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Una cosa mi è piaciuta molto di questo villaggio: è ... file... è posizionato in modo tale che ad...

Date post: 18-Feb-2019
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Una cosa mi è piaciuta molto di questo villaggio: è posizionato in modo tale che ad ogni direzione si può godere di un paesaggio fantastico. Di quelli che guardandoli ti si dipinge un sorriso nel volto perché qui l’uomo ritrova la sua armonia con la natura, con ciò che dio ha creato con tanto amore, e guardando queste colline non si può che trovare pace nel cuore.
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Una cosa mi è piaciuta molto di questo villaggio: è posizionato in modo tale che ad ogni direzione si può godere di un paesaggio fantastico. Di quelli che guardandoli ti si dipinge un sorriso nel volto perché qui l’uomo ritrova la sua armonia con la natura, con ciò che dio ha creato con tanto amore, e guardando queste colline non si può che trovare pace nel cuore.

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Lunedì diciassette dicembre duemilasette: Nkondo-una giornata in mezzo al popolo Ormai siamo collaudati. Macchina stracarica,oggi c’è anche Stefano arrivato venerdì scorso in Rwanda Si parla si ride e spesso si parla dell’Italia che don Olivier conosce bene. Oggi non c’è nessun volontario che viene con noi ma non ci preoccupiamo, Cadogo, Umukobwa-ijana na fratiri Napoleon sono un trio inarrestabile! Oggi i don si dividono:Nestor rimane a Nkondo a lavare le anime di tanti peccatori mentre don Olivier va solo a Gihinga, un altro villaggio. Ci sono molti giovani ad ascoltarci oggi. Ma non capiamo bene quanti siano i volontari. Comunque non ci organizziamo mai su cosa dire, facciamo al momento cosi non rischiamo di preconfezionare troppo gli incontri, e così ogni volta salta fuori sempre qualcosa di nuovo, in base poi all’interazione dei giovani. Dopo la riunione per tutti ci ritroviamo con i volontari e riunion facendo siamo sempre più contenti perché quattro ragazzi nuovi si

uniscono alla grande famiglia dei volontari. Uno di loro era un volontario in passato, ma poi ha smesso di frequentare la casa. Ci dice che grazie a questo incontro di oggi ha ritrovato la voglia e la forza di venire. Ne siamo contentissimi perché quando il pastore ritrova la pecorella smarrita non può far altro che festeggiare. La responsabile dei volontari della centrale ci chiede di pregare per loro, rispondiamo che lo facciamo e continueremo a farlo spesso e in cambio confidiamo a loro il progetto del nostro progetto del pellegrinaggio ai villaggi, chiedendo altrettante preghiere e aiuto. Capiamo che in questa centrale i volontari sono tanti e motivati nelle opere di carità, la responsabile domanda infatti se è possibile allargare il numero di volontari che vengono alla casa contemporaneamente (da 4 a 6) così da poter fare dei “turni” più frequenti durante l’anno. Lasciamo spiegare a Clodina che la casa è piccola e non ci sono letti sufficienti e che spesso l’essere in tanti e controproducente dal punto di vista dell’organizzazione. Comunque siamo molto soddisfatti del lavoro e della chiacchierata fatti oggi. Cogliamo l’invito di una volontaria (Rachele) che ci chiede di andare a casa sua e passare da Fidel. Così con Napoleon e Stefano e altri volontari incontrati in centrale ci incamminiamo per le rosse vie del Rwanda sotto il sole cocente delle 13!

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Una ventina minuti di minuti per queste vie così vive, piene di umanità, dove tutti si salutano, e soprattutto al tuo passaggio dopo essersi ripresi dallo shok di vedere un bianco ti salutano con stupore. Queste vie dove il rapporto con la natura e l’uomo è estremamente naturale. Arriviamo a casa di Rachele e subito tutta la famiglia, un po’ stupita di vederci la, si presenta. Ci invitano dentro. Noi su una panchetta e Rachele con i fratelli su una stuoia. Scambiamo

due parole e poi con l’aiuto di Napoleone continuiamo a parlare. La mamma ci saluta uscendo, è protestante, va a pregare (ci ricordiamo che anche Vedaste –volontario di questa zona – è protestante). Decidiamo di andare a trovare Fideli, un bambino che abita ormai da anni a Kabarondo alla casa Amahoro, che abita a pochi passi da qui, ma non lo troviamo (è in giro a giocare). Ci offrono però dei buonissimi mango freschi appena colti dall’albero che mangiamo subito.

Nel frattempo giungono voci che don Olivier è tornato dal villaggio vicino cosi di gran carriera ci incamminiamo verso la chiesa insieme ad un gruppo di bambini che ci hanno sempre seguito. Cosi Paola strada facendo si mette a fare dei giochi con questi e l’arrivo alla chiesa si fa molto più divertente. Arrivati c’è il consueto appuntamento in sagrestia per qualcosa da bere e fare quattro chiacchiere con i responsabili della centrale, poi si può tornare a casa.

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Martedì diciotto dicembre duemilasette: Shyanda-un tripudio di volontari

Oggi andiamo a Shyanda. All’allegra combriccola si riunisce Verena. Il villaggio è abbastanza piccolo. Mi colpisce subito la chiesetta, piccolissima e anche questa come altre di terra. Don Olivier mi fa notare la povertà di questa chiesa, ma gli rispondo che io la trovo molto affascinante, addirittura più di certe chiese in mattone.

Più di una volta ci è stato chiesto, la prima volta a Cyarubare quando c’era ancora Valentino, di recuperare fondi dall’Italia per mettere a nuovo certe chiese. Penso a quando tornerò, chissà quante richieste ci arriveranno prima di salire l’aereo, ma io credo che la missione in Italia non sia quella di recuperare soldi per qualche progetto (c’è chi lo fa, e se sente che deve fare cosi è giusto che lo faccia!), credo sia più importante parlare. Come siamo in mezzo alle genti qua,fare lo stesso in Italia per parlare di come si vive in

altre parti del mondo,per far capire che possiamo vivere tutti con più sensibilità nei confronti di altri popoli che apparentemente sono lontanissimi, ma che sempre più risentono del nostro essere occidentali.

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Non c’è molta gente oggi, ma ci sono molti giovani. Così mentre i don confessano noi, assieme al seminarista e a Verena, ci diamo da fare. Come prima cosa ci spostiamo nella scuola di fronte alla chiesetta, passando sotto l’ombra di un grande albero che spesso viene sfruttata come “aula” perché le aule della scuola sono insufficienti. Napoleone parla un po’ dell’Avvento, facciamo qualche canto con l’aiuto di Paola e poi tutti ci ri-trasferiamo nella chiesetta per parlare delle case Amahoro a tutti i cristiani presenti.

Appena Napoleone ci presenta ci alziamo e iniziamo con la nostra “predica”. Sono tutti molto attenti, a volte mi chiedo se non sia così perché parliamo delle case o perché siamo bianchi. Dopo una decina di minuti don Olivier finisce di confessare e allora anche lui parla un po’ delle case. È incredibile che quando parla il prete non vola una mosca! Ricordo in Albania quando accadeva che don Carlo interrompeva la messa per zittire un dei ragazzetti sempre troppo rumorosi.

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Terminiamo anche questo incontro e insieme a Verena incontriamo i pochi volontari di questa centrale. Aspettiamo che tutti escano e poi ci mettiamo in un angolo della chiesetta. Un sacco di ragazzi ci circondano e parlando tramite Verena che semplifica ciò che gli altri dicono concludiamo che ci sono quattro volontari stabili e quindici nuovi ragazzi che oggi hanno deciso di venire alla casa o perlomeno interessarsene! Grazie Signore! Se ne verranno anche solo la metà sarà molti lo stesso! Gilberto, il responsabile dei volontari del villaggio ci chiama e ci dice di tornare alla scuola per terminare questa giornata a Shyanda con qualcosa da bere.

La solita folla di bambini che ci rincorre al nostro passaggio con la macchina.

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Mercoledì diciannove dicembre duemilasette: Rwinkwavu-io, l’allegra combriccola e S.Francesco “Siamo Riccardo e Paola, volontari delle case Amahoro di Kabarondo, Mukarange e Bare. Siamo qui da cinque mesi e mezzo e resteremo in Rwanda per un anno. Siamo molto contenti di avere la possibilità di abitare per un anno nelle case Amahoro, e anche perché oggi abbiamo la possibilità di stare con voi.” “Oggi siamo qui perché vogliamo parlarvi delle case Amahoro. Sapete cosa sono? Vogliamo

invitarvi a venire alle case Amahoro. Vi invitiamo perché c’è sempre bisogno di volontari, di persone che abbiano voglia di dedicare un po’ del loro tempo ai poveri, ai malati. Ma venire alle case Amahoro non vuol dire solo aiutare chi ne ha più bisogno, ma fa bene anche a noi. Ce lo ha detto Gesù Cristo che quando aiuteremo i più piccoli, in quel momento, aiuteremo lui e saremo al suo cospetto, e quindi la casa ci aiuta a vivere il Vangelo, ci aiuta ad essere dei veri cristiani, a stare con i poveri, ci insegna a crescere nell’amore. È per

questo che vi diciamo di venire, di vedere, di provare. Naturalmente sappiamo che non tutti possono venire perché anche nelle vostre case ci sono dei vecchi o dei malati da curare, ma il nostro Vescovo emerito Frederick disse che anche nelle case dove si trovano poveri e malati si ha la possibilità di vivere il Vangelo e il suo Amore. Anche quelle case

sono delle piccole case Amahoro. Nelle case Amahoro cerchiamo di vivere e cercare la presenza di Gesù in ogni momento: nel servizio ai poveri, nella preghiera, nella messa. Nelle nostre case quello che cerchiamo di fare è vivere con i poveri la vita di tutti i giorni. Si cucina, si lavano vestiti, si pulisce, si coltiva alla fattoria…tutto questo si cerca di farlo insieme al

Signore, perché sappiamo che senza di lui non possiamo andare molto lontano.

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Quindi la giornata è scandita dalla preghiera. Da quella del mattino a quella della sera. Ma cerchiamo di essere in preghiera anche quando facciamo i lavori di casa, quando mangiamo tutti insieme, quando semplicemente seguiamo un vecchio nei suoi discorsi senza troppo senso...” “In questi giorni sto leggendo un libro di un santo molto importante. Lo conoscete S.Francesco d’Assisi? Può essere un buon esempio per noi oggi. Di famiglia era ricco e come molto ricchi si dava alla bella vita. Pensava che questa vita spensierata fosse una giusta via. Ma dopo vari episodi della sua vita ha incontrato il Signore, e dopo questo incontro ha deciso di farsi nudo! Dapprima letteralmente nudo davanti al Vescovo, e poi nudo di qualsiasi bene materiale, deciso a condividere la sua vita con più poveri anche lui in assoluta povertà, e qui, in questo nuovo modo di vivere Francesco ha trovato la felicità, ha trovato l’amore del Signore, ha trovato la perfetta letizia: si è accorto che in qualunque situazione fosse, brutta, bella, disperata ecc…in qualsiasi momento nel suo cuore c’era pace e amore. Questo perché il suo cuore era abitato dal Signore. Ad un certo punto della sua conversione il libro narra di quando un giorno di trovò in un vicolo stretto di fronte a un lebbroso. Lui non li amava affatto i lebbrosi, anzi. Per passare dall’altra parte avrebbe dovuto andare incontro al lebbroso. Voleva scappare, ma ad un certo punto negli occhi del malato vide qualcosa, si rese conto chi si nascondeva dietro quella figura così gli corse incontro lo abbracciò, lo baciò sulla bocca e piansero insieme. Quel lebbroso era Gesù. Gesù che chiede di aiutare i suoi fratelli più piccoli. Così noi abbiamo la possibilità di fare questo alle case Amahoro. Imparare a conoscere e stare con Gesù. non importa se siamo poveri o ricchi, tutti possono con i loro mezzi aiutare il più piccolo!”

Rientriamo verso casa, stanchissimi ma pieni di carica perché sappiamo che questo viaggio non lo abbiamo fatto da soli. Ci sentiamo abitati da un oceano di emozioni. Vogliamo ringraziare anche il Rwanda, che contribuisce a ristorare le nostre fatiche offrendo ai nostri occhi quanto di meglio Dio ha saputo fare alla creazione di queste fantastiche terre. Il nostro viaggio nelle centrali è cominciato…e pensiamo di essere solo all’inizio di un lungo cammino da condividere e custodire insieme…


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