sezioni unite civili; sentenza 29 settembre 1997, n. 9551; Pres. La Torre, Est. Corona, P.M. Leo(concl. diff.); Min. finanze c. Elena, Tallone e Regione Liguria. Cassa Trib. sup. acque 29settembre 1993, n. 91Source: Il Foro Italiano, Vol. 121, No. 3 (MARZO 1998), pp. 869/870-871/872Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23192326 .
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
composta di beni dei quali i fiducianti (e non la fiduciaria) sono i proprietari «effettivi»;
— che del pari priva di rilevanza è, di per sé, la circostanza
che i fiducianti domandino la restituzione di un numero di azio
ni inferiore a quello indicato dalla banca depositaria come ad
essi spettante, posto che nulla vieta all'attore di circoscrivere
l'oggetto delle proprie richieste ad una parte soltanto di quello cui avrebbe diritto.
8. - La sentenza deve essere quindi cassata in accoglimento del ricorso proposto dai ricorrenti, con conseguente rinvio della
causa ad altra sezione della Corte d'appello di Torino, che si
atterrà ai principi enunciati nei paragrafi 6, 6.1, 6.2, 7.
CORTE DI CASSAZIONE; sezioni unite civili; sentenza 29 set tembre 1997, n. 9551; Pres. La Torre, Est. Corona, P.M.
Leo (conci, diff.); Min. finanze c. Elena, Tallone e Regione
Liguria. Cassa Trib. sup. acque 29 settembre 1993, n. 91.
Acque pubbliche e private — Concessioni idriche — Canoni — Controversie — Giurisdizione — Tribunali regionali delle
acque pubbliche (R.d. 11 dicembre 1933 n. 1775, t.u. delle
leggi sulle acque e impianti elettrici, art. 140, 143).
È attribuita alla cognizione del tribunale regionale delle acque
pubbliche (ai sensi dell'art. 140 t.u. n. 1775 del 1933) la do manda volta a contestare la rideterminazione e la richiesta
dell'ufficio del registro del canone e del sovracanone di con
cessione di derivazione d'acqua, potendo il medesimo tribu
nale regionale accertare, incidentalmente, circa l'illegittimità del decreto ministeriale, in applicazione del quale il pagamen to dei canoni viene richiesto. (1)
Svolgimento del processo. — Alfredo Tallone e Luigi Elena,
in proprio e quale legale rappresentante della società in nome
(1) Le domande proposte al Tribunale superiore della acque pubbli che per l'annullamento di un decreto ministeriale di aumento dei canoni
e sovracanoni di concessione di derivazione di acqua (provvedimento
presupposto) e di accertamento negativo dell'obbligazione di congua
glio dei canoni e dei sovracanoni richiesti dall'ufficio del registro, devo
no considerarsi come domanda sostanzialmente unica: «essendo unico il bene della vita dedotto in giudizio che forma oggetto del petitum immediato, consistente nell'accertamento negativo . . . dell'avversa
pretesa». Con la presente pronuncia le sezioni unite hanno così ritenuto inam
missibile la scissione tra provvedimento presupposto ed atto applicativo
disposta dal Tribunale superiore delle acque (il quale, seguendo l'orien
tamento di Cass., sez. un., 28 novembre 1994, n. 10124, Foro it., Rep. 1995, voce Acque pubbliche, n. 137, ha affermato la propria giuris dizione — ex art. 143 t.u. n. 1775 del 1933 — in ordine all'impugnativa dell'atto presupposto e individuato quella del tribunale regionale delle
acque pubbliche relativamente al fondamento del petitum sostanziale), rilevando che l'atto presupposto (il cui interesse all'impugnativa non
può, come affermato nella sentenza che si riporta, nascere retroattiva
mente con l'impugnazione dell'atto applicativo) non necessita di un ac
certamento pregiudiziale da risolvere al di fuori dell'orbita del processo e con efficacia di giudicato, ma solo, per la eventuale sua disapplicazio
ne, di un accertamento incidentale da parte del giudice ordinario spe cializzato (tribunale regionale delle acque pubbliche).
Sull'attribuzione ai tribunali regionali delle acque della cognizione delle controversie in ordine alle richieste di adeguamento dei canoni
e sovracanoni di concessione, in quanto atti solo soggettivamente am
ministrativi, cfr. Trib. sup. acque 23 giugno 1993, n. 73, id.. Rep. 1993,
voce cit., n. 134; 16 marzo 1993, n. 34, ibid., n. 146; 29 settembre
1993, n. 91, ibid., n. 148; 13 aprile 1992, n. 35, id., Rep. 1992, voce
cit., n. 153.
Sul criterio di discriminazione della competenza del tribunale delle
acque e la normale competenza del giudice ordinario, v., nella motiva
zione, Cass. 12 giugno 1969, n. 2080, id., 1969, I, 3138, con nota di
richiami.
Il Foro Italiano — 1998.
collettivo Elena Luigi, con distinti ricorsi proposti al Tribunale
superiore delle acque pubbliche, impugnarono: a) le note del
l'ufficio del registro di Imperia-Oneglia in data 12 giugno 1991 e 10 maggio 1991, concernenti per ciascuno di essi le richieste
di aumento dei canoni di concessione di derivazione di acque
(con gli arretrati) ed i sovracanoni; b) il decreto 20 luglio 1990
del ministero delle finanze, adottato in concerto con il ministe
ro del tesoro, in applicazione del quale le richieste erano state
inoltrate.
Si costituirono in giudizio il ministero delle finanze ed il mi nistero del tesoro: in rito, sollevarono la questione di giurisdi
zione; nel merito, contestarono il fondamento della opposizione. Il Tribunale superiore delle acque pubbliche, con sentenza 14
giugno - 29 settembre 1993, annullò per quanto di ragione il
decreto del ministero delle finanze 20 luglio 1990; dichiarò la competenza del tribunale regionale delle acque in ordine alla
opposizione agli atti compiuti dall'amministrazione, in esecu
zione del decreto annullato e rimise le parti davanti a quel tri
bunale.
Hanno proposto ricorso per cassazione il ministero delle fi
nanze ed il ministero del tesoro. Non si sono costituiti gli intimati. Con ordinanza 18 ottobre 1996, la Corte suprema ha dispo
sto la integrazione del contraddittorio nei confronti della regio ne Liguria: integrazione eseguita con atto 27 novembre 1996.
Motivi della decisione. — 1. - A fondamento del ricorso dai
ministeri ricorrenti si deduce:
1.1. - Violazione e falsa applicazione dell'art. 5, 2° comma, 1. 6 dicembre 1991 n. 1034, degli art. 140 e 143 t.u. n. 1775
del 1933 e dei principi che presiedono alla ripartizione della giu risdizione. Difetto di giurisdizione (art. 360, n. 1, c.p.c.).
La pronunzia del Tribunale superiore delle acque ha operato una inammissibile scissione tra gli atti applicativi, per cui ha
dichiarato la giurisdizione del tribunale regionale delle acque, e il provvedimento presupposto (il decreto ministeriale), per cui
ha ritenuto la competenza del Tribunale superiore. Poiché i con
cessionari lamentavano la lesione di un diritto soggettivo (con testando l'esistenza in capo all'amministrazione del potere di
pretendere le somme), la giurisdizione non appartiene al Tribu
nale superiore, bensì interamente al tribunale regionale, giudice ordinario che, non potendo annullare il decreto ministeriale, se
illegittimo, dovrà disapplicarlo. 1.2. - Violazione dell'art. 143, 2° comma, c.p.c. e dei princi
pi in tema di ammissibilità dei ricorsi (art. 360, n. 1, c.p.c.). Operando la scissione di cui sopra, il Tribunale superiore ha
ritenuto ammissibile l'impugnazione di un provvedimento gene rale ed astratto, insuscettibile di ledere l'interesse protetto. Pe
raltro, a considerare immediatamente lesivo il decreto ministe
riale, il ricorso sarebbe irricevibile perché intempestivo. 1.3. - Violazione dell'art. 17 1. 23 agosto 1988 n. 400 (art.
360, n. 3, c.p.c.). L'annullamento per motivi formali del decreto ministeriale
non considera che il provvedimento non contiene alcuna dispo sizione generale ed astratta, propria dei regolamenti, e non è
diretta a disciplinare alcuna delle materie indicate dall'art. 17
1. 400/88, ma attribuisce all'amministrazione il potere di deter minare i canoni di concessione, dopo aver fissato i criteri.
2. - Il ricorso deve essere accolto.
2.1. - Si legge nella sentenza impugnata che le richieste di
differenze dei canoni e dei sovracanoni non costituiscono prov vedimenti amministrativi, ma atti paritetici, solo soggettivamente
amministrativi, non diversi dalla richiesta di un privato, il quale assuma di essere creditore di una certa somma. La cognizione della causa concernente le suddette richieste appartiene al tribu
nale regionale delle acque, ai sensi dell'art. 140 t.u. n. 1775
del 1933. Ma rispetto alla domanda di accertamento negativo
dell'obbligazione di conguaglio del canone o dei sovracanoni — continua la sentenza — è pregiudiziale la decisione relativa
alla domanda di annullamento del d.m. 20 luglio 1990. Il sud
detto decreto è illegittimo e va annullato, perché non contiene
la menzione del parere del Consiglio di Stato e della comunica
zione del presidente del consiglio dei ministri. In sintesi, il Tribunale superiore delle acque scinde la cogni
zione della controversia: individuata la competenza del tribuna
le regionale sul fondamento del petitum sostanziale (la sussi
stenza o no del debito concernente i richiesti aumenti di cano
ne), a se medesimo attribuisce la competenza a giudicare, ex
art. 143 t.u. n. 1175 del 1933, in ordine all'impugnativa del
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PARTE PRIMA
provvedimento presupposto, vale a dire circa la legittimità del
d.m. 20 luglio 1990, considerata come questione pregiudiziale. In altre parole, il Tribunale superiore ritiene che le parti abbia
no proposto non una, ma due domande, delle quali la prima, concernente l'accertamento negativo circa la sussistenza del de
bito, appartiene alla competenza del tribunale regionale, mentre
la seconda, relativa all'annullamento del decreto ministeriale,
appartiene alla competenza del Tribunale superiore: poiché que st'ultima causa è pregiudiziale alla prima, afferma che essa va
da decisa nel merito da esso Tribunale superiore, con carattere
prioritario e con contestuale rimessione dell'altra causa al giudi ce competente (tribunale regionale).
2.2. - Il Tribunale superiore segue un certo orientamento del
la Suprema corte, secondo cui l'illegittimità di un atto ammini
strativo presupposto può, di regola, essere fatta valere sia in
via autonoma, mediante impugnativa principaliter davanti al giu dice amministrativo, e sia in via incidentale, sollecitandone la
disapplicazione da parte del giudice ordinario nella controversia
sui diritti soggettivi pregiudicati da atti o provvedimenti conse
guenziali. I due rimedi, cioè, possono in astratto concorrere, ovviamente con le limitazioni derivanti dalla pregiudizialità del
processo amministrativo e della formazione del giudicato am
ministrativo sull'atto a contenuto generale. Si assume pertanto, che la questione va risolta attraverso la separazione delle do
mande, attribuendo alla cognizione del Tribunale superiore quella concernente la legittimità del decreto ministeriale impugnato, che stabilisce i criteri in via generale ed astratta e che, non es
sendo direttamente lesivo delle situazioni soggettive dei privati, va impugnato in relazione ai provvedimenti che lo applicano, nei termini stabiliti per questi ultimi (Cass., sez. un., 8 novem
bre 1994, n. 10124, Foro it., Rep. 1994, voce Acque pubbliche, n. 92).
2.3. - Il ragionamento presta il fianco alla critica: e la scissio
ne della domanda e la determinazione del termine per impugna re il provvedimento generale ed astratto appaiono opinabili. Sul
piano logico-giuridico, non persuade la suddivisione in due istanze
di una domanda sostanzialmente unica, essendo unico il bene
della vita dedotto in giudizio che forma oggetto del petitum immediato, consistente nell'accertamento negativo della insussi stenza dell'avversa pretesa; sul piano strettamente positivo, con
trasta con la disciplina dell'accertamento incidentale l'aver con
siderato come autonoma la domanda inerente al petitum media
to, raffigurato dall'accertamento della illegittimità del
provvedimento ministeriale.
La legittimità del decreto ministeriale, invero, raffigura l'an
tecedente logico, necessario all'esame dell'oggetto della doman
da e alla conseguente decisione su di essa. Ma la questione non assume il rilievo di causa pregiudiziale, da trattare e risolvere al di fuori dell'orbita del processo in una causa separata e con l'autorità di cosa giudicata. La questione, infatti, non è desti
nata a proiettare le conseguenze giuridiche oltre il rapporto con troverso su altri rapporti e rispetto ad altri soggetti, al di fuori della causa, con la formazione della cosa giudicata a tutela di un interesse trascendente quello relativo alla soluzione della con
troversia, nel cui ambito la questione stessa viene sollevata. Per la verità, non essendo richiesto dalla legge (né in concreto dalle
parti), un accertamento pregiudiziale con efficacia di giudicato, la cognizione circa la illegittimità del decreto ministeriale con effetti limitati al giudizio in corso si risolve in un accertamento incidentale su un atto, eventualmente suscettibile di disapplica zione da parte dell'unico giudice competente.
Posto che la necessità di decidere con efficacia di giudicato circa la legittimità del decreto ministeriale non nasce dalla leg ge, né da una esplicita domanda di parte, l'accertamento non
può considerarsi alla stregua di una domanda pregiudiziale. Per
tanto, non è corretto il ragionamento, che attribuisce valenza di autonoma domanda — agli effetti della competenza e della
pronunzia sul merito — all'istanza di accertamento meramente incidentale circa l'illegittimità del decreto ministeriale che, co me atto suscettibile di disapplicazione da parte dell'unico giudi ce competente (il tribunale regionale), non esula dalla cognizio ne di quest'ultimo.
2.4. - Altra affermazione non condivisibile è l'ammissibilità della domanda di annullamento del d.m. 20 luglio 1990 dopo la scadenza del termine. L'asserto contrasta con il principio che
preclude alla parte, per difetto di un interesse concreto ed at
tuale, la possibilità di impugnare un atto con un contenuto nor
Ii Foro Italiano — 1998.
mativo, cioè astratto e generale, proprio perché esso non è ido
neo ad incidere in modo diretto ed immediato su singole posi zioni soggettive.
Né vale obiettare che l'interesse alla sua applicazione nasce
soltanto con l'atto applicativo, ossia quando l'amministrazione, sulla base del decreto, formula una pretesa patrimoniale. È age vole replicare, infatti, che il provvedimento applicativo, appun to perché traduce l'astrattezza dell'atto normativo in una con
creta lesione, incidente su una singola posizione soggettiva, fa
sorgere in capo alla parte l'interesse ad impugnare l'atto appli
cativo, ma non già, ora per allora, l'atto presupposto il quale, se aveva contenuto normativo, non muta natura e rimane tale.
Del resto, se fosse vero che basta attendere l'atto applicativo
per far sorgere retroattivamente l'interesse ad impugnare l'atto
presupposto a contenuto normativo, questo sarebbe perenne mente vulnerabile e così verrebbe rinnegato il principio incon
troverso della sua inoppugnabilità. 3. - Accolto il primo motivo e dichiarati assorbiti gli altri,
la corte deve cassare senza rinvio, in relazione al motivo accol
to, la sentenza impugnata (ciò significa che resta ferma la di
chiarata competenza del tribunale regionale a pronunziare sulle
domande relative agli aumenti dei canoni e dei sovracanoni).
CORTE DI CASSAZIONE; sezione lavoro; sentenza 12 settem bre 1997, n. 9063; Pres. Pontrandolfi, Est. Casciaro, P.M. De Nunzio (conci, diff.); De Lillo c. Ente Ferrovie dello Sta to. Regolamento di competenza d'ufficio.
Esecuzione forzata in genere — Opposizione agli atti esecutivi
successiva all'inizio dell'esecuzione — Dichiarazione d'incom
petenza — Regolamento d'ufficio — Ammissibilità (Cod. proc. civ., art. 44, 45, 617, 618).
Esecuzione forzata in genere — Opposizione agli atti esecutivi
successiva all'inizio dell'esecuzione — Competenza del giudi ce dell'esecuzione — Fattispecie (Cod. proc. civ., art. 27, 617, 618, 618 bis).
Nell'opposizione agli atti esecutivi proposta dopo l'inizio dell'e
secuzione, il giudice dell'esecuzione, se ritiene di essere in
competente a decidere il merito dell'opposizione, pronuncia sentenza declinatoria di competenza, a seguito della quale può essere sollevato conflitto di competenza ex art. 45 c.p.c. dal
giudice ad quem, che a sua volta si ritenga incompetente. (1)
(1) La necessità che il giudice dell'esecuzione, che si ritiene incompe tente a decidere il merito dell'opposizione (nella specie, agli atti esecuti vi), declini con sentenza la propria incompetenza, viene giustificata dal la presente decisione con l'adesione al costante orientamento della Su prema corte che attribuisce qualificazione di sentenza in senso sostanziale all'ordinanza con cui il giudice dell'esecuzione, investito di opposizione all'esecuzione, dispone che il giudizio prosegua innanzi a sé, ovvero rimette le parti dinanzi al giudice competente: e ciò perché tale provve dimento suppone l'esercizio, anche solo implicito, di una potestas deci dendi sulla competenza (in termini, v. Cass. 22 febbraio 1995, n. 1961, Foro it., Rep. 1995, voce Competenza civile, n. 173; conf. Cass. 14 maggio 1997, n. 4234, id., Mass., 385; 7 settembre 1991, n. 9436, id., Rep. 1991, voce cit., n. 184; 24 maggio 1986, n. 3499, id., 1987, I, 169; 22 gennaio 1985, n. 257, id., Rep. 1985, voce Esecuzione forzata in genere, n. 25).
Sull'ammissibilità del regolamento d'ufficio di competenza in subiec ta materia (ma con riferimento ad ipotesi di opposizione all'esecuzione) per tutte, v. Cass. 1961/95, cit., e 24 marzo 1983, n. 2073, id., Rep. 1983, voce Competenza civile, n. 244 (nella motivazione, id., 1984, I, 1654).
Per ulteriori ragguagli bibliografici si rinvia alla nota di richiami a Cass. 3499/86, cit., ed alla nota di Chiarantini a Cass., ord. 23 otto bre 1985, n. 571, id., 1986, I, 1379; in tale ultima ipotesi, però, la Suprema corte ha statuito che il provvedimento, con il quale il giudice dell'esecuzione, adito in opposizione, ritenuta la competenza per mate
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