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Trib. Napoli - proc. n. 12089/2004 R.G.A.C.
dott. Eduardo Campese
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TRIBUNALE DI NAPOLI
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale di Napoli, XI sezione civile, in composizione monocratica ed
in persona del giudice dr. Eduardo Campese, ha pronunciato la seguente
S E N T E N Z A
riservata all'esito della scadenza (30.3.2007) dei termini di cui all'art. 190 c.p.c.,
concessi all'udienza del 9.1.2007, nella causa iscritta al n. XXXXXX del Ruolo
Generale Affari Civili Contenziosi, vertenti
TRA
Banca, in persona del legale rappresentante pro tempore, con sede in
XXXXXXXXXX n. 177, elettivamente domiciliato in Napoli, alla via
XXXXXXXXX n. 4, presso lo studio dell’Avv. XXXXXXXXXXX che lo
rappresenta e difende in virtù di procura in calce all’atto introduttivo del
giudizio.
ATTORE
E
S. E., rappresentato e difeso, giusta procura in calce alla copia notificata
dell’atto introduttivo del giudizio, dall’Avv. XXXXXXXXXXX, presso il cui
studio elettivamente domicilia in Napoli, alla via XXXXXXXX.
CONVENUTO
E
E. P., S. P. e S. G. quali eredi di V. S., originario convenuto, tutti
elettivamente domiciliati in Napoli, alla via XXXXXXXX, presso lo studio
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dell’Avv. XXXXXXXXX che li rappresenta e difende in virtù di procura a
margine della comparsa di costituzione e risposta.
CONVENUTI
E
S. E., quale erede di V. S., originario convenuto, rappresentata e difesa,
giusta procura in calce alla copia notificata dell’atto di integrazione del
contraddittorio, dall’Avv. XXXXXXXX, presso il cui studio elettivamente
domicilia in Napoli, alla via XXXXXXXXX.
CONVENUTA
E
S. B. e S. S., quali eredi di V. S., originario convenuto, entrambi
domiciliati in Napoli, alla via XXXXXXXX.
CONVENUTI CONTUMACI
avente ad OGGETTO: AZIONE REVOCATORIA.
sulle seguenti CONCLUSIONI: per Banca, in via preliminare, disporsi
l’acquisizione agli atti di causa di tutti i documenti in possesso delle Poste
Italiane s.p.a., Ufficio di Soccavo, relativi alla consegna della raccomandata n.
4187, effettuata in data 9.4.2007, individuandosi le generalità sia dell’addetto
postale che ne ha curato la consegna a persona diversa dal destinatario senza
annotarlo, sia di colui che ha materialmente curato, presso il detto ufficio, il
ritiro della raccomandata qualificandosi per il deceduto V. S.; quanto al merito,
poi, verificata l’esistenza dei presupposti di cui all’art. 2901 c.c., accertarsi e
dichiararsi l’inefficacia relativa, nei suoi confronti, dell’atto per notar XXXXX
del 27.4.1999, con ogni conseguenza di legge. Con vittoria di spese, diritti ed
onorario. Per E. S., dichiararsi improcedibile l’avversa domanda o comunque
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rigettarla nel merito perché infondata. Vinte le spese. Per P. E., P. S. e G. S.,
nella indicata qualità, in via preliminare, dichiararsi la prescrizione dell’azione
intrapresa da controparte e, conseguentemente, la inammissibilità,
improponibilità ed improcedibilità della sua domanda, o comunque rigettarla nel
merito perché infondata. Vinte le spese. Per E. S., rigettarsi l’avversa pretesa
perché inammissibile, improcedibile od infondata. Vinte le spese.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con atto notificato il 5.4.2004, Banca ha citato in giudizio, innanzi
all’intestato Tribunale, i germani E. e V. S. onde sentire accertare e dichiarare
l’inefficacia, nei propri confronti, ex art. 2901 e ss. c.c., della compravendita per
atto notar XXXXXX intervenuto tra questi ultimi il 27.4.1999.
A sostegno della sua pretesa ha esposto: di essere creditore di E. S., quale
fideiussore della M- S. s.a.s. di E. S., della somma di € 39.639,68, giusta decreto
ingiuntivo n. XXX emesso dal Tribunale di Napoli il XXXX, notificato in forma
esecutiva il 22.5.1998 e non opposto; che il suddetto convenuto, al fine di
sottrarre i propri beni alla garanzia patrimoniale che assisteva il credito
dell’istante, aveva stipulato il menzionato atto di compravendita trasferendo al
fratello V. i diritti di comproprietà pari a 12/24 di cinque immobili siti in Napoli,
alla XXXXX; che era palese il riportato intento del debitore alienante stante
l’esiguità del prezzo convenuto per la compravendita.
Instauratosi il contraddittorio, si è costituito E. S. eccependo,
pregiudizialmente, la improcedibilità dell’avversa domanda per essere stato
evocato in giudizio un soggetto, V. S., deceduto in data 8.1.2002, ben prima,
quindi, della notificazione, nei suoi confronti, della citazione introduttiva del
giudizio. Quanto al merito, poi, ha comunque contestato la pretesa della
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controparte deducendone l’infondatezza sul presupposto di aver agito in perfetta
buona fede e di possedere tuttora un patrimonio in grado di soddisfare i presunti
crediti vantati da quest’ultima.
Alla prima udienza dell’8.7.2004, quindi, è stata disposta la integrazione
del contraddittorio nei confronti di tutti gli eredi di V. S.
Si sono costituiti, pertanto, P. E., P. S. e G. S., rispettivamente moglie e
figli del menzionato originario convenuto, eccependo, preliminarmente, la
intervenuta prescrizione quinquennale dell’azione proposta da Banca, nonché la
nullità dell’avversa domanda per asserita mancanza dei requisiti di cui all’art.
163, n. 4, c.p.c.. Quanto al merito, poi, hanno comunque concluso per il rigetto
di detta domanda perché infondata.
Si è altresì costituita E. S., altra figlia del defunto V. S., formulando
eccezioni ed articolando difese del tutto analoghe a quelle esposte dalla madre e
dagli altri suoi fratelli in precedenza costituitisi, mentre sono rimasti contumaci i
germani B. e S. S., anch’essi figli di V. S..
Successivamente, ritenuti superflui i mezzi di prova richiesti, lo
scrivente, all’udienza del 9.1.2007, precisate dalle parti le conclusioni di cui
all’epigrafe, ha assegnato i termini di cui all'art. 190 c.p.c., all'esito dei quali la
causa è stata trattenuta in decisione.
MOTIVI DELLA DECISIONE
In via pregiudiziale, va respinta l’eccezione di estinzione del giudizio
formulata da P. E., P. S. e G. S. solo nella comparsa conclusionale dell’8.3.2007
(cfr. in atti) sul presupposto che parte attrice non avrebbe notificato l’atto di
integrazione del contraddittorio a tutti gli eredi di V. S. per l’udienza del
7.12.2004 all’uopo fissata.
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Detta eccezione, infatti, deve considerarsi innanzitutto tardiva non
essendo stata proposta dai medesimi convenuti prima di ogni altra loro difesa
come prescritto, invece, dall’art. 307, ultimo comma, c.p.c.: essi, invero,
costituendosi all’udienza del 7.12.2004, nulla hanno dedotto in proposito (cfr. la
loro comparsa di costituzione, nonché il relativo verbale di causa), né tanto
hanno fatto successivamente (cfr. memorie ex artt. 183 e 184 c.p.c. depositate,
rispettivamente, il 6.12.2005 ed il 10.4.2006, e gli ulteriori verbali di causa), ma
l’hanno sollevata solo con il menzionato scritto conclusionale dimenticando,
però, che, come ripetutamente statuito dalla Suprema Corte, le comparse
conclusionali hanno soltanto la funzione di illustrare le ragioni di fatto e di
diritto sulle quali si fondano le domande e le eccezioni già proposte e pertanto
non possono contenere domande od eccezioni nuove che comportino
l'ampliamento del thema decidendum (cfr., ex multis, Cass. 14.3.2006, n. 5478;
Cass. 3.1.1998, n. 11).
La stessa, peraltro, è anche infondata non avendo i predetti convenuti
indicato quali sarebbero gli ulteriori eredi di V. S. (oltre a quelli ritualmente
citati in giudizio dalla banca istante) nei cui confronti avrebbe dovuto essere
integrato il contraddittorio, evidenziandosi, in proposito che, in conformità ad
una giurisprudenza più che consolidata della Corte regolatrice, in tema di
litisconsorzio necessario, la parte che eccepisca la non integrità del
contraddittorio, a causa della mancata partecipazione al giudizio di una (o di
alcune) delle parti necessarie, non può limitarsi ad assumere genericamente
l'esistenza di litisconsorti pretermessi, ma ha l'onere di indicare le persone degli
altri eredi, oltre quelli che, in tale qualità, già siano state evocate in giudizio e di
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specificare le ragioni di fatto e di diritto della necessità di integrazione (cfr., ex
aliis, Cass. 25.8.2006, n. 18507; Cass. 15.7.2005, n. 15086).
Sempre in via pregiudiziale, va rigettata l’eccezione di nullità della
citazione introduttiva del giudizio, per asserita carenza del requisito di cui all’art.
163, n. 4 c.p.c., sollevata da P. E., P. S. e G. S. (cfr. la loro comparsa di
costituzione), atteso che dall’esame del menzionato atto si ricavano chiaramente
i fatti e le ragioni di diritto posti dalla banca attrice a fondamento della sua
domanda, per cui alcuna lesione del diritto di difesa dei primi può essere
ragionevolmente ipotizzato, come del resto, può facilmente evincersi dalle
compiute difese di merito da essi formulate.
Infine, va ritenuta tardiva (ancor prima che abbandonata perché non più
coltivata successivamente) l’istanza di E. S., proposta unicamente con la
memoria ex art. 184 c.p.c. depositata il 6.4.2004 (cfr. in atti), diretta ad ottenere
la verifica della “… legittimazione processuale della banca attrice che dichiara
di agire in persona dell’Avv. XXXXXX nella qualità di responsabile del presidio
di Napoli..”, atteso che, come chiaramente emerge dalla lettura di Cass. SS.UU.
7.3.2005 n. 4814, la produzione di documentazione idonea a provare il potere di
rappresentanza del soggetto indicato come rappresentante della persona giuridica
è necessaria solo se l'altra parte, conosciuto quel nome, metta in discussione, nel
termine di cui all’art. 157, secondo comma, c.p.c. (diversamente, quindi, da
quanto è avvenuto nella specie dove tale istanza è stata formulata ben oltre il
suddetto termine) detta qualità o tali poteri.
In via preliminare, poi, va esaminata l’eccezione di prescrizione
quinquennale dell’odierna azione tempestivamente sollevata da P. E., P. S. e G.
S., nonché da E. S., nelle rispettive comparse di costituzione.
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Tale eccezione è sostanzialmente argomentata con il rilievo che la
notificazione dell’atto introduttivo del giudizio a V. S., loro dante causa, doveva
considerarsi inesistente perché avvenuta allorquando quest’ultimo era già
deceduto da circa due anni, per cui, in assenza di specifici atti interruttivi della
prescrizione ad essi recapitati anteriormente alla integrazione del contraddittorio
disposta dal Tribunale, avvenuta per i primi in data 27.9.2004 e per la seconda il
29.12.2004 (cfr. le relative relate di notifica), alle date da ultimo indicate doveva
considerarsi ormai decorso nei loro confronti il termine di cui all’art. 2903 c.c..
Tale assunto non può, ad avviso di questo Tribunale, essere condiviso.
Va premesso, in proposito, che, dalla documentazione in atti (cfr.
certificato di morte rilasciato dal Comune di Napoli il 5.7.2004), emerge che V.
S. è deceduto l’8.1.2002, per cui non può dubitarsi del fatto che la notificazione
nei suoi confronti della citazione introduttiva di questo giudizio, solo
formalmente perfezionatasi, ex art. 140 c.p.c., il 5.7.2004 (data di spedizione
della cartolina prevista dalla citata norma), sarebbe comunque inesistente (pur
volendosi prescindere da qualsivoglia valutazione circa la ritualità del ritiro del
plico non recapitato, avvenuta il 9.4.2000 da parte di un soggetto qualificatosi
titolare, dopo aver ivi apposto una sottoscrizione illeggibile. Cfr. in atti), atteso
che, come sancito dalla Suprema Corte, “la notificazione della citazione
introduttiva del giudizio di primo grado effettuata ad una persona già deceduta
deve considerarsi giuridicamente inesistente, e rispetto ad essa non può trovare
applicazione il principio per cui invece si considera validamente effettuata la
notificazione alla parte deceduta dopo la pubblicazione della sentenza, qualora
la controparte abbia ignorato senza sua colpa il decesso, poiché esso trova
giustificazione solo in ambito endoprocessuale, essendo ispirato al fine di
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contemperare e coordinare - nella fase successiva all'emanazione della sentenza
che conclude la fase processuale per cui la costituzione spiega effetto - il sistema
dell'automatica operatività degli eventi interruttivi, concernenti la parte
costituita a mezzo di difensore, con la garanzia costituzionale del diritto di
difesa di detta controparte, la quale esclude che quegli eventi possano
pregiudicare la parte incolpevolmente ignara” (cfr. Cass. 18.9.2001, n. 11688).
Ciò posto, lo scrivente, pur consapevole dell’orientamento
giurisprudenziale secondo cui “la domanda giudiziale, proposta dal creditore
nei confronti del debitore in precedenza deceduto, e, quindi, di un soggetto
inesistente, non può integrare un atto interruttivo della prescrizione, stante la
natura tipicamente recettizia di questo ultimo, nè, pertanto, può spiegare effetti
riflessi di interruzione della prescrizione stessa nei confronti di altro soggetto,
ancorché erede o coobbligato solidale del de cuius, pure se abbia avuto
conoscenza della domanda medesima” (cfr. Cass. 2.7.1981, n. 4246), ritiene che
lo stesso non possa trovare applicazione nella fattispecie in esame.
Invero, “nel giudizio - come quello odierno - in cui sia stata esercitata
l'azione revocatoria (art. 2901 c.civ.), il debitore alienante è litisconsorte
necessario del convenuto terzo acquirente poiché l'accoglimento della domanda
comporta, per effetto dell'assoggettamento del terzo alle azioni esecutive sul
bene oggetto dell'atto di disposizione impugnato, l'acquisto da parte di costui di
ragioni di credito verso l'alienante (cfr. art. 2902, secondo comma, c.c.), nonché,
oltre ad altri effetti immediati e diretti (quali l'obbligo della restituzione del
prezzo a seguito della evizione della cosa), postula nei confronti del debitore
l'accertamento della sua frode e dell'esistenza del credito. Ne consegue che
dell'intero giudizio debbono necessariamente essere parti il terzo acquirente ed
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il debitore alienante e, nel caso di morte di costoro, i loro eredi” (cfr. Cass.
5.7.2000, n. 8952).
In altri termini, il giudizio instaurato nei confronti del debitore (E. S.) e
del terzo acquirente (V. S.) dei beni la cui alienazione il creditore assuma essere
stata lesiva delle proprie ragioni, comporta una situazione di litisconsorzio
necessario con conseguente inscindibilità della causa, cosicché nella fattispecie
non può distinguersi tra l'azione proposta originariamente nei confronti di V. S. e
quella intrapresa verso E. S.: conseguentemente, l'unica causa deve considerarsi
iniziata il 5.4.2004 (data della notifica della citazione introduttiva ad E. S.), sia
pure in situazione di difettosa integrità del contraddittorio (attesa l’inesistenza
della notificazione della medesima citazione a V. S. perché deceduto l’8.1.2002),
e quindi in piena osservanza del termine quinquennale previsto dall'art. 2903 c.c.
(rispetto alla data - 27.4.1999 - dell’atto oggetto di questo procedimento) mentre
l'accertamento della inesistenza della notifica della citazione a V. S. per le
ragioni in precedenza esposte ha semplicemente comportato la necessità della
integrazione del contraddittorio così come, ai sensi dell'art. 102 c.p.c., in ipotesi
di omessa o irrituale notifica dell’atto introduttivo del giudizio nei confronti di
tutte le parti in causa inscindibile, il giudice ordina l'integrazione del
contraddittorio dando disposizioni per la notifica.
E' opportuno rilevare, quindi, che il principio per il quale la rinnovazione
della notificazione dell'atto di citazione ha effetto interruttivo del decorso della
prescrizione dal giorno in cui viene eseguita la rinnovazione medesima e non
retroagisce al momento della prima notificazione ritenuta nulla si basa su di una
promessa in fatto estranea alla odierna fattispecie, riguardando l'ipotesi in cui la
nullità o l’inesistenza dell'originario atto di citazione si siano verificate in un
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processo nel quale il contraddittorio debba essere realizzato nei confronti di un
solo soggetto (o comunque nei confronti di una pluralità di soggetti tra i quali
non sussiste un rapporto di litisconsorzio necessario).
Come invece esposto in precedenza, nel caso di specie ricorre un vincolo
di litisconsorzio necessario tra i due soggetti originariamente convenuti in
giudizio (E. S. e V. S.), cosicché il problema posto dalla rilevata inesistenza
della notificazione dell'atto di citazione notificato a V. S. attiene all'efficacia
dell'interruzione del termine di prescrizione previsto dall'art. 2903 c.c. a seguito
della valida notifica dell'atto di citazione nei confronti di E. S. una volta che,
disposta la necessaria integrazione del contraddittorio nei confronti degli eredi di
V. S., il processo non si è estinto.
In proposito, questo Tribunale ritiene che proprio la sussistenza di una
ipotesi di litisconsorzio necessario tra terzo acquirente (V. S.) e debitore (E. S.)
quali soggetti convenuti dalla banca creditrice che ha promosso l'azione
revocatoria ex art. 2901 c.c., e dunque di inscindibilità della causa così
instaurata, comporta che la notifica dell'atto di citazione effettuata dalla parte
attrice il 5.4.1999 nei confronti di E. S., allorché il termine prescrizionale di cui
all'art. 2903 c.c. non era ancora decorso, ha prodotto un valido effetto
interruttivo della prescrizione anche nei riguardi degli eredi di V. S. - nei cui
confronti è ritualmente e tempestivamente avvenuta l’integrazione del
contraddittorio - non potendosi distinguere, a tal fine, tra l'azione proposta nei
confronti del terzo acquirente (tale era V. S.) del bene oggetto dell'azione
revocatoria e l'azione proposta nei confronti del debitore E. S.
Tale argomentazione si fonda sul fatto che la necessaria integrazione del
contraddittorio disposta, ex art. 102 c.p.c., nei confronti dei suddetti eredi non ha
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dato luogo ad un nuovo giudizio, ma ha prodotto l'effetto di far continuare
l'originario processo, per cui la valida notifica del primo atto introduttivo ad
almeno uno dei litisconsorzi necessari deve ritenersi idonea ad interrompere la
prescrizione nei confronti di tutti i litisconsorti necessari e fino al passaggio in
giudicato della sentenza che definisce il giudizio stesso (cfr. Cass. 26.7.2002, n.
11005).
L’esposto convincimento, peraltro, è sostanzialmente conforme
all'orientamento ripetutamente espresso dalla Suprema Corte per il quale, qualora
il giudizio di primo grado si sia svolto nei confronti di alcuni soltanto dei
litisconsorti necessari e dunque a contraddittorio non integro, ed a seguito di
pronuncia del giudice di appello che abbia rimesso le parti in primo grado ai
sensi dell'art. 354 c.p.c. il contraddittorio sia stato ritualmente integrato nei
confronti dei litisconsorti pretermessi in modo da evitare l'estinzione del
processo, l'originario atto di citazione ha l'effetto di sospendere la prescrizione
del diritto azionato sino al momento del passaggio in giudicato della sentenza
che definisce il processo ex art. 2945 secondo comma c.c. (cfr. Cass. 19.8.1974
n. 2397; Cass. 30.5.1978 n. 2726; Cass. 20.5.1989 n. 2437; Cass. 26.7.2002, n.
11005), osservandosi che il principio ora richiamato, è stato affermato sia in
ipotesi in cui la notifica dell'atto di citazione introduttivo del giudizio di primo
grado era stata pretermessa (situazioni a cui va evidentemente parificata, ad
avviso di chi scrive, la notificazione ritenuta inesistente) nei confronti di alcuni
litisconsorti (cfr. Cass. 19.8.1974 n. 2397; Cass. 30.5.1978 n. 2726; Cass.
20.5.1989 n. 2437), sia laddove la notifica dell'atto di citazione nei confronti del
litisconsorte, ancorché ritenuta nulla, era pur sempre stata eseguita (cfr. Cass.
26.7.2002, n. 11005, proprio in tema di revocazione).
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Tanto premesso, e venendo al merito, rileva il giudicante che Banca,
documentando di essere creditore, tra gli altri, di E. S., quale fideiussore della M.
S di E. S. s.a.s., per la somma di € 39.639,68 (€ 25.587,32 per sorta capitale,
oltre interessi convenzionali al 15% dall’1.1.1998 al soddisfo, nonché spese
diritti ed onorari), giusta decreto ingiuntivo n. 522/98 emesso dal Tribunale di
Napoli il XXXX (cfr. in atti), notificato in forma esecutiva il 22.5.1998 (cfr. in
atti) e non opposto, assumendo che il suddetto convenuto, al fine di sottrarre i
propri beni alla garanzia patrimoniale che assisteva detto credito, aveva trasferito
al fratello V. S., con atto notar XXXXX del 27.4.1999, i diritti di comproprietà
pari a 12/24 di cinque immobili siti in Napoli, al XXXXXXX, e sostenendo che
era palese l’intento del debitore alienante di sottrarre tali beni alla garanzia
patrimoniale del creditore stante l’esiguità del prezzo convenuto per la
compravendita, ha chiesto dichiararsi inefficace, ex art. 2901 c.c., l’indicato
rogito.
Orbene, è opportuno premettere che l'azione revocatoria è uno strumento
per la tutela (indiretta) del diritto del creditore, poichè svolge la funzione di
ricostituire la garanzia generica assicurata a quest’ultimo dal patrimonio del suo
debitore, al fine di permettergli il soddisfacimento coattivo del suo credito (cfr.
Cass. 23.9.2004, n. 19131).
In particolare, non si tratta di un'azione di nullità, bensì d'inefficacia
relativa dell'atto impugnato, la cui validità, quindi, non è posta in discussione:
con essa si domanda solamente che l'atto impugnato, ancorché valido in se
stesso, sia dichiarato inefficace nei confronti del creditore agente. Sicché il bene
non ritorna nel patrimonio dell'alienante ma resta soggetto all'aggressione del
creditore istante nella misura necessaria a soddisfare le sue ragioni, e l'azione
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giova unicamente al creditore che l'ha esercitata (cfr. ex multis, Cass. Civ. nn.
5455/2003, 7127/2001, 1804/2000).
L'art. 2901 c.c., infatti, dispone che il creditore può domandare che siano
dichiarati inefficaci nei suoi confronti gli atti di disposizione del patrimonio con
i quali il debitore reca pregiudizio alle sue ragioni (nel concorso dei requisiti
previsti).
La citata norma, peraltro, come costantemente chiarito dalla Suprema
Corte, non distingue tra le varie categorie di crediti e le relative fonti, ed accoglie
una nozione molto ampia di credito, comprensiva della ragione od aspettativa,
con conseguente irrilevanza dei normali requisiti di certezza, di liquidità e di
esigibilità: ciò, in linea con la specifica funzione della revocatoria, che, come si è
già detto, non ha intenti restauratori nei confronti del debitore ovvero del
creditore istante, ma tende unicamente a restituire la garanzia generica assicurata
a tutti i creditori e, quindi, anche a quelli meramente eventuali (cfr.
sostanzialmente in tal senso, ex plurimis, Cass. Civ. nn. 3981/2003, 14166/2001,
12672/2001, 12144/99).
Vale la pena di precisare, poi, che, esprimendosi in termini di
pregiudizio, il legislatore ha voluto alludere ad un significato dell'eventus damni
che va oltre il concetto di danno per comprendere anche quello di semplice
pericolo di danno (cfr., ex plurimis, Cass. 2.4.2004, n. 6511; Cass. 15.6.1995, n.
6777). Ciò perchè al creditore non interessa soltanto la conservazione della
garanzia patrimoniale costituita dai beni del debitore, ma anche il mantenimento
di uno stato di maggiore fruttuosità ed agevolezza dell'azione esecutiva
susseguente all'utile esperimento dell'azione.
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Si ritiene, pertanto, che il pregiudizio (eventus damni) può essere
costituito da una variazione sia quantitativa che qualitativa del patrimonio del
debitore, purchè comporti una maggiore difficoltà od incertezza nella esazione
coattiva del credito oppure ne comprometta la fruttuosità (cfr. Cass. 4.7.2006, n.
15265, in motivazione; Cass. 29.10.1999, n. 12144; Cass. 8.7.1998, n. 6676,
Cass. 6.5.1998, n. 4578).
In buona sostanza, affinchè possa richiamarsi l'esistenza del pregiudizio,
non occorre alcuna valutazione sul danno, essendo sufficiente la dimostrazione
da parte del creditore istante della pericolosità dell'atto impugnato, in termini di
una possibile quanto eventuale infruttuosità della futura esecuzione sui beni del
debitore.
In questa prospettiva, l'onere probatorio del creditore che agisce in
revocatoria si restringe alla dimostrazione della variazione quantitativa o
qualitativa del patrimonio del debitore senza estendersi a quella dell'entità e
natura del patrimonio stesso dopo l'atto di disposizione, non trovandosi il
creditore nelle condizioni di valutarne compiutamente le caratteristiche.
La prova è libera nel senso che può essere fornita con ogni mezzo, non
escluse le presunzioni.
E', invece, onere del debitore che voglia sottrarsi agli effetti dell'azione
revocatoria provare che, nonostante l'atto di disposizione, il suo patrimonio ha
conservato valore e caratteristiche tali da garantire il soddisfacimento delle
ragioni del creditore senza difficoltà (cfr. Cass. 6.5.1998, n. 4578).
Va altresì osservato che, in tema di azione revocatoria, gli atti con i quali
il debitore dispone del suo patrimonio, arrecando pregiudizio alle ragioni
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creditorie, si distinguono a seconda che siano anteriori o posteriori alla nascita
del credito e che siano a titolo gratuito od oneroso.
In questa sede interessano, in particolare, gli atti di disposizione
posteriori al sorgere del credito compiuti dal debitore a titolo oneroso.
Per questi atti, quanto al debitore, è sufficiente ai fini dell'esperibilità
dell'azione la semplice conoscenza del pregiudizio che l'atto medesimo è
destinato ad arrecare alle ragioni creditorie.
Occorre una conoscenza effettiva, non bastando la semplice prevedibilità.
E’ necessaria, in altri termini, la coscienza di ledere la garanzia dei creditori,
oltrechè la previsione del danno derivante ai creditori dall'atto.
Per quanto concerne il terzo acquirente, invece, posto che deve
considerarsi tale chiunque si avvantaggi o può avvantaggiarsi dall'atto di
disposizione compiuto dal debitore, la sua posizione è sostanzialmente analoga a
quella del debitore, nonostante l'apparente diversità di locuzioni di cui all'art.
2901 c.c., nn. 1 e 2.
Occorre, quindi, che il terzo abbia conosciuto il pregiudizio arrecato alle
ragioni creditorie dall'atto del debitore suo dante causa (cfr. Cass. 5.6.2000, n.
7452; Cass. 19.7.2004, n. 13330; Cass. 6.8.2004, n. 15257).
Con specifico riferimento agli atti dispositivi del fideiussore (tale qualità
rivestendo E. S. nel decreto ingiuntivo costituente la prova dell’odierno credito
della banca attrice), infine, la Suprema Corte, premettendo che gli stessi sono
assoggettati, al pari di quelli del debitore principale, al rimedio dell'azione
revocatoria ricorrendone le condizioni (cfr. Cass. 27.2.1991 n. 2115; Cass.
22.1.1999 n. 591; Cass. 19.10.2006, n. 22465, in motivazione), ha chiarito che:
a) l'acquisto della qualità di debitore nei confronti del creditore risale all'atto
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della nascita stessa del credito, cosicché è a tale momento che occorre fare
riferimento al fine di stabilire se l'atto pregiudizievole sia anteriore o successivo
al sorgere del credito (cfr. Cass. 22.1.1999 n. 591), con la conseguente
affermazione che, laddove l’atto dispositivo sia stato posto in essere in epoca
successiva alla sussistenza del credito in relazione al quale è stata prestata la
garanzia fideiussoria, ai fini dell'accoglimento dell'azione è necessario soltanto il
requisito della scientia damni da parte dello stesso fideiussore, ossia la
consapevolezza di arrecare pregiudizio agli interessi dei creditori; b) che le
argomentazioni tendenti a prospettare una situazione economica del debitore
principale soddisfacente all'epoca dell’atto dispositivo del fideiussore sono
irrilevanti, posto che ai fini della sussistenza dell'eventus damni conseguente a
tale atto si deve prescindere da ogni valutazione circa la consistenza patrimoniale
del soggetto garantito e la sua eventuale solvibilità (cfr. Cass. 22.10.2006, n.
22465; Cass. 22.3.1990 n. 2400) occorrendo invece orientare tale indagine
soltanto nei confronti del fideiussore stesso.
Tali essendo allora i principi applicabili per la decisione dell’odierna
controversia, va subito evidenziato che, come si è detto in precedenza, risulta
documentalmente dimostrato che Banca è creditrice, tra gli altri, di E. S., quale
fideiussore della M. S. di E. S. s.a.s., per la somma (rimasta in questa sede
assolutamente incontestata) di € 39.639,68 (€ 25.587,32 per sorta capitale, oltre
interessi convenzionali al 15% dall’1.1.1998 al soddisfo, nonché spese diritti ed
onorari), giusta decreto ingiuntivo n. xxxx emesso dal Tribunale di Napoli il
xxxx (cfr. in atti), notificato in forma esecutiva il 22.5.1998 (cfr. in atti) e non
opposto.
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E incontroverso, poi, oltre che dimostrato per tabulas, che E. S, con atto
notar XXXXXX del 27.4.1999, successivamente quindi alla notifica del
menzionato decreto, aveva trasferito al fratello V. S. i diritti di comproprietà pari
a 12/24 di cinque immobili, siti in Napoli, al XXXXXX, - così individuati: a)
appartamento ubicato al piano terra, avente accesso dall’ultima porta a destra
per chi entra nel cortile comune del fabbricato, composto da due vani, cucina e
bagno; b) appartamento ubicato al piano terra, avente accesso dalla porta a
sinistra per chi entra nel cortile comune del fabbricato, composto da una
camera, cucina soggiorno e bagno; c) appartamento ubicato al primo piano,
avente accesso dalla prima porta a destra sul ballatoio a cui si arriva salendo la
scala estrena, ubicata nel cortile comune del fabbricato, composto da due
camere, cucina e bagno; d) appartamento ubicato al primo piano, avente
accesso dalla seconda porta a destra sul ballatoio a cui si arriva salendo la
scala esterna, ubicata nel cortile comune del fabbricato, composto da una
camera e bagno; e) appartamento ubicato al primo piano nobile, avente ingresso
dalla scala sinistra del cortile, composto da otto vani ed accessori - per il prezzo
complessivo di £. 141.225.000, indicato come “… già pagate dalla parte
acquirente alla parte venditrice che ne rilascia liberatoria quietanza di saldo
con rinunzia all’ipoteca legale…” (cfr. art. 9 del citato rogito).
Richiamandosi, allora, quanto si è già detto circa la natura e gli effetti
dell’azione revocatoria, occorre verificare se, nella specie, ricorrono i requisiti di
cui all’art. 2901 c.c..
In proposito, va immediatamente evidenziato che, come statuito, ancora
di recente, dalla Corte di Cassazione, “in tema di azione revocatoria ordinaria,
non essendo richiesta, a fondamento dell'azione, la totale compromissione della
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consistenza patrimoniale del debitore, ma soltanto il compimento di un atto che
renda più incerta o difficile la soddisfazione del credito, l'onere di provare
l'insussistenza di tale rischio, in ragione di ampie residualità patrimoniali,
incombe, secondo i principi generali, al convenuto nell'azione di revocazione,
che eccepisca la mancanza, per questo motivo, dell'eventus damni” (cfr. Cass.
Civ. nn. 15257/2004, 11471/2003).
Ai fini della scientia damni, inoltre, per gli atti di disposizione compiuti
dal debitore successivamente al sorgere del credito (come nella fattispecie de
qua), non è necessaria l'intenzione di nuocere ai creditori, ma è sufficiente la
consapevolezza, anche nel terzo acquirente, che, mediante l'atto di disposizione,
il debitore diminuisca il proprio patrimonio e, quindi, la garanzia spettante ai
creditori, ai sensi dell'art. 2740 c.c., in modo tale da recare pregiudizio alle
ragioni di costoro.
Ulteriori decisioni della Suprema Corte, infine, hanno ripetutamente
affermato che, nel caso in cui il debitore disponga del suo patrimonio mediante
vendita contestuale di una pluralità di beni, l'esistenza e la consapevolezza sua e
dei terzi acquirenti del pregiudizio patrimoniale che tali atti recano alle ragioni
del creditore, ai fini dell'esercizio da parte di quest'ultimo dell'azione pauliana,
sono in re ipsa (cfr., ex multis, Cass. 18.5.2005, n. 10430; Cass. 6.4.2005, n.
7104; Cass. 21.6.1999, n. 6248; Cass. 8.7.1998, n. 6676; Cass. 10.4.1997, n.
3113).
Pertanto, avendo la banca attrice documentato che E. S., con l’atto di
disposizione in precedenza indicato, si era privato dei suoi diritti di comproprietà
di ben cinque immobili facenti parte della garanzia patrimoniale generica
assicurata alla creditrice, ex art. 2740 c.c., dal patrimonio del suo debitore,
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rendendo così innegabilmente più incerta o difficile la soddisfazione del credito
della prima, sarebbe stato onere del secondo - che costituendosi in giudizio ha
specificamente affermato “.. che possedeva e possiede un patrimonio
perfettamente in grado di soddisfare i presunti crediti vantati dalla società
attrice ..” (cfr. pag. 2 della comparsa di costituzione depositata all’udienza
dell’8.7.2004) - dimostrare l’effettiva esistenza di altre residualità patrimoniali
idonee a consentire il soddisfacimento delle pretese dell’istante.
Alcunché, in tal senso, ha però dimostrato l’indicato convenuto, il quale
nulla ha minimamente e specificamente dedotto, né documentato, circa la reale
consistenza del proprio patrimonio.
E’ chiaro, allora, che non può dubitarsi dell’esistenza, nella specie, del
requisito dell’eventus damni, dovendo quest’ultimo evidentemente ricercarsi nel
fatto che, con l’alienazione di cui all’atto per Notar XXXX del 27.4.1999, E. S.
si è sostanzialmente privato degli immobili di cui era comproprietario,
compromettendo così, gravemente e consapevolmente, in danno della banca
attrice, verso la quale aveva prestato fideiussione in favore della M. S. s.a.s. di E.
S., la garanzia patrimoniale ex art. 2740 c.c., all’uopo ribadendosi che “in tema
di azione revocatoria ordinaria, ai fini dell'integrazione del profilo oggettivo
dell'eventus damni, non è necessario che l'atto di disposizione del debitore abbia
reso impossibile la realizzazione del credito, ma è sufficiente che tale atto abbia
determinato maggiore difficoltà od incertezza nell'esazione coattiva del credito
medesimo” (cfr. Cass. Civ. n. 12678/2001): in altri termini, “per il pregiudizio
alle ragioni del creditore, non è necessario che sussista un danno concreto ed
effettivo, essendo, invece, sufficiente un pericolo di danno derivante dall'atto di
disposizione, il quale abbia comportato una modifica della situazione
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patrimoniale del debitore tale da rendere incerta la esecuzione coattiva del
debito o da comprometterne la fruttuosità” (cfr. Cass. Civ. n. 2971/99, nonché,
in senso sostanzialmente conforme, Cass. Civ. n. 15257/2004).
Va poi osservato che “allorché l'atto dispositivo pregiudizievole delle
ragioni del creditore sia successivo al sorgere del credito (come accaduto
nell’ipotesi in esame, ribadendosi all’uopo che il requisito dell’anteriorità del
credito rispetto all’atto impugnato in revocatoria deve essere riscontrato in base
al momento in cui il credito stesso insorga e non a quello del suo accertamento
giudiziale, - cfr. Cass. Civ. n. 8013/96 - nella specie, peraltro, comunque
avvenuto con il menzionato decreto ingiuntivo del Tribunale di Napoli n. XXX,
notificato il xxxx e non opposto, anteriore al suddetto atto di disposizione),
l’azione pauliana richiede solo che il debitore conoscesse il pregiudizio e,
trattandosi di atto a titolo oneroso, che di esso fosse consapevole il terzo” (cfr.
Cass. Civ. n. 7452/2000, 8581/96), chiarendosi altresì che “la prova
dell'atteggiamento soggettivo del debitore e del terzo - nella specie: scientia
damni - ben può essere fornita tramite presunzioni” (cfr. ex multis, Cass. Civ.
nn. 7452/2000, 1054/99, 6272/97, nonché, in senso sostanzialmente conforme,
Cass. Civ. nn. 15257/2004, 13330/2004).
Tali essendo, allora, i principi applicabili alla fattispecie in esame, e
ribadendosi quanto si è già detto circa la evidente consapevolezza di E. S. di
arrecare pregiudizio alla banca attrice vendendo le sue quote di comproprietà
degli immobili meglio descritti nel suddetto rogito XXX, deve rilevarsi che
anche nell’atteggiamento soggettivo dell’acquirente di tali cespiti, il defunto V.
S. - fratello dell’alienante - può agevolmente individuarsi il suddetto requisito
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della scientia damni, in particolare desumendolo da gravi, precisi e concordanti
elementi presuntivi costituiti:
a) dallo stretto legame di parentela esistente tra le parti, circostanza che
induce ragionevolmente a ritenere che l'uno fosse a conoscenza delle traversie
dell'altro;
b) dal fatto che il prezzo complessivamente pattuito, pari a £.
141.225.000, è stato indicato nel menzionato rogito come già pagato dalla parte
acquirente alla parte venditrice che ne rilascia liberatoria quietanza di saldo
con rinunzia all’ipoteca legale…” (cfr. art. 9), senza però alcuna indicazione e/o
documentazione delle concrete modalità con cui tale pagamento era avvenuto;
c) dal già riportato principio, pienamente da condividere, secondo cui, in
tema di azione revocatoria ordinaria, nel caso in cui il debitore disponga del suo
patrimonio mediante vendita contestuale di una pluralità di beni, l'esistenza e la
consapevolezza sua e dei terzi acquirenti del pregiudizio patrimoniale che tali
atti recano alle ragioni del creditore, ai fini dell'esercizio da parte di quest'ultimo
dell'azione pauliana, sono in re ipsa (cfr. Cass. 18.5.2005, n. 10430; Cass.
6.4.2005, n. 7104; Cass. 21.6.1999, n. 6248; Cass. 8.7.1998, n. 6676; Cass.
10.4.1997, n. 3113). Detto principio, infatti, postula, nella sua ratio, l'esistenza di
una pluralità di beni eterogenei, senza alcuna connessione tra loro (proprio come
avvenuto nella fattispecie de qua dove le quote degli immobili oggetto di
trasferimento da E. S. a V. S. riguardavano appartamenti distinti tra loro, benchè
ubicati nel medesimo fabbricato) sì che la loro contestuale alienazione si risolva
in una sorta di liquidazione del patrimonio, rivelando, ictu oculi, l'intento di
sottrarlo alla garanzia dei creditori;
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d) dalla circostanza che il debitore non ha dimostrato di essere
proprietario di altri beni immobili;
e) dall’assenza di qualsivoglia tempestiva giustificazione circa eventuali
ragioni (diverse da quella presunta) per le quali E. S. si era determinato alla
conclusione del suddetto contratto di vendita in favore del fratello, tardivo
dovendosi considerare - attese le preclusioni maturatesi dopo la scadenza dei
termini concessi il 6.10.2005 alle parti ex art. 183, quinto comma, c.p.c., nel
testo, applicabile ratione temporis, anteriore alla modifiche ad esso apportate
dalle leggi n. 80/2005 e 263/2005 - l’assunto, prospettato per la prima volta nella
comparsa conclusionale depositata dal menzionato convenuto l’8.3.2007,
secondo cui “…V. S., al fine di ottenere un mutuo fondiario dal Credito Italiano
s.p.a., ebbe a concedere, unitamente all’odierno comparente [E. S.], nella sola
qualità di terzo datore di ipoteca, a garanzia i detti cespiti. Successivamente,
all’inizio dell’anno 1999, l’odierno convenuto [E. S.], aderendo alle pressanti
richieste del fratello V., gli ha alienato la propria quota dei detti immobili, a
fronte del pagamento del prezzo di £. 141.225.000, interamente corrisposto, con
i valori del mutuo su richiamato..”.
Ne consegue, allora, che, essendo stato impugnato, come si è chiarito in
precedenza, un atto dispositivo successivo al sorgere del credito della banca
attrice, è necessario e sufficiente accertare la sola consapevolezza di arrecare
pregiudizio agli interessi del creditore (scientia damni), essendo l'elemento
soggettivo integrato dalla semplice conoscenza, cui va equiparata la agevole
conoscibilità (cfr. Cass. Civ. n. 1469/79), nel debitore e nel terzo di tale
pregiudizio, a prescindere dalla specifica conoscenza del credito per la cui tutela
viene esperita l'azione e senza che assuma rilevanza l'intenzione del debitore di
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ledere la garanzia patrimoniale generica del creditore (consilium fraudis) e la
partecipazione o la conoscenza del terzo in ordine all'intenzione fraudolenta del
debitore (partecipatio o scientia fraudis): pertanto, potendosi agevolmente
ritenere sussistente il menzionato requisito (così come l’eventus damni di cui si è
già detto) per effetto delle considerazioni appena esposte, deve concludersi nel
senso che, in accoglimento della domanda di Banca, va dichiarata, ex art. 2901
c.c., la inefficacia, nei suoi confronti, della compravendita con cui E. S. ha
alienato, giusta rogito per Notar XXXXX del 27.4.1999, trascritto il XXXX, ai
numeri XXXX, presso la Conservatoria dei Registri Immobiliari di Napoli 1, in
favore del fratello V. S., i suoi diritti di comproprietà (pari a 12/24) dei cinque
immobili compiutamente descritti nell’art. 1 dell’indicato rogito, sinteticamente
richiamati nella premessa della citazione introduttiva di questo giudizio, per il
prezzo complessivo di £. 141.225.000.
Le spese del giudizio seguono la soccombenza e si liquidano, di ufficio
ed in mancanza di specifica, come in dispositivo, all’uopo evidenziandosi che: a)
il calcolo degli onorari viene effettuato (giusta la previsione dell’art. 2 del D.L.
4.7.2006, n. 223, convertito, con modificazioni, dalla legge 4.8.2006, n. 248)
secondo quanto previsto dal D.M. 8.4.2004 n. 127 (in vigore dal 2.6.2004), ed
altrettanto dicasi per i diritti, con la sola esclusioni di quelli afferenti le poche
attività difensive espletate prima del 2.6.2004, per le quali viene utilizzato il
precedente D.M. 5.10.1994, n. 585 atteso che, per consolidata giurisprudenza
della Suprema Corte, gli onorari vanno determinati al tempo della definizione
della causa, laddove i diritti si intendono riferiti al momento in cui sono stati
compiuti i relativi atti giudiziali (cfr. Cass. Civ. nn. 8160/2001, 2891/99); b)
viene utilizzato lo scaglione delle controversie ricomprese tra 25.900,01 e
Trib. Napoli - proc. n. 12089/2004 R.G.A.C.
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51.700,00 euro (avendo la Suprema Corte chiarito che il giudizio ex art. 2901
c.c. è relativo a diritti di obbligazione, per cui il valore della causa viene
determinato non sulla base dell’atto impugnato, ma con riferimento al credito per
cui si agisce in revocatoria: cfr. Cass. Civ. nn. 5402/2004, 2307/88, 7250/86,
3076/81), conteggiandosi, avuto riguardo alla natura delle questioni trattate, gli
onorari medi, atteso che “la loro determinazione costituisce un potere
discrezionale del giudice di merito, che, se contenuta tra il minimo ed il massimo
della tariffa non richiede specifica motivazione” (cfr., ex multis, Cass. Civ. nn.
7527/2002, 3267/99, 11994/98); c) le spese generali, infine, vanno quantificate
in ragione del 12,5% sull’importo degli onorari e dei diritti ripetibili dal
soccombente (cfr. art. 14 del D.M. 8.4.2004, n. 127).
PER QUESTI MOTIVI
Il Tribunale, definitivamente pronunciando sulle domande come
proposte, così provvede:
a) dichiara, ex art. 2901 c.c., la inefficacia, nei confronti di Banca,
dell’atto con cui E. S. ha alienato, giusta rogito per Notar XXXXXX del
27.4.1999, trascritto il XXXXXXX, ai numeri XXXXXXX, presso la
Conservatoria dei Registri Immobiliari di Napoli 1, in favore del fratello V. S., i
suoi diritti di comproprietà (pari a 12/24) dei cinque immobili siti in Napoli, al
XXXXX, compiutamente descritti nell’art. 1 dell’indicato rogito e sinteticamente
richiamati nella premessa della citazione introduttiva di questo giudizio, per il
prezzo complessivo di £. 141.225.000;
b) condanna tutti i convenuti, in solido tra loro, al pagamento delle spese
processuali, liquidate, di ufficio ed in mancanza di specifica, in complessivi €