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TUTORIALITÀ E COLLEGIALITÀ Il tutor nei documenti della ......La sperimentazione nell’a.s....

Date post: 17-Oct-2020
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TUTORIALITÀ E COLLEGIALITÀ Il tutor nei documenti della riforma Prima della Legge 53 Il Rapporto del Gruppo Ristretto di Lavoro Con D.M. 18 luglio 2001, n.672, il Ministro dell’istruzione dell’università e della ricerca ha istituito un gruppo di lavoro (GRL) avente il compito di “svolgere una complessiva riflessione sull’intero sistema di istruzione” e di “fornire concreti riscontri per un nuovo piano di attuazione della riforma degli ordinamenti scolastici, ovvero per le eventuali modifiche da apportare alla legge 30 del 10 febbraio 2000”. Nel Rapporto finale del GRL, pubblicato nel novembre 2001, si avanza l’ipotesi del docente coordinatore. Premesso che l’ipotesi di articolazione dei cinque anni di scuola primaria e dei tre di istruzione secondaria di primo grado avanzata nel Rapporto era basata su quattro bienni, con un forte raccordo tra la V c lasse primaria e la I secondaria, vediamo quanto si affermava a proposito dell’organizzazione del gruppo docente: “Istruzione primaria …Fatto salvo il ruolo insostituibile dell’équipe pedagogica nei compiti di insegnamento, si conferma l’opportunità di identificare sempre, in ogni gruppo docente di classe, un docente coordinatore. Tale docente sarà anche temporalmente prevalente nel I biennio (21 ore di insegnamento frontale in una classe e 3 delle sue ore di servizio dedicate al coordinamento dell’équipe pedagogica della classe stessa, composta a volta a volta da qualche docente dei Laboratori oltre che, eventualmente, da quelli di Religione cattolica e di Sostegno). L’insegnamento frontale del docente coordinatore di una classe scenderà fino ad un minimo di 15 ore nel II biennio, per cui sarà affiancato da un altro docente, oltre che dai membri che insegneranno anche nei Laboratori, dai maestri di Religione cattolica e Sostegno; in V istruzione primaria, infine, sempre coordinando ai fini dell’unità delle prestazioni didattiche di classe l’attività dei colleghi dei Laboratori, di Religione e di Sostegno, il docente coordinatore dividerà le 25 ore settimanali obbligatorie di insegnamento frontale con altri due colleghi (Lingua, Matematica e scienze, Storia, geografia e studi sociali). Naturalmente, il docente che coordina nel primo biennio, potrà essere coordinato nel secondo e nel terzo, e viceversa. Saranno poi le scuole a decidere se e chi comincia l’insegnamento nel primo biennio possa proseguire con la stessa classe fino alla V e a trovare le formule organizzative e gestionali più adatte a garantire il principio della continuità didattica dei docenti e della progressiva diminuzione dell’orario frontale del docente coordinatore dalla prima alla quinta classe… Istruzione secondaria di I grado …Anche nella scuola media, come nella primaria, va formalizzata la responsabilità del docente coordinatore di classe, incaricato …in particolare di garantire un adeguato tutorato agli allievi e alle famiglie in ordine alla composizione integrata dei percorsi obbligatori, facoltativi ed extrascolastici, utilizzabili per concretizzare il profilo educativo, culturale e professionale terminale e gli obiettivi specifici di apprendimento dettati per la prima e la terza media…”. In questo testo l’attenzione appare diversamente focalizzata: in relazione alla scuola primaria prevale la dimensione della prevalenza temporale, che diminuisce
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Page 1: TUTORIALITÀ E COLLEGIALITÀ Il tutor nei documenti della ......La sperimentazione nell’a.s. 2002-2003 e le Indicazioni nazionali Con D.M. n.100 del 18 settembre 2002 è stato promosso

TUTORIALITÀ E COLLEGIALITÀ

Il tutor nei documenti della riforma Prima della Legge 53 Il Rapporto del Gruppo Ristretto di Lavoro Con D.M. 18 luglio 2001, n.672, il Ministro dell’istruzione dell’università e della ricerca ha istituito un gruppo di lavoro (GRL) avente il compito di “svolgere una complessiva riflessione sull’intero sistema di istruzione” e di “fornire concreti riscontri per un nuovo piano di attuazione della riforma degli ordinamenti scolastici, ovvero per le eventuali modifiche da apportare alla legge 30 del 10 febbraio 2000”. Nel Rapporto finale del GRL, pubblicato nel novembre 2001, si avanza l’ipotesi del docente coordinatore. Premesso che l’ipotesi di articolazione dei cinque anni di scuola primaria e dei tre di istruzione secondaria di primo grado avanzata nel Rapporto era basata su quattro bienni, con un forte raccordo tra la V c lasse primaria e la I secondaria, vediamo quanto si affermava a proposito dell’organizzazione del gruppo docente: “Istruzione primaria …Fatto salvo il ruolo insostituibile dell’équipe pedagogica nei compiti di insegnamento, si conferma l’opportunità di identificare sempre, in ogni gruppo docente di classe, un docente coordinatore. Tale docente sarà anche temporalmente prevalente nel I biennio (21 ore di insegnamento frontale in una classe e 3 delle sue ore di servizio dedicate al coordinamento dell’équipe pedagogica della classe stessa, composta a volta a volta da qualche docente dei Laboratori oltre che, eventualmente, da quelli di Religione cattolica e di Sostegno). L’insegnamento frontale del docente coordinatore di una classe scenderà fino ad un minimo di 15 ore nel II biennio, per cui sarà affiancato da un altro docente, oltre che dai membri che insegneranno anche nei Laboratori, dai maestri di Religione cattolica e Sostegno; in V istruzione primaria, infine, sempre coordinando ai fini dell’unità delle prestazioni didattiche di classe l’attività dei colleghi dei Laboratori, di Religione e di Sostegno, il docente coordinatore dividerà le 25 ore settimanali obbligatorie di insegnamento frontale con altri due colleghi (Lingua, Matematica e scienze, Storia, geografia e studi sociali). Naturalmente, il docente che coordina nel primo biennio, potrà essere coordinato nel secondo e nel terzo, e viceversa. Saranno poi le scuole a decidere se e chi comincia l’insegnamento nel primo biennio possa proseguire con la stessa classe fino alla V e a trovare le formule organizzative e gestionali più adatte a garantire il principio della continuità didattica dei docenti e della progressiva diminuzione dell’orario frontale del docente coordinatore dalla prima alla quinta classe… Istruzione secondaria di I grado …Anche nella scuola media, come nella primaria, va formalizzata la responsabilità del docente coordinatore di classe, incaricato …in particolare di garantire un adeguato tutorato agli allievi e alle famiglie in ordine alla composizione integrata dei percorsi obbligatori, facoltativi ed extrascolastici, utilizzabili per concretizzare il profilo educativo, culturale e professionale terminale e gli obiettivi specifici di apprendimento dettati per la prima e la terza media…”. In questo testo l’attenzione appare diversamente focalizzata: in relazione alla scuola primaria prevale la dimensione della prevalenza temporale, che diminuisce

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progressivamente fino a confermare l’organizzazione per ambiti nella classe quinta, mentre nella scuola secondaria di primo grado si esplicita la funzione tutoriale come sviluppo della funzione del coordinatore di classe. La sperimentazione nell’a.s. 2002-2003 e le Indicazioni nazionali Con D.M. n.100 del 18 settembre 2002 è stato promosso un progetto di sperimentazione in ambito nazionale, che doveva assumere le caratteristiche di “laboratorio di ricerca sui contenuti attinenti alla riforma degli ordinamenti scolastici” nella scuola dell’infanzia e nella classe prima della scuola elementare. Il quadro di riferimento dell’iniziativa sperimentale era costituito dalle Indicazioni nazionali per i piani personalizzati delle attività educative nelle scuole dell’infanzia e dalle Indicazioni nazionali per i piani di studio personalizzati nella scuola primaria. Nelle versioni del 2002 allegate al D.M.100 la funzione tutoriale viene prevista sia per la scuola dell’infanzia sia per la scuola primaria:

• nella scuola dell’infanzia i docenti di sezione svolgono tutti la funzione di tutor e in questa veste “seguono e indirizzano la maturazione personale degli allievi”, compilano e aggiornano il Portfolio delle competenze individuali;

• nella scuola primaria, invece, “è individuato un docente coordinatore dell’équipe

pedagogica che entra in contatto con gli allievi e che svolge anche la funzione di tutor dei medesimi, in costante rapporto con le famiglie e con il territorio, soprattutto in ordine alla scelta delle attività opzionali e dell’eventuale ampliamento dell’offerta formativa; il docente coordinatore-tutor, fino al primo biennio (si fa qui riferimento all’articolazione prevista dall’allora disegno di legge, che prevedeva per la scuola primaria un’articolazione basata su una prima classe e due successivi bienni – n.d.a.), svolge attività in presenza con l’intero gruppo di allievi che gli è stato affidato per un quinquennio, per un numero di ore che oscillano da 594 a 693 su 891 o 990 annuali”; il docente coordinatore-tutor, inoltre compila e aggiorna il Portfolio delle competenze individuali “in collaborazione con tutti i docenti che si fanno carico dell’educazione e degli apprendimenti di ciascun allievo, sentendo i genitori e gli stessi allievi, chiamati ad essere sempre protagonisti consapevoli della propria crescita”.

Nel testo del D.M. 100, però, la figura del docente coordinatore-tutor viene considerata all’interno del gruppo docente. Vediamo a tal proposito quanto si afferma nell’art.6: “ Flessibilità organizzativa nella scuola elementare.

1. La sperimentazione comporta, per ogni classe prima, un ‘organizzazione della prestazione docente in team, la cui flessibilità è caratterizzata da una differenziazione di funzioni, connesse alla presenza di un tutor, al fine di corrispondere a precisi compiti educativi.

2. Il docente tutor del team assicura in ciascun gruppo-classe un a presenza temporale settimanale indicativamente individuata tra le 18 e le 21 ore di insegnamento frontale.

3. Il docente tutor cura la continuità e la gradualità dei percorsi formativi di ogni alunno, facilitandone e potenziandone le relazioni interpersonali ed educative. Tale docente svolge, pertanto, funzioni di coordinatore del team docente e di tutor nei confronti egli alunni, curando la compilazione del portfolio delle competenze, d’intesa con gli altri docenti del team, in collaborazione con le famiglie.

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4. Per lo svolgimento di tali funzioni il docente tutor utilizza le ore mancanti al completamento dell’orario di servizio in un arco temporale anche plurisettimanale.

5. La presenza del docente tutor comporta che, in relazione all’organizzazione didattica della scuola elementare in cui sono previsti di norma tre insegnanti ogni due classi, le iniziative di sperimentazione di cui al presente decreto risultano più agevolmente realizzabili nei plessi in cui sono presenti almeno due classi prime.

6. All’interno del team delle classi prime interessate viene individuato un docente responsabile di attività laboratoriali, secondo le indicazioni contenute nel progetto sperimentale”.

Le Raccomandazioni Nel citato Rapporto del GRL si suggeriva di accompagnare la messa a regime dei nuovi piani di studio delle istituzioni del sistema educativo con apposite Raccomandazioni: “Si tratterebbe di consigli pedagogici e psicologici, di presentazione di modelli organizzativi, itinerari metodologici e didattici privi di valore normativo, ma che possono svolgere un positivo ruolo orientativo o, se non altro, di stimolo per la discussione e il confronto”. Nelle Raccomandazioni per l’attuazione delle Indicazioni nazionali per i piani di studio personalizzati nella scuola primaria la figura del docente coordinatore-tutor viene presentata in connessione con le modalità di raggruppamento degli alunni. Sintetizziamo le affermazioni essenziali:

- gli alunni, in un numero corrispondente al massimo attualmente necessario per formare una classe, sono affidati alle cure e alle responsabilità di un docente tutor;

- il docente tutor, insieme ai colleghi, sulla base delle Indicazioni nazionali e del POF della scuola, progetta un’organizzazione del percorso formativo articolata secondo due modalità: le attività nel gruppo classe, inteso come gruppo numeroso di bambini chiamato a svolgere attività prevalentemente omogenee e unitarie con la presenza dello stesso docente tutor; le attività nei laboratori, nei quali gli alunni lavorano invece in gruppi di livello, di compito ed elettivi con la guida degli specifici docenti responsabili di laboratorio.

I testi legislativi e la prima normativa applicativa Le legge 30 marzo 2003, n,53 La legge di delega fa riferimento alla funzione tutoriale nell’art.5, dedicato alla formazione degli insegnanti, quando attribuisce alle strutture di ateneo o d’interateneo la cura della formazione in servizio degli “insegnanti interessati ad assumere funzioni di supporto, di tutorato e di coordinamento dell’attività educativa, didattica e gestionale delle istituzioni scolastiche e formative”. Un altro riferimento è rintracciabile all’art.4 (Alternanza scuola lavoro), comma1, lett. b) nel quale si affida ad un apposito decreto legislativo il compiti di fornire, tra l’altro, indicazioni generali per l’assistenza tutoriale. Il Decreto legislativo 19 febbraio 2004, n.59

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La questione della funzione tutoriale nella scuola primaria viene trattata all’art.7, Attività educative e didattiche, nei commi 5,6 e 7: “5 – L’organizzazione delle attività educative e didattiche rientra nell’autonomia e nella responsabilità delle istituzioni scolastiche, fermo restando che il perseguimento delle finalità di cui all’art.5, assicurato dalla personalizzazione dei piani di studio, è affidato ai docenti responsabili delle attività educative e didattiche, previste dai medesimi piani di studio. A tale fine concorre prioritariamente, fatta salva la contitolarità didattica dei docenti, per l’intera durata del corso, il docente in possesso di specifica formazione che, in costante rapporto con le famiglie e con il territorio, svolge funzioni di orientamento in ordine alla scelta delle attività di cui al comma 2, di tutorato degli allievi, di coordinamento delle attività educative e didattiche, di cura delle relazioni con le famiglie e di cura della documentazione del percorso formativo compiuto dall’allievo, con l’apporto degli altri docenti. 6 – Il docente, al quale sono affidati i compiti previsti dal comma 5, assicura, nei primi tre anni della scuola primaria, un’attività di insegnamento agli alunni non inferiore alle 18 ore settimanali. 7 – Il dirigente scolastico, sulla base di quanto stabilito dal piano dell’offerta formativa e di criteri generali definiti dal collegio dei docenti e dal consiglio di circolo o di istituto, dispone l’assegnazione dei docenti alle classi avendo cura di garantire le condizioni per la continuità didattica, nonché la migliore utilizzazione delle competenze e delle esperienze professionali, fermo restando quanto previsto dal comma 6”. Il comma 5 viene letteralmente replicato all’art. 10 per quanto riguarda la scuola secondaria di primo grado. Non vengono invece date indicazioni sull’orario e sulle modalità di assegnazione alle classi. Le Indicazioni allegate al D.L.gs 59/2004 Le Indicazioni nazionali per i piani personalizzati delle attività educative nelle scuole dell’infanzia e per i piani di studio personalizzati nella scuola primaria e nella scuola secondaria di primo grado acquistano un valore normativo in forza degli articoli 12,13 e 14, secondo cui, fino all’emanazione del regolamento governativo previsto dall’art.7 ella legge 53/2003, si adotta in via transitoria l’assetto pedagogico, didattico e organizzativo da esse individuato. Nell’ultima versione allegata al decreto legislativo, esse nulla modificano rispetto alle prime versioni per quanto riguarda la funzione tutoriale nella scuola dell’infanzia, mentre per le altre due scuole si riordina la materia nel modo seguente: scuola primaria: “Le istituzioni scolastiche individuano, per ogni gruppo di allievi, un docente con funzioni di tutor. Egli è in costante rapporto con le famiglie e con il territorio, consiglia gli allievi in ordine alla scelta delle attività opzionali aggiuntive facoltative ed è anche coordinatore dell’équipe pedagogica. Compila il Portfolio delle competenze e fino al primo biennio, svolge attività educative e didattiche in presenza con l’intero gruppo di allievi che gli è stato affidato per l’intero quinquennio, per un numero di ore che oscillano da 594 a 693 su 891 annuali”; scuola secondaria di primo grado: “Le istituzioni scolastiche individuano, per ogni gruppo di allievi, un docente con funzioni di tutor. Egli è in costante rapporto con le famiglie e con il territorio, consiglia gli allievi in ordine alla scelta delle attività opzionali aggiuntive facoltative ed è anche coordinatore dell’équipe pedagogica e compila il Portfolio delle competenze”.

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La C.M. 29 del 5 marzo 2004 afferma però che i “caratteri di inderogabilità” delle Indicazioni nazionali “attengono soltanto alla configurazione degli obiettivi di apprendimento”. La Circolare Ministeriale n. 29 del 5 marzo 2004 Il primo atto amministrativo di attuazione delle disposizioni di legge tiene conto delle esigenze connesse alla fase di transizione, della necessità di composizione equilibrata dell’esercizio della funzione tutoriale con il principio della contitolarità, delle questioni ancora aperte, come la definizione degli aspetti riservati alla negoziazione sindacale. Per quanto riguarda la scuola primaria, nella C.M. si afferma che:

- l’attività tutoriale non comporta l’istituzione di una nuova figura professionale, e si concretizza in una funzione rientrante nel profilo professionale del docente;

- la funzione tutoriale non si estrinseca in un rapporto di sovraordinazione del docente incaricato sugli altri docenti;

- le modalità di svolgimento della funzione tutoriale costituiranno oggetto di appositi approfondimenti e confronti “nelle sedi competenti” (probabilmente ci si riferisce alla norma di rinvio contenuta nell’art.43 del CCNL 2002-2005);

- in base agli esiti di tali confronti verranno impartite ulteriori indicazioni e precisazioni.

Per l’a.s. 2004-2005 si stabilisce perciò che le scuole provvedano al conferimento dell’incarico di tutor nell’ambito della propria autonomia e sulla base di criteri di flessibilità individuati dal collegio dei docenti e dal consiglio di circolo o di istituto. Analoghe indicazioni vengono fornite per la scuola secondaria di primo grado. Linee di sviluppo. La funzione tutoriale al servizio dell’alunno e della collegialità. Analizzando l’evoluzione della concezione del tutor nei documenti della riforma si può notare un progressivo spostamento dall’idea di docente con elevata prevalenza nei primi anni della scuola primaria a quella di funzione al servizio dell’apprendimento degli alunni, dell’unitarietà dei percorsi didattici, del buon funzionamento della collegialità. Si possono perciò delineare tre principali direzioni di impegno professionale:

- le relazioni d’aiuto e di consulenza rivolte agli alunni; - il coordinamento della progettazione didattica - la facilitazione delle comunicazioni nel gruppo docente, nell’organizzazione

scolastica, tra la scuola e le famiglie, tra la scuola e il territorio. La funzione tutoriale e gli alunni La relazione d’aiuto Il piano emotivo-affettivo Una delle costanti che si ritrovano nelle descrizioni dell’attuale situazione dell’infanzia è quella del disagio emozionale sempre più diffuso: lo spazio sempre più ridotto per le relazioni interpersonali nell’ambito della famiglia, la difficoltà a orientarsi nella pluralità degli orientamenti valoriali e dei modelli comportamentali, le attenzioni sul piano materiale non sempre bilanciate da quelle sul piano affettivo, la crisi genitoriale

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complessiva della società richiedono sempre più alla scuola di considerare i sentimenti e gli stati d’animo dei bambini e di creare le condizioni di serenità favorevoli all’apprendimento. Una interessante classificazione delle emozioni è quella presentata da Daniel Goleman1:

LE FAMIGLIE EMOZIONALI FONDAMENTALI COLLERA: furia, sdegno, risentimento, ira, esasperazione, indignazione, irritazione, acrimonia, animosità, fastidio, irritabilità, ostilità; al grado estremo: odio e violenza patologici TRISTEZZA: pena, dolore, mancanza d’allegria, cupezza, malinconia, solitudine, abbattimento, disperazione; in casi patologici: grave depressione PAURA: ansia, timore, nervosismo, preoccupazione, apprensione, cautela, esitazione, tensione, spavento, terrore; a livello psicopatologico: fobia, panico GIOIA: felicità, godimento, sollievo, contentezza, beatitudine, diletto, divertimento, fierezza, piacere, esaltazione, estasi, gratificazione, euforia, capriccio; al limite estremo: entusiasmo maniacale AMORE: accettazione, benevolenza, fiducia, gentilezza, affinità, devozione, adorazione, infatuazione SORPRESA: shock, stupore, meraviglia, trasecolamento DISGUSTO: disprezzo, sdegno, aborrimento, avversione, ripugnanza, schifo VERGOGNA: senso di colpa, imbarazzo. Rammarico, rimorso, umiliazione, rimpianto, mortificazione, contrizione È facile capire come le emozioni siano strettamente connesse con l’affettività, ossia con i sentimenti di attrazione o repulsione nei confronti di oggetti o persone. Un sentimento importante è quello della sicurezza, della fiducia in sé, del senso di potercela fare: esso si crea in conseguenza del successo nei compiti e nei problemi affrontati, ma anche mediante la manifestazione di attese realisticamente positive nei confronti del soggetto, in quanto le persone tendono a conformarsi alle aspettative che percepiscono nei loro confronti 2. Diversa dalla fiducia in sé è l’autostima, che consiste nella capacità di valutare realisticamente le proprie possibilità e quindi di scegliere gli obiettivi con la ragionevole speranza di raggiungerli. Una bassa autostima porta alla sottovalutazione, ma un eccesso di autostima porta alla frustrazione. Infine, un campo di ricerca utile all’esercizio della funzione tutoriale è quello delle modalità di attribuzione causale, ossia dei processi cognitivi attraverso i quali un soggetto cerca di spigare gli eventi collegandoli ad una causa. B. Weiner ha elaborato un modello di descrizione di questi processi basato su una tabella a doppia entrata:

CAUSE INTERNE CAUSE ESTERNE CAUSE CONTROLLABILI

CAUSE INCONTROLLABILI

1 Goleman D., Intelligenza emotiva, Appendice A: Che cos’è un’emozione, R.C.S. Milano, 1996 2 Rosenthal R.-Jacobson L., Pygmalion in the classroom, Holt-Rinehart-Winston, New York, 1968, trad.it. Pigmalione in classe, F.Angeli, Milano, 1972

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Quando un soggetto attribuisce i propri insuccessi a cause incontrollabili o a cause esterne (non sono portato per…, sono sfortunato…, i docenti ce l’hanno con me…) in pratica rinuncia a diventare protagonista attivo del proprio futuro. Il compito del facilitatore è invece quello di orientarlo ad attribuire il successo a cause interne controllabili: “se gli obiettivi sono alla mia portata, mi impegno e mi doto di un metodo adeguato ce la posso fare”. La funzione tutoriale come relazione d’aiuto sul piano emotivo-affettivo si gioca dunque sullo sviluppo della capacità di interpretare i sentimenti dell’allievo, di aiutarlo a superare stati d’animo negativi, sulla creazione di un clima sociale sereno caratterizzato dall’accettazione e da attese positive, sulla responsabilizzazione dell’allievo in ordine alla definizione di obiettivi realisticamente raggiungibili e alla loro effettiva presa in carico, come in pratica si richiede nel contratto formativo. Bibliografia Franta H.-Colasanti A.R., L’arte dell’incoraggiamento, La Nuova Italia Scientifica, Roma, 1991 Gordon T., Insegnanti efficaci, Giunti & Lisciani, Teramo, 1991 Goleman D., Intelligenza emotiva, RCS , Milano, 1996 Il piano cognitivo Lo scopo prioritario del sistema educativo di istruzione è quello di fare in modo che siano “assicurate a tutti pari opportunità di raggiungere elevati livelli culturali” (L.53/2003). Il cosiddetto successo formativo è garantito nella misura in cui ciascun alunno riesce a raggiungere gli obiettivi di apprendimento definiti nel piano di studi. Fino ad alcuni anni fa esisteva la convinzione diffusa che molte difficoltà fossero da attribuire alla carenza di una adeguata metodologia da parte dell’allievo. Il rimedio veniva perciò individuato nell’acquisizione del “metodo di studio”: come organizzare l’ambiente e il tempo, come prendere appunti, come acquisire e memorizzare le informazioni fornite dai testi scritti. In realtà, se è vero che la conoscenza è una costruzione personale, spesso la prestazione inadeguata dell’allievo può dipendere da come ha costruito le proprie rappresentazioni e da come trasferisce procedure e concetti a situazioni diverse da quelle in cui sono stati appresi. Un esempio classico di indebita estensione di procedure in aritmetica è il seguente: 2 3 5 10 9 19 - + - = - anziché --- + --- = --- 3 5 8 15 15 15 La funzione di tutorato si concretizza allora nel mettere in campo le azioni finalizzate alla diagnosi dell’errore, a capire le interferenze che condizionano le rappresentazioni dell’allievo e a facilitare una corretta concettualizzazione. Bibliografia Macario L.-Buonvicino A-Defendi Rocchi M, Studiare con piacere, LAS, Roma, 1992

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Grimellini Tomasini N.-Segrè G., Conoscenze scientifiche: le rappresentazioni mentali degli studenti, La Nuova Italia, Firenze, 1991 Cavallini G., La formazione dei concetti scientifici. Senso comune, scienza, apprendimento, La Nuova Italia, Firenze, 1995 Il consiglio in ordine alla scelta delle attività facoltativo-opzionali Le attività facoltativo-opzionali costituiscono uno degli strumenti per la realizzazione della personalizzazione. Esse sono facoltative dal punto di vista della frequenza scolastica, ma non in assoluto: lo copo educativo prioritario è quello del perseguimento del Profilo (PECUP), eventualmente valorizzando, in base al principio della sussidiarietà orizzontale (artt. 2 e 118 Cost.), anche le opportunità offerte dai percorsi formativi extrascolastici. Sono opzionali perché la personalizzazione comporta, al di là della necessità che certi traguardi siano raggiunti da tutti, l’esigenza che ognuno possa coltivare le proprie aree di eccellenza, “i campi culturali e le forme di intelligenza per le quali si sente maggiormente versato o per le quali nutre una specifica preferenza e sviluppare i propri talenti”, dove per eccellenza non si intende che un alunno “possieda una certa abilità in misura molto maggiore rispetto alla media degli altri soggetti, ma che l’ha sviluppata in modo maggiormente spiccato rispetto alle altre sue capacità” (Baldacci, 2003). Bibliografia Baldacci M., La personalizzazione dell’insegnamento, in L’educatore, n.14/15, 15 febbraio 2003, Fabbri, Milano Cristanini D. (a cura di), La nuova scuola primaria, Fabbri, Milano, 2004 Per poter consigliare l’allievo in ordine alla scelta delle attività facoltativo-opzionali il docente incaricato dello svolgimento delle funzioni tutoriali potrebbe perciò attivare procedure di rilevazione delle intelligenze predilette dal medesimo. La teoria delle “intelligenze multiple” risale ad Howard Gardner (1983), docente di psicologia cognitiva alla Harvard Graduate School of Education. Nel Circolo Didattico di Albignasego (Padova) è da diversi anni in atto un sistema di rilevazione e potenziamento delle intelligenze. Riportiamo le tabelle di rilevazione attualmente in uso.

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INTELLIGENZA LINGUISTICA L’intelligenza linguistica si caratterizza per l’uso creativo del linguaggio, dal punto di vista semantico, fonologico, sintattico e pragmatico. Infatti sono necessarie:

• intuizione delle regole nella costruzione della frase; • sensibilità per il suono delle parole e le loro interazioni musicali • sensibilità per le sfumature di significato e per ciò che esse implicano o

precludono nel contesto della frase • conoscenza dell’uso a cui il linguaggio può essere adibito

Mentre sintassi e fonologia sono elementi specifici dell’intelligenza linguistica, semantica e pragmatica sono correlate con le altre intelligenze.

ABILITÀ RICONOSCIUTE NECESSARIE

Capacità lessicale (utilizzare termini appropriati in varie situazioni) Capacità metrica (cogliere e riprodurre la sonorità intrinseca delle parole in sequenza) Capacità di riassumere Capacità di ragionamento linguistico, cioè di classificazioni, relazioni, implicazioni, deduzioni Capacità di usare il linguaggio per convincere gli altri Capacità di comprendere i messaggi scritti e/o verbali Capacità di comporre poesie, racconti, canzoni, romanzi Capacità di comporre testi argomentativi, relazioni tecniche, articoli, ecc. Capacità di analizzare ed indirizzare i propri sentimenti Capacità mnemonica di utilizzare le precedenti informazioni linguistiche Capacità di spiegare una situazione attraverso l’uso di metafore Capacità di interiorizzazione attraverso procedimenti metalinguistici

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INTELLIGENZA LOGICO-MATEMATICA

L’intelligenza logico-matematica è basata, per il Gardner, sul confronto con il mondo degli oggetti, fino a raggiungere il possesso intellettuale delle cose: nel corso dello sviluppo si procede dal regno del sensorio, motorio al regno dell’astrazione pura. L’intelligenza logico-matematica è amore per l’astrazione, per l’ordine geometrico; è il desiderio di esplorare il mondo circostante; è il porsi in opposizione all’opinione convenzionale, contestando l’evidente. La rigorosità e lo scetticismo sono fondamentali nella manipolazione creativa di catene di ragionamento.

ABILITÀ RICONOSCIUTE NECESSARIE Capacità di visualizzazione dei problemi Capacità di classificare Capacità di seriare Capacità di usare e creare simboli Capacità di cogliere relazioni, implicazioni, analogie Capacità di memoria a breve termine Capacità di intuizione e deduzione Capacità di matematizzare la realtà Capacità di progettare e sviluppare strategie

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INTELLIGENZA MUSICALE L’intelligenza musicale si caratterizza per una grande capacità di organizzazione che può essere accompagnata da una adeguata percezione uditiva. La comprensione di opere musicali richiede la capacità di compiere l’analisi locale del campo “dal basso all’alto”, oltre che la schematizzazione “dall’alto al basso”. Gli esseri umani possono incontrarsi con la musica attraverso molti canali: il canto, il suono di strumenti con le mani, il suono di strumenti a fiato, la lettura della notazione musicale, l’ascolto di dischi, l’osservazione di danze e via dicendo. Come nel caso del linguaggio, la padronanza musicale può venire elaborata utilizzando il canale uditivo vocale senza alcuna relazione con gli oggetti fisici del mondo. Nonostante ciò l’intelligenza musicale ha una sua propria traiettoria di sviluppo che si riscontra in una sua propria rappresentazione neurologica. La musica contribuisce a cogliere, conoscere e trasmettere sentimenti ed emozioni.

ABILITÀ RICONOSCIUTE NECESSARIE

Capacità di percezione e comprensione dei suoni Capacità di ricordare sequenze musicali Capacità ritmica Capacità di riprodurre con precisione vari suoni Capacità di riprodurre con il movimento la musica Capacità di riconoscere il suono degli strumenti Capacità di canto Capacità di interpretare la musica Capacità di comprendere le intenzioni del compositore Capacità di scomporre un brano musicale Capacità di trasformare un brano musicale Capacità di eseguire un brano musicale con uno strumento musicale

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INTELLIGENZA SPAZIALE L’intelligenza spaziale, per il Gardner, è la capacità di percepire il mondo visivo con precisione, di eseguire trasformazioni e modifiche delle proprie percezioni iniziali e di riuscire a ricreare aspetti della propria esperienza visiva, persino in assenza di stimoli 1fisici rilevanti. Pur essendo connessa a modalità percettive specifiche, l’intelligenza spaziale non dipende esclusivamente da funzioni sensoriali. L’intelligenza spaziale si presenta come un amalgama di abilità distinte, connesse fondamentalmente al mondo degli oggetti ed alla loro posizione nel mondo.

ABILITÀ RICONOSCIUTE NECESSARIE Capacità di percezione di forme e/o oggetti Capacità di cogliere i dettagli della realtà Capacità di orientamento Capacità di manipolare una forma o un oggetto attraverso lo spazio Capacità di copiare Capacità di pensare per immagini Capacità di memoria fotografica Capacità di memoria geometrica Capacità di produrre un’informazione grafica dall’informazione spaziale Capacità di cogliere l’equilibrio e il non-equilibrio nello spazio. Capacità di trasformare un’immagine bidimensionale in una tridimensionale

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INTELLIGENZA CORPOREO CINESTETICA Riprendendo le parole di Gardner: “ci sono altri linguaggi oltre alle parole, al linguaggio dei simboli e ai linguaggi della natura, ci sono i linguaggi del corpo”. Nella tradizione culturale occidentale, c’è stata una separazione tra l’attività prettamente fisica e quella mentale ritenendo che ciò che si realizza attraverso il corpo sia meno privilegiato, meno importante di ciò che si esegue attraverso l’uso del linguaggio, della logica o di qualsiasi altro sistema simbolico relativamente astratto. Questa distinzione fra il “riflessivo” e l’”attivo” non è però presente in molte altre culture. D’altra parte, gli psicologi hanno sottolineato la stretta connessione che esiste tra lo sviluppo fisico e lo sviluppo cognitivo. Secondo Gardner l’intelligenza corporeo cinestetica è la capacità di usare il proprio corpo in modi molto differenziati ed abili per fini espressivi e concreti. E’ inoltre la capacità di lavorare abilmente con oggetti, sia quelli che implicano movimenti motori fini delle dita e delle mani, sia quelli che richiedono movimenti motori grossolani del corpo. L’intelligenza corporeo cinestetica, quando si concentra verso l’interno è limitata all’esercizio del proprio corpo, quando si rivolge verso l’esterno, comporta azioni fisiche sugli oggetti nel mondo.

ABILITÀ RICONOSCIUTE NECESSARIE Capacità di espressione del movimento Capacità di imitare Capacità di riprodurre un ritmo Capacità di assumere un ruolo all’interno di un gruppo strutturato Capacità di manipolare gli oggetti con finezza Capacità di controllo fine dei movimenti Capacità di imitare ed esagerare movimenti e reazioni Capacità di simbolizzazione Capacità di sincronizzare i movimenti Capacità di costruire e portare maschere Capacità di eccellere in grazia, forza, precisione e gioco di squadra Capacità di produrre e trasformare oggetti

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INTELLIGENZA ECOLOGICA L’intelligenza ecologica o naturalista è la capacità di riconoscere gli elementi della natura e di stabilire relazioni con essi. Vi è quindi uno scambio di azioni e reazioni che portano ad un vero e proprio rimescolio, feedback, condizionamenti e risposte tra l’individuo e la sua realtà ambientale. L’esperienza, il vissuto, il coinvolgimento dei canali percettivi sono incentrati su attività per l’ambiente il cui fulcro sono i comportamenti, e conseguentemente i valori di cambiare e i cambiamenti da proporre.

ABILITÀ RICONOSCIUTE NECESSARIE

Capacità percettivo-osservativa Capacità euristica Capacità di riconoscere le qualità fenomeniche della realtà Capacità di procedere verso la scoperta attraverso operazioni di classificazione – seriazione – combinazione – relazione Capacità di stabilire una dinamica e corretta integrazione dell’individuo nel suo ambiente naturale

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INTELLIGENZA INTRAPERSONALE - INTERPERSONALE L’intelligenza personale è, per il Gardner, “l’accesso alla propria vita affettiva e l’abilità di rilevare e fare distinzione fra gli individui, i loro stati d’animo, temperamenti, motivazioni ed intenzioni”. L’intelligenza intrapersonale permette all’individuo di accedere alla propria vita affettiva riuscendo ad analizzare i sentimenti, che gli permettono di assumere comportamenti adeguati alle diverse situazioni. L’intelligenza interpersonale consente di rivolgere all’esterno l’analisi dei temperamenti delle persone coinvolte nell’attività comunicativa. Lo sviluppo e le esplicazioni di queste intelligenze sono condizionate e correlate al sistema culturale di riferimento. A differenza delle altre intelligenze, le intelligenze personali sono strettamente interconnesse, tanto che normalmente esse non si sviluppano in modo autonomo e indipendente l’una dall’altra. Una ulteriore loro caratteristica peculiare è che, mentre la decisione di utilizzare le altre intelligenze dipende da una libera scelta dell’individuo, nel caso delle intelligenze personali, chi le possiede difficilmente non le utilizza per migliorare il proprio benessere interiore o sociale

ABILITÀ RICONOSCIUTE NECESSARIE NELL’INTELLIGENZA INTRAPERSONALE

Capacità di riconoscere i sentimenti di piacere e dolore Capacità di percepire la propria individualità all’interno di un gruppo Capacità di individuare i propri bisogni Capacità di individuare i propri desideri Capacità di gestire le proprie emozioni Capacità di definire i propri progetti, Capacità di individuare i propri obiettivi Capacità di analizzare i propri sentimenti Capacità di indirizzare i propri sentimenti Capacità di saper risolvere, utilizzando i dati dell’introspezione personale, situazioni socialmente problematiche.

ABILITÀ RICONOSCIUTE NECESSARIE NELL’INTELLIGENZA INTERPERSONALE

Capacità di riconoscere nell’altro i sentimenti di dolore e piacere Capacità di riconoscere ed utilizzare varie forme di comunicazione Capacità di collocarsi nei panni di diversi individui Capacità di prestare attenzione agli altri individui Capacità di riconoscere il riflesso dei propri comportamenti e delle proprie azioni nell’altro Capacità di leggere intenzioni e desideri negli altri, anche senza che siano manifesti

Le modalità di intervento prevedono un itinerario articolato nelle fasi di prepotenziamento, potenziamento e apprendistato. La rilevazione delle intelligenze privilegiate da ciascun alunno non è l’unico modo di acquisire gli elementi di conoscenza utili alla formulazione del consiglio in ordine alla

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scelta delle attività facoltativo opzionali. E’ opportuno anche acquisire informazioni su interessi, vocazioni, motivazioni e sui bisogni di apprendimento. Bibliografia Gardner H., Frames of Mind. The Theory of Multiples Intelligenses, New York, Basic Books, 1983 (trad.it. Formae mentis. Saggio sulla pluralità dell’ intelligenza, Milano, Feltrinelli, 1988) Direzione Didattica Statale di Albignasego, La scuola delle intelligenze La cura della documentazione del percorso formativo Con questa espressione ci si riferisce sostanzialmente alla compilazione del portfolio. Nell’ambito della piattaforma Puntoedu al tema del portfolio vengono dedicati appositi e specifici materiali di studio. In questa sede si può segnalare che la natura del portfolio sembra ancora da approfondire e chiarire. Nella letteratura in materia la realizzazione di portfolios è considerata una strategia didattica idonea a sviluppare consapevolezza e responsabilità negli allievi, e la costruzione è prevista da parte degli allievi stessi. Nelle Indicazioni nazionali si afferma che il Portfolio delle competenze individuali è compilato dal docente coordinatore-tutor e comprende una sezione riservata all’orientamento e una dedicata alla valutazione; quest’ultima va redatta sulla base degli indirizzi generali circa la valutazione degli alunni e il riconoscimento dei crediti e dei debiti formativi ex D.P.R. 275/1999, indirizzi che però devono ancora essere emanati. La C.M. 29/2004 afferma che il Portfolio delle competenze è “costituito dalla documentazione essenziale e significativa delle esperienze formative dell’alunno e dalla descrizione delle azioni di orientamento e valutazione del medesimo”. Bibliografia Comoglio M., Insegnare e apprendere con il portfolio, Fabbri, Milano, 2003 Comoglio M., Insegnare e valutare con il portfolio, in Cristanini D. (a cura di), La nuova scuola primaria, Fabbri, Milano,. 2004 Chi svolge la funzione tutoriale. Tutorato diffuso e tutor coordinatore. Gli esempi che abbiamo proposto evidenziano che la funzione tutoriale come relazione d’aiuto e di consulenza all’alunno richiede una molteplicità di competenze relative a:

• conoscenza dell’alunno nelle sue molteplici dimensioni (contesti di vista, biografia personale, biografia cognitiva, capacità mentali generali, competenze socio-relazionali, autostima, fiducia in sé, intelligenze privilegiate, stili cognitivi, conoscenze, abilità, competenze, motivazioni, interessi, vocazioni…) e uso degli strumenti idonei (di tipo quantitativo: test standardizzati, prove oggettive, osservazione sistematica; di tipo qualitativo: osservazione ecologica, colloquio clinico, studio di caso…);

• relazione positiva, supporto emotivo-affettivo e cognitivo; • consulenza, orientamento.

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Si tratta di competenze, soprattutto quelle dei primi due gruppi, che a un livello basilare sono previste nel profilo professionale e nelle modalità di azione educativo-didattica di tutti i docenti. Il docente “in possesso di specifica formazione” dovrebbe possederle ad un livello più elevato, diffonderle tra i colleghi, fare in modo che la relazione d’aiuto sia presa in carico da tutta l’èquipe e coordinare l’azione dell’équipe medesima secondo una logica di progettualità unitaria. La funzione tutoriale e la progettazione didattica Un problema classico della progettazione didattica è quello di far dialogare le Indicazioni nazionali organizzate per discipline e la distribuzione degli interventi tra più docenti con l’esigenza dell’unitarietà dell’insegnamento, perché una è la persona che apprende. Spesso la questione è stata trattata come distinzione tra multi, pluri, inter, transdisciplinarità; nella scuola primaria, con i Programmi del 1985, ha invece assunto le vesti del passaggio tra il predisciplinare e il disciplinare. L’unitarietà può essere realizzata a vari livelli:

- di relazioni interpersonali: tra i docenti tra i docenti e gli alunni - di percorsi didattici: obiettivi disciplinari rispetto alle finalità educative obiettivi disciplinari rispetto a competenze trasversali contenuti concetti metodi - di criteri e modalità di verifica e valutazione - di organizzazione didattica gestione di tempi e ritmi uso di spazi e attrezzature modalità di raggruppamento degli alunni

Nelle Indicazioni il concetto di unitarietà è veicolato dalla metafora dell’ologramma: “Dentro la disciplinarità anche più spinta, in sostanza, va sempre rintracciata l’apertura inter e transdisciplinare: la parte che si lega al tutto e il tutto che non si dà se non come parte”. La funzione del docente “in possesso di specifica formazione”è perciò in questo caso quella di regista della progettazione, che imposta il lavoro in modo da perseguire la elaborazione e l’attuazione di un progetto organico e offre al team dei docenti che intervengono sul medesimo gruppo di alunni stimoli e strumenti per la contestualizzazione delle indicazioni nazionali e per l’esplorazione delle varie dimensioni dell’unitarietà e l’armonizzazione degli interventi. Questo dal punto di vista del progetto relativo al gruppo classe. La personalizzazione comporta poi anche l’esigenza che il complesso delle esperienze proposte a ciascun alunno risulti un percorso complessivo dotato di senso. In relazione a questo aspetto della funzione le competenze richieste al tutor sono soprattutto quelle delle modalità di analisi disciplinare, della progettazione curricolare e della gestione delle relazioni interpersonali.

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La funzione tutoriale e la gestione delle relazioni interpersonali La comunicazione tra i componenti di un piccolo gruppo che interagiscono in situazioni cosiddette “faccia a faccia”, ossia di presenza contemporanea nello stesso spazio, non sono solamente uno scambio di messaggi linguistici, ma anche di emozioni e sentimenti. Questi tipi di interazione sono stati studiati da varie scuole, tra cui le principali sono:

- la pragmatica della comunicazione umana (Watzlawick-Beavin-Jackson, 1971) - l’analisi transazionale (Berne, 1967; Harris, 1976) - la programmazione neurolinguistica (Bandler-Grinder, 1985

I corsi che attualmente vengono proposti per sviluppare le competenze nella gestione delle relazioni interpersonali, sono spesso costruiti integrando gli apporti di queste scuole, che proviamo a evidenziare in estrema sintesi: - nelle situazioni “faccia a faccia” non si può non comunicare: ogni comportamento (verbale, paraverbale, extraverbale) trasmette un messaggio agli altri, che lo ricevono, lo interpretano e reagiscono; - le componenti del messaggio ricevuto dagli altri sono costituite in gran parte da informazioni extraverbali, ( oltre il 50%), seguite da quelle paraverbali (35%) e infine da quelle verbali (15%); - in ogni comunicazione è presente un messaggio di contenuto (che può essere condiviso o sul quale ci si può confrontare) e un messaggio di relazione, che dichiara come l’emittente concepisce ilo rapporto con i destinatari: è in relazione questa dimensione dei messaggi che posono nascere e svilupparsi i conflitti; - per prevenire i conflitti conviene riportare la comunicazione sui contenuti e sul rapporto adulto-adulto, mentre per uscire dai conflitti si può metacomunicare; - se gli altri la pensano diversamente non è perché sono ignoranti o in malafede, ma perché le loro esperienze li hanno portati a formarsi determinate rappresentazioni e concezioni della realtà. Il campo delle relazioni interpersonali è vasto e complesso, e per imparare a orientarsi e a gestire efficamente i rapporti è necessario un lungo percorso di formazione. E’ comunque un campo che va esplorato da tutti i docenti e dagli incaricati del coordinamento in particolare. Bibliografia Watzlawick P.-Beavin J.-Jackson D.D. Pragmatica della comunicazione umana, Astrolabio, Roma, 1971 Schmidt E., Comunicare nelle organizzazioni, Unicopli, Milano, 1990 Berne E., A che gioco giochiamo?, Bompiani, Milano, 1967 Harris T.A., IO sono OK Tu sei OK, Rizzoli, Milano, 1989 Bandler R.-Grinder J., La struttura della magia, Astrolabio, Roma, 1985 Un compito specifico del coordinatore è quello di condurre i lavori dell’équipe. Le competenze necessarie a questo fine, oltre a quelle concernenti la gestione delle relazioni interpersonali, sono quelle che fanno riferimento alla dinamica dei piccoli gruppi e alla gestione delle riunioni. La dinamica di gruppo è oggetto di studio, da circa mezzo secolo, della psicosociologia. Il gruppo rappresenta per gli individui una situazione di speranza

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(occasione di conoscenza, confronto, scambio e arricchimento) ma contemporaneamente anche di timore: quanto si può continuare a essere se stessi e quanto invece il gruppo chiede di modificarsi? Si viene accettati oppure respinti? Quanto si conta? Si viene riconosciuti e valorizzati adeguatamente? Una dinamica particolare è quella che riguarda la leadership. Il quadro normativo non sembra mettere a disposizione del leader fonti formali di leadership, come l’autorità che può derivare alla sovraordinazione gerarchica, per cui le sue possibilità di svolgere efficacemente la conduzione si devono fondare sulle fonti informali, ossia sull’autorevolezza e sulla competenza rispetto alle attività assegnate al gruppo. Riportiamo di seguito una tavola dei comportamenti comunicativi efficaci per il conduttore di una riunione, ottenuta sintetizzando gli apporti delle principali teorie sulle relazioni interpersonali e sulle dinamiche dei piccoli gruppi (Cristanini, 2000).

CATEGORIE

COMPORTAMENTI

LE SCELTE EFFICACI PER IL CONDUTTORE

COMPORTAMENTI DI INIZIO E SVILUPPO DELL’INTERAZIONE

INFORMARE ____________________ PROPORRE _____________________ SVILUPPARE _____________________ COMANDARE

su regole, obiettivi, metodi, contenuti essenziali per procedere nel lavoro _____________________ sì sul metodo sui contenuti solo per sbloccare _____________________ sì per valorizzare proposteattenzione a non valutare discriminando _____________________ mai se non in situazioni eccezionali

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COMPORTAMENTI DI RISPOSTA

CONCORDARE _____________________ DISSENTIRE _____________________ CONTROARGOMENTARE _____________________ VALUTARE

non all’inizio, eventualmente alla fine attenzione a non essere percepiti come schierati _____________________ solo se necessario farlo motivando, su fatti specifici e delimitati altrimenti può sembrare un’aggressione _____________________ no; il conduttore non deve invischiarsi in discussioni con i membri del gruppo _____________________ mossa a grande rischio, da evitare per il conduttore si possono talvolta usare valutazioni positive per incoraggiare

COMPORTAMENTI DI REGOLAZIONE

DOMANDARE _____________________ FARE IL PUNTO _____________________ VERIFICARE LA COMPRENSIONE _____________________ TACERE

sì se per facilitare il lavoro del gruppo no se in senso di controllo _____________________ riassumere o riformulare le cose dette o le decisioni è una tipica mossa da conduttore _____________________ è una mossa che precede le decisioni, per evitare successivi fraintendimenti _____________________ sì per lasciar esprimere i partecipanti; no per mettere in imbarazzo

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COMPORTAMENTI EMOTIVO-AFFETTIVI

AGGREDIRE _____________________ DIFENDERSI _____________________ ALLENTARE LA TENSIONE _____________________ ESPRIMERE SENTIMENTI

mai al limite, con un membro aggressivo dopo aver sperimentato inutilmente tutte le altre soluzioni _____________________ mai di fronte al dissenso o all’aggressione, riportare sui contenuti, informando _____________________ sdrammatizzare è un mossa che il conduttore può talvolta adottare, senza esagerare _____________________ dire di sé può creare simpatia e clima positivo senza esagerare, altrimenti si diventa lamentosi

Bibliografia Cristanini D., Gestire le relazioni interpersonali e Condurre gruppi di lavoro, in Cristanini D.-Spinosi M. (a cura di), Le funzioni obiettivo, Tecnodid, Napoli, 2000 Quaglino G.P.-Casagrande S.-Castellano A., Gruppo di lavoro e lavoro di gruppo, Raffaello Cortina, Milano, 1992 Paradiso L., Lavorare in gruppo, in Ferricchio A.-Bombelli C., Management della scuola, La Nuova Italia-RCS, Milano, 1999 Contessa G., Psicologia di gruppo, La Scuola, Brescia, 1999

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Prospettive Per quanto riguarda la funzione tutoriale nei principali sistemi scolastici europei un riferimento obbligato è la rassegna curata da Ornella Scandella (1995), dalla quale emerge che non esiste un modo univoco di interpretare e attuare il tutorato, e che questo è utilizzato soprattutto in rapporto agli snodi critici dei percorsi scolastici. A livello nazionale la figura del tutor e la funzione tutoriale sono presenti nell’organizzazione didattica delle università, dei centri territoriali permanenti per l’educazione degli adulti, dei corsi relativi al nuovo obbligo formativo. Nell’organizzazione del sistema educativo di istruzione, per quanto riguarda il passato si trova qualche accenno solo nella C.M. n.116 del 22 marzo 1996 destinata alla scuola elementare (“In prima e in seconda, l’intervento di un docente con maggior presenza temporale in ciascuna classe, che svolga funzioni tutoriali per agevolare la gradualità degli apprendimenti e nelle relazioni educative, non deve comunque superare i 2/3 del tempo curricolare”) e nell’allegato 3 al CCNI 31.8.1999, che nell’area 3 delle funzioni strumentali al POF (le cosiddette funzioni obiettivo) prevede il coordinamento e la gestione delle attività di continuità, di orientamento e tutoraggio. Per quanto riguarda il futuro la ricerca appare aperta, cominciando dalla pronuncia (latino, italiano, inglese) e dalla grafia (tutorato, tutoraggio, tutoriale, tutorale), continuando con le aree d’impegno e le modalità di svolgimento delle funzioni connesse e terminando con gli aspetti organizzativi e contrattuali che aspettano di essere definiti. Al momento la via maggiormente percorribile sembra quella di una posizione equilibrata tra il team assolutamente paritario e il team gerarchico (interessante a questo proposito rileggere i classici del team teaching degli anni settanta): la funzione tutoriale come relazione d’aiuto all’alunno è diffusa e viene svolta da tutti i docenti; il tutor è il garante che questa funzione venga assicurata, e a tal fine coordina organizzativamente l’elaborazione del progetto educativo e lo svolgimento delle attività didattiche in chiave unitaria e porta a sintesi i contributi dell’èquipe. In questo modo la funzione tutoriale, oltre che al servizio dell’alunno può porsi al servizio della collegialità, realizzando così la conciliazione tra tutorialità e contitolarità. Bibliografia Scandella O., Tutorship e apprendimento, La Nuova Italia, Firenze, 1995 Collutti C., Il ruolo del tutor, in Trevisiol G. (a cura di), Il ruolo del tutor nei processi formativi, Franco Angeli, Milano, 2002 Shaplin T.-Olds F.J., Team Teaching.Una nuova organizzazione del processo educativo, Loescher, Torino, 1973 Chamberlin L.J., Team Teaching. Organizzazione e amministrazione, Armando, Roma, 1974


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