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TRIBUNALE DI MILANO RITO COLLEGIALE SEZIONE … - unipol 04...stesso piano le notizie che c'erano...

Date post: 06-Apr-2020
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TRIBUNALE DI MILANO RITO COLLEGIALE SEZIONE I PENALE DOTT.SSA ICHINO GIOVANNA Presidente DOTT.SSA BERTOJA ANTONELLA Giudice a latere DOTT.SSA RIZZARDI BRUNA Giudice a latere VERBALE DI UDIENZA REDATTO DA FONOREGISTRAZIONE PAGINE VERBALE: n. 79 PROCEDIMENTO PENALE N. R.G. 14037/09 - 19926/08 R.G. N.R. A CARICO DI: BERNESCHI GIOVANNI ALBERTO + 20 UDIENZA DEL 04/03/2011 MI0005 Aula 1^ Penale Esito: RINVIO AL 24.03.2011 ___________________________________________________________________________ Caratteri: 102466
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TRIBUNALE DI MILANORITO COLLEGIALE SEZIONE I PENALE

DOTT.SSA ICHINO GIOVANNA PresidenteDOTT.SSA BERTOJA ANTONELLA Giudice a latereDOTT.SSA RIZZARDI BRUNA Giudice a latere

VERBALE DI UDIENZA REDATTO DA FONOREGISTRAZIONE

PAGINE VERBALE: n. 79

PROCEDIMENTO PENALE N. R.G. 14037/09 - 19926/08 R.G. N.R.

A CARICO DI: BERNESCHI GIOVANNI ALBERTO + 20

UDIENZA DEL 04/03/2011

MI0005 Aula 1^ Penale

Esito: RINVIO AL 24.03.2011___________________________________________________________________________

Caratteri: 102466

Società Cooperativa ATHENA

N. R.G. 14037/09 - 19926/08 R.G. N.R. - 04/03/2011 c/BERNESCHI GIOVANNIALBERTO + 20

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INDICE ANALITICO PROGRESSIVO

Questioni preliminari............................................................................................................... 3Deposizione Consulente IGUERA MASSIMO....................................................................... 4

Esame Difesa, Avv. Feno............................................................................................ 4Deposizione Consulente LAMANDINI MARCO................................................................ 21

Esame Difesa, Avv. Sirotti........................................................................................ 21

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TRIBUNALE DI MILANO - RITO COLLEGIALE SEZIONE I PENALEMI0005 Aula 1^ Penale

Procedimento penale n. R.G. 14037/09 - 19926/08 R.G. N.R. Udienza del 04/03/2011

DOTT.SSA ICHINO GIOVANNA PresidenteDOTT.SSA BERTOJA ANTONELLA Giudice a latereDOTT.SSA RIZZARDI BRUNA Giudice a latere

SIG.RA AMITRANO ANNALISA Ass. d'UdienzaSig.ra Quadraccia Ornella Ausiliario tecnico

PROCEDIMENTO A CARICO DI – BERNESCHI GIOVANNI ALBERTO+ 20 -

Alle ore 9.55 si apre il verbale

Questioni preliminari

PRESIDENTE – Dunque, oggi abbiamo altri due consulenti. So che

l'avvocato Sirotti ha fatto presente che è troppo presto

indicare le nove.

AVV. SIROTTI – Abbiamo il primo treno che parte alle 7.40 e

arriva a Milano alle 8.45. Noi alle nove e un quarto di

solito siamo qui.

PRESIDENTE – In realtà era un orario per un invito, perché poi

anche oggi finisce che tra un adempimento e una cosa si

comincia un po' più tardi. Era proprio un invito comunque

a essere veramente puntuali alle nove e quarto, nove e

mezza. Ieri la sua sostituta si era riservata per

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Galanti. Ci manca solo di individuare una data in cui

sentire Galanti.

AVV. SITORRI – Noi avevamo pensato per la verità di metterlo

nell'udienza di chiusura istruttoria, si era detto la

volta scorsa, il primo di aprile credo che sia, che poi è

l'udienza prevista per il controesame di tutti i

consulenti.

PRESIDENTE – No, non di tutti perché non so se le ha stato

riferito, il consulente Caltagirone verrà sentito

l'udienza del 31, quello sì alle nove del mattino perché

poi l'avvocato Severino deve andare ad un altro

dibattimento. Anche gli altri giorni cerchiamo di

iniziare il più preso possibile, comunque il 31

senz'altro bisogna iniziare alle nove. E Galanti allora

lo sentiamo il primo aprile.

* * * * * *

Deposizione Consulente IGUERA MASSIMO

il quale dà lettura della dichiarazione impegnativa

testimoniale. Il Teste viene generalizzato in aula (nato

l'8.11.1960 a Torino, residente a Pont-Saint Martin, provincia

di Aosta via Rovesciai n. 8).

Esame Difesa, Avv. Feno

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AVV. FENO – Ecco, intanto se vuole esporre al Tribunale il

quesito che le è stato proposto.

C.T.P. IGUERA – Dunque, il quesito che mi è stato sottoposto

riguarda l'esame delle operazioni compiute dalla società

GEFIP Holding SA negli anni 2004/2005, sulle azioni

ordinarie BNL, al fine di individuarne le caratteristiche

tecniche in termini di tempistica, quantità di titoli

acquistati e venduti, prezzi e confronto con i valori di

Borsa, modalità tecniche delle operazioni stesse nel

senso di operazioni a pronti, a termine, operazioni a

premi. Anche al fine di individuare attraverso questo

riepilogo delle operazioni stesse una logica

dell'investitore nello svolgimento della sua strategia. A

questo fine il metodo è stato quello di raccogliere

presso la società GEFIP Holding la documentazione

contabile e aziendale relativa alle operazioni stesse.

Quindi diciamo dalla documentazione analitica degli

estratti conto, corrispondenza commerciale con gli

intermediari e altra documentazione contabile, ovviamente

i bilanci, esaminare queste operazioni nel loro contenuto

tecnico e il più è stato metterle in correlazione con il

momento storico nel quale le operazioni stesse venivano

effettuate al fine di individuare quali erano i trend che

il mercato in quel particolare momento evidenziava

traendo le notizie relative sia dai report degli analisti

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finanziari che davano indicazioni sulle ipotesi di

acquisto proponibili alla clientela, sia soprattutto

facendo riferimento alle notizie che apparivano sulla

stampa finanziaria specializzata con riferimento

specifico al titolo BNL. In questo modo il metodo è stato

quindi quello di cercare di abbinare le operazioni

compiute da GEFIP con il momento storico e con le notizie

che erano pubblicamente disponibili per gli investitori

che potevano quindi indirizzare gli investitori stessi in

un modo o nell'altro. A questo proposito per essere

diciamo maggiormente trasparenti, la ricerca è stata

fatta, come ho detto, sia sui report degli analisti, sia

più in particolare, più specificamente facendo

riferimento a notizie pubblicamente disponibili per il

mercato più vasto quali quelle delle pagine finanziarie

specializzate dei quotidiano nazionali, in particolare il

Corriere della Sera e La Repubblica che si sono occupati

molto di questo titolo degli anni considerati.

AVV. FENO – Ecco, le chiederei intanto di chiarire chi è GEFIP

e come risulta effettivamente abbia aderito al

contropatto e per quale ammontare, in modo da presentare

diciamo il soggetto.

C.T.P. IGUERA – GEFIP, il nome completo è GEFIP Holding SA, è

una societé anonyme costituita ai sensi della legge

belga, è stata costituita nel 1999 ed ha come oggetto

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sociale quello di una società di investimento, quindi ha

un patrimonio netto considerevole perché fin dalla

costituzione aveva un capitale sociale di circa 27

milioni di euro a cui si aggiungeva un sovraprezzo di

altri 99 milioni di euro. Questo patrimonio viene

investito in operazioni sia di immobilizzo, quindi

partecipazioni che si vogliono controllare o collegare,

sia per operazioni di trading su titoli azionari,

obbligazionari italiani ed esteri. Il trading è una delle

attività più importanti, tanto per dare una indicazione

esemplificativa, nell'anno 2005 di cui parliamo a questi

fini, la GEFIP aveva fatto circa 120 se non oltre, 120

operazioni in titoli diverse da quelle che ha fatto su

BNL, quindi quella era la sua attività. La GEFIP, come ho

detto, è una società di diritto belga, con azioni

interamente nominative, opera negli uffici di Bruxelles

fin dal 1999 e negli uffici di Bruxelles si trova il team

che opera sui titoli che è composto da tre persone più

l'amministratore delegato, il dottor Luca Bonsignore, che

è poi la persona che gestisce direttamente l'attività

d'investimento.

AVV. FENO – Ecco, adesso se può, una volta chiarite le fonti

che lei ha riferito, spiegarci il metodo che ha seguito

per l'analisi e i risultati a cui è pervenuto.

C.T.P. IGUERA – Sì. Come dicevo, ho cercato di mettere sullo

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stesso piano le notizie che c'erano per gli investitori

pubblicamente disponibili, che indicavano appunto agli

investitori quali erano le tendenze, le attese sul titolo

BNL e dall'altra parte quelli che erano i comportamenti

di GEFIP Holding in relazione a questo titolo. Sulla base

di questa analisi sono poi arrivato a raggruppare tutte

le operazioni compiute da BNL nel periodo considerato,

cioè tra aprile 2004 e luglio 2005, in alcuni gruppo di

operazioni che si caratterizzano per omogeneità di

tipologia di operazioni. Passerei a questo punto ad

illustrare partendo dalla prima operazione. La prima

operazione è un'operazione di acquisto di ammontare non

particolarmente significativo se comparato con quelle

successive, ed è avvenuta il 13 aprile 2004. Forse vale

la pena di fare una breve premessa su quello che appariva

sulla stampa specializzata con riferimento al titolo BNL,

se ne parlava almeno dalla metà del 2003, era un titolo

che era costantemente indicato come un titolo

interessante per gli investitori e aveva avuto una

crescita costante delle sue quotazioni, una crescita

costante anche dei retail price che venivano fissati

dagli analisti finanziari che esaminavano la situazione.

I motivi di questo apprezzamento erano vari, il primo era

quello di un'attesa redditività aziendale, la società si

stava ristrutturando e le prospettive viste dagli

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analisti erano buone, ma soprattutto c'erano notizie di

possibili riassetti azionari. Quindi queste notizie

venivano riportare dalla stampa e ovviamente davano

alimento alle attese degli investitori e quindi alle

quotazioni dei titoli.

AVV. FENO – Dottore, se può avvicinare un po' il microfono

perché mi dicono che non si sente bene la sua voce.

C.T.P. IGUERA – Mi scusi. Quindi diciamo attesa di redditività

futura della società, attesa di riassetti azionari che

quindi avrebbero giocato ipoteticamente in maniera

favorevole sulla quotazione del titolo e in particolare

l'attesa, l'interesse per il titolo che era stato

manifestato da alcuni investitori particolarmente

importanti, ad esempio i fondi di investimento si stavano

interessando a BNL. Quindi diciamo era un titolo che

poteva essere di interesse per un investitore GEFIP in

qualità di investitore dedicato a questo tipo di

attività. Tornando all'inizio, il 13 aprile 2004 comprò

le prime circa 500 mila azioni pagandole circa 2 euro

per azioni per un investimento complessivo di un milione

di euro e questa fu la prima operazione. Il passaggio

successivo dal punto di vista temporale va dalla metà di

giugno alla metà di luglio dello stesso anno 2004, in

questo periodo, attraverso una serie di operazioni

compiute nei vari giorni, dal 21 giugno al 12 luglio,

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GEFIP acquistò un pacchetto interessante di azioni, mi

pare circa 21.5 milioni di azioni ordinarie per un

investimento complessivo di 40 milioni di euro circa.

Questo investimento venne fatto in Borsa e portò

all'esito di tutti questi acquisti al 21 luglio la

società a detenere un pacchetto di 22 milioni di azioni

pari circa all'1% del capitale sociale con diritto di

voto della BNL. Che cos'era successo nel periodo tra il

primo e il secondo acquisto? Erano continuati i rumor sul

titolo BNL che evidentemente era molto interessante.

C'erano stati diciamo due momenti, un primo momento nel

quale, dopo che era stato sottoscritto il patto tra gli

azionisti, quello che governava la società, il titolo

aveva perso quota sul mercato, questo evidentemente

perché nell'attesa degli investitori la presenza di un

gruppo di controllo poteva rendere meno contendibile

l'azione e quindi il corso ne era risultato depresso.

Però da un certo momento in avanti, le comunicazioni che

avevano fatto alcuni importanti investitori tra i quali

Caltagirone e le Generali, che avevano incrementato in

maniera importante le loro quote, avevano ravvivato il

fuoco degli investitori, per cui il titolo aveva

ricominciato a salire. Sulla scorta di queste attese di

risalita del titolo, come dicevo tra giugno e luglio

GEFIP compra un importante pacchetti di azioni che la

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porta appunto ad avere l'1% del capitale sociale. A

luglio si verifica poi un altro fatto importante e cioè

la costituzione del cosiddetto contropatto, che raggruppa

in sé gli azionisti alternativi nel governo della società

rispetto al patto che era stato costituito alcuni mesi

prima. Il contropatto viene sottoscritto da GEFIP il 16

luglio ed entra poi in vigore il 20 luglio quanto vengono

raccolte tutte le adesioni dei vari contro pattisti.

GEFIP conferisce nel contropatto tutti i 22 milioni di

azioni che aveva in quel momento. Questo è un aspetto

importante su cui tornerò successivamente perché diciamo

definisce un po' la strategia dell'investimento della

società. Noi vedremo che con gli acquisti successivi

GEFIP riuscirà ad acquistare un massimo di circa 127

milioni di azioni, di queste però soltanto le originarie

22 milioni, quelle di cui abbiamo parlato fino adesso,

verranno sindacate nel contropatto, a queste in effetti

si aggiungeranno soltanto circa 7 milioni 700 mila azioni

ulteriori che però sono quelle che sono arrivate a GEFIP

a seguito dell'esercizio dei diritti di opzione che le

sono spettati in sede di aumento di capitale. Quindi sul

totale del pacchetto massimo che deteneva GEFIP, che era

di circa 127 milioni di azioni, soltanto 29 milioni di

azioni vennero sindacate e quindi bloccate ai fini del

governo della società. Questo dà un'indicazione, secondo

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me, della strategia dell'investitore, il quale da una

parte è ovviamente interessato al governo della società o

perlomeno a tentare di arrivare al governo, e come

vedremo poi l'azione del contropatto non ottenne un

risultato positivo, però si impegna limitatamente a una

percentuale abbastanza ridotta, il resto invece viene

tenuto libero a disposizione con un'ottica speculativa al

fine di cogliere eventuali opportunità nel caso di rialzo

del titolo e di possibilità di ottenere delle

plusvalenze. Il terzo passaggio significativo

dell'investimento, quindi fino a questo punto riepilogo

soltanto un acquisto del 13 aprile di importo abbastanza

limitato, un acquisto significativo per 21 milioni e

mezzo di titoli tra giugno e luglio, arriviamo a dicembre

sempre del 2004, a dicembre del 2004 ci sono tre acquisti

molto importanti, un primo acquisto è quello del 6 di

dicembre, GEFIP stipula due opzioni, una put e una call

con lo stesso intermediario, che le consentono di

esercitare la call, quindi di richiedere l'acquisto alla

scadenza del 28 di dicembre di 59 milioni e mezzo di

titoli azionari. Questa opzione è un'opzione ovviamente

speculativa nel senso che GEFIP si aspettava una salita

dei corsi e quindi ha scommesso uno strike price più

basso di quello che si attendeva il corso avrebbe avuto

il 28 di dicembre, perché dal momento che le cose si sono

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effettivamente verificate come auspicato, il 28 di

dicembre GEFIP (inc.), quindi è diventata proprietaria di

questi 59 milioni e mezzo di azioni. Il 7 dicembre ha

inoltre acquistato altri 38 milioni circa di azioni e il

10 di dicembre ha sottoscritto l'aumento di capitale per

la quota spettante ad essa sulla base dei diritti di

opzione per quei 7 milioni 700 mila azioni di cui

dicevamo prima. In totale al 18 di dicembre, eseguita la

call stipulata il 6 di dicembre precedente, GEFIP si

ritrova con circa 127 milioni di azioni di BNL, quindi

con oltre al 4% del capitale sociale. Questo è il picco

massimo nella storia dell'investimento su questo titolo.

È importante rilevare che gli acquisti nella storia, lo

vedremo poi nei passi successivi che andrò a commentare,

si fermano qua, cioè abbiamo l'acquisto del 13 di aprile,

l'acquisto di giugno/luglio e l'acquisto di dicembre. Da

lì in avanti ci saranno sì degli acquisti, ma saranno

solamente operazioni di trading nel senso che da lì in

avanti già a partire dai primi giorni di gennaio, GEFIP

venderà soltanto, e quindi diminuirà la propria

partecipazione, oppure farà operazioni baciate, quindi

farà degli acquisti ma collegati strettamente a una

vendita immediata. Operazioni speculative fatte per

maturare delle plusvalenze nell'attesa di un rialzo, come

vedremo poi in alcuni casi la plusvalenza c'è stata, in

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altri casi invece l'operazione non è stata fortunata.

Quindi, come dicevo, arriviamo a questa data, 28 di

dicembre con 127 milioni di azioni e da lì si inizia a

vendere. Il 5/6 gennaio del 2005 in effetti ci sono le

prime vendite, vengono venduti complessivamente 38

milioni e mezzo di azioni che vengono vendute in Borsa

con una consistente plusvalenza; un'altra vendita viene

effettuata alla fine di gennaio per altri 3 milioni di

titoli, e quindi diciamo si tratta di evidenti prese di

beneficio. Gli acquisti erano stati fatti evidentemente

nei momenti favorevoli e quindi il costo delle azioni in

carico a GEFIP era modesto rispetto ai valori di Borsa e

quindi l'investitore in quel momento prende il beneficio

e consegue le plusvalenze per almeno una parte

dell'investimento stesso. Da lì in avanti, come dicevo,

non ci sono ulteriori acquisti, ma ci sono solamente

delle operazioni speculative, in particolare ci sono

quattro operazioni tra il 21 marzo 2005 e il 18 luglio

2005, tutte organizzate, diciamo strutturate nello stesso

modo. GEFIP acquista una call, quindi il diritto di

acquistare a scadenza le azioni e vende una put, quindi

concede alla controparte il diritto di vendere a sua

volta a scadenza le azioni, sempre ipotizzando un rialzo

dei corsi. Sono tre operazioni che vengono fatte sempre

su un pacchetto di 35 milioni di titoli, sempre con la

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stessa controparte che si susseguono nel tempo con questa

ritmica. Come dicevo, in tre occasioni su quattro,

l'operazione genera un risultato positivo, quindi c'è una

plusvalenza significativa per l'investitore, in un caso,

l'ultimo in particolare, la scommessa, se posso dire

così, non riesce e invece c'è una minusvalenza come è

logico che accada nel campo degli investimenti. Dopo

tutte queste operazioni, rimangono nel portafoglio di

GEFIP 85 milioni e 875 mila azioni circa che sono quelle

che entrano poi nell'ambito della negoziazione con

Deutsche Bank, negoziazione che costituisce l'ultimo

passaggio della storia degli investimenti su questo

titolo. Le negoziazione con Deutsche Bank iniziano il 15

di luglio a seguito di contatti precedenti già dal 13

luglio; inizialmente Deutsche Bank offre un prezzo di

2.693 euro per azione e si offre di acquistare un

pacchetto di 85 milioni di azioni tondo. Ci sono cinque

successive versioni del contratto di vendita delle

azioni, nelle quali vengono successivamente affinate le

condizioni tra le due controparti, in particolare le

condizioni economiche. Alla fine il prezzo di vendita del

time shift finale è quello del 18 luglio sottoscritto tra

le parti, è un prezzo di 2.7 euro all'azione contro i

2.693 che erano la proposta originale di Deutsche Bank e

viene venduto l'interno pacchetto posseduto da GEFIP e

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quindi non solo 85 milioni di azioni tonde ma anche le

altre 875 mila azioni che erano nel portafoglio; in più

data la modalità di esecuzione dell'operazione che

prevedeva anche qua una put e call con stipula il 18

luglio e con scadenza di esecuzione il 18 gennaio 2006,

Deutsche Bank riconosce a GEFIP un cosiddetto floating

price, un prezzo variabile che si aggiunge ai 2.70 euro

per azione, questo floating price è pari a 2.65% per il

capitale negoziato, per il numero dei giorni tra il 18

luglio e la data di esecuzione che poi sarà

effettivamente il 18 gennaio 2006. Diciamo questa

negoziazione con Deutsche Bank, tenuto conto della

variazione del prezzo da 2.693 euro al 7.7 euro per

operazione e dell'aumentato pacchetto ceduto, ha

consentito a GEFIP di ottenere un maggior corrispettivo

di vendita rispetto a quello da cui si era partiti

all'inizio della negoziazione di circa 3 milioni di euro

e questo in un periodo abbastanza breve a testimonianza

dell'importanza della negoziazione compiuta. Va detto che

in quel momento esisteva per GEFIP una possibilità

alternativa che era quella dell'offerta pubblica di

scambio lanciata dal Banco Bilbao. Il 18 luglio GEFIP

aveva la possibilità di vendere a Deutsche Bank alle

condizioni che ho illustrato, oppure aderire all'offerta

pubblica di scambio. Dal punto di vista strettamente

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economico e finanziario le condizioni di Deutsche Bank

risultavano più favorevoli in questo senso: il valore

implicito dell'offerta Deutsche Bank al 18 luglio,

prendendo il valore implicito dell'offerta di BBVA del 18

luglio, quindi prendendo il valore delle azioni BBVA e

dividendolo per cinque era di 2.65 euro per azioni. Come

ho detto prima, il prezzo offerta da

Deutsche Bank è stato invece 2.70 euro per azioni, quindi

5 centesimi per azione in più e inoltre c'è questo

floating price che da solo valeva una cifra consistente.

E in più si trattava ovviamente di scegliere se vendere

contro denaro e vendere contro azioni con i rischi e le

opportunità connesse ad una transazione carta contro

carte invece che carta contro denaro. Sulla base del

calcolo fatto in maniera sintetica, cioè tenendo conto

della differenza dei 5 centesimi e tenendo conto del

floating price, la differenza basata su questi fattori a

favore dell'offerta Deutsche Bank era di circa 7.7

milioni di euro tenendo conto dell'intero pacchetto

ceduto, quindi una scelta che sotto questo profilo si

giustifica economicamente.

AVV. FENO – Ecco, quindi riassumendo, lei lo aveva già

anticipato, nel complesso delle azioni BNL trattate in

questo arco di tempo, che sono le uniche da GEFIP,

abbiamo un ammontare, lo vuole dire lei, di quanto è

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stato acquistato e poi ceduto in relazione invece a

quello che era stata la parte sindacata e poi ceduta.

C.T.P. IGUERA – L'ammontare massimo di azioni possedute da

GEFIP è quello che ha ottenuto il 28 dicembre 2004 in cui

è arrivata a 127 milioni 400 mila azioni circa, di queste

sono state sindacate soltanto le originarie 22 milioni

più le 7.7 milioni che sono derivate dall'aumento di

capitale nel limite del diritto di opzione, quindi

diciamo un 29 milioni 700 mila azioni su 127 milioni e

rotti.

AVV. FENO – Per quanto riguarda la controparte in generale

c'erano parti preindividuate in taluni casi, vendita ai

blocchi e vendita anche sul mercato? O ha riscontrato

solo una di queste modalità di cessione?

C.T.P. IGUERA – La controparte diciamo come intermediario è

sempre stata anche nelle operazioni di opzione la

medesima, le vendite, che poi sono quelle particolarmente

importanti, sono avvenute sul mercato, in particolare

quelle di gennaio sono operazioni fatte in Borsa ai

prezzi di Borsa; in alcuni casi si è operato anche ai

blocchi.

AVV. FENO – Benissimo. Le chiedo ancora un'ultima cosa. Per

quanto riguarda le negoziazione da chi sono state poste

in essere? Lei ha visionato naturalmente gli strumenti

contrattuali.

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C.T.P. IGUERA – Le operazioni, diciamo quelle day to day che

io ho visto erano basate su corrispondenza commerciale su

ordini emanati dal dottor Luca Bonsignore che era

l'amministratore delegato della società, il time shift

finale diciamo con Deutsche Bank, quello del 18 luglio

anche è stato sottoscritto dai rappresentanti di Deutsche

Bank a Londra e da una parte dal dottor Luca Bonsignore

in qualità di amministratore delegato.

AVV. FENO – Grazie. Non ho altre domande.

PRESIDENTE – Grazie. Allora pensavo, siccome può darsi che non

per tutti i consulenti ci sia un controesame, per evitare

di far venire dei consulenti inutilmente, entro il 25 di

marzo le parti dovranno, per la difesa Caltagirone lo si

sa già e anche per Gualtieri, ma per gli altri consulenti

se il Pubblico Ministero vuole fare delle domande o se

qualcuno vuole farlo penso non ci sia problema, comunque

entro il 25 marzo le parti devono dichiarare quali

controesami intendono fare in modo da poter citare o non

citare.

DIFESA – Per quanto ci riguarda sarebbe il primo aprile.

PRESIDENTE – Sarebbe il primo aprile. Allora la ringraziamo

molto di essere venuto, l'avvocato le farà sapere se il

primo aprile ci sarà un controesame o meno.

Esaurite le domande, il Consulente viene congedato.

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PRESIDENTE – Avvocato, voi avete anche un testo da depositare?

questi sono pasticciati, perché noi ci facciamo degli

appunti. Per caso ne ha un copia in più cartacea da

allegare al verbale?

AVV. FENO – (intervento svolto fuori microfono)

PRESIDENTE – Grazie.

AVV. STICCHI – Presidente, mi scusi, sto depositando le slide

sia cartacee che su CD, e mi sono accorta che nelle

conclusioni c'è un'Opa al posto di Ops, ho fatto la

modifica sul cartaceo, però vorrei dare atto non è la

modifica riportata anche sul CD.

PRESIDENTE – Va bene. L'avvocato Sirotti deposita anche il

parere pro veritate richiamato per Cooperativa Adriatica.

È corretto? Voi qui lo chiamate "Parere pro veritate" per

la Cooperativa Adriatica.

AVV. SIROTTI – Sì.

PRESIDENTE – E l'altro è una consulenza tecnica. Li ha

depositati in doppio formato?

AVV. SIROTTI – No, il formato informatico ancora non c'è, ma

lo depositeremo la prossima settimana.

PRESIDENTE – Anche prima perché il Pubblico Ministero desidera

averlo in tempo utile per la propria...

AVV. SIROTTI – Direi che lo inviamo via e-mail già lunedì e

poi depositiamo il dischetto in cancelleria nei giorni

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successivi. Ecco, Presidente, i nostri due consulenti,

che sono il professor Lamandini e il professor Manzo,

intervengono diciamo su quesiti specifici, non

affronteranno, come farà invece il consulente di Unipol,

tutti i temi sottesi nel capo di imputazione, ma

porteranno alcuni argomenti che ci sono parsi più

significativi per la posizione di Coop Adriatica e le

responsabilità secondo la contestazione dell'apicale che

ha determinato l'incolpazione ai fini 231 della

cooperativa.

* * * * * *

Deposizione Consulente LAMANDINI MARCO

il quale dà lettura della dichiarazione impegnativa

testimoniale. Il Teste viene generalizzato in aula (nato il

3.7.1966, domiciliato a Bologna Strada Maggiore n. 47;

insegnante di Diritto Commerciale all'Università di Bologna).

Esame Difesa, Avv. SirottiAVV. SIROTTI – Ecco, professore se vuole illustrare i quesiti,

o forse è meglio procedere quesito per quesito. Quindi se

vuole illustrare il primo quesito e l'opinione che si è

formata.

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C.T.P. LAMANDINI – Sì. Mi sono stati posti quattro quesiti

specifici collegati alla disciplina delle offerte

pubbliche di acquisto, quindi questione di natura

extrapenale rilevante credo ai fini della valutazione

penale di cui si discute in questo processo. Il primo

quesito che mi è stato posto è il seguente: "Se in

pendenza di un'offerta pubblica di acquisto o scambio

segnatamente quella promossa da BBVA il cui periodo di

adesione decorreva dal 20 giugno al 22 luglio 2005

inclusi, salvo proroga, eventuali antagonisti

dell'offerente fossero obbligatoriamente tenuti, in base

alla disciplina in tema di offerte pubbliche di acquisto

vigente nel 2005, a promuovere un'offerta pubblica di

acquisto o scambio concorrente nel quadro della procedura

di offerta attivata dal primo offerente, o potessero

viceversa acquisire azioni senza ricorrere ad un'offerta

pubblica di acquisto preventiva promuovendo tuttavia

un'offerta pubblica di acquisto successiva totalitaria

allorché avessero superato, per effetto di tali acquisti

titolo oneroso, la soglia dell'articolo 106 del Testo

Unico della Finanza".

A questo primo quesito a me pare che la risposta debba

essere con sicurezza che non vi era un obbligo nel

sistema di offerta pubblica di acquisto concorrente, e la

ragione per cui questa conclusione mi pare si possa

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raggiungere con assoluta sicurezza sta nel fatto che il

Testo Unico della Finanza vigente a quella data prevedeva

soltanto tre ipotesi di offerta pubblica obbligatoria.

L'offerta pubblica obbligatoria, l'articolo 106, e quella

successiva che per l'appunto diveniva obbligatoria al

superamento della soglia del 30% dei diritti di voto, è

l'offerta da incrementare o incrementativo da

consolidamento che ricorreva in due ipotesi, sia

nell'ipotesi in cui si avesse più del 30% ma meno del 50%

più un'azione, si incrementasse la partecipazione in

corso di anno, nei 12 mesi, per più del 3%, ovvero si

fosse lanciata per acquisire il controllo della società

un'offerta pubblica di acquisto preventiva, la quale, nel

Testo Unico della Finanza, costituisce diciamo una

facilitazione dal punto di vista della diminuzione del

costo rispetto a quella totalitaria perché è consentita

anche come preventiva parziale, ma successivamente, nei

12 mesi dopo la chiusura dell'offerta preventiva, fossero

effettuati acquisti superiori all'1%. Terza ipotesi,

l'ipotesi dell'offerta pubblica residuale che ricorre

allorché si avesse almeno il 90% dei diritti di voto

rilevanti ai fini della disciplina del controllo. Al di

fuori di queste tre ipotesi, nessuna altra ipotesi di

obbligo di promozione dell'offerta era previsto e devo

dire che la dottrina unanime, per quanto mi è stato

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possibile, peraltro con diligenza credo, censire, la

dottrina unanime è consolidata nel senso di ritenere che

nessun'altra ipotesi potesse essere dedotta

interpretativamente perché naturalmente si è di fronte ad

una ipotesi di compressione dell'autonomia privata,

sicché l'imposizione dell'obbligo deve essere

espressamente previsto. Da qui la prima conclusione,

dunque, è che non vi era nel sistema un obbligo di

offerta pubblica e di acquisto concorrente. Mi piace

anche solo segnalare come la ratio dell'offerta pubblica

e di acquisto concorrente in realtà vada ricercata,

secondo la migliore letteratura e in questo gli americano

hanno lavorato molto negli anni, in una finalità che è

quella di alleviare per quanto possibile la cosiddetta

coazione a vendere che graverebbe, a fronte della

promozione di un'offerta pubblica di acquisto, sugli

azionisti. Quindi la finalità è una finalità diciamo

facilitativa nel senso di evitare che il primo che si

prospetta offerente abbia un vantaggio differenziale

rispetto ad altri potenziali antagonisti. Ma se questo è,

è bene evidente che l'istituto rispetto a coloro che

avessero un interesse a lanciare un'offerta alternativa

prevede la sua facoltatività e non la sua obbligatorietà.

Una seconda questione collegata allora all'obbligo di

lanciare l'offerta pubblica di acquisto concorrente che

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mi sono posto è: ma può poi interpretativamente sostenere

sicché al semplice maturare eventualmente dell'intenzione

di contrastare un'offerta pendente consegua l'obbligo di

promuovere a maggior ragione immediatamente l'offerta

pubblica di acquisto? L'argomento è in parte già

assorbito da quanto ho appena detto, ma quello che qui mi

preme osservare è come la mera intenzione o l'intenzione

di lanciare un'offerta pubblica di acquisto se ancora

assumeva una qualche rilevanza nella legge originaria

italiana, cioè quella del 1992, il cui articolo 10

prevedeva che si dovesse lanciare un'offerta pubblica di

acquisto preventiva laddove si avesse l'intenzione di

acquisire il controllo, salvo poi prevedere che laddove

non fosse stata lanciata l'offerta preventiva si doveva

provvedere con un'Opa successiva, quindi quell'obbligo di

lanciare l'offerta, così si esprimeva la norma, in realtà

era un onere. Ma se ancora questo poteva essere vero

nella vigenza della prima disciplina, con sicurezza non

lo era più nel Testo Unico della Finanza che aveva fatto

una scelta di politica del diritto chiarissima, che era

stata proprio nel senso di eliminare l'obbligo di offerta

pubblica di acquisto preventiva salvo la preventiva di

cui all'articolo 107 che era però una facilitazione sotto

il profilo anche dell'onere finanziario complessivamente

determinato rispetto all'Opa successiva, quindi eliminava

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l'Opa preventiva a favore del rimedio dell'Opa

totalitaria successiva. Quindi anche sotto questo profilo

mi pare che una lettura sistematica, anche orientata

diciamo in relazione al susseguirsi delle fonti in questa

materia, con sicurezza porti a escludere che la mera

intenzione quand'anche nei fatti fosse riscontrabile

un'intenzione, io su questo naturalmente non entro

trattandosi di valutazione dei fatti, ma la mera

intenzione sotto il profilo della disciplina dell'Opa

all'epoca vigente era tale da non poter in nessun modo

determinare l'insorgenza di un obbligo di un'offerta

pubblica di acquisto. Detto questo, poiché, diciamo così,

il quesito che mi era stato posto era non solo di dire se

avesse l'obbligo di lanciare un'offerta pubblica di

acquisto concorrente, ma anche di dire se effettivamente

gli antagonisti rispetto al primo offerente potessero

acquisire azioni senza ricorrere all'offerta concorrente

per poi lanciare l'offerta pubblica di acquisto

successiva, segnalo, per quanto sia senz'altro noto al

Tribunale, che non vi è dubbio che non esistesse nella

disciplina all'epoca vigente alcuna restrizione con

riferimento agli acquisti che potevano essere effettuati

da soggetti che erano azionisti della società bersaglio,

ma che erano diversi dai cosiddetti soggetti interessati,

cioè un ristretto novero di soggetti indicati dal

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regolamento Consob, i cui acquisti viceversa erano

soggetti a particolari regole che erano norme di

correttezza e a norme di trasparenza indicate dal

regolamento emittenti. Quindi anche sotto questo profilo

diciamo la disciplina in materia di offerta pubblica di

acquisto mi pare che non offra alcun elemento per dire

che coloro che fossero già azionisti della società o

coloro che pur non essendolo a quella data ma volessero

proporsi come antagonisti di un'offerta pendente, non

potessero operare su titoli della società oggetto

dell'offerta trattandosi con sicurezza di operazioni

ammesse, ammesse addirittura all'offerente e ai soggetti

interessati seppure a certe condizioni. Quindi a maggior

ragione da ritenersi perfettamente legittime sotto questo

profilo della disciplina Opa con riferimento ai soggetti

ora indicati. Questa è mi pare la risposta che io ho dato

al primo quesito ed è una risposta che si conclude nel

parere dicendo quindi che non vi erano da questo punto di

vista ostacoli, non vi era un obbligo di promozione

dell'offerta pubblica di acquisto né vi erano ostacoli

alla acquisizione di azioni purché naturalmente al

superamento della soglia del 30% venisse poi lanciata,

promossa nella forme previste dal Testo Unico, di cui poi

parleremo, l'offerta pubblica di acquisto totalitaria

successiva.

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AVV. SIROTTI – Prego, professore, se vuole a questo punto

illustrare il quesito due.

C.T.P. LAMANDINI – Sì. Il quesito due era il seguente: "Se è

avvenuto il 18 luglio 2005 la comunicazione di Unipol di

superamento unitamente ai soggetti che agivano in

concerto con essa della soglia prevista dall'articolo 106

TUF, e quindi la comunicazione del sopravvenuto obbligo

di promuovere un'offerta pubblica di acquisto successiva

sulle azioni BNL, si tratta ai tempi di 1 miliardo 836

mila 334 azioni BNL corrispondenti al 59.4% del capitale

sociale deliberato – questo è un dato tratto dal

prospetto di Opa Unipol -; se la disciplina del tempo

applicabile consentisse o meno al primo offerente di

modificare al rialzo il prezzo della stessa e/o di

chiedere un proroga dell'offerta pendente; se in caso di

modifica, rialzo del prezzo da parte di BBVA, Unipol e i

soggetti che agivano di concerto con Unipol potessero

aderire tutti o parte di essi all'offerta modificata di

BBVA malgrado gli accordi tra gli stessi intercorsi". Qui

naturalmente si fa riferimento alla questione se il

comunicato con il quale Unipol informava di avere

raggiunto accordi per l'acquisto dal contropatto e

comunicava di avere sottoscritto quei patti parasociali

che raccoglievano circa il 42% delle azioni con diritto

di voto il 18 di luglio, effettivamente avesse una

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valenza, diciamo così, causale rispetto al comportamento

di BBVA da impedirne un'utile reazione nella contesa per

il controllo societario. Allora la risposta è

naturalmente articolata in relazione ai diversi quesiti,

naturalmente è una risposta che riguarda il diritto

applicabile. Altri credo abbiano già riferito di questo,

comunque non vi è dubbio che il rialzo del corrispettivo

di offerta di BBVA fosse ancora possibile e l'articolo 43

del regolamento emittenti vigente a quella data prevedeva

che "le offerte di aumento e le altre modifiche

dell'offerta sono comunicate ai sensi dell'articolo 37,

pubblicate con le stesse modalità dell'offerta originaria

fino a tre giorni prima della data prevista per la

chiusura del periodo di adesione". E poiché il periodo di

adesione si concludeva il 22 di luglio incluso,

naturalmente fino a tre giorni prima la possibilità del

rialzo del corrispettivo era in diritto senz'altro

possibile. Devo anche dire che assume significato dunque

la circostanza che il 18 di luglio precede di almeno un

giorno, il 19 di luglio, la data di chiusura del periodo

teorico di rialzo. Devo anche rilevare che peraltro già

alla data del 20 di giugno ho visto che c'era stato un

comunicato che gli americani chiamavano (inc.) cioè che

lasciava aperte tre posizioni possibili, cioè diceva:

Unipol sta valutando quale sia la sua strategia di

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investimento più appropriata rispetto alla offerta BBVA

pendente, e in questo quadro valuta sia la possibilità di

mantenere la partecipazione, sia quella di aderire

all'Opa... Ops di BBVA, sia viceversa quella di

promuovere un'offerta pubblica, eventualmente promuovere

un'offerta pubblica di acquisto. Comunicato che

richiamava anche la circostanza che queste tre

possibilità erano state comunicate a Consob se non

sbaglio il 30 di maggio di quello stesso anno. Segnalo

anche che i comunicati che ho visto, e in particolare i

comunicati del primo di luglio, 7 di luglio, 8 di luglio

erano comunicati che informavano il mercato circa

l'esistenza... il primo di luglio comunicava che ribadiva

l'apertura di questi tre scenari possibili e poi

comunicavano che erano in corso contatti, trattative con

il contropatto. Questo solo per dire che per quello che

mi è stato possibile soltanto verificare leggendo i

comunicati diffusi all'epoca, quel dato forse un po'

impressionistico in forza del quale uno dice: sì, il

termine si chiudeva però un giorno dopo, quindi poteva

essere in linea di fatto un termine troppo stretto per

poter assumere una reazione, in realtà deve essere letto,

mi pare alla luce anche di queste informazioni

precedentemente concesse, in quanto è evidente, che nel

quadro di un'offerta pubblica di acquisto, i concorrenti,

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in particolare gli offerenti, come dire, una volta che

hanno promosso l'offerta, l'unico vero tema del quale

devono occuparsi con grande attenzione è capire se

quell'offerta è percepita come un'offerta congrua dal

mercato e quindi ha una possibilità effettiva di

successo, oppure richieda degli aggiustamenti al rialzo

per poter conseguire l'effetto sperato. E questi elementi

informativi disponibili sul mercato mi pare che

portassero a ritenere che ben prima del 18 di luglio vi

fossero sul tappeto elementi informativi che

consentissero a BBVA di valutare come possibilità quella

di eventualmente aumentare il corrispettivo.

Corrispettivo che, comunque ripeto, poteva essere

aumentato anche dopo il comunicato del 18. Seconda

questione che mi sono posto è: ma poteva essere prorogata

l'offerta? E questo proprio al fine di comprendere in che

misura effettivamente la strategia degli antagonisti di

BBVA avesse impedito una razionale reazione che avrebbe

potuto essere anche vittoriosa da parte del primo

offerente. E a questo proposito, dunque, sotto il profilo

della proroga, la norma di riferimento è l'articolo 40

comma 2 del regolamento emittenti all'epoca vigente, che

disponeva non già di un vero e proprio diritto soggettivo

del primo offerente a prorogare unilateralmente

l'offerta. Su questo tema devo dire al Tribunale che ho

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perplessità che potesse farlo perché in verità era bensì

prevista la possibilità per l'offerente di riservarsi la

possibilità di prorogare il termine dell'offerta, ma solo

con riferimento all'ipotesi in cui il periodo di adesione

fosse inferiore al massimo consentito per legge, 40

giorni, e nel prospetto informativo l'offerente si fosse

riservata la possibilità, in questo caso poi la proroga

avrebbe potuto essere solo di quel tempo necessario a

raggiungere complessivamente i 40 giorni, allora nel caso

di BBVA, che era un'offerta di 33 giorni, avrebbe voluto

dire al limite una proroga unilaterale, diciamo, che

l'offerente avrebbe potuto riservarsi di sette giorni.

Non è questo il caso perché poi anche la migliore

dottrina che ha studiato questo argomento dice: sì,

attenzione che però anche in questo caso se non c'era la

previsione nel prospetto, certamente la possibilità di

esercitarlo è quantomeno dubbia. E questo mi sembra il

caso. Diversa invece la soluzione di cui all'articolo 40

comma 2, qui BBVA sicuramente poteva chiedere a Consob di

disporre la proroga dell'offerta. L'articolo 40 comma 2

recita: "La Consob, sentiti l'offerente e la società di

gestione può con provvedimento motivato dall'esigenza di

corretto svolgimento dell'offerta e di tutela degli

investitori, prorogarne la durata fino ad un massimo di

55 giorni". Ora la proroga doveva essere naturalmente

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chiesta nei limiti di questi 55 giorni complessivi, se

fosse stata chiesta in questi limiti avrebbe portato

l'offerta originaria a scadere, se non ho sbagliato i

conti, il 13 di agosto del 2005. C'è da chiedersi: ma

Consob avrebbe concesso questa proroga? È naturalmente

una valutazione ipotetica, ma credo che vi siano

argomenti per ritenere che ben difficilmente Consob non

avrebbe concesso questa proroga perché il perdurare della

contesa per il controllo specie a fronte di una modifica

del corrispettivo da parte di BBVA, avrebbe sicuramente

trovato giustificazione nella tutela degli investitori

che è il parametro di riferimento a cui la norma

subordina il processo valutativo di Consob.

GIUDICE – Chiedo scusa. Quindi questa possibilità di proroga

di cui stiamo parlando era collegata al rilancio?

C.T.P. LAMANDINI – Questa possibilità non è strettamente

collegata al rilancio, no, no, è soltanto un'opzione,

anche senza rilancio.

AVV. SIROTTI – Però il periodo di eventuale proroga poteva

essere utilizzato per valutare un eventuale rilancio.

C.T.P. LAMANDINI – Certamente. Certamente. Devo anche

segnalare che oltre alla possibilità di proroga prevista

dall'articolo 40 comma 2, a me pare che nulla ostasse più

sulla base della disciplina del Testo Unico della Finanza

a che BBVA potesse, se lo avesse ritenuto opportuno una

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volta scaduta l'offerta originaria, proporne una nuova. E

questo è un tema che mi sembra importante per certe

ragioni che illustrerò anche successivamente. Tengo solo

a segnalare che nella vigenza della prima legge sulle

offerte pubbliche di acquisto, vi era viceversa un

divieto per il primo offerente di proporre l'offerta, per

l'ipotesi in cui essa non avesse avuto successo, per 12

mesi, divieto che consapevolmente il Testo Unico della

Finanza non ha riproposto del regolamento attuativo in

quell'epoca, ma perché? Perché quel divieto si

giustificava in relazione al regime di passività

integrale, di vera e propria diciamo passività che

imposta dalla prima legge sulle Opa alla società

bersaglio. In altri termini la società bersaglio una

volta fatta oggetto di offerta pubblica di acquisto non

poteva adottare nessuna misura difensiva e non poteva

adottarla con una soluzione che costituisce un unicum nel

panorama anche internazionale e neanche ove i soci

avessero deciso di vendere, tra virgolette, la società.

Questo regime di passività che era a tutti parso

effettivamente eccessivo e anche eccedente rispetto alla

vera e propria ratio della disciplina, fu rimosso con il

Testo Unico della Finanza prevedendo una regola di

passività coerente con la passività diciamo di

tradizione inglese che è quella del cosiddetto

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shareholder self empowerment, cioè attribuzione agli

azionisti del potere ultimo di scegliere se difendere o

non difendere la società. Ora, in questa situazione la

società quindi poteva difendersi anche durante la

pendenza dell'offerta e di conseguenza questa necessità

di tenerla diciamo isolata rispetto al rischio di un

offerente che promuovesse più volte un'offerta pubblica

di acquisto è venuto meno. Segnalo anche che questo ci

pone peraltro in linea con le esperienze internazionali

migliori. Adesso è stato deciso, per esempio, 15 giorni

fa, in Delaware un caso molto importante di un'offerta

pubblica di acquisto sulla società Ergas (fonetico) che

si pone il problema delle misure difensive che si possono

adottare o non adottare in quell'ordinamento, ma a

prescindere da questo tema che qui non rileva, quello che

mi pare importante rilevare è che in quel caso si è

pervenuti a valutare certe misure dopo che la società era

sotto offerta da oltre un anno. Quindi è fisiologico

diciamo che nel mercato del controllo societario possano

aversi degli scontri tra l'offerente, la società oggetto

dell'offerta, altri antagonisti che determinano il

protrarsi della contesa del controllo, il che può anche

passare, a mio modo di vedere, attraverso una fase in cui

l'offerta originaria viene lasciata scadere perché non ha

potuto ottenere il successo sperato, ma viene poi

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riproposta successivamente se del caso anche come offerta

concorrente rispetto a quella di altri antagonisti che

nel frattempo si siano affacciati sul mercato del

controllo societario. Terzo tema, che è sempre collegato,

ma il BBVA, una volta che è stata data l'informazione il

18 di luglio di quei patti parasociali, poteva ancora

nutrire una realistica aspettativa di vincere la contesa

per il controllo societario di BNL. E qui io credo sia

utile portare all'attenzione del Tribunale una

circostanza di puro diritto, la circostanza di puro

diritto si salda ovviamente anche a un dato di fatto. Ma

la circostanza di puro diritto è che l'offerta di Unipol

è stata un'offerta per il 59.24% del capitale sociale,

dando atto che il 41.62 era legato da patti parasociali.

Questi patti parasociali prevedevano, per quanto mi è

stato possibile verificare, il divieto di aderire

all'offerta pubblica di acquisto promossa da BBVA e

prevedevano altresì che questo divieto operasse anche per

l'ipotesi di aumento del corrispettivo da parte di BBVA.

Si pone allora in diritto, io credo, il problema di

chiedersi in che misura queste previsioni fossero

vincolanti perché siamo di fronte ad un ordinamento che

ha fatto scuola nell'ambito dell'ordinamento comunitario

in relazione alla previsione dell'articolo 123 del Testo

Unico della Finanza, che sottopone a un regime di

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instabilità i patti parasociali in presenza di Opa.

Questo io lo menziono perché a mio modo di vedere quei

patti parasociali ricadevano nell'ambito di applicazione

dell'articolo 123 comma terzo con la conseguenza che gli

aderenti a quei patti parasociali potevano ricevere senza

preavviso e apportare le azioni all'Opa. La conduzione,

perché l'articolo 123 operi in questi situazioni, è che

sia stata lanciata una offerta pubblica di acquisto di

cui agli articoli 106 o 107, quella del BBVA è una

offerta ai sensi dell'articolo 106 comma 4, che prevede

la totalitaria che è esente dalla totalitaria successiva

e che si tratta di patti parasociali. Ed effettivamente

tutti questi accordi erano stati qualificati e soggetti

alle forme antipubblicitarie dei patti parasociali. Si

potrà dire: ma sono dei patti parasociali che erano stati

conclusi dopo che era stata già lanciata l'offerta

pubblica di acquisto a BBVA e addirittura prevedendo gli

effetti di un eventuale rilancio. Qui però è un tema di

diritto se vogliamo complesso e difficile, però vorrei

ricordare al Tribunale, qui io posso portare anche

un'esperienza diciamo personale perché da molti anni sono

il consulente giuridico del Parlamento Europeo in questa

materia e quindi la mia lettura (?), per esempio sulle

offerte pubbliche di acquisto è passata al vaglio del, il

mio parere, di un parere ufficiale proposto al parlamento

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sulla proposta della commissione. Ebbene, in quegli anni,

stiamo parlando del 2002/2004, la direttiva è la numero

25 del 2004, in quegli anni tutto il dibattito diciamo di

policies a livello europeo era proprio incentrato sulla

contendibilità del controllo e sul fatto che si dovessero

introdurre delle regole finalizzate a garantire il

cosiddetto level plaing field a livello europeo, cioè la

parità delle armi a livello europeo che consentissero di

scardinare i meccanismi di diritto societario che

isolavano le società dal mercato. Tra questi meccanismi

di diritto societario c'erano previsioni statutarie che

prevedevano dei tetti azionati, per esempio o limiti a

trasferire delle partecipazioni, e i patti parasociali.

Guardando questo tema e la prospettiva comunitaria,

l'archetipo di riferimento era l'articolo 123 e il 207,

il 212 del Testo Unico della finanza italiana, e non a

caso perché poi il professor Guido Rossi aveva seduto,

come esperto nel gruppo di alto livello della

commissione, che aveva assistito la commissione nella

fase di diciamo proposizione del documento. L'articolo

123 è sempre stato letto di conseguenza, e in questa

parte, come espressivo non solo di una norma imperativa,

ma addirittura di una norma come espressione di ordine

pubblico economico. Tant'è che a livello comunitario le

varie proposte che si erano succedute, quella per esempio

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sulla quale anche la posizione del Parlamento Europeo si

era poi fortemente schierato addirittura chiedendo un

allargamento della imperatività delle norme che hanno

preso il nome di passivity rule e breakthrough rule, ma

queste regole, diciamo la posizione che si era

consolidata era una posizione proprio nel senso di

riconoscere che in questa materia il principio pacta sunt

servanda subisce una deroga importante perché il

principio della contendibilità del controllo che porta a

dover rendere instabili addirittura accordi contrattuali

fatti in ipotesi anche consapevolmente tra le parti,

trova la sua giustificazione in un interesse pubblico

preminente alla contendibilità del controllo. Poi, in

ambito comunitario diciamo c'è stata tutta una fase

successiva di confronto politico fortissimo tra diverse

economie a protezione diciamo degli assetti proprietari

delle proprie imprese, e l'esito è stato che la regola di

neutralizzazione, la breakthrough rule che prevede per

l'appunto che i patti parasociali divengono inefficaci e

le clausole statutarie che non prevedono la

trasferibilità divengono inefficaci durante l'offerta, è

stata resa una norma bensì presente nella direttiva ma

opzionale per gli stati membri, in modo tale da pagare

deferenza, la sovranità nazionale di alcuni paesi che

dicevano ci dispiace ma qui noi vediamo un attentato alla

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nostra sovranità nazionale e intendiamo opporci

politicamente all'adozione di questa direttiva. Ma non vi

è dubbio che anche nel testo finale, la scelta della

direttiva indica l'arrivo di neutralizzazione con il

benchmark comunitario, il paradigma comunitario di

riferimento a conferma ulteriore del fatto che quindi

stiamo parlando di regole volte a favorire la

contendibilità del controllo che di conseguenza hanno una

natura imperativa. Questa diciamo piccola digressione

comunitaria mi serviva soltanto per attirare la loro

attenzione sul fatto che la natura di norma imperativa

dell'articolo 123, la circostanza che essa fosse stata...

ecco, sarebbe utile anche riprendere l'audizione che

l'allora direttore generale del Tesoro Mario Draghi, ora

governatore, fece, ricorderanno forse che il Testo Unico

della Finanza fu promosso fortemente da Mario Draghi e ci

sono state una serie di audizioni parlamentari nelle

quali Mario Draghi andò a illustrare le ragioni di fondo

di alcune scelte di policies importanti e in una

audizione, forse proprio la prima, lungamente illustrò le

ragioni in forza delle quali si riteneva che la norma del

123 costituisse un architrave concettuale importante

della riforma proprio perché avrebbe dovuto favorire

significativamente la contendibilità del controllo. Se

questa è la ratio, mi sembra che debba essere, di quella

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disposizione, ecco allora che l'instabilità addirittura

dei patti parasociali stipulati il 18 di luglio debba

potersi ritenere. A complemento di questo ragionamento,

osserverei, sempre da un punto di vista puramente,

diciamo così, del diritto societario applicabile, che

naturalmente poi si trattava di patti parasociali con la

conseguenza che, a fronte di un ipotetico aumento del

corrispettivo da parte del BBVA che rendesse attraente,

appetibile l'adesione a quella offerta migliorata o a una

successiva che fosse migliorata da parte degli aderenti

al patto, beh, gli aderenti a quei patti ben avrebbero

potuto farlo semplicemente correndo il rischio che la

loro tesi dell'applicazione necessaria, articolo 123, in

ipotesi anche non fosse fondata, un giudice lo avrebbe

dovuto accertare molto tempo dopo, però nulla impediva di

apportare le azioni asseritamente in violazione di quei

patti, l'unico rischio era che laddove a posteriori si

fosse ritenuto che il 123 non era norma imperativa, che

quindi consentiva di liberarsi da quei patti, ci sarebbe

stato semplicemente un obbligo risarcitorio di

difficilissima quantificazione per di più. Quindi nella

valutazione razionale di costi e benefici, ecco, non è

che la semplice sottoscrizione di quei patti, mi pare,

che impedisse l'adesione all'Opa. Segnalo anche, perché

il fatto mi pare abbastanza indicativo, che nell'ipotesi

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del tutto teorica che a fronte della promozione

dell'offerta pubblica di acquisto successiva da parte di

Unipol, BBVA avesse ritenuto di riproporre magari un po'

prima o contestualmente la propria offerta, quindi non

avesse diciamo abbandonato il campo della contesa, ma

avesse mantenuto ferma la propria proposizione, magari

con un rilancio, ci si sarebbe trovati di fronte ad una

situazione che liberava gli aderenti a quei patti

parasociali il 10 di gennaio del 2006. Il Tribunale

ricorderà che il 10 di gennaio viene data la

comunicazione che le autorizzazioni prudenziali non sono

concesse per ragioni inerenti ai requisiti prudenziali

dell'offerente a fronte della direttiva sui conglomerati

finanziari. Ebbene, in quel momento segnalo soltanto che

i patti parasociali che ho potuto leggere prevedevano che

ove per qualunque ragione l'offerta di Unipol decadesse,

vi era un liberi tutti. Quindi se lì vi fosse stata di

fianco all'offerta di Unipol un'altra offerta, di nuovo

quella capacità ostativa, che qui è indicata, nella

sottoscrizione di quei patti non si sarebbe potuto in

alcun modo realizzare. Questo è secondo il quesito e

spero di non essere andato troppo oltre. Il terzo

quesito, se ho correttamente interpretato, è stato quali

fossero le disposizioni di legge o regolamento che

disciplinavano alla data dei fatti l'obbligo di

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comunicazione al pubblico dell'intenzione di lanciare

un'offerta pubblica di acquisto. Io ho cercato di non

affrontare fatti di riferimento. Diciamo il contributo

che qui darei al Tribunale è soltanto riepilogativo

dello stato del diritto sempre extrapenale, ho cercato

attentamente di non debordare in valutazione, spero di

esserci riuscito. Qui semplicemente, e andrò anche

rapidamente su questa domanda, la risposta che...

AVV. SIROTTI – Chiedo scusa, da questo punto di vista è stata

proprio una scelta anche della difesa perché ad esempio

le considerazioni che il consulente ha fatto poc'anzi

circa la sussistenza del comunicato del 20 di giugno a

cui poi fanno seguito quasi come diciamo comunicati,

sottocomunicati se vogliamo quelli del primo di luglio,

del 7 di luglio, dell'8 di luglio, eccetera, si saldano

con la conoscenza ben più ampia che si è avuta di questa

vicenda nel corso dell'istruttoria dibattimentale,

pensiamo alle intercettazioni telefoniche del sabato 15

luglio pomeriggio tra Ricucci e Torano in cui si parla

esplicitamente della compravendita, e tutta un'altra

serie di elementi, ad esempio, che rafforzano l'assoluta

consapevolezza che il Banco di Bilbao aveva dell'accordo

che stava maturando, eccetera. Questo, per fare un

esempio, più naturalmente tutta un'altra serie di

circostanze di fatto. Quindi i quesiti sono stati proprio

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volutamente posti in questi termini.

PRESIDENTE – Allora, il Tribunale ritiene che su questo

specifico punto noi prendiamo atto, acquisiamo il

cosiddetto parere pro veritate come memoria difensiva e

in questi termini nessuno può nulla eccepire. Il dubbio è

se si possa fare un esame con controesame su questioni di

questo tipo su questo specifico punto giuridico. Quindi

forse va benissimo come fatta propria dalla difesa una

memoria giuridica in cui si ricostruisce la normativa,

però non credo che possa essere oggetto di esame e di

controesame.

AVV. SIROTTI – Come vuole il Tribunale. La materia è

estremamente tecnica...

PRESIDENTE – È (inc.) giuridica.

AVV. SIROTTI – Giuridica certamente.

PRESIDENTE – Le Parti vogliono dire qualcosa su questo punto?

AVV. SIROTTI – Guardate, io, sinceramente, su questo profilo

confesso, anche diciamo per chi frequenta per ragioni

professionali spesso problematiche di questo tipo, siamo

in presenza di veramente un ramo del diritto che presenta

degli aspetti di complessità e anche di normativa

regolamentare che nonostante i principi per cui il

Tribunale conosce tutto, credo che possa essere un grande

aiuto un esperto diciamo di questa materia...

PRESIDENTE – Ma infatti il Tribunale su accordo delle Parti

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acquisisce la consulenza, visto che nessuno di oppone,

anche sulla parte strettamente giuridica. Il problema era

se si poteva disporre un esame e controesame su questioni

specificamente giuridiche. Saranno oggetto appunto della

vostra discussione e della nostra valutazione al termine

del (inc.).

AVV. SIROTTI – Presidente, per la difesa va meglio così. È

veramente un atto di lealtà il nostro, quello di mettere

a disposizione diciamo la persona che ha sostenuto una

determinata argomentazione di tutte le Parti.

PRESIDENTE – Certo.

AVV. SIROTTI – Quindi mi sembra che questo provvedimento

diciamo privi più il Pubblico Ministero e le Parti Civili

di un possibile intervento.

PRESIDENTE – Ma infatti abbiamo chiesto alle Parti che cosa

ritenevano sul punto.

AVV. SIROTTI – Quindi possiamo passare al punto D.

PRESIDENTE - In genere capita spesso che in materie molto

tecniche ci siano anche selle consulenze che abbiamo

aspetti... Qui forse il terzo quesito è una ricostruzione

delle disposizioni di legge, quindi il Tribunale ritiene

di acquisire il parere, che leggeremo su questo punto con

molto interesse, e le questioni affrontate dal perito

saranno oggetto della vostra discussione.

AVV. SIROTTI – Evidenziavano, per esempio, Presidente, io me

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l'ero dimenticato, che effettivamente, ad esempio il

consulente tecnico del Pubblico Ministero ha discettato a

lungo su cosa fosse uno swap, su cosa fosse un'opzione

put e call. Sono tutti aspetti normativi, (inc.)

normativi che sono stati però ampiamente illustrati in

quest'aula nonostante le ripetute opposizioni delle

difese.

PRESIDENTE – Ma a me sembra che qui il quesito, probabilmente

è proprio come è posto il quesito, perché chiedere a un

consulente quali sono le disposizioni di legge di

regolamento che disciplinava in quell'epoca forse non è

materia di consulenza.

AVV. SIROTTI – Passiamo direttamente al punto D che è

l'ultimo.

PRESIDENTE – Allora passiamo al punto successivo. La

ringraziamo comunque del suo lavoro su questo punto che

poi ovviamente...

AVV. SIROTTI – Sì. Presidente, vorrei un attimo ritornare però

sul quesito precedente perché non vorrei che la

formulazione del quesito di cui confesso l'assoluta

paternità induca però in errore sul contenuto della

risposta.

PRESIDENTE – Il quesito B?

AVV. SIROTTI – No, C.

PRESIDENTE – Cioè di questo qui.

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AVV. SIROTTI – Sì, del quesito prima. In realtà il quesito C,

se possiamo tornare un momento al quesito C, che è

formulato in questi termini, che questo probabilmente ha

dato vita all'obiezione del Tribunale, quali fossero le

disposizioni di legge o regolamento, in realtà il

consulente poi, fatta una brevissima premessa normativa

indispensabile per lo sviluppo logico delle due

argomentazione, entra poi nel merito circa le condotte

dei contendenti nella nostra vicenda, quindi menziona il

comportamento di Unipol, di Coop Adriatica, menziona il

comportamento di BBVA alla luce di queste...

PRESIDENTE – Avvocato, riformuli allora lei le domande.

AVV. SIROTTI – Sì.

PRESIDENTE – Non chieda al consulente quali leggi erano

applicabili. Le riformuli lei che conosce il contenuto di

questo parere pro veritate.

AVV. SIROTTI – Casomai il consulente nei limiti necessari,

credo che il Tribunale consentirà un richiamo...

PRESIDENTE – Questo certamente, ma riformuli lei la domanda.

AVV. SIROTTI – Ecco, se vuole professore, così, sinteticamente

dirci, per quanto riguarda le sue valutazioni, se sono

stati rispettati nel caso di specie gli obblighi di

comunicazione previsti dalla normativa.

C.T.P. LAMANDINI – Allora la mia risposta è, mi pare, di sì e

mi pare di sì perché la disciplina sulle offerte

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pubbliche di acquisto all'epoca vigente era unanimemente

interpretata nel senso che la comunicazione che poteva

darsi al mercato era solo quella della deliberata

promozione dell'offerta, con la conseguenza che

comunicazioni anticipate e cioè informazioni al pubblico

circa il fatto che sarebbe stata lanciata un'offerta

prima che gli organi competenti avessero assunto la

delibera, sarebbero state incoerenti, in contrasto con la

disciplina di legge e di regolamento in materia di Opa.

Con riferimento agli obblighi informativi che gravavano

su Unipol e qui segnalo su Unipol e non, per esempio, su

Coop Adriatica che non era un emittente quotato, in

relazione al 114, cioè alle informazioni price sensitive,

ecco, anche a questo riguardo io giungo alla conclusione

che non si potesse procedere ad una informazione

anticipata che precedesse la data di delibera formale

della promozione dell'offerta e richiamando anche qui

diciamo orientamenti unanimi, la materia purtroppo non ha

visto esprimersi moltissimi autori, ma quelli che si sono

espressi si sono espressi unanimemente in questo senso; e

dall'altro lato richiamando anche la storia del primo

comma dell'articolo 37 regolamento emittenti vigente fino

all'aprile del 2005. E questo credo sia indicativo perché

il primo comma dell'articolo 37 diceva: bisogna

comunicare l'intenzione di lanciare l'offerta perché

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veniva da lontano, ed era stato però introdotto, lo

trovate nelle note tecniche Consob che avevano

accompagnato (inc.) di quella norma, era stato approvato

all'unico fine di equiparare gli obblighi informativi

rispetto al lancio di un'offerta pubblica di acquisto

degli emittenti quotati e quelli non quotati. Cioè si

diceva: poiché le emittenti quotate devono dare le

informazioni price sensitive, quelli non quotati non le

devono dare, l'informazione di lanciare un'offerta

pubblica di acquisto è importante, equipariamo questi

obblighi. Bene, l'articolo 37 comma 1 equiparava a questo

fine, ma poi era unanimemente interpretato, anche dalla

Consob, nel senso che l'informazione che bisognava dare

era quella immediatamente a valle dell'adozione di una

delibera che fosse una delibera completa. È chiaro, se ci

fossero degli elementi di dettaglio, quello è un altro

discorso. Quindi la conclusione a cui giungevo era: a me

pare che sia in base alla disciplina sulle Opa, sia in

base alla disciplina del 114, la comunicazione al

pubblico poteva avvenire soltanto a valle delle delibere

degli organi competenti circa la proposizione

dell'offerta pubblica di acquisto.

(intervento svolto lontano dal microfono)

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AVV. SIROTTI – A questo punto arriviamo all'ultimo paragrafo

trattato su cui vorrei fare una premessa, su cui vorrei

fare una premessa prima della questione della parte

civile.

PRESIDENTE – A che pagina è l'ultimo paragrafo, scusi?

AVV. SIROTTI – A pagina 19 della relazione scritta.

AVV. TESTA – Allora, è vero che c'è una identità soggettiva

nel difensore tra Unipol e Coop Adriatica, però il

professore è consulente qui per Coop Adriatica, il Banco

di Bilbao non si è costituito nei confronti degli enti

responsabili 231, quindi io non vedo perché il professore

possa deporre su questa circostanza. Io mi oppongo alla

deposizione e anche all'acquisizione di questa parte

della consulenza.

AVV. SIROTTI – Su questo quando volete interloquisco.

PRESIDENTE – Avvocato Sirotti ci dica.

AVV. SIROTTI – Presidente, non c'è costituzione di Parte

Civile ovviamente, né c'è citazione di Coop Adriatica

come responsabile civile. Però questa parte ha due

interessi importanti nell'introdurre questo argomento che

intende oltretutto sviluppare non soltanto con l'apporto

del professor Lamandini, ma anche con l'apporto

dell'altro consulente tecnico, che è il professor Marzo,

la cui consulenza si dedica integralmente a questa parte.

Né, peraltro, la posizione di Unipol sotto questo profilo

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si differenzia in alcun modo dalla posizione di Coop

Adriatica perché anche Unipol si trova nella medesima

situazione.

AVV. TESTA – Ma non si è costituto neanche contro Unipol.

AVV. SIROTTI – Appunto, perché non vi è costituzione neppure

nei confronti di Unipol né poteva esservi peraltro. Il

profilo è semmai diverso e proprio, Presidente e Signori

Giudici, vi dico con estrema franchezza le ragioni. Da un

lato vi sono ragioni credo assolutamente inoppugnabili

che discendono dalla medesima 231, numerose sono le norme

richiamate dalla legge 231 che fanno riferimento

all'entità del danno. Per esempio l'articolo 11, il

criterio di commisurazione della sanzione. Leggo al

Tribunale. "Nella commisurazione della sanzione il

Tribunale tiene conto della gravità del fatto, del grado

di responsabilità, nonché delle attività svolte, eccetera

eccetera". Della gravità del fatto, quindi ovviamente in

questo caso del danno cagionato all'asserita persona

offesa. Non dimentichiamoci che BBVA è in questo processo

non solo come Parte Civile, ma è stato anche ammesso in

qualità di persona offesa. Tutte diciamo le normative

successive fanno riferimento sempre alla gravità del

danno. Insomma, vi sono numerose norme nell'arco della

legge che richiamano le conseguenze del fatto e il danno

cagionato. Ecco che quindi vi è un interesse diretto. Ma

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in particolare mi pare che la gravità del danno sia

richiamato dalla norma sulla commisurazione della

sanzione. Ecco che quindi per la verità, da questo punto

di vista, il danno, la valutazione del danno interviene

come una valutazione subordinata ammessa diciamo la

responsabilità, cosa che non è assolutamente da parte di

questa difesa, in qualsiasi veste nel senso che questa

subordinata per la verità non è assunta, non è presa in

considerazione se non, come si dice talvolta, per

scrupolo difensivo. In realtà, ferma restando comunque un

nostro interesse, una nostra legittimazione a introdurre

l'argomento, le argomentazioni di entrambi i nostri

consulenti tecnici sono in grado di svelare quelli che

sono stati gli argomenti totalmente infondati,

radicalmente infondati che sono stati portati dal

consulente tecnico della Parte Civile nel procedimento.

Noi ci siamo addentrati in questo tema proprio per

svelare l'inconsistenza, ma Presidente e Signori Giudici,

plateale, l'inconsistenza plateale degli argomenti adotti

dal consulente tecnico della Parte Civile. Circostanza

questa veramente singolare perché è difficile trovare

delle tesi così infondate, portate tra l'altro in una

vicenda di questa rilevanza, e questo diciamo ha anche

l'effetto se vogliamo strumentale ma sotto questo profilo

è la Parte Civile che ha prestato il fianco nei confronti

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di una valutazione complessiva di attendibilità delle

tesi sostenute dalla parte, Presidente e Signori Giudici,

che ha dato vita a questo procedimento attraverso

numerosi e ripetuti esposti e atti di promozione, diciamo

di impulso dell'azione penale che sono stati svolti nel

corso di questi anni e rispetto ai quali, quindi rispetto

complessivamente, Presidente e Signori Giudici, ad una

attendibilità complessiva delle tesi sostenute dalla

Parte Civile sia negli esposti, sia nei testi che sono

stati portati, sia negli stessi esponenti di questa Parte

Civile, rispetto a questa attendibilità sicuramente sia

questa parte che Unipol hanno assoluto interesse. Insisto

pertanto perché vengano sentiti i consulenti tecnici su

questa parte. Ripeto, le norme sono tante, il Tribunale

lo sa meglio di me, vi cito da ultimo per esempio anche

l'articolo 12 lettera B che prevede la valutazione da

parte del Tribunale della particolare tenuità del danno

cagionato che costituisce una circostanza attenuante

speciale della legge 231. Quindi vi è anche da un punto

di vista formale una piena legittimazione mi pare.

PRESIDENTE – Il Pubblico Ministero?

P.M. – Io invece concordo in pieno con l'osservazione che ha

fatto il difensore di BBVA, il difensore di Parte Civile.

Questo quesito già solo dalla lettura del quesito, tutto

calibrato sul danno risarcibile, quindi si fa riferimento

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ad una impostazione del problema assolutamente estranea

al tema di prova di questo processo perché parlare di un

danno risarcibile quando non è stata e non è possibile in

concreto esercitare in questo processo un'azione di danno

nei confronti dell'ente, mi pare assolutamente estraneo,

mi pare un quesito estraneo al tema di prova. Poi farei

anche riferimento al fatto, ora l'avvocato Sirotti

conosce il decreto 231 del 2001 meglio di me sicuramente,

ma l'articolo 11 che fa riferimento ai criteri di

commisurazione della sanzione pecuniaria, fa riferimento

al fatto, nella commisurazione della sanzione il giudice

determina il numero delle quote tenendo conto della

gravità del fatto, del grado di responsabilità. Quindi io

non leggo qui nell'articolo 11 alcun riferimento al

danno, all'entità del danno, una valutazione sul fatto. E

anche i casi di riduzione della sanzione pecuniaria, i

criteri di determinazione delle sanzioni interdittive in

presenza di una riparazione delle conseguenze del reato

fanno riferimento ad una situazione che è assolutamente

una situazione del tutto ipotetica per come si sta

svolgendo il processo, cioè solo l'articolo 17 fa

riferimento a una riparazione delle conseguenze che siano

dannose o pericolose, che siano avvenute prima del

dibattimento. Quindi sostanzialmente mi sembra che sia

che la si guardi nella prospettiva di questo quesito, che

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è una prospettiva chiaramente risarcitoria, sia che la si

guardi alla luce della commisurazione del trattamento

sanzionatorio nei confronti dell'ente, si tratta di temi

assolutamente estranei. Quindi mi oppongo alla

deposizione su questo tema.

PRESIDENTE – Il Tribunale propone una sospensione di un quarto

d'ora, nella quale tra l'altro valuteremo la questione

posta.

Si dispone una breve sospensione dell'udienza.

Il Tribunale rientra in aula e si procede come di seguito.

Il Presidente dà lettura dell'ordinanza che viene allegata al

verbale d'udienza.

AVV. SIROTTI – Grazie, Presidente. Prego, professore.

C.T.P. LAMANDINI – Chiedo scusa, non ho capito.

PRESIDENTE – Così come è stato formulato il quesito sia suo

che nei confronti dell'altro consulente concernente "il

danno risarcibile in relazione al comportamento tenuto da

Unipol e dagli altri soggetti" la questione non è

ammissibile perché Cooperativa Adriatica e Unipol nei

loro confronti non è stata attivata l'azione civile.

Peraltro potranno essere ammesse solo domande che

attengono alla gravità, all'esistenza e all'entità del

danno patrimoniale in quanto in relazione all'esistenza,

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entità e gravità sono i parametri in base ai quali si può

determinare la sanzione pecuniaria, nell'ipotesi in cui

sia da terminarsi la sanzione pecuniaria.

AVV. SIROTTI – Grazie, Presidente. Ecco, allora professore, se

vuole illustrare al Tribunale se a suo avviso in questa

vicenda esiste un danno. A questo punto anch'io non ho

ben capito, cioè se esiste un danno risarcibile?

PRESIDENTE – Patrimoniale, l'articolo 12.

AVV. SIROTTI – Un danno patrimoniale.

PRESIDENTE – E anche l'entità del danno.

AVV. SIROTTI – Se sì, quale entità ovviamente.

C.T.P. LAMANDINI – Sì. Allora, rispetto a questo quesito io

credo di poter rispondere dicendo che se si guarda alla

prospettazione del BBVA, essa va intesta, almeno io così

l'ho intesa, come tale da imputare un fatto illecito

causativo di un danno. In altri termini siamo di fronte

ad un'inedita ipotesi da responsabilità da Opa o da non

un'Opa. Perché mentre diciamo la giurisprudenza che

finora conosciamo, maturata in gran parte rispetto alle

vicende SAI Fondiaria, ma non solo, era incentrata su

ipotesi di danno da mancata promozione di un obbligo di

Opa, qui si dice certi comportamenti in pendenza di

un'Opa hanno interferito con la libertà contrattuale del

primo offerente determinando l'insuccesso e quindi la non

conclusione di un contratto che altrimenti si sarebbe

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concluso. Se questo è il contesto giuridico nel quale si

colloca diciamo il problema dell'individuazione del

danno, mi pare che vi siano effettivamente argomenti che

portano a ritenere che il danno potrebbe non esistere

comunque potrebbe fondatamente ritenersi che non vi sia

un danno risarcibile, un danno di entità tale da superare

i vantaggi che comunque da questa operazione si sono

determinati. Questo dico perché mi pare che un ruolo non

piccolo in questa questione vada attribuito anche

all'analisi della compensatio lucri cum damno. E spigherò

brevissimamente le ragioni che mi portano a ritenere

questo. Per quanto riguarda la prima questione, quindi la

prima domanda che mi pare ci si debba porre è: ma c'è un

fatto illecito? Perché non c'è danno senza fatto

illecito. E le ragioni extrapenali relative alla

disciplina dell'offerta pubblica di acquisto che ho

indicato prima, mi pare che portino a ritenere che quelle

ragioni che il BBVA, il professor Reboa, almeno nella sua

CTP ha indicato come fatti illeciti, non abbiano

effettiva corrispondenza nel testo normativo. Mi spiego

meglio. Le ragioni per le quali si adduce che ci sarebbe

un fatto illecito causativo di danno sono che Unipol e

coloro che agivano di concerto con esso, tra cui Coop

Adriatica, non abbiano lanciato un'Opa concorrente nelle

forme previste dall'articolo 44 del regolamento

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emittenti, questione assorbita da quello che dicevamo

poco prima: non essendoci un obbligo di Opa concorrente

non mi pare che si possa qualificare l'inesistenza di

questa Opa concorrente come fatto illecito idoneo a

generare un danno. Che costoro, cioè gli antagonisti,

abbiano continuato, e qui cito tra virgolette, "a

rastrellare ai blocchi azioni BNL per tutto il mese di

giugno sino al 18 luglio portando a pieno compimento il

proprio disegno di assicurarsi la maggioranza delle

azioni BNL prima di promuovere l'Opa pubblica

obbligatoria". Anche qui le ragioni prima indicate in

relazione alle quali ben potevano soggetti diversi dai

cosiddetti soggetti interessati, in base al regolamento

Consob, tra i quali non rientrava né Unipol né Coop

Adriatica, acquisire partecipazioni sia sul mercato

regolamentato, sia ai blocchi, mi portano a ritenere che

non ci possa essere fatto illecito nella contestazione di

questa circostanza. In terzo luogo: "Il comunicato di

Unipol il 18 luglio ha di fatto impedito a BBVA la

possibilità di effettuare rilanci entro il 22 luglio

2005, in ogni caso privi di ragione in quanto la

maggioranza del capitale sociale di BNL era già bloccata,

comunque non sarebbe stata disponibile per BBVA". Tutte

le ragioni ora considerate di nuovo portano, a mio modo

di vedere, a dire che questo presupposto dal quale viene

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fatta discendere l'esistenza di un fatto illecito e

quindi di un danno, non trovi fondamento. Da ultimo: "Il

rilancio da parte di BBVA era da ritenersi percorribile e

ragionevole solo a fronte di un'Opa concorrente in senso

formale o comunque di un'Opa obbligatoria effettivamente

proposta con la quale potersi confrontare nel rispetto

della normativa. Non era possibile come risposta (inc.)

di mercato in assenza della proposizione di altre offerte

di cui si ignorava ogni termine e contenuto". Qui mi pare

vi sia anche un equivoco perché di nuovo tutto quello che

abbiamo detto mi pare conforto del fatto che il rilancio

era assolutamente possibile con le ragioni che non sto a

riproporre. Mi sfugge la ragione per la quale il

comunicato del 18 luglio venga svalutato nella sua

pregnanza dicendo: ma era solo una mera anticipazione del

fatto che sarebbe stato poi presentata la comunicazione

102 che interviene alcune settimane dopo, senza però

vedersi che una volta effettuata quella comunicazione, vi

era e come un preciso obbligo di presentare poi la

domanda per la proposizione della offerta pubblica di

acquisto. Quindi anche sotto questo profilo mi pare che

tutte queste circostanze che vengono addotte come

comportamenti illeciti causativi del danno, non assurgano

alla qualità di fatto illecito e idoneo a causare un

danno. Non ho fatto del cherry picking rispetto alle

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proposizioni che ho letto nella consulenza tecnica di

parte, ma ho individuato spero con completezza tutte

quelle che mi parevano essere le circostanze

giuridicamente rilevanti per cercare di qualificare nella

fattispecie un preteso fatto illecito da lesione della

libertà contrattuale. Detto questo, poi mi sono posto e

mi pongo il problema: supponendo anche astrattamente che

si possa parlare di un comportamento illecito, e quindi

non siamo nell'ambito di una ipotesi di danno da fatto

lecito, che danno? Qui mi pare che ci siano diverse

questioni che meritano attenzione da parte del Tribunale,

la principale delle quali attiene alla natura del preteso

danno e io qui vorrei dire proprio con forza che a mio

modo di vedere qui siamo di fronte con sicurezza ad una

ipotesi nella quale non si può ritenere che l'offerta

pubblica di scambio di BBVA avrebbe con sicurezza

conseguito il risultato atteso. Con la conseguenza che

tutte le prospettazioni che ho letto del professor Reboa,

le quali davano per assodato che, in mancanza della

interferenza causale determinata dal comportamento degli

antagonisti, quei risultati attesi si sarebbero

realizzati, e quindi in quanto non realizzati sono tutti

danno e danno risarcibile, cade mi pare in un vizio

logico. Siamo al più, a tutto voler concedere,

nell'ambito di una perdita di una mera possibilità.

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Quindi il ragionamento circa il fatto se siamo di fronte

a un danno o non danno, ci dobbiamo chiedere: siamo

dinnanzi ad un danno da perdita di chance? Perché se

siamo di fronte a un danno da perdita di chance, dobbiamo

valutarlo per quello che è. Ma con sicurezza a mio modo

di vedere al di fuori del danno da perdita di chance non

può lamentarsi alcun danno per l'assorbente ragione che

nulla in rerum natura consente di poter predicare con

assoluta certezza che all'offerta BBVA avrebbe arriso

successo. Detto questo allora bisogna, credo, ci si

occupi del problema del danno in una duplice prospettiva.

Da un lato, se stiamo parlando di un danno da perdita di

chance, per poterlo risarcire ovviamente dobbiamo avere

un margine di probabilità del verificarsi dell'evento che

anche la Cassazione, Cassazione recente, dice essere

molto significativo, almeno superiore al 50%. E qui si

pone quindi un problema valutativo: se davvero le

condizioni che caratterizzavano quell'offerta pubblica di

acquisto potessero ex ante lasciar prevedere con un

margine di probabilità superiore al 50% il successo

dell'offerta. E rispetto a questo mi pare che

effettivamente la valutazione del Tribunale debba tenere

conto anche dei fatti successivi, cioè di quanto è emerso

successivamente e cioè: da un lato l'offerta pubblica di

scambio di BBVA ha generato una reazione negativa da

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parte della compagine sociale di BNL, quindi

evidentemente non vi erano delle condizioni di

appetibilità tale da sgombrare il campo da qualunque

obiezione e favorire una plebiscitaria diciamo adesione

all'offerta. Dall'altro lato le vicende anche successive

ai fatti di cui stiamo trattando, ma che però sono

conseguenza di questi fatti, cioè la successiva vendita

della BNL a BNP Paribas intervenuta nel febbraio del

2006, indicano in quel caso un prezzo che è, guarda caso,

un prezzo pagato in contanti e allineato ai più alti

prezzi pagati sul mercato in pendenza dell'offerta.

Questi due elementi mi pare che facciano intendere che il

mercato aveva legittimamente ex post ritenuto non

appetibile quell'offerta e quindi che le

possibilità/probabilità di successo dell'offerta di BBVA,

anche a prescindere da quello che BBVA addebita a Unipol

e ai soggetti che agivano in concerto con essa, a mio

modo di vedere difficilmente possono qualificarsi come

tali da superare quel livello della probabilità che è

richiesto perché si possa individuare una chance. Detto

questo, supponiamo anche, invece, che si giunga ad una

conclusione diversa, cioè malgrado questi elementi si

dica ma forse la probabilità superiore al 50% più 1 possa

ipotizzare che vi fosse. Se questo anche fosse vero,

comunque ci dobbiamo chiedere: ma quel è il danno che si

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origina dalla perdita di una mera

possibilità/probabilità? E qui di nuovo vi è qualche cosa

nella prospettazione di BBVA che non convince perché la

quantificazione che è stata effettuata non è stata

calibrata in relazione al numero delle probabilità

effettiva, ma è stata determinata come se il fatto del

successo dell'Opa fosse certo, quindi ipotizzando un

risarcimento al cento percento, quindi come se si

trattasse di dover risarcire tutto l'utile atteso da

quell'operazione, non il valore della possibilità di

conseguire quell'utile atteso. Infatti la differenza è

importante, ben nota, ma credo che nella valutazione se

esiste o non esiste un danno, vada tenuta in debita

considerazione. Detto questo poi, diciamo impostato in

questi termini il quadro di riferimento concettuale, dal

punto di vista degli elementi di calcolo, vorrei

evidenziare almeno due cose, cioè la prima è che si

perviene all'identificazione di un danno di quasi un

miliardo di euro, da parte del consulente professor

Reboa, da un lato individuando come danno emergente le

spese affrontate per l'offerta e dall'altro lato come

lucro cessante per l'appunto l'utilità marginale, il

risultato atteso in termini di maggiori efficienze che si

sarebbe determinato ove l'offerta avesse avuto successo.

Ebbene, con riferimento alle spese vale la considerazione

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che ho prima. Pretendere in una situazione di questo

genere di imputare l'interno valore delle spese mi pare

sia incoerente con quel discorso che facevamo prima sulle

chance. Quando al risultato atteso, cioè l'utilità

marginale, il lucro cessante, ecco, qui quello che

stupisce è mio modo di vedere che il calcolo che è stato

effettuato è stato effettuato sulla base di

prospettazioni unilaterali di vantaggi, in particolare di

benefici derivanti dall'integrazione sul fronte dei

ricavi, che hanno preso a riferimento in primo luogo un

piano industriale che era il piano industriale

unilateralmente formato da BBVA, rispetto al quale c'è

una presa di posizione di BNL, ma anche il professor

Reboa credo l'abbia detto in sede di deposizione, si

tratta spesso di libri dei sogni. E quello sul quale io

vorrei attirare l'attenzione del Tribunale, non fosse

altro perché ci ho lavorato per molti anni su questo

tema, molti anni fa però, che in materia in particolare

di concentrazioni bancarie, la letteratura, il mio libro

su questo è del '98, quindi sono un po' fermo diciamo

a dati ormai vecchi, ma allora era sterminata

specialmente nell'ambito degli studi promossi dalla

Federal Reserve, ma ve ne erano diverse anche di Banca

d'Italia che confermavano i dati, nell'evidenziare che le

efficienze da sinergia di integrazione e da

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consolidamento tra banche, specialmente nella

concentrazione tra grandi banche, erano immancabilmente

indicate come mirabolanti nei piani industriali, ma poi,

verificate ex post, molto spesso non si realizzavano

affatto, con la conseguenza addirittura che la

letteratura americana evidenziava come mentre la

giustificazione ex ante addotta è frequentemente quella

per l'appunto dei vantaggi da utilità marginale derivante

da sinergie, ex post si verificavano non delle efficienze

ma delle inefficienze. Allora questo mi pare sia un dato

da tenere in contro. Il dato che tuttavia mi pare da

tenere in conto più di tutti è che il calcolo che viene

effettuato con riferimento al lucro cessante da mancata

utilità marginale, prende a riferimento come utilità

marginale la fotografia di una banca prima che il mondo

cambiasse radicalmente. E ciò nondimeno, viene effettuata

questa fotografia ai fini della determinazione del danno

pretendendo di fissare quella situazione del 2005 in

perpetuum attraverso l'applicazione del calcolo sulla

rendita perpetua. Allora qui c'è un vizio logico ed è un

vizio logico che non dipende ovviamente, diciamo così, né

da BBVA né dal suo consulente, dipende dalla natura dei

fatti; dipende dal fatto che il mondo quale si presentava

nel 2005 e il mondo quale si presenta a noi dopo il

luglio/agosto 2007, sono due mondi completamente diversi

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e sono due mondi completamente diversi specialmente con

riferimento ad un tema che è centrale ai fini della

determinazione del danno: la redditività attesa delle

banche. Ora io qui non voglio inoltrarmi su dati

quantitativi che non mi spettano, ma dal punto di vista

qualitativo con sicurezza mi sento di dire che prendere a

riferimento della valutazione del peso danno calcoli che

sono stati effettuati al colmo della bolla speculativa

nel 2005 in relazione alla redditività attesa delle

banche e cioè in un momento in cui le banche erano

considerate altamente redditizie e a bassissimo rischio e

pretendere di spalmare questo calcolo in perpetuo anche

quando due anni dopo soltanto la percezione dei mercati e

dei regolatori si è diametralmente modificata nel senso

di ritenere le banche ad alto rischio e a bassa

redditività prospettica, questo evidentemente determina

un effetto sui calcoli che sono stati effettuati che li

priva, a mio modo di vedere, di attendibilità. Devo anche

dire che nel lavoro del professor Reboa, salvo mio errore

ma credo non vi sia, non vi è stata una controprova della

sua valutazione teorica, cioè non è che ci si è posti il

problema di dire: ma qual è stata effettivamente la

redditività di BNL dopo i fatti di cui è causa? E qui in

realtà il mondo reale offriva, mi pare, dati interessanti

da considerare perché consente di vedere sia la BNL stand

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alone per circa un anno, finché non arriva l'integrazione

con BNP Paribas, e poi consente di vedere BNL all'interno

di un grande gruppo bancario, più grande anche di BBVA,

che naturalmente lo ha acquisito ad un prezzo addirittura

superiore e che ha dovuto affrontare evidentemente

problemi di efficientamento non diversi da quelli che

BBVA avrebbe dovuto affrontare. Anche questa analisi

evidenzia che purtroppo l'idea di quell'utilità marginale

indicata come lucro cessante da BBVA costituisce un libro

dei sogni. E quindi diciamo da questo punto di vista la

risposta che a mio modo di vedere può venire sotto il

profilo della esistenza di un danno è nel senso che per

tutte le ragioni ora indicate mi sembrerebbe di poter

dire che non solo non c'è probabilmente, anzi a mio modo

di vedere non c'è un fatto illecito, ma non c'è neppure

un danno. Aggiungo l'ultimo elemento che attiene al

problema del nesso di causalità e al tempo stesso della

compensatio lucri cum damno. Per quanto riguarda il nesso

di causalità, mi pongo il problema di come vadano

considerate le condotte che consapevolmente BBVA ha

inteso tenere durante la contesa del controllo, cioè se è

vero tutto quello che a me sembra vero, ed è stato detto

prima in relazione al fatto che il controllo è stato

contendibile, che certamente BBVA nella fase iniziale era

in una posizione di favore perché partiva da una base

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anche azionaria partecipativa molto consistente e aveva

lanciato un'offerta pubblica di acquisto, ma poi a un

certo punto della contesa si è trovata antagonisti che

hanno comunicato che avevano lanciato un'Opa successiva

perché detenevano il 42%, ecco, se è vero però che in

questa situazione la partita non era chiusa, ed era

invece aperta perché vi potevano essere aumenti del

corrispettivo, vi poteva essere la riproposizione

dell'offerta, vi potevano essere una serie di eventi

alternativi rispetto a quelli che BBVA ha inteso

coltivare, ecco, bisogna chiedersi: ma la pretesa del

primo offerente di vincere la gara con la prima proposta

e di mantenere ferma quella condizione sempre, senza

quindi accettare, diciamo così, la sfida che il mercato

gli pone, come si qualifica in relazione alle pretese e

al nesso causale che viene identificato da BBVA nella

relazione tra i pretesi illeciti di Unipol e i coloro che

agivano di concerto e il preteso fatto illecito? E qui io

ho l'impressione che ci si debba chiedere se alla fine il

danno, ammesso che il danno ci sia, e credo che non vi

sia, sia frutto di un comportamento autonomamente voluto

e scelto, consapevolmente scelto da BBVA. Devo anche

dire, forse, non so, impressionisticamente, ma se davvero

vi erano utilità marginali attese per circa un miliardo

di euro, perché ostinarsi a non rilanciare? Perché non

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fare un aumento del corrispettivo? Un miliardo di euro

avrebbe probabilmente lasciato spazio per un effetto

diminutivo (?) maggiore della offerta originaria. E

quindi questo argomento potrebbe voler dire o che quel

miliardo di sinergia attesa era percepito come un libro

dei sogni come io penso che sia, o che BBVA ha scelto

autonomamente, pur potendolo fare, di non farlo perché

aveva un calcolo di convenienza molto molto elevato ma

che però non mi pare che l'ordinamento tuteli. Dall'altro

lato quelle scelte costituiscono in ogni caso

comportamenti che a mio modo di vedere concorrono quanto

meno alla determinazione dell'insuccesso dell'offerta.

Quindi di nuovo si pone come minimo un problema

significativo di concorso di colpa che poi va a incidere

anch'esso sul problema della individuazione

dell'esistenza del danno a quel punto e soprattutto di un

danno risarcibile. Terzo punto e ultimo con il quale

concludo è il problema della compensatio lucri cum damno.

E qui, se mi consentite diciamo la licenza poetica,

l'impressione che io traggo da questa vicenda guardandola

retrospettivamente, è che si sia attuato un tortuoso

percorso provvidenziale. È un tortuoso percorso

provvidenziale perché alla prima offerta di BBVA ha fatto

seguito il comportamento che è oggetto di questo processo

di Unipol e di coloro che agivano in concerto, che ha

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portato alla promozione di una seconda offerta pubblica

di acquisto successivo a 2.70, poi alzata per effetto di

certi accertamenti di Consob rispetto a Deutsche Bank.

Poi è intervenuto proprio per effetto anche di tutti gli

eventi che abbiamo qui considerato, il divieto di

compiere l'operazione perché non è stata concessa

l'autorizzazione a portare a compimento l'offerta

pubblica di acquisto successiva, questo ha determinato,

questo è stato l'elemento causale e determinante per

determinare la vendita da parte di Unipol e di coloro che

agivano di concerto, della partecipazione, che interviene

il 2 o 6 di febbraio, forse il 6 di febbraio del 2006 a

BNP Paribas. È una vendita, ripeto, che interviene ad un

prezzo, 2.9, 2.5, che poi sarà oggetto della offerta

pubblica di acquisto successiva totalitaria di BNP

Paribas, un prezzo che si allinea con i più alti pagati

anche durante la contesa per il controllo nella prima

fase che viene pagato interamente cash, che consente a

BNL di entrare credo nel più grande gruppo bancario,

diciamo così, di banca commerciale dell'Europa

Continentale, e quindi realizzare sinergie industriali

importanti, e consente a tutti coloro che sono azionisti

di BNL, ivi compreso il BBVA, di realizzare significative

plusvalenze, plusvalenze che a seconda di come poi si

vanno a calcolare per esempio sul bilancio di BBVA

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possono addirittura arrivare ad oltre 500 milioni di

euro; se invece si considerassero i fondi rettificativi

arrivano ad un valore più basso, ma lì c'è un problema

giuridico anche su questo non trascurabile. Allora, in

questa situazione, a mio modo di vedere, giuridicamente

siamo sicuramente nella situazione in cui danno e

vantaggio sono conseguenze immediatamente diretta dello

stesso fatto perché siamo di fronte ad un continuum, la

contesa per il controllo di BNL non finisce il 18 di

luglio, non finisce nell'agosto, non finisce neppure il

10 di gennaio quando Unipol non vede concessa le

autorizzazioni prudenziali, finisce soltanto quando vi è

la cessione di queste azioni a BNP Paribas e il lancio

della successiva offerta pubblica di acquisto, successiva

che poi determina il delisting di quelle azioni. Allora

in questa situazione a me pare che, e così mi pare di

poter rispondere conclusivamente diciamo al quesito, che

anche per questa ragione, anche per questa ragione, non

esista danno.

AVV. SIROTTI – Un'ultima domanda, Presidente, non su questa

parte, ma su un profilo diverso. L'Accusa non ha ancora

chiarito in questa vicenda se intende sostenere che gli

acquisti di azioni BNL siano avvenuti da parte di Unipol

e sodali, per usare l'espressione del capo di

imputazione, a sconto, cioè se le modalità adottate

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abbiano favorito acquisti a prezzi inferiori rispetto a

quelli che si sarebbero verificati in assenza

dell'operatività asseritamente e penalmente rilevante;

oppure se questa operatività abbia al contrario

determinato il fallimento dell'Ops, quindi sia stata

un'operatività artificiosa perché ha determinato un

valore di concambio tra azioni BNL e azioni BBVA tale da

non renderlo appetibile al mercato. È evidentemente una

prospettazione antitetica sostenuta dal Pubblico

Ministero fino all'udienza preliminare la prima,

sostenuta l'altra dal consulente tecnico dello stesso

Pubblico Ministero nel corso del dibattimento. Per la

verità non abbiamo ancora capito quale delle due sia la

tesi sostenuta. Abbiamo su questo punto fatto

un'eccezione in apertura del dibattimento, che ha avuto

l'esito che ha avuto per ora. Ma le chiedo, professore,

rispetto a queste due eventualità come valuta queste

diciamo alternative prospettazioni con riferimento alla

vicenda?

C.T.P. LAMANDINI – A me pare che entrambe siano difficilmente

convincenti perché la prospettazione di una vendita a

sconto da parte degli azionisti di BNL durante i mesi in

cui vi è la contesa per il controllo che poi sfocia nella

comunicazione del 18 di luglio e poi nella promozione

dell'offerta pubblica da parte di Unipol, la tesi di una

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vendita a sconto mi sembra che assuma negli operatori di

mercato dei comportamenti irrazionali, in altri termini

assuma come presupposto dei comportamenti irrazionali.

Siamo in una fase in cui vi è un mercato con sott'offerta

pubblica di acquisto e quindi la letteratura illustra da

tanto tempo che i prezzi tendono rapidamente a convergere

sul valore, a fronte di un'offerta pubblica di scambio,

sul valore teorico del concambio. Allora in questa

situazione per postulare una vendita a sconto dovremmo

immaginare che gli operatori di mercato sono sorpresi

nella loro buonafede, cioè vendono ad un prezzo che è un

prezzo però più alto dell'offerta pubblica di scambio

essendo pienamente consapevoli di quello che potrebbe

succedere o che succederà. Rispetto a questo, però, a me

sembra che in verità ciò sia altamente improbabile perché

quello che un operatore fa a fronte di un prezzo di Opa,

quando va sul mercato a vendere diciamo la sua

partecipazione, è quello di andare a realizzare

immediatamente sul mercato un prezzo che per di più è

cash liquido a fronte di una offerta pubblica di scambio

verso carta. Dall'altro lato capisce perfettamente che

chi acquista ad un prezzo superiore all'offerta pubblica

di scambio o vuole contrapporsi all'offerta pubblica di

scambio e quindi lancerà poi un'offerta pubblica di

acquisto, o sta scommettendo che ci sarà qualcuno che

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arriverà sul mercato e poi lancerà l'offerta pubblica di

acquisto. Se ciò nondimeno vende, questo credo che si

debba ritenere o si debba presumere come espressione di

un comportamento razionale ed è un comportamento

razionale e anche di assicurazione rispetto al rischio

perché in realtà riesco a vendere con sicurezza oggi, e

poi riesco a vendere con sicurezza oggi ad un prezzo che

è il prezzo di mercato o sul mercato regolamentato o ai

blocchi in una situazione in cui è bensì vero che io

percepisco che ci potrebbe essere qualcuno che lancia

un'offerta pubblica di acquisto successiva perché sta

comprando azioni sul mercato, ma devo tener conto a

quella data, perché la direttiva comunitaria non era

ancora entrata in vigore in quel momento, che il prezzo

dell'offerta pubblica di acquisto successiva all'epoca

non è il più alto pagato nel periodo, ma è la media

aritmetica tra il valore medio delle quotazioni negli

ultimi dodici mesi e il più alto pagato nel periodo.

Quindi ben potrebbe essere che chi sta comprando azioni

sul mercato a dei prezzi che sono superiori alla Ops ma

magari diciamo non ancora allineati ai più alti di

mercato, se raggiunge il 30% e poi lancia l'offerta

pubblica di acquisto, la lancia ad un prezzo che è più

basso di quello che viene offerto in quel momento sul

mercato. Quindi, a fronte di tutto questo mi pare che

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anche una rudimentale valutazione di analisi economica

diciamo della fattispecie debba portare a considerare che

quel tipo di ragionamento funziona soltanto ipotizzando,

a me pare, comportamenti irrazionali. Io continuo a

ritenere, malgrado tutto, che il mercato, specialmente

quando è un mercato fatto anche di operatori

specializzati, come in molte di queste compravendite è

avvenuto, è un mercato tendenzialmente efficiente o

comunque un mercato che valuta razionalmente la

situazione. La tesi invece del: ma questi acquisti poiché

sono avvenuti ad un prezzo superiore, progressivamente

superiore a quello del concambio teorico, ha determinato

un rialzo dei corsi che ha mandato, tra virgolette, fuori

mercato la proposta originaria del BBVA, di talché BBVA

rilanciava sul corrispettivo; oppure non vi era una

convenienza rispetto ai prezzi liquidi sul mercato in

quel momento, mi pare che proprio si infranga con quello

che siamo diciamo abbastanza univoci nel ritenere da

molto tempo, per esempio la dottrina nordamericana è

consolidatissima, nel senso di dire che non costituisce

assolutamente manipolazione l'effetto rialzista che si

determina in pendenza di offerta pubblica di acquisto per

il semplice fatto che sono state effettuate operazioni,

naturalmente purché siano operazioni reali di mercato.

Cioè un conto è naturalmente l'operazione fittizia,

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simulata, l'operazione artificiosa nel senso che do

l'apparenza di fare un acquisto ma in realtà non lo

faccio; altro conto sono le operazioni effettive di

mercato che determinano una conseguenza sul mercato che è

evidente. Questa conseguenza sul mercato è di tipo

rialzista perché non può essere diversamente a fronte di

acquisti a prezzi progressivamente crescenti. Ma, e qui

per esempio, proprio l'espressione che la dottrina

statunitense... ma non solo la dottrina, ci sono

precedenti anche che costituiscono ancora a stare

decisis, cioè che il precedente è vincolante, è che

l'attività di mercato iniziata al fine di acquisire o

mantenere controllo non è manipolativa solo perché

influenza il prezzo del titolo. Questo è un principio che

diciamo in sede di analisi economica è ancora valido, è

molto valido in quell'ordinamento dove si giunge

normalmente a delle decisioni sulla base di processi

evidenziari molto complessi. Mi pare che anche in questo

caso valga il principio.

AVV. SIROTTI – Non ho altre domande. Grazie. Presidente, la

consulenza del professor Marzo in realtà è volta a

confutare quei dati di calcolo tecnico del professor

Reboa, che Reboa a suo tempo non discusse se vi ricordate

perché allegò la nota tecnica. Se volete potremmo fare

altrettanto se il Tribunale ritiene, cioè potremmo

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acquisire questo documento riservando eventualmente al

controesame, se le Parti non hanno niente in contrario.

PRESIDENTE – Se non ci sono questioni può essere una buona

idea. Io chiederei anche se eventualmente per comodità

del Collegio potesse produrci le slide che sono state

prodotte.

AVV. SIROTTI – Sì, sì, immediatamente, Presidente.

PRESIDENTE – Professor Lamandini, grazie di essere venuto.

Esaurite le domande, il consulente viene congedato.

Si dà atto che con l'accordo delle Parti viene acquisita la

consulenza tecnica del professor Marzo con le slide e che le

altre Parti si riservano di richiederne il controesame

all'esito della valutazione di tale documentazione oggi

acquisita; per quanto riguarda il professor Lamandini la

Difesa produce anche le slide oggi trasmesse in aula.

AVV. TESTA – Chiedo scusa, approfitto di questo momento,

l'avvocato Accinni mi chiede di rinnovare la richiesta se

fosse possibile avere la relazione del professor

Gualtieri o anche soltanto una relazione provvisoria

qualche giorno prima dell'esame.

PRESIDENTE – L'avvocato (inc.) ci doveva dare una risposta. È

stato detto se fosse possibile averla per il lunedì

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precedente, il 21.

AVV. SIROTTI – Il controesame rimane fermo al 31 se questa

richiesta è volta a seguire meglio l'esposizione.

PRESIDENTE – Questa richiesta è volta sia a seguire meglio la

sua... sia perché il Pubblico Ministero ieri aveva

chiesto una anticipazione o una posticipazione della

requisitoria o un'anticipazione dell'esame perché non ha

poi sufficiente tempo per esaminare tutta questa

documentazione e preparare la requisitoria. Siccome non

siamo riusciti a trovare date ulteriori che andassero

bene a tutti, né era opportuno posticipare le date della

requisitoria, se il consulente Gualtieri deposita entro

lunedì 21.

AVV. SIROTTI – Sì, Presidente, mi sembra una indicazione

ragionevole.

PRESIDENTE – Se fosse prima, lo potete mandare anche per me.

AVV. SIROTTI – Certo.

PRESIDENTE – Dunque, se non ci sono altre questioni ci vediamo

il 24 nell'aula della Corte d'Assise e d'Appello per

l'audizione di Gualtieri alle nove e un quarto, entro il

25 tutte le Parti dovranno precisare se intendono

controesaminare i consulenti e quali intendono

controesaminare, ad eccezione di Gualtieri e il

consulente di Caltagirone che certamente verranno

controesaminati. Il 31 mattina alla ore 9 c'è il

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controesame del consulente di Caltagirone e Tarantelli il

24... No, sto sbagliando. Il 25 ci dovrebbe essere forse

il controesame del suo consulente.

(intervento svolto fuori microfono)

PRESIDENTE – Il 31 mattina. E il primo invece Galanti.

Gualtieri il 24 e il 25 e il controesame il 31.

Si dispone il rinvio del dibattimento all'udienza del 24 marzo

2011 ore 9.15

Il presente verbale, prima dell’upload a Portale Giustizia perla documentazione e certificazione finale del computodei caratteri, risulta composto da un numero parziale dicaratteri incluso gli spazi pari a: 102466

Il presente verbale è stato redatto a cura di SocietàCooperativa ATHENA

L'ausiliario tecnico: Sig.ra Quadraccia Ornella

Il redattore: Sig.ra Penon Maria - Trascrittrice

Sig.ra Penon Maria - Trascrittrice ____________________


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