norme da ultimo

citate, con la conseguenza che solo dall'inosservanza del succes

II Foro Italiano — 1997.

sivo provvedimento del giudice deriva la necessità di una pro nuncia di mero rito.

Applicazione tipica di quanto esposto la si rinviene nella so

stituzione operata dall'art. 9 1. n. 353 del 1990 dell'art. 164

c.p.c.: per il passato dalla nullità della citazione derivava per il convenuto la salvaguardia dei diritti quesiti, a seguito della

novella, per le nullità di cui al 1° comma dello stesso articolo, non sono previsti diritti quesiti per il convenuto, ma alla cancel

lazione della causa dal ruolo ed alla estinzione del processo può

giungersi solo in caso di inosservanza dell'ordine di rinnovazio

ne impartito dal giudice, che se osservato, invece, «sana i vizi

e gli effetti sostanziali e processuali della domanda si produco no sin dal momento della prima notificazione» (art. 164, 2°

comma, secondo periodo, c.p.c.). Una tale situazione normativa — per il periodo precedente

la novella del 1990 — la si rinviene, ove si tengano presenti, con riferimento a tutti i vizi che incidono sulla notificazione

di un atto, nei richiamati art. 162, 291 e 421 c.p.c. Sicché è da ritenere che ogniqualvolta si è in presenza di una

nullità della notificazione di un atto, dalla quale l'ordinamento

non fa derivare diritti quesiti alla controparte, il giudice non

può limitarsi a dichiarare tale nullità, ma deve disporre la rin

novazione dell'atto nullo, giungendo ad una pronuncia di mero

rito che definisca il processo solo in conseguenza dell'inosser

vanza dell'ordine di rinnovazione e con l'ulteriore conseguenza che l'ottemperanza all'ordine di rinnovazione ha un'efficacia

sanante con efficacia retroattiva, tipica di tutti i vizi sanati della

notificazione.

Queste conclusioni, pacificamente applicabili per l'atto intro

duttivo del giudizio di primo grado, sono da seguire anche per il giudizio di appello, soggetto al rito del lavoro, proprio in

conseguenza dell'affermata autonomia fra edit io actionis e vo

catio in ius.

Tale principio trova applicazione non solo in ipotesi di nulli

tà della notificazione dell'atto di vocatio in ius, ma anche nelle

ipotesi di mancanza o inesistenza (giuridica o di fatto) della stessa.

L'obiezione solitamente avanzata contro la sanatoria ex tunc,

in quest'ultima fattispecie, per la mancanza di un atto da rinno

vare, non ha ragione di esistere ove si tenga presente che la

notificazione della vocatio in ius si presenta sia come fattispecie

autonoma che come elemento di una fattispecie complessa, com

posta dalla combinazione di più atti elementari, quali il decreto

del giudice di fissazione della prima udienza, la comunicazione

all'appellante dell'avvenuto deposito del provvedimento e la no

tificazione all'appellato del ricorso e del decreto.

La mancanza o la giuridica inesistenza dell'elemento notifica

zione — ove riguardata come elemento dell'atto composito —

determina la nullità, e non l'inesistenza, dell'atto di vocatio in

ius da notificare, perché privo di un requisito formale indispen

sabile per il raggiungimento dello scopo, ma in relazione al quale

bene si può disporre la rinnovazione proprio perché esiste l'atto

da rinnovare e che il giudice deve modificare con l'emanazione

di un secondo provvedimento di fissazione della nuova udienza.

Tale rinnovazione va disposta — per le controversie soggette

al rito del lavoro — sulla base dell'art. 421, 1° comma, c.p.c.

per il quale il giudice indica alle parti in ogni momento le irre

golarità degli atti e dei documenti che possono essere sanate

assegnando un termine per provvedervi e che costituisce appli

cazione particolare del più volte richiamato art. 162 c.p.c.

L'obiezione formulabile in proposito — e cioè che, non pre

vedendo la richiamata disposizione l'assegnazione di un termine

perentorio per la rinnovazione della notificazione mai effettua

ta all'appellato, il processo resterebbe in balia dell'appellante — è facilmente superabile.

È infatti da rilevare, da un lato, che alcuni termini, come

rilevato in dottrina, pur non espressamente definiti perentori,

hanno matrice identica a quella di termini formalmente definiti

tali — e fra questi sono da ricomprendere tutti quelli previsti

per la rinnovazione di atti nulli — sicché non è possibile esclu

dere, in senso assoluto ed in questi casi, l'applicazione estensiva

degli art. 152 e 153 c.p.c., per i termini perentori e, dall'altro,

che una specifica comminatoria per l'inosservanza del termine

dell'ordine di rinnovare può apparire perfino superflua, se si

tiene conto del fatto che, ove non venga in essere lo strumento

di rinnovazione, automaticamente la nullità si consolida in ter

mini irreversibili in ragione della formulata pronuncia (di nulli

tà dell'atto di vocatio in ius).

This content downloaded from 92.63.101.146 on Sat, 28 Jun 2014 09:25:25 AMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions

PARTE PRIMA

Il contrasto di giurisprudenza va, pertanto, composto affer

mando il principio secondo cui «nelle controversie soggette al

rito del lavoro la proposizione dell'appello si perfeziona, ai sen

si dell'art. 435 c.p.c, con il deposito, nei termini previsti dalla

legge, del ricorso nella cancelleria del giudice ad quem, che im

pedisce ogni decadenza dall'impugnazione, con la conseguenza che ogni eventuale vizio o inesistenza — giuridica o di fatto — della notificazione del ricorso e del decreto di fissazione del

l'udienza di discussione non si comunica all'impugnazione (or mai perfezionatasi), ma impone al giudice che rilevi il vizio di indicarlo all'appellante ex art. 421 c.p.c. e di assegnare allo stesso,

previa fissazione di un'altra udienza di discussione, un termine — necessariamente perentorio — per provvedere a notificare

il ricorso-decreto».

Nel caso di specie l'errore commesso dalla sentenza impugna ta è stato quello di decidere nel merito la controversia — pure in presenza di una inesistenza della notificazione dell'atto di

vocatio in ius, non sanata dalla costituzione dell'appellato —

senza procedere alla rinnovazione della notificazione dell'atto.

Il rilievo del vizio della pronuncia in sede di legittimità com

porta la cassazione della decisione impugnata con rinvio ad al

tro giudice di appello cui spetterà di attivare il contraddittorio

sul merito dell'impugnazione, provvedendo alla rinnovazione

omessa dal giudice che ha pronunciato la sentenza cassata, in

applicazione dell'enunciato principio di diritto.

5. - Il secondo motivo del ricorso, con il quale si deduce

violazione e falsa applicazione dell'art. 20 1. n. 958 del 1986

per non avere il tribunale ricompreso nel settore pubblico l'ente

Ferrovie dello Stato, va dichiarato assorbito, in conseguenza

dell'accoglimento del primo motivo.

6. - Va pertanto accolto il primo motivo di ricorso, mentre

va dichiarato assorbito il secondo e, per l'effetto, va cassata

la sentenza impugnata e la causa va rinviata, anche per le spese di questo grado di giudizio, al Tribunale di Trani.

III

Svolgimento del processo. — Con ricorso del 17 febbraio 1990

al Pretore di Reggio Emilia - sezione distaccata di Montecchio

Emilia, in funzione di giudice del lavoro, il sig. Agostino San

toro espose di avere svolto, fino al giugno 1986 e relativamente

ai territori delle province di Salerno, Potenza e Matera, attività

di agente di commercio in favore della s.p.a. f.lli Dieci, avente sede in Montecchio Emilia, e, dolendosi delle inadempienze del la società preponente, ne richiese la condanna al pagamento

dell'importo dovuto.

La società f.lli Dieci si costituì nel giudizio in tal guisa intro dotto, e, sostenendo di poter vantare, a sua volta, un residuo credito nei confronti dell'ex agente di commercio, propose do manda riconvenzionale a suo carico.

Il pretore adito, in parziale accoglimento del ricorso e tenuto conto degli intervenuti, reciproci chiarimenti in ordine alle ri

spettive voci di credito, condannò la f.lli Dieci al pagamento dell'importo di lire 25.904.177 in favore del Santoro, compen sando le spese.

Avverso tale decisione propose appello la f.lli Dieci dinanzi al Tribunale di Reggio Emilia, lamentando che, nel computare l'ammontare del suo credito (da mettere a raffronto con il cre dito del Santoro), il pretore aveva trascurato di valutare una voce (pari a lire 39.907.952) imputabile al prezzo di beni diret tamente venduti dalla società all'agente; sicché erroneamente il

pretore aveva condannato la f.lli Dieci al pagamento di una certa somma, laddove invece, considerato il dare e l'avere di ciascuna delle parti, avrebbe dovuto condannare l'ex agente di commercio al pagamento di lire 7.003.775.

Resistendo nel giudizio di secondo grado, il Santoro propose, a sua volta, appello incidentale avverso la decisione pretorile, allo scopo di far valere le voci di credito tralasciate dal primo giudice. Senonché, la memoria difensiva, contenente l'appello incidentale, sebbene ritualmente depositata nella cancelleria en tro il termine previsto dall'art. 436, 2° comma, c.p.c., non fu notificata alla controparte appellante principale.

Con sentenza in data 26 aprile 1994 il Tribunale di Reggio Emilia dichiarò inammissibile l'appello incidentale, e, in rifor ma della sentenza gravata, condannò Santoro Agostino al paga

li Foro Italiano — 1997.

mento di lire 7.003.775 in favore della società f.lli Dieci, con

interessi legali dalla domanda al saldo; compensò le spese. Avverso tale decisione (non notificata) il sig. Agostino Santo

ro ha proposto ricorso per cassazione affidato a tre motivi, no

tificato il 20 aprile 1995. Ha resistito la f.lli Dieci s.p.a. me diante controricorso notificato il 15 maggio 1995.

Motivi della decisione. — Il ricorso per cassazione di Santoro

Agostino è sorretto da tre motivi.

Con il primo di essi il ricorrente muove all'impugnata senten

za del Tribunale di Reggio Emilia, sez. lavoro, l'addebito di

«violazione e falsa applicazione dell'art. 436 c.p.c.; insufficien

te motivazione sul punto». Sostiene il Santoro che i giudici reggiani avrebbero male in

terpretato il disposto dell'art. 436, 2° comma, c.p.c., laddove

dispone che (nel rito del lavoro) «l'appello incidentale deve es

sere proposto, a pena di decadenza, nella memoria di costitu

zione, da notificarsi, a cura dell'appellato, alla controparte al

meno dieci giorni prima dell'udienza fissata a norma dell'arti

colo precedente» (ossia almeno dieci giorni prima dell'udienza

fissata per la discussione). Nella fattispecie, come risulta dal fascicolo processuale ed è

peraltro incontestato, l'appello incidentale venne proposto con

memoria difensiva tempestivamente depositata dall'appellato San

toro Agostino nella cancelleria del Tribunale di Reggio Emilia, ma non mai notificata alla controparte: sicché, in difetto di

notificazione, l'appello incidentale venne ritenuto inammissibile.

Ad avviso del ricorrente, il giudice di secondo grado avrebbe

dovuto ammettere l'appello incidentale, sia perché la contro

parte, società f.lli Dieci — nulla avendo eccepito il suo procura tore alla prima udienza utile —, aveva di fatto accettato il con

traddittorio in ordine a tale appello, sia perché nelle controver

sie individuali di lavoro l'appello, sia principale sia incidentale, risulta di per sé perfetto con il deposito in cancelleria, e la noti

ficazione è unicamente preordinata alla regolare instaurazione

del contraddittorio, con la conseguenza che la sua omissione

rende necessario l'intervento del giudice, tenuto a fissare altro

termine per il compimento dell'atto.

Il motivo di ricorso è fondato. Scarso pregio ha l'obiezione

mossa da parte controricorrente (e illustrata nella memoria ex art. 378 c.p.c.), secondo cui il tribunale avrebbe reputato inam

missibile l'appello incidentale non già per mancanza della noti

ficazione, ma perché il gravame concerneva un capo autonomo

della sentenza di primo grado che doveva ritenersi già passato in giudicato, essendo trascorso (al momento del deposito della memoria difensiva contenente l'appello incidentale), oltre un anno dalla data di deposito della decisione pretorile.

L'assunto della controricorrente riceve una chiara smentita

negli atti di causa. Inequivocamente dalla sentenza impugnata si evince che l'appello incidentale venne dichiarato inammissibi

le, «non essendovi prova dell'avvenuta notifica a controparte, come prescritto dall'art. 436 c.p.c.». Null'altro dice la sentenza in punto di ravvisata inammissibilità dell'appello incidentale.

Giova avvertire, comunque, che almeno dopo l'avvento di

Cass., sez. un., 7 novembre 1989, n. 4640 (Foro it., 1989, I, 3405), ha perso ogni rilievo la vetusta ripartizione degli appelli incidentali in autonomi e non autonomi, e si è consolidato in

giurisprudenza il principio, in forza del quale la parte appellata è legittimata a proporre appello incidentale tardivo avverso qua lunque capo della sentenza, connesso oppur no con i capi inve stiti dall'appello principale, non sussistendo limiti oggettivi al

l'impugnazione; principio cui è stata data applicazione de plano anche nel processo del lavoro (Cass., sez. un., 21 agosto 1990, n. 8535, id., 1990, I, 2481; 11 dicembre 1990, n. 11768, id., Rep. 1991, voce Lavoro e previdenza (controversie), n. 225).

Ciò posto, trattasi qui di stabilire se la mancata notificazione dell'atto (pur tempestivamente depositato), recante l'appello in

cidentale, comporti la decadenza di cui è cenno all'art. 436, 2° comma, c.p.c., ovvero se la decadenza consegua unicamente al mancato deposito (entro il termine prescritto) della memoria difensiva.

Bisogna considerare innanzi tutto che la decadenza, prevista dalla norma citata, si traduce in una preclusione irreversibile all'esame dall'appello incidentale, preclusione cui non potreb be, in ipotesi, ovviare nemmeno l'accettazione del contradditto rio ad opera della controparte, atteso che, nel momento stesso in cui interviene la decadenza dall'appello incidentale (decaden za che il giudice è tenuto a verificare anche d'ufficio, dandone

This content downloaded from 92.63.101.146 on Sat, 28 Jun 2014 09:25:25 AMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions

GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

atto con pronuncia meramente dichiarativa), i capi della senten

za investiti dall'appello incidentale non ammissibile si debbono

avere (nei riguardi della parte interessata all'appello incidentale)

per passati in giudicato. Or dunque, il surriportato art. 436, 2° comma, c.p.c., di non

perspicua formulazione, consente sicuramente una lettura ispi rata al massimo rigore, per cui la decadenza deve ritenersi volta

a sanzionare non solamente il mancato deposito in cancelleria

della memoria difensiva contenente l'appello incidentale, ma an

che la mancata notificazione entro il termine; e però non osta

a una diversa lettura (fors'anche resa più agevole), mirante a

ridurre il peso degli adempimenti gravanti sull'appellato. Que st'ultima interpretazione del testo legislativo può far leva sulla

circostanza che, ai sensi del 2° comma in discorso, la notifica

zione costituisce un posterius rispetto all'atto con il quale si

propone l'appello incidentale, ossia rispetto al deposito in can

celleria della memoria difensiva in cui l'appello incidentale de

v'essere inserito a pena di decadenza; mentre è poi da presume re che, ove mai il legislatore avesse inteso sanzionare con la

decadenza anche l'omissione della tempestiva notificazione, avrebbe facilmente potuto rimuovere ogni dubbio in proposito, reiterando la locuzione «a pena di decadenza» nella parte finale

del comma, o posponendola alla previsione dell'onere di notifi

cazione.

Nella giurisprudenza di questa Suprema corte le suaccennate

letture del testo normativo sono entrambe presenti, Cass. 29

agosto 1979, n. 4722 (id., Rep. 1979, voce cit., n. 430), ha rite

nuto che «nel processo del lavoro l'art. 436 c.p.c. ricollega la

sanzione di decadenza dell'appello incidentale solo all'omesso

deposito in cancelleria della memoria di costituzione dell'appel lato almeno dieci giorni prima dell'udienza di discussione, men

tre configura la notificazione come un onere imposto all'appel lante incidentale per la realizzazione dell'instaurazione del con

traddittorio». In senso sostanzialmente conforme si sono orientate

Cass. 2 luglio 1980, n. 4193 (id., Rep. 1980, voce cit., nn. 256,

376), che attribuisce al collegio, in ipotesi di omessa notificazio

ne della memoria difensiva recante l'appello incidentale, il com

pito di fissare un nuovo termine, per notificare, nonché Cass.

7 febbraio 1983, n. 1029 (id., Rep. 1983, voce cit., n. 514) e,

da ultimo, Cass. 11 dicembre 1990, n. 11768, cit.

L'indirizzo, ispirato a maggiore severità, che reputa sanzio

nati con la decadenza così l'omesso puntuale deposito come l'o

messa tempestiva notificazione, e nondimeno quello prevalente

(ex multis, Cass. 11 novembre 1980, n. 5055, id., Rep. 1980,

voce cit., nn. 357, 372; 14 dicembre 1982, n. 8874, id., Rep.

1982, voce cit., n. 470; 8 febbraio 1985, n. 1042, id., Rep. 1985,

voce cit., n. 401; 13 febbraio 1987, n. 1607, id., Rep. 1987,

voce cit., n. 484; 29 aprile 1988, n. 3242, id., Rep. 1988, voce

cit., n. 297; 5 maggio 1989, n. 2126, id., Rep. 1989, voce cit.,

n. 259; 17 aprile 1990, n. 3171, id., Rep. 1990, voce cit., n.

275; 15 marzo 1993, n. 3075, id., Rep. 1993, voce cit., n. 202;

23 giugno 1993, n. 6935, ibid., n. 201) e trae conforto anche

da una decisione delle sezioni unite (non chiamate a comporre il dissidio). Con tale decisione (16 dicembre 1986, n. 7533, id., Rep. 1986, voce cit., n. 459) le sezioni unite hanno dato il loro

consenso all'indirizzo maggioritario senza esaminare tuttavia ex

professo la questione. Fra le due letture dell'art. 436, 2° comma, cui si è fatto cen

no, è convincimento di questa corte che meriti adesione la lettu

ra che fa scaturire la decadenza dall'appello incidentale esclusi

vamente dal mancato puntuale deposito della memoria difensi

va (contenente l'appello medesimo), e non pure dalla mancata

notificazione di essa entro il noto termine.

Tale, meno rigoristica interpretazione — che la dictio legis,

come si è accennato, non solo permette, ma viene anzi a sugge

rire come quella non implicante una formulazione inadeguata

se non addirittura impropria della norma — sembra chiaramen

te da preferire, e sotto vari aspetti. Va in primo luogo considerato che l'appello principale, nel

rito del lavoro, si propone con il mero deposito del ricorso,

e che la sua ammissibilità è subordinata esclusivamente alla tem

pestività di quel deposito, da effettuare nella cancelleria del com

petente tribunale entro il termine per appellare. Orbene, se il

legislatore avesse inteso condizionare l'ammissibilità dell'appel

lo incidentale, non solamente al tempestivo deposito in cancel

leria dell'atto che lo contiene, ma anche alla sua notificazione,

non potrebbe negarsi una qualche palese disarmonia del sistema.

Il Foro Italiano — 1997.

Per di più, ove realmente il legislatore avesse stabilito che

l'appello incidentale debba essere proposto, non solo mediante

inserimento di tale appello nella memoria difensiva da deposita re in cancelleria a pena di decadenza almeno dieci giorni prima dell'udienza fissata per la discussione, ma anche mediante esple tamento della notificazione di quella memoria difensiva entro

10 stesso perentorio termine, avrebbe fatto carico all'appellato di un complesso di oneri che possono risultare, nei singoli casi, di tutt'altro che facile adempimento (quantunque il sospetto di

illegittimità costituzionale della norma per compressione del di

ritto di difesa dell'appellante incidentale sia stato negato dalla

corte: cfr. Cass. 14 gennaio 1989, n. 160, id., Rep. 1989, voce

cit., n. 262, e 27 gennaio 1989, n. 519, ibid., n. 260). Problemi di ardua soluzione possono insorgere, sia per la bre

vità del tempo a disposizione dell'appellato-appellante inciden

tale (che può dover fruire di soli quindici giorni per elaborare

la memoria difensiva contenente l'appello incidentale, nonché

per depositarla e notificarla, e ciò — si noti — nell'ambito di

un rito per il quale non vige la sospensione feriale dei termini

a sensi della 1. 7 ottobre 1969 n. 742), sia perché la disposizione di legge prescrive la notificazione «alla controparte» (ossia alla

parte controinteressata all'accoglimento dell'appello incidenta

le), e questa può non essere l'appellante principale (verso il quale la notificazione — da farsi presso il procuratore nominato nel

ricorso in appello: cfr. Cass. 10 agosto 1992, n. 9453, id., Rep.

1992, voce cit., n. 232, e 2 giugno 1995, n. 6194, id., Rep.

1995, voce cit., n. 244 — risulta presumibilmente agevole), ma

anche un altro soggetto, in ipotesi rimasto contumace in primo

grado, verso cui il compimento della procedura ben può richie

dere un congruo intervallo di tempo (si pensi alla notificazione

da eseguire nei modi dell'art. 142, e dell'art. 143 c.p.c.) o pre sentare inopinate difficoltà.

Una giustificazione ulteriore, che induce la corte a condivide

re l'interpretazione dell'art. 436, 2° comma, c.p.c. diretta a esclu

dere la sanzione della decadenza dall'appello incidentale nel ca

so di omessa (o irrituale) notificazione della memoria difensiva

(tempestivamente depositata in cancelleria), consiste in ciò, che

la contraria opzione viene a implicare il diniego di ogni sanato

ria per il difetto di notificazione, determinando un serio sospet to di incostituzionalità del disposto normativo, non apparendo

ragionevole la discriminazione fra l'appellante principale — per 11 quale (sulla base del «diritto vivente» recentemente enunciato

dalle sezioni unite della Corte di cassazione) ogni eventuale vi

zio, ovvero l'inesistenza, giuridica o di fatto, della notificazione

dell'atto di appello non si comunica all'impugnazione, ma im

pone al giudice, che rilevi il vizio, di indicarlo all'appellante ex art. 421 c.p.c. e di assegnare allo stesso (previa fissazione

di altra udienza di discussione) un termine perentorio per prov vedere alla notificazione — e l'appellante incidentale — per il

quale l'omissione della notificazione della memoria difensiva,

non essendo suscettibile di rimedio alcuno, darebbe invece adito

a inevitabile declaratoria di inammissibilità dell'impugnazione. Fra le due possibili letture dell'art. 436, 2° comma, c.p.c.,

dev'essere allora prescelta quella che elide in radice il dubbio

di illegittimità costituzionale.

Alla luce di quanto sopra, va conclusivamente ritenuto che

la sanzione della decadenza dall'appello incidentale è commina

ta dall'art. 438, 2° comma, c.p.c. nella sola ipotesi di mancato

deposito in cancelleria della memoria difensiva dell'appellato, contenente l'appello stesso, entro il termine fissato dalla legge

(idest almeno dieci giorni prima dell'udienza fissata per la di

scussione). Entro quel medesimo termine l'appellato è inoltre

tenuto a notificare la memoria difensiva alla controparte; pur

tuttavia, nel caso di omissione dell'adempimento, e del pari nel

caso di notificazione invalida, spetta al tribunale di concedere

nuovo termine perentorio per provvedere alla notificazione, sem

pre che la controparte presente all'udienza di discussione non

vi rinunci, accettando il contraddittorio o limitandosi a chiedere

conguo rinvio dell'udienza (rinvio che va disposto, al fine di

ripristinare il termine a difesa della controparte, anche nel caso

di notificazione tardiva). L'accoglimento del primo motivo di ricorso per cassazione

produce l'assorbimento degli altri motivi. La sentenza impu

gnata dev'essere cassata, con rinvio della causa ad altro giudice

equiordinato, che si designa nel Tribunale di Modena in funzio

ne di giudice del lavoro.

This content downloaded from 92.63.101.146 on Sat, 28 Jun 2014 09:25:25 AMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions


Recommended