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Una proposta nuova all’Europa - CELEBRARE LA NAZIONE ... · La dichiarazione Schuman, 1950-2000...

Date post: 20-Feb-2019
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Una proposta nuova all’Europa La dichiarazione Schuman, 1950-2000 di Pascal Fontaine Pascal Fontaine, nato nel 1948, dottore in scienze politiche, è stato l’ultimo assistente di Jean Monnet, con il quale ha lavorato dal 1973 al 1977. Capogabinetto del presidente del Parlamento europeo dal 1984 al 1987, professore all’Istituto di studi politici di Parigi. Il contenuto del testo, firmato dall’autore, non impegna la responsabilità della Commissione europea. Seconda edizione
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Una proposta nuovaall’EuropaLa dichiarazione Schuman, 1950-2000

di Pascal Fontaine

Pascal Fontaine, nato nel 1948, dottore in scienze politiche, è stato l’ultimoassistente di Jean Monnet, con il quale ha lavorato dal 1973 al 1977. Capogabinetto del presidente del Parlamento europeo dal 1984 al 1987, professore all’Istituto di studi politici di Parigi.

Il contenuto del testo, firmato dall’autore, non impegna la responsabilità

della Commissione europea.

Seconda edizione

INTRODUZIONE 5• L’EUROPA AL SERVIZIO DELLA PACE E DELLA DEMOCRAZIA 5• UN SUCCESSO STORICO 5• LE SFIDE FUTURE 8• L’ATTUALITÀ DEL METODO COMUNITARIO 8

I — IL PIANO SCHUMAN, UNA RISPOSTA ADEGUATA AI PROBLEMI DEL DOPOGUERRA 10• IL CONTESTO STORICO 10• LE IDEE DI JEAN MONNET 11• LA DICHIARAZIONE DEL 9 MAGGIO 1950 12• L’ELABORAZIONE DEL TRATTATO CECA 15

II — IL PIANO SCHUMAN, ATTO DI NASCITA DELL’EUROPA COMUNITARIA 17• I PRINCIPI INNOVATORI DELLA PRIMA COMUNITÀ EUROPEA 17• LA CECA, PRIMA PIETRA DEI CANTIERI EUROPEI 20

III — UN QUESTIONARIO PER L’EUROPA DEL XXI SECOLO 23• IL PROCESSO DI AMPLIAMENTO IN CORSO: UN INVESTIMENTO

PER LA PACE IN EUROPA 24• RIFORMARE LE ISTITUZIONI PER UN’UNIONE FORTE E DEMOCRATICA 26• UN’UNIONE POLITICA PER GARANTIRE LA SICUREZZA

DEI CITTADINI EUROPEI 29

CONCLUSIONI: IL CITTADINO NEL CUOREDEL PROGETTO EUROPEO 35

ALLEGATI 36• DICHIARAZIONE DEL 9 MAGGIO 1950 36• CRONOLOGIA DELLA COSTRUZIONE EUROPEA 38

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INDICE

L’Europa al servizio della pacee della democrazia

L’Europa comunitaria festeggia il suocinquantesimo anniversario.

Il 9 maggio 1950, proponendo alla Repub-blica federale di Germania e agli altri paesiche volessero partecipare di creare unacomunità di interessi pacifici, RobertSchuman compiva un atto storico: nonsoltanto — tendendo la mano agli avversaridella guerra da poco finita — faceva infattitacere i risentimenti da essa provocati eazzerava l’incubo del passato, ma avviavaaltresì un processo totalmente nuovonell’ordine dei rapporti internazionali,proponendo a nazioni secolari di ritrovareinsieme, con l’esercizio comune della lorosovranità, l’influenza che ciascuna di esseappariva ormai impotente ad esercitare dasola.

L’Europa comunitaria, che da allora si stacostruendo giorno per giorno, ha rappre-sentato il grande progetto del XX secolo edè oggi la nuova speranza per il secolo chesi inizia. Essa attinge la sua dinamica nellavisione illuminata e generosa dei padrifondatori, usciti dal conflitto bellico eanimati dalla volontà di creare tra i popolieuropei le condizioni di una pace duratura.Tale dinamica si rinnova continuamente,alimentata dalle sfide cui si trovano

confrontati i nostri paesi in un universo diprofondi e rapidi cambiamenti.

Era stata prevista quest’immensa aspira-zione alla democrazia ed alla libertà che hafatto crollare il muro di Berlino, che ha resopadroni del proprio destino i popoli dell’Eu-ropa centrale ed orientale e che oggi, inattesa dei prossimi ampliamenti che sanci-ranno l’unità del continente, dà una nuovadimensione all’ideale della costruzioneeuropea?

Un successo storico

Una panoramica storica sui cinquant’annidi integrazione europea dimostra cheall’alba del terzo millennio l’Unioneeuropea rappresenta un successo storico.Paesi una volta rivali, molti dei quali nelpassato furono devastati dai massacri piùspaventosi che questo continente abbia maiconosciuto, oggi condividono una stessamoneta, l’euro, e gestiscono i propri inte-ressi economici e commerciali nel quadrodi istituzioni comuni.

Gli europei regolano le loro vertenze conmezzi pacifici, facendo ricorso alla legge inuno spirito di conciliazione. Lo spirito disuperiorità e di discriminazione è eliminatonei rapporti tra gli Stati membri che hannoaffidato alle quattro istituzioni comunitarie 5

INTRODUZIONE

6 Altri paesi candidati

Paesi candidati con i quali sono in corso i negoziati d’adesione

Stati membri UE*

* Territori d’oltremare ed extracontinentali non riprodotti.

GreciaPortogallo

SpagnaItalia

FranciaLussemburgo

BelgioRegno Unito

Irlanda

CiproMalta

TurchiaBulgaria

Polonia

Repubblica slovaccaUngheria

SloveniaRomania

FinlandiaSvezia

AustriaDanimarca

GermaniaOlanda

EstoniaLettonia

Lituania

Repubblica ceca

— il Consiglio, il Parlamento, la Commis-sione e la Corte di giustizia — l’arbitraggiodei conflitti, la definizione dell’interessegenerale degli europei e la conduzionedelle politiche comuni.

Il livello di vita degli europei è aumentatomoltissimo, ben più di quanto sarebbeaumentato se ciascuna economia nazio-nale non avesse potuto beneficiare delleeconomie di scala e della crescita indottadal mercato comune e dall’intensificazionedegli scambi.

Cittadini e studenti circolano e lavoranoliberamente in uno spazio privo di frontiereinterne. Le basi per una politica straniera edi sicurezza comune sono già state gettate esono state messe in cantiere le strategie perapprofondire le politiche comuni di solida-rietà nel settore sociale, regionale eambientale, della ricerca e dei trasporti.

L’integrazione economica rende ognigiorno più urgenti, ma anche più fattibili,dei progressi verso l’unione politica. L’in-fluenza dell’Unione europea nel mondocresce sempre più, di pari passo con il suopeso economico, con il livello di vita deisuoi cittadini, con il suo ruolo nelle sferediplomatiche, commerciali e monetarie.

L’Europa comunitaria trae la sua forza daivalori comuni della democrazia e dei dirittidell’uomo, ai quali aderiscono i suoipopoli, e ha saputo preservare la varietàdelle culture, delle lingue e delle tradizioniche rappresentano la sua ricchezza.

L’Europa unita, grazie alla solidarietà atlan-tica e all’attrattività del suo modello, hasaputo resistere alle pressioni dei totalita-rismi e ha fatto progredire lo Stato didiritto.

L’Europa comunitaria è ormai il polo versocui convergono tutte le attese dei paesi,vicini e lontani, che osservano con atten-zione la dinamica dell’Unione e voglionoconsolidare la loro democrazia rinascente oricostruire la loro economia disastrata.

Attualmente l’Unione dei Quindici stanegoziando le prossime adesioni con diecipaesi dell’Europa centrale ed orientalenonché con Malta e Cipro. Più avanti altripaesi dell’ex Iugoslavia, o comunqueappartenenti alla sfera europea, chiede-ranno a propria volta di aderire all’Unione.I negoziati per l’ampliamento si incentranosoprattutto sulla ripresa dell’acquis comu-nitario e, più in generale, dei grandi obiet-tivi dell’Unione, da parte dei paesicandidati. Per la prima volta nella sua lungastoria, il continente si appresta a riunificarsinella pace e nella libertà.

Le conseguenze di tali cambiamentisaranno fondamentali per gli equilibrimondiali. Le relazioni dell’Europa con gliStati Uniti, la Russia, il mondo asiatico el’America latina ne usciranno trasformate.L’Europa è ormai più di una potenza che hasaputo mantenere il suo ruolo nel mondo.Essa rappresenta un punto di riferimento euna speranza per i popoli affezionati allapace ed al rispetto dei diritti dell’uomo.

Come nasce un tale successo? È ormaiiscritto in maniera duratura nella logicadella storia del nostro continente, è abba-stanza radicato nella memoria e nellavolontà collettiva dei popoli perché i germidi tutte le guerre intraeuropee siano sradi-cati per sempre?

Le dolorose esperienze del passato e iconflitti che ancora oggi minano l’Europabalcanica e insanguinano il Caucaso 7

devono rappresentare un monito per glieuropei: la pace non è un dono naturale edurevole, ma va preservata con i mezziappropriati.

Le sfide future

Dopo mezzo secolo di storia comunitariagli europei si trovano tuttora confrontaticon alcuni interrogativi fondamentali: qualisono i valori fondamentali a cui tengono equali sono i mezzi più efficaci per preser-varli? Quale grado di unione è auspicabile,possibile, realizzabile per sfruttare appienoi vantaggi dell’unità senza tuttavia alterarele identità e distruggere le specificità da cuiscaturisce la ricchezza delle nostre nazioni,delle nostre regioni e delle nostre culture?Possiamo avanzare di pari passo, grazieall’armonia naturale che favorisce ilconsenso tra quindici Stati, o bisogna piut-tosto prendere atto delle differenze diapproccio e differenziare i ritmi d’integra-zione? Come definire i limiti dell’Europacomunitaria, nel momento in cui tantenazioni, dalle nuove democrazie dell’Eu-ropa centrale, orientale e balcanica finoalla Turchia, chiedono di essere associate alprocesso d’unificazione in corso? Comerisvegliare in ogni cittadino l’attaccamentoall’impresa comunitaria, il sentimento diun’appartenenza europea che completa eoltrepassa i suoi vincoli d’appartenenzaoriginari? Come avvicinare il cittadinoeuropeo alle istituzioni dell’Unione, offrirea ciascuno l’opportunità di «riappropriarsi»del progetto di un’Europa unita, che pertanto è stato una prerogativa esclusiva dellecancellerie e dei funzionari?

Ignorare tutte queste questioni di principiosignificherebbe cacciarsi in un vicolo cieco.Dalle risposte che daremo a questequestioni basilari dipenderanno — su un

piano più dettagliato e tecnico — le sceltecon le quali saranno quotidianamenteconfrontati coloro su cui ricade la respon-sabilità dell’impresa comunitaria.

Per gli europei l’alternativa è semplice: secontinueranno ad organizzarsi, unendo leproprie forze per farsi sentire nel mondo,per promuovere l’ideale democratico edifendere i loro interessi economici e stra-tegici, l’Europa continuerà a rappresentareben più di quella «piccola propaggine eura-siatica» di cui parla Paul Valéry e diven-terà un fattore d’equilibrio e dimoderazione nelle relazioni tra potenzeiperindustrializzate e paesi che stentano asvilupparsi. Se invece gli europei nonsapranno percepire con sufficiente chia-rezza i vincoli di solidarietà che li legano,se non sapranno dotarsi degli strumentinecessari per concretizzare i propri inte-ressi comuni, le economie di ciascun paesesaranno ridotte a ruoli subordinati e illivello di vita dei consumatori regredirà.L’Europa, ridotta a una semplice entitàgeografica, cadrà nella zona d’influenza dipotenze esterne che le faranno pagare ilprezzo della sua dipendenza e del suobisogno di protezione.

L’attualità del metodo comunitario

È un nuovo cantiere istituzionale quelloche si apre dopo la decisione, presa l’11dicembre 1999 dal Consiglio europeoriunito a Helsinki, di convocare una confe-renza intergovernativa incaricata in parti-colare di adeguare i trattati europei a unafutura Unione allargata a più di 20 Statimembri, in modo da garantirne il buonfinanziamento.

L’Europa quinquagenaria è dunque in pienaeffervescenza. Le speranze sono pari alle8

ambizioni e alle sfide, ma i rischi non sonodel tutto scongiurati.

L’Europa, semplice zona di libero scambioo protagonista assoluta del palcoscenicomondiale? Europa tecnocratica o Europademocratica? Europa del ciascuno per sé oEuropa solidale?

Di fronte a tante scelte decisive, a tanteincertezze, è tuttora attualissimo il metodocomunitario basato sul dialogo organizzatotra gli Stati membri e le istituzioni comuni,che esercitano collegialmente sovranitàdelegate. Esso ha reso possibile, 50 anni fa,la creazione della Comunità europea delcarbone e dell’acciaio, seguita poi dallaComunità economica europea e dall’Eu-ratom, completata dall’Atto unico europeo,

dai trattati di Maastricht e di Amsterdam.Nei rapporti intereuropei è stato introdottoun «fermento» che produce ogni giornonuovi cambiamenti. Nel futuro questometodo può apportare il miglior contributopossibile alla soluzione dei grandi problemia cui sono confrontati gli europei.

Ma la portata dei principi basilari dellacostruzione europea va ben oltre lasemplice meccanica istituzionale. Conce-pito e portato avanti da uomini di Stato chevolevano innanzitutto costruire un’Europaal servizio dell’uomo, lo spirito comuni-tario conferisce all’ideale europeo l’am-piezza di un progetto di civiltà. Ladichiarazione Schuman continua a essere«una proposta nuova all’Europa».

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Il contesto storico

Gli europei non conobbero la tregua chenormalmente sarebbe dovuta seguire allafine delle ostilità. Infatti, appena terminatala seconda guerra mondiale, già si profi-lava la minaccia di una terza guerra tral’Oriente e l’Occidente. Il 24 aprile 1947 ilfallimento della conferenza di Mosca sullaquestione tedesca convinceva gli occiden-tali che l’Unione Sovietica, che avevacondiviso la lotta contro il nazismo, stavadiventando la fonte di un pericolo imme-diato per le democrazie occidentali. Lacreazione del Kominform nell’ottobre 1947,volta a coalizzare i partiti comunisti delmondo intero, il colpo di Stato a Praga il 25febbraio 1948, che assicurò ai comunisti ildominio della Cecoslovacchia, poi il«blocco di Berlino» nella primavera del1949, preludio alla divisione dellaGermania in due Stati, inasprivano ancorala tensione. Firmando assieme agli StatiUniti il 4 aprile 1949 il Patto atlantico, icittadini dell’Europa occidentale gettavanole basi della loro sicurezza collettiva. Mal’esplosione, nel settembre 1949, dellaprima bomba atomica sovietica e la molti-plicazione delle minacce proferite dai diri-genti del Cremlino contribuirono adiffondere quel senso di disagio e paura,chiamato all’epoca la «guerra fredda».

Lo statuto della Repubblica federale diGermania, che dalla promulgazione della«legge fondamentale» del 23 maggio 1949dirigeva la propria politica interna, diven-

tava allora una posta in gioco nella rivalitàEst-Ovest. Gli Stati Uniti erano favorevoliall’acceleramento della ripresa economicadi un paese posto al centro della divisionedel continente e già si elevavano voci aWashington per chiedere il riarmo dell’an-tica potenza vinta. La diplomazia francesesi trovava dinanzi ad un dilemma: o cederealla pressione americana e consentire suomalgrado che si riaffermasse la potenzatedesca nella Ruhr e nella Saar, o altrimentimantenere una posizione rigida, opponen-dosi alla politica del suo principale alleato econducendo i suoi rapporti con Bonn aduna situazione senza uscita.

Nella primavera del 1950 doveva suonarel’ora della verità. Robert Schuman, mini-stro degli Affari esteri, si era visto affidaredai suoi omologhi americani e britanniciuna missione imperativa: fare una propostaper reintegrare la Repubblica federale diGermania nel consesso occidentale. Unariunione tra i tre governi era programmataper il 10 maggio 1950 e la Francia nonpoteva schivare le sue responsabilità.

Ai blocchi politici si aggiungevano le diffi-coltà economiche. Una crisi di sovrappro-duzione dell’acciaio sembrava imminente acausa del potenziale siderurgico dei varipaesi europei. L’affievolimento delladomanda, il calo dei prezzi: tutto facevatemere che i produttori, fedeli alle tradi-zioni dei «padroni delle ferriere» tra le dueguerre, ricostituissero un cartello per limi-tare la concorrenza. In piena fase di rico-10

I — IL PIANO SCHUMAN, UNA RISPOSTA ADEGUATA

AI PROBLEMI DEL DOPOGUERRA

struzione, le economie europee non pote-vano permettersi di abbandonare le loroindustrie di base in preda alla speculazioneo alla penuria organizzata.

Le idee di Jean Monnet

Per risolvere una situazione quanto maiintricata dinanzi alla quale la diplomaziatradizionale era impotente, RobertSchuman fece ricorso al genio inventivo diun uomo ancora sconosciuto al pubblico,ma che aveva acquisito un’esperienzaeccezionale nel corso di una lunga ed inte-ressante carriera internazionale. JeanMonnet, allora commissario al «Piano fran-cese di modernizzazione», nominato da DeGaulle nel 1945 per dare un riassettoeconomico al paese, era uno degli europei

più influenti del mondo occidentale. Findalla prima guerra mondiale egli avevaorganizzato le strutture di rifornimentoassieme alle forze alleate. Vicesegretariogenerale della Società delle nazioni,banchiere negli Stati Uniti, in Europa orien-tale, in Cina, Jean Monnet fu anche unodei consiglieri che trovarono ascolto pressoil presidente Roosevelt, nonché il fautoredel Victory Program che assicurò la supe-riorità militare degli Stati Uniti sulle forzedell’Asse. Senza mandato politico, egliconsigliava i governi ed aveva acquisito lareputazione di essere prammatico e voltosoprattutto all’efficienza in ogni cosa.

Il ministro francese aveva confidato alcommissario al piano le sue preoccupa-zioni: «Che cosa fare con la Germania?»era l’ossessione di Robert Schuman, questo 11

Jean Monnet e Robert Schuman.

(CE)

cristiano della Lorena, animato dallavolontà di agire in modo tale da rendereoramai impossibile qualsiasi guerra tra idue paesi.

Jean Monnet, che capeggiava la piccolasquadra di Rue de Martignac, sede delcommissariato al piano, si era impegnatonella stessa riflessione. La sua preoccupa-zione principale era sul piano della politicainternazionale. Egli riteneva che la guerrafredda fosse nata dalla concorrenza fra ledue grandi potenze in Europa, perché l’Eu-ropa divisa era una posta in gioco. Favo-rendo l’unità dell’Europa, si sarebbeattenuata la tensione. Egli rifletteva su un’i-niziativa di portata internazionale, voltaessenzialmente alla distensione e all’in-staurazione della pace mondiale attraversoil riassetto e la riconciliazione dei paesieuropei.

Jean Monnet aveva osservato í vari tentativid’integrazione che si erano avuti, ma senzasuccesso, dopo l’appello solenne delcongresso organizzato dal Movimentoeuropeo a L’Aia nel 1948 per l’unione delcontinente europeo.

L’Organizzazione europea di cooperazioneeconomica, creata nel 1948, avendosoltanto un compito coordinativo, nonaveva potuto impedire che il risanamentoeconomico dei paesi europei si facesse inun ambito meramente nazionale. Con l’isti-tuzione del Consiglio d’Europa, il 5 maggio1949, i rispettivi governi dimostravano dinon essere disposti a lasciarsi amputare leloro prerogative. L’Assemblea consultivaaveva soltanto poteri deliberativi e ciascunadelle sue risoluzioni, per la cui approva-zione era richiesta la maggioranza dei dueterzi, poteva essere bloccata dal veto delcomitato dei ministri.

Jean Monnet si era convinto dell’inutilitàdi voler creare in una sola volta un edificioistituzionale completo senza suscitare daparte degli Stati delle resistenze tali da vani-ficare qualsiasi iniziativa. Gli animi nonerano preparati per consentire trasferimentidi sovranità massicci, che avrebbero urtatole suscettibilità nazionali, ancora vive pochianni dopo la fine della guerra.

Per riuscire, bisognava limitare gli obiettivia settori specifici, di grande portata psico-logica, ed instaurare un meccanismo deci-sionale comune, che sarebbe stato investitogradualmente di nuove competenze.

La dichiarazione del 9 maggio 1950

Jean Monnet ed i suoi stretti collaboratoristilarono negli ultimi giorni di aprile 1950una nota di poche pagine, che contenevasia la motivazione che il dispositivo di unaproposta che avrebbe sconvolto tutte leusanze classiche della diplomazia interna-zionale. Lungi dal cedere alle tradizionaliconsultazioni presso i servizi ministerialicompetenti, Jean Monnet volle che il lavorosi svolgesse nella più grande segretezza perschivare le inevitabili obiezioni o contro-proposte che ne avrebbero alterato e ilcarattere rivoluzionario e il beneficioconnesso con l’effetto sorpresa. Affidando ilsuo documento a Bernard Clappier, capo-gabinetto di Robert Schuman, Jean Monnetsapeva che la decisione del ministro potevamodificare il corso degli avvenimenti.Infatti, quando al rientro da un fine setti-mana nella sua Lorena Schuman annunciòai suoi collaboratori: «Ho letto il progetto;me ne occupo io», l’iniziativa era entratanel campo della responsabilità politica.Mentre, nella mattinata del 9 maggio, ilministro francese difendeva la propostadinanzi ai suoi colleghi del governo, un12

emissario segreto del suo gabinetto latrasmetteva, a Bonn, direttamente al cancel-liere Adenauer, la cui reazione fu imme-diata ed entusiasta. Adenauer risposeimmediatamente che approvava volentierila proposta, di tutto cuore.

Quindi è debitamente munito del doppioaccordo del governo francese e di quellotedesco che Robert Schuman rendevapubblica la sua dichiarazione nel corso diuna conferenza stampa, svoltasi alle ore 16nel Salone dell’Orologio del Quai d’Orsay.Egli fece precedere il suo comunicato daqualche frase introduttiva: «Non si trattapiù di parole vane, ma di un atto ardito ecostitutivo. La Francia ha agito e le conse-guenze della sua azione possono essereimmense. Speriamo che lo siano. Essa haagito essenzialmente per la pace. Ma

affinché la pace abbia realmente possibilitàdi successo, bisogna che vi sia anzituttoun’Europa. Esattamente cinque anni dopola capitolazione incondizionata dellaGermania, la Francia compie il primo attodecisivo per la costruzione europea, asso-ciandovi la Germania, il che deve trasfor-mare completamente le condizionieuropee. Tale trasformazione aprirà la viaad altre azioni comuni, finora impossibili.L’Europa nascerà da tutto questo, un’Eu-ropa unita e solidamente impiantata.Un’Europa in cui il livello di vita aumenteràgrazie al raggruppamento delle produzionie all’ampliamento dei mercati che provo-cheranno il ribasso dei prezzi».

Ecco il modello da seguire. Non si tratta diun nuovo accordo tecnico sottoposto all’a-spra contrattazione di negoziatori. La 13

Lancio del piano Schuman, 9 maggio 1950: Salonedell’Orologio del Quai d’Orsay, il ministero francesedegli Affari esteri. Al microfono Robert Schuman;alla sua destra Jean Monnet.

(CE)

14

Facsimile del progetto definitivo della dichiarazione diRobert Schuman del 9 maggio 1950. Si trattava dellanona versione del progetto, che l’équipe di RobertSchuman portò a termine il 6 maggio 1950 (Fonte:Fondazione Jean Monnet per l’Europa, Losanna).

Francia tende la mano alla Repubblicafederale di Germania proponendole l’asso-ciazione su piede d’uguaglianza, in senoad una nuova entità, incaricata anzituttodella gestione comune del carbone edell’acciaio dei due paesi ma, in unsecondo tempo, di porre la prima pietradella federazione europea.

La dichiarazione (allegato) pone una seriedi principi:

— l’Europa non si farà in un tratto, maattraverso realizzazioni concrete.Bisogna anzitutto stabilire delle «soli-darietà di fatto»;

— l’opposizione secolare tra la Francia e laRepubblica federale di Germaniadev’essere eliminata: la proposta inte-ressa principalmente questi due paesi,ma è aperta a tutte le altre nazionieuropee che ne condividano gli obiet-tivi;

— l’azione immediata deve concentrarsisu un problema «limitato, ma decisivo»:la produzione franco-tedesca delcarbone e dell’acciaio, che dovrà essereposta sotto un’Alta Autorità comune;

— la fusione di questi interessi economicicontribuirà al risanamento del livello divita e all’instaurazione di una comunitàeconomica;

— le decisioni dell’Alta Autorità vincole-ranno i paesi partecipanti. Essa saràcomposta di personalità indipendentisu base paritetica. Le sue decisionisaranno esecutive.

L’elaborazione del trattato CECA

Affinché l’iniziativa francese, diventatasubito un’iniziativa franco-tedesca, potesse

trasformarsi in realtà, bisognava agire rapi-damente. Il 20 giugno 1950 la Franciaconvoca a Parigi una conferenza intergo-vernativa, di cui Jean Monnet assume lapresidenza. I tre paesi del Benelux e l’Italiarispondono all’appello e si trovano al tavolodei negoziati. Jean Monnet precisa lo spiritodelle discussioni da intraprendere: «Citroviamo qui per compiere un’operacomune, non per negoziare vantaggi, maper ricercare i nostri vantaggi nel vantaggiocomune. Soltanto se riusciamo ad elimi-nare dalle nostre discussioni qualsiasi senti-mento particolarista, si potrà trovare unasoluzione. Dipenderà da noi, qui riuniti,dalla facoltà di cambiare i nostri metodi,se lo stato d’animo di tutti gli europei potràcambiare a sua volta» (1).

Le discussioni consentirono di raffinare ilcostruendo edificio internazionale. L’indi-pendenza ed i poteri dell’Alta Autorità nonfurono rimessi in questione, stando alcentro della proposta. Su richiesta dei PaesiBassi, fu istituito un Consiglio dei ministri inrappresentanza degli Stati membri, incari-cato di dare il suo parere conforme in talunicasi. Un’Assemblea parlamentare e unaCorte di giustizia completeranno il disposi-tivo alla base del sistema istituzionale delleComunità attuali.

I negoziatori non persero mai di vista il fattoche avevano il mandato politico di costruireun’organizzazione totalmente nuova neisuoi obiettivi e nei suoi metodi. Bisognavaevitare che la costruenda istituzionesoffrisse dei punti deboli propri alle orga-nizzazioni intergovernative classiche:esigenza dell’unanimità, contributi finan-ziari nazionali, dipendenza dell’esecutivodai rappresentanti degli Stati nazionali.

15(1) Monnet, J., Mémoires, Fayard, 1976,

pag. 378.

Il 18 aprile 1951 fu firmato il trattato cheistituisce la Comunità europea del carbonee dell’acciaio per una durata dìcinquant’anni. Ratificato in seguito dai sei

Stati firmatari, il 10 agosto 1952 l’Alta Auto-rità, presieduta da Jean Monnet, potevainsediarsi a Lussemburgo.

16

La dichiarazione di Robert Schuman del 9 maggio 1950 è seguita, il 18 aprile 1951, dalla firma del trattato di Parigi,primo dei trattati di fondazione della Comunità europea.

(CE)

I principi innovatori della primaComunità europea

Se i negoziati per il trattato di Parigi si sonoprotratti per quasi un anno, ciò è dovuto alfatto che furono sollevate delle questionifondamentali, alle quali Jean Monnetvoleva dare le risposte più adeguate. Non sitrattava — l’abbiamo già visto — di unnegoziato diplomatico nel senso classico.Gli uomini designati dai sei governi si eranoriuniti per «inventare» un sistema giuridico-politico del tutto nuovo, che doveva essereduraturo.

Il preambolo del trattato CECA, costituito dacinque brevi paragrafi, contiene tutta la filo-sofia che continua ad ispirare i promotoridella costruzione europea:

«considerando che la pace mondialepuò essere difesa soltanto con sforzicreatori adeguati ai pericoli che laminacciano;

convinti che il contributo che un’Eu-ropa organizzata e viva può portare allaciviltà è indispensabile per il manteni-mento di relazioni pacifiche;

coscienti che l’Europa si costruiràsoltanto con attuazioni concrete, checreino innanzitutto una solidarietà difatto, e con l’instaurazione di basicomuni di sviluppo economico;

solleciti di concorrere con l’espansionedelle loro produzioni fondamentali almiglioramento del tenore di vita e alprogresso delle opere di pace;

risoluti a sostituire alle rivalità secolariuna fusione dei loro interessi essenziali.A fondare con l’instaurazione di unacomunità economica le prime assised’una comunità più vasta e più profondatra popoli per lungo tempo avversi perdivisioni sanguinose e a porre i fonda-menti d’istituzioni capaci d’indirizzareun destino oramai condiviso».

17

II — IL PIANO SCHUMAN, ATTO DI NASCITA

DELL’EUROPA COMUNITARIA

«Le proposte Schuman, o sono rivoluzionarie, o non sono nulla. Il principio fondamentale è quello di delegare la sovranità in un ambito ristretto

ma decisivo. Infatti, un piano che non si fondasse su tale principio non potrebbe contribuire utilmente alla soluzione dei grandi problemi sociali, poiché la cooperazione tra le nazioni, per quanto importante possa essere,

non risolve nulla. Bisogna tendere alla fusione degli interessi dei popoli europei e non soltanto al loro equilibrio».

Jean Monnet

«Pace mondiale», «realizzazioni concrete»,«solidarietà di fatto», «fusione degli inte-ressi essenziali», «comunità», «destinooramai condiviso»: tutte parole chiave cherinchiudono in sé lo spirito e il metodocomunitario e conservano tuttora il loropotere mobilitante.

Benché il trattato CECA, attinente allagestione del mercato del carbone e dell’ac-ciaio, oggi non abbia più per l’economiaeuropea la stessa importanza degli anni 50,i suoi principi istituzionali conservanoappieno la loro attualità. Essi hanno datol’avvio ad una dinamica che non smette diportare frutti e che alimenta una visionepolitica, dalla quale non ci si deve piùallontanare per non rimettere in causa lapreziosa esperienza acquisita con il sistemacomunitario.

I seguenti quattro principi comunitari,scaturiti dal piano Schuman, costituisconola base dell’attuale edificio comunitario:

Superiorità delle istituzioni

L’applicazione ai rapporti internazionali deiprincipi di uguaglianza, di arbitrato e diconciliazione, in vigore in seno alle demo-crazie, costituisce un progresso di civiliz-zazione. I padri fondatori avevano fatto lastessa esperienza subendo il disordine, laviolenza e le situazioni arbitrarie cheaccompagnano la guerra. Si erano quindiconvinti della necessità di creare unacomunità di diritto, in cui la legge abbia ilsopravvento sulla forza. Jean Monnet citavaspesso il filosofo svizzero Amiel: «L’espe-rienza di ogni uomo ricomincia daccapo.18

Fusione del primo lingotto di ghisa europeo, il 30aprile 1953, a Esch-sur-Alzette, nel granducatodi Lussemburgo. Jean Monnet, presidente, e glialtri membri della Comunità europea del carbonee dell’acciaio celebrano l’avvenimento (Fonte: Fondazione Jean Monnet per l’Europa,Losanna).

Soltanto le istituzioni diventano più sagge:esse accumulano l’esperienza collettiva e,da tale esperienza, da tale saggezza, gliuomini soggetti alle stesse norme noncambieranno certo la loro natura matrasformeranno gradualmente il lorocomportamento».

Pacificare e democratizzare i rapporti tragli Stati, scongiurare lo spirito di domina-zione e il nazionalismo: questi erano imoventi intimi che hanno dato alla primaComunità il suo contenuto politico el’hanno collocata all’altezza delle grandirealizzazioni storiche.

Indipendenza degli organismi comunitari

Per poter assolvere il loro compito, le isti-tuzioni devono disporre di un’autoritàpropria. Le garanzie di cui è investita l’AltaAutorità della CECA e di cui beneficiano leattuali istituzioni comunitarie sono triplici:

— la nomina dei membri, oggigiornocommissari, effettuata di comuneaccordo tra i governi (2). Non si tratta didelegati nazionali, ma di personalitàche esercitano il loro potere in modocollegiale, che non possono ricevereistruzioni dagli Stati membri. Lafunzione pubblica europea è sottopostaalla medesima ed unica lealtà e devo-zione alla causa comunitaria;

— l’indipendenza finanziaria, concretiz-zata mediante i prelievi di risorseproprie (anziché, come nel caso delleorganizzazioni internazionali, mediante

contributi nazionali, suscettibili diessere rimessi in questione);

— la responsabilità dell’Alta Autorità (eoggi della Commissione) esclusiva-mente dinanzi all’Assemblea (oggi ilParlamento europeo), che può censu-rare una decisione mediante il voto amaggioranza qualificata.

Collaborazione tra le istituzioni

Per Jean Monnet, l’indipendenza dell’AltaAutorità era la chiave di volta del nuovosistema, ma nel corso dei negoziati egliammise la necessità di dare agli Statimembri la possibilità di far valere anche iloro interessi nazionali. Era il mezzo piùsicuro per impedire che la Comunità si limi-tasse ad obiettivi troppo tecnici. Infatti biso-gnava che la Comunità potesse intervenireanche in settori nei quali ci sarebbero statedelle decisioni macroeconomiche da pren-dere, che rientravano nelle competenzegovernative. Quindi fu istituito, a fiancodell’Alta Autorità, un Consiglio dei mini-stri, le cui competenze furono strettamentelimitate: esso non doveva decidere all’una-nimità, ma con voto di maggioranza. II suoparere conforme era richiesto soltanto incasi estremi. L’Alta Autorità manteneva ilmonopolio dell’iniziativa legislativa: taleprerogativa, estesa alle competenze dell’at-tuale Commissione, è essenziale in quantogarantisce che tutti gli interessi comunitaridi carattere globale siano difesi in unaproposta collegiale. Sin dal 1951 il dialogotra le quattro istituzioni non è organizzatosu una base di subordinazione ma di colla-borazione, poiché ciascuna istituzione eser-cita le proprie funzioni all’interno di unsistema decisionale completo a carattereprefederale.

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(2) La Commissione europea è soggetta anche alvoto d’investitura del Parlamento europeo.

Uguaglianza tra gli Stati

Poiché il principio della rappresentanzadegli Stati in seno al Consiglio è stato adot-tato, rimaneva da risolvere la delicataquestione della loro importanza rispettiva.I paesi del Benelux e l’Italia, che temevanodi essere posti in minoranza in proporzionealla loro produzione di carbone e d’ac-ciaio rispetto alla produzione totale, chie-devano la regola dell’unanimità. LaRepubblica federale di Germania, dalcanto suo, preconizzava un sistema dirappresentanza proporzionale alla produ-zione, il che, naturalmente, suscitava deitimori negli altri.

Jean Monnet era convinto che soltanto ilprincipio di uguaglianza tra gli Stati potessecreare una nuova mentalità, ma si rendevaconto della difficoltà di portare sei paesi digrandezza tanto diversa a rinunciare aivantaggi che dà il diritto di veto. «La facoltàdi opporre il veto era la sicurezza deigrandi nei loro rapporti tra di loro e quelladei piccoli contro i grandi» (3). Perciò ilpresidente della conferenza incontra aBonn, il 4 aprile 1951, il cancelliereAdenauer onde convincerlo delle virtù delprincipio di uguaglianza:

«Sono autorizzato a proporle che i rapportitra la Germania e la Francia nella Comunitàsiano disciplinati dal principio di ugua-glianza in seno al Consiglio e all’Assem-blea, nonché in tutte le istituzioni europee,attuali e future (...). Da un punto di vistapersonale aggiungerei che ciò corrispondeallo spirito nel quale ho sempre inteso l’of-ferta di unione che sta all’origine di questotrattato e credo di aver capito, in occasionedel nostro primo incontro, che anche lei lo

intendeva in tal modo. Lo spirito di discri-minazione è colpevole delle più grandidisgrazie del mondo; la Comunità si sforzadi farlo retrocedere».

La risposta del cancelliere fu immediata:

«Lei conosce quale importanza io attri-buisca alla parità di diritti per il mio paesein avvenire e quanto io condanni leimprese di dominazione in cui è statotrascinato. Sono ben felice di dare il miopieno accordo alla sua proposta, poichénon concepisco una Comunità al di fuoridell’uguaglianza totale».

In tal modo era posto uno dei fondamentigiuridici, di portata morale, che dà tutto ilsuo senso al concetto di Comunità.

La CECA, prima pietra dei cantierieuropei

In mancanza di un trattato di pace tra gli exbelligeranti, la prima Comunità europeacostituisce, tutt’insieme, un atto di fiducianella volontà della Francia e della Repub-blica federale di Germania, nonché dei loropartner, di superare gli errori passati e unatto di fede in un avvenire comune diprogresso. Nonostante gli scossoni storicie le opposizioni nazionaliste, l’azioneavviata nel 1950 non doveva più fermarsi. Ilfallimento del progetto di Comunitàeuropea per la difesa, consumato il 30agosto 1954 dopo il rifiuto da parte dell’As-semblea nazionale francese del trattatoCED firmato il 27 maggio 1952, non troncalo slancio iniziale. Su iniziativa degliuomini di Stato del Benelux — Paul HenriSpaak, Jan Beyen e Joseph Bech — unrilancio è deciso a Messina nel giugno del1955. La marcia verso il trattato di Roma,firmato il 25 marzo 1957, che istituisce la20 (3) Monnet, J., op. cit., pag. 413 e seguenti.

Comunità economica europea e l’Euratom,è accelerata dagli avvenimenti esterni: lacrisi di Suez, la repressione in Ungheria, lanecessità per l’Europa di serrare le fila. LeComunità europee, insediate a Bruxelles e aLussemburgo, si fanno ricche in contenutoe nel numero dei loro partecipanti.

Sul mercato comune in generale si inne-stano politiche comuni: agricola, commer-ciale, regionale, sociale, della ricerca,dell’ambiente, dell’educazione, di coope-razione con i paesi terzi. Nel 1972 la GranBretagna, l’Irlanda e la Danimarca aderi-scono alla CEE; più tardi, la Grecia, laSpagna e il Portogallo completano l’Europacomunitaria sul fianco meridionale. Nel1995, con l’adesione di Austria, Finlandia eSvezia nasce l’Europa dei Quindici.

Indebolita dalle due crisi petrolifere del1973 e del 1979, la Comunità resistetuttavia alle forze centrifughe e si conso-lida instaurando nel 1979 il Sistema mone-tario europeo, il quale creerà gradualmentele condizioni per una lenta ma irreversibilemarcia d’avvicinamento all’unione econo-mica e monetaria, sancita il 1° gennaio1999 con l’adozione dell’euro da parte diundici Stati dell’Unione.

Come qualsiasi impresa in evoluzionepermanente, l’Europa non può evitare lecrisi di crescita: una crisi istituzionale nel1965, quando uno Stato membro tenta dirimettere in causa il voto maggioritario; unacrisi finanziaria, caratterizzata dal fatto chele sue risorse proprie non erano adeguate alforte aumento delle spese connesse con lapolitica agricola comune e con il proliferaredi nuove politiche.

Ciononostante, per quanto categorichepossano essere state le sue esigenze, nessun

paese membro ha mai pensato seriamentedi lasciare la Comunità, in quanto essaappariva oramai a tutti insostituibile per losviluppo e la presenza nel mondo.

Nel 1984 il Parlamento europeo adotta unprogetto di trattato sull’Unione europea,che propone alle istituzioni di perfezionarela loro integrazione. Adottando nel 1985 il«libro bianco sul grande mercato interno»,la Commissione presieduta da JacquesDelors conferisce a tale volontà di rilancioun contenuto concreto e fissa comescadenza il 1° gennaio 1993.

Firmando nel 1986 l’Atto unico, gli Statimembri hanno attinto la loro ispirazione e ilmetodo istituzionale direttamente al pianoSchuman: essi hanno perfezionato il trat-tato di Roma aggiungendovi una serie diobiettivi precisi, articolati intorno all’obiet-tivo principale del grande mercato senzafrontiere e hanno fissato delle scadenze.Essi hanno rinnovato la procedura decisio-nale allargando il campo di decisioni daprendere secondo la maggioranza qualifi-cata. A milioni di cittadini europei essihanno ridato speranza, proponendo loroun orizzonte più vasto e creando i mezziper adeguarsi alle nuove condizionimondiali.

Nel momento in cui le istituzioni europeecompletano il mercato interno e accresconola dimensione economica e sociale dell’Eu-ropa comunitaria, la storia risorge, impre-vedibile, travolgente, mettendo alla prova lecapacità degli europei di adattarsi allanuova situazione mondiale.

La caduta del muro di Berlino, seguita dallariunificazione tedesca, il 3 ottobre 1990, eil processo di democratizzazione nei paesidell’Europa centrale ed orientale, liberatisi 21

dal controllo dell’Unione Sovietica (auto-dissoltasi nel 1991), trasformano profonda-mente la struttura politica del continente.

Ancora una volta, gli Stati membri sitrovano davanti a un dilemma: privilegiarele politiche nazionali mirate sull’interesseimmediato o optare per una visionecomune e una gestione concertata delfuturo comune europeo? Essi hanno privi-legiato il rispetto per il proprio impegnoeuropeo e con una scelta lungimirantehanno riconosciuto la necessità di affron-tare i profondi rivolgimenti storici in unaprospettiva comune, impegnandosi in unprocesso d’approfondimento dell’Unione enegoziando un nuovo trattato, i cui orien-tamenti di base sono stati adottati dalConsiglio europeo di Maastricht, il 9 e 10dicembre 1991.

Il trattato sull’Unione europea, entrato invigore il 1° novembre 1993, impone agliStati membri un programma assai ambi-zioso: unione monetaria entro il 1999,nuove politiche comuni, cittadinanzaeuropea, politica estera e di sicurezza

comune, sicurezza interna. Una clausoladi revisione inserita nel trattato diMaastricht ha portato gli Stati membri anegoziare un nuovo trattato, firmato adAmsterdam il 2 ottobre 1997, il quale rior-dina e rafforza le politiche e i mezzi dell’U-nione, segnatamente nei settori dellacooperazione giudiziaria, della libera circo-lazione delle persone, della politica estera edella sanità pubblica. Al Parlamentoeuropeo, espressione democratica direttadell’Unione, vengono assegnate nuovecompetenze che ne confermano il ruolo dicolegislatore.

Cinquant’anni di esistenza non hanno inde-bolito la forza d’ispirazione dalla quale èsorta la Comunità europea.

Sapranno gli eredi dei padri fondatori, oggiresponsabili del destino dei popoli di tutto ilcontinente, da Lisbona a Tallin, da Dublinoa Varsavia, ascoltare l’ultimo messaggio diJean Monnet (4), ispiratore e animatoredella prima Comunità, che li esorta a fareloro la sua visione dell’avvenire?

22

(4) «Non possiamo fermarci quando tutt’intorno a noiil mondo è in movimento. Ho spiegato con suffi-ciente chiarezza che la Comunità da noi creatanon è fine a se stessa? Essa è un processo di trasfor-mazione che prosegue quello da cui, in una fasestorica precedente, sono scaturite le nostre forme divita nazionale. Come ieri le nostre province, cosìoggi i nostri popoli devono apprendere a vivereinsieme sotto norme e istituzioni comuni, libera-

mente concordate, se vogliono raggiungere ledimensioni necessarie al loro progresso e mante-nersi padroni del proprio destino. I problemi delpresente non si possono più risolvere nel quadrodelle nazioni sovrane del passato. E la stessa Comu-nità non è altro che una tappa verso le forme d’or-ganizzazione del mondo di domani» (Monnet, J.,Mémoires, Fayard, 1976, pag. 378).

È indubbio che gli storici della costruzioneeuropea sanciranno la svolta storicaimpressa all’Unione dal Consiglio europeoriunitosi a Helsinki il 10 e 11 dicembre1999. È infatti in questa occasione che icapi di Stato e di governo hanno deciso diportare a 12 il numero di paesi ammessi anegoziare la loro adesione all’Unione.Sempre a Helsinki la Turchia ha ottenuto lostatus di paese candidato all’apertura deinegoziati non appena avrà soddisfatto icriteri politici ed economici richiesti.Fissando al 1° gennaio 2003 la data allaquale l’Unione — sulla scorta della confe-renza intergovernativa per la revisione deitrattati — dovrà essere pronta ad accoglierela prima «ondata» di paesi candidati, i capidi Stato e di governo hanno assegnato alleistituzioni dell’Unione un ruolino di marciaassai ambizioso. Al contempo, il Consiglioeuropeo ha voluto trarre le debite lezionidalla guerra del Kosovo, che aveva eviden-ziato la necessità di dotare l’Europa dimezzi militari che le consentano di proiet-tarsi oltre le proprie frontiere e di appor-tare il proprio contributo alla soluzione diun conflitto esploso di fronte alle proprieporte.

Inoltre il vertice di Helsinki ha posto leprime pietre di un immenso edificio cheporterà a compimento la costruzione

iniziata 50 anni fa dai padri fondatori.Spetta ora alle istituzioni dell’Unione, maanche ai cittadini europei, rispondere a tregrandi questioni fondamentali per il futuro.

• L’Europa, fino a dove e per chi?

Ormai è evidente che si pone la questionela questione dei limiti geografici dell’U-nione: sulla base di quali criteri, che nonsiano quelli relativi all’esigenza di rispet-tare i principi democratici e alla capacità difare proprie le acquisizioni comunitarie,sarà possibile rifiutare l’accesso all’Unionea un paese limitrofo agli attuali e futuri Statimembri?

• L’Europa, come?

Il passaggio, nel corso del prossimodecennio, da un’Unione a 15 membri aun’Unione a quasi 30 membri sollevaovviamente la questione del suo funziona-mento, dell’efficacia delle sue proceduredecisionali, della sua omogeneità e dellesue relazioni con il cittadino: Unione fede-rale degli Stati comprendente la moneta, ladifesa e la cittadinanza comune o piuttostozona di libero scambio inquadrata dasemplici organi d’arbitraggio vigilanti sulrispetto delle regole sulla concorrenza? 23

III — UN QUESTIONARIO PER L’EUROPADEL XXI SECOLO

• L’Europa, per fare cosa?

Mentre la globalizzazione costringe gli Statie le socieà a un gigantesco sforzo d’adatta-mento e li porta a ridefinire i fondamentidel contratto sociale in base alle nuoveregole valide per l’intero pianeta, glieuropei dovranno chiedersi da cosa trag-gono la propria identità e su cosa si basa lacomune matrice europea. Esiste un modellodi sviluppo originale per il nostro conti-nente, fondato su valori comuni e sullacoscienza di appartenere alla medesimaciviltà? Gli europei condividono unconcetto comune sul ruolo dell’uomo nellasocietà? Daranno una risposta comune allesfide del futuro, quali lo sviluppo sostenibilee la bioetica? Sono disposti ad assumersiin comune la responsabilità della sicurezzainterna e della difesa collettiva?

Tutti questi interrogativi legano il dibattitoeuropeo indissolubilmente al dibattito poli-tico interno, cui nel quadro di una demo-crazia attiva è chiamato a partecipareciascun cittadino.

Il processo d’ampliamento in corso:un investimentoper la pace in Europa

«L’Europa non è stata fatta: abbiamo avuto la guerra».

Dichiarazione di Robert Schuman del 9 maggio 1950

Il crollo del muro di Berlino del 9novembre 1989 è stato vissuto come unamagnifica schiarita nel cielo del continente.L’aspirazione del popolo tedesco alla libertàe alla democrazia, presto condivisa daipopoli dell’intero blocco comunista, si èrivelata più forte della dittatura dei partitileninisti ed ha avuto la meglio sulla

minaccia degli eserciti del patto di Varsavia.A sua volta, il 26 novembre 1991, il Sovietsupremo sancisce la sparizione dell’UnioneSovietica. Con la fine della guerra freddavede la luce un mondo nuovo, più insta-bile, ma più propizio alla volontà legittimae irreprimibile dei popoli di disporre delproprio destino. Si sta infine realizzando lavisione di Robert Schuman, la riunifica-zione dell’intero continente nella pace enella prosperità? La Comunità europeacerca di fornire le risposte adeguate allenuove necessità dei paesi finalmente libe-ratisi dal dominio esterno, ma indeboliti daun sistema economico giunto alla banca-rotta e alla ricerca di un sistema politicostabile e democratico.

Dal 1990 la Banca europea per la ricostru-zione e lo sviluppo e il programma Phareapportano un sostegno finanziario allenuove democrazie dell’Europa centrale eorientale. Accordi d’associazione vengonofirmati con l’Ungheria, la Polonia, laRomania, la Bulgaria, la Repubblica ceca,la Slovacchia, poi con i tre paesi baltici e laSlovenia. Ma al di là dell’aiuto economicourgente e del sostegno volto ad agevolare ilpassaggio all’economia di mercato unprocesso più ambizioso si delinea perquesti paesi, cui si aggiungono Cipro eMalta: la futura adesione all’Unioneeuropea.

Il Consiglio europeo riunito a Copenaghenil 22 giugno 1993 prende atto di tale aspi-razione ed enumera le condizioni richiesteper consentire l’adesione di un paese asso-ciato:

— istituzioni stabili che garantiscano lademocrazia, il primato del diritto, idiritti dell’uomo e la loro protezione;

— l’esistenza di un’economia di mercatovitale e la capacità di fare fronte alla24

pressione concorrenziale e alle forzedel mercato all’interno dell’Unione;

— la capacità del paese candidato di assu-mersi gli obblighi derivanti dall’ade-sione e segnatamente sottoscrivere gliobiettivi dell’Unione politica, econo-mica e monetaria.

Questi criteri politici ed economici richie-dono sforzi considerevoli da parte dei paesicandidati e impongono alle loro popola-zioni i pesanti sacrifici propri di un’eco-nomia di ricostruzione e di transizione. Mala stessa Unione europea si è impegnata adassumersi le proprie responsabilità morali epolitiche nei confronti di popoli lunga-mente condannati all’immobilismo daidrammi della storia. La riunificazionetedesca, l’applicazione del trattato diMaastricht firmato il 7 febbraio 1992, che

per 11 Stati membri ha condotto all’intro-duzione dell’euro il 1° gennaio 1999, esuccessivamente la firma e l’entrata invigore del trattato di Amsterdam eviden-ziano la volontà dell’Unione di proseguiresulla via dell’integrazione.

Riordinare le politiche comuni, lanciarnedi nuove nei settori futuribili, consolidare ilmercato interno sulla base di una monetaunica e favorire così la creazione di posti dilavoro, assicurare la libera circolazione deicittadini in seno a uno spazio di giustizia edi sicurezza interna: questi sono i compitiprincipali fissati dalle istituzioni per conso-lidare l’edificio europeo prima di aprire leporte ai paesi candidati.

L’imperativo di garantire la stabilità allefrontiere dell’Unione ha rappresentato la 25

La firma del trattato di Amsterdam, il 2 ottobre 1997, ha segnato una nuova tappa sulla via dell’integrazioneeuropea e rappresenta il bagaglio di acquisizioni che ipaesi candidati dovranno fare proprio.

(CE)

preoccupazione principale dei governidurante gli anni ’90; infatti si temeva unritorno di fiamma dei conflitti territoriali,degli odi etnici e delle pulsioni naziona-liste nelle zone sottomesse per lunghi annial giogo dei regimi totalitari. Lo sfaldamentodella Iugoslavia, preludio ai conflitti disa-strosi in Bosnia e nel Kosovo, minacciava distendersi ad altre regioni. L’Europa occi-dentale si trovava a dovere produrre unosforzo di solidarietà commisurato ai pericolidi esplosione dell’Europa centrale e balca-nica. La prospettiva di un ancoraggioall’Unione europea, alle sue istituzionidemocratiche e alla sua economia aperta èstata — e rimane — un fattore di stimoloper i progressi che devono ancora compierele giovani democrazie dell’Europa centralee orientale.

Decidendo di consacrare una quota sostan-ziale delle risorse del bilancio europeo agliaiuti di preadesione e di adesione dei paesicandidati — 80 miliardi di euro, ovverol’11,83 % dei crediti d’impegno per ilperiodo 2000-2006 — il Consiglio europeoriunito a Berlino il 25 marzo 1999 haconcretizzato tale imperativo di solidarietà.Si tratta di un investimento capitale per lastabilità del continente e l’avvenire dellasua unificazione. Ma la sfida non è limi-tata certo all’ambito finanziario; anzi, èinnanzitutto un investimento politico checoglie pienamente lo spirito del progetto diRobert Schuman. La riconciliazione deinemici della prima metà del XX secolo harappresentato il grande successo della finedel 900. Il compito che attende ora i popolidell’altra metà del continente in marcia diavvicinamento all’Unione è di ampiezzaequivalente: apprendere a vivere insiemenella pace e nella tolleranza, a superare ipregiudizi etnici e gli odi del passato, aconciliare identità e interdipendenze. Saràinoltre necessario che questi Stati che

hanno appena riconquistato pacificamentela loro sovranità nazionale acconsentano asottomettersi alle regole comuni dell’U-nione. Essi dovranno comprendere che laforza di una Comunità è fondata sull’eser-cizio in comune dei poteri liberamentetrasferiti a istituzioni incaricate del benecomune dell’Unione.

Riformare le istituzioniper un’Unione forte e democratica

«Creare progressivamente tra gli uominid’Europa il massimo grado possibile diinteresse comune, gestito da istituzionicomuni democratiche, cui è delegata la

sovranità necessaria: questa è la dinamicache non ha smesso di funzionare dalla

nascita della Comunità europea, stroncando i pregiudizi, cancellando le

frontiere, estendendo nel giro di qualcheanno alla dimensione continentale il

processo che nel corso dei secoli avevaplasmato i nostri vecchi paesi».

Jean Monnet, Mémoires, pag. 615

Un’Unione ampliata a più di 25 Statimembri al termine del decennio che inizia,e che ancora più avanti potrebbe contareda 30 a 35 membri, potrà funzionare condelle istituzioni concepite nel 1950 pers seiStati membri?

È indubbio che questo cambiamentoepocale — pur sancendo definitivamenteil successo dell’impresa comunitaria —rischierebbe, senza una riforma preventiva,di snaturarne le fondamenta e di indebo-lirne i meccanismi decisionali. La Comunitàeuropea si è progressivamente trasformatain un’unione politica sulla base delladoppia legittimità di un’unione di Stati e diun’unione di popoli. L’elezione del Parla-26

mento europeo tramite suffragio universalediretto dal 1979 e il progressivo aumentodei suoi poteri legislativi e di controllohanno introdotto nelle istituzioni unfermento democratico. Un’Unione di 25Stati che agisce in nome di 500 milioni dicittadini sarà uno dei protagonisti di primopiano del mondo di domani.

Già durante i negoziati per il trattato diAmsterdam, entrato in vigore il 1° maggio1999, si era cercato di trasporre nei testi enella pratica istituzionale le accresciuteresponsabilità dell’Unione, sia nei confrontidei propri cittadini che per il resto delmondo. Ma era necessario anche prenderedisposizioni volte a preservare l’efficaciadelle procedure decisionali e a garantirel’equilibrio originario tra gli Stati, basatosul loro rispettivo peso demografico. IlConsiglio europeo riunito a Helsinki l’11dicembre 1999 ha dunque deciso di convo-care una nuova conferenza intergoverna-tiva destinata a sancire le modifiche daintrodurre nei trattati europei da qui aldicembre 2000. Tale conferenza, chedurante il primo semestre dell’anno si svol-gerà sotto presidenza portoghese e duranteil secondo semestre sotto presidenza fran-

cese, ha il mandato di analizzare le dimen-sioni della Commissione europea, divagliare le opinioni espresse in seno alConsiglio dei ministri ed eventualmente didecidere l’aumento del numero di decisioniadottabili a maggioranza qualificata. Altreriforme potrebbero essere adottate in nomedelle necessità di un’Unione più larga maancora capace di decidere efficacemente edi rispondere alle attese dei cittadini, i qualiin occasione delle elezioni europee digiugno 1999 hanno espresso l’esigenza diuna maggiore trasparenza e di unamaggiore vicinanza delle istituzioni: chidecide in seno all’Unione, come sono presele decisioni, come rafforzare i controllisull’utilizzazione del denaro pubblicoversato nel bilancio comunitario?

Il Parlamento europeo, in una risoluzionevotata il 18 novembre 1999, ha ricono-sciuto l’importanza della riforma istituzio-nale in corso ed ha fissato un obiettivoambizioso: la «costituzionalizzazione»dell’Unione. Destinata a ravvicinare l’Eu-ropa ai cittadini, a chiarificare e renderepiù comprensibili le competenze delle isti-tuzioni comuni, tale costituzionalizzazioneimplicherebbe l’unificazione dei trattati in 27

Il Parlamento europeo durante una sessione plenaria:un ruolo politico essenziale, al servizio dei cittadinieuropei.

(PE)

un testo unico e la differenziazione tra dueparti:

— una parte costituzionale, comprendentegli obiettivi dell’Unione, i diritti fonda-mentali e le disposizioni concernenti leistituzioni e le procedure decisionali;

— una parte riprendente le politichecomuni le cui procedure di revisionesaranno semplificate.

Insieme ai rappresentanti degli Statimembri, i parlamenti nazionali e laCommissione europea, il Parlamentoeuropeo è parte attiva nell’elaborazionedella carta dei diritti fondamentali dell’U-nione europea; i lavori sono iniziati neldicembre 1999 sulla base di un mandatofissato dal Consiglio europeo di Colonia il 4giugno 1999.

Presieduta dal 15 settembre 1999 daRomano Prodi, la Commissione si è impe-gnata risolutamente, con il sostegno delParlamento europeo, nella riforma dell’U-nione. In un documento presentato il 10novembre 1999 dal presidente dellaCommissione e dal commissario compe-tente, Michel Barnier, e intitolato «Lariforma istituzionale al servizio dell’allar-gamento», essa rileva che la riforma incorso non rappresenta un mero preludioall’ampliamento, ma che essa mira anche auna stabilizzazione del sistema istituzio-nale europeo. La Commissione sottolinea lanecessità di estendere il voto di maggio-ranza qualificata in seno al Consiglio:

«Il raddoppio o quasi del numero di Statimembri esige uno sforzo molto più sostan-ziale in tal senso, dato che la diversità d’in-teressi assumerà ben presto proporzioni talida rischiare di bloccare facilmente i mecca-nismi dell’Unione. (...) La deliberazione amaggioranza qualificata deve quindi diven-

tare la regola e l’unanimità rimanere un’ec-cezione, strettamente limitata a certequestioni realmente fondamentali o politi-camente molto delicate».

Per Jean Monnet, che aveva vissuto perso-nalmente l’esperienza della Società dellenazioni, constatando i limiti di un’istitu-zione nella quale ogni Stato aveva il dirittodi dire no, «il veto è la causa profonda e alcontempo il simbolo dell’impotenza nelsuperare gli egoismi nazionali».

L’estensione del voto a maggioranza quali-ficata in seno al Consiglio, associata allaprocedura di codecisione con il Parla-mento europeo, sempre nel rispetto deldiritto d’iniziativa spettante alla Commis-sione, è la chiave di volta del sistema istitu-zionale comunitario sin dalla suacreazione. È immaginabile un’Unionefunzionante con 30 Stati membri, se unoqualsiasi di tali Stati fosse autorizzato,tramite il suo veto, a bloccare durevolmentequalsiasi decisione?

Il rafforzamento e l’approfondimento dell’U-nione nonché il suo ampliamento nondevono in nessun caso essere dissociati, néessere considerati come imperativi incon-ciliabili. È nell’interesse dei paesi candidatiunirsi a un complesso costituzionalecoerente nelle sue strutture ed efficace nellesue procedure decisionali. Questocomplesso deve inoltre conservare lapropria legittimità agli occhi dei cittadini ela sua identificabilità da parte dei paesi terzi,i quali si attendono che l’Unione si rivolgaloro con una voce unitaria. La conferenzaintergovernativa in corso dovrebbe conclu-dersi alla fine dell’anno 2000, preparandol’Unione al cammino verso la firma deiprimi trattati d’adesione, prevista a partiredal 2003, qualora a tale data siano staticonclusi i negoziati con i paesi candidati e i28

trattati siano stati ratifcati dagli Stati membrie sottoposti all’avviso conforme del Parla-mento europeo. Le elezioni per il Parla-mento europeo del giugno 2004, seguitenel 2005 dall’entrata in funzione di unanuova Commissione europea, vedrannosenza dubbio la partecipazione dei popolidell’Europa centrale, orientale e mediter-ranea. Questa prospettiva presuppone, daparte delle istituzioni dell’Unione e deigoverni degli Stati membri nonché da quellidei paesi candidati, una mobilitazione all’al-tezza delle sfide da affrontare. Un’Unioneche sia stata capace di riformare le proprieistituzioni, di allargarsi senza indebolirsi, diconsolidare le proprie acquisizioni conti-nuando a progredire sulla via della costru-zione politica, saprà veramente prolungare esuccessivamente concretizzare il sogno deipadri fondatori.

Un’unione politica per garantirela sicurezza dei cittadini europei

L’Unione europea si dota di un braccioarmato al servizio della pace

L’aspirazione dei popoli alla sicurezza e allapace rappresenta una delle basi più solide elegittime del patto sociale che lega il citta-dino all’autorità pubblica. Non semprenell’epoca moderna la comunità internazio-nale è stata capace di garantire tale sicu-rezza all’intero continente europeo. Idrammatici conflitti della Bosnia, del Kosovoe della Cecenia colpiscono popolazioniinnocenti. Essi riportano ai sinistri ricordidelle stragi compiute durante il XX secolo daeserciti o milizie al servizio di ideologievotate all’odio e alla segregazione razziale.

L’Unione europea ha deciso di risponderealla sfida della violenza: non solo facendo

della composizione pacifica dei conflittid’interesse il principio fondatore dei trat-tati, ma anche progettando al di là delleproprie frontiere una dinamica della pace edella sicurezza servita da un’attiva diplo-mazia preventiva. Tale diplomazia si basasu mezzi finanziari, sull’assistenza econo-mica e sull’esperienza acquisita in materiadi composizione dei conflitti.

Il trattato di Maastricht, entrato in vigore il1o novembre 1993, ha codificato e raffor-zato un insieme di regole e pratiche dicooperazione diplomatica già adottato nelquadro delle Comunità europee. L’obiet-tivo è fissato nel titolo V del trattato: «Lapolitica estera e di sicurezza comunecomprende tutte le questioni relative allasicurezza dell’Unione, ivi compresa la defi-nizione progressiva di una politica di difesacomune, che potrebbe condurre a unadifesa comune qualora il Consiglio europeodecida in tal senso». Il trattato diAmsterdam fornisce nuovi strumenti allaPESC, rafforzando al contempo la suacoerenza con l’azione esterna tradizionaledella Comunità europea. L’Unione disponeormai di strutture politiche e amministra-tive che le consentono di esprimersi «a unasola voce» nella politica internazionale.L’alto rappresentante per la PESC, che ècontemporaneamente segretario generaledel Consiglio dei ministri, ha la facoltà diattuare gli orientamenti diplomatici dell’U-nione, chiamata ormai a esercitare respon-sabilità su scala mondiale. Essa devegarantire la salvaguardia dei valori comuni,degli interessi fondamentali, dell’indipen-denza e dell’integrità dell’Unione, nonchédella propria sicurezza. L’Unione agisceper il mantenimento della pace, per ilrafforzamento della sicurezza internazio-nale, per la promozione della democrazia edel diritto. 29

L’Unione europea — potenza economica,monetaria e commerciale — svolge oggiun ruolo diplomatico di primo piano edispone dei mezzi necessari a fare sentire lapropria voce. L’evoluzione politica haspinto l’Unione a basarsi, per questosettore, sull’Unione dell’Europa occiden-tale (UEO), competente in materia militare.Il trattato di Amsterdam renderà possibile, a

termine, la piena integrazione dell’UEOnell’Unione europea.

Il Consiglio europeo riunito a Helsinki l’11dicembre 1999 ha permesso di compiereun nuovo passo verso la costruzione dell’i-dentità europea in materia di sicurezza edifesa. Il principio che prevede la capacitàdi lanciare e condurre autonomamenteoperazioni militari sotto la direzione dell’U-nione europea rappresenta un progressoconsiderevole verso l’affermazione delruolo politico dell’Europa. Le conclusionidel vertice che il 24 aprile 1999 ha vistoriuniti a Washington i capi di governo dellaNATO si rallegrano «per il nuovo slancioimpresso dal trattato di Amsterdam alrafforzamento di una politica europea disicurezza e difesa comune» e confermanoche «un ruolo più forte dell’Europa nonpuò che contribuire alla vitalità della nostraalleanza per il XXI secolo, fondamentodella difesa collettiva dei suoi membri». LaNATO si è inoltre dichiarata pronta «agarantire all’Unione europea la disponibi-lità dei mezzi e delle capacità collettivedell’alleanza per operazioni nelle quali laNATO, nel suo insieme, non sarà impe-gnata militarmente come alleanza».

A questo punto il Consiglio europeo diHelsinki ha potuto trarre conseguenzeconcrete dalla volontà politica dell’Unionedi assumere una responsabilità d’azioneautonoma degli europei in seno all’al-leanza. Esso ha deciso che gli Stati membri,cooperando volontariamente nel quadro dioperazioni svolte sotto la guida dell’Unioneeuropea, «dovranno essere in grado, entro il2003, di schierare nel giro di 60 giorni e disostenere per almeno un anno forze militaridi 50 000 – 60 000 persone». Tali forzedovranno essere capaci di svolgere «lemissioni umanitarie e di soccorso, le attivitàdi mantenimento della pace e le missioni di30

L’Unione dell’Europa occidentale

L’UEO riunisce 28 paesi, per i qualirappresenta una vera e propria piat-taforma di dialogo e cooperazione inmateria di sicurezza e difesa. Dieci diquesti paesi sono membri della Comu-nità europea nonché firmatari dei trat-tati sull’Unione europea e del Pattoatlantico. I rimanenti cinque Statimembri dell’UE hanno uno status diosservatori; si tratta della Danimarcae dei quattro Stati membri dell’UE nonaderenti alla NATO: Irlanda, Austria,Finlandia e Svezia. Inoltre dell’UEOfanno parte, in qualità di membri asso-ciati o di associati partner, i paesiNATO europei non aderenti all’UEnonché i paesi dell’Europa centrale eorientale che hanno concluso accordieuropei con l’UE.

unità di combattimento nella gestione dicrisi, ivi comprese le missioni tese al rista-bilimento della pace» enumerate dall’arti-colo 17 del trattato sull’Unione europea(così modificato dal trattato di Amsterdam).L’insediamento di un comitato politico e disicurezza, di un comitato militare e di unostato maggiore comune doterà l’Unioneeuropea degli strumenti operativi necessariallo svolgimento di tali missioni.

In tal modo l’Unione europea cancellaprogressivamente il pesante ricordo delloscacco subito dalla Comunità europea didifesa, che nel 1954 aveva inferto un colpod’arresto alla dinamica dell’integrazione.Gli eventi del Kosovo, la nuova situazionegeopolitica scaturita dalla fine della guerrafredda, la necessità di costruire un’unionepolitica proporzionata al peso crescentedell’Unione sullo scenario mondiale hannorilanciato la prospettiva di un’Europa forte eautonoma, capace di affermare i propriinteressi nel rispetto delle proprie alleanze.

La diplomazia preventiva per garantirei diritti delle minoranze

L’intervento armato non è che lo strumentoestremo di cui dispongono le democraziequando tutte le risorse diplomatiche e nego-ziali si sono rivelate inutili. La politicaestera dell’Unione è basata sulla prioritàassegnata all’esportazione dei principi chehanno assicurato il suo sviluppo pacifico: laricerca dell’interesse comune, il rispetto deldiritto, l’arbitrato in seno alle istituzioni, ilrifiuto della discriminazione e dello spiritodi superiorità.

Questi principi, cui si ispira anche la PESC,hanno già portato i loro frutti e sono forieridi promesse per l’avvenire delle regioni piùtormentate del continente. Una delle prime

azioni comuni svolte dall’Unione in appli-cazione del trattato di Maastricht ha spia-nato la strada al patto di stabilità, conclusoil 21 marzo 1995 a Parigi. Il patto, gestitodall’Organizzazione per la sicurezza e lacooperazione in Europa, mira ad assicurareil consolidamento delle frontiere ed ilrispetto dei diritti delle minoranze nell’Eu-ropa centrale e negli Stati baltici. L’Unioneha raccomandato l’applicazione nell’Eu-ropa centrale e orientale del metodo nego-ziale basato sulle tavole rotonde. Questadinamica basata sul dialogo ha reso possi-bile la firma di trattati bilaterali e multilate-rali tra gli Stati interessati, mettendo cosìfine ad annosi contenziosi storici.

Sostenendo il patto di stabilità per il sud-estdell’Europa, concluso a Colonia nel giugno1999 in nome della volontà di trarrelezione dalla guerra del Kosovo, l’Unioneha voluto ancora una volta dare prova dellevirtù pacificatrici del dialogo e della ricercadell’interesse comune. Il metodo delletavole rotonde regionali potrà essere appli-cato ai Balcani, al Caucaso, al bacino medi-terraneo? L’Unione europea ha lavocazione di erigersi a «ingegnere» dellapace e dell’integrazione regionale, prolun-gando così il messaggio trasmesso da JeanMonnet al Parlamento di Strasburgo il 30novembre 1954: «Tra paesi separati, ilvantaggio di ciascuno è limitato al risultatodel suo sforzo isolato, ai guadagni cheottiene sul suo vicino, alle difficoltà cheriesce a trasferirgli. Nella nostra Comunità,il vantaggio di ogni Stato membro è l’ef-fetto della prosperità dell’insieme».

Circolare in libertà e sicurezzaall’interno dell’Unione

La libertà di circolare senza controlli erestrizioni all’interno del territorio comuni- 31

tario era già prevista come un obiettivo e undiritto per i cittadini dell’Unione nell’Attounico europeo del 1986 e nel trattato diMaastricht del 1992. Infatti era inimmagi-nabile costruire un mercato unico in cui lemerci, i capitali e i servizi possono oltre-passare liberamente le frontiere senzaaccordare tale vantaggio anche allepersone. Al di là della logica economica,che mira a facilitare la mobilità della mano-dopera e a una migliore distribuzione dellerisorse umane, è il concetto di cittadinanzaeuropea che si è imposto per giustificare lasoppressione dei controlli delle persone.Gli accordi di Schengen, conclusi il 14giugno 1985 tra cinque Stati membri ed

estesi gradualmente a tutti i paesi dell’U-nione, ad eccezione del Regno Unito edell’Irlanda, hanno permesso di concretiz-zare questa misura, molto ben accolta dallapopolazione. Chi accetterebbe oggi dirimettere in discussione il diritto elemen-tare di viaggiare da Berlino a Lisbona o daRoma a Strasburgo con la stessa sensazionedi libertà che si prova quando ci si muovenel proprio paese? Nel 1997 il trattato diAmsterdam ha introdotto la conquistasancita da Schengen nei testi costitutividell’Unione.

La rinuncia di uno Stato a una delle sueprerogative tradizionali in materia di sovra-

32

La libera circolazione delle persone e dei beni — fondamento del dispositivo comunitario — registra in continuazionenuovi progressi. Lo spazio comunitario di libertà, sicurezza e giustizia definito nel 1997 dal trattato di Amsterdammira ad agevolare la libertà di circolazione delle persone e ad attuare norme comuni per l’immigrazione e il dirittod’asilo. Il rafforzamento della cooperazione giudiziaria e di polizia agevolerà al contempo la prevenzione e la repressione della criminalità internazionale.

(CE)

nità nazionale — il controllo delle propriefrontiere — non poteva essere realizzatasenza garantire ai cittadini che la loro sicu-rezza sarebbe stata altrettanto tutelata suscala europea che su scala nazionale. L’opi-nione pubblica è sempre più preoccupataper l’insicurezza quotidiana, per la piccolae grande delinquenza, nutrita dai trafficiillegali di armi e di droghe, per la crimina-lità internazionale, per l’immigrazione clan-destina e per il terrorismo. Se vogliamo chesia percepito come un vantaggio apportatodall’Unione, lo spazio di libertà deve essereaccompagnato da uno spazio di sicurezza edi giustizia. Si sta lavorando alacrementeper armonizzare le regolamentazioni inmateria di diritto d’asilo e d’immigrazione eper ravvicinare le legislazioni nazionali atti-nenti al diritto civile e alla procedura civile.Anche la cooperazione giudiziaria penale ela cooperazione a livello di polizia devonoessere rafforzate per fare fronte efficace-mente alla criminalità sovranazionale.Sarebbe paradossale vedere i criminali sfug-gire alla legge e alle azioni penali trovandorifugio in un altro Stato membro, mentrepoliziotti e giudici sono ancora sprovvistidei mezzi necessari per agire su scala tran-snazionale.

Il trattato di Amsterdam ha impresso unnuovo slancio alla costruzione di unospazio comunitario di sicurezza, di libertà edi giustizia. È stato adottato un programmaquinquennale che chiama le istituzionidell’Unione ad emanare norme comuni perl’immigrazione e il diritto d’asilo; taleprogramma è fondato sul rispetto dei dirittifondamentali e garantisce, a termine, lalibera circolazione degli immigrati nell’U-nione. Successivamente a questa primafase, durante la quale per le decisioni chesaranno prese dal Consiglio è necessarial’unanimità, sarà possibile ricorrere al votoa maggioranza qualificata e alla codeci-

sione che permette al Parlamento europeo,alla Commissione e alla Corte di giustizia disvolgere interamente il loro ruolo. Gli Statimembri, nel quadro della cooperazioneintergovernativa, fisseranno inoltre normevincolanti in materia penale e di polizia. Imezzi di Europol saranno rafforzati, percombattere più efficacemente il traffico didroga e la criminalità internazionale. Verràinsediata una nuova unità, Eurojust,composta da procuratori, magistrati e uffi-ciali di polizia e incaricata di agevolare ilcoordinamento degli sforzi delle autoritànazionali nella lotta contro il crimine orga-nizzato.

Il 15 e il 16 ottobre 1999 il Consiglioeuropeo, sotto la presidenza finlandese, hasvolto a Tampere una riunione specialededicata all’attuazione delle disposizionidi Amsterdam, sottolineando l’incidenza ditali disposizioni sulla vita quotidiana deglieuropei: «Per godere della libertà è neces-sario uno spazio autentico di giustizia, incui i cittadini possano rivolgersi ai tribu-nali e alle autorità di qualsiasi Statomembro con la stessa facilità che nel loro. Icriminali non devono poter sfruttare ledifferenze esistenti tra i sistemi giudiziaridegli Stati membri. (...) Le persone hanno ildiritto di esigere che l’Unione affronti laminaccia alla loro libertà e ai loro dirittigiuridici costituita dalle forme più gravi dicriminalità. Per opporsi a queste minacceoccorre uno sforzo comune per prevenire ecombattere il crimine e la criminalità orga-nizzata nell’intera Unione. Si impone unamobilitazione congiunta di forze di poliziae strutture giudiziarie per garantire che icriminali non possano trovare nascondigliné occultare i proventi dei loro reati all’in-terno dell’Unione».

«Noi non coalizziamo Stati, ma uniamouomini», sosteneva Jean Monnet. Questa 33

prospettiva di un’Unione basata sulla sicu-rezza, sia esterna che interna, deve otte-nere il sostegno dei cittadini ed essererealizzata in un clima di trasparenza e dicontrollo democratico. Il Consiglio europeoha manifestato la sua intenzione di aprirecon la società civile un dialogo trasparentesugli obiettivi e le modalità di questo spazioin costruzione. Nessuno dubita che il dibat-tito democratico sia indispensabile per

realizzare un progetto di tale portata enessuno dubita che l’Unione dovrà affron-tare un compito importante e delicatoquando dovrà negoziare con i paesi candi-dati dell’Europa centrale e orientale laripresa, da parte loro, delle acquisizionicomunitarie in questo settore, in modo dagarantire il controllo delle frontiere esternedi un’Unione allargata ai confini dell’Asia edella Russia.

34

Ridurre l’integrazione europea ad unsemplice sforzo d’adeguamento delleeconomie dei nostri Stati alle sfide dellibero mercato mondiale e della globaliz-zazione rappresenterebbe un grave erroredi valutazione. L’idea europea è sorta dellaconstatazione che «gli uomini, posti difronte a una situazione di fatto nuova, o aun diverso sistema di obblighi, adattano illoro comportamento e diventano diversi.Essi diventano migliori se il contesto nuovoè migliore: è, in sintesi, la storia delprogresso delle civiltà ed è la storia dellaComunità europea». L’uomo è al centro delprogetto europeo, in una visione volontari-stica e positiva della sua capacità di trarre ledebite lezioni dagli errori del passato perpreparare un mondo migliore alle genera-zioni future. Continente di tutti i drammi,terreno di confronti tra nazioni sovrane eideologie totalitarie che sacrificano alla

guerra o alla distruzione programmatamasse di innocenti, l’Europa del XX secolocambia definitivamente pelle e abborda ilterzo millennio avendo ormai consolidatogli strumenti che garantiscono a tutti laprospettiva di una pace duratura.

Partendo dal messaggio e dalle istituzioniereditate da Jean Monnet e dai padri fonda-tori del suo tempo, spetta ora agli europeicompletare l’unità del continente, nonsmettendo mai di interrogarsi sul contributoche quest’Unione continuerà ad apportarealla civiltà.

35

CONCLUSIONI: IL CITTADINO NEL CUORE DEL PROGETTO EUROPEO

«Quello che dobbiamo costruire ora è un’unione di sentimenti e di intelletti, sostenuta da un forte senso della comunanza del nostro destino,

che è la consapevolezza della nostra comune cittadinanza europea».Romano Prodi,

presidente della Commissione europea, dinanzi al Parlamento europeo, 14 settembre 1999

I giovani sono il futuro dell’Europa. L’Unione ha sviluppato a loro favore importanti programmi in settoriquali l’istruzione, la formazione, le azioni di scambio el’occupazione. È uno degli aspetti essenziali dell’Europadei cittadini.

(CE)

ALLEGATI

Dichiarazione del 9 maggio 1950

La pace mondiale non potrà essere salva-guardata se non con sforzi creativi, propor-zionali ai pericoli che la minacciano.

Il contributo che un’Europa organizzata evitale può apportare alla civiltà è indispen-sabile per il mantenimento di relazionipacifiche. La Francia, facendosi da oltrevent’anni antesignana di un’Europa unita,ha sempre avuto per obiettivo essenzialedi servire la pace. L’Europa non è stata fatta:abbiamo avuto la guerra.

L’Europa non potrà farsi in una sola volta,né sarà costruita tutta insieme; essa sorgeràda realizzazioni concrete che creino anzi-tutto una solidarietà di fatto. L’unione dellenazioni esige l’eliminazione del contrastosecolare tra la Francia e la Germania:l’azione intrapresa deve concernere inprima linea la Francia e la Germania.

A tal fine, il governo francese propone diconcentrare immediatamente l’azione suun punto limitato ma decisivo:

«Il governo francese propone di metterel’insieme della produzione franco-tedescadi carbone e di acciaio sotto una comuneAlta Autorità, nel quadro di un’organizza-zione alla quale possono aderire gli altripaesi europei».

La fusione della produzioni di carbone edi acciaio assicurerà subito la costituzionedi basi comuni per lo sviluppo economico,prima tappa della Federazione europea, ecambierà il destino di queste regioni che

per lungo tempo si sono dedicate allafabbricazione di strumenti bellici di cui piùcostantemente sono state le vittime.

La solidarietà di produzione in tal modorealizzata farà sì che una qualsiasi guerratra la Francia e la Germania diventi nonsolo impensabile, ma materialmente impos-sibile. La creazione di questa potente unitàdi produzione, aperta a tutti i paesi chevorranno aderirvi e intesa a fornire a tutti ipaesi in essa riuniti gli elementi di basedella produzione industriale a condizioniuguali, getterà le fondamenta reali dellaloro unificazione economica.

Questa produzione sarà offerta al mondointero senza distinzione né esclusione percontribuire al rialzo del livello di vita e alprogresso delle opere di pace. Se potràcontare su un rafforzamento dei mezzi,l’Europa sarà in grado di proseguire nellarealizzazione di uno dei suoi compiti essen-ziali: lo sviluppo del continente africano.

Sarà così effettuata, rapidamente e conmezzi semplici, la fusione di interessinecessari all’instaurazione di una comunitàeconomica e si introdurrà il fermento diuna comunità più profonda tra paesi lunga-mente contrapposti da sanguinose scissioni.

Questa proposta, mettendo in comune leproduzioni di base e istituendo una nuovaAlta Autorità, le cui decisioni sarannovincolanti per la Francia, la Germania e ipaesi che vi aderiranno, costituirà il primonucleo concreto di una Federazione36

europea indispensabile al mantenimentodella pace.

Per giungere alla realizzazione degli obiet-tivi così definiti, il governo francese èpronto ad iniziare dei negoziati sulle basiseguenti.

Il compito affidato alla comune Alta Auto-rità sarà di assicurare entro i termini piùbrevi: l’ammodernamento della produzionee il miglioramento della sua qualità; lafornitura, a condizioni uguali, del carbone edell’acciaio sul mercato francese e sulmercato tedesco nonché su quelli dei paesiaderenti: lo sviluppo dell’esportazionecomune verso gli altri paesi; l’uguaglia-mento verso l’alto delle condizioni di vitadella manodopera di queste industrie.

Per conseguire tali obiettivi, partendo dallecondizioni molto dissimili in cui attual-mente si trovano le produzioni dei paesiaderenti, occorrerà mettere in vigore, atitolo transitorio, alcune disposizioni checomportano l’applicazione di un piano diproduzione e di investimento, l’istituzionedi meccanismi di perequazione dei prezzi ela creazione di un fondo di riconversioneche faciliti la razionalizzazione dellaproduzione. La circolazione del carbone edell’acciaio tra i paesi aderenti sarà imme-diatamente esentata da qualsiasi daziodoganale e non potrà essere colpita datariffe di trasporto differenziali. Ne risulte-ranno gradualmente le condizioni che assi-cureranno automaticamente la ripartizionepiù razionale della produzione al più altolivello di produttività.

Contrariamente ad un cartello internazio-nale, che tende alla ripartizione e allo sfrut-

tamento dei mercati nazionali mediantepratiche restrittive e il mantenimento diprofitti elevati, l’organizzazione progettataassicurerà la fusione dei mercati e l’espan-sione della produzione.

I principi e gli impegni essenziali sopra defi-niti saranno oggetto di un trattato firmato tragli Stati e sottoposto alla ratifica dei parla-menti. I negoziati indispensabili per preci-sare le misure d’applicazione sisvolgeranno con l’assistenza di un arbitrodesignato di comune accordo: costui saràincaricato di verificare che gli accordi sianoconformi ai principi e, in caso di contrastoirriducibile, fisserà la soluzione che saràadottata. L’Alta Autorità comune, incaricatadel funzionamento dell’intero regime, saràcomposta di personalità indipendenti desi-gnate su base paritaria dai governi; unpresidente sarà scelto di comune accordodai governi; le sue decisioni saranno esecu-tive in Francia, Germania e negli altri paesiaderenti. Disposizioni appropriate assicu-reranno i necessari mezzi di ricorso controle decisioni dell’Alta Autorità. Un rappre-sentante delle Nazioni Unite presso dettaautorità sarà incaricato di preparare duevolte all’anno una relazione pubblica perl’ONU, nella quale renderà conto delfunzionamento del nuovo organismo, inparticolare per quanto riguarda la salva-guardia dei suoi fini pacifici.

L’istituzione dell’Alta Autorità non pregiu-dica in nulla il regime di proprietà delleimprese. Nell’esercizio del suo compito,l’Alta Autorità comune terrà conto deipoteri conferiti all’autorità internazionaledella Ruhr e degli obblighi di qualsiasinatura imposti alla Germania, finché taliobblighi sussisteranno.

37

19509 maggioRobert Schuman, ministro degli Esteri francesepropone, in un discorso ispirato da Jean Monnet,la messa in comune delle risorse di carbone e diacciaio della Francia e della Repubblica federaledi Germania in un’organizzazione aperta agli altripaesi europei.

195118 aprileI Sei firmano a Parigi il trattato che istituisce laComunità europea del carbone e dell’acciaio(CECA).

195227 maggioFirma a Parigi del trattato che istituisce la Comu-nità europea di difesa (CED).

195430 agostoL’Assemblea nazionale francese respinge il trat-tato sulla CED.

20-23 ottobreAccordi di Parigi che fanno seguito alla confe-renza di Londra: vengono precisate le modalitàdell’ampliamento del patto di Bruxelles, chediventa Unione dell’Europa occidentale (UEO).

19551-2 giugnoRiuniti in conferenza a Messina, i ministri degliEsteri dei Sei decidono di estendere l’integra-zione europea a tutta l’economia.

195725 marzoFirma a Roma dei trattati che istituiscono laComunità economica europea (CEE) e l’Euratom.

19581° gennaioEntrata in vigore dei trattati di Roma ed insedia-mento a Bruxelles delle Commissioni della CEE edell’Euratom.

19604 gennaioFirma della convenzione di Stoccolma che crea,su iniziativa del Regno Unito, l’Associazioneeuropea di libero scambio (EFTA).

196230 luglioEntrata in vigore di una politica agricola comune(PAC).

196314 gennaioIl generale de Gaulle annuncia, nel corso di unaconferenza stampa, che la Francia pone un vetoall’entrata del Regno Unito nella CEE.

20 luglioFirma a Yaoundé della convenzione di associa-zione fra la CEE e 18 paesi africani.

1965AprileFirma del trattato di fusione degli esecutivi delletre Comunità che istituisce un Consiglio e unaCommissione unici. Esso entrerà in vigore il 1°luglio 1967.

196629 gennaioCompromesso detto «di Lussemburgo». LaFrancia accetta di riprendere il proprio posto nelConsiglio a condizione che venga mantenuta laregola dell’unanimità quando sono in gioco«interessi vitali».38

Cronologiadella costruzione europea

19681° luglioSoppressione, con un anno e mezzo di anticipo,degli ultimi dazi doganali intracomunitari per iprodotti industriali e entrata in vigore della tariffadoganale comune (TDC).

19691-2 dicembreVertice dell’Aia. I capi di Stato e di governo deci-dono di passare dalla fase transitoria alla fasedefinitiva della Comunità, adottando i regola-menti agricoli definitivi e stabilendo il principiodelle risorse proprie della CEE.

197022 aprileFirma a Lussemburgo del trattato che consente ilfinanziamento graduale della Comunità attra-verso risorse proprie e l’estensione dei poteri dicontrollo del Parlamento europeo.

30 giugnoApertura a Lussemburgo dei negoziati con iquattro paesi candidati all’adesione (Danimarca,Irlanda, Norvegia e Regno Unito).

197222 gennaioFirma a Bruxelles dei trattati di adesione deinuovi membri della CEE (Danimarca, Irlanda,Norvegia e Regno Unito).

24 aprileCostituzione del «serpente» monetario. I Sei deci-dono di limitare al 2,25 % i margini di fluttua-zione tra le proprie monete.

19731° gennaioLa Danimarca, l’Irlanda e il Regno Unito entranonella CEE (il referendum dà esito negativo inNorvegia).

19749-10 dicembreVertice di Parigi, nel quale i nove capi di Stato edi governo decidono di riunirsi regolarmente insede di Consiglio europeo (tre volte all’anno),propongono di eleggere il Parlamento europeo asuffragio universale e decidono la creazione delFondo europeo di sviluppo regionale (FESR).

197528 febbraioFirma, a Lomé, di una convenzione (Lomé I) trala Comunità e 46 Stati dell’Africa, dei Caraibi edel Pacifico (ACP).

22 luglioFirma del trattato che rafforza i poteri di bilanciodel Parlamento europeo e crea una Corte deiconti europea. Entrerà in vigore il 1° giugno1977.

19786-7 luglioVertice di Brema. La Francia e la Repubblicafederale di Germania propongono un rilanciodella cooperazione monetaria attraverso la crea-zione di un sistema monetario europeo (SME)che dovrà sostituire il «serpente».

197913 marzoInizio del funzionamento dello SME.

28 maggioFirma dell’atto di adesione della Grecia allaComunità.

7 e 10 giugnoPrima elezione a suffragio universale dei 410membri del Parlamento europeo.

31 ottobreFirma, a Lomé, della seconda convenzione(Lomé II) fra la CEE e 58 Stati dell’Africa, deiCaraibi e del Pacifico. 39

19811° gennaioIngresso della Grecia nella Comunità europea.

198428 febbraioAdozione del programma Esprit, programma stra-tegico europeo per la ricerca e lo sviluppo nelsettore delle tecnologie dell’informazione.

14 e 17 giugnoSeconde elezioni europee.

8 dicembreFirma, nel Togo, della terza convenzione di Loméfra i Dieci e 66 paesi dell’Africa, dei Caraibi e delPacifico.

1985GennaioJacques Delors è nominato presidente dellaCommissione.

2-4 dicembreConsiglio europeo di Lussemburgo. I Dieciraggiungono un accordo per la revisione del trat-tato di Roma e il rilancio dell’integrazioneeuropea, attraverso la redazione di un «Attounico europeo».

19861° gennaioIngresso della Spagna e del Portogallo nellaComunità europea.

17 e 28 febbraioFirma a Lussemburgo e all’Aia dell’Atto unicoeuropeo.

198714 aprileDomanda di adesione della Turchia alla CEE.

1° luglioEntrata in vigore dell’Atto unico.

27 ottobre

Adozione all’Aia da parte dell’UEO di una piat-

taforma comune sulla sicurezza.

1988

Febbraio

Riforma del finanziamento delle politiche della

CEE. Programmazione pluriennale delle spese

1988-1992. Riforma dei fondi strutturali.

1989

Gennaio

Rinnovo per quattro anni della presidenza di

Jacques Delors alla Commissione.

15 e 18 giugno

Terza elezione a suffragio universale diretto del

Parlamento europeo.

17 luglio

Domanda di adesione dell’Austria alla CEE.

9 novembre

Caduta del muro di Berlino.

9 dicembre

Consiglio europeo di Strasburgo che decide la

convocazione di una conferenza intergoverna-

tiva.

15 dicembre

Firma della convenzione di Lomé IV con i paesi

dell’Africa, dei Caraibi e del Pacifico.

1990

29 maggio

Firma degli accordi che istituiscono la Banca

europea per la ricostruzione e lo sviluppo (BERS).

19 giugno

Firma dell’accordo di Schengen.40

4 e 16 luglio

Domanda di adesione di Malta e di Cipro.

3 ottobre

Riunificazione tedesca.

14 dicembre

Apertura a Roma delle conferenze intergoverna-

tive sull’unione economica e monetaria e sull’u-

nione politica.

1991

1° luglio

Domanda di adesione della Svezia.

21 ottobre

Accordo sulla costituzione dello Spazio econo-

mico europeo (SEE) di cui faccia parte la Comu-

nità e i paesi vicini dell’Europa occidentale.

9-10 dicembre

Consiglio europeo di Maastricht.

1992

7 febbraio

Firma a Maastricht del trattato sull’Unione

europea.

18 marzo

Domanda di adesione della Finlandia.

25 marzo

Domanda di adesione della Norvegia.

2 maggio

Firma a Porto dell’accordo sullo Spazio econo-

mico europeo (SEE).

2 giugno

Un referendum in Danimarca respinge il trattato

di Maastricht.

20 giugnoApprovazione del trattato di Maastricht in Irlandacon un referendum.

20 settembreApprovazione del trattato di Maastricht in Franciacon un referendum.

11-12 dicembreConsiglio europeo di Edimburgo.

19931° gennaioAttuazione del mercato unico.

18 maggioSecondo referendum in Danimarca: approva-zione del trattato di Maastricht.

1° novembreEntrata in vigore del trattato di Maastricht.

19941° aprileDomanda di adesione dell’Ungheria all’Unioneeuropea.

8 aprileDomanda di adesione della Polonia all’Unioneeuropea.

15 aprileFirma dell’atto finale dei negoziati dell’UruguayRound del GATT a Marrakesh.

9 e 12 giugnoQuarte elezioni dirette del Parlamento europeo.Approvazione con un referendum del trattato diadesione da parte dell’Austria.

24-25 giugnoConsiglio Europeo di Corfù.Firma degli atti di adesione all’Unione europeadell’Austria, della Finlandia, della Norvegia edella Svezia. 41

16 ottobreApprovazione con un referendum del trattato diadesione da parte della Finlandia.

13 novembreApprovazione con un referendum del trattato diadesione da parte della Svezia.

27-28 novembreRifiuto con un referendum del trattato diadesione da parte della Norvegia.

9 dicembreConsiglio europeo di Essen.

19951° gennaioIngresso di Austria, Finlandia e Svezia nell’U-nione europea.

23 gennaioEntrata in funzione della Commissione presie-duta da Jacques Santer (1995-2000).

26 marzoEntrata in vigore della convenzione di Schengen.

2 giugnoPrima riunione del gruppo di riflessione su unanuova conferenza intergovernativa responsabiledella revisione dei trattati.

12 giugnoAccordi europei con Estonia, Lettonia e Lituania.

22 giugnoDomanda di adesione della Romania.

26-27 giugnoConsiglio europeo di Cannes. Un gruppo diriflessione viene incaricato di preparare la confe-renza intergovernativa.

27 giugnoDomanda di adesione della Slovacchia.

27 ottobreDomanda di adesione della Lettonia.

24 novembre

Domanda di adesione dell’Estonia.

27-28 novembre

Conferenza euromediterranea di Barcellona.

8 dicembre

Domanda di adesione della Lituania.

14 dicembre

Domanda di adesione della Bulgaria.

15-16 dicembre

Consiglio europeo di Madrid.

1996

16 gennaio

Domanda di adesione della Slovenia.

17 gennaio

Domanda di adesione della Repubblica ceca.

29 marzo

Apertura della conferenza intergovernativa

nell’ambito del Consiglio europeo di Torino.

21-22 giugno

Consiglio europeo di Firenze.

13-14 dicembre

Consiglio europeo di Dublino.

1997

17 febbraio

Intervento di Jacques Santer sull’encefalopatia

spongiforme bovina (ESB) dinanzi al Parlamento

europeo.

16-17 giugno

Consiglio europeo di Amsterdam.42

16 luglioPresentazione dell’Agenda 2000 al Parlamentoeuropeo.

2 ottobreFirma ad Amsterdam del trattato «consolidato».

20-21 novembreVertice sull’occupazione a Lussemburgo.

12-13 dicembreConsiglio europeo di Lussemburgo.

19981° gennaioInizio della presidenza britannica.

30 marzoAvvio del processo di adesione dei dieci Staticandidati dell’Europa centrale e orientale e diCipro. Conferenze intergovernative bilaterali conCipro, l’Ungheria, la Polonia, l’Estonia, la Repub-blica ceca e la Slovenia.

31 marzoSchengen: soppressione dei controlli sullepersone alle frontiere terrestri per l’Italia.

1-3 maggioConsiglio dei ministri delle Finanze dei Quin-dici e Consiglio europeo. Decisione sugli Statipronti a entrare nella terza fase dell’UEM.

15-16 giugnoConsiglio europeo di Cardiff.

1° luglioInizio della presidenza austriaca.

19991° gennaioUndici paesi dell’Unione europea entrano nellaterza fase dell’UEM e adottano l’euro. Inizio dellapresidenza tedesca.

25 marzoConsiglio europeo di Berlino: accordo globalesull’agenda 2000 e rinnovo delle prospettivefinanziarie.

1° maggioEntrata in vigore del trattato di Amsterdam.

3-4 giugnoConsiglio europeo di Colonia.

8-13 giugnoQuinte elezioni dirette del Parlamento europeo.

1° luglioInizio della presidenza finlandese.

15 settembreInvestitura della Commissione europea presie-duta da Romano Prodi da parte del Parlamentoeuropeo.

10-11 dicembreConsiglio europeo di Helsinki.

20001° gennaioInizio della presidenza portoghese.

1° luglioInizio della presidenza francese.

20021° gennaioMessa in circolazione delle monete e dellebanconote in euro.

1° luglioRitiro delle monete e banconote in valuta nazio-nale.

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Commissione europea

UNA PROPOSTA NUOVA ALL’EUROPA

La dichiarazione Schuman, 1950-2000Seconda edizione

di Pascal Fontaine

Serie: Documentazione europea

Lussemburgo: Ufficio delle pubblicazioni ufficiali delle Comunità europee

2000 — 43 pagg. — 16,2 x 22,9 cm

ISBN 92-828-8465-1

La dichiarazione di Robert Schuman del 9 maggio 1950, fondamento della costruzione europea,appare tuttora di un’attualità sorprendente. Grazie ad essa, cinquant’anni fa furono poste le basi peruna pace duratura tra i protagonisti delle due guerre mondiali e si spianò la strada per la creazionedelle Comunità europee. Alle soglie del terzo millennio l’Unione europea ha raggiunto la maturità e stamettendo in cantiere un nuovo ampliamento, che determinerà il suo destino e quello dell’intero conti-nente. È un momento favorevole per chi vuole riflettere sulla nascita di questa organizzazione del tuttoparticolare, ripercorrere il cammino da essa percorso e trarne lezioni in vista dei futuri traguardi.

RAPPRESENTANZEDELLA COMMISSIONE EUROPEA

Rappresentanza in ItaliaVia Poli 29, I-00187 RomaTel. (39) 06 69 99 91

Rappresentanza a MilanoCorso Magenta 59, I-20123 MilanoTel. (39) 024 67 51 41

UFFICIDEL PARLAMENTO EUROPEO

Ufficio per l’ItaliaVia IV Novembre 149, I-00187 RomaTel. (39) 06 69 95 01Fax (39) 06 69 95 02 00E-mail: [email protected]

Ufficio di MilanoCorso Magenta 59, I-20123 MilanoTel. (39) 024 81 86 45Fax (39) 024 81 46 19E-mail: [email protected]

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