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Tavolo Tecnico Interaziendale Anno 2012 ASL Milano 1 - RSA...

Date post: 08-Feb-2021
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1 Tavolo Tecnico Interaziendale Anno 2012 ASL Milano 1 - RSA – RSD Van Gogh I Girasoli 1888 Le Ulcere da Pressione nelle Strutture Residenziali Condivisione di un percorso clinico-assistenziale A cura di UOC Accreditamento e Controlli Strutture Socio Sanitarie
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    Tavolo Tecnico Interaziendale Anno 2012

    ASL Milano 1 - RSA – RSD

    Van Gogh I Girasoli 1888

    Le Ulcere da Pressione

    nelle Strutture Residenziali

    Condivisione di un percorso clinico-assistenziale

    A cura di UOC Accreditamento e Controlli Strutture Socio Sanitarie

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    Presentazione

    Il documento è il frutto della collaborazione, ormai consolidata, tra i Gestori di RSA/RSD e l’ASL Milano 1.

    Il lavoro comune, tra professionisti della materia, trae origine dalla necessità di istituire momenti di confronto in merito al comportamento clinico - assistenziale adottato nelle RSA/RSD del territorio. La metodologia di approfondimento utilizzata è quella del gruppo di lavoro, intra o interdisciplinare, denominato per semplicità “Tavolo Tecnico Interaziendale ASL-RSA/RSD”.

    Nel corso di questi anni sono stati affrontati diversi temi: gli aspetti contenutistici del Piano Assistenziale Individuale, le attese che hanno gli ospiti e i loro familiari nei confronti dei servizi offerti dalle RSA, la promozione della figura dell’Amministratore di Sostegno, il Consenso Informato all’atto medico, la valutazione dello stato nutrizionale dell’anziano e la valutazione della disfagia, la gestione dei disturbi comportamentali associati a quadri di demenza, la valutazione e la gestione del dolore.

    Tutti gli argomenti sono stati oggetto di redazione di documenti o di eventi pubblici formativi.

    Nei primi mesi del 2012 il gruppo di lavoro interaziendale ASL-RSA/RSD ha dato mandato a un nucleo ristretto di colleghi di redigere un documento che tracciasse gli elementi salienti della gestione delle ulcere da pressione nelle strutture residenziali, indicando anche i possibili approcci clinici-terapeutici ed assistenziali.

    Come per tutti i documenti elaborati dai gruppi di lavoro ASL Milano 1-RSA/RSD non si ha la pretesa di esaurire in toto l’argomento oggetto della trattazione, né si ha la presunzione di redigere linee guida sostituendosi agli organismi scientifici preposti, ma ci si pone l’obiettivo di condividere atteggiamenti, buone prassi e comportamenti presenti nelle nostre realtà territoriali.

    Dott. Giorgio Scivoletto

    Direttore Generale ASL Milano 1

    Il documento è reperibile sul sito:

    http://struttureassi.aslmi1.mi.it/

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    Sommario

    Premessa...............................................................................................................................................4 Eziopatogenesi .....................................................................................................................................6 I fattori di rischio..................................................................................................................................7 La prevenzione delle ulcere da pressione ..........................................................................................12 L’approccio terapeutico .....................................................................................................................24 La terapia nutrizionale .......................................................................................................................49 Complicanze infettive delle lesioni cutanee croniche........................................................................50 Superfici antidecubito: caratteristiche, classificazione e orientamenti per la scelta ..........................54 La gestione del dolore ........................................................................................................................63 Programmi di formazione e miglioramento della qualità dell’assistenza..........................................70 I costi dell’assistenza .........................................................................................................................72 Bibliografia e sitografia .....................................................................................................................74 Allegato 1. Le Scale di Valutazione delle Ulcere da Pressione .........................................................77 Allegato 2. Strumenti e Parametri di Valutazione dello stato Nutrizionale.......................................87 Allegato 3. Superfici e Ausili Antidecubito: Categorie - Schede Tecniche – Tabelle riepilogative .92 Allegato 4. Schede di trattamento delle Ulcere da Pressione ..........................................................109 Allegato 5. Caratteristiche, indicazioni e controindicazioni dei principali prodotti di medicazione..........................................................................................................................................................114 Allegato 6. Immagini .......................................................................................................................116

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    Premessa

    L’ulcera cutanea da pressione è una lesione tessutale, ad evoluzione necrotica, che interessa la cute, il derma e gli strati sottocutanei, fino a raggiungere, nei casi più gravi, la muscolatura, le ossa e le articolazioni sottostanti (1).

    Le ulcere da pressione rappresentano una condizione molto frequente, ma potenzialmente prevenibile in popolazioni ad alto rischio, quale quella anziana e quella dei soggetti con compromissione dell'autonomia funzionale, che può andare dall'ipomobilità sino all'allettamento completo. Tali lesioni rappresentano una delle più gravi complicanze che possano colpire il paziente anziano; la loro comparsa può rallentare il recupero funzionale e comportare complicanze cliniche gravi, nonché determinare comparsa di dolore e prolungare la degenza ospedaliera, con tempi di ricovero maggiori di 5-6 volte rispetto alle persone prive di lesioni. La loro presenza è inoltre riconosciuta come fattore prognostico sfavorevole, che si associa ad un aumento di circa il quadruplo, della morbilità e della mortalità. I pazienti che sviluppano un’ulcera da pressione, hanno una probabilità di ammissione in RSA, tre volte maggiore rispetto a coloro che non presentano tale problematica (2) (3). L’incidenza e la prevalenza crescenti delle ulcere cutanee da pressione sono dovute a diversi fattori:

    • invecchiamento della popolazione; • elevato numero di persone affette da malattie cronico-degenerative; • aumento della sopravvivenza ad eventi acuti, che esitano in situazioni cliniche invalidanti(4).

    Negli USA si stima che le lesioni da decubito colpiscano circa 1,5-3 milioni di persone, nel 70% dei casi con età superiore ai 70 anni, comportando una spesa sanitaria annua di circa 5 miliardi di dollari. La stima delle ulcere da pressione, varia in relazione al setting assistenziale. Negli ospedali infatti, i valori oscillano tra lo 0,4% e il 38%, nelle RSA dal 2,2% al 23,9% e nell’assistenza domiciliare dallo 0 al 17%. Altri autori stimano la prevalenza delle lesioni in RSA, in valori compresi tra l’11% e il 30%. In Italia, si stimano, in ambito ospedaliero, prevalenze che oscillano dall’8,6% al 13% sino al 26,6%, in relazione allo stato di compromissione dei pazienti. Un altro studio, condotto in 15 RSA italiane, evidenzia una prevalenza complessiva di lesioni, pari al 6,9% con il 67% ad insorgenza durante il soggiorno in RSA e l’11% durante un ricovero temporaneo in ospedale (3).

    Ad oggi non vi è una cura definitiva, né si è raggiunta uniformità nei comportamenti terapeutici ed assistenziali, malgrado i numerosi studi condotti sull’argomento, nonostante le varie figure professionali coinvolte e l'elevato numero e tipo di ausili e presidi impiegati, compresi quelli tecnologicamente più avanzati. L’unico dato certo è che un’adeguata prevenzione svolge un ruolo determinante nel limitare la comparsa e/o la progressione delle lesioni. La consapevolezza che prevalenza ed incidenza di tale problematica, direttamente correlata all'elevata spesa sanitaria, siano indicatori negativi della qualità della vita e dell'assistenza sanitaria erogata, rende necessaria una gestione globale del fenomeno che preveda politiche di prevenzione, diagnosi e cura sempre più efficaci ed appropriate, così come lo sviluppo di adeguati sistemi di controllo. Prevenzione e cura delle ulcere cutanee da pressione, richiedono lo sviluppo di una cultura professionale, che orienti l’operatore nella scelta e nell’utilizzo di metodi e strumenti adeguati, in grado di garantire standard assistenziali in linea con le evidenze scientifiche disponibili.

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    Le Linee Guida esistenti in letteratura (5), forniscono raccomandazioni basate sulle prove di efficacia per la prevenzione ed il trattamento delle ulcere cutanee da pressione, che possano essere utilizzate dal personale sanitario e assistenziale. Le Linee Guida si prefiggono i seguenti obiettivi:

    • migliorare la qualità di vita dei pazienti; • fornire una guida per la prevenzione ed il trattamento delle ulcere cutanee da pressione, allo scopo di uniformare i comportamenti assistenziali e terapeutici; • fornire una guida per la gestione dei pazienti, che costituisca uno strumento formativo/operativo, tale da accrescere la professionalità degli operatori e qualificare il servizio offerto; • ottimizzare l’intervento sanitario; • ottimizzare l’investimento delle risorse per la fornitura dei dispositivi medici e dei farmaci; • diminuire l’incidenza delle ulcere cutanee da pressione, privilegiando l’aspetto della prevenzione; • indicare un approccio razionale alla patologia, che valuti il soggetto nella sua globalità; • adottare strumenti di identificazione dei soggetti a rischio; • definire i cardini del comportamento preventivo; • correggere comportamenti terapeutici ed assistenziali inappropriati (5).

    Per garantire la continuità e l’appropriatezza delle cure, si sottolinea l’importanza dell’utilizzo di strumenti specifici e condivisi a garanzia di una corretta, puntuale ed uniforme documentazione delle rilevazioni e degli interventi assistenziali. Gli interventi necessari per la prevenzione ed il trattamento delle ulcere cutanee da pressione, presuppongono un approccio multidisciplinare improntato all’uniformità delle conoscenze, al fine di produrre sistematici miglioramenti nell’assistenza.

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    Eziopatogenesi

    Le modificazioni della cute e del sottocute, conseguenti al processo di invecchiamento, rappresentano condizioni favorenti la comparsa delle ulcere da pressione. Per invecchiamento si intende la perdita di strutture e funzioni dell’organismo, con conseguente declino della capacità di un organismo, di mantenere l’omeostasi in condizioni di stress. La cute rappresenta pertanto la spia dell’età di una persona e, dal punto di vista microscopico, va incontro a modificazioni che coinvolgono tutti i suoi componenti. Il mantello idrolipidico acido che ricopre la superficie cutanea, è costituito dallo strato corneo, dal sebo e dal sudore, le cui funzioni sono rappresentate dal mantenimento dell’idratazione, dell’azione batteriostatica e fungicida. Con l’avanzare dell’età questa barriera naturale perde di efficacia.

    Figura 1: L’epidermide

    L’epidermide si assottiglia, la giunzione dermo-epidermica risulta appiattita. Ciò comporta una diminuita resistenza alle forze, che tendono a separare l’epidermide dal derma. Anche il derma si assottiglia con l’età. Le alterazioni più evidenti sono rappresentate dalla diminuzione del contenuto totale in collagene e dalla progressiva degradazione delle fibre elastiche. La cute diventa pertanto meno estensibile. Nella cute dell’anziano, le anse vascolari del derma papillare si riducono del 37-40%. La diminuzione della densità capillare, è la principale causa dell’atrofia cutanea e del pallore che si osservano nell’anziano, ma l’effetto più importante causato dalla restrizione del letto vascolare, è rappresentato da un deficit funzionale che si estrinseca in una ritardata risposta ai vari stimoli e in una ridotta capacità di termoregolazione. Infine occorre ricordare che la cute ha anche una funzione di tipo immunitario (Skin Associated Lymphoid Tissue-SALT) e che l’invecchiamento comporta una riduzione di tale funzione, principalmente attraverso una riduzione della densità delle cellule di Langherans, la cui funzione consiste nella presentazione dell’antigene e nell’attivazione dei linfociti T (Fig. 2) (2).

    Figura 2 Cute del giovane e cute dell’anziano a confronto

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    I fattori di rischio I fattori di rischio, che concorrono a determinare una lesione da pressione sono di tre tipologie: 1. Fattori locali

    - pressione; - forza di stiramento; - attrito/frizione/sfregamento; - aumento della temperatura locale; - macerazione/umidità.

    2. Fattori generali - età avanzata; - patologie che comportano l’accentuazione delle condizioni ischemiche e/o dell’ipossia locale, quali arteriopatie, broncopatie, cardiopatie, anemia, ipotensione, diabete, iperpiressia; - patologie che implicano un rallentamento dei processi rigenerativi tissutali, quali malnutrizione, ipoalbuminemia, neoplasie, infezioni; - patologie che riducono la percezione del dolore, quali neuropatia diabetica, emi-paraplegie, ictus, sedazione, demenze, stato comatoso; - incontinenza urinaria e/o fecale.

    3. Fattori ambientali - umidità; - temperatura; - irradiazione. 1. Fattori di rischio locali

    • Pressione La prolungata pressione è la causa principale di una lesione, che si verifica quando la forza di compressione, applicata per un tempo sufficientemente lungo, è maggiore della pressione del sangue nel distretto arteriolo-capillare, con conseguente ischemia tessutale. La pressione media arteriolare è pari a 32 mmHg e quella venulare di 12 mmHg; si ritiene che una pressione superiore a 32 mmHg sia causa di ischemia (Fig.3). In realtà tali dati hanno un valore solo teorico, per diversi motivi. Innanzitutto un paziente anziano, in condizioni generali compromesse ed ipoteso, ha spesso una pressione arteriolare cutanea inferiore a 32 mmHg. Inoltre la pressione varia nell'arco della giornata e generalmente è ancora inferiore di notte; in un paziente supino, la pressione arteriolare della cute è in media di 13 mmHg; se il paziente viene ruotato di 90°, può salire a 70 mmHg ma quella trocanterica scende a 9 mmHg. Si ritiene pertanto difficile effettuare un calcolo della pressione minima, al di sotto della quale si instaura una lesione.

    Figura 3

    Certamente le alterazioni cutanee legate all'invecchiamento, rendono la cute senile strutturalmente più predisposta alla lesione da compressione. In secondo luogo è essenziale la reazione pressione/tempo: in condizioni normali,

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    una persona giovane distesa a letto, esercita sui punti d’appoggio una pressione che varia dai 120 ai 180 mm Hg. L’acidosi lattica su base ischemica che si determina, per il protrarsi di compressioni locali, stimola le terminazioni nervose provocando, anche nel sonno, un’automatica modifica delle posture assunte che, mediamente, avviene ogni 11 minuti, giungendo sino a 50 movimenti per notte, con conseguente decompressione dei punti di appoggio. L’età e la comparsa di patologie che comportano un’alterazione dello stato di coscienza, o di ridotta sensibilità locale, determinano il deterioramento di tale meccanismo e la diminuzione del numero di movimenti per notte. Si pensa che al di sotto dei 20 movimenti per notte, l'anziano abbia il 90% di probabilità di sviluppare una lesione. Gli studi evidenziano come sia assai meno dannosa, una pressione anche intensa esercitata per breve tempo, che una pressione più modesta esercitata per un tempo prolungato; anche per il rapporto pressione/tempo non vi sono riferimenti sicuri, sebbene si continui a fare riferimento alle osservazioni cliniche di Munro, per cui la superficie cutanea non può sopportare il peso del corpo per più di 2 ore. • Forza di stiramento

    Forza esercitata parallelamente al piano di appoggio, determinata dallo slittamento dei segmenti corporei da una posizione ad un’altra, se non sorretti adeguatamente. Si produce in tal caso, una trazione dei tessuti molli superficiali, ancorati dalle fasce muscolari profonde, con effetto di stiramento, possibile angolazione, microtrombosi, ostruzione e recisione dei piccoli vasi, ipossia e conseguente necrosi tessutale profonda. Diversi autori, hanno rilevato come le forze di scivolamento che si producono in soggetti anziani allettati o costretti su sedia a rotelle, siano almeno tre volte superiori a quelle che si possono riscontrare in soggetti più giovani. Le forze di stiramento agiscono parallelamente al piano interessato e sono più intense a livello sacrale nella posizione semiseduta e nella posizione di Fowler. In tal modo il corpo tende a scivolare in avanti e in basso, la pelle tende ad aderire alla superficie del letto, provocando zone di stiramento dei tessuti superficiali su quelli profondi. Tali forze intervengono unitamente alla compressione e riducono in maniera significativa i valori pressori, necessari per determinare il danno tessutale (Fig. 4).

    Figura 4 Rappresentazione delle forze che agiscono nella genesi delle ulcere da pressione

    • Attrito/frizione/sfregamento E' la forza esercitata tra due superfici a contatto che si muovono l’una contro l’altra (lenzuolo o biancheria e superficie corporea); l’asportazione degli strati superficiali, rende l’epidermide

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    più suscettibile agli eventi lesivi. Anche l'aumentata perdita transdermica di acqua, con l’accumulo di liquidi in superficie, comporta una diminuzione della resistenza della cute ai traumi. I fenomeni di attrito e stiramento si verificano anche quando la persona, in modo autonomo, scivola sul letto o sulla sedia, o quando si sposta sul letto spingendosi con gomiti e talloni. Anche la spasticità espone maggiormente ai danni causati dalla frizione (fig. 4). • Aumento della temperatura locale

    L'aumento della temperatura locale, prodotta dagli effetti letterecci, amplifica i danni da ischemia. Può indurre anche sudorazione, con possibile conseguente macerazione cutanea. • Macerazione/umidità

    L'eccessiva umidità può essere determinata dalla permanenza di liquidi biologici sulla cute, che generalmente si verifica a seguito dell’incontinenza urinaria e/o fecale, ma può essere favorita anche da sudorazione profusa. Rappresenta una delle cause più frequenti di danneggiamento della cute stessa, aumentando di circa sei volte il rischio di comparsa di lesioni, in quanto tali sostanze modificano il pH cutaneo rendendo la cute vulnerabile agli insulti meccanici, fisici e biologici. La totalità di tali fattori, concorre in vario modo alla genesi delle ulcere da pressione. Nelle aree a rischio di lesione, non solo la cute, ma anche i piani sottocutanei sono compressi. La lesione ischemica, in realtà, non inizia dalla cute ma dai piani sottocutanei. Tra le varie strutture sottoposte a compressione, quella più sensibile all'ischemia è il muscolo; l'ischemia comporta un danno endoteliale, con conseguente edema interstiziale, autolisi, necrosi cellulare ed accumulo di metaboliti tossici e acidosi tessutale. La cute è molto resistente all’ischemia, sia perché le cellule hanno minor fabbisogno di O2, sia per una maggior ricchezza di anastomosi arteriolari, sia per un sviluppato sistema di autoregolazione dell'apparato vascolare cutaneo. La necrosi visibile, cioè quella cutanea, rappresenta pertanto la “punta dell’iceberg” di una lesione molto più vasta: il danno ha uno sviluppo a cono, che si realizza dapprima negli strati profondi (muscolo, sottocute, derma, epidermide); la necrosi del sottocute è sempre più ampia di quella cutanea, e ciò è dovuto alla diversa resistenza all’ischemia dei tessuti coinvolti (Fig. 5).

    Figura 5 Necrosi a punta d'iceberg

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    Fattori di rischio generali

    • Età avanzata L’invecchiamento determina diverse modificazioni delle caratteristiche cutanee quali: - diminuzione della produzione di sebo e sudore, con facilità alla secchezza; - diminuzione dell’elasticità cutanea; - diminuzione del pannicolo sottocutaneo; - diminuzione della massa muscolare; - diminuzione della percezione sensoriale e dei riflessi nocicettivi; - cambiamenti cardiovascolari che causano una riduzione della perfusione tessutale; - diminuzione della risposta immunitaria. • Riduzione della mobilità

    Ogni malattia o condizione che riduca nel paziente l'abilità a muoversi liberamente, aggrava il rischio di insorgenza di ulcere da pressione. La riduzione e/o l’assenza di mobilità può essere determinata dalle seguenti cause:

    o cause neurologiche sensoriali e motorie quali esiti di ictus, demenze in stadio avanzato, Morbo di Parkinson, paresi con associata atrofia muscolare e dimagramento;

    o cause non neurologiche come la sedazione, presenza di apparecchi gessati, esiti di fratture ossee, interventi chirurgici, malattie neoplastiche.

    • Ipoalbuminemia

    In pazienti anziani con ipoalbuminemia (

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    L’utilizzo di sedativi, ipnotici, miorilassanti, citotossici, l’uso non corretto di materiali sanitari, quali soluzioni sgrassanti o irritanti, le frizioni ed i massaggi con sostanze alcooliche in zone compromesse, favoriscono l’insorgenza di ulcere da pressione. 2. Fattori di rischio ambientali

    Tra i fattori di rischio ambientali si individuano: • tasso di umidità inferiore al 40%; • temperatura inferiore ai 18°C, che provoca ipotermia circolatoria tessutale; • surriscaldamento ambientale, che può portare a sudorazione profusa e conseguente disidratazione; • irradiazione, che avviene per emissione di radiazioni dannose per la cute. Tutti questi fattori possono esporre la cute a disidratazione e conseguente riduzione di elasticità ed integrità, predisponendola al rischio di insorgenza di lesioni cutanee (2)(6).

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    La prevenzione delle ulcere da pressione

    La prevenzione delle ulcere da pressione è attuata mediante l’identificazione dei soggetti a rischio (3), la valutazione dello stato nutrizionale, la cura della cute, la mobilizzazione. Le ulcere da pressione insorgono e progrediscono rapidamente, guariscono con difficoltà e, nella maggior parte dei casi si possono evitare, con un' accurata applicazione di misure preventive, finalizzate a mantenere la cute integra. Dal 2008 gli ospedali pubblici americani, non vengono più rimborsati per le spese dovute a diagnostica e trattamento delle ulcere da pressione insorte in ospedale, perché ragionevolmente prevenibili attraverso l’uso dei moderni mezzi di prevenzione (7). Si ritiene che le lesioni evitabili, insorgano quando l’equipe assistenziale non segue una o più delle seguenti raccomandazioni:

    • iniziale e periodica valutazione delle condizioni cliniche individuali e dei fattori di rischio del paziente;

    • definizione e messa in atto degli interventi conseguenti alle necessità individuali; • rivalutazione e monitoraggio dell’efficacia degli interventi e revisione degli stessi in

    maniera appropriata. In alcuni casi tuttavia, nonostante la corretta applicazione delle misure preventive, non è possibile evitare l'insorgenza di lesioni, in particolar modo nei pazienti affetti da elevata instabilità emodinamica o patologie terminali, nei portatori di dispositivi inamovibili, che possano determinare pressione sulla cute, quali apparecchi gessati e maschere per la ventilazione, o in quelli che non aderiscono al protocollo di movimentazione, o di nutrizione artificiale. La prevenzione delle ulcere da pressione, finalizzata a modificare i fattori che concorrono alla loro insorgenza e sviluppo, consiste nell'identificazione dei soggetti a rischio e nella preparazione e messa in atto di un piano/protocollo personalizzato. Sia la valutazione, che la messa in atto degli interventi correttivi, sono azioni da stabilire ed effettuare in completa sinergia da parte dell'equipe assistenziale; nessun intervento preventivo risulterà efficace, se non sarà integrato con gli altri.

    1. Identificazione dei soggetti a rischio Come citato, i soggetti a rischio sono coloro che, per la presenza di fattori locali e/o sistemici hanno più probabilità di sviluppare un’ulcera da pressione rispetto agli altri pazienti (8). In particolare sono ritenuti a rischio, i pazienti che hanno sviluppato in passato un’ulcera da pressione, e tutti quelli la cui mobilità è ridotta o assente, anche senza la presenza di altri fattori (9). All’atto della presa in carico del paziente, ai fini di una prevenzione efficace, è indispensabile valutare il rischio di insorgenza di lesioni e mettere in atto, entro 12 ore, le misure di prevenzione stabilite. Tutte le linee guida concordano nell'affermare che la valutazione del rischio di sviluppare un’ulcera da pressione, si determini con l'integrazione fra il giudizio clinico e i risultati ottenuti da un affidabile e validato strumento di valutazione, e che ogni azione debba essere documentata e messa a disposizione dell'èquipe di cura (10) (4) (11) (12) (8). Il giudizio clinico comprende la raccolta dell'anamnesi, la valutazione dello stato di nutrizione e di idratazione, l'esame obiettivo generale ed una accurata valutazione di tutta la cute, con particolare attenzione alle sporgenze ossee e a lesioni eventualmente presenti, al fine di ottenere una valutazione completa e obiettiva. Il giudizio clinico, può modificare il livello di rischio identificato dalla somministrazione delle scale di valutazione.

  • 13

    L'esame quotidiano della cute è di fondamentale importanza, sia nella valutazione iniziale, che nel monitoraggio dell'efficacia delle misure intraprese. La rivalutazione del rischio, deve essere ripetuta con una frequenza stabilita in base alla valutazione iniziale ed alla gravità del quadro clinico del paziente, ad ogni modifica delle condizioni cliniche (riammissione dopo ricovero ospedaliero, allettamento protratto, malattie intercorrenti) e nei casi in cui intervengano modifiche dei parametri oggetto di valutazione, anche se relative ad un singolo dato, come la comparsa di incontinenza sfinterica e le variazioni dello stato di coscienza (5) (9). L'identificazione del rischio di lesioni, deve portare alla preparazione di un protocollo di prevenzione personalizzato, in cui siano esplicitate le misure di correzione da mettere in atto, le tempistiche di applicazione ed il monitoraggio dei risultati (8). Per la valutazione delle persone a rischio, si ritiene che lo strumento ideale debba essere affidabile, valido, sensibile e specifico: una scala di valutazione poco sensibile, porterà a sottostimare il rischio di sviluppare lesioni, una poco specifica a sovrastimarlo. La letteratura fornisce differenti strumenti di valutazione del rischio quali Norton, Waterlow, Knoll, Gosnell, Andersen, Reed, Norton Plus, Braden, Medley, Exton Smith, ma c'è ampio consenso nel ritenere che la Scala di Braden, il cui uso è consigliato dalle Linee Guida internazionali AHRQ e dall’European Pressure Ulcer Advisory Panel (EPUAP), sia la più completa e riproducibile, perché possiede la migliore capacità predittiva (13). Si differenzia dalle altre scale di valutazione, perché considera le forze di stiramento e di trazione, permette di discriminare i pazienti con alterazione della percezione sensoriale, intesa come disagio legato alla compressione, e valuta la quantità di alimentazione del paziente, anche in relazione alla nutrizione artificiale. Per ciascun indicatore è attribuito un punteggio da 1 a 4, in maniera inversamente proporzionale rispetto alla gravità del deficit indagato; la somma ottenuta, consente una stratificazione della gravità. La Scala di Braden si basa su parametri osservabili e oggettivi, e valuta i seguenti aspetti: la percezione sensoriale, l’umidità cutanea, la possibilità di movimento e di attività fisica, la nutrizione, la presenza di frizione e scivolamento. Limite della Scala di Braden, alla presa in carico del paziente, è la rilevazione di tipo anamnestico, per quanto concerne l’alimentazione ed il grado di umidità cutanea, che vanno rivalutati in maniera osservazionale dopo 12-24 ore. Considerata la quantità di variabili individuali, che possono determinare il rischio di lesioni, non è effettuabile un programma d’interventi che non sia a misura del singolo paziente. Nella tabella 1 si riportano le misure di prevenzione consigliate, in relazione alla classe di rischio di sviluppare ulcere a pressione. Tabella 1 Riepilogo delle misure di prevenzione in base alla classe di rischio

    Rischio BASSO Rischio MEDIO Rischio ALTO Educazione sanitaria del paziente e/o

    familiari Educazione sanitaria del paziente e/o

    familiari Educazione sanitaria del paziente e/o

    familiari Cure igieniche e protezione della cute Cure igieniche e protezione della cute Cure igieniche e protezione della cute Valutazione e sostegno nutrizionale Valutazione e sostegno nutrizionale Valutazione e sostegno nutrizionale

    Monitoraggio per l’individuazione precoce

    Presidi antidecubito a bassa tecnologia e mobilizzazione passiva

    Presidi antidecubito (letto a pressione alternata o a cessione d’aria) e

    mobilizzazione passiva

    2. Valutazione dello stato nutrizionale Pur essendo una problematica ritrovabile in ogni fascia di età, sia la malnutrizione che il rischio di sviluppare ulcere da pressione, sono molto più frequenti nei pazienti anziani, pertanto si farà particolare riferimento ad essi. Nella tabella 2 è riportato il fabbisogno calorico rapportato all’età.

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    Tabella 2 Fabbisogno calorico in base all'età

    Soggetto Fabbisogno calorico giornaliero K/cal die

    Uomo 60-74 anni 1900-2250

    Uomo >=75 anni 1700-1950

    Donna 60-74 anni 1600-1900

    Donna > = 75anni 1500-1750

    Relativamente alla persona anziana, si ritiene che debba assumere almeno 25-30 Kcal per chilo di peso ideale, per evitare deficit di nutrienti specifici. Nella tabella 3, è indicato il fabbisogno calorico dell’anziano, in relazione all’attività fisica svolta. Tabella 3 Fabbisogno calorico dell'anziano in base all'attività fisica

    (14)

    KCAL/DIE ATTIVITA' E SESSO

    2000 Uomo con attività fisica moderata

    1700 Donna con attività fisica moderata o uomo con scarsa attività

    1500 Uomo allettato o donna con scarsa attività

    1300 Donna allettata

    Si definisce malnutrizione, uno stato di alterazione funzionale strutturale e di sviluppo dell'organismo, conseguente alla discrepanza fra i fabbisogni nutrizionali specifici e l'introito, o utilizzazione dei nutrienti essenziali e di calorie (10) (15). Il mantenimento o il recupero di uno stato di nutrizione ed idratazione ottimale, è un aspetto fondamentale della prevenzione delle lesioni da decubito; l'assunzione adeguata di calorie, proteine, vitamine e minerali, e un buono stato di idratazione, sono essenziali per mantenere l'integrità tissutale e prevenire le lesioni della cute. Uno stato di malnutrizione e/o di disidratazione, con perdita di peso non intenzionale, sia per ridotta assunzione di cibo e bevande, che per ipercatabolismo, è un noto fattore di rischio. Anche uno stato di malnutrizione in eccesso, con obesità, è un fattore predisponente sia per un aggravio delle pressioni, che per un aumento della macerazione e dell'umidità tissutale (16). Alla presa in carico del soggetto, è necessario effettuare una valutazione dello stato di nutrizione e monitorarlo periodicamente, per valutare le modifiche dello status e l'efficacia delle misure correttive applicate. La rilevazione del peso corporeo, da effettuare alla presa in carico e settimanalmente, è il modo più semplice ed immediato, per valutare se l'alimentazione è adeguata nei pazienti a rischio di malnutrizione o malnutriti. Per effettuare una valutazione accurata dello stato di nutrizione e idratazione del paziente, finalizzata ad intraprendere misure di correzione efficaci, bisogna prendere in considerazione i seguenti aspetti (17) (18) (16) (19): • l'anamnesi alimentare, per verificare un possibile calo ponderale uguale o superiore al 10% negli ultimi 6 mesi, oppure al 5% nell’ultimo mese, rispetto al peso abituale; • l’indice di massa corporea (Tab. 4), dato biometrico espresso come rapporto tra peso e altezza, è utilizzato come un indicatore dello stato di peso forma (rapporto del peso, espresso in chilogrammi e il quadrato dell'altezza, espressa in metri).

  • 15

    Tabella 4 Valori di riferimento dell'indice di massa corporea

    Sottopeso 4

    • Il riscontro di un introito alimentare insufficiente (

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    preliminare di screening, che utilizza 6 variabili e prevede un punteggio massimo di 14 punti. Il punteggio uguale o superiore a 12 (cut off), indica uno stato nutrizionale soddisfacente, per cui non è necessario proseguire il test. La seconda fase, di valutazione, consta di 12 domande e prevede un punteggio massimo di 16 punti, il risultato finale si ottiene dalla somma dei valori ottenuti nelle due sezioni. Un’altra modalità di valutazione dello stato nutrizionale, denominata Modello MUST (Malnutrition Universal Screening Tool), è proposta dalla Bapen (The British Association For Parenteral and Enteral Nutrition) e pubblicata nel 2003 (All. 2). Si usa per identificare i soggetti adulti sottonutriti, o a rischio di malnutrizione e i soggetti obesi. Tale metodologia, suggerisce interventi correttivi a seconda della gravità dei problemi. Nei pazienti sottopeso è necessario identificare e, se possibile, correggere i fattori causali; deve essere fornito un supporto calorico, corretto con un'alimentazione adeguata. Particolare importanza riveste la somministrazione e l'implementazione dell'apporto idrico, per prevenire e correggere la disidratazione. Il fabbisogno idrico quotidiano nell'anziano normale, è di almeno 30-35 ml/kg di peso, pari a 1,5 l. d’acqua, oltre a quella contenuta negli alimenti, da incrementare in caso di febbre, vomito, diarrea, etc.. Il fabbisogno proteico è pari a 0.8-1 grammo/kg (14). L'alimentazione somministrata con qualsiasi tipo di dieta, deve tener conto delle necessità del paziente, che sono diversificate da fattori quali: età, sesso, costituzione, patologia di base, presenza di febbre, etc. E’ necessario adattare i vari tipi di diete al singolo paziente, valutando l'eventuale presenza di disturbi della masticazione, iporessia, scarsa collaborazione, malattie concomitanti. Importanti sono la preparazione, la presentazione del pasto e il modo di disporre le vivande; l’appetito può essere spento da sensazioni sgradevoli, è quindi importante che gli alimenti vengano disposti nel piatto, in modo visivamente gradevole e che il cibo sia caldo ed appetibile. Si riportano di seguito, i suggerimenti per la correzione della malnutrizione e della disidratazione:

    • ricercare le cause dell'iporessia e dell'ipercatabolismo e correggere eventuali sintomi quali nausea, vomito, diarrea;

    • assistere attivamente nell'alimentazione, tutti i soggetti che risultano avere necessità di aiuto durante ogni pasto, e registrare per iscritto l'effettiva assunzione di cibo e bevande (compilazione diario alimentare);

    • modificare la consistenza degli alimenti, frullandoli, in presenza di disturbi della masticazione e usando addensanti e gelificanti, per addensare e rendere più scivolosi cibi e bevande in presenza di disfagia;

    • aumentare la quota proteico-calorica della dieta, sfruttando gli alimenti normali; in presenza di disgusto per la carne, sostituirla con altri alimenti ricchi di proteine. Aggiungere carne o prosciutto frullati, o formaggio grattugiato, o tuorlo d’uovo alla pasta, al riso, ai passati di verdura, alle salse, alla verdura;

    • aumentare la quota calorica nelle preparazioni alimentari aggiungendo olio extravergine di oliva alle minestre, ai passati di verdura, alla purea, alla pasta e al riso;

    • richiedere l'assistenza, se necessario, di un consulente nutrizionista; • usare integratori: le linee guida dell'ESPEN, definiscono gli integratori orali come prodotti a

    formulazione definita, da utilizzare come supporto nutrizionale ad integrazione dell'alimentazione comune, per fornire ai pazienti una quota aggiuntiva di nutrienti sufficiente a coprire il fabbisogno. Vi sono in commercio integratori nutrizionali in polvere, aromatizzati o non aromatizzati, che forniscono solo calorie, o solo proteine, o entrambe; si prestano bene all’integrazione di bevande e cibi a consistenza cremosa e semiliquida. Esistono anche bevande già pronte, bilanciate dal punto di vista calorico, proteico,

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    vitaminico e minerale, in varie formulazioni con percentuali caloriche e proteiche differenziate, da somministrare fra un pasto e l’altro, o frazionati nella giornata per non causare iporessia al momento del pasto.

    La scelta più idonea per migliorare lo stato di un paziente malnutrito, consiste nell'associare i cibi naturali con gli integratori (20). Nei casi più gravi, è necessario ricorrere all'infusione di fluidi per correggere la disidratazione e all'alimentazione artificiale enterale o parenterale, sia come integrazione, che come sostituzione dei pasti (21).

    3. Cura della cute E' importante, sia per il benessere del paziente, che per una corretta prevenzione delle lesioni da decubito, effettuare una gestione corretta della cute (22)(4), osservando le seguenti indicazioni:

    • ispezionare quotidianamente tutta la cute del paziente, con particolare attenzione alle prominenze ossee, annotando qualsiasi anomalia. E' necessario valutare la presenza di secchezza, fissurazioni, screpolature, edemi generalizzati o localizzati, arrossamenti. In presenza di eritema, occorre comprimere la cute arrossata per controllare che non si sia già in presenza di una lesione di Stadio I°;

    • mantenere un stato di igiene ottimale, detergendo la cute appena si sporca e ad intervalli regolari con acqua non eccessivamente calda e detergenti non irritanti, a pH debolmente acido, risciacquando accuratamente, riducendo al minimo la forza e la frizione applicate e asciugando per tamponamento;

    • mantenere una corretta idratazione; occorre prevenire il disseccamento della cute, applicando creme per il corpo ad azione idratante e nutriente. La crema va applicata ogni volta che si procede alla detersione, evitando di massaggiare le prominenze ossee. La scelta della crema è condizionata dal tipo di cute del paziente: se è normale, si applicheranno creme idratanti per il corpo, se è secca, olio o creme nutrienti;

    • ridurre al minimo i fattori ambientali, che possano causare secchezza della cute, quali scarsa umidità ambientale ed esposizione al freddo;

    • ridurre l’umidità e la macerazione della cute causate da incontinenza, scialorrea e traspirazione. Utilizzare un valido programma di presidi assorbenti, di idratazione e protezione con creme barriera, di evacuazione assistita, per evitare il contatto diretto della cute con l’urina, il sudore e gli escrementi. Prendere in considerazione l'uso di condom o catetere vescicale nei casi più gravi, evitare l'uso di indumenti intimi di tessuto sintetico e non traspiranti, utilizzare medicazioni preventive;

    • gestire le superfici di appoggio e supporto, controllando che non vi siano pieghe o corpi estranei nelle lenzuola;

    • adottare tecniche corrette di sollevamento, posizionamento, spostamento e rotazione durante le cure igieniche, per evitare l’applicazione di forze di stiramento e frizione e creare attrito tra il corpo del paziente e le superfici di contatto. E’ opportuno che le manovre siano effettuate da due operatori, avvalendosi di presidi quali teli ad alto scivolamento o di sollevatori;

    • proteggere la cute fragile, con l'applicazione di idrocolloide sottile e scaricare la pressione dalle prominenze ossee, con idrocolloide a cuscinetti.

    4. Mobilizzazione dei soggetti a rischio

    La pressione prolungata è la causa principale della formazione di ulcere da pressione. Come citato, una pressione superiore a 32 mmHg applicata alla cute per un tempo superiore alle 2 ore, provoca l’occlusione del flusso capillare ed ipoperfusione dei tessuti sottostanti. In tabella 6 sono indicate le pressioni esercitate da alcuni sistemi di supporto.

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    Tabella 6 Pressione esercitata dai sistemi di supporto standard (22)

    Sistema di supporto Pressione esercitata in mmHg Cuscino di piume 36

    Letto ad acqua 58 Materasso in schiuma di poliestere 68

    Materasso in schiuma di poliuretano 140 Materasso a molle 164 Tavolo operatorio >260

    Il danno è determinato dalle forze applicate al tessuto nel tempo, è quindi necessario, in ogni azione di prevenzione, ridurre e ridistribuire la pressione sulla cute. La modifica della postura frazionerà il carico e ridurrà la durata della compressione per una determinata area: la mobilizzazione attiva assistita o passiva, verranno effettuate ad intervalli non superiori alle 2 ore, più di frequente se richiesto dalla situazione del paziente (23). Arrossamenti cutanei, disagio e dolore legati alla postura, renderanno necessario un riposizionamento più frequente. Le condizioni cliniche, le necessità terapeutiche, lo stato di coscienza, la morfologia del soggetto e tutte le altre variabili individuali, non consentono l'attuazione di un protocollo di mobilizzazione standardizzato ed universalmente valido. E’ indispensabile una personalizzazione, perché possa essere realmente efficace. E’ necessaria, inoltre, la valutazione dei seguenti aspetti:

    • elaborazione del programma posturale e scelta degli eventuali ausili necessari, effettuata dal personale deputato all’assistenza della persona;

    • verifica della possibilità di realizzazione del programma; • condivisione da parte di tutti gli operatori; • istruzione degli operatori, sul corretto utilizzo degli eventuali ausili necessari; • corretta esecuzione dei trasferimenti posturali stabiliti; • verifica costante dell’efficacia del programma elaborato.

    Figura 6 Zone a rischio di ulcere da pressione

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    Figura 7 Zone a rischio di ulcere da pressione

    Figura 8 Zone a rischio di ulcere da pressione

    Figura 9 Zone a rischio di ulcere da pressione

    Le zone a rischio di ulcere da pressione, dipendono dalla posizione in cui è sistemato il paziente (Tab. 7).

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    Tabella 7 Posizione del paziente e aree di rischio (22)

    Posizione Area a rischio

    supino occipite -prominenze vertebrali- sacro-scapole -gomiti -talloni

    laterale orecchio –spalla -gomito -torace -ala iliaca- trocantere -condili tibiali -malleolo esterno

    prono orecchio- zigomi –clavicole- sterno- pube- creste iliache- ginocchia -dorso del piede

    seduto su sedia dorso- sacro- spine ischiatiche –gomito-poplite -pianta dei piedi- talloni

    In caso di rischio generico, senza coinvolgimento di zone cutanee specifiche, occorre movimentare la persona con la rotazione sul fianco destro, sinistro, ed in posizione supina.

    Figura 10 Posture consigliate

    Figura 11 Posture consigliate

    Si riportano in tabella 8 le posture consigliate e quelle da evitare, in relazione alle sedi delle lesioni o aree di rischio.

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    Tabella 8: Movimentazione per sede della lesione o area a rischio

    Sede della lesione o area a rischio Posture consigliate Posture da evitare

    Sacro laterale destra o sinistra a 30° supina

    Ischio laterale destra o sinistra a 30° seduta

    Trocantere Destro supina - laterale sinistra a 30° laterale destra

    Trocantere Sinistro supina – laterale destra a 30° laterale sinistra

    Tallone laterale destra o sinistra a 30° supina

    Il programma di riposizionamento personalizzato, dovrà comunque rispettare le seguenti indicazioni:

    • adottare ausili che assicurino lo scarico della pressione sulla cute, rispetto al piano d’appoggio;

    • utilizzare sempre accorgimenti per evitare frizioni o sfregamenti, nel sollevare e ruotare il paziente;

    • in posizione supina, adottare ausili in grado di assicurare che i talloni siano sempre sollevati dal piano d’appoggio;

    • utilizzare archetti alza coperte; • in posizione supina, la testata del letto non deve superare i 30° di elevazione, per evitare lo

    scivolamento. Se il paziente è posizionato seduto al letto per i pasti, bisogna mantenere la postura per il minor tempo possibile;

    • usare un cuscino, per evitare il contatto fra due sporgenze ossee, quali ginocchia e malleoli interni;

    • sistemare il paziente in posizione corretta e comoda, considerando le sue condizioni cliniche ed il comfort.

    Figura 12: Mobilizzazione al letto

    L’efficacia del programma di mobilizzazione per la prevenzione delle ulcere da pressione sul piano orizzontale, dipende anche dall’adozione di letti e materassi adeguati (23); la mobilizzazione e il posizionamento si rendono necessari anche quando i pazienti utilizzano un dispositivo in grado di ridistribuire la pressione (24). I vari modelli garantiscono gradi di prevenzione diversi e vanno utilizzati in base alla gravità dei fattori di rischio, ma non possono essere considerati sostitutivi degli interventi di mobilizzazione e riposizionamento della persona (23). I pazienti a rischio di lesioni da pressione, dovrebbero essere mobilizzati almeno ogni due ore, e per ogni paziente, dovrebbe essere realizzato uno schema di mobilizzazione e posizionamento scritto (24).

  • 22

    I pazienti a rischio di lesioni conseguenti alla posizione seduta, perché costretti in carrozzina o su una sedia per gran parte della giornata, devono essere posizionati in maniera corretta su presidi idonei e forniti di strumenti per minimizzare la pressione. La carrozzina deve essere costruita e personalizzata in base alla morfologia, la patologia, e le condizioni del paziente, la scelta del modello, la prescrizione e le caratteristiche della stessa sono solitamente di pertinenza specialistica fisiatrica.

    Figura 13: Posizionamento in carrozzina

    Per prevenire le lesioni in queste persone, vi è la necessità di un programma d’igiene posturale che comprenda (23):

    • l’uso di un ausilio specifico di appoggio per il bacino, solitamente un cuscino, che minimizzi la pressione sulle spine ischiatiche;

    • il posizionamento corretto della persona sulla carrozzina, con la schiena ben appoggiata ed adesa allo schienale, ed uno spazio laterale e sotto le ginocchia non superiore a 2 cm;

    • la mobilizzazione, da attuarsi ogni 15 minuti per alcuni secondi, va effettuata inclinando il tronco in avanti e di lato e variando l’appoggio sulle cosce per ridistribuire il peso.

    Per i pazienti che trascorrono la maggior parte della giornata a letto e che sono a rischio di lesioni, perché gravemente ammalati o immobili, la durata del tempo da trascorrere in carrozzina, definito in base al programma personalizzato di prevenzione, non deve essere superiore alle 2 ore consecutive.

    Figura 14: Mobilizzazione in carrozzina

    Nel posizionare i soggetti immobili o non collaboranti in carrozzina, occorre fare attenzione all’allineamento posturale per migliorare la stabilità, favorire l’equilibrio e garantire la distribuzione del peso sulla più ampia superficie d’appoggio possibile; è necessario fare attenzione che presidi e dispositivi medici, non esercitino pressioni sulla cute. E’ necessario l’uso di sedie o carrozzine di

  • 23

    misura adeguata, oltre al mantenimento dell’allineamento posturale, finalizzato alla correzione delle deviazioni laterali del rachide o del bacino, mediante l’utilizzo di ausili. È consigliabile posizionare la persona, con alcuni gradi di inclinazione posteriore della seduta, basculandola all'indietro in modo che l’angolo coxo-femorale sia compreso tra 90° e 120°, le gambe devono essere in scarico, appoggiate ad un supporto e i talloni liberi da appoggio. Poiché il rischio di sviluppare ulcere da pressione in posizione seduta, in questi pazienti, è maggiormente elevato rispetto alla posizione supina, è bene mobilizzare la persona ogni ora, evitando di mantenerla seduta senza riposizionamenti (23).

    Figura 15: Posizionamento della persona seduta

  • 24

    L’approccio terapeutico

    Il trattamento delle lesioni da pressione, non può prescindere dalla valutazione globale della persona, poiché l’ulcera è l’espressione cutanea delle condizioni generali del paziente. Il trattamento delle ulcere da pressione, può variare in base a:

    o valutazione globale della persona; o valutazione della lesione; o classificazione della lesione; o misure e monitoraggio della lesione.

    Un corretto approccio terapeutico comprende inoltre, la preparazione del letto della lesione, il trattamento della lesione e della cute, il trattamento della cute perilesionale. 1. Valutazione globale della persona La genesi dell’ulcera da pressione è multifattoriale e, nell’ambito della medesima, giocano un ruolo fondamentale le condizioni generali della persona, considerato che la cute è l’organo bersaglio di meccanismi patogenetici non propriamente, e comunque non unicamente, cutanei. Sono molteplici, infatti, i fattori concomitanti sistemici che facilitano l’insorgenza delle ulcere da pressione. La lesione da decubito, rappresenta l’espressione di un’alterazione globale dell’equilibrio metabolico del paziente ipomobile, pertanto il trattamento deve essere necessariamente di tipo olistico, che preveda un inquadramento generale della persona, seguendo un approccio di tipo multidisciplinare, onde ricavare il maggior numero di dati possibili, che consentano di individuare le criticità che hanno determinato l’insorgenza dell’ulcera. I soggetti portatori di ulcera da pressione, dovrebbero essere quindi sottoposti ad una valutazione globale iniziale, che andrebbe ripetuta nel tempo. Per costruire una check list di valutazione, nei singoli setting di cura, dovrebbero essere considerati almeno i seguenti aspetti (4)(24)(25):

    • stato di salute (es.: anamnesi recente e remota e pregressi danni da pressione); • valutazione nutrizionale; • segni/sintomi sistemici d’infezione in atto; • mobilità; • incontinenza/continenza urinaria e/o fecale; • presenza di dolore; • perfusione sanguigna; • terapia farmacologica in atto (compreso l’abuso); • livello di coscienza e stato cognitivo; • stato cognitivo; • fattori sociali; • monitoraggio della cute al fine di prevenire ulteriori ulcere da pressione; • fattori psicologici.

    Alla comparsa della lesione, deve seguire una valutazione della causa, della sede (magari fotografando la lesione stessa), dell’aspetto della lesione (necrosi, granulazione, odore, colore ecc.), delle dimensioni (larghezza, lunghezza e profondità), del grado o stadio della lesione, della presenza di essudato e del tipo di essudato, dello stato della cute perilesionale, della presenza di segni locali d’infezione, di tratti sottominati, di dolore. Per tali registrazioni è utile l’uso di scale di valutazione.

  • 25

    Figura 16: Progressione dell'ulcera da pressione

    Una valutazione globale si basa sul seguente schema: - trattamento generale: volto al riequilibrio delle alterazioni metaboliche del paziente, che possono generare ritardo della riparazione tissutale. Fondamentale importanza assume il compenso della patologia di base e l’identificazione di condizioni morbose concomitanti, come ad esempio gli stati infettivi, la diarrea, l’anemia, la BPCO, l’iper/ipotensione arteriosa, il diabete mellito ed altre patologie. Nel paziente diabetico, il rischio di sviluppare un’ulcera da pressione, è più elevato a causa della microangiopatia e della neuropatia, che inducono una ridotta percezione del dolore. - Trattamento causale: finalizzato alla riduzione delle forze di pressione che gravano sulla cute lesa. Occorre verificare che i presidi in dotazione siano idonei alla situazione attuale del paziente, mobilizzare il paziente secondo un piano individualizzato, mantenere un’accurata igiene, ispezionare quotidianamente la cute sottoposta a maggior carico. - Trattamento locale: ovvero la messa in opera di interventi, volti alla correzione delle cause di ritardo di riparazione tissutale locale. Il compito dell’operatore sanitario, è quello di mettere in atto una serie di valutazioni, che conducano ad una scelta congrua del prodotto di medicazione da usare, avendo ben chiare le esigenze della ferita e del paziente. o controllare il dolore 2. Valutazione della lesione Le ulcere da pressione dovrebbero essere sottoposte ad una prima valutazione, al momento della loro insorgenza o alla presa in carico del soggetto. La rivalutazione dei progressi di guarigione, dovrebbe essere eseguita almeno 1 volta alla settimana. Se le condizioni del paziente o dell’ulcera si aggravano, si raccomanda la rivalutazione del piano di trattamento non appena si notino i segni di peggioramento. Le valutazioni effettuate vanno documentate. Un’ulcera da pressione detersa, dovrebbe mostrare segni di guarigione entro le prime 2-4 settimane dall’inizio del trattamento. I fattori da considerare, per la valutazione di una lesione da pressione e per la sua documentazione sono i seguenti:

    • la classificazione per gradi; • la sede anatomica; • la dimensione (lunghezza, larghezza e profondità); • i tratti cavi; • il tessuto sotto minato; • la tunnellizzazione; • l’odore; • il letto dell’ulcera;

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    • le condizioni della cute perilesionale; • i bordi dell’ulcera; • l’essudato (quantità e qualità); • il tessuto necrotico; • la presenza o assenza di tessuto di granulazione ed epitelizzazione; • la presenza di segni locali di infezione.

    3. Classificazione della lesione Le ulcere da pressione possono essere classificate secondo criteri clinici, topografici e di stato. Nell’ambito dei criteri clinici , l’European Pressure Ulcer Advisory Panel (EPUAP) e l’Agency for Health Care Research and Quality (AHRQ), forniscono indicazioni universalmente accettate, che permettono di classificare le ulcere da pressione in quattro stadi clinici, ai quali l’NPUAP (National Pressure Ulcer Advisory Panel), ha aggiunto due ulteriori stadi: le lesioni non stadiabili e il sospetto danno degli strati tissutali profondi (3) (8) (Tab. 9, 10). Determinare lo stadio dell’ulcera, è importante al fine di utilizzare un linguaggio comune, che consenta agli operatori sanitari, di differente professionalità, di poter comprendere la tipologia di lesione e decidere con modalità integrata, le strategie terapeutiche in un’ottica di ottimizzazione delle risorse.

  • 27

    Tabella 9: Classificazione delle ulcere da pressione NPUAP/EPUAP

    STADIO I°

    Eritema della cute integra che non scompare alla digitopressione, di solito localizzata in corrispondenza di

    prominenza ossea. Rappresenta il segnale che preannuncia l’ulcerazione cutanea. Possono essere

    presenti ulteriori segni di flogosi quali: edema, innalzamento della temperatura locale e, se il paziente non ha deficit di sensibilità, dolore. Questi parametri

    possono anche essere utilizzati come parametri di valutazione, in particolare nei soggetti di razza scura.

    Si tratta di uno stadio reversibile

    STADIO II°

    Lesione cutanea a spessore parziale con interessamento dell’epidermide, il derma o di entrambi; la lesione si

    presenta clinicamente sotto forma di abrasione, di flittene o di leggera cavità asciutta o secca. La temperatura locale diminuisce e al tatto la cute può presentarsi

    indurita

    STADIO III°

    Lesione cutanea a tutto spessore, che comporta il danneggiamento o la necrosi del tessuto sottocutaneo ed

    è in grado di estendersi in profondità fino alla fascia sottostante senza, però, oltrepassarla; la lesione si

    presenta clinicamente sotto forma di profonda cavità, associata o meno a tessuto circostante sotto minato.

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    Tabella 10: Classificazione delle ulcere da pressione NPUAP/EPUAP

    STADIO IV°

    Lesione cutanea a tutto spessore, con distruzione estesa, necrosi del tessuto e/o danneggiamento del muscolo,

    dell’osso e/o delle strutture di supporto (tendine, capsula articolare); la presenza di tessuto sotto minato e di tratti cavi, può essere associata a ulcere da pressione di IV° grado. L’escara, presenza di tessuto necrotico nerastro,

    deve essere considerata come IV° grado

    NON STADIABILE

    Lesione che determina perdita totale dello spessore cutaneo; il letto della lesione è ricoperto da slough (giallo, marrone, grigio, verde o bronzeo) e/o da

    un’escara (bronzea, marrone o nera). Fino a quando lo slough e/o l’escara non vengono rimossi per visualizzare il letto di lesione, la reale

    profondità non può essere determinata, anche se si ritiene che si tratterà di una lesione di III° o IV° stadio.

    Un’escara stabile sui talloni (asciutta, aderente, intatta, senza eritema o fluttuazione), va considerata come “la naturale copertura del corpo” e pertanto non dovrebbe

    essere rimossa

    SOSPETTO DANNO AI TESSUTI PROFONDI

    Area localizzata di color porpora o marrone/rossastro di cute integra oppure vescica con contenuto ematico,

    dovuta ad un danno dei tessuti molli sottostanti, determinato da pressione e/o da forze di stiramento.

    L’area può essere preceduta da tessuto dolente, indurito, molle, spugnoso alla palpazione, più caldo o più freddo rispetto ai tessuti circostanti. Nelle persone con pelle

    scura, risulta essere difficile valutare il danno dei tessuti profondi. Clinicamente potrebbe manifestarsi una sottile vescica, fino ad evolvere in un’escara sottile che ricopre

    la superficie. Anche se trattata adeguatamente, l’evoluzione della lesione può essere rapida,

    danneggiando i tessuti più profondi

    La classificazione topografica, di particolare importanza dal punto di vista riabilitativo, considera la correlazione tra la posizione assunta dal paziente e le sedi anatomiche delle lesioni ulcerative. Si identificano al riguardo, le sedi anatomiche ove si svilupperanno, con maggior probabilità, le ulcere da pressione in rapporto alla posizione mantenuta dal corpo. Nella posizione supina, le sedi interessate saranno le seguenti: sacro, apofisi spinose vertebrali, spina della scapola, nuca e talloni.

  • 29

    Figura 17: Sedi anatomiche in posizione supina

    Nella posizione laterale: trocanteri, cresta iliaca, malleoli, bordo esterno del piede, ginocchio, spalla, gomito, padiglioni auricolari.

    Figura 18: Sedi anatomiche in posizione laterale

    Nella posizione prona: zigomi, regione temporale, padiglione auricolare, arcate costali, spina iliaca antero-superiore.

    Figura 19: Sedi anatomiche in posizione prona

    Nella posizione seduta: gomito, coccige, ischio, regioni compresse dai bordi della sedia, da cuscini e ciambelle.

    Figura 20: Sedi anatomiche in posizione seduta

    Tale tipologia di classificazione, permette di individuare la profondità dell’ulcera, descrivendone il progressivo aggravamento; inoltre, la valutazione della profondità della lesione mediante la stadiazione, fornisce un dato importante sulla probabilità di insorgenza di complicanze infettive;

  • 30

    le lesioni a maggiori profondità, sono correlate ad una guarigione più lunga e gravata da frequenti episodi di infezioni(3). La classificazione in stato, considera la possibilità che l’ulcera da pressione, possa presentarsi in uno o più dei seguenti stati:

    • necrotico • colliquato • infetto • fibrinoso • fibrino-membranoso • deterso • con tessuto di granulazione • emanante odore

    La lesione può essere poco essudante, essudante, molto essudante e può presentarsi sotto minata e/o con tramiti fistolosi. La Scala di Sessing (26) permette di considerare specifici parametri, quali il fondo e il bordo della lesione cutanea, la presenza di essudato e il suo odore, l'escara necrotica, identificando sette livelli di gravità:

    1. cute normale ma a rischio; 2. cute integra, ma iperpigmentata e arrossata (iperemia); 3. fondo e bordo dell’ulcera integri e non arrossati; 4. fondo e bordo dell'ulcera granuleggianti con presenza di modesto essudato ed odore; 5. tessuto di granulazione presente in limitata quantità, presenza di tessuto necrotico in zone

    limitate, essudato in quantità moderate; 6. escara necrotica, essudato abbondante e maleodorante, bordi ischemici; 7. essudato purulento, intenso odore, tessuto necrotico, sepsi.

    Alcuni autori hanno strutturato una classificazione delle lesioni, che si basa sull’analisi dei tessuti e sulla valutazione quantitative dell’essudato. Per quanto concerne i tessuti, si tratta di quelli presenti sul fondo della ferita e sono rappresentati da tessuti di infezione, tessuto di necrosi, tessuto di granulazione (Tab. 11). Tabella 11: Classificazione delle ulcere da pressione (Ricci-Cassino, 1998)

    Tessuti Essudato Profondità Infetto Scarso/assente

    Superficiale Necrotico Moderato

    Deterso Elevato Profonda

    In relazione alla quantità di essudato presente, le lesioni si suddividono in: asciutte, umide, iperessudanti (27). Il tipo di tessuto e la quantità di essudato, sono molto importanti al fine della guarigione della lesione, in quanto influenzano la scelta della medicazione da usare. Si considera infine, la suddivisione delle lesioni da pressione, secondo la classificazione che si basa sul concetto del colore (WCS - Wound Care Society, 1984), che ne differenzia il grado in relazione al colore del fondo (letto), come di seguito riportato.

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    Colore Nero: Lesione con escara o necrosi secca.

    Obiettivo: detergere e rimuovere la necrosi.

    Colore Giallo: Lesione con necrosi gialla – slough (insieme di tessuti devitalizzati, materiale di sfaldamento cellulare, essudato, leucociti e batteri).

    Obiettivo: sbrigliare, detergere, assorbire l’essudato e l’odore.

    Colore Verde: Lesione infetta. Obiettivo: sbrigliare, detergere, assorbire l’essudato e l’odore.

    Colore Rosso: Lesione con tessuto di granulazione. Obiettivo: fornire un buon isolamento termico, una protezione al tessuto neoformato e un

    ambiente umido adeguato. Colore Rosa: Lesione in fase di riepitelizzazione (25)(28).

    La sequenza della guarigione delle lesioni 4. Misurazione e monitoraggio della lesione L’aggiornamento delle misurazioni della lesione, riportate nel Fascicolo Socio Assistenziale e Sanitario della persona, consente di definire il progresso dell’ulcera verso la guarigione e l’effettiva efficacia della terapia intrapresa. La prima valutazione dovrebbe, quando possibile, essere corredata di misure, generalmente espresse in centimetri, ed immagini fotografiche. La lesione può essere misurata nella sua massima larghezza e lunghezza, utilizzando un righello. Tuttavia, avendo spesso dei margini irregolari, è preferibile riprodurre la forma dell’ulcera sovrapponendovi un foglio trasparente di acetato e disegnandone i contorni con un pennarello indelebile. Nelle lesioni cavitarie, la profondità è descrivibile come la distanza tra la superficie visibile della lesione ed il punto più profondo al suo interno. Tale parametro si può ottenere con l’ausilio di uno specillo. Nel caso di lesioni con tunnellizzazione, è opportuno descrivere anche la direzione e la profondità del tunnel stesso. Nel I° stadio, non è possibile misurare la profondità in quanto l’epidermide è intatta, sebbene il tessuto sottostante risulti danneggiato. Nel II° stadio, potranno essere misurati e documentati la lunghezza, la larghezza e la profondità, in quanto la lesione ha attraversato anche l’epidermide. L’operatore sanitario può documentare la profondità delle ulcere superficiali come inferiori a 0,1 cm. Ogni profondità uguale o maggiore di 0,1 cm, può essere misurata in maniera più accurata con l’utilizzo di specilli o applicatori di cotone. Nel III° e IV° stadio, si potranno misurare la lunghezza, la larghezza e la profondità. Le metodiche adottate per la misurazione, valutazione e monitoraggio delle lesioni, vanno dalla semplice traccia su griglia trasparente, che fotografa la dimensione della lesione, alla gestione computerizzata. Si riporta di seguito la Scala di PUSH (Pressure Ulcer Scale)(4) predisposta dal NPUAP, al fine di consentire il monitoraggio nel tempo, dell’evoluzione delle ulcere da pressione (Tab. 12).

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    Tabella 12: Scala di PUSH

    0 1 2 3 4 5

    0 cm2 24.0 cm2

    Punteggio parziale ____

    0 1 2 3 Quantità di essudato assente scarso moderato abbondante

    Punteggio parziale ____

    0 1 2 3 4 Tipo di tessuto integro epiteliale

    di granulazione

    slough escara Punteggio

    parziale ____

    Punteggio

    totale _____ Per misurare la lesione utilizzando la Scala di PUSH, è necessario:

    • osservare e misurare l’ulcera, valutarla rispetto alla sua superficie, valutare la quantità di essudato e la tipologia del tessuto presente;

    • registrare il punteggio parziale per ognuna delle caratteristiche riportate dalla Scala; • sommare i punteggi parziali per ottenere il punteggio totale; • confrontare i punteggi totali nel tempo per avere un’indicazione sullo stato della lesione

    (miglioramento o peggioramento). I dati ottenuti dall’applicazione della scala, permettono la produzione di un grafico che facilita la visualizzazione dell’evoluzione della lesione trattata (4). 5. Preparazione del letto della lesione: Wound Bed Preparation La metodologia impiegata nella preparazione del letto della lesione, detta Wound Bed Preparation, prevede la rimozione delle barriere locali, che rallentano o impediscono i processi riparativi della lesione. La guarigione dell’ulcera da pressione, si ottiene rimuovendo il tessuto necrotico, controllando l’essudato, mantenendo bassa la carica batterica e rimuovendo l’eccesso di detriti batterici e di cellule morte o invecchiate (27).

    La Wound Bed Preparation considera inoltre, la valutazione di 4 aree cliniche denominate T.I.M.E. (28) (29): T (TESSUTO NON VITALE-NECROSI) ovvero le cellule non vitali che impediscono la guarigione. Occorre ripristinare il fondo della ferita e le funzioni della matrice extracellulare, attraverso lo sbrigliamento episodico o continuo; I (INFIAMMAZIONE-INFEZIONE) ovvero la presenza di elevata carica batterica o di prolungata infiammazione, che provoca un incremento delle citochine infiammatorie e dell’attività proteasica, con riduzione dell'attività dei fattori di crescita. In tal caso è necessario ridurre la contaminazione batterica e l'infiammazione, attraverso l'uso topico/sistemico di antimicrobici, antinfiammatori, inibitori delle proteasi, antisettici; M (MACERAZIONE SQUILIBRIO IDRICO) ovvero la disidratazione cutanea che rallenta la migrazione delle cellule epiteliali e l’eccesso di liquidi, che causa la macerazione dei margini della ferita. E’ necessario applicare medicazioni che mantengano il corretto grado di umidificazione tissutale e rimuovere i liquidi, utilizzando la compressione, la pressione negativa o altre metodiche;

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    E (MARGINI DELL'EPIDERMIDE) i cheratinociti che non migrano e le cellule della ferita che non rispondono agli stimoli, impediscono la rimarginazione dei tessuti. Occorre pertanto assicurare la migrazione dei cheratinociti e la risposta delle cellule della ferita, prendendo in considerazione terapie correttive come lo sbrigliamento, i trapianti cutanei, i prodotti biologici. Occorre agire gradualmente sulla lesione, favorendo la rimozione dei tessuti necrotici, la regressione della colonia batterica, mediante il controllo degli essudati.

    Tabella 13: Wound Bed Preparation: il principio T.I.M.E.

    6. Il trattamento delle ulcere da pressione Nel 1962, con la pubblicazione degli studi di Winter, la medicazione assume nuovi presupposti, in particolare viene superato il concetto di essiccamento della ferita, proprio delle medicazioni tradizionali, sostituito da quello della guarigione in ambiente umido, principio di base delle medicazioni avanzate. Tali innovative medicazioni, hanno le seguenti caratteristiche:

    • mantenimento di un microclima umido • rimozione di essudati e materiale necrotico • mantenimento costante della temperatura • permeabilità all’ossigeno • protezione dalle infezioni esogene • maneggevolezza • atraumaticità durante la medicazione • basso rapporto costo/beneficio • migliore prevenzione delle infezioni • favorire la riepitelizzazione • attività fibrinolitica • attività di detersione • minore traumatismo e dolore

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    Qualsiasi tipo di trattamento, deve essere concordato con il soggetto e/o un suo delegato, specificando il tipo di medicazione, il tempo (che di norma varia da due a quattro settimane) e la durata tra un cambio medicazione e l’altro. In caso di cambiamento delle condizioni generali della persona, di peggioramento o miglioramento della lesione, la rivalutazione dell’ulcera verrà effettuata prima della data prevista. L’obiettivo principale, in presenza di lesioni, è quello di favorire le condizioni locali che permettano lo sviluppo dei processi di riparazione, quali la granulazione e la riepitelizzazione, ed evitare le condizioni che li rallentino come le variazioni di umidità, pH e temperatura. Nella scelta del trattamento più idoneo, devono pertanto essere considerati, alcuni principi generali che riguardano tali processi, in particolare:

    • l’ossigeno: nei processi di guarigione delle lesioni, è stata da tempo dimostrata l’importanza della tensione superficiale di ossigeno, poiché la superficie della lesione tende ad essere ipossica; invece i processi riparativi dell’ulcera, necessitano di una maggior concentrazione di ossigeno. Sarà pertanto indispensabile tenere pulita la lesione dalla presenza di fibrina, tessuto necrotico o di escare, che sottraggono ossigeno;

    • l’umidità : sotto una superficie asciutta, la rigenerazione dei tessuti epiteliali avviene nel giro di circa venti ore, mentre sotto una medicazione occlusiva ad umidità costante, il tempo si riduce di un terzo. La disidratazione rallenta quindi il processo di guarigione, anche se l’eccesso di umidità aumenta il rischio di infezione.

    • la temperatura: una diminuzione della temperatura, anche di soli due gradi, è sufficiente ad inibire la motilità dei leucociti e l’attività dei fibroblasti. E’ preferibile evitare l’esposizione della lesione all’aria per lungo tempo, per evitare la dispersione di calore e l’esposizione agli agenti infettivi; pertanto, nell'ambito delle operazioni di medicazione, sono da evitare i cambiamenti di medicazione troppo frequenti, poiché possono ostacolare la guarigione;

    • l’equilibrio acido-base: tutte le condizioni che determinano la variazione del pH locale, provocano modificazioni del processo di riparazione. La diminuzione del pH a livello della superficie della lesione, provoca la perdita dei movimenti ritmici, che generalmente si osservano sulla superficie delle cellule epiteliali. L’aumento del pH provoca immobilità e contrazione delle cellule (4) (5) (25).

    La Wound Bed Preparation considera un approccio al trattamento dell’ulcera da pressione, che preveda le seguenti fasi: la Detersione (pulizia della ferita), lo Sbrigliamento, la Medicazione, il Controllo dell’Infezione (25). a. La detersione è la fase più importante e ripetitiva di tutto il trattamento ed ha le seguenti finalità:

    - asportare l’eventuale tessuto necrotico; - diminuire l’assorbimento di tossine; - eliminare la fonte di moltiplicazione batterica; - ridurre lo sviluppo della flora microbica sul fondo della lesione; - alleviare il dolore.

    La detersione della lesione è il presupposto del trattamento delle ulcere da pressione, in quanto l'asportazione del materiale infiammatorio e/o dei residui di precedenti medicazioni, riduce la colonizzazione batterica, abbassa il rischio d’infezione, velocizza i processi di rigenerazione dei tessuti e quindi la guarigione. E' inoltre una pratica indispensabile, per la valutazione del fondo della lesione e quindi per l'applicazione del protocollo d’intervento più appropriato. La scelta del tipo di detersione da attuare, dipende dai seguenti fattori: - la fase della lesione; - il meccanismo d'azione dei prodotti utilizzati;

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    - la facilità d'esecuzione; - la tollerabilità del paziente; - i costi. La detersione deve essere eseguita ad ogni cambio di medicazione; solitamente vengono utilizzati la Soluzione Fisiologica sterile o il Ringer Lattato, ad una temperatura di circa 30°, per evitare di traumatizzare la lesione e per ridurre la proliferazione batterica della lesione. Da evitare, per la detersione, l’utilizzo di soluzioni contenenti iodopovidone, ipoclorito di sodio, clorexidina, soluzioni a base di perossido d’idrogeno o acido acetico, merobromina (mercurocromo) (4) (25). b. Lo sbrigliamento (o debridement), indispensabile per favorire i processi di guarigione, è una tecnica che permette di rimuovere il tessuto devitalizzato presente, spesso causa della crescita di microrganismi patogeni. Il tessuto necrotico va sempre rimosso mediante sbrigliamento; al riguardo deve essere scelto il metodo di sbrigliamento più adeguato rispetto alle condizioni del soggetto e agli obiettivi del trattamento. E’ necessario a tal fine: - valutare la lesione (tipo, quantità e localizzazione dei tessuti necrotici, profondità della lesione e quantità di essudato); - effettuare una valutazione generale della cute perilesionale; - valutare il rischio di effetti collaterali. Di seguito si riassumono le principali metodiche di sbrigliamento esistenti. • Metodo idroterapico Consiste nell'irrigazione della lesione con soluzioni di Ringer Lattato o Soluzione Fisiologica, a temperatura ambiente e con una pressione adeguata, mediante l’utilizzo di una siringa da 20-35 ml con ago di 19 G (gauge). Tale modalità permette di esercitare un'azione meccanica, senza danneggiare il tessuto di granulazione; una maggior pressione, rischierebbe infatti di far penetrare i batteri ed il liquido di irrigazione nel tessuto, mentre una pressione inferiore non sarebbe in grado di rimuoverne la presenza. Il Ringer Lattato è da preferirsi in quanto, contenendo sali di potassio, sembrerebbe migliorare il trofismo cutaneo. Tale operazione deve essere effettuata ad ogni cambio di medicazione, prima e dopo l'eventuale applicazione di antisettici, enzimi proteolitici e antibiotici, nonché precedere e seguire gli interventi di rimozione dei tessuti non vitali. • Metodo enzimatico È un metodo selettivo e consiste nell'applicazione di preparati topici contenenti enzimi proteolitici, che hanno il compito di digerire la fibrina e rimuovere il tessuto necrotico preservando i tessuti sani. Il metodo, trova indicazione nelle lesioni con abbondanti detriti necrotici, o dopo la toilette chirurgica, come proseguimento della terapia. L'enzima va applicato, in strato sottile, direttamente sul tessuto necrotico precedentemente inumidito con soluzione fisiologica. Sulla lesione va successivamente applicata una medicazione secondaria di copertura. E' importante che l'enzima non venga a contatto con la cute sana circostante la lesione, che deve essere adeguatamente protetta con creme barriera, quali ad esempio la pasta all’ossido di zinco. • Metodo autolitico E' un metodo selettivo e atraumatico, poiché agisce esclusivamente sui tessuti necrotici, sfruttando l’attività autolitica degli enzimi, normalmente presenti nei fluidi della lesione e l’eliminazione dei detriti e dei tessuti morti ad opera delle cellule fagiche. Per tale scopo, vengono utilizzati in modo particolare gli idrogel o gli idrocolloidi.

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    • Metodo chirurgico Lo sbrigliamento chirurgico (che deve avvenire con tecnica sterile) è indicato: - quando vi è urgenza di rimuovere il tessuto necrotico; - in presenza di lesioni profonde; - in presenza di sepsi o di cellulite nell’area circostante la necrosi. La toilette chirurgica è un metodo selettivo, rapido ed efficace per rimuovere il tessuto necrotico o le escare secche, in lesioni di vaste dimensioni ed in presenza di infezione; possono essere necessarie più sedute distanziate di 48/72 ore, in lesioni di vasta entità. Fanno eccezione le escare secche dei talloni, che non vanno rimosse; solo in presenza di edema, eritema o segni d'infezione si deve procedere alla toilette chirurgica. La rimozione chirurgica deve essere eseguita con tecnica asettica, ed in modo tale da non traumatizzare il fondo dell'ulcera e ledere vasi sanguigni. In presenza di sanguinamenti di modesta entità, può essere sufficiente il posizionamento di una medicazione compressiva. L’utilizzo di medicazioni emostatiche va riservato nel caso di sanguinamenti abbondanti.

    Figura 21: Sbrigliamento chirurgico

    Particolare attenzione deve essere posta al controllo del dolore, da parte del paziente sottoposto a tale intervento che, secondo alcuni autori, può essere efficacemente gestito con la somministrazione di un analgesico un’ora prima dell’intervento. L’Agency for Health Care Research and Quality (AHRQ) fornisce specifiche raccomandazioni, in relazione alla fase dello sbrigliamento (4) (25) (Tab. 14, 15). Tabella 14: Raccomandazioni AHRQ per lo sbrigliamento delle ulcere da pressione

    Rimuovere il tessuto devitalizzato delle lesioni da decubito, quando ciò sia opportuno rispetto alle condizioni del paziente e conforme ai suoi scopi. Evidenza C Si scelga il metodo di sbrigliamento più indicato alle condizioni e agli scopi del paziente. Le tecniche di sbrigliamento con strumento tagliente, sbrigliamento meccanico, enzimatico e/o autolitico, possono essere impiegate quando non esiste bisogno clinico urgente di drenaggio o rimozione di tessuto devitalizzato. Se sussiste un bisogno urgente di sbrigliamento, come nel caso di cellulite in progressione o sepsi, si dovrebbe adottare lo sbrigliamento con strumento tagliente. Evidenza C Utilizzare medicazioni pulite e asciutte per un periodo da 8 a 24 ore, dopo l’esecuzione dello sbrigliamento con strumento tagliente associato a sanguinamento; in seguito, ripristinare le medicazioni umide. Le medicazioni pulite si possono adottare anche in concomitanza di tecniche di sbrigliamento enzimatico o meccanico. Evidenza C Le lesioni ai calcagni con escara asciutta non devono essere sbrigliate, se non presentano edema, eritema, fluttuanza o secrezioni. Si esegua la valutazione giornaliera di queste ferite per monitorare eventuali complicanze che richiedono lo sbrigliamento (per es. edema, eritema, secrezioni). Evidenza C Prevenire o gestire il dolore associato a sbrigliamento in misura necessaria. Evidenza C Pulire le ferite all’inizio del trattamento e ad ogni cambio di medicazione. Evidenza C

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    Figura 22: Lesione cutanea con tessuto necrotico

    Figura 23: Tessuto necrotico rimosso con sbrigliamento chirurgico

    Tabella 15: Raccomandazioni AHRQ per lo sbrigliamento delle ulcere da pressione

    Non si esegua la pulizia della ferita da decubito con detergenti per la pelle o con agenti antisettici (es. iodopovidone, iodoforo, soluzione di ipoclorito di sodio, perossido di idrogeno, acido acetico). Evidenza B Applicare la minor quantità di forza meccanica possibile, quando si deterge la lesione con garza, panno o spugna. Evidenza C Non si esegua la pulizia della ferita da decubito con detergenti per la pelle o con agenti antisettici (es. iodopovidone, iodoforo, soluzione di ipoclorito di sodio - soluzione di Dakin, perossido d’idrogeno, acido acetico). Evidenza B Impiegate una soluzione fisiologica salina per la pulizia di gran parte delle lesioni da decubito. Evidenza C Utilizzare una pressione d’irrigazione sufficiente a migliorare la pulizia della ferita, senza causare trauma al fondo della lesione stessa. Una pressione d’irrigazione sicura ed efficace varia da 1,8 kg a 6,8 kg per 6,4 cm2. Evidenza B Prendere in considerazione l’idroterapia a vortice per la pulizia di lesioni da decubito, che contengono abbondante essudato, crosta o tessuto necrotico. Interrompere il vortice non appena la ferita sia detersa. Evidenza C c. La medicazione ideale di un’ulcera da pressione, deve avere le seguenti caratteristiche:

    - controllare l’essudato mantenendo il letto della lesione umido e la cute circostante asciutta e integra;

    - consentire lo scambio gassoso; - fornire l’isolamento termico e mantenere stabile la temperatura della lesione; - proteggere la lesione dalla contaminazione di microrganismi esogeni; - mantenersi integra, senza rilasciare fibre né corpi estranei all’interno della lesione; - non causare traumi alla lesione al momento della sua rimozione; - proteggere dai danni meccanici; - permettere e favorire la rimozione di essudati e tessuti necrotici; - essere biocompatibile; - essere maneggevole; - avere un costo di gestione contenuto.

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    Per effettuare una corretta medicazione, è necessario osservare le seguenti indicazioni: - utilizzare guanti monouso per limitare la contaminazione batterica; - evitare di lasciare esposta a lungo la lesione all'aria per diminuire la dispersione di calore e

    l'esposizione ad agenti infettivi; - mantenere la temperatura ottimale di 37° C; - mantenere l'ambiente umido ad eccezione delle ulcere infette; - scegliere la medicazione più idonea, sulla base delle caratteristiche della lesione:

    granuleggiante, necrotica, secernente, secca, contaminata, infetta; - non utilizzare la stessa medicazione durante tutta la durata del trattamento della lesione, la

    medicazione va modulata in base all’evoluzione della ferita; - definire la frequenza della medicazione (4) (25) (Tab. 16).

    Tabella 16: Raccomandazioni AHRQ per la scelta della medicazione delle ulcere da pressione

    Utilizzare una medicazione in grado di mantenere il fondo della lesione costantemente umido. Le medicazioni “umide-asciutte” dovrebbero essere utilizzate solo in caso di sbrigliamento e non sono considerate medicazioni ad umidità costante come quelle a base di soluzione fisiologica salina. Evidenza B Usare giudizio clinico nella scelta del tipo di medicazione umida che sia indicata per quella lesione. Una serie di studi su diversi tipi di medicazioni umide non ha riscontrato differenze a livello di poteri curativi. Evidenza B Scegliere un tipo di medicazione che, contemporaneamente, mantenga asciutta la cute intatta circostante la ferita e umido il fondo della lesione. Evidenza C Scegliere un tipo di medicazione che controlli l’essudato, ma che non essicchi il fondo della ferita. Evidenza C Durante la scelta del tipo di medicazione, si prenda in considerazione la disponibilità di tempo del prestatore di cure. Evidenza B Eliminare lo spazio morto all’interno della ferita riempiendo liberamente le cavità con materiale per medicazioni. Evitare di imbottire eccessivamente la ferita. Evidenza C Monitorare le medicazioni situate vicino all’ano poiché è difficile mantenerne l’integrità. Evidenza C La medicazione di routine delle lesioni da pressione non infette può essere effettuata con tecnica pulita e non richiede l’uso di materiale sterile. Attualmente la ricerca non fornisce prove di efficacia conclusive, in merito a quale medicazione sia la più efficace, nella gestione delle lesioni da pressione. Un ambiente di guarigione ottimale può essere raggiunto utilizzando come medicazione primaria: - idrocolloidi o idrogel o film o silicone morbido per le lesioni poco essudanti o con escara; - idrofibra o schiuma di poliuretano semplice o con strato di contatto al silicone o alginato per le lesioni mediamente o molto essudanti. Le modalità di fissaggio della medicazione primaria devono tener conto dello stato della cute perilesionale e della sede anatomica della lesione. Si ribadisce la necessità di proteggere le lesioni da pressione da fonti di contaminazione. Le medicazioni dovrebbero essere lasciate in sede per il tempo necessario, in rapporto all’andamento clinico e alle specifiche del prodotto, poichè la rimozione frequente può danneggiare il fondo della lesione. Nel trattamento dell’ulcera da pressione non esistono metodiche standard d’intervento, in quanto la lesione è un processo dinamico e quindi le funzioni della medicazione devono adattarsi ad esso. E’ necessaria, pertanto, una flessibilità nella scelta dei prodotti da utilizzare. Vanno privilegiati prodotti che consentano di conservare l’integrità fisiologica della lesione. La medicazione ideale dovrebbe proteggere la ferita, essere biocompatibile e fornire l’idratazione necessaria. Qualsiasi trattamento topico, per quanto efficace, non può essere comunque sostitutivo di una corretta mobilizzazione e della cura della persona sotto l'aspetto igienico e nutrizionale; in

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    mancanza di questo approccio globale, l'uso delle medicazioni avanzate non dà risultati efficaci (4) (25). d. Disinfezione della lesione. La diagnosi d’infezione di un’ulcera da pressione è clinica. Il sospetto diagnostico d’infezione locale si effettua rilevando/valutando la presenza di almeno due dei seguenti parametri: - dolore; - arrossamento della cute perilesionale; - edema dei tessuti perilesionali; - aumento dell’essudato; - secrezione purulenta; - tessuto di granulazione friabile; - ipergranulazione; - odore; - calore; - nuove aree di slough (tessuto di colore giallo o biancastro che aderisce al letto della lesione, in filamenti o in ammassi ispessiti o mucillaginosi); - aumento delle dimensioni della lesione. Sulla cute integra è normalmente presente la flora batterica denominata "flora residente", che comprende aerobi ed anaerobi ed è quasi esclusivamente costituita da Gram positivi (cocchi e bacilli).

    Figura 24: Medicazione di una lesione cutanea

    L' insorgenza di una lesione da decubito modifica radicalmente le condizioni locali, compresa la stessa flora batterica che può variare in base a diversi fattori. Inizialmente essa è rappresentata soprattutto da batteri Gram negativi, mentre nella fase rigenerativa dell'epidermide si riscontrano quelli Gram positivi. La colonizzazione batterica dell’ulcera da pressione è un evento estremamente frequente, che non compromette tuttavia la riparazione dei tessuti. L'impiego di antisettici è controverso poiché questi, abbinando all'azione antibatterica un effetto lesivo nei confronti di qualsiasi cellula, anche sana, possono danneggiare le cellule deputate alla riproduzione tissutale. Possono inoltre causare reazioni allergiche e/o irritazione locale. L'uso di antisettici, non deve essere quindi una routine, ma deve essere riservato eventualmente alle lesioni chiaramente infette o in presenza di secrezioni necrotiche (stadio III° e IV°) e nelle fasi post-escarectomia (4) (25).

    E' opportuno precedere e seguire l'applicazione con un lavaggio con Soluzione Fisiologica o Ringer Lattato. Nelle lesioni con segni d’infezione localizzata, è preferibile limitare l’utilizzo

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    dell’antisettico locale, orientando la scelta verso quelli meno dannosi, per il tempo strettamente necessario, al fine di limitare gli effetti di tossicità locale e la possibilità di selezionare germi resistenti, anche se in misura minore rispetto agli antimicrobici sistemici (3). Quando è presente una colonizzazione critica o un’infezione, andrebbe considerato l’utilizzo topico dei seguenti prodotti: - medicazioni contenenti s


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