Ufficio centrale per il referendum; ordinanza 12 dicembre 1984; Pres. Moscone; promotoriMontessoro ed altri (Avv. Di Majo, Ghezzi, Alleva). Richiesta di referendum abrogativoSource: Il Foro Italiano, Vol. 107, No. 12 (DICEMBRE 1984), pp. 2947/2948-2953/2954Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23178337 .
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2947 PARTE PRIMA 2948
costituzionale del combinato disposto degli art. 25, ult. comma, e
26, 1° comma, non devono infatti trascurarsi la considerazione del sistema normativo in cui tali disposti si inseriscono e la
valutazione complessiva delle finalità che la 1. n. 319 ha persegui to e tuttora persegue (malgrado i gravi ritardi verificatisi in sede
attuativa). Per affrontare in modo organico il fenomeno degli inquinamenti delle acque, questa legge fa perno sulla programma zione degli indispensabili interventi pubblici, sia da parte statale sia da parte regionale (cfr. gli art. 1, lett. d, 2, lett. c, 4, lett. a e
lett. c, ed 8); ed a ciò si collega la previsione di una sistematica
raccolta di dati, con particolare riguardo al catasto provinciale di
tutti gli scarichi ed al censimento regionale dei corpi idrici (cfr.
gli art. 1, lett. e, 2, lett. b, 4, lett. d, 5, lett. a, e 7).
In un tale quadro, si rendeva dunque necessaria la collaborazio
ne fra i titolari degli scarichi e le autorità amministrative o di
governo del settore: collaborazione che è stata per l'appunto incentivata dall'ult. comma dell'art. 25, temperando il rigore del le norme penali preesistenti e così facilitando la presentazione delle domande di cui all'art. 15 e la conseguente rilevazione degli scarichi stessi.
D'altra parte, ingiustificata è invece la pretesa dei giudici a
quibus, là dove essi ragionano — a partire dall'ordinanza n.
547/77 — di un « obbligo d'immediato allineamento ai limiti di accettabilità ». In effetti, tali giudici non si dolgono della lun
ghezza dei termini originariamente stabiliti per adeguarsi alle
tabelle allegate alla 1. n. 319 (e meno ancora censurano le varie successive proroghe, che non formano oggetto del presente giudi zio). Con particolare riguardo all'art. 3 Cost., le ordinanze in
esame si spingono ben oltre, sino a far intendere che il principio generale d'eguaglianza avrebbe richiesto la previsione di identiche
cadenze temporali per i titolari degli scarichi di tutti gli insedia
menti produttivi, non importa se nuovi o già esistenti: facendo
pertanto gravare su entrambe le categorie l'obbligo di conformarsi
senz'altro alle allegate tabelle, sin dall'entrata in vigore della
legge e mantenendo altrimenti in vigore, quanto meno, le prece denti disposizioni penali).
A questa stregua, però, non si tiene conto della novità rappre sentata dalla 1. n. 319, rispetto alla frammentaria e lacunosissima
legislazione preesistente. Imporre agli insediamenti produttivi già in essere, sebbene realizzati durante la vigenza di norme ben
diversamente orientate, l'immediata osservanza delle tabelle A e
C, avrebbe infatti significato — nella più parte dei casi —
prevedere alcunché di materialmente impossibile, determinando la
totale interruzione o il drastico ridimensionamento delle più varie attività industriali. Viceversa, la prevista gradualità dell'adegua mento ha inteso contemperare gli antitetici valori ed interessi in
gioco, sulla base d'una discrezionale ma non irragionevole valuta zione delle esigenze dell'economia del paese, dei tempi tecnici
occorrenti per conformare gli scarichi (ed eventualmente gli stessi
procedimenti produttivi), dei notevoli costi da sopportare comun
que in tal senso. Ed anzi va ricordato che nemmeno la 1. n. 319
ha saputo far fronte in maniera efficace ai problemi finanziari,
collegati alla tutela delle acque dagli inquinamenti: tanto è vero che le generiche previsioni degli art. 19 e 20 hanno dovuto essere
variamente integrate da una serie di successive norme di leggi, statali e regionali.
Ciò basta a far escludere che le norme impugnate contrastino
con l'art. 3 Cost. La denunciata disparità di trattamento fra
titolari di vecchi e nuovi scarichi non lede il principio generale d'eguaglianza, dato il profondo divario esistente fra le due
situazioni messe a raffronto. Né la disparità verrebbe meno, del
resto, quand'anche si annullasse la causa di non punibilità,
configurata dall'art. 25, ult. comma, 1. n. 319.
Del pari, le considerazioni già esposte consentono di pervenire ad una pronuncia di rigetto, anche in riferimento al più pertinen te fra gli altri parametri invocati dai giudici a quibus: vale a
dire, con riguardo al 1° comma dell'art. 32 Cost. E ben vero,
infatti, che la tutela della salute implica « la promozione e la
salvaguardia della salubrità e dell'igiene dell'ambiente naturale di
vita e di lavoro », come ora è chiarito dall'art. 2, 1° comma, n. 5, 1. 23 dicembre 1978 n. 833 (sull'istituzione del servizio sanitario
nazionale). Ma non si può certo affermare — diversamente da
quanto sembrano assumere le ordinanze di rimessione — che le
norme impugnate, fingendo di tutelare l'ambiente, finiscano in
realtà per comprometterlo.
A più forte ragione, vanno infine respinte la censure fondate
sulle altre norme costituzionali in discussione. Circa il richiamo
dell'art. 2 Cost., nella parte concernente i « doveri inderogabili di
solidarietà », esso non aggiunge nulla alla più puntuale indicazio
ne dell'art. 32, 1° comma. E lo stesso varrebbe per l'art. 9, cpv., anche se si potesse ritenere che la tutela costituzionale del
paesaggio includa la tutela dell'ambiente, nei sensi dei quali si
tratta nel presente giudizio. 4. - Come già si accennava, le due ordinanze emesse dal
Tribunale di Teramo si distinguono dalle altre, in quanto riguar dano condotte consistenti nell'aver effettuato scarichi superiori ai
limiti di accettabilità previsti dalla tabella C: le quali sarebbero
state realizzate successivamente all'entrata in vigore della 1. n.
319, ma prima della scadenza dei termini ivi stabiliti per l'ade
guamento ai limiti medesimi. Ed è appunto allo scopo di poter sanzionare condotte del genere, che il giudice a quo ha sollevato
questione di legittimità costituzionale dell'art. 15, 2°, 8° e 9°
comma, e dell'art. 21 1. n. 319, per pretesa violazione dell'art. 3
Cost.: lamentando, ancora una volta, la « diversità di trattamento
di casi sostanzialmente identici », che il legislatore avrebbe de
terminato fra i titolari dei nuovi insediamenti produttivi, tenuti
ad adeguare i relativi scarichi sin dal momento della loro
attivazione, ed i titolari degli insediamenti produttivi esistenti, che per conformarsi disporrebbero del triennio di cui all'art. 13, 1° comma.
Sotto entrambi gli aspetti, l'impugnativa in tal senso proposta si rivela però inammissibile. Da un lato, infatti, non si vede
perché venga denunciata l'illegittimità costituzionale dell'art. 15, visto che la disciplina della autorizzazione per i titolari degli scarichi già in essere non è destinata — stando alle stesse
ordinanze in questione — ad essere applicata nei procedimenti
penali pendenti presso il tribunale. D'altro lato, questa corte non
può esaminare nel merito neanche la censura concernente l'art.
21, malgrado sia proprio questa la norma in base alla quale sono
state contestate le contravvenzioni all'esame del giudice a quo: secondo la logica delle ordinanze di rimessione, la corte dovreb
be, infatti, manipolare il regime sanzionatorio della legge sulla
tutela delle acque dall'inquinamento, in modo da rendere punibili condotte che attualmente sfuggono al regime medesimo; mentre
la giurisprudenza della corte stessa è ormai consolidata (si veda,
per ultima la sentenza n. 148 del presente anno, Foro it., 1983, I,
1800) nel senso che il processo costituzionale non può concludersi
con pronunce di accoglimento additivo, configuranti nuove norme
penali in deroga al principio di legalità dei reati e delle pene. Per questi motivi, la Corte costituzionale 1) dichiara inammis
sibile la questione di legittimità costituzionale dell'art. 21 1. 10
maggio 1976 n. 319 («norme per la tutela delle acque dall'inqui namento »), in riferimento agli art. 2, 3, 9 e 32 Cost., sollevata
dalla Corte di cassazione, con le ordinanze nn. 547/77, 548/77,
557/77, 162/78, 497/80, 16/81, e dal Pretore di Vigevano, con le
ordinanze nn. 353-355/78; 2) dichiara non fondata la questione di
legittimità costituzionale degli art. 15, 2°, 8° e 9° comma, 25, ult.
comma, e 26, 1° comma, 1. n. 319/76, in riferimento agli art. 2, 3, 9 e 32 Cost., sollevata dalla Corte di cassazione e dal Pretore di
Vigevano, con le ordinanze predette nonché con l'ordinanza n.
274/78; 3) dichiara inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell'art. 15, 2°, 8° e 9° comma, e dell'art. 21 1. n.
319/76, in riferimento all'art. 3 Cost., sollevata dal Tribunale di
Teramo, con le ordinanze nn. 325-326/78.
CORTE DI CASSAZIONE; Ufficio centrale per il referendum; ordinanza 12 dicembre 1984; Pres. Moscone; promotori Montessoro ed altri (Ayv. Di Majo, Ghezzi, Alleva). Richiesta
di referendum abrogativo.
CORTE DI CASSAZIONE;
Legge, decreto e regolamento — Referendum abrogativo — Modi
fica della disciplina dell'indennità di contingenza — Legittimità della richiesta (Cost., art. 75; 1. 25 maggio 1970 n. 352, norme
sui referendum previsti dalla Costituzione e sull'iniziativa le
gislativa del popolo, art. 32; 1. 12 giugno 1984 n. 219, con
versione in legge, con modificazioni, del di. 17 aprile 1984
n. 70, contenente misure urgenti in materia di tariffe, di prezzi amministrati e di indennità di contingenza, art. 3).
È legittima — essendo stato raggiunto e superato il numero di
sottoscrizioni valide a seguito di procedimento di promozione condotto nel rispetto della legge, risultando presentata la ri
chiesta da soggetti legittimati, che hanno proceduto al deposito dei fogli contenenti le firme nel termine di tre mesi dalla data
di vidimazione dei fogli medesimi, rispondenti alle caratteristi
che di legge ed in ciascuno dei quali era stato riportato il
quesito — la richiesta di referendum popolare sul quesito: « Vole te voi l'abrogazione dell'art, unico l. 12 giugno 1984 n. 219
(pubblicata in Gazzetta ufficiale n. 163 del 14 giugno 1984), che
ha convertito in legge il d.l. 17 aprile 1984 n. 70 (pubblicato
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
in Gazzetta ufficiale n. 107 del 17 aprile 1984), concernente
misure urgenti in materia di tariffe, di prezzi amministrati e di
indennità di contingenza, limitatamente al 1" comma, nella parte che ha convertito in legge senza modificazioni l'art. 3 d.l.
suddetto, articolo che reca il seguente testo: ' Per il se
mestre febbraio-luglio 1984, i punti di variazione della mi
sura della indennità di contingenza e di indennità analoghe,
per i lavoratori privati, e della indennità integrativa speciale di
cui all'art. 3 d.l. 29 gennaio 1983 n. 17, convertito, con
modificazioni, nella l. 25 marzo 1983 n. 79, per i dipendenti
pubblici, restano determinati in due dal 1° febbraio e non pos sono essere determinati in più di due dal 1° maggio 1984 '; non
ché al penultimo comma, che reca il seguente testo: ' Restano
validi gli atti ed i provvedimenti adottati e sono salvi gli effetti
prodotti ed i rapporti giuridici sorti sulla base del d.l. 15
febbraio 1984 n. 10' (pubblicato in Gazzetta ufficiale n. 47 del
16 febbraio 1984), limitatamente a quelli di cui all'art. 3 di
quest'ultimo decreto legge » ? ( 1 )
|(1) Con la decisione che si riporta, l'ufficio centrale per il referen dum della Corte di cassazione, dichiarando la legittimità della richiesta di referendum abrogativo avente ad oggetto l'art. 3 1. n. 219/84 (Le leggi, 1984, 704 e Corriere giuridico, 1984, 7, con commento di M. Di
Ruocco), ribadisce i seguenti principi: a) rientra nel controllo di
legittimità demandato all'ufficio centrale per il referendum accertare, che nei confornti della legge (ovvero dell'atto normativo avente forza di legge) oggetto della richiesta di referendum, non sia intervenuta
abrogazione legislativa o sentenza dichiarativa d'illegittimità costituzio nale prima della stessa richiesta e che quest'ultima non riguardi una
legge destinata ad operare per un tempo limitato, i cui effetti risultino totalmente esauriti prima di quel momento; 6) spetta alla Corte costituzionale accertare se i quesiti, per incoerenza, contraddittorietà o carenza di omogeneità, non consentano una libera scelta da parte degli elettori.
Circa l'affermazione sub a), della cui ultima parte si deve evidenzia re la novità, Cass., uff. centr. referendum, 25 maggio 1978, Foro it., 1978, I, 1601, con cinque distinte ordinanze, ha ritenuto di propria competenza valutare gli effetti sulle operazioni referendarie dell'« abro
gazione sostitutiva » di disposizioni oggetto di richieste di referendum. In egual senso si era, in precedenza, pronunciato lo stesso ufficio centrale con ordinanza del 7 gennaio 1976, id., 1976, I, 909, ma con riferimento ad una diversa fattispecie: la disposizione legislativa in relazione alla quale era stata presentata una richiesta di referendum
abrogativo, dichiarata legittima dall'ufficio centrale ed ammissibile dalla Corte costituzionale, aveva perduto efficacia a seguito di sentenza dichiarativa d'illegittimità costituzionale.
Riguardo al principio sub b), v., in senso conforme, Cass., uff. centr.
referendum, ord. 15 dicembre 1980, id., Rep. 1981, voce Legge, regolamento e decreto, n. 48 e Corte cost. 10 febbraio 1982, n. 27 (id., 1982, 1, 614, con nota di R. Greco, La Corte costituzionale, lo statuto dei lavoratori ed il referendum promosso da Democrazia proletaria), che ha dichiarato inammissibile, perché svolta contro un complesso di
disposizioni dalle quali non è possibile estrarre un quesito omogeneo, la richiesta di referendum abrogativo parziale degli art. 28, 35 e 37 1. n. 300/70.
Ora, sulla ammissibilità della richiesta dichiarata legittima dall'ordi nanza qui riprodotta, dovrà pronunciarsi la Corte costituzionale, la
quale, peraltro, è già stata investita della questione di legittimità costituzionale dell'art. 3 1. n. 219/84, oggetto dell'iniziativa referenda ria, da Pret. Sestri Ponente, ord. 5 luglio 1984, id., 1984, I, 2014, con nota di richiami e nota di R. Greco (Discrezionalità legislativa ed autonomia collettiva di fronte alla Corte costituzionale) e da Pret. Pavia, ord. 22 maggio 1984, Riv. giur. lav., 1984, II, 13. Analoga questione era già stata sollevata con riferimento ad altra disposizione, di contenuto identico a quello dell'art. 3 1. n. 219/84, inserita nel d.l. 15 febbraio 1984 n. 10, che ha, poi, perduto efficacia per mancata
conversione, da Pret. Roma, ord. 6 aprile 1984, ibid.; Pret. Genova, ord. 31 marzo 1984, ibid., e Pret. Bologna, ord. 12 marzo 1984, Foro
it., 1984, I, 2814. In proposito occorre, tuttavia, sottoiineare che Corte
cost., ord. 29 dicembre 1983, nn. 360 a 363, Giur. costit., 1983, I, 2205-2210; 21 dicembre 1983, nn. 349 e 350, ibid., 2185 e 2187; 11 ottobre 1983, n. 307, Foro it., 1984, I, 341, con nota di richiami sub massima 5; 16 marzo 1983, n. 66, id., 1983, I, 2615, hanno dichiarato la manifesta inammissibilità di eccezioni concernenti decreti non
convertili, in quanto ritenuti «come non mai esistiti quale fonte di diritto a livello legislativo » (cfr. L. Elia, La giustizia costituzionale nel 1983, id., 1984, V, 37;/Pizzorusso, L'attività della Corte costitu zionale nella sessione 1983-84, ibid., 323, spec. 340, nota 78; R.
Moretti, Brevi note intorno agli effetti del diniego di conversione del decreto legge, id., 1983, V, 259).
Giova, infine, ricordare che la Corte costituzionale si è già pronun ciata in materia di indennità di contingenza: una prima volta con le sentenze 30 luglio 1980, nn. 141 e 142 (id., 1980, I, 2642, con nota di O. Mazzotta, Le norme sulla riduzione del costo del lavoro davanti alla Corte costituzionale, e id., 1981, I, 9, con nota di R. Greco, Diritto del lavoro dell'emergenza e libertà dell'azione sindacale. Note
per una valutazione di costituzionalità dopo l'intervento della Corte costituzionale sulla normativa del 1977/78), dichiarando infondate le
questioni di costituzionalità {di talune disposizioni) delle 1. n. 797/76 e
Il Foro Italiano — 1984 — Parte /-190.
Ritenuto in fatto: — che il giorno 25 luglio 1984 i sedici
cittadini italiani Vitale Romano, Valentini Daniela, Leoni Carlo, Montanari Adonella, Fredda Angelo, Funghi Franco, Puro Vin
cenzo, Marincione Alfredo, Evangelisti Carlo, Brugnetti Viviana, Piermarini Marco, Maffioletti Roberto, Montessoro Antonio, Ven
tura Luciano, Spagnoli Ugo e Smuraglia Carlo, muniti dei pre scritti certificati elettorali, dichiararono nella cancelleria di questa Corte suprema di cassazione di voler promuovere una richiesta di referendum popolare, previsto dall'art. 75 Cost., sul seguente quesito:
« Volete voi l'abrogazione dell'art, unico 1. 12 giugno 1984 n. 219 (pubblicata in Gazzetta ufficiale n. 163 del 14 giugno 1984), che ha convertito in legge il d.l. 17 aprile 1984 n. 70 (pubblicato in Gazzetta ufficiale n. 107 del 17 aprile 1984), concernente misure urgenti in materia di tariffe, di prezzi amministrati e di indennità di contingenza, limitatamente al 1° comma, nella parte che ha convertito in legge senza modificazioni l'art. 3 d.l.
suddetto, articolo che reca il seguente testo:
« Per il semestre febbraio-luglio 1984, i punti di variazione della misura della indennità di contingenza e di indennità analoghe, per i lavoratori privati, e della indennità integrativa speciale di cui all'art. 3 d.l. 29 gennaio 1983 n. 17, convertito, con modificazioni, nella 1. 25 marzo 1983 n. 79, per i dipendenti pubblici, restano determinati in due dal 1° febbraio e non possono essere determinati in più di due dal 1° maggio 1984 »; nonché al
penultimo comma, che reca il seguente testo: « Restano validi gli atti ed i provvedimenti adottati e sono salvi gli effetti prodotti ed i rapporti giuridici sorti sulla base del d.l. 15 febbraio 1984 n. 10 » (pubblicato in Gazzetta ufficiale n. 47 del 16 febbraio
1984)?»; — che l'annuncio di tale iniziativa fu pubblicato nella Gazzetta
ufficiale n. 205 del 26 luglio 1984; — che in data 22 settembre 1984 i promotori Montessoro
Antonio, Fredda Angelo e Ventura Luciano riferendosi alla di chiarazione resa il 25 luglio 1984, presentarono formale richiesta del referendum sopra indicato, depositando ai sensi dell'art. 28 1. 25 maggio 1970 n. 352, e successive modificazioni, n. 332 plichi sigillati che dichiararono contenere oltre 1.064.921 sottoscrizioni;
— che, successivamente, in data 29 settembre 1984 i promotori Maffioletti Roberto, Fredda Angelo, Evangelisti Carlo e Puro Vincenzo depositarono altre 510.524 sottoscrizioni;
— che su richiesta di questo ufficio, giustificata dalla complessi tà delle operazioni e dalla necessità della maggiore precisione possibile dei controlli e dei calcoli occorrenti, il signor primo presidente della Corte suprema di cassazione con decreti del 29 settembre 1984 e del 4 ottobre 1984 autorizzò questo ufficio ad avvalersi della collaborazione del centro elettronico di documen
tazione, di alcuni magistrati dell'ufficio del massimario e di un
congruo ufficio di segreteria e personale ausiliario; — che nel corso di numerose sedute, svoltesi a partire dal 4
ottobre 1984, questo ufficio ha provveduto direttamente a verifica re n. 19.422 fogli, contenenti complessivamente n. 579.143 sot toscrizioni di elettori, e a constatare definitivamente, a seguito del controllo eseguito dal centro elettronico di documentazione e concluso in data 24 novembre 1984, che di tali sottoscrizioni n. 559.448 sono state validamente apposte, onde si è ritenuto super fluo procedere all'ulteriore verifica dei restanti fogli;
— che in pendenza di tali operazioni il presidente del consiglio dei ministri, rappresentato dall'avvocatura generale dello Stato, depositò presso la cancelleria della Corte suprema di cassazione un « atto di intervento e deduzioni », col quale chiedeva a questo ufficio di dichiarare illegittima la suddetta richiesta di referendum
popolare per i seguenti motivi: « I) Illegittimità del referendum
abrogativo su norme caratterizzate dall'esclusivo riferimento della loro disciplina ad una serie definita di fatti passati (cioè a norme
che, al pari di quelle abrogate, presentino un ambito di efficacia
temporale delimitata nel passato) »; « II) Incoerenza e contrad dittorietà dei due quesiti»; «III) Insuscettibilità delle norme a formare oggetto di referendum abrogativo »;
— che questo ufficio, con ordinanza del 19 novembre 1984, assegnò ai promotori del referendum il termine del 28 novembre 1984 per la presentazione di deduzioni scritte e ad entrambe le
parti l'ulteriore termine del 3 dicembre 1984 per l'eventuale de
posito di memorie; — che, in data 28 novembre 1984, i tre promotori del referen
dum on. Antonio Montessoro, on. avv. Ugo Spagnoli e prof. avv.
- •.• , .."v:..
n. 91/77, da ultimo con la sentenza 10 febbraio 1982, n. 26, id., 1982, I, 620, con nota di richiami, che ha ammesso la richiesta di referendum abrogativo degli art. 1 e 1 bis d.l. n. 12/77, convertito, con modifica zioni, nella 1. n. 91/77.
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2951 PARTE PRIMA 2952
Luciano Ventura, rappresentati dagli avvocati prof. Adolfo Di
Majo, Giorgio Ghezzi e Pier Giovanni Alleva, depositarono presso la cancelleria della Corte suprema di cassazione le loro deduzioni, con le quali chiedevano a questo ufficio di respingere tutte le
eccezioni sollevate dal presidente del consiglio dei ministri; — che in data 3 dicembre 1984, entrambe le parti depositarono
memorie, con le quali le rispettive tesi venivano ulteriormente
illustrate e inoltre si chiedeva dai promotori del referendum di
essere ammessi a una discussione orale.
Considerato in diritto: — che, preliminarmente, si deve dare
atto della regolarità formale della richiesta di referendum popola re di cui in epigrafe, in quanto: a) è stata preceduta dall'attività
di promozione conforme ai requisiti di legge; b) è stata presentata da soggetti che vi erano legittimati; c) il deposito dei fogli
regolari, contenenti le firme, e dei certificati elettorali è avvenuto
nel termine di tre mesi dalla data di timbratura dei fogli
medesimi; d) la richiesta di abrogazione delle norme sopra
specificate del d.l. 17 aprile 1984 n. 70, convertito in 1. 12 giugno 1984 n. 219 è stata formulata regolarmente (tranne l'irregolarità sanabile di cui si dirà in seguito) e trascritta regolarmente sulle
facciate dei fogli contenenti le firme; e) le firme delle quali si è
definitivamente accertata la validità superano il numero di 500.000
previsto dalla legge; — che va respinta la richiesta dei promotori del referendum di
una discussione in pubblica udienza, perché la 1. 25 maggio 1970
n. 352 è puntuale ed inequivoca nel prevedere, per quanto concerne il giudizio di legittimità di cui all'art. 32, un contraddit
torio esclusivamente scritto (cfr. ord. di questo ufficio centrale
11-13 dicembre 1980 e 15 dicembre 1980): né, peraltro, con la
memoria depositata il 3 dicembre 1984 il presidente del consiglio dei ministri ha dedotto nuove eccezioni;
— che questo ufficio centrale è competente a conoscere della
prima eccezione del presidente del consiglio dei ministri, secondo
la quale la richiesta di referendum sarebbe illegittima, in quanto avrebbe per oggetto norme caratterizzate dal riferimento della
loro disciplina a una serie definita di fatti verificatisi prima della
richiesta stessa, cioè a norme che presenterebbero un ambito di
efficacia temporale delimitato esclusivamente nel passato; — che infatti, rientrando per ius receptum nel controllo di
legittimità, demandato a questo ufficio centrale dall'art. 32 1. 25
maggio 1970 n. 352, l'accertamento non solo se la richiesta di
referendum sia formalmente regolare e se abbia per oggetto una
legge o un atto normativo avente forza di legge, ma anche se nei
suoi confronti non sia intervenuta abrogazione legislativa o sen
tenza dichiarativa d'illegittimità costituzionale prima della presen tazione della richiesta stessa, vi rientra senza dubbio altresì
l'accertamento che non si tratti di una legge destinata a operare
per un tempo limitato e i cui effetti risultino totalmente esauriti
prima della richiesta di referendum, perché, nell'ipotesi di una
legge di tal genere, il voto popolare verrebbe in partenza privato di entrambi i suoi effetti tipici, abrogativo e preclusivo, alternati
vamente previsti dagli art. 37 e 38 1. 25 maggio 1970 n. 352, esattamente come nell'ipotesi di una legge abrogata o dichiarata
costituzionalmente illegittima; — che, nel merito, dal principio dianzi enunciato consegue che
questo ufficio centrale non potrebbe non dichiarare legittima una
richiesta di referendum riguardante una legge che, sebbene for
malmente destinata a derogare per un tempo limitato a un
sistema previgente, risulti però tale, per materia e contenuto, da
far si che, oltre a produrre effetti diretti e immediati, continui
necessariamente a produrre ulteriori effetti mediati e conseguen ziali, destinati a verificarsi una o più volte in tempi successivi, in
ulteriore deroga al sistema previgente; — che in una simile ipotesi, infatti, la legge risulterebbe ancora
operativa anche dopo la scadenza del termine posto per i suoi
effetti diretti e immediati, mentre il referendum sarebbe suscetti
bile d'impedire, in caso di voto favorevole all'abrogazione, l'ulte
riore verificarsi dei suddetti effetti mediati e conseguenziali, fermo
restando soltanto ogni e qualsiasi effetto prodottosi prima del
giorno previsto dal 3° comma dell'art. 37 1. 25 maggio 1970 n.
352, per la decorrenza dell'efficacia dell'abrogazione referendaria; — che, nel caso concreto, l'art. 3 d.l. 17 aprile 1970 n. 70,
derogando in via temporanea per i trimestri febbraio-aprile e
maggio-luglio 1984 al previgente sistema, stabilito da contrattazio
ni collettive per il settore privato e da norme di legge per quello
pubblico, ha avuto bensì come effetto diretto e immediato di
« raffreddare » nel numero complessivo di quattro i punti di varia
zione dell'indennità di contingenza, delle indennità analoghe e
dell'indennità integrativa speciale rispetto al numero più elevato
risultante dalle rilevazioni dell'ISTAT, ma ha anche avuto come
effetto mediato e conseguenziale un correlativo minore aumento
delle retribuzioni dei lavoratori, in misura corrispondente ai punti non conteggiati;
— che, se la norma in esame potesse interpretarsi nel senso che
tale minore aumento delle retribuzioni riguardasse soltanto quelle dei due trimestri suddetti, la richiesta di referendum proposta
dopo il loro decorso risulterebbe illegittima per la ragione sopra indicata;
— che, invece, in sede di applicazione la norma è stata
interpretata dai suoi destinatari privati e pubblici (cfr., ad es., i
decreti del ministro del tesoro 6 agosto 1984, in G. U. n. 220 del
1984, e 13 novembre 1984, in G. U. n. 316 del 1984) nel diverso
senso che anche dopo il 1° agosto 1984 le retribuzioni devono
continuare a subire il minore aumento correlativo al « raffredda
mento » dei punti del semestre febbraio-luglio 1984, sommandosi
via via soltanto questi punti a quelli maturati regolarmente prima e dopo il semestre stesso: e si noti che questa seconda interpreta zione è fatta propria davanti a questo ufficio centrale dal presi dente del consiglio dei ministri e costituisce anzi il presupposto della richiesta del referendum;
— che la constatazione della situazione oggettiva realizzatasi in
sede di concreta attuazione della norma sarebbe già di per sé
sufficiente a impedire a questo ufficio centrale di dichiarare
illegittima la richiesta di referendum sul presupposto della possi bilità di una diversa interpretazione della norma stessa, perché ciò
si risolverebbe nel limitare l'esercizio da parte del corpo elettorale
del potere attribuitogli dal 1° comma dell'art. 75 Cost., riguardo a
una norma che nella realtà è tuttora operante; — che, comunque, a sostegno della seconda interpretazione
soccorrono sia la ratio, a cui è improntato il d.l. 17 aprile 1984 n.
70, di un progressivo contenimento dell'inflazione anche per il
periodo successivo al 31 luglio 1984, sia la considerazione che, se
il legislatore avesse voluto limitare ai trimestri febbraio-aprile e
maggio-luglio 1984 l'effetto mediato e conseguenziale del «raffred
damento » dei punti, non avrebbe mancato di dire che, per il
tempo successivo, si sarebbero dovuti ricalcolare i punti di tali
trimestri in rapporto alle variazioni effettive del costo della vita
per essi a suo tempo accertate dall'ISTAT; — che, pertanto, sotto il profilo fin qui esaminato va dichiarata
legittima la richiesta di referendum per l'abrogazione dell'art,
unico 1. 12 giugno 1984 n. 219, nella parte in cui ha convertito in
legge l'art. 3 d.l. 17 aprile 1984 n. 70; — che, in ordine alla richiesta di referendum per l'abrogazione
del penultimo comma dell'art, unico 1. 12 giugno 1984 n. 219, va anzitutto posta in rilievo l'esistenza di un'implicita dichiara
zione di volontà dei richiedenti di limitare la richiesta stessa alla
parte di tale penultimo comma riguardante l'art. 3 del decaduto d.l.
15 febbraio 1984 n. 10, corrispondente all'art. 3 d.l. 17 aprile 1984
n. 70, e di non estenderla invece anche alla parte riguardante le
altre disposizioni del d.l. 15 febbraio 1984 n. 10: ciò in quanto dalla congiunta proposizione del secondo quesito in stretto colle
gamento col primo si deduce che si è inteso quello come
meramente complementare rispetto a questo, e che alla base di
entrambi sta l'unico e comune scopo di evitare ogni possibile ulteriore operatività delle norme sul « raffreddamento » dei punti, senza incidere su altre norme dei due decreti-legge non sfavorevo li ai lavoratori;
— che la mancata manifestazione esplicita di tale volontà
costituisce una mera irregolarità formale, sanabile ai sensi dell'art. 32 1. 25 maggio 1970 n. 352; che questo ufficio centrale può
provvedere alla sanatoria senza la procedura di cui al 3° comma del cit. art. 32, stante l'evidente consenso dei promotori, desumi
bile dalle loro dichiarazioni nelle pagine 24 e 25 delle deduzioni
depositate il 28 novembre 1984; e che vi provvede disponendo
l'aggiunta al secondo quesito, dopo la trascrizione del testo della
norma di cui si chiede l'abrogazione, delle parole « limitatamente a
quelli di cui all'art. 3 di quest'ultimo decreto legge », al fine di
una migliore precisazione del quesito stesso; — che, tutto ciò premesso, va dichiarata legittima anche la
richiesta di referendum per l'abrogazione del penultimo comma
dell'art, unico 1. 12 giugno 1984 n. 219, valendo per essa le
ragioni esposte a proposito del 1° comma di tale articolo, nella
parte in cui ha convertito in legge l'art. 3 d.l. 17 aprile 1984 n. 70;
— che con la seconda eccezione il presidente del consiglio dei ministri deduce contraddittorietà e incoerenza dei due quesiti, assumendo: a) che il secondo, non riferendosi al solo art. 3 ma a
tutte le disposizioni del decaduto d.l. 15 febbraio 1984 n. 10, inciderebbe in modo opposto al primo sugli interessi di medesimi
soggetti; b) che sarebbe incongruo e incoerente richiedere col
primo quesito l'abrogazione del solo art. 3 d.l. 17 aprile 1984 n.
70, essendo tutte le disposizioni di questo atto informate a
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
un'unica e inscindibile logica, in relazione a una dichiarata
finalità; — che, a prescindere dal fatto che l'interpretazione del secondo
quesito sopra accolta sembrerebbe far cadere il presupposto di
quanto riferito sub a), questo ufficio centrale deve dichiararsi
incompetente a conoscere della seconda eccezione, perché la Corte
costituzionale ha affermato con costante giurisprudenza, ai sensi
degli art. 32 e 33 1. 25 maggio 1970 n. 352, in relazione al 2°
comma dell'art. 75 Cost. (cfr. le sent. n. 16 del 1978, Foro it.,
1978, I, 265; nn. 26, 27, 28 e 29 del 1981, id., 1981, I, 917, e n.
27 del 1982, id., 1982, I, 614), la propria competenza, quando si
tratti di accertare se i quesiti non consentano una libera scelta da
parte degli elettori, per incoerenza o contraddittorietà o carenza
di omogeneità; — che, del pari, questo ufficio deve dichiarare la propria
incompetenza, ai sensi degli articoli dianzi citati, a proposito della
terza eccezione del presidente del consiglio dei ministri, con la
quale si deduce l'insuscettibilità delle norme in questione a
formare oggetto di referendum, stante il divieto di cui al 2°
comma dell'art. 75 Cost., assumendo: a) che, in virtù della
riforma introdotta con la 1. 5 agosto 1978, n. 468, istitutiva della
c.d. legge finanziaria, quest'ultima si deve ritenere inclusa nelle
leggi di bilancio; b) che il d.l. 17 aprile 1984 n. 70, in quanto strumento preordinato al contenimento dell'inflazione nei limiti
del tasso programmato per il 1984, rientra nella sostanziale
portata della legge finanziaria e, come tale, nel concetto di legge di bilancio o, comunque, nell'area delle disposizioni produttive di
effetti strettamente collegati all'ambito di operatività delle leggi di bilancio.
Per questi motivi, letti gli art. 75 Cost., 8, 9, 27 e 32 1. 25
maggio 1970 n. 352, e successive modificazioni, l'ufficio centrale
per il referendum dichiara legittima la richiesta di referendum
popolare sul quesito così precisato: « Volete voi l'abrogazione dell'art, unico 1. 12 giugno 1984 n.
219 (pubblicata in Gazzetta ufficiale n. 163 del 14 giugno 1984), che ha convertito in legge il d.l. 17 aprile 1984 n. 70 (pubblicato in Gazzetta ufficiale n. 107 del 17 aprile 1984), concernente
misure urgenti in materia di tariffe, di prezzi amministrati e di
indennità di contingenza, limitatamente al 1° comma, nella parte che ha convertito in legge senza modificazioni l'art. 3 d.l.
suddetto, articolo che reca il seguente testo: « Per il semestre febbraio-luglio 1984, i punti di variazione della
misura della indennità di contingenza e di indennità analoghe, per i lavoratori privati, e della indennità integrativa speciale di cui
all'art. 3 d.l. 29 gennaio 1983 n. 17, convertito, con modificazioni, nella 1. 25 marzo 1983 n. 79, per i dipendenti pubblici, restano
determinati in due dal 1° febbraio e non possono essere determi
nati in più di due dal 1" maggio 1984 »;
nonché al penultimo comma, che reca il seguente testo:
« Restano validi gli atti ed i provvedimenti adottati e sono salvi
gli effetti prodotti ed i rapporti giuridici sorti sulla base del d.l.
15 febbraio 1984 n. 10 » (pubblicato in Gazzetta ufficiale n. 47
del 16 febbraio 1984), limitatamente a quelli di cui all'art. 3 di
quest'ultimo decreto legge. Dichiara cessate le operazioni di sua competenza relative a
questa fase del referendum; (omissis)
I
CORTE DI CASSAZIONE; Sezioni unite civili; sentenza 3 di
cembre 1984, n. 6340; Pres. F. Greco, Est. Corda, P. M. Sgroi
V. (conci, conf.); Soc. Europa (Radio (Avv. Ingo, Amoroso)
c. Soc. Onda Radio (Avv. Piga, Venturini). Regolamento
preventivo di giurisdizione.
Radiotelevisione e servizi radioelettrici — Emittenti locali pri vate — Interferenze — Controversie — Giurisdizione ordinaria.
Il giudice ordinario ha la competenza giurisdizionale a conoscere
delle controversie tra privati aventi ad oggetto l'uso o il preuso di canali televisivi. (1)
(1-4) Dal mucchio alto cosi di sentenze per regolamento di giurisdizio ne in materia radiotelevisiva depositate il 3 dicembre 1984 (in tutto, 17
pronunzie, dal n. 6324 al n. 6340) emergono direttive che, fuor d'ogni
paludamento, si possono riassumere nei termini che seguono: a) le
emittenti private, disturbate dalle trasmissioni della concessionaria di
Stato, non possono agire in possessoria; b) le emittenti private, le
quali ba) si siano viste chiudere gli impianti ad iniziativa di un
Circostel per uso non autorizzato di una frequenza o paventino bb)
II
CORTE DI CASSAZIONE; Sezioni unite civili; sentenza 3 di
cembre 1984, n. 6338; Pres. F. Greco, Est. Sensale, P. M.
Sgroi V. (conci, conf.); Soc. Teletirreno Uno (Aw. Angelini,
Vichi) c. R.a.i.-TV (Avv. iPace, P. Barile, Crisafulli, G.
Guarino, Irti, Zoccali), Soc. R.T.I. ed altri. Regolamento
preventivo di giurisdizione.
Radiotelevisione e servizi radioelettrici — Emittenti televisive
private — Affiliazione a circuito nazionale — Inibitoria ri
chiesta dalla concessionaria del servizio pubblico — Giurisdi
zione ordinaria.
Spetta al giudice ordinario la competenza giurisdizionale a co
noscere dell'azione promossa dalla concessionaria del servizio
pubblico radiotelevisivo contro un gruppo di emittenti televisive
private, affiliate ad un network, che diffondano in contempora
nea, sull'intero territorio nazionale, programmi identici. (2)
che ciò possa accadere ovvero bc) che l'emittente di Stato parta, lancia in resta, contro l'interconnessione funzionale da loro attuata, non hanno di che chieder tutela al giudice ordinario; c) la R.a.i. può invece rivolgersi a quest'ultimo per salvaguardare il monopolio delle trasmissioni su scala nazionale che si assuma minacciato dai networks
privati; d) la soluzione del conflitto fra emittenti private per l'uso di una banda di frequenza è rimessa alla competenza giurisdizionale dell'a.g.o.
Taluni aspetti di questo quadro complessivo — segnatamente, quelli sub bc) e c): la stessa res litigiosa è sommessa ad un giudice diverso, secondo chi faccia la prima mossa — sono destinati a sgomentare il
profano. Ma si deve riconoscere che tali responsi giurisprudenziali, anche se non incontroversi, appartengono ad un patrimonio ormai consolidato, per quanto è concesso in un settore che, contraddistinto da un'inveterata latitanza legislativa, vive ora di sussulti all'insegna di (precari) decreti legge.
E difatti. La sentenza n. 6324 (gemellata da Cass. 6325/84) chiude
formalmente, a distanza di quasi quattro anni, la partita aperta dal celebre, quanto discutibile exploit del Pretore di Lucca (Foro it., 1980, I, 515). Ma il pathos della vicenda si era già esaurito con Cass., sez. un., 1° ottobre 1980, n. 5335, ibid., 2392, corroborata poi da Cass., sez. un., 19 febbraio 1982, n. 1051, id., 1982, I, 1012 (est. Caturani), resa in margine alla pressoché coeva ordinanza del Pretore di Rho (id., 1980, I, 1188). L'ordierna pronunzia si fa carico di rintuzzare le riserve, ventilate in dottrina (cfr. G. Farina, Giurisdizione ordinaria e amministrativa: emittenti radiotelevisive private e R.a.i. nelle contro versie per molestie delle rispettive trasmissioni, nota a Cass. 1051/82, Foro amm., 1983, I, 12), secondo cui, per essere la R.a.i. « pur sempre persona giuridica privata, costituita in società per azioni, qualunque pretesa nei suoi confronti, anche quella che ponesse in contestazione la sua qualità di concessionaria, non potrebbe che esser conosciuta dal giudice ordinario »; il quale giudice ordinario, del resto, non sarebbe chiamato a revocare o modificare il provvedimento amministrativo, ma a disapplicarlo perché « privo di idoneità a sacrificare una situazione
soggettiva tutelata dalla legge ». Le sezioni unite — fatta sommaria giustizia dell'ulteriore obiezione circa l'apoditticità dell'estensione ai
privati, « sia pure agenti, oltre che nel proprio interesse, per il conseguimento di un compresente interesse pubblico », della regola circa l'improponibilità dell'azione possessoria nei confronti della p.a. che abbia fatto uso dei suoi poteri pubblicistici — replicano che il concessionario conserva, si, la sua qualificazione di soggetto privato, ma è tenuto, e non soltanto facoltizzato, ad eseguire i compiti in ragione dei quali ha ricevuto l'investitura. Quanto basta per concludere che, sino a quando rimane in quest'alveo, la sua attività s'inserisce « in un sistema permeato dal carattere pubblico dei còmpiti demandatigli », si che, nello specifico, « attraverso l'ordine al concessionario di elimina re la causa delle interferenze denunziate si realizzerebbe la revoca ovvero la riforma dei provvedimenti amministrativi che hanno autoriz zato il concessionario a porre in essere un impianto di quelle dimensioni e con quella potenza o si inciderebbe, in definitiva, sullo stesso provvedimento d'assegnazione della banda di frequenza » (conf., sul punto, Pret. Alba 4 marzo 1983, Dir. radiodiffusioni, 1983, 391).
Sul profilo sub b) si concentra il grosso delle decisioni: la sentenza n. 6337, più altre due, identiche, a firma di Sensale, riguardo ad azioni intentate da emittenti affiliate a networks per l'accertamento della liceità del loro operato e l'inibizione di « molestie e turbative » ad
opera della concessionaria di Stato o della stessa amministrazione; ed ancora nove pronunzie in serie, per mano di Caturani, in margine a
procedure d'urgenza attivate da stazioni locali per ottenere la sospen sione di provvedimenti di chiusura coattiva degli impianti. L'un
manipolo di sentenze decolla in proprio; ma, a mezza via, si riaccorpa, con minori ritocchi verbali, al modello delle altre nove. Anche qui, beninteso nihil sub sole novi. La traccia è quella di Cass., sez. un., 1° ottobre 1980, n. 5336, Foro it., 1980, I, 2391 (spalleggiata da Cass.
1052/82 e avallata, con cautela e non senza qualche deviazione, da Cons. Stato, sez. VI, 14 luglio 1982, n. 361, id., 1982, III, 464). Com'è
risaputo, tale sforzo ricostruttivo — caratterizzato, sembrerebbe, dalla velleità di coniugare il legittimismo sistematico ad un sano pragmati smo (idoneo, per dirla con L. Paladin, Stato e problemi delle
diffusioni radiotelevisive private, in Dir. radiodiffusioni, 1981, 1, 11, a
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